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20 febbraio - 24 maggio 2009
FUTURISMO AVANGUARDIA-AVANGUARDIE
Mostra e catalogo a cura di
Didier Ottinger
Commissario generale
per le Scuderie del Quirinale
Ester Coen
Comune di Roma
Sindaco
Gianni Alemanno
Assessore alle Politiche
Culturali e della
Comunicazione
Umberto Croppi
Azienda Speciale Palaexpo
Scuderie del Quirinale
Presidente
Ida Gianelli
Consiglio d’Amministrazione
Maurizio Baravelli
Daniela Memmo d’Amelio
Marino Sinibaldi
Project team
Direttore operativo
Daniela Picconi
Coordinamento
tecnico-organizzativo
Alexandra Andresen
Direttore generale
Mario De Simoni
Registrar per la mostra
Eva Francaviglia
Commissione scientifica delle
Scuderie del Quirinale
Presidente
Antonio Paolucci
Ufficio tecnico
Francesca Elvira Ercole
Segretario della commissione
scientifica delle Scuderie
del Quirinale e Responsabile
attività scientifiche e culturali
Caterina Cardona
Catalogo mostra
Graziella Gnozzi
Sabina Tommasi Ferroni
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Direttore area amministrazione
e controllo di gestione
Fabio Merosi
Progetto espositivo
Ideazione
Giorgio Orbi
Direttore area affari legali
Andrea Landolina
Progettazione
Maria Paola Zedda
Roberto Zedda
Comunicazione
Luisa Ammaniti
Promozione
Chiara Guerraggio
Ufficio stampa
Barbara Notaro Dietrich
Coordinamento cataloghi
mostre
Flaminia Nardone
Servizi educativi, formazione
e didattica
Paola Vassalli
Coordinamento relazioni
esterne e istituzionali
Fabiana Di Donato
Eventi e sponsorizzazioni
Salvatore Colantuoni
Ict sistemi informativi
Davide Dino Novara
Coordinamento servizi di
accoglienza
Stefano Natali
Coordinamento affari generali
Rossella Longobardi
Coordinamento servizi
aggiuntivi
Marcello Pezza
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Disegno Luci, Audio
Giorgio Orbi
Damiano Minghetti
Tecnica
Daniele Peroni
Video
Cliché Video
Revisione conservativa delle
opere in mostra
Giulia Putaturo
Tiziana Sorgoni
Visite guidate
Pierreci Soc. Coop. s.r.l.
Grafica
Azienda Speciale Palaexpo
Alfredo Favi – Arkè
Allestimento della mostra
MeloniFabrizio s.r.l.
Compagnia di Assicurazione
INA Assitalia
Trasporti e movimentazione
Arterìa s.r.l.
Catalogo
5 Continents Editions, Milano
Centre Pompidou, Parigi
Broker Ufficiale di
Assicurazione
Progress Fineart
Broker Ufficiale di
Assicurazione
Un ringraziamento particolare alla Galleria nazionale d’arte
moderna di Roma e al Soprintendente Maria Vittoria Marini
Clarelli per il generoso affiancamento nella realizzazione della
mostra.
Si ringrazia Pietro Verardo per aver gentilmente concesso l’uso
dei suoi intonarumori, per aver diretto l’interpretazione di brani
tratti da Risveglio di una città, 1916, di Luigi Russolo e da
Danza dell’elica, 1924, di Franco Casavola, e per aver eseguito
le improvvisazioni con ululatore grave, ululatore medio,
ululatore acuto, ronzatore medio, clacson di automobile,
campana di tram. Le registrazioni sono state effettuate l’1
febbraio 2009 presso Villa Contarini, Mirano, Venezia. Per la
generosa collaborazione si ringraziano, inoltre, la Fondazione
Bianchi di Mirano e Franco Tagliapietra.
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“Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta
ancora, la nostra sfida alle stelle!”
Su queste parole si chiude il Manifesto del Futurismo
pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti
il 20 febbraio 1909 sul quotidiano francese “Le
Figaro”. Il testo scuote violentemente il mondo
artistico e letterario parigino. La modernità esaltata
in tutti i suoi diversi aspetti: velocità, energia,
scoperte scientifiche rivoluzionarie. Parigi è il centro
dell’arte, metropoli in continua trasformazione,
con musei, gallerie ed esposizioni annuali che
animano il clima intellettuale dell’epoca. Il mercato
dell’arte è tra i più importanti e numerosi sono i
collezionisti in cerca di nuovi talenti. Parigi è la
nuova piattaforma per l’esordio dei giovani artisti
di tutto il mondo: spagnoli, italiani, russi, tedeschi.
