nella grotta di slivia - Sito

Transcript

nella grotta di slivia - Sito
speleologia isontina
NOTIZIARIO UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA
FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA - via Ascoli, 7 - 34170 GORIZIA - e-mail: [email protected]
CENTRO RICERCHE CARSICHE «C. SEPPENHOFER» - via Ascoli, 7 - 34170 GORIZIA www.seppenhofer.it - e-mail: [email protected]
GRUPPO SPELEOLOGICO CARSICO - via Bosco Cappuccio, 6 - 34078 SAN MARTINO DEL CARSO (GO) - e-mail: [email protected]
GRUPPO SPELEOLOGICO «TALPE DEL CARSO» - via Brigata Gradnik, 3 - 34070 DOBERDÒ DEL LAGO (GO) - e-mail: [email protected]
G.RUPPO SPELEOLOGICO MONFALCONESE «G. SPANGAR» - Sezione C.A.I. di Monfalcone - via Marco Polo, 7 - C.P. 204 - 34070 MONFALCONE (GO)
GRUPPO SPELEOLOGIA "FLONDAR" - c/o Roberto Grassi - Villaggio del Pescatore, 102 - DUINO AURISINA (TS) - e-mail: [email protected]
MUSEO CARSICO GEOLOGICO E PALEONTOLOGICO - MONFALCONE - c/o F. Zimolo - via Bidischini, 4
- 34072 GRADISCA D'ISONZO (GO) - http://web.tiscali.it/museo_carsico/index.htm - e-mail: [email protected]
SPELEO CLUB MONFALCONE - via Palladio, 8 - 34074 MONFALCONE (GO) - e-mail: [email protected]
SOCIETÀ DI STUDI CARSICI «A. F. LINDNER» - via Madonnina, 4 - 34070 FOGLIANO REDIPUGLIA (GO) - e-mail:[email protected]
ANNO XIII - N. 13 GIUGNO 2005
EDITO DALLA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA - REDAZIONE: GRASSI ROBERTO, TAVAGNUTTI MAURIZIO, ZIMOLO FERDINANDO
STAMPA: TIPOGRAFIA BUDIN - GORIZIA
UN ALTRO
PASSO AVANTI
Da anni la FSI si esprime non solo sul
territorio locale della provincia di Gorizia, con iniziative proprie, mirate soprattutto alla diffusione della speleologia ed
alla conoscenza del nostro paese, nonchè
alla valorizzazione del lavoro di ricerca,
di studio ed editoriale di tutte le associazioni speleologiche che vi aderiscono. La
F.S.I. attraverso questa rivista ufficiale
che, puntualmente ogni sei mesi da alla
stampa, trovano spazio tutte quelle notizie di nuove ed importanti scoperte speleologiche, ricerche storiche, culturali, geologiche, paleontologiche, resoconti di
mostre e altre attività affini. La rivista
tende a svolgere un importante ruolo di
supporto alle varie attività dei gruppi associati, uno strumento alla fine molto efficace come mezzo di comunicazione e di
ponte tra la nostra realtà provinciale e le
altre realtà, regionali e nazionali. Uno
strumento che vorrei poter veder crescere
qualitativamente, magari anche aumentando lo spazio disponibile con qualche
pagina in più, prima della scadenza di
questo mio mandato. La rivista vive grazie al contributo volontario di tutti i soci
che, vorrei qui ringraziare per la loro disponibilità. Da queste righe vorrei anche
lanciare una proposta di collaborazione
per allargare lo spazio editoriale anche
ad altre realtà regionali e non che svolgano e condividano con noi la comune
passione verso la speleologia e tutte quelle
attività che concorrono ad accrescere
l’amore per il nostro territorio. Queste riflessioni mi sorgono spontanee proprio ora
che la nostra Federazione ha fatto un bel
passo avanti con l’iscrizione in seno alla
Società Speleologica Italiana. un fatto
questo atteso da tempo e condiviso da
tutti. Passo decisamente qualitativamente notevole che ci pone finalmente in un
contesto nazionale attraverso il quale
potremmo dare una maggiore assistenza
ai gruppi associati.
Far parte della grande famiglia della
S.S.I. rappresenta dunque per la nostra
Federazione la possibilità non solo di poter entrare in un contesto più ampio di
quello strettamente provinciale e/o
regionale,n ma anche di poter essere sempre aggiornati su quanto succede nel mondo speleologico nazionale.
Sarà cura della F.S.I. infatti aggiornare capillarmente e in tempo reale le associazioni affiliate sulle eventuali iniziative in programma. Allo scopo è già stata
progettata la possibilità di avere un proprio sito Web.
Come si vede le premesse sono buone,
non ci resta sperare che nell’immediato
futuro tutto ciò si realizzi, ma come qualcuno sa “chi ben comincia è già a metà
dell’opera”.
il presidente
Ferdinando Zimolo
NELLA GROTTA DI SLIVIA
Il 17 febbraio noi alunni delle classi IV e V della scuola elementare di
Pieris, siamo andati a visitare la grotta “Torri di Slivia”.
Dopo circa mezz’ora di viaggio con lo scuolabus, siamo arrivati a
Sistiana dove ci aspettavano degli speleologi della Federazione Speleologica Isontina che sarebbero state le nostre guide.
Assieme abbiamo raggiunto la località di Slivia, e a piedi ci siamo
incamminati verso il luogo dove si trova l’ingresso di questa grotta.
Appena giunti sul posto noi bambini siamo stati divisi in due gruppi
perché eravamo numerosi e la grotta non è sufficientemente ampia
per ospitare contemporaneamente 50 persone.
Io facevo parte del secondo gruppo e assieme ai miei compagni
abbiamo atteso il nostro turno impegnando il tempo giocando facendo
merenda e ascoltando le spiegazioni di uno degli accompagnatori che
ci ha fatto vedere i fenomeni carsici di superficie, i campi solcati, le
vaschette di corrosione. Ci ha raccontato anche la storia della scoperta della grotta e fatto vedere l’ingresso originario che è un grande
pozzo verticale.
Finalmente è giunto il nostro turno! Ad ognuno di noi, maestre
comprese, è stato messo in testa il caschetto di protezione dotato di
luce frontale, sembravamo tanti minatori.
attraverso l’ingresso artificiale siamo entrati in fila indiana iniziando
così la nostra avventura. Per quasi tutti noi questa era la prima esperienza come speleologi in una grotta non illuminata e non turistica.
Devo confessare che all’inizio ero un po’ intimorita ma poi mi sono
fatta coraggio ed ho proseguito. All’inizio ho visto solamente una lunga scalinata buia, pian piano però mi sono abituata al buio e ho iniziato
ad osservare anche ciò che mi stava attorno.
