nella grotta di slivia - Sito
Transcript
nella grotta di slivia - Sito
speleologia isontina NOTIZIARIO UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA - via Ascoli, 7 - 34170 GORIZIA - e-mail: [email protected] CENTRO RICERCHE CARSICHE «C. SEPPENHOFER» - via Ascoli, 7 - 34170 GORIZIA www.seppenhofer.it - e-mail: [email protected] GRUPPO SPELEOLOGICO CARSICO - via Bosco Cappuccio, 6 - 34078 SAN MARTINO DEL CARSO (GO) - e-mail: [email protected] GRUPPO SPELEOLOGICO «TALPE DEL CARSO» - via Brigata Gradnik, 3 - 34070 DOBERDÒ DEL LAGO (GO) - e-mail: [email protected] G.RUPPO SPELEOLOGICO MONFALCONESE «G. SPANGAR» - Sezione C.A.I. di Monfalcone - via Marco Polo, 7 - C.P. 204 - 34070 MONFALCONE (GO) GRUPPO SPELEOLOGIA "FLONDAR" - c/o Roberto Grassi - Villaggio del Pescatore, 102 - DUINO AURISINA (TS) - e-mail: [email protected] MUSEO CARSICO GEOLOGICO E PALEONTOLOGICO - MONFALCONE - c/o F. Zimolo - via Bidischini, 4 - 34072 GRADISCA D'ISONZO (GO) - http://web.tiscali.it/museo_carsico/index.htm - e-mail: [email protected] SPELEO CLUB MONFALCONE - via Palladio, 8 - 34074 MONFALCONE (GO) - e-mail: [email protected] SOCIETÀ DI STUDI CARSICI «A. F. LINDNER» - via Madonnina, 4 - 34070 FOGLIANO REDIPUGLIA (GO) - e-mail:[email protected] ANNO XIII - N. 13 GIUGNO 2005 EDITO DALLA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA - REDAZIONE: GRASSI ROBERTO, TAVAGNUTTI MAURIZIO, ZIMOLO FERDINANDO STAMPA: TIPOGRAFIA BUDIN - GORIZIA UN ALTRO PASSO AVANTI Da anni la FSI si esprime non solo sul territorio locale della provincia di Gorizia, con iniziative proprie, mirate soprattutto alla diffusione della speleologia ed alla conoscenza del nostro paese, nonchè alla valorizzazione del lavoro di ricerca, di studio ed editoriale di tutte le associazioni speleologiche che vi aderiscono. La F.S.I. attraverso questa rivista ufficiale che, puntualmente ogni sei mesi da alla stampa, trovano spazio tutte quelle notizie di nuove ed importanti scoperte speleologiche, ricerche storiche, culturali, geologiche, paleontologiche, resoconti di mostre e altre attività affini. La rivista tende a svolgere un importante ruolo di supporto alle varie attività dei gruppi associati, uno strumento alla fine molto efficace come mezzo di comunicazione e di ponte tra la nostra realtà provinciale e le altre realtà, regionali e nazionali. Uno strumento che vorrei poter veder crescere qualitativamente, magari anche aumentando lo spazio disponibile con qualche pagina in più, prima della scadenza di questo mio mandato. La rivista vive grazie al contributo volontario di tutti i soci che, vorrei qui ringraziare per la loro disponibilità. Da queste righe vorrei anche lanciare una proposta di collaborazione per allargare lo spazio editoriale anche ad altre realtà regionali e non che svolgano e condividano con noi la comune passione verso la speleologia e tutte quelle attività che concorrono ad accrescere l’amore per il nostro territorio. Queste riflessioni mi sorgono spontanee proprio ora che la nostra Federazione ha fatto un bel passo avanti con l’iscrizione in seno alla Società Speleologica Italiana. un fatto questo atteso da tempo e condiviso da tutti. Passo decisamente qualitativamente notevole che ci pone finalmente in un contesto nazionale attraverso il quale potremmo dare una maggiore assistenza ai gruppi associati. Far parte della grande famiglia della S.S.I. rappresenta dunque per la nostra Federazione la possibilità non solo di poter entrare in un contesto più ampio di quello strettamente provinciale e/o regionale,n ma anche di poter essere sempre aggiornati su quanto succede nel mondo speleologico nazionale. Sarà cura della F.S.I. infatti aggiornare capillarmente e in tempo reale le associazioni affiliate sulle eventuali iniziative in programma. Allo scopo è già stata progettata la possibilità di avere un proprio sito Web. Come si vede le premesse sono buone, non ci resta sperare che nell’immediato futuro tutto ciò si realizzi, ma come qualcuno sa “chi ben comincia è già a metà dell’opera”. il presidente Ferdinando Zimolo NELLA GROTTA DI SLIVIA Il 17 febbraio noi alunni delle classi IV e V della scuola elementare di Pieris, siamo andati a visitare la grotta “Torri di Slivia”. Dopo circa mezz’ora di viaggio con lo scuolabus, siamo arrivati a Sistiana dove ci aspettavano degli speleologi della Federazione Speleologica Isontina che sarebbero state le nostre guide. Assieme abbiamo raggiunto la località di Slivia, e a piedi ci siamo incamminati verso il luogo dove si trova l’ingresso di questa grotta. Appena giunti sul posto noi bambini siamo stati divisi in due gruppi perché eravamo numerosi e la grotta non è sufficientemente ampia per ospitare contemporaneamente 50 persone. Io facevo parte del secondo gruppo e assieme ai miei compagni abbiamo atteso il nostro turno impegnando il tempo giocando facendo merenda e ascoltando le spiegazioni di uno degli accompagnatori che ci ha fatto vedere i fenomeni carsici di superficie, i campi solcati, le vaschette di corrosione. Ci ha raccontato anche la storia della scoperta della grotta e fatto vedere l’ingresso originario che è un grande pozzo verticale. Finalmente è giunto il nostro turno! Ad ognuno di noi, maestre comprese, è stato messo in testa il caschetto di protezione dotato di luce frontale, sembravamo tanti minatori. attraverso l’ingresso artificiale siamo entrati in fila indiana iniziando così la nostra avventura. Per quasi tutti noi questa era la prima esperienza come speleologi in una grotta non illuminata e non turistica. Devo confessare che all’inizio ero un po’ intimorita ma poi mi sono fatta coraggio ed ho proseguito. All’inizio ho visto solamente una lunga scalinata buia, pian piano però mi sono abituata al buio e ho iniziato ad osservare anche ciò che mi stava attorno. Scese alcune rampe di scale siamo arrivati in una sala e abbiamo notato alla nostra destra un sentiero che era parzialmente illuminato dalla luce solare: la signora Mila ci ha detto che la luce entrava da quel pozzo verticale che