ABEL PAZ E LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA

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ABEL PAZ E LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA
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ABEL PAZ
DURRUTI
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Titolo originale
Abel Paz
Durruti en la Revolución española
2ª edición en castellano, 1996
Fundación de Estudios Libertarios
“Anselmo Lorenzo”, Madrid
© Diego Camacho
Traduzione
Andrea Chersi
Editing
Furio Lippi, Andrea Dilemmi
Indici
Selva Varengo
Progetto grafico e impaginazione
fuoriMargine (Verona)
In copertina
Durruti con miliziani libertari sul fronte aragonese, 1936
Immagini all’interno del volume
Archivio privato dell’autore
Prefazione
© Giovanni C. Cattini
Abel Paz
Durruti e la rivoluzione spagnola
Seconda edizione italiana riveduta e corretta
ISBN 978-88-89413-42-5
© 2010, coedizione
BFS edizioni
Biblioteca Franco Serantini
Zero in Condotta
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PREFAZIONE
L’EVOCAZIONE DI UN’EPOPEA. DURRUTI E L’ANARCHISMO
SPAGNOLO NELLA PENNA DI DIEGO CAMACHO
Il volume che il lettore si appresta a leggere è frutto di un decennio di ricerche
ad opera di Diego Camacho, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Abel Paz.
Fu pubblicato in forma ridotta per la prima volta in Francia nel 1972. Incentrato
sulla figura del leggendario leader anarchico Buenaventura Durruti, non è una
semplice biografia, quanto piuttosto una storia corale del movimento libertario
spagnolo, che proprio in quel periodo toccò il suo apogeo. Le doti narrative dell’autore hanno fatto di Durruti en la Revolución española un classico. Lo dimostrano le varie ristampe in Spagna e le traduzioni: nel 1976 in inglese e in portoghese, nel 1978 in castigliano, in un’edizione aggiornata e ampliata grazie alle
informazioni e precisazioni di molti militanti anarchici, ancora testimoni viventi
degli avvenimenti. Dopodiché l’opera fu tradotta in tedesco, in italiano, in turco,
in giapponese (in totale, sono quindici le traduzioni in altre lingue). L’ultima edizione spagnola è del 2004.
Com’è stato ricordato di recente1, Diego Camacho, tra i militanti e intellettuali
autodidatti del movimento anarchico spagnolo, è stato l’unico o quasi la cui opera
si è imposta all’attenzione degli studiosi universitari. Ed è nota la sua aspra polemica con gli accademici, ritenuti lontani dalla realtà e incapaci di intendere le ragioni
del mondo operaio e libertario.
Tale processo di autoformazione è molto significativo, perché rappresenta uno
degli elementi più importanti del lavoro educativo degli anarchici spagnoli a cavallo tra l’Otto e il Novecento. In un libro conosciutissimo, La breve estate dell’anarchia2, Hans Magnus Enzensberger ritrae con maestria gli anarchici spagnoli esiliati in Francia che, avendo lottato tutta la vita per migliorare le condizioni materiali
e culturali del popolo, non potevano comprendere come parte delle generazioni del
Sessantotto, pur rivendicando il pensiero antiautoritario, giungessero attraverso questa strada a rifiutare la scuola pubblica e tutti gli istituti educativi. I vecchi militanti anarchici spagnoli non potevano che guardare con diffidenza a quelle nuove
1. E. UCELAY DA CAL, José Peirats, el autodidacta como intelectual orgánico, prologo a J. PEIRATS, De
mi paso por la vida, Barcelona, Flor del Viento, 2009, p. 107.
2. H.M. ENZENSBERGER, La breve estate dell’anarchia. Vita e morte di Buenaventura Durruti, Milano,
Feltrinelli, 1977 (ed. or: Der Kurze Sommer der Anarchie. Buenaventura Durrutis Leben und Tod. Roman,
Frankfurt am Mein, Suhrkamp, 1972).
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generazioni perché, per molti di loro, il proprio livello di cultura era stato uno degli
obiettivi più importanti e duri da conseguire.
