Regolazione degli impianti a vapore

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Regolazione degli impianti a vapore
Università del Salento
Dispensa di Macchine II
Regolazione degli impianti a vapore
Ing. A. Paolo Carlucci
Nel progetto di una centrale termoelettrica intervengono numerosi fattori: utilizzazione
annua, ovvero quante ore all’anno una centrale deve funzionare; potenzialità, ovvero quanti MW
devono essere prodotti; costo del combustibile; costo dell’opera; interessi del capitale
impiegato; costo di esercizio; disponibilità. Sulla base di questo panorama prettamente
economico, possiamo ora operare le nostre scelte per la realizzazione della centrale.
Per quanto riguarda gli arresti (disponibilità), per una centrale se ne considerano
essenzialmente di due tipi: arresti accidentali e arresti programmati. Un arresto o una
indisponibilità accidentale comporta l’arresto dell’impianto in un momento che non può essere
minimamente previsto (es. pompa che si rompe e si ferma l’impianto per aggiustare la pompa).
L’indisponibilità programmata corrisponde a veri e propri cicli di controllo della funzionalità della
centrale (cicli di manutenzione), in base alla quale dopo un numero prefissato di ore si programma
l’arresto della centrale e si controlla la funzionalità di determinati componenti. La funzione di questi
arresti programmati è, dunque, quella di evitare che l’impianto vada in avaria in un momento
indeterminato ed è ovvio, inoltre, che la manutenzione programmata verrà effettuata nei periodi in
cui la richiesta di energia è su livelli modesti, tali che la messa fuori uso della centrale non incida
assolutamente sulla necessità di produzione di energia.
Con questo discorso abbiamo introdotto il concetto di assorbimento di energia dalla rete, che
non è costante nel tempo; infatti, se rileviamo la potenza assorbita nella giornata, otteniamo un
diagramma in cui vediamo due picchi in corrispondenza delle ore 10 e 17; notiamo, inoltre, che vi è
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un certo fondo di energia che deve essere sempre prodotta e che prende il nome di carico di base,
mentre c’è una seconda aliquota di energia che varia nella giornata.
carico base
Accanto a questi diagrammi giornalieri ci sono diagrammi che riportano la richiesta di
energia in un mese o in un anno; particolare importanza riveste il fatto che anche questi ultimi
hanno l’andamento simile a quello in figura (nel mese la gola corrisponde alle domeniche, in cui
non si lavora, mentre nell’anno la gola corrisponde al mese di agosto). Le centrali che forniscono il
carico base non possono essere arrestate ed inoltre l’energia prodotta deve essere necessariamente
sfruttata non appena prodotta, altrimenti diventa inservibile. Queste centrali sono: centrali ad
acqua fluente, centrali nucleari, centrali termoelettriche convenzionali a più elevato
rendimento, consumando quindi la minor quantità possibile di combustibile.
Prima di elencare le centrali che forniscono il carico di punta, osserviamo che queste centrali
devono disporre di un avviamento rapidissimo, in modo da erogare il carico appena questo viene
richiesto (diciamo in tempi dell’ordine del minuto o anche meno), dato che non si può prevedere
con precisione in che istante avverrà la richiesta che porterà al carico di punta. Esse sono: centrali
idroelettriche a serbatoio, che presentano come unico problema quella della messa in rotazione
della girante; centrali di pompaggio costituite da un serbatoio ad alta quota e da uno a bassa quota,
dalla turbina e da una pompa (nei periodi in cui c’è bisogno di energia, l’acqua passa dal bacino ad
alta quota in quello a bassa quota dopo aver attraversato la turbina; nei periodi morti, quali la notte,
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invece di produrre energia pari al carico base, se ne produce un poco di più in modo da avere delle
fette di energia non richiesta dalla rete, e che possono essere utilizzate per azionare le pompe che
mandano l’acqua dal bacino a bassa quota al bacino ad alta quota. In questo modo non abbiamo
ottenuto una fonte di energia perché il fatto stesso di far venir giù dell’acqua e poi pomparla su, è
un’operazione che costa energia, dato fra l’altro che il rendimento non è unitario; d’altra parte le
centrali di pompaggio rappresentano sostanzialmente un volano di energia perché immagazzinano
sotto forma di energia potenziale dell’energia che è in rete in altri momenti e servono a dare energia
in quei momenti in cui essa è strettamente necessaria); turbine a gas a ciclo semplice, che
presentano dei problemi termici, ma che in compenso presentano rispetto a quelle a vapore il
vantaggio della semplicità costruttiva per cui prendono il carico con estrema semplicità;
turbogeneratori azionati da grossi motori Diesel, scarsamente utilizzati.
Abbiamo detto che le turbine adatte a fare la punta devono essere capaci di prendere il carico
in tempi dell’ordine del minuto ed anche meno, cioè devono avere un avviamento estremamente
rapido perché non siamo nelle condizioni di poter dire con esattezza l’istante in cui è richiesto il
carico di punta; d’altra parte, mentre tale discorso va bene quando si assume come riferimento il
giorno o la settimana, decade un po’ quando ci riferiamo all’anno, perché in questo caso siamo nelle
condizioni di poter prevedere con una certa sicurezza quando si avrà il carico di punta. Per carico di
punta annuale si deve intendere il fatto che in certi mesi dell’anno la base del diagramma tende ad
alzarsi per un insieme di circostanze, quindi, più che prevedere carichi di punta, si deve prevedere
una base più forte rispetto agli altri mesi.
Appunti prof. Laforgia
L’impianto motore a vapore è, per sua natura, poco versatile, e questo suo inconveniente è
dovuto principalmente alla massa di liquido in esso presente, che possiede elevata “inerzia termica”.
Si è cercato in passato di ovviare a tale deficienza riducendo la massa d’acqua in circolo,
impiegando caldaie leggere (talvolta monotubolari), provviste di basso “volano termico” e
adottando sofisticati sistemi di regolazione. Negli anni ’60, difatti, si riuscì per questa via a limitare
i tempi dei transitori, anche da pieno carico a carico nullo, all’ordine di qualche minuto primo. Ma
ciò era possibile all’epoca, quando le potenze installate superavano di poco i 100 MW, e,
comunque, il rendimento, anche allora, soffriva notevolmente durante e dopo il transitorio, a causa
della lentezza di ristabilimento di condizioni ortodosse di regime.
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Attualmente le potenze installate sono circa decuplicate e tendono a raddoppiarsi ancora
nell’immediato futuro, esaltando gli inconveniente in argomento. Gli impianti termo-nucleari, anche
perché economicamente validi soltanto per elevate potenze, ne risentono in maggiore misura.
Quindi, pur senza escludere che piccoli impianti possano assolvere, per particolari
applicazioni, servizio di emergenza, non v’è dubbio che attualmente l’impianto motore a vapore
vada essenzialmente considerato quale impianto di base. Giova comunque precisare che alla sua
scarsa versatilità contribuisce oggi in misura imponente un’ulteriore circostanza, prima di scarso
rilievo. All’aumentare della potenza anche i rotori delle turbine hanno acquistato mole sempre
maggiore ed in essi le tensioni conseguenti alle variazioni di regime termico nel corso del
transitorio provocano in certi organi l’instaurazione del regime plastico del materiale, il quale
rimane scolpito nella “storia” della macchina.
Sta di fatto che ogni transitorio, quando si tratta di grandi impianti, comporta una
svalutazione della macchina stimabile in punti percentuali della “vita” della macchina stessa, ed
elaboratori elettronici installati in centrale calcolano la graduale svalutazione, riducendo
progressivamente a zero la capacità operativa della macchina, inizialmente posta pari a 100.
Ogni transitorio comporta svalutazioni dell’ordine del %, e da ciò si comprende quanto sia
importante, per salvaguardare la vita della macchina nei grandi impianti, mantenerla il più possibile
a regime. (La “svalutazione” del rotore di una turbina per ogni possibile manovra, come detto, viene
singolarmente tabellata per ogni grande macchina installata ed è curioso osservare come l’importo
della svalutazione corrispondente a certe manovre non sia affatto intuitivo. Ad esempio, il
passaggio da pieno carico a mezzo carico è tra i più onerosi, tanto che conviene, ai fini in
discussione, realizzarlo in due fasi: scaricare completamente la macchina e poi conferirle il mezzo
carico, la qual cosa è oggi accertata anche per via teorica. In un recente passato, invece, per
scaricare completamente la macchina era pratica corrente (perché intuitiva) portarla prima a mezzo
carico e, dopo una sosta, condurla a carico zero con grave danno per la sua vita. Vi sono comunque
due strade per limitare questo genere di inconvenienti: una consiste in un accurato disegno della
macchina (orientato verso i problemi in argomento); l’altra riguarda la programmazione dei
transitori, poiché ovviamente un transitorio pilotato – cioè una legge opportunamente programmata
di variazione di carico nel tempo – può minimizzare il deprezzamento della macchina.)