avevamo visto in superficie. Ho ammirato molte stalattiti grandi e piccole che pendevano dalla volta e molte stalagmiti che spuntavano da terra. Alcune sembravano proprio delle “torri”, certe delle persone sedute ed una in particolare pareva un teschio. All’improvviso ho sentito uno strano rumore, mi sono soffermata ad ascoltare con attenzione e ho capito che si trattava di un battito d’ali: era un pipistrello. Aguzzando la vista ne ho visto uno da vicino, era piccolo appeso con la testa in giù e con le zampette aggrappate ad una stalattite mentre altri, disturbati dalla nostra presenza, svolazzavano. Gli speleo ci hanno spiegato tante cose sulla formazione delle grotte, sui fenomeni carsici; hanno illustrato anche le tecniche di discesa e risalita con le corde facendoci capire che la grotta è sempre un ambiente vivo con la sua fauna, flora e stalattiti e stalagmiti quasi sempre in formazione, perciò questo ambiente deve essere rispettato da tutti. Comunque ci hanno permesso di raccogliere dal suolo qualche frammento di stalattite e di calcite da portare a casa. Il mio timore iniziale è scomparso man mano che procedevo nell’esplorazione al punto tale che mi sarebbe piaciuto tanto proseguire andando ancora avanti ma il percorso si faceva più difficile ed era quasi ora di rientrare. Dopo un’ora circa siamo ritornati in superficie e abbiamo conclusola nostra gita con alcune foto assieme al gruppo degli speleologi. È stata per me un’esperienza indimenticabile, era la prima volta che scendevo in una grotta naturale; spero di poterla ripetere maTatiana e gli alunni della classe IV gari in una grotta diversa. 25° TRIANGOLO DELL’AMICIZIA Si è svolto sabato 26 giugno a Opatia Selo (Opachiasella), in Slovenia, il “25° Triangolo dell’Amicizia”, organizzato dal gruppo speleologico “Kraški Leopardi” e iniziato purtroppo con uno spiacevole inconveniente, che ha, a nostro avviso, limitato la partecipazione dei gruppi: l’improvviso e tardivo cambio obbligato della località di ritrovo programmata che, ha costretto diverse persone a ritornare a casa non essendo riuscite a rintracciare le poche e non visibili indicazioni che avrebbero dovuto guidarle al nuovo luogo dell’appuntamento. Altri più intraprendenti, anche se con molto ritardo, hanno raggiunto la località sede dell’incontro ufficialmente iniziato alle ore 11.00. Dopo il pranzo il programma prevedeva la visita ad alcune belle ed interessanti grotte della zona ed al ritorno di tutti la realizzazione di una tavola rotonda. Purtroppo anche l’aver limitato le escursioni in grotta al solo sabato ha suscitato diversi malumori soprattutto da parte di ospiti provenienti da località lontane come Firenze, Novara e dall’Austria. Molto positiva invece la tavola rotonda programmata nel pomeriggio di sabato in cui si è parlato della nuova e limitativa legge slovena sulla speleologia. Nel corso della tavola rotonda è emerso chiaro che la nuova legge slovena sulla speleologia manca ancora di un regolamento attuativo pertanto non può essere ancora applicata, in futuro però la legge prevederà che, per poter effettuare qualsiasi esplorazione sotterra- nea in territorio sloveno, bisognerà richiedere al ministero competente un permesso che verrà rilasciato dopo aver sostenuto un esame (???); tale permesso dovrà essere richiesto anche dai gruppi grotte sloveni. Attualmente, in attesa di questo regolamento, sembra di capire che anche i gruppi sloveni siano, per così dire, fuori legge. Nel frattempo vige la regola etica, non scritta, che per qualsiasi visita od esplorazione lo speleologo straniero, o lo stesso speleologo sloveno proveniente da una zona diverso da dove si trova la grotta da esplorare, per poter entrare nella grotta stessa dovrà interpellare i rispettivi gruppi grotte competenti sul territorio. Erano presenti alla tavola rotonda, i rappresentanti di diversi gruppi italiani, austriaci e sloveni tra i quali vi era pure il presidente della Federazione Speleologica Slovena. La regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare la Provincia di Gorizia erano rappresentate dai presidenti delle rispettive federazioni speleologiche. A mitigare i malumori ci ha pensato l’allegra serata conclusiva come sempre accompagnata da canti, giochi e vino e tanta allegria. A conclusione della tavola rotonda ci siamo dati appuntamento per il prossimo anno in Italia al Villaggio del Pescatore, ospiti del Gruppo Speleologico “Flondar”. Auspichiamo che l’organizzazione sia sempre più attenta a dare un’impronta significativa a quest’incontro nell’ottica anche di un rinnovamento e per una sempre più positiva riuscita della manifestazione. La redazione 2 SPELEOLOGIA ISONTINA UNA GIORNATA DIVERSA DALLE ALTRE STORIA, NATURA E SPELEOLOGIA Ci presentiamo: siamo un gruppo di utenti del C.I.S.I. di Monfalcone, che grazie alla disponibilità ed organizzazione della F.S.I. (Federazione Speleologica Isontina), siamo riusciti a trascorrere una “GIORNATA DIVERSA DALLE ALTRE”: un’ uscita sul “Carso Isontino”. Partendo dalla nostra sede con il pulmino, raggiungiamo percorrendo una strada tortuosa, il paese di Doberdò del Lago recandoci direttamente, seguendo le indicazioni poste ai bordi della strada, al “Centro Visite Gradina”, dove ci aspetta la nostra guida. La costruzione del Centro, posta in un punto strategico è perfetta per osservare le bellezze che la circondano, si spazia con uno sguardo dal campanile di Aquileia al Golfo di Trieste. La nostra uscita a Gradina comincia con la visita al museo carsico che nelle sue particolarità descrive, con varie tecniche ed esposizioni, la “VITA DEL CARSO “ dalle sue origini sino ai tempi nostri; è difficile descrivere a parole la bellezza di quello che abbiamo visto. Dopo una breve passeggiata lungo il sentiero che conduce al rifugio “Casa Cadorna” ed aver ammirato le bellezze del luogo, specialmente il Lago di Doberdò visto dalla sommità del sentiero, torniamo al pulmino per il proseguire della giornata. La nostra corsa attraverso le strade del Carso ci conduce al paese di