Lo testimoniano decine di traiettorie biografiche di personaggi diversi come
Diego Abad de Santillán (León 1897-Barcellona 1983), Juan García Oliver (Reus
1901-Guadalajara, Messico, 1980), José Peirats (Vall d’Uixó, 1908-1989), Joan Sans
Siscart (Barcellona 1915-Tolosa 2007), Ramon Liarte (Huesca 1918-Tolosa 2004),
Eduard Pons Prades (Barcellona 1920-2007) o Antoni Téllez Solà (Tarragona 1921Perpignan 2005)3.
Questi nomi, e naturalmente moltissimi altri, hanno dato contributi più che significativi alla storia dell’anarchismo spagnolo. Benché i risultati siano eterogenei, è
importante sottolineare la loro capacità di tessere una visione del mondo e delle loro
vite coerente con la propria ideologia. Fra tutti, ed è un punto di riferimento per la
storiografia anarchica militante, citiamo José Peirats.
Peirats ebbe un ruolo istituzionale importante nella direzione delle Juventudes
libertarias, fu delegato al congresso della CNT del maggio 1936 e, durante la Guerra
civile, fu critico con gli anarchici che parteciparono al governo della Repubblica.
Ciononostante, a lui fu dato l’incarico di scrivere l’opera ufficiale sulla storia dell’anarcosindicalismo spagnolo, che venne pubblicata a Tolosa fra il 1952 ed il 1953
con il titolo La CNT en la revolución española4. È doveroso ricordare che la sua interpretazione ebbe un notevole successo: lo schema dialettico “potere/popolo” sarà
utilizzato in seguito dalla maggior parte degli storici “militanti” libertari. Secondo
tale modello, se lo Stato era il titolare del monopolio della violenza per assoggettare il popolo, questo aveva trovato nel movimento libertario lo strumento per ottenere la propria liberazione. La sua critica della dirigenza del movimento anarchico spagnolo, e la sua esaltazione degli organismi della rivoluzione spagnola, gli
garantirono un successo che si protrasse negli anni e fu a lungo influente.
È in questo quadro che va situata la formazione umana e politica di Diego Camacho, paradigmatica in rapporto alla configurazione del settore degli “intellettuali” libertari spagnoli5. E in particolare per i tanti che, nati nella parte meridionale
della penisola, erano immigrati nella capitale catalana.
Una vita da militante e da scrittore libertario
Diego Camacho (Almeria 1921-Barcellona 2009) nacque nel sud della Spagna
in una famiglia di umili braccianti. A sei anni andò a vivere in casa di uno zio,
membro della Confederación nacional del trabajo (CNT). La città di Barcellona era
3. Sulla storiografia anarchica è imprescindibile il citato lavoro di Ucelay, che presenta un punto di vista
critico con l’ideologia e la pratica anarchiche, mentre sensibili alle ragioni libertarie si mostrano gli studi di
C. CONTI e C. VENZA, La C.N.T. en la historia española del siglo XX. Homenaje a Ramón Álvarez Palomo,
Oviedo, Universidad de Oviedo, 2002 e quello di X. DIEZ, Historiografia anarquista in A. SIMÓN, Tendències
de la historiografia catalana, València, Universitat de València, 2009, pp. 261-269.
4. J. PEIRATS, La CNT en la revolución española, 3 voll., Toulouse, CNT, 1952-1953 (trad. it.: La CNT nella
rivoluzione spagnola, 4 voll., Milano, Antistato, 1977-1978).
5. Le informazioni biografiche si possono desumere dai suoi quattro volumi autobiografici, che però
arrivano solo fino alla metà degli anni Cinquanta e su cui torneremo più avanti, mentre una sua biografia si
trova in M. ÍÑIGUEZ, Enciclopedia histórica del anarquismo español, Vitoria, Asociación Isaac Puente, 2008,
vol. I, ad vocem. In lingua italiana si può consultare il necrologio redatto da C. Venza in «Umanità Nova»,
a. 89, n. 16, 26 aprile 2009.
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in pieno fermento e in rapida crescita economica in vista dell’Esposizione internazionale, che ebbe luogo nella capitale catalana nel 1929 e attirò migliaia di spagnoli indigenti alla ricerca di un lavoro o della possibilità di migliorare le proprie
condizioni di vita.