Marinetti, di cultura francese, è spesso a Parigi in
quegli anni. Gino Severini, stabilmente in Francia
dal 1906, informa gli altri firmatari del Manifesto dei
Pittori Futuristi del 1910 – Giacomo Balla, Umberto
Boccioni, Carlo Carrà e Luigi Russolo – sulle novità
pittoriche che si susseguono incalzanti in quel
passaggio che vede l’affermarsi di personalità
e tendenze, la trasformazione dell’espressione
artistica, dal fauvismo al cubismo.
Le prime composizioni cubiste di Picasso e
Braque inaugurano nel 1910 un periodo ricco di
sperimentazioni. I futuristi si inseriscono in una
situazione culturale già fervida di idee quando, nel
INTRODUZIONE
Futurismo
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febbraio 1912, presentano per la prima volta le
loro opere alla galleria Bernheim-Jeune. È subito
scandalo. Niente di simile era stato visto prima di
allora. I giornali francesi descrivono le opere e le
reazioni violente di pubblico e critica.
L’eco si diffonde per l’Europa. Sull’onda
dell’entusiasmo Marinetti conduce i “suoi” artisti
attraverso un vero e proprio tour, organizzando
mostre nelle principali capitali europee: Londra,
Berlino, Amsterdam, Bruxelles. Con la sua grande
abilità di comunicatore, riesce a far pubblicare il
manifesto in numerosi giornali stranieri, diffondendo
il nuovo messaggio con grande efficacia fino in
Russia. Il futurismo – movimento internazionale
– disegna così la trama del panorama artistico
di quegli anni irripetibili e racconta una storia di
reciproche influenze e scambi continui, dove nella
diversità e unicità delle singole opere è possibile
rintracciare un’intenzione comune: la ricerca di
nuovi linguaggi compositivi.
Questa mostra racconta gli esordi del futurismo e la
straordinaria trama di corrispondenze e opposizioni
tra le prime avanguardie fino allo scoppio della
prima guerra mondiale.
Sala 1. Luci
Il XX secolo vede accrescersi convulsamente
la popolazione urbana; le città si trasformano
con la costruzione di nuovi quartieri e nuove reti
tramviarie e ferroviarie. Officine a Porta Romana
(1909) di Umberto Boccioni è immagine di questi
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SALA 1
cambiamenti e dell’ampliarsi delle periferie ma,
anche, pittoricamente, di uno sviluppo della
tecnica divisionista. Esasperazione di linee, scorci
diagonali, angolature compresse, improvvise
accensioni cromatiche, opacità dei vapori delle
ciminiere in lontananza, annunciano l’avvento di
una visione pittorica nuova, costruita sulla luce.
“I vostri occhi abituati alla penombra si apriranno
alle più radiose visioni di luce. Le ombre che
dipingeremo saranno più luminose delle luci dei
nostri predecessori, e i nostri quadri, a confronto
con quelli immagazzinati nei musei, saranno il
giorno più fulgido contrapposto alla notte più cupa”
dichiarano i futuristi nel loro manifesto tecnico.
È il trionfo dell’elettricità. In Notturno a Piazza
Beccaria (1910 ca) di Carlo Carrà è la luce elettrica
ad accendere con i suoi bagliori artificiali lo scorcio
della città, nel suo aspetto notturno, trasfigurato
e irreale. È la luce elettrica a creare rifrazioni
luminose a fasci, rischiarando il tram in corsa e
le figure dei passanti, fantasmi trascolorati dalle
radiazioni luminose. Come in Uscita dal teatro
(1910 ca) dove l’artista altera la percezione dei
contorni e degli equilibri.
Altre angolature si affermano nel contrasto tra luci
e ombre. In Idolo moderno (1910-1911) di Boccioni,
icona spettrale, il volto si trasfigura, attraversato da
raggi accecanti: “Tutti si accorgeranno che sotto
la nostra epidermide non serpeggia il bruno, ma
che vi splende il giallo, che il rosso vi fiammeggia,
e che il verde, l’azzurro e il violetto vi danzano,
voluttuosi e carezzevoli! Come si può ancora veder
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roseo un volto umano, mentre la nostra vita si è
innegabilmente sdoppiata nel nottambulismo?