Scese alcune rampe di scale siamo arrivati in una sala e abbiamo
notato alla nostra destra un sentiero che era parzialmente illuminato
dalla luce solare: la signora Mila ci ha detto che la luce entrava da quel
pozzo verticale che avevamo visto in superficie.
Ho ammirato molte stalattiti grandi e piccole che pendevano dalla
volta e molte stalagmiti che spuntavano da terra. Alcune sembravano
proprio delle “torri”, certe delle persone sedute ed una in particolare
pareva un teschio.
All’improvviso ho sentito uno strano rumore, mi sono soffermata
ad ascoltare con attenzione e ho capito che si trattava di un battito
d’ali: era un pipistrello.
Aguzzando la vista ne ho visto uno da vicino, era piccolo appeso
con la testa in giù e con le zampette aggrappate ad una stalattite mentre
altri, disturbati dalla nostra presenza, svolazzavano.
Gli speleo ci hanno spiegato tante cose sulla formazione delle grotte,
sui fenomeni carsici; hanno illustrato anche le tecniche di discesa e
risalita con le corde facendoci capire che la grotta è sempre un ambiente vivo con la sua fauna, flora e stalattiti e stalagmiti quasi sempre
in formazione, perciò questo ambiente deve essere rispettato da tutti.
Comunque ci hanno permesso di raccogliere dal suolo qualche frammento di stalattite e di calcite da portare a
casa.
Il mio timore iniziale è scomparso man
mano che procedevo nell’esplorazione al punto
tale che mi sarebbe piaciuto tanto proseguire
andando ancora avanti ma il percorso si faceva più difficile ed era quasi ora di rientrare.
Dopo un’ora circa siamo ritornati in superficie e abbiamo conclusola nostra gita con alcune foto assieme al gruppo degli speleologi.
È stata per me un’esperienza indimenticabile, era la prima volta che scendevo in una
grotta naturale; spero di poterla ripetere maTatiana e gli alunni della classe IV gari in una grotta diversa.
25° TRIANGOLO DELL’AMICIZIA
Si è svolto sabato 26 giugno a Opatia Selo (Opachiasella), in Slovenia, il “25° Triangolo dell’Amicizia”, organizzato dal gruppo speleologico “Kraški Leopardi” e iniziato purtroppo con uno spiacevole inconveniente, che ha, a nostro avviso, limitato la partecipazione dei gruppi:
l’improvviso e tardivo cambio obbligato della località di ritrovo programmata che, ha costretto diverse persone a ritornare a casa non
essendo riuscite a rintracciare le poche e non visibili indicazioni che
avrebbero dovuto guidarle al nuovo luogo dell’appuntamento.
Altri più intraprendenti, anche se con molto ritardo, hanno raggiunto la località sede dell’incontro ufficialmente iniziato alle ore 11.00.
Dopo il pranzo il programma prevedeva la visita ad alcune belle ed
interessanti grotte della zona ed al ritorno di tutti la realizzazione di
una tavola rotonda.
Purtroppo anche l’aver limitato le escursioni in grotta al solo sabato ha suscitato diversi malumori soprattutto da parte di ospiti provenienti da località lontane come Firenze, Novara e dall’Austria.
Molto positiva invece la tavola rotonda programmata nel pomeriggio di sabato in cui si è parlato della nuova e limitativa legge slovena
sulla speleologia.
Nel corso della tavola rotonda è emerso chiaro che la nuova legge
slovena sulla speleologia manca ancora di un regolamento attuativo
pertanto non può essere ancora applicata, in futuro però la legge
prevederà che, per poter effettuare qualsiasi esplorazione sotterra-
nea in territorio sloveno, bisognerà richiedere al ministero competente un permesso che verrà rilasciato dopo aver sostenuto un esame (???); tale permesso dovrà essere richiesto anche dai gruppi grotte
sloveni.
Attualmente, in attesa di questo regolamento, sembra di capire che
anche i gruppi sloveni siano, per così dire, fuori legge.
Nel frattempo vige la regola etica, non scritta, che per qualsiasi visita
od esplorazione lo speleologo straniero, o lo stesso speleologo sloveno proveniente da una zona diverso da dove si trova la grotta da
esplorare, per poter entrare nella grotta stessa dovrà interpellare i
rispettivi gruppi grotte competenti sul territorio.
Erano presenti alla tavola rotonda, i rappresentanti di diversi gruppi
italiani, austriaci e sloveni tra i quali vi era pure il presidente della
Federazione Speleologica Slovena. La regione Friuli Venezia Giulia
ed in particolare la Provincia di Gorizia erano rappresentate dai presidenti delle rispettive federazioni speleologiche.
A mitigare i malumori ci ha pensato l’allegra serata conclusiva come
sempre accompagnata da canti, giochi e vino e tanta allegria.
A conclusione della tavola rotonda ci siamo dati appuntamento per il
prossimo anno in Italia al Villaggio del Pescatore, ospiti del Gruppo
Speleologico “Flondar”. Auspichiamo che l’organizzazione sia sempre più attenta a dare un’impronta significativa a quest’incontro nell’ottica anche di un rinnovamento e per una sempre più positiva
riuscita della manifestazione.
La redazione
2
SPELEOLOGIA ISONTINA
UNA GIORNATA DIVERSA DALLE ALTRE STORIA, NATURA E SPELEOLOGIA
Ci presentiamo: siamo un gruppo di utenti del C.I.S.I. di Monfalcone, che grazie alla
disponibilità ed organizzazione della F.S.I. (Federazione Speleologica Isontina), siamo riusciti a trascorrere una “GIORNATA DIVERSA DALLE ALTRE”: un’ uscita sul “Carso
Isontino”.
Partendo dalla nostra sede con il pulmino, raggiungiamo percorrendo una strada tortuosa,
il paese di Doberdò del Lago recandoci direttamente, seguendo le indicazioni poste ai bordi
della strada, al “Centro Visite Gradina”, dove ci aspetta la nostra guida.
La costruzione del Centro, posta in un punto strategico è perfetta per osservare le bellezze
che la circondano, si spazia con uno sguardo dal campanile di Aquileia al Golfo di Trieste.
La nostra uscita a Gradina comincia con la visita al museo carsico che nelle sue particolarità
descrive, con varie tecniche ed esposizioni, la “VITA DEL CARSO “ dalle sue origini sino
ai tempi nostri; è difficile descrivere a parole la bellezza di quello che abbiamo visto.