San Michele (VRH) presso la baita, sede del Gruppo Speleologico “Talpe del Carso” (J.K.K.K.); li ad attenderci cerano delle presone che ci hanno dato il benvenuto. Dopo una breve pausa ci inoltriamo lungo i sentieri del carso accompagnati dalla nostra guida delle “Talpe” che durante il percorso ci illustra il paesaggio circostante e le varie cavità che incontriamo. La giornata “DIVERSA DALLE ALTRE” si conclude con una spaghettata gentilmente offerta dagli organizzatori di questa significativa giornata e, certi di rinnovare tale esperienza un arrivederci a presto. C.I.S.I Monfalcone *** POSEBNI DAN Predstavljamo se kot skupina ljudi, ki spada v Tr`iški C.I.S.I. Pred kratkim, nam je GORIŠKO-SOŠKA JAMARSKA ZVEZA organizirala in omogo~ila, da smo do`iveli “Posebni dan”, oziroma eskurzijo na GORIŠKI KRAS. Iz Tr`iškega sede`a smo se s kombijem odpeljali proti Doberdobu. Neka stranska pot, v bli`ini Doberdoba, nas je privedla do sprejemnega centra “Gradina”. Tu smo si ogledali krasen muzej, v katerem razstava prika`e razli~ne na~ine `ivljenja na Krasu, in sicer od njagovega nastanka do današnjih dni. Po kratkem sprehodu, ki nam je omogo~il opazovanje kraja, predvsem pa Doberdobskega jezera, smo dospeli do “hiše Cadorna”. Nato pa smo se vrnili do kombija in nadaljevali našo pot proti Vrhu. V posebnem okolju, in sicer pred kamnito ko~o jamarskega društva “KRAŠKIH KRTOV”, so nas `e ~akali nekateri ~lani tega društva. Po kratkem odmoru smo se vsi skupaj odpravili na nekatere kraške pešpoti, da bi odkrili zna~ilnosti kraja, predvsem pa jam. Ta “Posebni dan” se je zaklju~il s “špagetado”, ki so nam jo ponudili organizatorji. Prepri~ani smo, da bomo v prihodnosti obnovili tako nepozabljivo izkušnjo. L’impegno del Seppenhofer nel ramo delle cavità artificiali continua a dare i suoi frutti, nelle Valli del Natisone ma soprattutto a Gorizia, dove si concentra l’attività senz’altro di maggiore rilievo del gruppo speleologico, con le ricerche sul Monte Sabotino. Qui, il rilevamento degli ipogei sul versante italiano, sta per essere completato mentre procede il lavoro di analisi di una serie di dati storici, che presto potrebbe riservare ulteriori interessanti novità. Recentemente, è stata effettuata una ricognizione negli ipogei attorno all’eremo del San Valentino, studiando la dislocazione di una batteria da campagna italiana con le relative cavernette ricovero – deposito di munizioni. E’ fondamentale la collaborazione con il Centro Ricerche Archeologiche e Storiche nel Goriziano, che, nata nel 1996, non cessa di essere proficua soprattutto grazie alla profonda conoscenza del territorio e della storia del Sabotino di cui è depositario il presidente del sodalizio, Mario Muto. La “zona di operazioni” per il Seppenhofer, si è però ampliata alle pendici del monte, e precisamente all’area compresa fra Piuma, San Mauro ed Oslavia dove, grazie alle segnalazioni di alcuni abitanti del posto, gli speleologi hanno potuto rilevare alcune cavità militari lungo il corso del torrente Piumizza. Gli ipogei individuati sono delle caverne ricovero, generalmente in uno stato di conservazione piuttosto precario a causa del tipo di roccia friabile (arenarie e marne) in cui sono state scavate, e situate in zone difficili da rag- SUL CARSO DI DUINO Nell’intervistare l’autore di un’opera letteraria si usa chiedergli della sua “ultima fatica”, quasi il poveretto fosse un forzato della penna – oggi del computer – che deve scrivere magari senza alcuna genuina ispirazione, rispettando tassativi tempi di consegna imposti dall’editore che lo paga un tanto a cartella. Fortunatamente nulla di tutto ciò ci riguarda, in quanto l’unica motivazione che governa la nostra attività è il desiderio di approfondire la conoscenza del territorio dove viviamo, anzitutto a nostra intima gratificazione e quindi a beneficio degli altri che desiderano saperne di più sugli aspetti naturalistici e sulla storia che non si trova sui libri, con supponenza definita “minore” da chi ritiene inutile ascoltare qualche vecchio non secolarizzato e perlustrare capillarmente plaghe impervie e frascose alla ricerca di labili tracce del passato, spesso di ardua interpretazione. Il modo più adatto per trasformare le esperienze acquisite e divulgare le scoperte fatte è scrivere, perché scrivere vuol dire anche vivere, creando qualcosa di originale che prima non esisteva ed infine che uomo è un uomo che non ha fatto nulla per migliorare il mondo? Sulla spinta di pulsioni squisitamente domestiche è nato infatti questo libro, nel quale viene descritto con amorevole attenzione l’infinitesimo segmento di pianeta inquadrato dalle finestre delle nostre case, familiare in ogni anfratto per innumerevoli visitazioni, al quale tuttavia sempre si ritorna con inesausto piacere e la segreta speranza di un imprevedibile rivelazione. Il 2 aprile abbiamo presentato la neonata creatura ad un pubblico partecipe, costituito in buona parte da persone note ed amiche, in un’atmosfera quindi affatto informale, com’era appunto nostra massima aspirazione. Siamo ben consapevoli della non rifinita costruzione grafica, dovuta in primo luogo ai limiti di spesa ed anche all’impreparazione di chi affronta per la prima volta un’impresa del genere, mentre consideriamo invece un prodotto di ottima qualità la carta allegata, costruita partendo da esperienza zero in fatto di elaborazione informatica. Non ci risulta che nulla di altrettanto valido sia stato pubblicato finora in materia di rappresentazioni topografiche scala 1:5000, la quale consente l’indicazione di minimi dettagli e quindi un’agevole lettura. Questa specifica competenza – frutto di una lunga frequentazione del Carso – ha avuto di recente un lusinghiero riconoscimento da parte dell’Ufficio Cartografico Regionale, che ci ha affidato la revisione delle bozze della terza edizione delle CTR per la Provincia di Trieste, nonché dalla nota Casa Editrice Tabacco, la quale sta preparando la nuova carta escursionistica al 25000 del Carso triestino ed isontino, di qualità molto