Le variazioni di carico, cioè, quando indispensabili, vanno programmate con manovre che
impegnano molte ore. E per seguire le rapide variazioni di carico richieste dal sistema utilizzatore è
necessario ricorrere ad impianti idraulici o ad impianti termici con turbine a gas.
(Caputo, Gli impianti convertitori di energia, pp. 407-408)
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La costruzione delle centrali termiche ha avuto, negli ultimi anni, uno sviluppo rapidissimo.
Le potenze delle unità monoblocco sono aumentate con una progressione altissima;
conseguentemente l’impiego di grossi generatori di vapore a circolazione naturale o forzata ha
richiesto l’inserzione di sistemi di regolazione automatica che, oltre ad assolvere i compiti
richiesti, offrano la maggiore sicurezza di esercizio. Per automazione di un impianto si intende, in
senso lato, la sua condotta razionale utilizzando in modo ottimale tutti i mezzi che la tecnica mette a
disposizione e riducendo, per quanto possibile, l’intervento dell’uomo.
In una unità monoblocco con caldaia a corpo cilindrico, il sistema di regolazione deve
adeguare la produzione di vapore, con caratteristiche di pressione e temperatura in uscita ben
definite, alla richiesta di vapore da parte della turbina o del carico elettrico. Pertanto, al variare delle
condizioni di carico elettrico varia la quantità di vapore ammessa in turbina, ed il sistema di
regolazione deve intervenire per adeguare le condizioni di combustione (combustibile – aria) a
queste nuove esigenze.
Il comportamento di una regolazione, e di conseguenza il suo intervento, dipende da
variabili o grandezze atte a controllare il processo e da grandezze che rappresentano il risultato del
processo. Tali grandezze sono naturalmente diverse a seconda del tipo di caldaia e di turbina. La
conoscenza, quindi, dei legami che esistono fra le variabili manipolabili e le grandezze regolate,
nelle condizioni di funzionamento a regime e durante i transitori, è il presupposto essenziale per
un’accurata progettazione ed esecuzione del sistema di regolazione.
Caldaia a corpo cilindrico
Un sistema di regolazione in una unità monoblocco con caldaia a corpo cilindrico è
costituito dalle seguenti catene di regolazione: carico elettrico, pressione all’ammissione, portata
combustibile, portata aria, livello corpo cilindrico, temperatura vapore surriscaldamento
(SH), temperatura vapore risurriscaldamento (RH), depressione in camera di combustione.
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Considerando che la potenza ai morsetti in uscita dall’alternatore è la grandezza principale
da regolare, si è portati a considerare la turbina il componente pilota dell’impianto mentre la caldaia
il componente che deve adeguarsi alle sue richieste. E’ tuttavia possibile un funzionamento in cui la
caldaia è il componente pilota e la turbina adegua la propria potenza al carico termico da essa
prodotto. A tali due sistemi fondamentali di funzionamento se ne aggiunge tuttavia un altro,
chiamato coordinato, usato negli impianti moderni.
La regolazione del carico in un generatore di vapore a corpo cilindrico può essere: manuale,
con il quale i selettori relativi ad apertura valvole turbina, portata nafta, portata aria, sono in
manuale e l’operatore deve regolare direttamente tali grandezze; automatico, in cui possiamo
individuare tre modi di funzionamento: regolazione caldaia segue (normalmente utilizzata),
regolazione turbina segue, regolazione coordinata (usata negli impianti moderni).
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-
dal punto di vista della regolazione, nel modo di funzionamento tradizionale (caldaia segue),
il generatore di vapore e la turbina sono considerati due parti separate, in cui la caldaia ed il
sistema di regolazione associato devono fornire vapore alla turbina alle condizioni richieste,
mentre durante le variazioni di carico, la turbina fornisce subito il carico richiesto e la
caldaia si adegua per fornire il nuovo valore di potenza. Per eseguire una presa di carico,
l’operatore agisce manualmente sulle valvole turbina aumentando la portata vapore. La
pressione in caldaia tende a scendere, quindi la regolazione agirà sul livello di combustione
per ripristinare il valore impostato. Le variazioni della pressione vapore producono sempre
disturbi nel funzionamento della caldaia, inoltre, con l’aumento della potenzialità dei gruppi,
l’inerzia termica specifica della caldaia si è notevolmente ridotta con la conseguenza di
avere nei transitori escursioni notevoli della pressione vapore;
-
contrariamente al funzionamento caldaia segue, nel funzionamento turbina segue, la potenza
generata dalla turbina corrisponde alla produzione di vapore (e quindi non viene utilizzato il
potere di accumulo di calore della caldaia). Per eseguire qualsiasi variazione di carico,
l’operatore o l’eventuale automatismo agisce sulla quantità di combustibile ed aria inviata in
caldaia e dopo un certo tempo, quando l’aumento o la diminuzione del combustibile si sono
tradotte in corrispondenti variazioni di energia sotto forma di vapore, la turbina, risentendo
la variazione di pressione, regola di conseguenza le sue valvole;
-
il sistema di regolazione coordinata deriva dalla constatazione che negli impianti termici è
opportuno sfruttare l’energia immagazzinata nell’impianto per far fronte alle esigenze della
rete, ma è bene che tale prelievo rimanga entro limiti ragionevoli, oltre i quali si
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produrrebbero disturbi eccessivi a tutto il sistema. Il funzionamento in coordinata si basa
sull’elaborazione a monte di un segnale principale “richiesta carico” ed un complesso, a
valle, di regolatori che agiscono in modo da equilibrare i segnali di richiesta a quelli di
generazione mantenendo pressione vapore, temperatura vapore e rapporto combustibile-aria
ai valori desiderati. Il segnale di carico agisce in parallelo su caldaia e turbina al fine di
produrre la migliore risposta del gruppo, tenuto conto della capacità e dei limiti della caldaia
e della turbina.
Regolazione della combustione
La regolazione automatica della combustione si suddivide in due sistemi distinti ma
interdipendenti: il primo provvede a dosare la quantità di combustibile immesso nella camera di
combustione, in modo da mantenere il carico elettrico ad un valore corrispondente; il secondo ha il
compito di mantenere il flusso di aria comburente proporzionale al carico, azionando i servomotori
delle serrande ingresso dei ventilatori aria.
-
lo scopo principale del circuito regolazione portata combustibile è quello di adeguare tale
portata all’effettiva richiesta per mantenere le condizioni di funzionamento desiderate. Per
garantire una richiesta di combustibile mai superiore alla portata aria effettiva in camera di
combustione, il segnale di richiesta combustibile viene confrontato continuamente con il
segnale di misura della portata aria. Il sistema prevede le necessarie limitazioni al segnale di
richiesta di portata combustibile per tener conto delle effettive capacità del sistema di
portata dell’aria scegliendo il segnale più basso. Dopo le necessarie limitazioni, il segnale di
richiesta combustibile viene confrontato con il combustibile effettivamente bruciato e
l’errore risultante entra nel regolatore che aziona la valvola di regolazione del combustibile.
Per impedire che la pressione del combustibile (se liquido o gassoso) ai bruciatori si abbassi
in modo eccessivo, la pressione a valle della valvola di regolazione viene confrontata con un
valore minimo prefissato durante la messa a punto della combustione;
-
la realizzazione della regolazione dell’aria comburente può essere effettuata secondo criteri
diversi, la scelta del circuito più adatto dipende dal tipo e dalla potenzialità del generatore di
vapore, nonché dalla natura del combustibile utilizzato. Alcuni circuiti sono basati sul
controllo diretto della combustione mediante l’analisi continua dei fumi, altri sono basati sul
controllo indiretto della combustione mediante la misura della portata aria ed il
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mantenimento del rapporto “aria/combustibile” ad un valore prestabilito. Quest’ultimo
metodo è quello più comunemente impiegato e di maggiore affidabilità, per una caldaia a
corpo cilindrico.
E’ evidente che lo scopo di una buona regolazione, oltre che di dosare il volume della
combustione, è anche quello di realizzare una combustione ottimale nelle diverse condizioni di
carico della caldaia. Per questo, oltre a dosare l’aria ed il combustibile nel giusto rapporto, occorre
assicurarne l’intima miscelazione, far corrispondere per ogni carico di caldaia un dato numero di
bruciatori accesi, realizzare una distribuzione uniforme delle fiamme in camera di combustione. Per
avere una buona combustione occorre cioè che ci sia un ben preciso eccesso d’aria intorno ai
bruciatori accesi.