Dopo una breve passeggiata lungo il sentiero che conduce al rifugio “Casa Cadorna” ed
aver ammirato le bellezze del luogo, specialmente il Lago di Doberdò visto dalla sommità del
sentiero, torniamo al pulmino per il proseguire della giornata.
La nostra corsa attraverso le strade del Carso ci conduce al paese di San Michele (VRH)
presso la baita, sede del Gruppo Speleologico “Talpe del Carso” (J.K.K.K.); li ad attenderci cerano delle presone che ci hanno dato il benvenuto.
Dopo una breve pausa ci inoltriamo lungo i sentieri del carso accompagnati dalla nostra
guida delle “Talpe” che durante il percorso ci illustra il paesaggio circostante e le varie cavità
che incontriamo.
La giornata “DIVERSA DALLE ALTRE” si conclude con una spaghettata gentilmente
offerta dagli organizzatori di questa significativa giornata e, certi di rinnovare tale esperienza
un arrivederci a presto.
C.I.S.I Monfalcone
***
POSEBNI DAN
Predstavljamo se kot skupina ljudi, ki spada v Tr`iški C.I.S.I. Pred kratkim, nam je GORIŠKO-SOŠKA JAMARSKA ZVEZA organizirala in omogo~ila, da smo do`iveli “Posebni
dan”, oziroma eskurzijo na GORIŠKI KRAS.
Iz Tr`iškega sede`a smo se s kombijem odpeljali proti Doberdobu. Neka stranska pot, v
bli`ini Doberdoba, nas je privedla do sprejemnega centra “Gradina”. Tu smo si ogledali
krasen muzej, v katerem razstava prika`e razli~ne na~ine `ivljenja na Krasu, in sicer od
njagovega nastanka do današnjih dni.
Po kratkem sprehodu, ki nam je omogo~il opazovanje kraja, predvsem pa Doberdobskega
jezera, smo dospeli do “hiše Cadorna”. Nato pa smo se vrnili do kombija in nadaljevali
našo pot proti Vrhu.
V posebnem okolju, in sicer pred kamnito ko~o jamarskega društva “KRAŠKIH KRTOV”,
so nas `e ~akali nekateri ~lani tega društva. Po kratkem odmoru smo se vsi skupaj odpravili
na nekatere kraške pešpoti, da bi odkrili zna~ilnosti kraja, predvsem pa jam.
Ta “Posebni dan” se je zaklju~il s “špagetado”, ki so nam jo ponudili organizatorji.
Prepri~ani smo, da bomo v prihodnosti obnovili tako nepozabljivo izkušnjo.
L’impegno del Seppenhofer nel ramo delle
cavità artificiali continua a dare i suoi frutti,
nelle Valli del Natisone ma soprattutto a Gorizia, dove si concentra l’attività senz’altro di
maggiore rilievo del gruppo speleologico, con
le ricerche sul Monte Sabotino. Qui, il rilevamento degli ipogei sul versante italiano, sta
per essere completato mentre procede il lavoro di analisi di una serie di dati storici, che
presto potrebbe riservare ulteriori interessanti
novità. Recentemente, è stata effettuata una
ricognizione negli ipogei attorno all’eremo del
San Valentino, studiando la dislocazione di una
batteria da campagna italiana con le relative
cavernette ricovero – deposito di munizioni.
E’ fondamentale la collaborazione con il
Centro Ricerche Archeologiche e Storiche
nel Goriziano, che, nata nel 1996, non cessa
di essere proficua soprattutto grazie alla profonda conoscenza del territorio e della storia
del Sabotino di cui è depositario il presidente
del sodalizio, Mario Muto. La “zona di operazioni” per il Seppenhofer, si è però ampliata alle pendici del monte, e precisamente all’area compresa fra Piuma, San Mauro ed
Oslavia dove, grazie alle segnalazioni di alcuni abitanti del posto, gli speleologi hanno
potuto rilevare alcune cavità militari lungo il
corso del torrente Piumizza.
Gli ipogei individuati sono delle caverne ricovero, generalmente in uno stato di conservazione piuttosto precario a causa del tipo di
roccia friabile (arenarie e marne) in cui sono
state scavate, e situate in zone difficili da rag-
SUL CARSO DI DUINO
Nell’intervistare l’autore di un’opera letteraria si usa chiedergli della sua “ultima fatica”, quasi il poveretto fosse un forzato della
penna – oggi del computer – che deve scrivere magari senza alcuna genuina ispirazione,
rispettando tassativi tempi di consegna imposti dall’editore che lo paga un tanto a cartella.
Fortunatamente nulla di tutto ciò ci riguarda,
in quanto l’unica motivazione che governa la
nostra attività è il desiderio di approfondire la
conoscenza del territorio dove viviamo, anzitutto a nostra intima gratificazione e quindi a
beneficio degli altri che desiderano saperne di
più sugli aspetti naturalistici e sulla storia che
non si trova sui libri, con supponenza definita
“minore” da chi ritiene inutile ascoltare qualche vecchio non secolarizzato e perlustrare
capillarmente plaghe impervie e frascose alla
ricerca di labili tracce del passato, spesso di
ardua interpretazione.
Il modo più adatto per trasformare le esperienze acquisite e divulgare le scoperte fatte è
scrivere, perché scrivere vuol dire anche vivere, creando qualcosa di originale che prima
non esisteva ed infine che uomo è un uomo
che non ha fatto nulla per migliorare il mondo? Sulla spinta di pulsioni squisitamente domestiche è nato infatti questo libro, nel quale viene descritto con amorevole attenzione l’infinitesimo
segmento di pianeta inquadrato dalle finestre delle nostre case, familiare in ogni anfratto per
innumerevoli visitazioni, al quale tuttavia sempre si ritorna con inesausto piacere e la segreta
speranza di un imprevedibile rivelazione. Il 2 aprile abbiamo presentato la neonata creatura ad
un pubblico partecipe, costituito in buona parte da persone note ed amiche, in un’atmosfera
quindi affatto informale, com’era appunto nostra massima aspirazione. Siamo ben consapevoli
della non rifinita costruzione grafica, dovuta in primo luogo ai limiti di spesa ed anche all’impreparazione di chi affronta per la prima volta un’impresa del genere, mentre consideriamo
invece un prodotto di ottima qualità la carta allegata, costruita partendo da esperienza zero in
fatto di elaborazione informatica. Non ci risulta che nulla di altrettanto valido sia stato pubblicato finora in materia di rappresentazioni topografiche scala 1:5000, la quale consente l’indicazione di minimi dettagli e quindi un’agevole lettura. Questa specifica competenza – frutto di
una lunga frequentazione del Carso – ha avuto di recente un lusinghiero riconoscimento da
parte dell’Ufficio Cartografico Regionale, che ci ha affidato la revisione delle bozze della terza
edizione delle CTR per la Provincia di Trieste, nonché dalla nota Casa Editrice Tabacco, la
quale sta preparando la nuova carta escursionistica al 25000 del Carso triestino ed isontino, di
qualità molto superiore a quelle finora messe in commercio.