superiore a quelle finora messe in commercio. La scelta di privilegiare le iniziative editoriali per impiegare i finanziamenti erogati dagli enti pubblici ci sembra la più razionale per un gruppo dalle limitate potenzialità esplorative, confortati in questo dalla certezza di realizzare così qualcosa di concreto ed interessante anche a favore di chi non fa speleologia, una disciplina tuttora incompresa nelle sue finalità ed alle prese con sempre nuovi intoppi nei suoi intenti operativi. Coltiviamo infine l’ambizione di aver dato un sia pur modesto contributo di natura culturale illustrando certi elementi mal noti di una zona fin qui trascurata per la sua selvatichezza: i numerosi apprezzamenti ricevuti sono la riprova di aver individuato un filone meritevole di ulteriori sfruttamenti ed infatti è già in fase di avanzata preparazione una pubblicazione di più ampio respiro sul comprensorio del Monte Ermada. Nota banale ma molto pratica : dato che i soldi non sono usciti dalle nostre tasche, il libro e la carta vengono dati gratuitamente a chi ne fa richiesta, ma bisogna venire a prenderli presso la nostra sede, alla Biblioteca Comunale del Villaggio del Pescatore, ogni lunedì non festivo, tra le 16 e le 19. Saremo contenti anche di un solo “grazie”, negatoci da qualche soggetto definibile con un aggettivo che la buona educazione non ci consente di enunciare. Dario Marini NUOVE CAVITA’ MILITARI A GORIZIA E NEL CIVIDALESE SCOPERTE DAL SEPPENHOFER giungere o in proprietà privata. Una serie di cavità, di alcune decine di metri di sviluppo, risulta essere stata realizzata dall’esercito italiano in una zona di retrovia, ove erano sistemate le artiglierie pesanti a tiro curvo, i cui colpi oltrepassavano il Sabotino per cadere oltre l’Isonzo, sulle cime del Monte Santo, del Vodice e sulla Bainsizza. Particolarmente interessante risulta la dislocazione delle cavità, che si aprono nella stretta valletta del torrente, risultando così meglio protette da even- tuali tiri di artiglieria avversari. Un altro gruppo di ipogei è stato visitato in una zona più vicina alla frazione di Piuma, fra cui spicca una caverna a ferro di cavallo, in uno stato di conservazione migliore, di realizzazione austro – ungarica ma utilizzata sicuramente dagli italiani a seguito della presa di Gorizia. Le sorprese sono tutt’altro che finite, anche se al momento si predilige il lavoro di ricerca a tavolino a quello sul campo, a causa della rigogliosa vegetazione pre- sente in questo periodo che potrebbe occultare alla vista anche gli ingressi più ampi ed evidenti. Novità interessanti anche dalle Valli del Natisone, che sono state oggetto, un paio di anni fa, di uno specifico studio del C.R.C. Seppenhofer volto a far conoscere per la prima volta il fenomeno delle cavità artificiali presenti nell’area. In una serie di uscite fra Castelmonte e Prepotto, nei luoghi che videro la ferma quanto vana resistenza di diversi reparti italiani nel corso della battaglia di Caporetto, sono state rilevate due cavità particolarmente significative. Una, in particolare, presenta dei muri di sostegno in pietra locale sia all’ingresso che all’ interno: gli ampi locali della galleria sono occlusi da un poderoso crollo, causato con ogni probabilità dal brillamento dell’esplosivo conservato nel ricovero all’atto della ritirata dell’ottobre del 1917. La stessa sorte sembra sia toccata ad un’altra caverna, il cui ingresso angusto ed irregolare aveva tratto in un primo momento in inganno gli speleologi, facendo pensare ad una grotta naturale non ancora rilevata. Le morfologie interne di quest’ultima cavità, fanno pensare comunque ad un lavoro di allargamento di vuoti sotterranei esistenti di origine naturale (siamo nel pieno di un’interessante zona carsica), piuttosto che ad un ipogeo di origine completamente antropica. Marco Meneghini 3 SPELEOLOGIA ISONTINA I GRANDI MAMMIFERI DEL CARSO IL QUATERNARIO L’era geologica attuale, detta Quaternario e iniziata con la comparsa dei primi ominidi, è stata interessata da profonde mutazioni climatiche su scala planetaria. Dal punto di vista cronologico essa è suddivisa in due periodi: Pleistocene ed Olocene.Il confine tra i due periodi corrisponde al termine delle glaciazioni in Europa ed è fissato grossomodo a circa 10.000 anni fa. Il Pleistocene è a sua volta suddiviso in inferiore, medio e superiore. Il passaggio dal Pleistocene inferiore a quello medio è stabilito intorno a 700.000 anni fa, quando si è verificata un’inversione del polo magnetico terrestre che ha generato una fase climatica temperata; mentre quello tra Pleistocene medio e superiore è posto tra 130.000 e 120.000 anni fa. LE GLACIAZIONI Durante questa era il pianeta è stato interessato da profonde variazioni climatiche, influenzate principalmente da fenomeni astronomici, che nell’emisfero boreale hanno determinato fasi metereologiche particolarmente fredde, dette glaciazioni. Le fasi glaciali sono state intervallate da periodi con clima meno rigido, nel corso delle quali lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente aumento del livello marino ha portato a sostanziali cambiamenti nell’aspetto del territorio. I miglioramenti climatici tra una glaciazione e l’altra sono detti interglaciali, mentre quelli durante una fase glaciale sono definiti interstadiali. Nell’area alpina sono stati identificate quattro fasi glaciali, chiamate rispettivamente Günz, Mindel, Riss e Würm. La prima è attribuita al Pleistocene inferiore, quella di Mindel e Riss al Pleistocene medio e l’ultima al Pleistocene superiore. Queste variazioni climatiche hanno avuto grandi conseguenze sull’intero mondo biologico poiché hanno generato dei cambiamenti sia nella flora sia nella fauna dei territori interessati dal clima glaciale. Inoltre questi mutamenti climatici hanno costretto l’uomo ad adattarsi a nuovi ambienti, contribuendo così progressivamente all’antropizzazione di tutta la Terra. Riassumendo, la maggioranza della flora e fauna del Quaternario si è evoluta in questo periodo fino a