Al variare del carico, infatti, la caldaia funziona con un eccesso d’aria variabile e
precisamente: sensibile aumento della portata aria rispetto alla quantità stechiometrica a basso
carico; valori minimi di eccesso d’aria a carichi elevati. L’ottenimento di un basso eccesso d’aria ha
interesse soprattutto per le grandi unità, in quanto esso rappresenta una perdita al camino che incide
sensibilmente sull’economia di esercizio; inoltre, l’eccesso d’aria influisce anche sulla formazione
di SO3 nei fumi. Migliorando la distribuzione dell’aria e soprattutto aumentandone la velocità e la
turbolenza si è potuto scendere a valori molto bassi di eccesso d’aria.
Il fatto che l’eccesso d’aria sia variabile con il carico fa sì che lo schema di regolazione
descritto precedentemente (variazione del combustibile e dell’aria proporzionalmente al carico
richiesto) necessiti di un settaggio più accurato; in realtà, nemmeno il combustibile può essere
proporzionale al carico in quanto il rendimento dell’impianto (caldaia, turbina e ciclo) è variabile
con il carico stesso.
Regolazione di livello del corpo cilindrico
La regolazione del livello del corpo cilindrico di una caldaia rappresenta un caso tipico di
regolazione a più elementi, e riveste una grande importanza pratica. E’ infatti intollerabile che uno
squilibrio fra portata acqua e vapore provochi trascinamenti di acqua nel surriscaldatore con
conseguenti shock termici e trascinamenti di sali nel surriscaldatore e in turbina, oppure un
eccessivo abbassamento di livello provochi interruzioni della circolazione d’acqua nei tubi bollitori
con conseguenti pericolose sovratemperature degli stessi. A questo proposito occorre ricordare che
nelle moderne caldaie risulta generalmente molto piccolo il rapporto fra la quantità di acqua
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contenuta nella caldaia e la produzione normale di vapore. Un’ulteriore difficoltà è poi dovuta ad un
particolare fenomeno che viene sensibilmente a modificare l’andamento della risposta transitoria
del processo: con riferimento alla figura, è evidente che il livello resterà costante fino a quando la
portata dell’acqua di alimento (Qa) si manterrà uguale alla portata (Qv) del vapore, compreso gli
spurghi eventuali. Se tale condizione di equilibrio venisse improvvisamente a cessare, il livello
comincerebbe a crescere o diminuire con una velocità proporzionale alla differenza delle portate.
Quanto detto, però, sarebbe valido se nel corpo cilindrico ci fosse un liquido omogeneo; in
realtà la miscela costituita da acqua e vapore ha un peso specifico medio che può variare
notevolmente in funzione della pressione. Aumentando infatti la richiesta di vapore (Qv) si
determina un abbassamento della pressione in caldaia e le bolle di vapore presenti nella massa
d’acqua si espandono bruscamente (evaporazione e aumento di bolle di vapore) creando un vero e
proprio rigonfiamento della massa d’acqua ed il livello, nel primo transitorio, anziché diminuire,
aumenta.
Questo fenomeno provoca inizialmente un’azione correttrice sulla portata dell’acqua di
alimento contraria a quella richiesta, e solo dopo pochi attimi, cessando il transitorio, il livello
tornerà al valore normale e la valvola di portata acqua sarà costretta ad aprire non solo per far fronte
all’aumento della portata Qv ma anche per compensare la chiusura fatta in precedenza. Tale
manovra risulta dannosa ed è da evitare perché oltre a provocare un’inutile e pericolosa deviazione
dal livello normale, disturba il sistema di regolazione. Il fenomeno opposto si verifica in occasione
di una diminuzione di prelievo vapore Qv allorquando l’aumento di pressione determina una
contrazione delle bolle di vapore e quindi una temporanea diminuzione del livello. L’azione
regolante sarà opposta a quella in effetti necessaria, la valvola di alimento aprirà proprio nel
momento in cui la portata dell’acqua dovrebbe cominciare a diminuire.
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Da queste considerazioni discende che, se la portata acqua alimento fosse comandata solo in
funzione del livello, si avrebbero fenomeni di instabilità dovuti al fatto che la regolazione sarebbe
portata a produrre correzioni opposte a quelle effettivamente necessarie. Per queste ragioni, il
circuito di regolazione più sicuro, preciso e più diffusamente usato è quello a tre elementi,
comunemente chiamato bilancia acqua-vapore. Le grandezze in gioco sono appunto tre e più
precisamente: il livello, la portata del vapore e la portata dell’acqua di alimento; lo scopo è di
mantenere in ogni istante uguali tra loro la portata di acqua e di vapore creando una correzione in
funzione del valore effettivo del livello. Durante la regolazione, la misura del livello viene
confrontata con il valore di setpoint e ne deriva un segnale correttivo dell’equilibrio dei segnali
delle portate acqua-vapore. Tale segnale viene inserito tramite una catena di ritardo per tener conto
dei fenomeni di rigonfiamento e contrazione della massa liquida durante certi transitori.
Per variare la portata di acqua delle pompe alimento, si può agire sulla caratteristica della
tubazione di mandata (curva resistente) o sulla caratteristica della pompa (numero dei giri). Nel
primo caso si usa una valvola di regolazione sulla mandata, nel secondo caso, per variare la portata,
si può agire sul variagiri di una turbopompa o sul giunto di accoppiamento variabile di una
elettropompa.
Regolazione della temperatura del vapore
La regolazione della temperatura del vapore rappresenta, come quello della regolazione del
livello, un problema di fondamentale importanza per la sicurezza di esercizio dell’impianto. Il
raggiungimento di temperature di valore superiore a quello di normale funzionamento si rivela
senz’altro dannoso per i materiali di caldaia, producendo danni immediati o riducendone
sensibilmente la durata. D’altro canto, un eccessivo abbassamento della temperatura crea serie
conseguenze per la turbina che, in caso di improvvise forti variazioni, viene sottoposta a shock
termici intollerabili, mentre un funzionamento continuo al disotto del valore nominale di
temperatura comporta una grave diminuzione del rendimento.
Il mantenimento della temperatura del vapore al valore imposto (± 3 °C) prevede di fornire una
quantità di calore proporzionale alla quantità di vapore che attraversa il surriscaldatore, e su questo
problema i costruttori hanno adottato delle soluzioni che prendono in esame le caratteristiche dei
due tipi fondamentali di surriscaldatori: ad irraggiamento e a convezione.
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Surriscaldatori ad irraggiamento: per questo tipo di surriscaldatore la caratteristica
temperatura/carico presenta un andamento tale per cui la temperatura del valore SH in uscita
diminuisce all’aumentare del carico; con l’aumentare del carico diminuisce percentualmente il
calore ceduto in camera di combustione in quanto i gas permangono minor tempo in camera di
combustione ed escono più freddi;
Surriscaldatori a convezione: per questo tipo di surriscaldatore, la caratteristica
temperatura/carico presenta un andamento tale per cui la temperatura del vapore SH in uscita tende
ad aumentare con l’aumentare del carico; con l’aumentare del carico normalmente aumenta la
temperatura dell’acqua uscita economizzatore, ed occorrono perciò meno calorie per evaporare un
kg di acqua; inoltre, un aumento di eccesso d’aria fa abbassare la temperatura della fiamma e quindi
il calore ceduto per irraggiamento, mentre aumenta il calore disponibile per le superfici a
convezione.
In considerazione di queste diverse caratteristiche, nelle caldaie la distribuzione delle
superfici viene effettuata in modo tale da mantenere un rapporto il più possibile costante tra il
valore ceduto nella camera di combustione (irraggiamento) e quello ceduto ai surriscaldatori a
convezione, per ottenere quindi una caratteristica lineare con andamento il più possibile orizzontale
della temperatura vapore al variare del carico.
Le considerazioni fatte per i surriscaldatori valgono anche per i risurriscaldatori; bisogna
tener presente, però, che un kg di vapore, per essere portato dalla temperatura di saturazione a
quella di surriscaldamento, richiede una quantità di calore indipendente dal carico, mentre il vapore
surriscaldato estratto dalla turbina ha una pressione e temperatura che dipendono dal carico
(all’aumentare del carico diminuisce il calore necessario per risurriscaldare un kg di vapore). I
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surriscaldatori ed i risurriscaldatori, che si diversificano solo in relazione al tipo di materiale e
diametro dei tubi, sono in genere costituiti da banchi di serpentine costituite da più sezioni.