La scelta di privilegiare le iniziative editoriali per impiegare i finanziamenti erogati dagli enti
pubblici ci sembra la più razionale per un gruppo dalle limitate potenzialità esplorative, confortati in questo dalla certezza di realizzare così qualcosa di concreto ed interessante anche a
favore di chi non fa speleologia, una disciplina tuttora incompresa nelle sue finalità ed alle prese
con sempre nuovi intoppi nei suoi intenti operativi. Coltiviamo infine l’ambizione di aver dato
un sia pur modesto contributo di natura culturale illustrando certi elementi mal noti di una zona
fin qui trascurata per la sua selvatichezza: i numerosi apprezzamenti ricevuti sono la riprova di
aver individuato un filone meritevole di ulteriori sfruttamenti ed infatti è già in fase di avanzata
preparazione una pubblicazione di più ampio respiro sul comprensorio del Monte Ermada.
Nota banale ma molto pratica : dato che i soldi non sono usciti dalle nostre tasche, il libro e
la carta vengono dati gratuitamente a chi ne fa richiesta, ma bisogna venire a prenderli presso
la nostra sede, alla Biblioteca Comunale del Villaggio del Pescatore, ogni lunedì non festivo, tra
le 16 e le 19. Saremo contenti anche di un solo “grazie”, negatoci da qualche soggetto definibile con un aggettivo che la buona educazione non ci consente di enunciare.
Dario Marini
NUOVE CAVITA’ MILITARI A GORIZIA E NEL
CIVIDALESE SCOPERTE DAL SEPPENHOFER
giungere o in proprietà privata. Una serie di
cavità, di alcune decine di metri di sviluppo,
risulta essere stata realizzata dall’esercito italiano in una zona di retrovia, ove erano sistemate le artiglierie pesanti a tiro curvo, i cui
colpi oltrepassavano il Sabotino per cadere
oltre l’Isonzo, sulle cime del Monte Santo,
del Vodice e sulla Bainsizza. Particolarmente
interessante risulta la dislocazione delle cavità, che si aprono nella stretta valletta del torrente, risultando così meglio protette da even-
tuali tiri di artiglieria avversari.
Un altro gruppo di ipogei è stato visitato in
una zona più vicina alla frazione di Piuma,
fra cui spicca una caverna a ferro di cavallo,
in uno stato di conservazione migliore, di realizzazione austro – ungarica ma utilizzata sicuramente dagli italiani a seguito della presa
di Gorizia. Le sorprese sono tutt’altro che
finite, anche se al momento si predilige il lavoro di ricerca a tavolino a quello sul campo, a causa della rigogliosa vegetazione pre-
sente in questo periodo che potrebbe occultare alla vista anche gli ingressi più ampi ed
evidenti.
Novità interessanti anche dalle Valli del Natisone, che sono state oggetto, un paio di
anni fa, di uno specifico studio del C.R.C.
Seppenhofer volto a far conoscere per la
prima volta il fenomeno delle cavità artificiali presenti nell’area.
In una serie di uscite fra Castelmonte e
Prepotto, nei luoghi che videro la ferma quanto vana resistenza di diversi reparti italiani
nel corso della battaglia di Caporetto, sono
state rilevate due cavità particolarmente significative.
Una, in particolare, presenta dei muri di
sostegno in pietra locale sia all’ingresso che
all’ interno: gli ampi locali della galleria sono
occlusi da un poderoso crollo, causato con
ogni probabilità dal brillamento dell’esplosivo conservato nel ricovero all’atto della ritirata dell’ottobre del 1917.
La stessa sorte sembra sia toccata ad
un’altra caverna, il cui ingresso angusto ed
irregolare aveva tratto in un primo momento
in inganno gli speleologi, facendo pensare
ad una grotta naturale non ancora rilevata.
Le morfologie interne di quest’ultima cavità, fanno pensare comunque ad un lavoro di
allargamento di vuoti sotterranei esistenti di
origine naturale (siamo nel pieno di un’interessante zona carsica), piuttosto che ad un
ipogeo di origine completamente antropica.
Marco Meneghini
3
SPELEOLOGIA ISONTINA
I GRANDI MAMMIFERI DEL CARSO
IL QUATERNARIO
L’era geologica attuale, detta Quaternario e iniziata con la comparsa dei primi ominidi, è
stata interessata da profonde mutazioni climatiche su scala planetaria.
Dal punto di vista cronologico essa è suddivisa in due periodi: Pleistocene ed Olocene.Il
confine tra i due periodi corrisponde al termine delle glaciazioni in Europa ed è fissato
grossomodo a circa 10.000 anni fa.
Il Pleistocene è a sua volta suddiviso in inferiore, medio e superiore. Il passaggio dal
Pleistocene inferiore a quello medio è stabilito intorno a 700.000 anni fa, quando si è verificata un’inversione del polo magnetico terrestre che ha generato una fase climatica temperata; mentre quello tra Pleistocene medio e superiore è posto tra 130.000 e 120.000 anni fa.
LE GLACIAZIONI
Durante questa era il pianeta è stato interessato da profonde variazioni climatiche, influenzate principalmente da fenomeni astronomici, che nell’emisfero boreale hanno determinato fasi metereologiche particolarmente fredde, dette glaciazioni.
Le fasi glaciali sono state intervallate da periodi con clima meno rigido, nel corso delle
quali lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente aumento del livello marino ha portato a
sostanziali cambiamenti nell’aspetto del territorio.
I miglioramenti climatici tra una glaciazione e l’altra sono detti interglaciali, mentre
quelli durante una fase glaciale sono definiti interstadiali.
Nell’area alpina sono stati identificate quattro fasi glaciali, chiamate rispettivamente
Günz, Mindel, Riss e Würm.
La prima è attribuita al Pleistocene inferiore, quella di Mindel e Riss al Pleistocene medio
e l’ultima al Pleistocene superiore.
Queste variazioni climatiche hanno avuto grandi conseguenze sull’intero mondo biologico
poiché hanno generato dei cambiamenti sia nella flora sia nella fauna dei territori interessati
dal clima glaciale. Inoltre questi mutamenti climatici hanno costretto l’uomo ad adattarsi a
nuovi ambienti, contribuendo così progressivamente all’antropizzazione di tutta la Terra.