raggiungere le forme attuali in stretto rapporto con il clima e alla loro capacità di adattamento. FLORA E FAUNA Agli inizi del Quaternario in tutta Europa persiste un clima caldo-umido che favorisce lo sviluppo di foreste rigogliose, nelle quali le conifere si alternano alle latifoglie. Questi boschi sono popolati da una fauna varia e numerosa, quali elefanti, mastodonti, rinoceronti, daini, cavalli, bisonti e roditori. In seguito, con l’arrivo delle prime ondate di freddo, le foreste vengono sostituite parzialmente da steppe e tundre. Scompaiono successivamente i mastodonti, i tapiri e gli equidi. Nel Pleistocene medio si affermano numerosi carnivori, come la iena, l’orso, la pantera, l’uro, il bisonte, il rinoceronte, il cinghiale, il capriolo e il daino. Nel Pleistocene medio-superiore compaiono il camoscio, lo stambecco, il lupo, il cavallo, l’orso delle caverne e la volpe. Alla conclusione della fase glaciale più intensa, quella di Würm, le faune più antiche si sono estinte definitivamente mentre quelle più giovani hanno assunto l’aspetto attuale. LE BRECCE OSSIFERE I resti degli animali che vivevano un tempo sul Carso, si ritrovano occasionalmente nelle brecce che si sono formate in vecchie cavità fossili, in sacche del terreno o in antichi inghiottitoi e, infine, nei depositi argillosi delle grotte. Questi siti dimostrano che un tempo sull’altopiano carsico esistevano numerose piccole cavità ubicate in vallecole, nelle quali le acque meteoriche, a volte molto copiose, trasportavano, con una certa energia, le ossa degli animali morti nelle vicinanze, queste poi si cementavano assieme a frammenti di roccia, calcite e terra rossa. Le specie scoperte nelle brecce ossifere sul Carso sono: Elephas sp. - Rhinoceros sp. - Hyppopotamus sp. Equus caballus. L’abbondante presenza di resti di cavallo dimostra l’esistenza di un ambiente molto simile a quello della savana africana, con suoli duri e ricoperti da rada boscaglia e praterie di graminacee, che rappresentavano il pascolo anche per l’ippotamo e gli altri pachidermi, questi ultimi stanziali in prossimità di estesi specchi d’acqua palustri. I GIACIMENTI DI VERTEBRATI FOSSILI DEL CARSO Pleistocene inferiore e medio: Cava di onice calcareo di Bristie, Grotta del monte San Leonardo, Grotta dell’Alce, Grotta presso Monrupino, Riparo di Visogliano, Grotta presso San Giovanni di Duino, Cava di Visogliano. Pleistocene superiore: Caverna Pocala presso Aurisina, Grotta dell’Orso presso Gabrovizza. Olocene antico: Grotta Azzurra di Samatorza, Grotta Benussi, Grotta dell’Edera, Grotta della Tartaruga, Grotta di Trebiciano, Grotta Lonza. Ultima scoperta in ordine cronologico è la breccia ossifera del Lisert, molto ricca in resti di equidi, bovidi e cervidi, emersa in seguito agli scavi della nuova circonvallazione ferroviaria; questo deposito, piuttosto recente, apparterebbe all’ultima fase interglaciale prewürmiana. Il materiale recuperato purtroppo è molto frammentato. Tutto quello che ufficialmente è stato possibile salvare da distruzione certa e dalla mano di alcuni privati collezionisti, è ora depositato presso i magazzini del Museo Carsico Geologico e Paleontologico di Monfalcone. Tutto il materiale recuperato, necessita di un adeguato restauro conservativo e attende di essere pazientemente studiato. Tra i resti di mandibole rinvenute alcune si possono già facilmente attribuire a equidi e cervidi. Tra i cervidi, con buona probalità alcuni frammenti di mandibole possono essere riferiti al cervo gigante, (megaloceros). Era un cervo di dimensioni sorprendenti, alto più di due metri e con un palco largo anche tre metri e mezzo. I cervi giganti sono tra i più caratteristici abitanti di quella che può essere definita la “megafauna” del Pleistocene. La loro distribuzione andava dall’Europa fino all’Asia centrale e i più antichi ritrovamenti di questa specie risalgono anche a 400 mila anni fa. Ruggero Galvani LA QUALITA’ DELL’ACQUA A GORIZIA Negli ultimi giorni sulle pagine dei nostri quotidiani sono apparsi alcuni articoli dedicati alla qualità dell’acqua che esce dai nostri rubinetti. In particolare si evidenziava che, un’indagine della Federconsumatori pubblicata sul quotidiano economico “Il Sole 24 ore”, assegnava a Gorizia il primo posto, in Italia, in una speciale classifica sulla bontà dell’acqua potabile delle nostre case. Pochi però sanno che questo fatto deriva da un’antica tradizione risalente ancora alla prima metà del 1800 collegata alle vicende storiche per la ricerca dell’acqua potabile per la città. E’ quanto emerge da uno studio di Maurizio Tavagnutti che comparirà sugli atti del convegno “ALCADI”, di prossima uscita. Tra le righe dello studio presentato in occasione del convegno internazionale sulla storia della speleologia, si può così apprendere che l’approvvigionamento d’acqua potabile ha costituito per Gorizia un problema di vitale importanza per più di mezzo secolo ed in pratica ha impegnato l’amministrazione comunale dell’epoca per quasi tutta la seconda metà del 1800. Una questione questa che, oltre a vedere impegnati per diversi anni studiosi e ricercatori locali, ha dato l’avvio ad una serie di particolari iniziative davvero interessanti che, come vedremo, sono strettamente legate alla storia speleologica di questa città. Per più di 50 anni diverse sono state le soluzioni prospettate dai vari ricercatori per raccogliere e sfruttare il prezioso liquido. Pur tuttavia, la più realistica sembra essere stata quella che prevedeva lo sfruttamento di una sorgente “d’acqua frigida” situata subito a nord della città. La sorgente conosciuta localmente con il nome di Merzlek (oggi Fontefredda vicino a Salcano) rappresentava una soluzione ideale avendo una portata abbondante e costante, ma soprattutto era situata non molto lontano da Gorizia, l’unico fattore negativo era costituito dalla quota piuttosto bassa dalla quale scaturivano le sue acque. Era pertanto logico che gli studi ed i sondaggi fossero inizialmente (prima metà del 1800), tutti rivolti a verificare