A Barcellona, Diego Camacho alloggiò nel quartiere periferico e popolare del
Clot. Qui studiò alle scuole serali, formandosi specialmente alla Escuela Natura,
che difendeva i principi pedagogici libertari diffusi sin dall’inizio del secolo da Francisco Ferrer y Guardia, condannato come capro espiatorio per i fatti della “Semana
trágica” del luglio 1909.
Sin dalla prima gioventù, Diego Camacho si avvicinò agli ideali anarchici e, a
14 anni, si iscrisse alla Federación ibérica de juventudes libertarias (FIJL).
Il 19 luglio 1936 partecipò con i gruppi di difesa della CNT alla lotta nelle strade contro i militari golpisti e, nei mesi seguenti, creò con altri compagni il gruppo
Quijotes del Ideal (“Don Chisciotte dell’ideale”), gruppo d’affinità in seno alle
FIJL, con un giornale omonimo. I “Quijotes” mantenevano una linea di aperta critica alla direzione della CNT, accusata di imporre una linea moderata che avrebbe tradito i principi anarchici.
Visse i sanguinosi fatti del maggio 1937 lottando in prima fila e fu imprigionato per la prima volta nella sua vita in seguito a quella che è stata definita a sua volta
la “settimana tragica” di quell’anno. Nell’ottobre successivo andò a lavorare in una
collettività agricola dalla CNT nella località di Cervià de les Garrigues (nella provincia catalana di Lleida), dove rimase fino alla primavera del 1938, quando si recò
per alcuni mesi come volontario sul fronte d’Artesa, nella stessa provincia. Il giugno seguente, poiché era ancora minorenne, tornò a Barcellona riprendendo la sua
attività nelle Juventudes libertarias e nel suo gruppo d’affinità dei “Quijotes”.
Il 21 gennaio del 1939, vista l’imminente caduta della capitale catalana a causa
dell’avanzata franchista, Diego Camacho prese la via dell’esilio con la sua famiglia. L’esodo catalano di migliaia di persone verso la frontiera francese fu l’inizio
di un’odissea il cui peggio doveva ancora arrivare: i campi d’accoglienza francesi,
veri campi di concentramento, rappresentarono l’ultima umiliazione per gli esiliati spagnoli che fuggivano dalla dittatura militare. Diego Camacho rimase internato
a Argelès-sur-Mer, a Bram, a Saint-Cyprien e a Le Barcarès.
Con l’inizio della Seconda guerra mondiale, fu mobilitato per aiutare lo sforzo
militare francese e inviato a lavorare alla costruzione di un oleodotto sull’Atlantico. Nel giugno del 1940, con la caduta della Francia nelle mani dei nazisti, ritornò
in clandestinità fino a quando, nell’ottobre del 1940, i tedeschi lo inviarono a
costruire il “muro dell’Atlantico”. Alcuni mesi dopo riusciva a fuggire e si dirigeva a Marsiglia, dove assumeva l’identità di Juan González. Dopo varie vicissitudini in terra francese, decise di tornare in Spagna: il 1º giugno 1942 Diego Camacho,
sotto il nome di Ricardo Santany, passava i Pirenei con il suo amico Liberto Sarrau
diretto a Barcellona. Giunti nella capitale catalana, i due furono sorpresi dall’atmosfera di terrore che regnava nella città. Ivi trovò la sua compagna e si dedicò alla
ricostruzione della FIJL.
Arrestato nel dicembre del 1942 e condannato nel marzo del 1943 a sette anni
di carcere, verso la metà del 1946 fu trasferito nelle carceri della città catalana di
Girona e, per un errore, lasciato in libertà nel marzo del 1947. Venne inviato dai
suoi compagni a Madrid per occupare un posto nel Comité peninsular della FIJL,
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sotto le mentite spoglie di un presunto falangista granadino di nome Luis García
Escámez. Tornato in missione a Barcellona, fu arrestato nell’agosto 1948 e condannato a cinque anni di detenzione.