Il volto umano è giallo, è rosso, è verde, è azzurro,
è violetto”.
Brioso, invece, il colore della memoria in Ricordi
di viaggio (1910-1911) di Severini, assemblaggio
mnemonico di figure, luoghi e momenti,
nell’immediatezza del ricordo di un percorso
ricomposto nei frammenti vividi e variopinti della
tela.
Sala 2. Stati d’animo
Come in un mosaico che scandisce il ritmo della
città, in Il boulevard (1911) Severini restituisce
l’atmosfera vibrante e splendida di una danza
frenetica.
In questa sala, i diversi modi di esprimere
il dinamismo futurista.
“Noi porremo lo spettatore nel centro del quadro”
dichiarano con veemenza i futuristi. È l’inizio di un
rovesciamento della prospettiva classica. Sullo
schema delle linee compositive delle battaglie
di Paolo Uccello, Carrà compone I funerali
dell’anarchico Galli (1910-1911), facendo ruotare
la scena intorno al rosso delle bandiere agitate:
“Se dipingiamo le fasi di una sommossa, la folla
irta di pugni e i rumorosi assalti della cavalleria si
traducono in fasci di linee che corrispondono a tutte
le forze in conflitto secondo la legge di violenza
generale del quadro”.
Emozioni e sensazioni entrano nella rappresentazione
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SALA 2
degli Stati d’animo (1911) di Boccioni, nel
passaggio dal fluire espressionista di sentimenti
inafferrabili alla cristallizzazione della seconda
versione qui presentata, dipinta dopo il viaggio a
Parigi e l’incontro con il cubismo. Tre opere, tre
distinti momenti, descrivono il distacco: “Nella
descrizione pittorica dei diversi stati d’animo
plastici di una partenza certe linee perpendicolari,
ondulate e come spossate, qua e là attaccate a
forme di corpi vuoti possono facilmente esprimere
il languore e lo scoraggiamento. Linee confuse,
sussultanti, rette o curve che si fondono con gesti
abbozzati di richiamo e di fretta, esprimeranno
un’agitazione caotica di sentimenti. Linee
orizzontali, fuggenti, rapide e convulse, che
tagliano bruscamente visi dai profili vaghi e lembi
di campagne balzanti, daranno l’emozione plastica
che suscita in noi colui che parte”. Ne Gli addii il
caos e l’urto delle forme si mescolano a sezioni,
numeri, figure in un viluppo di colori accesi. Le
lunghe pennellate diagonali di Quelli che vanno
tagliano il campo pittorico in uno sfrecciare di piani
che intersecano volti e costruzioni esaltati da un
blu oltremare, sintesi cromatica di un sentimento di
malinconia. In Quelli che restano il verde accentua
la verticalità e il senso di peso e gravità dell’anima
nel momento dell’abbandono.
Vicino a Boccioni, anche nell’eco di un simbolismo
rarefatto, Ricordi di una notte (1911) di Luigi
Russolo, sembra alludere a un’idea letteraria e
onirica.
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Sala 3. Suoni rumori odori
Marinetti canta le “locomotive dall’ampio
petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi
cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi”, figure di un
immaginario che si va delineando nella pittura
futurista, insieme all’avvento del moderno. Così in
La stazione di Milano (1910-1911) e in Sobbalzi di
carrozza (1911) di Carrà, il movimento incorpora
il rimbombo rutilante, il tramestio e i rumori della
città, delle folle, dei motori, del contatto ruota-rotaia
di tram e ferrovie: “Le sedici persone che avete
intorno a voi in un tram che corre, sono una, dieci,
quattro, tre – affermano i futuristi –; stanno ferme
e si muovono; vanno e vengono, rimbalzano sulla
strada, divorate da una zona di sole, indi tornano
a sedersi, simboli persistenti della vibrazione
universale. E, talvolta sulla guancia della persona
con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che
passa lontano, i nostri corpi entrano nei divani su
cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così come
il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro
volta si scaraventano sul tram e con esso
si amalgamano”.