l’esistenza di eventuali risorgive a quote più alte. Ricerche che condussero perfino a scavare delle grandi gallerie nel cuore del Monte Santo con la speranza di intercettare il corso sotterraneo della sorgente (Progetto Tschebull - 1899). Bisogna però dire che tra il 1880 ed il 1900 certamente due figure di studiosi spiccano su tutta la folta schiera di coloro che si dedicarono alla ricerca dell’acqua potabile a Gorizia, essi possono essere individuati nella persona dell’ispettore montanista (Berg-Inspektor) Anton Tschebull, gia nominato, e nell’ingegner Federico de Comelli von Stukenfeld. Personalità certamente differenti tra loro ma che ebbero un peso determinante nella storia degli studi e lavori per lo sfruttamento delle acque del Merzlek ed in particolare furono tra i primi, a Gorizia, a dedicarsi alla ricerca speleologica. Gorizia, cittadina situata all’estremo sud del grande impero Austro-Ungarico, era considerata all’epoca la Nizza austriaca, stazione climatica elegante e salutare, agli inizi del 1800 si preparava a fare quel piccolo salto di qualità che le avrebbe permesso di divenire la residenza preferita dalla borghesia imperiale. La città di Gorizia da tempo si riforniva d’acqua potabile attraverso l’acquedotto di Cronberg alimentato da sorgenti situate su fondi di proprietà dei Conti Coronini-Cronberg. Ma proprio riguardo all’uso di queste risorgive negli anni 1885-88 videro nascere un contenzioso tra i conti Coronini ed il Comune di Gorizia. Il contenzioso sfociava nel 1888 in un processo al termine del quale il Comune di Gorizia, pur rivendicando l’uso di questa fonte già da un secolo, riconosceva al conte Alfredo Coronini-Cronberg la proprietà, ottenendo però una servitù d’uso dell’acqua potabile che si trovava sul suo fondo. L’Amministrazione comunale pertanto, a titolo di rimborso, concedeva al conte una fornitura pari a 10 ettolitri d’acqua giornalieri “per uso del suo palazzo in Zingraf di Gorizia”. La vicenda costerà all’Amministrazione comunale ben 30.000 fiorini dell’epoca, senza peraltro aver risolto il problema dell’approvvigionamento dell’acqua che nel frattempo stava diventando sempre più pressante e drammatico. Dunque Gorizia si trovò alle prese con un problema di vitale importanza: quello della ricerca d’una fonte d’acqua potabile capace di soddisfare le esigenze della sua sempre crescente popolazione ma soprattutto dedicò non pochi sforzi finanziari per migliorare la qualità dell’acqua potabile. Tra il 1834 al 1900 si svilupparono pertanto diversi progetti per risolvere questa emergenza. Bisogna ricordare che per risolvere il problema la municipalità di Gorizia già nel 1834 aveva istituito la “Commissione per lo studio del modo di provvedimento d’acqua per la città di Gorizia” e sembra che, dal sondaggio effettuato da “il Sole 24 ore” l’operazione sia pienamente riuscita. Maurizio Tavagnutti 3° SUSTRET SPELEOLOGA BOSNE I HERCEGOVINE 3° INCONTRO SPELEOLOGICO BOSNIA E ERZEGOVINA Sono da poco rientrati in Italia gli speleologi Maurizio Tavagnutti e Davide Rozic del Centro Ricerche Carsiche C. Seppenhofer e Antonino Torre del Gruppo Speleologico Carnico che hanno partecipato in rappresentanza della FSR Fvg al 3° Incontro Internazionale di Speleologia della Bosnia-Erzegovina. Il simposio svoltosi nella città di Zavidovi}i nel nord della Bosnia è stato organizzato dalla Sekcija za Speleologiju i Alpinizam “Atom” con il patrocinio della locale amministrazione comunale, e, ha visto la partecipazione di numerose delegazioni di studiosi e speleologi provenienti principalmente dalla Croazia, Serbia e dall’Italia. Gli italiani in trasferta nei balcani erano rappresentati dal Gruppo Grotte C.A.I. Novara, dal Gruppo Speleologico Carnico del C.A.I. di Tolmezzo e come si è detto dal Centro Ricerche Carsiche C. Seppenhofer di Gorizia. Le tematiche presentate all’incontro dai gruppi italiani sono state: “Particolar type of epigeus Carsican phenomenon found in the Flysch formation, a cura di M. Tavagnutti Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhoffer” di Gorizia”; “Nova istrazivanja pe}ine na Bijambarama”, a cura di S. Milanolo e G.D. Cella, Speleo DODO Sarajevo e Gruppo Grotte Novara; “Grotta di Golubovi}i, chiarimenti storici di una strage e, Progetto Grotte Senza Confini corso di speleologia per allievi Bosniaci” a cura di A. Torre, Gruppo Speleologico Carnico Michele Gortani Tolmezzo (UD). Notevole è stato l’interesse per gli argomenti trattati dai gruppi italiani. La Società Speleologica Italiana, per l’occasione, è stata rappresentata da Antonino.Torre che con la consegna di una lettera a firma di Mauro Chiesi Presidente della S.S.I., portava gli auguri di un felice svolgimento dell’incontro e auspicava una sempre maggiore collaborazione tra le due associazioni. Il documento è stato consegnato personalmente al Presidente della Federazione Speleologica Bosniaca Jasminko Mulaomerovi}. Nei giorni trascorsi nella città bosniaca gli speleologi italiani hanno potuto anche visitare alcune cavità tra le quali quella denominata Peæina u Srdnjus Stijeni e Pe}ina Lukina, la prima grotta caratterizzata da saloni enormi e dalle concrezioni gigantesche e cangianti un vero gioiello della natura ancora in corso d’esplorazione mentre nella seconda grotta invece si sono potute osservare alcune testimonianze paleontologiche, compresi i resti ben conservati dei preistorici orsi delle caverne. 