Riassumendo, la maggioranza della flora e fauna del Quaternario si è evoluta in questo
periodo fino a raggiungere le forme attuali in stretto rapporto con il clima e alla loro
capacità di adattamento.
FLORA E FAUNA
Agli inizi del Quaternario in tutta Europa persiste un clima caldo-umido che favorisce lo
sviluppo di foreste rigogliose, nelle quali le conifere si alternano alle latifoglie. Questi
boschi sono popolati da una fauna varia e numerosa, quali elefanti, mastodonti, rinoceronti, daini, cavalli, bisonti e roditori. In seguito, con l’arrivo delle prime ondate di freddo,
le foreste vengono sostituite parzialmente da steppe e tundre. Scompaiono successivamente i mastodonti, i tapiri e gli equidi. Nel Pleistocene medio si affermano numerosi
carnivori, come la iena, l’orso, la pantera, l’uro, il bisonte, il rinoceronte, il cinghiale, il
capriolo e il daino. Nel Pleistocene medio-superiore compaiono il camoscio, lo stambecco, il lupo, il cavallo, l’orso delle caverne e la volpe. Alla conclusione della fase glaciale più
intensa, quella di Würm, le faune più antiche si sono estinte definitivamente mentre quelle
più giovani hanno assunto l’aspetto attuale.
LE BRECCE OSSIFERE
I resti degli animali che vivevano un tempo sul Carso, si ritrovano occasionalmente
nelle brecce che si sono formate in vecchie cavità fossili, in sacche del terreno o in antichi
inghiottitoi e, infine, nei depositi argillosi delle grotte. Questi siti dimostrano che un tempo
sull’altopiano carsico esistevano numerose piccole cavità ubicate in vallecole, nelle quali
le acque meteoriche, a volte molto copiose, trasportavano, con una certa energia, le ossa
degli animali morti nelle vicinanze, queste poi si cementavano assieme a frammenti di
roccia, calcite e terra rossa. Le specie scoperte nelle brecce ossifere sul Carso sono:
Elephas sp. - Rhinoceros sp. - Hyppopotamus sp. Equus caballus.
L’abbondante presenza di resti di cavallo dimostra l’esistenza di un ambiente molto
simile a quello della savana africana, con suoli duri e ricoperti da rada boscaglia e praterie
di graminacee, che rappresentavano il pascolo anche per l’ippotamo e gli altri pachidermi,
questi ultimi stanziali in prossimità di estesi specchi d’acqua palustri.
I GIACIMENTI DI VERTEBRATI FOSSILI DEL CARSO
Pleistocene inferiore e medio: Cava di onice calcareo di Bristie, Grotta del monte San
Leonardo, Grotta dell’Alce, Grotta presso Monrupino, Riparo di Visogliano, Grotta presso San Giovanni di Duino, Cava di Visogliano.
Pleistocene superiore: Caverna Pocala presso Aurisina, Grotta dell’Orso presso Gabrovizza.
Olocene antico: Grotta Azzurra di Samatorza, Grotta Benussi, Grotta dell’Edera, Grotta
della Tartaruga, Grotta di Trebiciano, Grotta Lonza.
Ultima scoperta in ordine cronologico è la breccia ossifera del Lisert, molto ricca in
resti di equidi, bovidi e cervidi, emersa in seguito agli scavi della nuova circonvallazione
ferroviaria; questo deposito, piuttosto recente, apparterebbe all’ultima fase interglaciale
prewürmiana. Il materiale recuperato purtroppo è molto frammentato. Tutto quello che
ufficialmente è stato possibile salvare da distruzione certa e dalla mano di alcuni privati
collezionisti, è ora depositato presso i magazzini del Museo Carsico Geologico e Paleontologico di Monfalcone.
Tutto il materiale recuperato, necessita di un adeguato restauro conservativo e attende
di essere pazientemente studiato. Tra i resti di mandibole rinvenute alcune si possono già
facilmente attribuire a equidi e cervidi. Tra i cervidi, con buona probalità alcuni frammenti
di mandibole possono essere riferiti al cervo gigante, (megaloceros).
Era un cervo di dimensioni sorprendenti, alto più di due metri e con un palco largo
anche tre metri e mezzo. I cervi giganti sono tra i più caratteristici abitanti di quella che
può essere definita la “megafauna” del Pleistocene. La loro distribuzione andava dall’Europa fino all’Asia centrale e i più antichi ritrovamenti di questa specie risalgono anche a
400 mila anni fa.
Ruggero Galvani
LA QUALITA’ DELL’ACQUA A GORIZIA
Negli ultimi giorni sulle pagine dei nostri quotidiani sono apparsi alcuni articoli dedicati alla
qualità dell’acqua che esce dai nostri rubinetti.
In particolare si evidenziava che, un’indagine della Federconsumatori pubblicata sul quotidiano economico “Il Sole 24 ore”, assegnava a Gorizia il primo posto, in Italia, in una
speciale classifica sulla bontà dell’acqua potabile delle nostre case.
Pochi però sanno che questo fatto deriva da un’antica tradizione risalente ancora alla prima
metà del 1800 collegata alle vicende storiche per la ricerca dell’acqua potabile per la città.
E’ quanto emerge da uno studio di Maurizio Tavagnutti che comparirà sugli atti del convegno “ALCADI”, di prossima uscita.
Tra le righe dello studio presentato in occasione del convegno internazionale sulla storia della
speleologia, si può così apprendere che l’approvvigionamento d’acqua potabile ha costituito
per Gorizia un problema di vitale importanza per più di mezzo secolo ed in pratica ha impegnato l’amministrazione comunale dell’epoca per quasi tutta la seconda metà del 1800.
Una questione questa che, oltre a vedere impegnati per diversi anni studiosi e ricercatori
locali, ha dato l’avvio ad una serie di particolari iniziative davvero interessanti che, come
vedremo, sono strettamente legate alla storia speleologica di questa città.
Per più di 50 anni diverse sono state le soluzioni prospettate dai vari ricercatori per raccogliere
e sfruttare il prezioso liquido. Pur tuttavia, la più realistica sembra essere stata quella che
prevedeva lo sfruttamento di una sorgente “d’acqua frigida” situata subito a nord della città.
La sorgente conosciuta localmente con il nome di Merzlek (oggi Fontefredda vicino a
Salcano) rappresentava una soluzione ideale avendo una portata abbondante e costante, ma
soprattutto era situata non molto lontano da Gorizia, l’unico fattore negativo era costituito
dalla quota piuttosto bassa dalla quale scaturivano le sue acque.