Così in Ciò che mi ha detto il tram (1911) la
baraonda di persone e oggetti si frantuma e si
scontra nella miriade di linee ricomponendosi in
un alone martellante e frenetico, congelato dai toni
bruni e quasi monocromatici, mentre in La donna
al caffè (1911), i bicchieri sembrano tintinnare al
suono del movimento e dei bagliori di una collana.
Carrà pubblica il Manifesto dei suoni, rumori e
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odori nel settembre del 1913 e nel marzo Russolo
formula la teoria della musica “enarmonica” con
l’Arte dei Rumori, dove annuncia: “Ogni suono
porta con sé un sviluppo di sensazioni”. È il suono
generato dal suo intonarumori, che accorda
disarmonie e dissonanze in un nuovo spartito di
stridii meccanici. Danzatrici gialle (1911) e Le voci
della mia stanza (1911) di Severini propongono
un ritmo ulteriore, quello della scomposizione di
passi e di cose inanimate, cadenzati al tempo di un
cromatismo pulsante.
La Risata (1911) di Boccioni si ripercuote per tutti i
piani della composizione, ricalcando l’idea filosofica
bergsoniana di una temporalità mutevole e fluida,
espressione del confondersi di durata e memoria.
In Visioni simultanee (1911) Boccioni raggiunge uno
sviluppo poetico e teorico in cui la sensazione si
traduce in un elemento mentale, portato al centro
della visione. È la rappresentazione visiva della
“sensazione dell’interno e dell’esterno – afferma lo
stesso Boccioni – di spazio e movimento in tutte le
direzioni che si prova all’avvicinarsi ad una finestra”.
Il vortice e il mulinìo della città, rispecchiati
e introiettati nel tumulto delle sensazioni, si
impongono negli angoli intersecati, nelle forme
concentriche, nei piani tagliati che innescano il
moto circolare dell’immagine.
In Nuotatrici (1910-1912) e in Il movimento del
chiaro di luna (1910-1911) di Carrà sono altre
SALA 3-4
Sala 4. Tempi e ritmi
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direttive a definire i piani della figurazione: diagonali
e intersezioni inglobano il soggetto dipinto.
Severini, nella grande tela La danza del ‹‹pan-pan››
al Monico (1909-1911), andata distrutta e ridipinta
nel 1959-1960, sintetizza l’atmosfera della famosa
sala da ballo parigina, nella ridda turbinosa di colori
sincopati e scomposti dalla luce che trasmuta e
declina tutte le forme del movimento.
Sala 5. Linee-forza
Moti diversi definiscono l’idea futurista di
dinamismo: Giacomo Balla lo analizza come in
una successione di fotogrammi sovrapposti e
leggermente sfalsati. Una sequenza temporale
dove il movimento ancora non cancella il soggetto,
come in Bambina che corre sul balcone (1912).
Per Boccioni forma e spazialità si amalgamano in
una sintesi universale con il colore, nella tensione
di un moto ascensionale o di linee-forza segnate
da fasci di luce che spezzano l’unità di una
visione oggettiva, come in Le forze di una strada
(1911) straordinaria reiterazione di segmenti che
sconvolgono e spostano direzioni e profondità
dei piani pittorici nel lucente incrociarsi dei fasci
accecanti dell’oscurità. In La rivolta (1911) di
Russolo il movimento unidirezionale avanza nel
susseguirsi di forme triangolari rosse, a sintesi di
una marcia inarrestabile verso il futuro:
“le cose in movimento si moltiplicano, si deformano,
susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che
percorrono”.
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Secondo piano
L’esposizione dei futuristi a Parigi presso la galleria
Bernheim-Jeune nel febbraio del 1912 crea grande
sconquasso tra le disordinate fila dei diversi
raggruppamenti artistici. Si tratta di quella pittura
di colori e linee che esalta lo spirito intrinseco del
progresso; una pittura scompositiva, non analitica
come quella dei cubisti, di cui i futuristi hanno
intuito la sintesi ma violentemente combattuto la
stasi. Il confronto tra le avanguardie si fa serrato.
E il linguaggio futurista entra nell’immaginario e
si misura con lo stile delle altre tendenze. Quella
tensione verso il moderno, quel moto dinamico, pur
tra le polemiche, attraggono l’interesse delle nuove
ricerche pittoriche. Rappresentare il movimento,
esprimere l’essenza del dinamismo, è ciò che
affascina moltissimi artisti delle nuove generazioni.