Le soluzioni adottate per la regolazione della temperatura del vapore sono molteplici, e,
nella scelta, influiscono i problemi costruttivi, i fattori di disturbo, la esigua quantità di energia
immagazzinata, i considerevoli tempi morti, il costo e l’economia di esercizio.
I metodi impiegati negli impianti sono normalmente:
-
iniezione di acqua di desurriscaldamento;
-
ricircolazione dei gas;
-
inclinazione dei bruciatori;
-
raffreddamento con scambiatore;
-
by-pass dei banchi surriscaldatori.
Fra questi sistemi, per la regolazione del vapore SH, il più usato è quello dell’iniezione
d’acqua. Per la regolazione della temperatura vapore RH si sfrutta prevalentemente l’inclinazione
dei bruciatori o la ricircolazione dei gas, mentre l’iniezione dell’acqua è usata solo in casi
eccezionali, in quanto il vapore corrispondente all’acqua iniettata non passa per lo stadio ad alta
pressione della turbina, peggiorando così il rendimento del ciclo.
Desurriscaldamento: il metodo consiste nel variare la quantità di acqua di iniezione in
funzione della temperatura finale del vapore. E’ certamente il sistema più impiegato, di più rapida
risposta e sovente integra altri sistemi. Poiché si regola la temperatura di uscita del vapore, sarebbe
conveniente disporre l’attemperatore (iniettore d’acqua) all’uscita del surriscaldatore finale; questo,
però, porterebbe a costruire l’ultima parte del surriscaldatore in materiale speciale, dovendo
lavorare ad una temperatura superiore a quella del vapore a valle dell’attemperatore, inoltre
potrebbe verificarsi il grave inconveniente di trascinamento di eventuali particelle di acqua, non
vaporizzata, in turbina. Per ovviare a questi inconvenienti, è norma suddividere il surriscaldatore in
più banchi, tra i quali si interpongono gli attemperatori.
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Ricircolazione dei gas: il metodo consiste nel prelevare una percentuale dei fumi all’uscita
dell’economizzatore a temperatura di 300 – 400 °C e, tramite un ventilatore (RG), rinviarli nella
parte bassa della camera di combustione. La temperatura in camera di combustione, e quindi il
calore trasmesso per irraggiamento, vengono ridotti, aumentando la portata e la velocità media dei
fumi che escono dalla camera di combustione. I gas giungono più freddi al surriscaldatore, ma, per
la maggior portata, la quantità di calore disponibile per convezione ai surriscaldatori è maggiore.
Inclinazione bruciatori: il metodo consiste nello spostare il centro della fiamma modificando
l’inclinazione dei bruciatori. Il sistema varia la zona vaporizzante investita dalle fiamme, variando il
tempo di permanenza dei gas caldi in camera di combustione e la temperatura di uscita dei gas.
Abbassando i bruciatori si ottiene un abbassamento della zona di combustione con
conseguente riduzione della temperature di fumi costretti a compiere un tragitto più lungo in camera
di combustione. L’effetto si sente particolarmente sulla temperatura del vapore risurriscaldato,
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essendo i banchi risurriscaldatori posti, generalmente, nella zona a convezione. Questo sistema
viene applicato ai soli bruciatori d’angolo.
Raffreddamento con scambiatore: il metodo consiste nel raffreddamento di una parte del
vapore SH in uno scambiatore a superficie, alimentato con acqua del corpo cilindrico; la quantità di
vapore è regolata da una valvola a tre vie. E’ un metodo raramente usato nei grossi impianti, mentre
è normalmente impiegato nelle caldaie ausiliarie.
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Serrande di by-pass: in molte caldaie sono previste, sul percorso dei fumi, delle serrande di
by-pass che deviano una parte dei fumi che quindi non vengono a contatto con le superfici dei
surriscaldatori a convezione e dei risurriscaldatori; questo sistema è efficace, ma presenta delle
difficoltà pratiche per il peso e le dimensioni di ulteriori condotti.
Eccesso d’aria: l’effetto dell’aria sulla temperatura di uscita del vapore, dipende dalla forma
e disposizione delle superfici surriscaldanti. Per le superfici esposte a convezione, l’eccesso d’aria
fa aumentare la temperatura del vapore per l’aumentata portata e velocità dei fumi. In genere, però,
non si può esagerare con questo metodo per non compromettere il rendimento della caldaia a causa
di elevate perdite per calore sensibile al camino.
Il vapore risurriscaldato, a differenza di quello surriscaldato, è caratterizzato, ove non si
effettui nessuna regolazione, da una temperatura crescente con l’aumento del carico. Ci troviamo
quindi nella necessità di effettuare, sino a circa l’80% del carico, un riscaldamento, e solo oltre, un
raffreddamento. Anche per questa regolazione, si possono avere a disposizione, a seconda del tipo
di generatore, alcuni elementi di regolazione:
-
inclinazione bruciatori;
-
ricircolo gas;
-
by-pass fumi;
-
acqua di desurriscaldamento (prelevata normalmente dal secondo stadio della pompa di
alimento).
Per aumentare la temperatura, si ricorre alla ricircolazione dei gas prelevati a valle
dell’economizzatore ed introdotti mediante ventilatori alla base della camera di combustione.
Quando invece occorre diminuire la temperatura, si può ridurre la portata dei gas di ricircolo, si può
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variare l’inclinazione dei bruciatori, by-passare parte dei gas ed in ultimo agire con acqua di
desurriscaldamento.
Regolazione depressione in camera di combustione
La regolazione esiste solo sui generatori di vapore a tiraggio bilanciato ed ha lo scopo di
mantenere ad un valore prefissato la depressione in camera di combustione. La depressione creata
dal ventilatore indotto e la pressione prodotta dal ventilatore forzato devono essere perfettamente
coordinate, in modo da fornire una distribuzione uniforme nei passaggi della caldaia. E’ usualmente
richiesto che nella parte superiore della camera di combustione sia mantenuta una depressione
costante di qualche millimetro d’acqua (5 – 7 mm) per prevenire che le fiamme escano all’esterno,
concentrando la fiamma nel centro della camera di combustione, senza che vi siano rientrate d’aria.
Nel caso di grandi caldaie, il sistema di correzione usato per influenzare la depressione è
generalmente la posizione delle serrande del ventilatore indotto, in funzione del valore di
depressione.
Un tipo più completo è il sistema a due componenti, dove i segnali di riferimento sono
forniti dalla depressione in camera di combustione e dalla portata di aria comburente. Il primo
segnale tende a mantenere la depressione costante, mentre la portata aria ne varia il valore di setpoint con il carico o, più giustamente, serve come indice della variazione di carico o del regime di
combustione.
La depressione in camera di combustione, in grandi caldaie, è un problema che presenta
qualche difficoltà, perché lo sviluppo del giro fumi, tra il punto di presa della depressione e
l’ubicazione della serranda di regolazione è notevole; inoltre, le resistenze rappresentate
principalmente dai riscaldatori d’aria, creano un ritardo abbastanza elevato. Date queste premesse, è
evidente che oscillazioni di 2 – 3 mm d’acqua di depressione in più o in meno rispetto al punto di
regolazione sono inevitabili.
Caldaia ad attraversamento forzato
In una caldaia ad attraversamento forzato l’acqua di alimento passa dallo stato fisico di
liquido a quello di vapore, attraversando una sola volta il fascio tubero formante le superfici di
scambio; le zone di riscaldamento, di vaporizzazione e di surriscaldamento si succedono in serie
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senza che vi siano particolari elementi, quali il corpo cilindrico delle caldaie a circolazione naturale,
atti a delimitarle. In una caldaia ad attraversamento forzato, il punto di evaporazione ed il punto di
saturazione non hanno una posizione fissa nel sistema, ma sono definiti dalla portata dell’acqua di
alimento e dalla quantità di calore ad essa ceduta lungo il percorso della caldaia (volume di fuoco).