Era pertanto logico che gli studi ed i sondaggi fossero inizialmente (prima metà del 1800),
tutti rivolti a verificare l’esistenza di eventuali risorgive a quote più alte. Ricerche che condussero perfino a scavare delle grandi gallerie nel cuore del Monte Santo con la speranza di
intercettare il corso sotterraneo della sorgente (Progetto Tschebull - 1899).
Bisogna però dire che tra il 1880 ed il 1900 certamente due figure di studiosi spiccano su
tutta la folta schiera di coloro che si dedicarono alla ricerca dell’acqua potabile a Gorizia,
essi possono essere individuati nella persona dell’ispettore montanista (Berg-Inspektor) Anton Tschebull, gia nominato, e nell’ingegner Federico de Comelli von Stukenfeld.
Personalità certamente differenti tra loro ma che ebbero un peso determinante nella storia
degli studi e lavori per lo sfruttamento delle acque del Merzlek ed in particolare furono tra i
primi, a Gorizia, a dedicarsi alla ricerca speleologica.
Gorizia, cittadina situata all’estremo sud del grande impero Austro-Ungarico, era considerata all’epoca la Nizza austriaca, stazione climatica elegante e salutare, agli inizi del 1800 si
preparava a fare quel piccolo salto di qualità che le avrebbe permesso di divenire la residenza
preferita dalla borghesia imperiale.
La città di Gorizia da tempo si riforniva d’acqua potabile attraverso l’acquedotto di Cronberg alimentato da sorgenti situate su fondi di proprietà dei Conti Coronini-Cronberg.
Ma proprio riguardo all’uso di queste risorgive negli anni 1885-88 videro nascere un contenzioso tra i conti Coronini ed il Comune di Gorizia.
Il contenzioso sfociava nel 1888 in un processo al termine del quale il Comune di Gorizia,
pur rivendicando l’uso di questa fonte già da un secolo, riconosceva al conte Alfredo Coronini-Cronberg la proprietà, ottenendo però una servitù d’uso dell’acqua potabile che si trovava sul suo fondo. L’Amministrazione comunale pertanto, a titolo di rimborso, concedeva
al conte una fornitura pari a 10 ettolitri d’acqua giornalieri “per uso del suo palazzo in
Zingraf di Gorizia”.
La vicenda costerà all’Amministrazione comunale ben 30.000 fiorini dell’epoca, senza
peraltro aver risolto il problema dell’approvvigionamento dell’acqua che nel frattempo stava
diventando sempre più pressante e drammatico.
Dunque Gorizia si trovò alle prese con un problema di vitale importanza: quello della
ricerca d’una fonte d’acqua potabile capace di soddisfare le esigenze della sua sempre crescente popolazione ma soprattutto dedicò non pochi sforzi finanziari per migliorare la qualità
dell’acqua potabile.
Tra il 1834 al 1900 si svilupparono pertanto diversi progetti per risolvere questa emergenza.
Bisogna ricordare che per risolvere il problema la municipalità di Gorizia già nel 1834
aveva istituito la “Commissione per lo studio del modo di provvedimento d’acqua per la
città di Gorizia” e sembra che, dal sondaggio effettuato da “il Sole 24 ore” l’operazione sia
pienamente riuscita.
Maurizio Tavagnutti
3° SUSTRET SPELEOLOGA BOSNE I HERCEGOVINE
3° INCONTRO SPELEOLOGICO BOSNIA E ERZEGOVINA
Sono da poco rientrati in Italia gli speleologi Maurizio Tavagnutti e Davide Rozic del Centro
Ricerche Carsiche C. Seppenhofer e Antonino Torre del Gruppo Speleologico Carnico che
hanno partecipato in rappresentanza della FSR Fvg al 3° Incontro Internazionale di Speleologia della Bosnia-Erzegovina.
Il simposio svoltosi nella città di Zavidovi}i nel nord della Bosnia è stato organizzato dalla
Sekcija za Speleologiju i Alpinizam “Atom” con il patrocinio della locale amministrazione
comunale, e, ha visto la partecipazione di numerose delegazioni di studiosi e speleologi
provenienti principalmente dalla Croazia, Serbia e dall’Italia.
Gli italiani in trasferta nei balcani erano rappresentati dal Gruppo Grotte C.A.I. Novara, dal
Gruppo Speleologico Carnico del C.A.I. di Tolmezzo e come si è detto dal Centro Ricerche
Carsiche C. Seppenhofer di Gorizia. Le tematiche presentate all’incontro dai gruppi italiani
sono state: “Particolar type of epigeus Carsican phenomenon found in the Flysch formation,
a cura di M. Tavagnutti Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhoffer” di Gorizia”; “Nova
istrazivanja pe}ine na Bijambarama”, a cura di S. Milanolo e G.D. Cella, Speleo DODO
Sarajevo e Gruppo Grotte Novara; “Grotta di Golubovi}i, chiarimenti storici di una strage e,
Progetto Grotte Senza Confini corso di speleologia per allievi Bosniaci” a cura di A. Torre,
Gruppo Speleologico Carnico Michele Gortani Tolmezzo (UD). Notevole è stato l’interesse
per gli argomenti trattati dai gruppi italiani.
La Società Speleologica Italiana, per l’occasione, è stata rappresentata da Antonino.Torre
che con la consegna di una lettera a firma di Mauro Chiesi Presidente della S.S.I., portava gli
auguri di un felice svolgimento dell’incontro e auspicava una sempre maggiore collaborazione tra le due associazioni. Il documento è stato consegnato personalmente al Presidente della
Federazione Speleologica Bosniaca Jasminko Mulaomerovi}.
Nei giorni trascorsi nella città bosniaca gli speleologi italiani hanno potuto anche visitare
alcune cavità tra le quali quella denominata Peæina u Srdnjus Stijeni e Pe}ina Lukina, la prima
grotta caratterizzata da saloni enormi e dalle concrezioni gigantesche e cangianti un vero
gioiello della natura ancora in corso d’esplorazione mentre nella seconda grotta invece si
sono potute osservare alcune testimonianze paleontologiche, compresi i resti ben conservati
dei preistorici orsi delle caverne.
4
SPELEOLOGIA ISONTINA
La presenza degli speleologi italiani nella piccola Repubblica Federale di Bosnia-Erzegovina non è casuale in quanto essa rientra in un più ampio progetto, unico nel suo genere,
denominato Grotte senza confini che questi gruppi hanno deciso di sviluppare nel Paese
balcanico. Si tratta di un programma finalizzato a promuovere la speleologia e la conoscenza
del fenomeno carsico in questo territorio dal potenziale davvero enorme.