Nel 1950 gli venne diagnosticata la tubercolosi e fu quindi inviato nel penitenziario medico di Cuéllar da dove uscì, infine, nel 1952. Dopo aver trovato lavoro a
Barcellona in una fabbrica di birra, venne inviato come delegato della CNT clandestina al congresso dell’AIT del giugno 1953. Nel dicembre successivo torna nuovamente in Spagna con la missione di rilanciare la pubblicazione di due testate storiche del sindacato, «Solidaridad Obrera» e «CNT».
Diego Camacho riuscirà con altri compagni a pubblicare alcuni numeri dei
giornali dal giugno 1954 all’agosto 1955. Scoperto dalla polizia, riparò ancora in
Francia, dove risiedette a Brezolles, Clermont Ferrand ed a Parigi convivendo con
la sua compagna, Antonia Fontanillas. Parallelamente, continuò la sua attività militante partecipando ai congressi del movimento libertario e, soprattutto, collaborando con numerose riviste anarchiche (con vari pseudonimi come Abel Paz, il più
conosciuto, Ricardo Santany, Juan González, Helios, Xeus, Luis del Olmo, Ibérico,
Corresponsal, ecc.). Nei primi anni Sessanta, come abbiamo accennato, cominciò
a scrivere la monumentale biografia di Buenaventura Durruti.
Con la morte del dittatore spagnolo e la transizione politica, Diego Camacho
tornò a Barcellona per assistere alla riorganizzazione del movimento anarchico,
che sembrava improvvisamente rinascere come l’araba fenice. Fu una breve illusione che, comunque, lo spinse a non lasciare più la capitale catalana, dove risiedette fino alla fine dei suoi giorni, continuando a dialogare e a polemizzare con le
nuove generazioni libertarie.
Dal 1977 al 2009, Diego Camacho svolse la sua attività di pubblicista anarchico e di conferenziere in varie parti d’Europa, spesso presentando in prima persona
le varie edizioni del suo Durruti, dalla prima edizione (1978) con la casa editrice
Bruguera di Barcellona, allora sulla cresta dell’onda, poi con la catalana Laia
(1986), di orientamento comunista, ed infine con le due edizioni madrilene della
Fundación Anselmo Lorenzo (1996) e della Esfera de los Libros (2004). Tra una
riedizione e l’altra del suo lavoro, ha pubblicato studi su periodi e temi differenti:
la cronaca del 19 luglio del 1936 e la resistenza anarchica al colpo di Stato dei militari nella capitale catalana6, la storia della lotta antifranchista della CNT dal 1939 al
19517, l’epopea dei miliziani anarchici della “Columna de Hierro” nella Guerra
civile8, la diffusione della Prima Internazionale in Spagna9 o le relazioni tra gli
anarchici e i nazionalisti marocchini agli inizi della Guerra civile10. Parallelamente,
e seguendo la migliore tradizione degli esponenti di spicco del movimento libertario spagnolo, Diego Camacho ha pubblicato quattro volumi autobiografici che
6. A. PAZ, Paradigma de una revolución: 19 de julio de 1936 en Barcelona, Val-de-Marne, AIT, 1967 (l’opera apparve tradotta in catalano nel 1988 ed è stata riproposta in castigliano nel 2005; l’edizione italiana, con il
titolo Le 30 ore di Barcellona (luglio 1936), è uscita nel 2002 per i tipi della coop. Tipolitografica di Carrara).
7. ID., CNT: 1939-1951, Barcelona, Hacer, 1982 (ripubblicato nel 2001 dalla Fundación A. Lorenzo di
Madrid).