Per una variazione della portata dell’acqua di alimento, mantenendo costante il volume di
fuoco della caldaia, il punto di vaporizzazione si sposta verso il surriscaldatore se la variazione è
stata in aumento, oppure arretra se la variazione è stata in diminuzione; si ha come conseguenza una
diminuzione o un aumento del volume di vapore in caldaia ed una inversa variazione della
pressione del vapore in uscita. Considerando, ad esempio, un aumento della portata acqua, con
produzione costante di calore in camera di combustione, si ha dunque una riduzione del volume
occupato dal vapore ed un aumento della sua pressione. Inoltre, si ha un aumento del flusso termico
nella nuova zona di vaporizzazione che è andata ad investire i fasci tubieri della zona di
surriscaldamento i quali, nel transitorio, cedono il calore accumulato. Essendo diminuita la
superficie del surriscaldatore, si ha una caduta della temperatura del vapore finale, da cui deriva un
aumento del peso specifico del vapore ed una piccola diminuzione di pressione. Se in tale
transitorio, noi operiamo adeguatamente sul combustibile ed aumentiamo le calorie prodotte dalla
caldaia, manterremo costante la temperatura e la pressione del vapore in uscita, ed otterremo
l’aumento della portata di vapore prodotto.
Se si incrementa invece la portata del combustibile, con acqua alimento o
desurriscaldamento costanti, la quantità di calore trasferito al sistema di tubi aumenta
proporzionalmente. Il punto di vaporizzazione e saturazione del vapore si muove verso l’ingresso
della caldaia e, corrispondentemente, parte del contenuto di acqua della zona di riscaldamento
vaporizza. Se la pressione all’uscita della caldaia è mantenuta costante con una adeguata presa di
carico della turbina, si ottiene un temporaneo aumento della produzione di vapore; inversamente, se
la posizione delle valvole della turbina viene mantenuta costante, si nota un aumento della
pressione. In entrambi i casi vi è un aumento della temperatura finale, poiché la superficie del
surriscaldatore è aumentata in grandezza con lo spostamento del punto di saturazione.
Riepilogando, variazioni di portata d’acqua in ingresso, senza relative variazioni di
combustibile, hanno come conseguenza variazioni nell’entalpia e nella temperatura in uscita. Una
variazione di combustibile ha influenza tanto sulla pressione che sulla temperatura finale del
vapore, e di conseguenza sul carico elettrico. Infine, ogni variazione in ingresso della portata
dell’acqua e della combustione, fanno variare la temperatura finale del vapore in senso opposto,
mentre influenzano la pressione del vapore e l’uscita nel medesimo senso. In condizioni transitorie
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o variazioni di carico, la portata dell’acqua alimento ed il calore fornito devono essere debitamente
controllati, tenendo conto di altri fattori importanti ed interessanti come l’immagazzinamento del
fluido e del calore. Per esempio, quando aumenta la portata attraverso un tubo, la pressione nel tubo
aumenta a causa dell’aumento della caduta di pressione lungo il tubo stesso, causando così
l’aumento della densità del fluido. Una maggiore densità del fluido nel tubo richiede un maggiore
peso di fluido per occupare lo stesso volume; questo supplemento di fluido immagazzinato deve
essere portato dal suo livello di entalpia in ingresso al livello del fluido nel tubo. Inoltre, il metallo
del tubo usualmente funziona a più alta temperatura, poiché ai carichi più alti vi è maggiore
trasferimento di calore attraverso il tubo. Dunque, un aumento di carico richiederà una sufficiente
portata di acqua di alimento e di combustibile per soddisfare l’aumento d’immagazzinamento di
calore sia nel metallo che nella maggiore quantità di fluido.
In un generatore a circolazione forzata, occorre modificare i concetti base per i modi di
funzionamento richiesti, rispetto al generatore a circolazione naturale. Mentre la potenza della
turbina determina il valore assorbito dall’utilizzatore, la portata del combustibile corrisponde alla
produzione di vapore. Il funzionamento monoblocco richiede che il vapore assorbito
dall’utilizzatore venga con continuità equilibrato dalla produzione di vapore del generatore. Il
controllo dell’equilibrio di queste due grandezze è fatto tramite la pressione del vapore. Regolando
la pressione del vapore col combustibile si ottiene quindi un equilibrio continuo.
Nei gruppi termoelettrici, la grandezza principale da regolare è la potenza in uscita
dall’alternatore ed alla richiesta del carico elettrico deve adeguarsi il complesso caldaia-turbina.
Volendo individuare il comportamento dinamico della caldaia, identificheremo con lo schema di
figura le variabili indipendenti e quelle dipendenti dal sistema stesso.
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Le variabili indipendenti, cioè le grandezze manipolabili che controllano il sistema sono:
portata
acqua;
combustibile;
aria;
grado
di
parzializzazione;
portata
acqua
desurriscaldamento vapore SH e RH; portata del gas di ricircolo. Le variabili dipendenti o
grandezze regolate sono: carico elettrico, pressione vapore SH o portata; temperatura vapore SH e
RH; eccesso aria.
Per la marcia in automatico dei vari sistemi di regolazione, sono previsti diversi modi di
funzionamento, selezionabili dall’operatore o automaticamente secondo le esigenze di esercizio. I
modi di funzionamento possono essere: manuale; caldaia segue; turbina segue; coordinata; controllo
carico da ripartitore; avviamento o fermata.
In una caldaia a circolazione forzata, l’impiego del funzionamento coordinato è il più adatto
ed il più utilizzato, mentre il sistema di regolazione caldaia segue e turbina segue vengono presi in
considerazione solo in casi eccezionali.
Caldaia segue: i compiti della regolazione sono di adattare la produzione del vapore, tramite
la regolazione della pressione del vapore, all’assorbimento di vapore. Il combustibile e l’aria
comburente vengono mantenuti ad un valore corrispondente alla posizione calcolata dal grado di
apertura delle valvole di ammissione in turbina. Il rapporto acqua/combustibile può essere variato
automaticamente dalla regolazione temperatura SH. La temperatura del vapore SH viene regolata
agendo sulla portata acqua alimento e sulla portata acqua desurriscaldamento, in alcuni impianti
sulla portata desurriscaldamento e sulla portata combustibile.
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Turbina segue: contrariamente al modo di funzionamento “caldaia segue”, nel
funzionamento “turbina segue” la potenza generata dalla turbina corrisponde alla produzione di
vapore e quindi non viene utilizzato il potere di accumulo della caldaia. La temperatura del vapore
viene controllata nello stesso modo previsto per gli altri funzionamenti (acqua alimento o nafta ed
acqua desurriscaldamento). La pressione del vapore viene regolata agendo sulla posizione valvole
turbina tramite il variagiri, ossia, variando la potenza elettrica prodotta dalla turbina sino ad
eguagliare la produzione di vapore.
Coordinata: gli interventi sulla caldaia e sulla turbina sono coordinati senza subordinare il
funzionamento dell’una a quello dell’altra.
Azioni di limitazione e protezione: sotto questa voce sono compresi un certo numero di
circuiti che svolgono azioni di protezione che si traducono in limitazioni. Nelle caldaie ad
attraversamento forzato, al di fuori del circuito di avviamento, esistono delle tolleranze piuttosto
strette a ciascun carico, negli scarti tra i valori che possono assumere le portate acqua, nafta e aria e
i valori richiesti. Lo scarto di una grandezza rispetto alla domanda indica lo scarto di quella
grandezza rispetto alle altre e questo scarto deve essere contenuto per evitare condizioni pericolose
ai macchinari. Così, ad esempio, se la portata d’acqua alimento è a un certo carico basso mentre le
portate nafta e aria sono ai valori giusti, si avranno in caldaia aumenti di temperatura del metallo dei
tubi e viceversa quando la portata è alta. Una portata aria bassa quando la portata nafta è regolare
può invece portare a condizioni pericolose in camera di combustione. Per prevenire queste
condizioni pericolose sono stati previsti, nel sistema di regolazione, dei circuiti che intervengono a
limitare o ad aumentare altre grandezze quando esiste uno scarto in una di esse. Così, uno scarto in
difetto nella portata d’acqua alimento andrà a ridurre proporzionalmente la domanda di
combustione e viceversa, uno scarto in difetto nell’aria andrà a limitare la nafta e l’acqua alimento,
uno scarto infine nella nafta andrà ad agire su acqua e aria.
Regolazione della pressione
Durante il funzionamento in coordinata, la pressione all’ammissione dipende, oltre che
dall’apertura delle valvole turbina, anche dal livello di combustione e della portata acqua alimento.
Il sistema di regolazione genera un segnale base di richiesta che viene inviato da una parte al
regolatore turbina, dall’altra in parallelo ai tre regolatori di ingresso caldaia. Il carico richiesto alla
turbina viene confrontato con il carico generato, corretto in funzione della pressione all’ammissione
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turbina e inviato al regolatore della posizione valvole di ammissione in turbina (variagiri). Il segnale
di richiesta apertura valvole viene confrontato con il grado di apertura effettivo delle valvole, e
l’errore conseguente comanda il regolatore valvole turbina. Poiché l’errore della pressione
ammissione turbina è indice di eventuali squilibri tra la caldaia e la turbina, dovuti ad esempio ad
una variazione del rendimento della turbina, nonché della quantità di calorie utilizzate durante una
variazione di carico, il segnale carico richiesto, prima di diventare richiesta di caldaia, viene
corretto in funzione di detto errore.