Anche Marcel Duchamp, che si distacca dalla
saldezza delle forme cubiste, sperimenta la
dimensione del movimento, accentuando, attraverso
la monocromia, il senso plastico dell’immagine. È
un movimento meccanico, basato sui suoi interessi,
più tecnici, dove ingranaggi e congegni diventano
soggetto della rappresentazione, tanto che la critica
dell’epoca considera il suo Nudo che scende le scale
n. 2 (1912) ‘troppo prossimo al futurismo’.
Se ad avvicinare Duchamp e Balla è il susseguirsi
dell’immagine in movimento nel tempo, ad
avvicinare Boccioni e Duchamp è il senso della
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Sala 6. Dinamismi
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tridimensionalità. Corpi e volti in Boccioni –
Antigrazioso (1912) e Costruzione orizzontale
(Volumi orizzontali) (1912) – si scompongono
seguendo tracciati in opposizione, che intersecano
la figura all’ambiente in un gioco simultaneo di
moti divergenti. Scomposizione che si osserva
anche nella scultura, dove segmenti facciali
alternano concavo a convesso in un modellato
pronto ad accogliere la dimensione della realtà
esterna. In Dinamismo di un corpo umano (1913),
compenetrazione dei piani e cromatismi violenti
segnano un ulteriore passaggio nella pittura di
Boccioni e integrano il moto dell’oggetto fino a una
completa fusione spaziale di forma e luce.
Sala 7. Cubismi
Se Pablo Picasso e Georges Braque hanno
inaugurato la stagione cubista e non espongono
in mostre pubbliche, i loro seguaci escono allo
scoperto al Salon des Indépendants del 1911 e del
1912.
Picasso, da diversi anni, esplora i temi e i generi
classici della pittura – ritratto, natura morta e
paesaggio –, frantuma il linguaggio dall’interno,
reinventando una nuova grammatica architettonica
– come in Donna seduta in poltrona (1910). Braque,
contemporaneamente, indaga la stessa materia
con maggiore attenzione alla superficie della tela, in
una misura più decorativa. Il passaggio dal Grande
nudo (1907-1908) al momento più cubista del
1911 – Natura morta con violino e Natura morta su
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Sala 8. Orfismo raggismo vorticismo sincromismo
“La simultaneità – dichiarano i futuristi – è per
noi l’esaltazione lirica, la plastica manifestazione
di un nuovo assoluto: la velocità; di un nuovo e
meraviglioso spettacolo: la vita moderna; di una
nuova febbre: la scoperta scientifica. Simultaneità è
la condizione nella quale appaiono i diversi elementi
che costituiscono il DINAMISMO. E dunque l’effetto
di quella grande causa che è il dinamismo universale.
È l’esponente lirico della moderna concezione della
vita, basata sulla rapidità e contemporaneità di
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un tavolo rotondo – sottolinea il suo interesse per il
piano, pur enunciando il dettato di una nuova lettura
dell’oggetto nello spazio.
Per affermare le idee cubiste, in opposizione alle
teorie futuriste, nell’ottobre del 1912 esce il libro
Du Cubisme, sintesi conoscitiva della
frammentazione e geometrizzazione dell’immagine,
scritta da Albert Gleizes e da Jean Metzinger,
che nella loro pittura perseguono in maniera più
scolastica la strada picassiana. Con risultati più
realistici in Metzinger, L’ora del tè (Donna col
cucchiaio,1911), con effetti più scenici in Gleizes:
Ritratto di Jacques Nayral (1911).
Tra le diverse espressioni linguistiche degli adepti del
cubismo spicca la personalità di Fernand Léger, che,
pur nell’ammirazione dei maestri, si allontana dai
loro temi e dipinge soggetti contemporanei, come
in Contrasto di forme, in cui raggiunge nel 1913 un
equilibrio di linee, forme e colori forti.
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conoscenza e di comunicazioni. Se consideriamo le
diverse manifestazioni dell’arte futurista noi vediamo
in tutte affermarsi violentemente la simultaneità”.