8. Id., Crònica de la Columna de Ferro, Barcelona, Hacer, 1984 (ed. in castigliano: Crónica de la Columna de Hierro, Barcelona, Virus, 2001; ed. it.: Cronaca appassionata della Columna de Hierro, Torino,
Autoproduzioni Fenix, 2006)
9. ID., Los Internacionales en la Región española, 1868-1872, Barcelona, Ed. a cura dell’a., 1992.
10. ID., La cuestion de Marruecos y la República española, Madrid, Fundación A. Lorenzo, 2000.
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comprendono l’apprendistato tra l’Andalusia rurale della sua infanzia e la Catalogna industriale della giovinezza, il suo operato nella Rivoluzione e nella Guerra
civile, e gli ultimi due tomi dedicati al periodo franchista, tra 1939 e il 1942 l’uno,
e tra il 1942 il 1954 l’altro11. Tali pubblicazioni gli hanno valso un riconoscimento
nell’ambito degli specialisti della storia contemporanea spagnola; in Germania, tra
l’altro, sono state pubblicate le sue conferenze sulla Guerra civile spagnola presso
la casa editrice libertaria Verlag12.
Alla fine del secolo, Diego Camacho si impegnò anche nella critica del “revisionismo storico”, che in Spagna andava a ridisegnare il profilo dello scontro avvenuto durante la Guerra civile abbandonando il tema del conflitto di classe per leggere quegli eventi presentandoli come un conflitto tra fautori e avversari della
democrazia, ridimensionando quindi il ruolo degli anarchici13.
Il Durruti di Diego Camacho
La sua opera più importante è senza dubbio il Durruti en la Revolución española, frutto, oltre che di un decennio di ricerche, del notevolissimo contributo di testimonianze orali di decine e decine di militanti. Il che costituisce un punto di riferimento imprescindibile per conoscere la storia e il punto di vista dell’anarchismo
iberico. Conviene ricordare che Diego Camacho scrisse il suo lavoro e lo pubblicò
per la prima volta durante l’esilio francese, aggiornandolo poi con la prima edizione in castigliano del 1978, ma, nonostante i suoi anni di vita, il testo rimane tuttora
un’opera di riferimento sulla vita dello storico militante libertario14. Non va dimenticato, inoltre, che di Buenaventura Durruti gli aspetti che più colpirono i suoi contemporanei furono l’onestà, la generosità, la disponibilità a sacrificare tutto in nome
dell’ideale, come effettivamente fece. Il suo ideale anarchico era abbastanza semplice, e il carattere iperattivo lo portò più d’una volta a lanciarsi in insurrezioni che
furono quasi sul punto di far scomparire la CNT. Non c’è da stupirsi che, al fatidico
congresso di Saragozza, il sindacato libertario fosse giunto decimato nelle sue file
11. I due tomi post-Guerra civile sono stati i primi ad essere pubblicati: ID., Al pie del muro (1942-1954),
Barcelona, Hacer, 1991; ID., Entre la niebla (1939-1942), Barcelona, Ed. a cura dell’a., 1993; quindi ID.,
Chumberas y alacranes (1921-1936), Barcelona, ed. a cura dell’a, 1994, ed infine ID., Viaje al pasado (19361939), Barcelona, Ed. a cura dell’a, 1995 (quest’ultimo volume è apparso in italiano con il titolo Spagna 1936.
Un anarchico nella rivoluzione, Manduria, Lacaita, 1998).
12. B. DRÜCKE, L. KERKELING, M. BAXMEYER, Abel Paz und die Spanische Revolution. Interviews und
Vorträge, Frankfurt am Main, Verlag, 2004.
13. Si veda in proposito il testo del manifesto Combate por la historia, steso da un gruppo di intellettuali e militanti, tra i quali lo stesso Diego Camacho, in «Rivista storica dell’anarchismo», a. 6, n. 2, lugliodicembre 1999, pp. 122-124. Una riflessione critica sui dibatti storiografici del momento in G.C. CATTINI, C.
SANTACANA, El anarquismo durante la Guerra Civil. Algunas reflexiones historiográficas, «Ayer», n. 45,
2002, pp. 197-219.
14. Negli stessi anni Settanta apparvero opere minori su Durruti, come quelle di J. LLARCH, La muerte
de Durruti, Barcelona, Aura, 1973; J.C. ACERETE, Durruti, Barcelona, Bruguera, 1975. Successivamente
vennero pubblicate altre opere a livello divulgativo come quelle di R. FERRER, Durruti: 1896-1936, Barcelona, Planeta, 1986 o del neoconservatore C. VIDAL, Durruti: la furia libertaria¸ Madrid, Temas de Hoy, 1996;
In quest’ultimo volume gli anarchici, e Durruti in primis, diventano i maggiori responsabili della Guerra
civile spagnola. Il più recente studio su Durruti si deve al militante libertario e situazionista M. AMORÓS,
Durruti en el laberinto, Bilbao, Muturreko burutazioak, 2006, uno studio particolarmente critico con i dirigenti della CNT-FAI e con buona parte della storiografia anarchica.