Un progetto, questo, molto apprezzato e ribadito dai dirigenti dell’Ambasciata della Democrazia locale di Zavidovi}i; un organismo di coordinamento delle varie associazioni internazionali O.N.G. che operano in Bosnia.
Allo scopo, nuovi importanti progetti comuni per il futuro sono già stati concepiti nel
corso della recente esperienza in Bosnia-Erzegovina: tra questi a fine luglio è stato programmato dalla Federazione speleologica Bosniaca un campo speleologico internazionale, che
coinvolgerà rappresentati della speleologia provenienti dalla Croazia, Serbia e Italia. Il campo
si svolgerà nella zona di Planina. Tajan ed è mirato al completamento dell’esplorazione di una
importante grotta denominata Peæine ATOM recentemente scoperta .
Come è noto le difficoltà economiche che la Bosnia-Erzegovina attraversa dopo la disastrosa guerra del 1995 non ha permesso agli studiosi di continuare a sviluppare in modo
adeguato la ricerca sul territorio, se poi si pensa che gran parte delle zone carsiche sono
ancora interessate da numerosi campi minati, si potrà capire perchè la speleologia stenta a
riprendere il ruolo che ricopriva prima degli eventi bellici.
La collaborazione italo bosniaca è nata tre anni fa per iniziativa del G.S. Carnico, che,
entrato in contatto con il dott. Jasminko Mulaomerovi} del Centro Culturale Bosniaco “Preporod” di Sarajevo, e presidente della Federazione Speleologica della Bosnia Erzegovina, ha
dato il via ad una proficua serie di attività esplorative e scambi culturali che si ripetono
regolarmente, e, per la prima volta lo scorso anno, hanno avuto tra i protagonisti anche uno
speleologo goriziano.
Il problema fondamentale della speleologia in Bosnia è una carenza di materiali specifici
per la progressione in grotta e, quindi, una minore preparazione dal punto di vista strettamente tecnico, a cui si è voluto ovviare organizzando nel 2004 un corso di speleologia che
ha riscosso l’immediato favore da parte dei bosniaci avendo avuto una nutrita partecipazione
da parte di speleologi di vari gruppi locali, con cui si è creato un notevole affiatamento,
gettando le basi per futuri progetti di collaborazione. Se il punto debole della speleologia
bosniaca è la mancanza di risorse e di attrezzature tecniche, lo stesso non si può dire per lo
spirito di iniziativa di chi la pratica, che, unitamente alle esperienze acquisite in passato da
persone più esperte che continuano ad operare all’interno dei sodalizi, spesso portano a
risultati esplorativi di notevole livello.
I ringraziamenti ed i saluti con la speleologia Bosniaca si sono avuti con la donazione da
parte degli speleologi goriziani, al prof. Jasminko Mulaomerovi}, di un volume donato dalla
Provincia di Gorizia che illustra il territorio Isontino e le sue bellezze.
Antonino Torre
Gruppo speleologico Carnico
PROGETTO “GROTTE SENZA CONFINI”
PERCHÉ QUESTO PROGETTO
“Grotte senza confini” è un progetto che racchiude nel
suo insieme una forma di apertura alla Nuova Europa fatta di
confronti culturali diversi per egemonia e popoli. La Vecchia
Europa è oggi alla ricerca di una sua peculiare identità attraverso un confronto giornaliero sui vari problemi sociali.
Cercare di capire questi problemi con le chiavi della tolleranza e della fraternità è stata la molla che ci ha condotto nei
Balcani e precisamente dove è stato più forte lo scontro fra
simboli ideologici nell’ultimo decennio: Sarajevo. La città
racchiude tutto questo essendo, già da secoli, crocevia di
culture e tolleranze ideologiche, quindi laboratorio per questa nostra iniziativa che supera lo specifico carattere speleologico.
LA STORIA
Durante la 1° spedizione speleologia Italiana in Bosnia, nel
giugno 2003, nasce l’idea di questo progetto, che vede nello
scambio di esperienze il suo primo passo: questo perché il
punto di partenza per una proficua collaborazione è la possibilità/necessità di lavorare insieme, uniformando le strategie e le
metodologie operative. Come fare? Semplice: si organizza un
corso di speleologia per allievi bosniaci da tenersi con la collaborazione di istruttori della Scuola Nazionale di Speleologia
del CAI in Bosnia Erzegovina. L’idea è buona, ma le difficoltà
che si presentano per la sua realizzazione sono molte: logistica, mancanza di materiale tecnico e fondi sono i primi ostacoli, la lingua ed un territorio reso difficile dagli eventi bellici
sono gli altri.
Nel mese di maggio il progetto è sottoposto all’esame della
Commissione Centrale per la Speleologia del CAI e del direttore della Scuola Nazionale di Speleologia, sempre del CAI,
per ottenere il previsto nulla osta allo svolgimento del corso.
Nel contempo viene messo a conoscenza dell’iniziativa il prof.
Jasminko Mulaomerovi}, presidente della Federazione Speleologica Bosniaca e responsabile del gruppo speleologico di
Sarajevo. Al gruppo di Sarajevo si chiede di mettere a disposizione del progetto i locali dove tenere le lezioni teoriche ed
un punto di ritrovo dove alloggiare gli allievi provenienti dai
vari gruppi speleologici bosniaci. Intanto in Italia inizia la
ricerca delle persone che siano in grado di condurre in porto
il progetto sotto l’aspetto tecnico. Così vengono immediatamente contattati, e danno subito la loro completa ed entusiastica disponibilità, Gian Domenico Cella (GGN, gruppo grotte
Novara) che, per esperienza e competenza è in grado di assumere la funzione di direttore del corso, e Simone Milanolo
(GGN), istruttore di speleologia con, in aggiunta, un’ottima
conoscenza della lingua inglese. In un secondo tempo si aggiungono al gruppo Marco Meneghini (gruppo speleologico
Seppenhoffer), istruttore di tecnica della società speleologica italiana, e l’aiuto istruttore Umberto Tolazzi (gruppo speleologico carnico). Allo scrivente, Antonino Torre, vengono
affidati tutti i problemi riguardanti la logistica e l’organizzazione non tecnica, in questo favorito dalla precedente permanenza per dieci mesi in Bosnia, per lavoro, e quindi in
possesso di una buona conoscenza del territorio ed , un po’,
anche della lingua locale.