4 SPELEOLOGIA ISONTINA La presenza degli speleologi italiani nella piccola Repubblica Federale di Bosnia-Erzegovina non è casuale in quanto essa rientra in un più ampio progetto, unico nel suo genere, denominato Grotte senza confini che questi gruppi hanno deciso di sviluppare nel Paese balcanico. Si tratta di un programma finalizzato a promuovere la speleologia e la conoscenza del fenomeno carsico in questo territorio dal potenziale davvero enorme. Un progetto, questo, molto apprezzato e ribadito dai dirigenti dell’Ambasciata della Democrazia locale di Zavidovi}i; un organismo di coordinamento delle varie associazioni internazionali O.N.G. che operano in Bosnia. Allo scopo, nuovi importanti progetti comuni per il futuro sono già stati concepiti nel corso della recente esperienza in Bosnia-Erzegovina: tra questi a fine luglio è stato programmato dalla Federazione speleologica Bosniaca un campo speleologico internazionale, che coinvolgerà rappresentati della speleologia provenienti dalla Croazia, Serbia e Italia. Il campo si svolgerà nella zona di Planina. Tajan ed è mirato al completamento dell’esplorazione di una importante grotta denominata Peæine ATOM recentemente scoperta . Come è noto le difficoltà economiche che la Bosnia-Erzegovina attraversa dopo la disastrosa guerra del 1995 non ha permesso agli studiosi di continuare a sviluppare in modo adeguato la ricerca sul territorio, se poi si pensa che gran parte delle zone carsiche sono ancora interessate da numerosi campi minati, si potrà capire perchè la speleologia stenta a riprendere il ruolo che ricopriva prima degli eventi bellici. La collaborazione italo bosniaca è nata tre anni fa per iniziativa del G.S. Carnico, che, entrato in contatto con il dott. Jasminko Mulaomerovi} del Centro Culturale Bosniaco “Preporod” di Sarajevo, e presidente della Federazione Speleologica della Bosnia Erzegovina, ha dato il via ad una proficua serie di attività esplorative e scambi culturali che si ripetono regolarmente, e, per la prima volta lo scorso anno, hanno avuto tra i protagonisti anche uno speleologo goriziano. Il problema fondamentale della speleologia in Bosnia è una carenza di materiali specifici per la progressione in grotta e, quindi, una minore preparazione dal punto di vista strettamente tecnico, a cui si è voluto ovviare organizzando nel 2004 un corso di speleologia che ha riscosso l’immediato favore da parte dei bosniaci avendo avuto una nutrita partecipazione da parte di speleologi di vari gruppi locali, con cui si è creato un notevole affiatamento, gettando le basi per futuri progetti di collaborazione. Se il punto debole della speleologia bosniaca è la mancanza di risorse e di attrezzature tecniche, lo stesso non si può dire per lo spirito di iniziativa di chi la pratica, che, unitamente alle esperienze acquisite in passato da persone più esperte che continuano ad operare all’interno dei sodalizi, spesso portano a risultati esplorativi di notevole livello. I ringraziamenti ed i saluti con la speleologia Bosniaca si sono avuti con la donazione da parte degli speleologi goriziani, al prof. Jasminko Mulaomerovi}, di un volume donato dalla Provincia di Gorizia che illustra il territorio Isontino e le sue bellezze. Antonino Torre Gruppo speleologico Carnico PROGETTO “GROTTE SENZA CONFINI” PERCHÉ QUESTO PROGETTO “Grotte senza confini” è un progetto che racchiude nel suo insieme una forma di apertura alla Nuova Europa fatta di confronti culturali diversi per egemonia e popoli. La Vecchia Europa è oggi alla ricerca di una sua peculiare identità attraverso un confronto giornaliero sui vari problemi sociali. Cercare di capire questi problemi con le chiavi della tolleranza e della fraternità è stata la molla che ci ha condotto nei Balcani e precisamente dove è stato più forte lo scontro fra simboli ideologici nell’ultimo decennio: Sarajevo. La città racchiude tutto questo essendo, già da secoli, crocevia di culture e tolleranze ideologiche, quindi laboratorio per questa nostra iniziativa che supera lo specifico carattere speleologico. LA STORIA Durante la 1° spedizione speleologia Italiana in Bosnia, nel giugno 2003, nasce l’idea di questo progetto, che vede nello scambio di esperienze il suo primo passo: questo perché il punto di partenza per una proficua collaborazione è la possibilità/necessità di lavorare insieme, uniformando le strategie e le metodologie operative. Come fare? Semplice: si organizza un corso di speleologia per allievi bosniaci da tenersi con la collaborazione di istruttori della Scuola Nazionale di Speleologia del CAI in Bosnia Erzegovina. L’idea è buona, ma le difficoltà che si presentano per la sua realizzazione sono molte: logistica, mancanza di materiale tecnico e fondi sono i primi ostacoli, la lingua ed un territorio reso difficile dagli eventi bellici sono gli altri. Nel mese di maggio il progetto è sottoposto all’esame della Commissione Centrale per la Speleologia del CAI e del direttore della Scuola Nazionale di Speleologia, sempre del CAI, per ottenere il previsto nulla osta allo svolgimento del corso. Nel contempo viene messo a conoscenza dell’iniziativa il prof. Jasminko Mulaomerovi}, presidente della Federazione Speleologica Bosniaca e responsabile del gruppo speleologico di Sarajevo. Al gruppo di Sarajevo si chiede di mettere a disposizione del progetto i locali dove tenere le lezioni teoriche ed un punto di ritrovo dove alloggiare gli allievi provenienti dai vari gruppi speleologici bosniaci. Intanto in Italia inizia la ricerca delle persone che siano in grado di condurre in porto il progetto sotto l’aspetto tecnico. Così vengono immediatamente contattati, e danno subito la loro completa ed entusiastica disponibilità, Gian Domenico Cella (GGN, gruppo grotte Novara) che, per esperienza e competenza è in grado di assumere la funzione di direttore del corso, e Simone Milanolo (GGN), istruttore di speleologia con, in aggiunta, un’ottima conoscenza della lingua inglese. In un secondo tempo si aggiungono al gruppo Marco Meneghini (gruppo speleologico Seppenhoffer), istruttore di tecnica della società speleologica italiana, e l’aiuto istruttore Umberto Tolazzi (gruppo speleologico carnico). Allo scrivente, Antonino Torre, vengono affidati tutti i problemi riguardanti la logistica e l’organizzazione non tecnica, in questo favorito dalla precedente permanenza per dieci mesi in Bosnia, per lavoro, e quindi in possesso di una buona conoscenza del territorio ed , un po’, anche della lingua locale. Siamo giunti così a giugno 2004 ed è già trascorso un anno. I contatti con i rappresentanti dei vari gruppi speleologici aderenti all’iniziativa (GGN, SEPPENHOFFER