San Paganini. ******* In una capiente borsa assegni, contanti e
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San Paganini. ******* In una capiente borsa assegni, contanti e
San Paganini. ******* In una capiente borsa assegni, contanti e buste paga. Tutto è pronto per iniziare la mensile visita ai cantieri per conoscere eventuali problemi tecnici, l'andamento della produzione, nonché consegnare ai dipendenti la retribuzione del periodo. Partenza prima dell'alba. Marcello viene a prendermi alle quattro con la sua auto nuova. Prima tappa ad Agnone e, all'aurora, troviamo la squadra in procinto di recarsi nella zona dei lavori. Paghiamo e registriamo che tutto procede senza inconvenienti. In Puglia, un'altra sosta, stesso procedimento. Mentre io pago e parlo con gli operai, per sentire le loro contestazioni in merito all'esattezza dei conteggi, Marcello s'informa su alcuni rilievi fatti dal tecnico dell' ENEL circa l'opera svolta fino a quel momento. Il viaggio riprende, ma è ormai ora di pranzo . Considerata la levataccia e la sola tazzina di caffè come colazione, ci fermiamo ad una stazione di servizio dove colmiamo il vuoto dei nostri stomaci con un abbondante piatto di spaghetti al sugo, una grossa bistecca con contorno di patatine fritte (alla Tex Willer e Kit Carson), frutta di stagione, il tutto innaffiato da un buon bicchiere di Montepulciano rosso. Nel parcheggio, in macchina,Marcello si concede un sonnellino mentre io, che ho dormito lungo la strada non avendo problemi di guida e fidandomi dell'autista, riordino le mie scartoffie, trascrivo gli appunti presi onde poter, in sede, controllare la veridicità delle differenze riscontrate sulle retribuzioni. Alle quattro, dopo aver preso un caffè, ripartiamo. Il viaggio si prospetta lungo dovendo noi raggiungere il cantiere di Cutro, in Calabria. Per fortuna in macchina c'è un mangia nastri con una discreta scorta di canzoni per cui non abbiamo modo di annoiarci. Le strade non sono molto frequentate e, oltrepassata Taranto, percorriamo la nazionale calabra che costeggia il Mare Ionio. All'imbrunire, il cielo si copre di nubi, e sul mare ha inizio una bufera. Una tempesta. Le onde, cavalloni enormi alti una quindici na di metri,vengono ad infrangersi sulla costa. Il cielo, diventato nero, viene attraversato da lingue di luce. Lampi che congiungono le nubi con il mare. Rumorosi tuoni seguono ogni bagliore. Uno spettacolo meraviglioso, sembra di assistere alla scena del Rigoletto, quella in cui il povero giullare scopre che nel sacco non c'è il Duca, che lui voleva morto; ma sua figlia. Questo scenario ci accompagna per un lungo tratto. Ormai è notte, sono le otto e siamo alle porte di Sibari, vediamo già le prime case, quando sentiamo uno strano rumore venire dal motore. Come un rintocco di campana: “dlen...dlen...” Marcello si allarma. Forse ha pigiato troppo l'acceleratore dimenticando che l'auto è ancora in rodaggio. Percorriamo ancora qualche centinaia di metri e vediamo un'officina meccanica . Ci fermiamo e chiediamo ad un addetto di controllare cosa sia quel rumore. Ci dice che stanno chiudendo, di lasciare l'auto nella loro rimessa e di tornare la mattina successiva verso le nove, intanto loro avrebbero visionato il mezzo per individuare il guasto. Purtroppo dobbiamo accettare la proposta. Date le generalità, ci rilasciano una ricevuta del deposito “dell'ammalato”. Ci forniscono anche l'indirizzo di un albergoristorante e, rassegnati a questa sosta imprevista, non ci resta che andare a cena ed a prenotare una camera per la notte. Durante la cena, Marcello mi dice che a Cutro ci aspettano e che, non vedendoci arrivare, potrebbero pensare a qualche incidente ed allarmare la sede. Non potevamo avvertirli, purtroppo allora non c'erano ancora i cellulari e in cantiere non avevano il telefono. Si servivano, per i contatti con Guardiagrele, del telefono delle cabine. Allora, al cameriere del ristorante chiediamo di un treno per Cutro, e lui:”All'una di notte ferma un accelerato alla stazione che è a circa quattro chilometri dalla città Però, a quell'ora, non ci sono mezzi per arrivarci. Bisogna andare a piedi.” Finiamo di cenare verso le dieci e andiamo in camera per dormire. Ma Marcello non è tranquillo. Mi domanda se me la sento di farmi la passeggiata fino alla stazione, per giungere a Cutro la mattina e rassicurare Dolgino, socio della Ditta e capo cantiere.(detto “Lu berbune.”) Appena il guasto fosse stato riparato, ci avrebbe raggiunto. La passeggiata non mi spaventava, anche la nostra stazione ferroviaria, presenta l'inconveniente di distare circa cinque chilometri dal paese, e spesso mi era capitato di raggiungerla col “cavallo di San Francesco”. (a piedi). Quello che mi preoccupava era la borsa con diversi milioni dentro, denaro destinato alle paghe ed alle spese di cantiere. Comunque, dopo essermi fatto spiegare bene dal portiere dell'albergo la strada da prendere, salutai Marcello e mi avviai. Prima di lasciarmi andare, lui mi chiese ancora se me la sentivo; alla mia conferma, esclamò: ”Se t'anne dice “”La burse o la vite!”” lasse la burse. Ca le quatrine s'arefà, ma la vite none!” e con questa raccomandazione, mi salutò. La via la trovai subito: una discesa tutta curve per addolcire la pendenza, completamente al buio; fortuna che il maltempo a Sibari non era arrivato e c'era una luna quasi piena, così arrivai in stazione dopo una mezz'ora o poco più e, cosa importantissima, senza brutti incontri. Il treno non era un accelerato; ma una lumaca. Ogni stazione una fermata. Inoltre aveva sedili di legno come quelli dei primi treni a vapore che si vedono nei vecchi films in bianco e nero. Alle nove, finalmente, ecco la stazione di Cutro. Anche questa lontana dal paese, ma qui c'era un autobus, antidiluviano certo, ma ancora funzionante e, ridotto a pezzi, mi trovai nella piazza del paese. E mò? Come c***o faccio a trovare il cantiere? Questo è mobile, essendo una manutenzione alle linee cittadine, e passa da una via all'altra man mano che i vecchi cavi vengono sostituiti con i nuovi più sicuri. Si cambiano anche i contatori. C'è un bar e, ai tavoli, alcuni giovani. Mi avvicino e chiedo se sanno di lavori in corso sull'illuminazione cittadina. Uno dei ragazzi mi dice che forse sa cosa cerco e mi invita a salire sulla sua macchina per accompagnarmi. Mi sfiora il timore di essere portato in un posto isolato e derubato, ma non posso rifiutare. Giriamo alcuni isolati e arriviamo dove sta operando la squadra della CEIE. Esco dall'auto e, al mio accompagnatore, domando se devo qualcosa per il favore. “Per carità! – dice – Siamo gente ospitale noi di Cutro.” Allora ringrazio e mi porto alle spalle del capocantiere. Chiamo: “Dolgì?” . Lui sorpreso si volta e: ”Raggiunire! Che ci fi tiu a jecche?” Rispondo: ” Ugge jè la festa de San Paganine. Cale da ncèle e porte quatrine!” Raimondo Gallo Guardiagrele 11 Luglio 2014