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e profondamente diviso: le varie fazioni del movimento libertario, fino ad allora in
guerra aperta fra di loro, si sarebbero riconciliate proprio in quel congresso.
Restano enigmatiche le critiche che il teorico della “ginnastica rivoluzionaria”
(l’insurrezione continua contro lo Stato), l’anarchico Juan García Oliver, mosse a
Durruti nella sua autobiografia15 arrivando a scrivere parole non certo edificanti. In
più di un’occasione, Garcia Oliver accusò Durruti di “egocentrismo”, dell’incapacità di sacrificarsi per i suoi compagni, di demagogia, infantilismo, di limitate capacità intellettuali; mentre il dirigente moderato Àngel Pestaña riteneva che il settore rivoluzionario capeggiato da Durruti potesse distruggere la CNT16.
Ma nel leggere la biografia di Durruti bisogna tenere presente che Diego Camacho ne spiega la figura da un punto di vista di condivisione dei suoi ideali, della
sua concezione rivoluzionaria e di quella strategica. Inoltre, che alcune pagine sul
passato spagnolo non reggono più alla luce della produzione storiografica posteriore. La natura del colpo di Stato di Primo de Rivera del 13 settembre 1923, ad esempio, si comprende non solo a causa del conflitto sociale coevo, ma anche per la crisi
strutturale dello Stato, in cui i militari erano divenuti gli arbitri della vita pubblica.
Questo era dovuto non solo alla questione sociale ma anche al radicalizzarsi dei
movimenti regionalisti catalano, basco e galiziano, trasformatisi nel primo dopoguerra sotto l’influsso della Pasqua irlandese del 1916 e delle teorie wilsoniane sull’autodeterminazione, fatte proprie dai movimenti nazionalisti ed indipendentisti.
La persistente crisi coloniale in Marocco, con il disastro di Annual del luglio 1921
in cui l’esercito spagnolo conobbe una rovinosa sconfitta da parte di Abd el-Krim,
determinava la politicizzazione degli ufficiali, i quali chiedevano urgentemente
mezzi per ottenere una rivincita, mentre l’opinione pubblica liberale, da parte sua,
non la vedeva certo di buon occhio. La miscela di tali elementi ci aiuta a comprendere perché la maggior parte degli ufficiali spagnoli appoggiasse senza indugi il
colpo di Stato del generale Miguel Primo de Rivera17.
Altrettanto potrebbe dirsi degli anni della Seconda repubblica e della manifesta
incapacità della classe politica spagnola nel consolidare il regime democratico,
nato senza sparare un colpo grazie alla celere dipartita della monarchia borbonica
dopo le elezioni dell’aprile 1931 e travolto dalle armi dei militari dopo una guerra
civile di tre anni18.
In questo quadro, l’interpretazione della Guerra civile che ci offre Diego Camacho risente del grande dibattito dell’epoca su questi avvenimenti. Fu proprio fra
il 1960 e il 1965 che vennero pubblicate alcune delle opere il cui schema interpretativo è giunto fino – quasi – ai nostri giorni19: nel 1961, Hugh Thomas (nato nel 1931)
15. J. GARCÍA OLIVER, El eco de los pasos, Paris, Ruedo ibérico, 1978 (nuova ed. con prologo di B.
Muniesa, Barcelona, Planeta, 2008).
16. A. PESTAÑA, Lo que aprendí en la vida, Algorta, Zero, 1971.
17. Sul periodo il miglior libro di sintesi è quello di E. GONZÁLEZ CALLEJA, La España de Primo de
Rivera. La modernización autoritaria 1923-1930, Madrid, Alianza, 2005 che può essere completato da R.