Nel 1913 si scatena tra i circoli artistici
dell’avanguardia il dibattito intorno all’idea di
simultaneità, che mette a nudo la tensione
drammatica di tutta una generazione e il
radicalizzarsi di correnti di opinione. Al centro della
polemica la pittura di Boccioni e Robert Delaunay
con il suo orfismo, (secondo la definizione del
grande poeta Guillaume Apollinaire). Da una parte,
la scomposizione orientata dalle linee di forza e dalla
sensibilità degli oggetti, dall’altra, la pura sensibilità
pittorica di un dinamismo cromatico, dove l’equilibrio
delle parti si apre alla conquista di una ‘realtà pura’,
di una ‘unità’ assoluta, quasi astratta, come in
Forme circolari, Sole n. 2 (1912-1913) di Delaunay,
condivisa in modo più decorativo dalla moglie Sonia
e in modo più turbinoso e frenetico dall’artista ceco
František Kupka. Orfismo che attrae dal 1912 anche
i pittori americani Stanton Macdonald-Wright e
Morgan Russell, le cui tele sincromiste sono mosse
da ritmi cromatici simili e animate da una purezza dei
timbri analoga a quella futurista (in fondo alla sala:
Conception Syncromy e Cosmic Syncromy).
Famiglia di artisti, i fratelli Duchamp declinano, in
quello stesso periodo, i propri nomi – Jacques Villon
e Raymond Duchamp-Villon – e le ulteriori varianti
artistiche, coniugando plasticismo e pittoricismo,
secondo un diverso passo rispetto alla traiettoria
dinamica dell’altro fratello Marcel. In particolare
il primo, Jacques Villon, in Ragazza (1912),
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SALA 8
scompagina la partitura cubista con accenti vicini al
futurismo, (mentre la stessa idea strutturale ritorna in
Francis Picabia, Danza alla sorgente I, 1912 con un
fluire di ritmi in un crescendo quasi meccanico).
Il secondo, Raymond Duchamp-Villon, nel modellato
audace de Il grande cavallo (1914) dimostra una
straordinaria mano, in linea con il moto ascensionale
delle opere scultoree di Boccioni.
Unico firmatario tra i francesi di un manifesto
futurista, nel 1913, è Félix Del Marle, vicino alla
cadenza modulata da Severini, anche se con
formule più rigide e schematiche, tali da decretarne
l’allontanamento da parte degli stessi futuristi.
Intanto, nell’Europa pre-bellica, si intrecciano
espressioni a esperienze, stili a tecniche, ma
orientamenti e caratteri comuni si muovono verso la
stessa tensione modernista. Con diversa intensità,
in Russia, si avvertono nuove assonanze formali a
costruire una tessitura sorprendente, ancora non
contaminata dall’ideologia. Trionfa l’impulso alla
ricerca e alla sperimentazione. Trionfa la mitologia
del nuovo e una nuova idea estetica che fonde la
maniera cubista all’esperienza futurista. Michail
Larionov e Natalja Gončarova, nel manifesto
Raggisti e Futuristi del 1913, affermano la centralità
della creazione di forme nuove, di “una pittura
autosufficiente” – come nel Ciclista (1913), della nota
pittrice russa. Kasimir Malevič, invece, già prefigura
nel primitivismo delle forme cubo futuriste (L’aviatore,
1914) la straordinaria visione utopica dell’umanità
futura e nel Ritratto di Ivan Kljun (Costruttore) (1914)
rivela l’adesione al trionfo della tecnica attraverso il
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volto dell’amico artista che, a sua volta, nello stesso
anno, dipinge Ozonizzatore. Tecnica che conquista
anche Ljubov Popova nelle sue tele dalla solida
impostazione geometrica, mentre in Aleksandra
Ekster domina la caleidoscopica esuberanza
cromatica della Città di notte [1913].
Anche in Inghilterra, i vorticisti, termine coniato da
Ezra Pound, inseguono una pittura dinamica, dell’età
della macchina, del progresso. Ma è una pittura più
incisa, più sintetica, che segue le linee esplosive
della rivista “Blast”, come ne La folla (1915) di Percy
Wyndham Lewis o in Christopher Richard Wynne
Nevinson che nel 1914 sottoscrive con Marinetti il
manifesto Vital English Art, e i cui soggetti (Il vecchio
porto,1913 e L’arrivo,1913) hanno una curiosa
assonanza con l’opera di Del Marle. E ancora David
Bomberg che ne Il bagno di fango (1914) persegue
un’analisi essenziale, quasi teorica. Nella scultura
di Henri Gaudier-Brzeska Danzatrice di pietra rossa
(1913 ca.), il soggetto moderno risuona di echi da
culture extraeuropee, mentre Jacob Epstein, che
pure subisce lo stesso fascino, lo traduce nella
sua Perforatrice (1913-1914) in efficace ibridazione
tra mondo animale e macchina. Interessante
collegamento e fulcro, quasi leva propizia ad attivare
un ideale rapporto tra la scultura di Duchamp-Villon
e quella di Boccioni.