Regolazione portata aria
Compito della portata aria totale è di inviare in caldaia in continuazione una portata aria
corrispondente alle portate dei combustibili, in modo tale che sia assicurato l’accesso d’aria
richiesto (percentuale O2 nei fumi). Poiché l’eccesso d’aria occorrente (percentuale di O2) è
funzione del carico (e diverso con nafta o carbone), è previsto di aggiungere al valore previsto in
fase di programma MW/O2, un quantitativo aggiuntivo in funzione della portata totale del carbone o
della nafta. Tale valore costituisce il valore predeterminato totale per l’O2 che viene confrontato con
il valore della misura del % di O2 nei fumi misurato sull’impianto. Per fini di sicurezza i due
analizzatori di O2, montati nei due circuiti fumi della caldaia, sono normalmente confrontati in un
selettore di valore minimo e viene scelto il valore più piccolo.
Il controllo della combustione a partire dalla misura del tenore di ossigeno nei fumi, quale
variabile principale per realizzare un corretto rapporto aria/combustibile e quindi l’eccesso d’aria
migliore, gioca un ruolo importante nella condotta di un generatore di vapore, per quanto riguarda
costo dell’energia (risparmio di combustibile) e problemi ecologici.
Regolazione della temperatura vapore SH
In base ai compiti assegnati, le temperature del vapore vengono regolate nelle caldaie a
circolazione forzata mediante l’acqua di desurriscaldamento (azione veloce) e l’acqua di alimento o
la richiesta di combustione (azione lenta). Ciò significa che, modificando in maniera opportuna il
flusso termico o la portata di alimento, si può variare, nel senso voluto, la temperatura del vapore
all’uscita della caldaia.
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Regolazione temperatura vapore RH
Compito di questo circuito di regolazione è di mantenere la temperatura del vapore RH al
valore prefissato, agendo in sequenza su: quantità di fumi ricircolata (tempering-ricircolazione);
valvole di desurriscaldamento.
Il gas tempering ha lo scopo di proteggere il surriscaldatore finale ed il risurriscaldatore
nella fase di avviamento, quando il vapore che li attraversa è minimo. Dove è previsto il
funzionamento a carbone, il gas tempering avrà anche il compito di diminuire la temperature dei gas
in ingresso alle zone convettive (riducendo così i fenomeni di deposito di ceneri fuse). La
ricircolazione dei gas, con introduzione, nella parte inferiore della camera di combustione, ha lo
scopo di proteggere la camera da surriscaldamenti oltre a regolare la temperatura del vapore RH. La
ricircolazione dei gas è effettuata da tre ventilatori, la cui portata è regolata sulla serranda di
aspirazione. La portata di ciascun ventilatore è mantenuta pressoché costante al suo valore nominale
regolando la serranda di aspirazione in base all’assorbimento di corrente del motore. Infatti
l’assorbimento di corrente nei motori dei tre ventilatori è funzione (anche se non lineare) della
portata di gas. Un regolatore confronta la corrente assorbita dal motore del ventilatore relativo con il
set point di corrente e corregge gli errori intervenendo sulla serranda di aspirazione.
Quando la temperatura del vapore risurriscaldato supera il suo set point, intervengono le
valvole di ottemperamento; essere regolano la portata di acqua a due attemperatori convenzionali,
uno su ciascun ramo, all’ingresso del risurriscaldatore. L’acqua di ottemperamento è fornita
normalmente dallo spillamento del secondo stadio della pompa di alimento.
Regolazione della portata acqua alimento
Il sistema di regolazione normalmente fa corrispondere la portata acqua di alimento alla
combustione effettiva, sia per ottenere un sistema ottimale nella temperatura, che una massima
sicurezza di esercizio. Ciò viene realizzato mediante la regolazione della temperatura vapore SH
con l’attemperamento e mediante la regolazione del valore medio della differenza di temperatura
agli attemperatori con l’acqua di alimento.
Regolazioni ausiliarie dei sistemi di combustione
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Appartengono a queste regolazioni tutti gli impianti che rendono il combustibile “idoneo” ad
essere bruciato.
Combustibili liquidi: gli apparecchi di utilizzazione dei combustibili liquidi (bruciatori)
devono ricevere i combustibili a determinate condizioni di pressione e viscosità, che sono poi
quelle stabilite in sede di progetto dei bruciatori stessi. In un impianto termoelettrico si possono
distinguere i seguenti gruppi di apparecchiature: serbatoi di stoccaggio; gruppi di preriscaldamento
e spinta nafta; bruciatori.
Per i serbatoi di stoccaggio (nafta pesante), i problemi sono circoscritti al riscaldamento del
liquido ad una temperatura superiore al punto di scorrimento e alla misura del livello segnalandone i
valori limite. Se esiste il serbatoio giornaliero o di servizio, occorre garantire la ricostituzione della
scorta, quando questa scende al valore minimo, mediante il circuito di travaso. Il gruppo di spinta
nafta presenta invece il problema di fornire ai bruciatori del combustibile ad una pressione
determinata, ed il funzionamento delle pompe dipende essenzialmente dal tipo di bruciatore e
quindi dal circuito asservito. A tale proposito, i modi di funzionamento sono essenzialmente due:
pompa funzionante permanentemente alla pressione massima con regolazione del combustibile
effettuata sulla mandata; pompa funzionante permanentemente a pressione variabile con
regolazione del combustibile effettuata sullo sfioro della pompa. Il gruppo di preriscaldamento
presenta invece il problema di fornire ai bruciatori, del combustibile a viscosità costante. A tale
proposito si usa regolarne la temperatura, mantenendo questa al valore corrispondente alla viscosità
richiesta.
Regolazione della temperatura e della viscosità degli oli combustibili: per ottenere una
combustione completa è necessario ottenere un’atomizzazione quanto più perfetta possibile al
momento della combustione, e per una perfetta atomizzazione l’esigenza comune è di mantenere la
viscosità della nafta ad un valore ottimo e sempre uguale. I sistemi adottati a tale scopo sono:
miscelazione di due oli; regolazione della temperatura; regolazione della viscosità.
Il primo sistema non viene adottato spesso negli impianti, in quanto esiste una notevole
difficoltà di ottenere una miscelazione sempre omogenea oltre alle inevitabili complicazioni di
impianto.
Il sistema comunemente adottato per diminuire la viscosità è la regolazione della
temperatura in base a diagrammi delle caratteristiche degli oli. Naturalmente ciò presuppone che le
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caratteristiche dell’olio combustibile inviato dal fornitore rimangano assolutamente costanti e ciò si
verifica difficilmente, specie per successive forniture proveniente da vari fornitori e da fonti diverse
di approvvigionamento.
Il sistema che introduce la regolazione della temperatura (e quindi della viscosità) tramite
viscosimetri inseriti nelle catene di regolazione della temperatura nafta è in via di adozione, in
quanto le varietà di prodotto approvvigionato hanno esaltato ultimamente gli inconvenienti già noti.
In figura sono rappresentate le curve “Viscosità/Temperatura nafta”.
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La regolazione della temperatura nafta si ottiene agendo sulla portata di vapore, e la
temperatura prefissata può variare a seconda della qualità del combustibile in relazione alla sua
viscosità.
Regolazione nafta ai bruciatori
Una breve analisi nel campo dei bruciatori deve essere fatta in quanto vi sono delle
differenze concettuali nei sistemi di controllo della pressione ai bruciatori. La caratteristica teorica
di un bruciatore è caratterizzata dalla funzione “pressione/portata” e dalla pressione “minima e
massima di funzionamento”.
Sostanzialmente i bruciatori possono essere classificati in funzione del modo con cui viene
polverizzato il combustibile ed il sistema di controllo deve adeguarsi per il mantenimento dei valori
ottimi di funzionamento:
-
-
a polverizzazione meccanica
-
con atomizzatore a pressione diretta (campo regolazione 1:1,2);
-
con atomizzatore a ritorno (campo regolazione 1:8);
a polverizzazione con fluido ausiliario
-
con atomizzatore a vapore (campo regolazione 1:6);
-
con atomizzatore ad aria (campo regolazione 1:5).