VILLARES, J. MORENO LÚZON, Restauración y Dictadura, Barcelona-Madrid, Crítica-Marcial Pons, 2009.
18. Il bilancio più aggioranto sul periodo si trova in J. CASANOVA, República y guerra civil, BarcelonaMadrid, Crítica-Marcial Pons, 2007. In lingua italiana, tra i più recenti e documentati si veda G. RANZATO,
La Guerra Civile spagnola, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, ed A. BEEVOR, La guerra civile spagnola,
Milano, Rizzoli, 2006; mentre per la storia dell’anarchismo in Spagna si consiglia il breve ma eccellente saggio di C. VENZA, Anarchia e potere nella guerra civile spagnola (1936-1939), Milano, Eleuthera, 2009.
19. E. UCELAY DA CAL, José Peirats, el autodidacta..., cit., pp. 90 e segg.
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fece conoscere il suo The Spanish civil war20, un’opera in cui gli avvenimenti spagnoli erano narrati come una cronistoria da un punto di vista “scettico”. Il suo
merito principale fu quello di ricordarne all’opinione pubblica internazionale gli
avvenimenti. La ricerca di Hugh Thomas venne in realtà preceduta da altro lavoro
sulle origini della Guerra civile che fece scuola, un libro ampiamente utilizzato da
Abel Paz nelle sue opere, The Spanish labyrinth di Gerald Brenan, uscito in prima
edizione nel 1943 e in seguito più volte ripubblicato21.
Nello stesso anno in cui veniva dato alle stampe il volume di Hugh Thomas
comparivano due volumi sensibili alle ragioni dei settori rivoluzionari della Guerra
civile, ritenuti dei veri classici: La Revolution et la guerre d’Espagne di Pierre
Broué (1926-2005) ed Émile Témime (1926-2008)22 e The big camuflage di Burnett Bolloten (1909-1987)23. Entrambe le opere davano credibilità alle tesi espresse precedentemente da George Orwell nel suo Homage to Catalonia (1938), e cioè
la dura condanna delle persecuzioni politiche perpetrate dai comunisti staliniani
nella Guerra civile ai danni del POUM e degli anarchici. Il libro, scritto a due mani
da Broué (militante trockista) e Temime (studioso marsigliese, specialista di movimenti migratori), riprendeva tali tesi e le giustificava storiograficamente. Altrettanto faceva il lavoro di Bolloten, giornalista inglese che si era occupato della
Guerra civile spagnola per l’agenzia di notizie United press international e a cui
dedicò anni di studio, in chiave anticomunista.
Vicino alle tesi degli anarchici, ma privo della capacità di ottenere un riconoscimento paragonabile a quello dei precedenti, fu La crisis española del siglo XX
(1960) dello storico uruguaiano Carlos M. Rama. Rama pubblicava la propria tesi
di dottorato, stesa in francese ma tradotta in spagnolo grazie a una prestigiosa casa
editrice latinoamericana.
Il successo di tali tesi nell’opinione pubblica internazionale fu contrastato nel
1965 dalla pubblicazione di The Spanish republic and the Civil war, 1931-1939, di
Gabriel Jackson (1921-)24. Jackson scrisse un’eccellente opera di sintesi, chiara e
20. Trad. it.: H. THOMAS, Storia della guerra civile spagnola, Torino, Einaudi, 1963.
21. G. BRENAN, The Spanish labyrinth. An account of the social and political background of the Civil
War, Cambridge, Cambridge university press, 1943 (trad. it.: Storia della Spagna 1874-1936. Le origini
sociali e politiche della guerra civile, Torino, Einaudi, 1970). Sulla sua originale interpretazione delle radici storiche dell’anarchismo spagnolo e delle sue forme millenaristiche vanno segnalati anche i lavori dello
storico inglese di orientamento marxista Eric J. HOBSBAWM, il quale nel 1959 pubblicava Primitive rebels.
Studies in archaic forms of social movement in the 19th and 20th centuries, Manchester, Manchester university press, 1959 (trad. it.: I ribelli. Forme primitive di rivolta sociale, Torino, Einaudi, 1966). Nel volume un
intero capitolo è dedicato, riprendendo in parte le tesi di Brenan, alle origini dell’anarchismo in Andalusia.