Sala 9. Architettura e memoria
Torre Eiffel (1911) di Delaunay segna lo spostamento
di asse rispetto al cubismo ortodosso, proponendo
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Sala 10. Iniezioni di realtà
Forme futuriste, unite alla scomposizione cubista dei
piani della rappresentazione, sono la testimonianza
delle forti suggestioni, che irrompono materialmente
nelle opere degli artisti, insieme a un’idea di realtà
SALE 9-10
piani slittati in un moto ascensionale, avvitato
attorno al simbolo della civiltà moderna, dove
ferro e trasparenza strutturano e al tempo stesso
svuotano l’architettura, insieme all’idea complessiva
dell’immagine. È il senso della frammentazione, di
origine cézanniana, a definire volumi e linee, dando
vita a quella particolare lettura del cubismo che,
anche nel colore, supera la staticità cubista. Qui è
il rosso a dominare e a dare ordine a un’opera i cui
confini sono ancora legati alla rappresentazione
del reale; rappresentazione che prenderà un
orientamento diverso, più astratto, nelle sue forme
circolari.
C’è un’energia simile nelle tele di Delaunay e
Léger di questo periodo, energia che le avvicina
alla dimensione futurista nell’esplosione della
raffigurazione pittorica. Così in Le nozze (1911)
il dinamismo di Léger fonde, in una circolarità
interrotta da squarci luminosi, elementi reiterati ed
epifanie di vividi colori.
Diversamente, Picabia, pur affascinato dall’estetica
dei futuristi, esplora profondità mnemoniche di
un ‘biomorfismo meccanico’, come in Rivedo nel
ricordo la mia cara Udine [1913]-1914, vicino a una
monocromia di natura più poetica.
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accelerata e trasformata. Ardengo Soffici, in contatto
con gli ambienti artistici francesi già dai primi anni
del secolo, diffonde in Italia la conoscenza del
cubismo, riflessa nei suoi dipinti, come in Linee e
volumi di una persona (1912). Interazione tra arte
e vita, rivelata dalla tecnica del collage cubista.
In questo esempio della Pipa, bicchiere, giornale,
chitarra e bottiglia di Vieux Marc: ‹‹Lacerba›› (1914),
Picasso mostra un interesse per la scena intellettuale
italiana che ritorna con formule e modi diversi nei
futuristi, in particolare in Severini: Natura morta con
‹‹Lacerba›› (1913) e Ritratto di Paul Fort (1915) e nei
cubofuturisti russi come Ljubov Popova
(Studio per un ritratto,1914-1915).
Irrompe, alla fine, la realtà nella sua forma più
violenta: la guerra. È una ferita che lacera il tessuto
culturale dell’Europa e del mondo. In questa
drammatica temperie, l’arte è brutalmente scossa
e prende strade diverse, divaricandosi in percorsi
che toccano estremi assoluti, di realismo o di
astrattismo. E la creatività, toccata dalla tragedia,
trasferisce nelle sue forme una dimensione
sovrastorica, quella potente delle linee e dei colori.
Insidie di guerra (1915) di Balla, Treno suburbano
che arriva a Parigi (1915) di Severini ed Esplosione
di granata (1915) di Nevinson sono interpretazioni
di uno stesso momento travolgente dove ancora si
propaga l’eco di una straordinaria tensione e di un
forte slancio propulsore, impressi e azionati dal moto
a spirale dello Sviluppo di una bottiglia nello spazio
(1912) di Boccioni.
22
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana
Assessorato alle Politiche Culturali
e della Comunicazione
in collaborazione con
main sponsor
sponsor tecnici
vettura
ufficiale
catalogo
in copertina: Umberto Boccioni, Le forze di una strada, 1911, Osaka City Museum of Modern Art, Osaka