e speleo DODO di Sarajevo) diventano sempre più frequenti perché i problemi che si presentano sono tanti e vanno risolti: bisogna pianificare nei dettagli i programmi, le lezioni e le uscite, trovare delle date che permettano a tutti di prendere dei giorni di ferie. In sostanza è una continua ricerca di soluzioni ai numerosi problemi che nascono ogniqualvolta si vuole organizzare qualcosa per bene. PARTE IL PROGETTO Terminati gli stressanti ma indispensabili preparativi, finalmente si passa alla parte operativa. Giovedì 1 settembre 2004, Umberto ed io partiamo da Tolmezzo con meta Sarajevo, mentre Gianni e Simone partiranno il giorno dopo da Novara e raggiungeranno Marco a Gorizia, per proseguire assieme. Giungeranno a Sarajevo nella tarda serata e così spetta allo scrivente l’onore di aprire ufficialmente il corso. Venerdì 2 settembre, alle ore 20,00 presso la sede del centro culturale Preporod di Sarajevo, sono presenti all’evento il Presidente della Federazione, gli allievi e l’interprete. E’ emozionante trovarsi a rappresentare la Speleologia Italiana in un paese straniero e lo è ancor di più il dare inizio ad un progetto che si pone come finalità, oltre all’esplorazione e la didattica, lo scambio culturale, la solidarietà e la fratellanza tra i popoli. Tutto il corso si svolge nel migliore dei modi, con reciproca immensa gratificazione: le lezioni teoriche sono tenute nei giorni successivi presso il centro di cultura e le prime uscite pratiche si svolgono presso la palestra di roccia vicino a Sarajevo (palestra approntata dagli alpini che operano nell’ambito della missione di pace in Bosnia Erzegovina e dove ho partecipato personalmente alla realizzazione di una sua parte nel mese di luglio 1997); per le uscite in grotta si vengono individuate nelle vicinanze due cavità che hanno le caratteriste idonee per le lezioni pratiche specifiche. Il programma predisposto comprende tutte quelle nozioni che uno speleologo deve conoscere per svolgere l’attività di ricerca e di esplorazione nella massima sicurezza ed in più, per scelta degli istruttori, si arricchisce di nozioni di geologia, idrologia, organizzazione del soccorso, alimentazione e topografia, al fine di una più completa formazione degli allievi. GLI SCAMBI CULTURALI Non solo lezioni teoriche e pratiche ma, come da progetto, trovano spazio e vengono adeguatamente curati i rapporti culturali e così, in occasione delle giornate libere da impegni, possiamo essere graditi ospiti e conoscere il gruppo speleologico “ATOM” che ha sede a Zavidovi}i nel nord della Bosnia. Il gruppo ha in organico circa 50 speleologi e raccoglie nelle sue file il 50% degli appassionati che svolgono questa disciplina in Bosnia. Nell’occasione, accompagnati da speleologi locali, approfittiamo per visitare due interessanti grotte della zona, Pe}ina Lukina e Pe}ina u Srdnjus Stijeni. Le cavità sono di una bellezza unica e raccolgono al loro interno numerosi resti di Ursus spelaeus. LA REALTÀ ATTUALE DELLA SPELEOLOGIA IN BOSNIA La speleologia in Bosnia Erzegovina è formata da pochi gruppi, rappresentati in ambito europeo dalla Federazione Speleologica della Bosnia Erzegovina. Essi sono otto e precisamente: Ponir di Banja Luka, Atom di Zavidovi}i, Varda di Banovi}i, Dodo di Sarajevo, Ledenica di Bugojno, Ursus Spelaeus di Srbinje, Matijini Dvori di Tomislavgrad e Zelena Brda di Trebinje. L’età media degli speleologi bosniaci è molto bassa: i motivi sono facilmente intuibili, per cui non occorre che ci si soffermi ad illustrarli. La speleologia Italiana cosa può fare? Molto. Può trasmettere ai giovani bosniaci che si avvicinano alla speleologia l’esperienza acquisita dagli istruttori con anni di esplorazione, di didattica e di studio, concorrendo così fattivamente con la propria disponibilità alla formazione di nuovi validi studiosi dei fenomeni ipogei. “GROTTE SENZA CONFINI”. IL FUTURO E’ bello ed affascinante poter pensare ad esperienze che possano essere vissute nello stesso campo speleologico, con realtà umane diverse che studiano e discutono le forme ipogee appena visitate o esplorate assieme. Questo potrebbe sembrare un sogno difficilmente realizzabile con le sole risorse che noi abbiamo a disposizione. Però… …Però il progetto si avvia a raggiungere anche questo obiettivo e l’appuntamento non è lontano, perché solamente pochi mesi ci separano da questo importante incontro che avverrà nel mese di luglio del 2005 in Bosnia Erzegovina. Qui si ritroveranno, uniti dalla stessa passione, ragazzi bosniaci, croati, serbi, bulgari, rumeni, italiani ed altri di altre nazioni che vorranno unirsi a noi per vivere quella che riteniamo essere un’esperienza indimenticabile ed importantissima per costruire un’Europa sempre più unita. GRUPPI SPELEOLOGICI ADERENTI AL PROGETTO E PARTECIPANTI ALL’INIZIATIVA. Gruppo Speleologico Carnico “Michele Gortani”, Gruppo Grotte Novara, Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhoffer”, Speleološko Društvo “Dodo” Sarajevo BiH e Speleološko Društvo “Atom” Zavidovi}i BiH di Antonino Torre, G.S. Carnico, CAI, sezione di Tolmezzo LA SOLIDARIETÀ La solidarietà è il perno di questo progetto e tutto gira intorno ad essa. Già nel giugno del 2003, al termine della 1° spedizione speleologica italiana compiuta in Bosnia, i gruppi partecipanti avevano donato alla speleologia bosniaca materiale tecnico speleologico di squadra del valore di 1300 , messo a disposizione da alcuni gruppi speleologici regionali. Oggi, al termine del corso, vengono donati materiali tecnici individuali, acquistati con fondi messi a disposizione dai gruppi speleologici che partecipano all’iniziativa, dalla sezione di Tolmezzo del Cai e dalla Commissione Centrale della Speleologia, sempre del Cai. In questa gara di solidarietà va menzionata ed apprezzata l’apertura a questa iniziativa di parecchi sponsor privati italiani che, pur non prevedendo alcun ritorno d’immagine, hanno disinteressatamente messo a disposizione del progetto una cospicua somma. M. Tavagnutti, A. Torre, J. Mulaomerovi}