22. Trad. it.: P. BROUÉ, É. TEMIME, La Rivoluzione e la Guerra di Spagna, Milano, Sugar, 1962.
23. È da sottolineare che la pubblicazione della prima edizione spagnola del lavoro fu favorita da Manuel
Fraga Iribarne (1922-), ministro di Franco (ed attuale politico del Partido popular), che la promosse proprio
in quanto strumento di critica nei confronti dei comunisti spagnoli, cosicché apparve in traduzione spagnola nello stesso 1961 (B. BOLLOTEN, El gran engaño, Barcelona, Luis de Caralt, 1961). Bolloten ha continuato a riscrivere la sua opera fino alla morte, aggiungendo particolari e informazioni senza modificare le proprie ipotesi interpretative. Per una critica di ispirazione comunista a Bolloten: J. ARÓSTEGUI, Burnet Bolloten
y la Guerra Civil española: la persistencia del “Gran Engaño” in «Historia contemporánea», n. 3, 1990, pp.
151-180. L’edizione italiana apparve nel 1966 col titolo de Il grande inganno. La cospirazione comunista
nella guerra civile spagnola, per i tipi dell’editrice romana di Giovanni Volpe, tramite la quale si fecero
conoscere molti degli autori appartenenti alla complessa galassia della destra ed opere di autori “anticonformisti” come lo stesso Bolloten.
24. Trad. it.: G. JACKSON, La repubblica spagnola e la guerra civile, Milano, Il Saggiatore, 1967.
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ben documentata. Spiegava gli avvenimenti nella prospettiva della lotta del popolo
spagnolo per la difesa della propria emancipazione e del consolidamento della democrazia, senza dare troppo peso alle divergenze dei differenti settori politici della
zona repubblicana. Jackson, quindi, leggeva la storia spagnola degli anni Trenta
mettendo l’accento sulla dialettica fra i sostenitori dello sviluppo della democrazia
e i difensori dell’immobilismo, dell’oligarchia reazionaria. Ne restavano ridimensionate le letture filotrockiste o filolibertarie. Il volume di Jackson, inoltre, conteneva un’appendice in cui si metteva l’accento sulle esecuzioni del dopoguerra franchista, su quella repressione che, negli anni successivi alla morte del dittatore, fece
fiorire un’interminabile serie di studi che sono giunti fino ai giorni nostri.
In questo ampio spettro di interpretazioni, la lettura di Diego Camacho è univoca e ci rimanda a una interpretazione classista del conflitto: la Guerra civile fu
scatenata dai militari con la volontà di fermare una rivoluzione in atto, e tale intervento favorì in realtà la più profonda rivoluzione sociale che l’Europa abbia mai
conosciuto.
Nelle pagine che seguono, il lettore potrà leggere la narrazione della lotta di
emancipazione del popolo spagnolo, potrà seguire gli argomenti e la strategia del
settore più rivoluzionario ed appassionato dell’anarchismo iberico. Il suo supremo
banco di prova fu precisamente la Guerra civile in cui, come ricordava il sociologo austriaco Franz Borkenau25, l’anarcosindicalismo lottò per qualcosa di sconosciuto in Europa: «l’aspirazione a un mondo umano, senza sfruttati né sfruttatori,
fondato sull’apoliticismo e sulla fraternità mutualista». Borkenau scriveva le proprie impressioni a caldo, nel pieno dello scontro fratricida spagnolo, e vaticinò che
«in questa guerra non ci saranno vincitori e nemmeno vinti, soltanto sconfitti».
Il libro permette quindi di riflettere su una delle pagine più frequentate della
storia spagnola e mondiale del ventesimo secolo. Vicende che ancor oggi mantengono intatto il proprio fascino per la loro grande complessità.
Giovanni C. Cattini
Universitat de Barcelona
25. F. BORKENAU, The spanish cockpit. An eye-witness account of the political and social conflicts of the
Spanish Civil War, London, Faber and Faber, 1937.
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