Atomizzatori a spinta diretta
Atomizzatori a ritorno
Con gli atomizzatori a spinta diretta, la variazione di portata viene ottenuta strozzando la
quantità di olio con la valvola posta sulla mandata ai bruciatori. Il bruciatore a polverizzazione
meccanica di tipo a ritorno è stato sviluppato allo scopo di aumentare il campo di regolazione degli
atomizzatori a pressione diretta. Il principio fondamentale seguito in questi atomizzatori è quello di
circolare nella camera terminale (a vortice) dell’atomizzatore una portata di olio costante. A tale
scopo la camera terminale è messa in comunicazione, nella parte opposta a quella in cui è ricavato il
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foro di uscita del combustibile, con un tubo centrale, collegato a sua volta con una linea dotata di
opportuna valvola di regolazione. Quindi, a differenza degli atomizzatori a pressione diretta, la
valvola di regolazione è installata sul ritorno e la variazione di portata è realizzata aumentando o
diminuendo la quantità di olio ricircolato. Come effetto di questa azione si ottiene che l’angolo di
uscita del getto varia sensibilmente. Per ottenere getti dalle caratteristiche costanti al variare della
portata dell’olio, si può agire contemporaneamente sia sulla pressione di mandata che su quella di
ritorno, in modo da conservare, al variare della portata atomizzata, una differenza di pressione
costante fra mandata e ritorno. In tal modo si mantiene inalterato il salto di pressione, anche se la
portata dell’olio attraverso le scanalature del bruciatore varia. Questo atomizzatore, quando viene
adoperato congiuntamente ad un sistema di regolazione automatica, necessita di un anello di
regolazione della pressione differenziale tra mandata e ritorno.
Nei bruciatori a polverizzazione con fluido ausiliario (vapore), la spinta della nafta può
essere grandemente ridotta in quanto l’energia necessaria per la polverizzazione viene fornita in
parte dal fluido ausiliario stesso. In questo tipo di bruciatori la pressione con cui l’olio perviene
all’atomizzatore è molto più bassa di quella utilizzata nella polverizzazione meccanica, e pertanto i
fori di passaggio sono più grandi (esistono meno probabilità di intasamento). Con l’uso di questo
fluido ausiliario si sfrutta da una parte l’espansione dovuta al salto di pressione del vapore nei
passaggi dell’ugello e dall’altra l’azione di riscaldamento dovuta al contenuto termico del fluido.
Per ottenere una adatta polverizzazione è necessario che la pressione del vapore sia sempre
superiore alla pressione del combustibile da polverizzare di un valore compreso tra 1 e 2 atmosfere.
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Vapore ausiliario
Per ciclo vapore servizi s’intende quell’insieme di tubazioni, valvole e accessori vari che
consentono di smistare il vapore a bassa pressione proveniente dalle fonti di alimentazione alle
utenze che fanno parte dei servizi ausiliari di centrale.
Le alimentazioni del vapore sono normalmente derivate da: caldaia ausiliaria, corpo
cilindrico, spillamento turbina. Le utenze principali sono: riscaldamento parco nafta, riscaldamento
nafta ai bruciatori, riscaldatori aria a vapore, atomizzazione bruciatori (se previsti a vapore),
lavaggio bruciatori, analizzatori ossigeno, riscaldamento tubazioni, eiettori per vuoto condensatori,
condizionamento, degasatore (in fase avviamento), tenuta manicotti turbina (in fase avviamento).
Recupero di calore – trasformatore di vapore: in tutte le centrali termoelettriche, una
percentuale del vapore prodotto viene consumata e praticamente dispersa per i vari servizi ausiliari.
Il vapore, prodotto a pressioni e temperature elevate, viene degradato in modo da poterlo utilizzare
per le apparecchiature ausiliarie con notevole spreco di calore. Alcuni prelievi, quali lo spurgo
continuo delle caldaie a corpo cilindrico, il vapore per i soffiatori di fuliggine e per il lavaggio dei
bruciatori, non possono essere recuperati, pertanto costituiscono una inevitabile perdita di acqua
demineralizzata e di calore. Il vapore utilizzato per il riscaldamento della nafta, le cui condense non
vengono direttamente recuperate in quanto, a causa di perdite negli scambiatori, possono trascinare
quantitativi di olio, costituisce una grossa utenza del vapore ausiliario ed una perdita che incide
sensibilmente sui costi di produzione.
Attualmente, negli impianti nafta, si adottano dunque degli accorgimenti atti a ridurre al
minimo le perdite di calore. Una prima soluzione consiste nel predisporre, in serie agli scambiatori
di calore, dei raffreddatori di condense per mezzo dei quali si effettua un primo riscaldamento della
nafta, abbassando la temperatura delle condense a circa 70 °C. L’impianto nella figura successiva
costituisce una soluzione più radicale del problema: una maggiore sicurezza, dal punto di vista
dell’inquinamento delle condense, è stata raggiunta adottando scambiatori nei quali il fascio tubiero
è attraversato internamente dalla nafta anziché dal vapore, eliminando la possibilità di ristagno di
condensa e la formazione conseguente di corrosioni. Tuttavia, per maggiore tranquillità, si fanno
convogliare le condense in uscita in una cassa di rivelazione a diaframmi, in modo che l’eventuale
nafta presente possa risalire alla superficie ed essere riscontrata dal personale. Dal serbatoio, a
mezzo di pompe, la condensa non inquinata viene inviata in un trasformatore di vapore che
possiamo considerare come un vaporizzatore d’acqua, del tipo a superficie, alimentato con vapore
prelevato da uno spillamento di turbina con possibilità di integrazione del vapore RH freddo. In tale
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modo la condensa del vapore ausiliario viene restituita al ciclo principale (condensatore) attraverso
un normale scaricatore di condensa, mentre la condensa proveniente dal riscaldamento nafta, viene
inviata ad una cassa di rivelazione, dalla quale, tramite pompa, viene inviata al trasformatore per
una successiva vaporizzazione.
Soffiatori di fuliggine
L’accumulo dei depositi sulle superfici riscaldanti, proveniente in piccola parte da carbonio
incombusto ma soprattutto da ceneri e scorie contenute nei combustibili, provoca un aumento della
temperatura dei fumi all’uscita dalla caldaia ed una diminuzione del rendimento di caldaia. Detto
accumulo ostacola inoltre il passaggio dei gas nei preriscaldatori aria, amplificandosi
continuamente, e compromettendone le potenzialità. La pulizia delle superfici di riscaldamento, con
caldaia in servizio, è fatta a mezzo dei soffiatori di fuliggine a getto di aria o vapore. Il getto d’aria,
investendo con violenza la fuliggine e le ceneri, ne provoca il distacco in modo che il flusso dei
fumi le trasporti al camino.
I soffiatori sono divisi in relazione alla zone in cui devono funzionare, quelli sistemati nella
zona a temperature elevate sono del tipo retrattile, mentre quelli sistemati nella zona a temperature
basse possono essere del tipo fisso a rotazione. Il fluido impiegato per la soffiatura è normalmente
l’aria compressa, fornita da compressori aria soffiatura fuliggine. L’aria aspirata e compressa viene
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mandata dai compressori a due serbatoi polmone, e da questi viene inviata al collettore aria
soffiatura attraverso una valvola motorizzata. L’aria, ridotta di pressione tramite una stazione di
riduzione, giunge ai soffiatori provvisti di un orifizio che abbassa ulteriormente la pressione
all’ugello. I movimenti del soffiatore sono di traslazione e di rotazione, vale a dire, la canna
attraversa il fascio delle serpentine da pulire ruotando.
Regolazione della richiesta carbone (combustione a carbone)
La regolazione del combustibile ha lo scopo di assicurare la quantità di combustibile
richiesta dal sistema coordinatore della regolazione caldaia-turbina tramite il segnale “richiesta
caldaia”. Detto segnale, prima di divenire la vera e propria “richiesta di combustibile”, viene
corretto con segnali funzione di diversi errori. Il segnale ottenuto è la richiesta totale di
combustibile, sia questo gasolio, nafta, carbone.
Il segnale richiesta carbone è relativo alla quantità totale di carbone, la quale però può essere
fornita da uno o più mulini fino ad un massimo di 5 o 6. E’ necessario pertanto ripartirlo
ulteriormente, tenendo conto del numero di mulini in funzione. Il segnale di comando per ciascun
mulino è utilizzato direttamente per regolare la posizione delle serrande aria primaria con reazione
in portata aria ai mulini corretta in temperatura. La quantità di aria primaria viene misurata
mediante un tubo di Pitot differenziale installato nel condotto fra ventilatore aria primaria e mulino.