Siamo giunti così a giugno 2004 ed è già trascorso un
anno. I contatti con i rappresentanti dei vari gruppi speleologici aderenti all’iniziativa (GGN, SEPPENHOFFER e speleo DODO di Sarajevo) diventano sempre più frequenti
perché i problemi che si presentano sono tanti e vanno risolti: bisogna pianificare nei dettagli i programmi, le lezioni
e le uscite, trovare delle date che permettano a tutti di prendere dei giorni di ferie. In sostanza è una continua ricerca
di soluzioni ai numerosi problemi che nascono ogniqualvolta si vuole organizzare qualcosa per bene.
PARTE IL PROGETTO
Terminati gli stressanti ma indispensabili preparativi, finalmente si passa alla parte operativa. Giovedì 1 settembre 2004,
Umberto ed io partiamo da Tolmezzo con meta Sarajevo,
mentre Gianni e Simone partiranno il giorno dopo da Novara
e raggiungeranno Marco a Gorizia, per proseguire assieme.
Giungeranno a Sarajevo nella tarda serata e così spetta allo
scrivente l’onore di aprire ufficialmente il corso. Venerdì 2
settembre, alle ore 20,00 presso la sede del centro culturale
Preporod di Sarajevo, sono presenti all’evento il Presidente
della Federazione, gli allievi e l’interprete. E’ emozionante
trovarsi a rappresentare la Speleologia Italiana in un paese
straniero e lo è ancor di più il dare inizio ad un progetto che
si pone come finalità, oltre all’esplorazione e la didattica, lo
scambio culturale, la solidarietà e la fratellanza tra i popoli.
Tutto il corso si svolge nel migliore dei modi, con reciproca immensa gratificazione: le lezioni teoriche sono tenute nei
giorni successivi presso il centro di cultura e le prime uscite
pratiche si svolgono presso la palestra di roccia vicino a Sarajevo (palestra approntata dagli alpini che operano nell’ambito della missione di pace in Bosnia Erzegovina e dove ho
partecipato personalmente alla realizzazione di una sua parte
nel mese di luglio 1997); per le uscite in grotta si vengono
individuate nelle vicinanze due cavità che hanno le caratteriste idonee per le lezioni pratiche specifiche. Il programma
predisposto comprende tutte quelle nozioni che uno speleologo deve conoscere per svolgere l’attività di ricerca e di
esplorazione nella massima sicurezza ed in più, per scelta
degli istruttori, si arricchisce di nozioni di geologia, idrologia, organizzazione del soccorso, alimentazione e topografia, al fine di una più completa formazione degli allievi.
GLI SCAMBI CULTURALI
Non solo lezioni teoriche e pratiche ma, come da progetto,
trovano spazio e vengono adeguatamente curati i rapporti
culturali e così, in occasione delle giornate libere da impegni,
possiamo essere graditi ospiti e conoscere il gruppo speleologico “ATOM” che ha sede a Zavidovi}i nel nord della Bosnia. Il gruppo ha in organico circa 50 speleologi e raccoglie
nelle sue file il 50% degli appassionati che svolgono questa
disciplina in Bosnia. Nell’occasione, accompagnati da speleologi locali, approfittiamo per visitare due interessanti grotte
della zona, Pe}ina Lukina e Pe}ina u Srdnjus Stijeni. Le cavità sono di una bellezza unica e raccolgono al loro interno
numerosi resti di Ursus spelaeus.
LA REALTÀ ATTUALE
DELLA SPELEOLOGIA IN BOSNIA
La speleologia in Bosnia Erzegovina è formata da pochi
gruppi, rappresentati in ambito europeo dalla Federazione
Speleologica della Bosnia Erzegovina. Essi sono otto e precisamente: Ponir di Banja Luka, Atom di Zavidovi}i, Varda di
Banovi}i, Dodo di Sarajevo, Ledenica di Bugojno, Ursus
Spelaeus di Srbinje, Matijini Dvori di Tomislavgrad e Zelena
Brda di Trebinje.
L’età media degli speleologi bosniaci è molto bassa: i motivi sono facilmente intuibili, per cui non occorre che ci si
soffermi ad illustrarli.
La speleologia Italiana cosa può fare? Molto. Può trasmettere ai giovani bosniaci che si avvicinano alla speleologia
l’esperienza acquisita dagli istruttori con anni di esplorazione, di didattica e di studio, concorrendo così fattivamente
con la propria disponibilità alla formazione di nuovi validi
studiosi dei fenomeni ipogei.
“GROTTE SENZA CONFINI”. IL FUTURO
E’ bello ed affascinante poter pensare ad esperienze che
possano essere vissute nello stesso campo speleologico, con
realtà umane diverse che studiano e discutono le forme ipogee appena visitate o esplorate assieme. Questo potrebbe
sembrare un sogno difficilmente realizzabile con le sole risorse che noi abbiamo a disposizione. Però…
…Però il progetto si avvia a raggiungere anche questo
obiettivo e l’appuntamento non è lontano, perché solamente
pochi mesi ci separano da questo importante incontro che
avverrà nel mese di luglio del 2005 in Bosnia Erzegovina.
Qui si ritroveranno, uniti dalla stessa passione, ragazzi bosniaci, croati, serbi, bulgari, rumeni, italiani ed altri di altre
nazioni che vorranno unirsi a noi per vivere quella che riteniamo essere un’esperienza indimenticabile ed importantissima per costruire un’Europa sempre più unita.
GRUPPI SPELEOLOGICI ADERENTI AL
PROGETTO E PARTECIPANTI ALL’INIZIATIVA.
Gruppo Speleologico Carnico “Michele Gortani”, Gruppo
Grotte Novara, Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhoffer”, Speleološko Društvo “Dodo” Sarajevo BiH e Speleološko Društvo “Atom” Zavidovi}i BiH
di Antonino Torre,
G.S. Carnico, CAI, sezione di Tolmezzo
LA SOLIDARIETÀ
La solidarietà è il perno di questo progetto e tutto gira
intorno ad essa. Già nel giugno del 2003, al termine della
1° spedizione speleologica italiana compiuta in Bosnia, i
gruppi partecipanti avevano
donato alla speleologia bosniaca materiale tecnico speleologico di squadra del valore di
1300 , messo a disposizione
da alcuni gruppi speleologici
regionali. Oggi, al termine del
corso, vengono donati materiali tecnici individuali, acquistati con fondi messi a disposizione dai gruppi speleologici
che partecipano all’iniziativa,
dalla sezione di Tolmezzo del
Cai e dalla Commissione Centrale della Speleologia, sempre
del Cai. In questa gara di solidarietà va menzionata ed apprezzata l’apertura a questa iniziativa di parecchi sponsor privati italiani che, pur non prevedendo alcun ritorno d’immagine, hanno disinteressatamente messo a disposizione del
progetto una cospicua somma.
M. Tavagnutti, A. Torre, J. Mulaomerovi}