Tale segnale è utilizzato per regolare la pressione differenziale tra la mandata dei singoli ventilatori
aria primaria e la camera di combustione. Un terzo circuito di regolazione mantiene constante il
rapporto portata aria – portata carbone, variando il numero dei giri dell’alimentatore a nastro; il
segnale pilota è la portata aria, mentre il numero dei giri dell’alimentatore, proporzionale alla
portata carbone, è la reazione. Infine, un quarto circuito, del tutto indipendente, regola, ad un valore
prefissato costante, variabile dall’operatore, la temperatura della miscela aria-carbone, inviando aria
fredda di attemperamento sull’aspirazione del ventilatore.
(Manuale di Regolazione)
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Regolazione delle turbine a vapore
Quando, per l’effetto dell’attacco o del distacco di uno o più utenti, cambia l’assorbimento
di corrente all’alternatore, cambia la coppia resistente, opposta al moto del gruppo turbinaalternatore, assorbita dall’alternatore; se l’alternatore eroga meno potenza elettrica, meno coppia
resistente oppone alla rotazione del gruppo turbina-alternatore. Se diminuisce la coppia resistente e
la coppia motrice non cambia, dall’equazione di equilibrio dinamico dell’albero:
C mt − C ra = I
dω
dt
Cmt = coppia motrice erogata dalla turbina
Cra = coppia resistente assorbita dall’alternatore
I = momento d’inerzia complessivo del gruppo
il gruppo si mette ad accelerare finché trova una nuova condizione di equilibrio, con coppia motrice
uguale alla coppia resistente e con un numero di giri diverso da quello iniziale. Questo numero di
giri sarà maggiore se la coppia resistente diminuisce, sarà minore se la coppia resistente richiesta
dall’alternatore aumenta. Un’operazione di questo tipo, in linea di principio, potrebbe lasciare
indifferente se non fosse che dal numero di giri dell’alternatore dipende la frequenza elettrica di
rete, per cui, se cresce il numero di giri dell’alternatore, cresce la frequenza della rete, e, in
generale, se varia il numero di giri dell’alternatore, varia la frequenza in rete; d’altra parte è
necessario che la frequenza sulla rete rimanga abbastanza rigidamente costante, quindi è necessario
mettere un sistema che intervenga allorché la coppia resistente varia e provveda a far variare la
coppia motrice in modo che si abbia sempre equilibrio fra coppia motrice e coppia resistente, e il
numero di giri resti inalterato.
Ciò significa che dovremo mettere un elemento sensibile alla velocità o all’accelerazione del
gruppo. Un tale sistema di regolazione ha sempre dei ritardi, per cui ci saranno delle piccole
oscillazioni di velocità; successivamente si ripristinerà la velocità iniziale, o tutt’al più la velocità
sarà leggermente cambiata, perché non possiamo pretendere da nessun sistema di regolazione che
mantenga costante rigidamente una determinata quantità.
Ma la coppia motrice erogata dalla turbina, moltiplicata per la sua velocità angolare, dà la
potenza utile della turbina; poiché il numero di giri è sensibilmente costante, regolare la coppia
motrice significa anche regolare la potenza utile. L’espressione della potenza utile di una turbina (se
ci mettiamo nel caso di una turbina semplice senza surriscaldamento) è:
Pu = η m ⋅ G ⋅ηϑ ⋅ ∆his
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Quindi, regolare la potenza utile significa alterare le grandezze che compaiono
nell’espressione di Pu in modo da aumentare o diminuire la potenza utile in base alle esigenze
dell’utilizzazione. Non conviene far variare i rendimenti in quanto si spende ciò che si spendeva
prima della regolazione ma con minor rendimento, per cui si produce di meno; pertanto i rendimenti
devono essere mantenuti costanti. Un modo più intelligente di regolare consiste nel varia G o ∆his,
variando di conseguenza le prestazioni richieste alla caldaia, in modo che a minore erogazione
corrisponda minore spesa di combustibile in caldaia.
Nella pratica i sistemi di regolazione agiscono sulla portata e sul salto isentropico, e
comportano inevitabilmente più o meno modeste variazioni di rendimento termodinamico le quali
risultano un effetto di tipo secondario più o meno inevitabile.
Per poter studiare i vari sistemi di regolazione, occorre innanzitutto sapere come si comporta
la turbina al di fuori delle condizioni di progetto, cioè in particolare come variano rendimento,
portata e salto isentropico al di fuori delle condizioni di progetto.
Il ∆his, per piccole variazioni di carico, non subisce sostanziali modifiche; se le variazioni di
carico sono elevate le cose si complicano perché in questo caso occorrerebbe vedere come si
ripartisce il salto disponibile fra i vari stadi, andare a vedere i triangoli di velocità e di conseguenza
andare a vedere il nuovo valore che assume il ∆his. In pratica noi assumeremo il ∆his costante salvo
alcuni casi particolari. Il salto entalpico isentropico è semplice da rilevare in quanto può essere letto
dal diagramma di Collier una volta note le nuove condizioni di funzionamento della turbina.
Portata nelle turbine
Per individuare i parametri da cui dipende la portata in una turbina multistadio,
incominciamo a considerare il caso di due ugelli convergenti disposti in cascata, e supponiamo che
l’energia cinetica di scarico dal primo ugello sia recuperata isentropicamente prima di entrare nel
secondo; in tal modo le grandezze totali corrispondenti all’evoluzione nel secondo ugello
eguagliano quelle nel primo e la curva ρc = f (p/p0) è unica per i due ugelli. Supponiamo, inoltre,
che nella sezione 1 si raggiunga la velocità del suono, e che A2 sia maggiore di A1; il rapporto
A2/A1 uguaglia il rapporto (ρc)1/(ρc)2, dato che la portata che attraversa i due ugelli è la stessa;
quindi in A2 non si raggiunge la velocità del suono. Effettuiamo ora le seguenti operazioni:
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a) sostituiamo il 2° ugello con uno di area A2 minore rispetto a quella dell’ugello originale, ma
sempre superiore ad A1, senza variare la pressione di sbocco p2; non variando p2 non varia la
posizione del punto 2 sulla curva ρc e quindi non varia (ρc)2. Poiché A2/A1 è diminuito, deve
diminuire il rapporto (ρc)1/(ρc)2; ne deriva che deve diminuire (ρc)1. Il punto 1 si sposta in
1’, di conseguenza il primo ugello non è più critico, essendo diminuito il rapporto di
espansione a sua disposizione, e la portata che lo attraversa diminuisce. Constatiamo dunque
che la portata muta pur non avendo variato il primo ugello e pur non avendo mutato il
rapporto di espansione complessivo e ne deduciamo che la portata dipende dai rapporti delle
sezioni minime dei due ugelli;
b) manteniamo ora inalterati i due ugelli e aumentiamo il rapporto di espansione da p2/p0 a
p2’/p0; il punto 2 si porta in 2’ e conseguentemente il punto 1 si porta in 1’, non essendo
mutato il rapporto A2/A1; il primo ugello non è più critico e la portata che lo attraversa non
dipende più soltanto dalle condizioni totali a monte ma anche dal rapporto di espansione. Se
ne deduce che la portata dipende dalle condizioni totali a monte e dal rapporto di espansione
(se nessun ugello è critico).
Se ora consideriamo una turbina multistadio, che può essere interpretata come una serie di
ugelli attraversati dalla stessa portata, inframmezzati da giranti in cui si possono avere
trasformazioni di tipo diverso, è facile intuire come le due conclusioni a cui si è giunti nel caso
precedente continuino a valere, e precisamente che la portata dipende: 1) dai rapporti mutui fra le
aree dei diversi ugelli; 2) dalle condizioni totali a monte della turbina; 3) dal rapporto di espansione
complessivo se nessun ugello è critico.
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Viste queste prime tre dipendenze dalla portata, e considerando la turbina nel suo
complesso, si può ancora dire che la portata dipende: 4) dalle trasformazioni che avvengono nella
girante dato che a seconda delle trasformazioni cambiano le condizioni a monte degli ugelli che
seguono, per cui si altererà la ripartizione delle cadute in modo che si raggiunga un nuovo valore di
portata che è quello che compete alle nuove condizioni di funzionamento. Infatti, considerando una
turbina bistadio, in condizioni di progetto vi era una certa pressione a monte del 1° ugello, una certa
trasformazione nella 1° girante, una certa pressione a monte del 2° ugello.
Se si suppone che nel 1° ugello le condizioni non cambiano, ne deriva che all’uscita della 1° girante
le condizioni sono cambiate; il 2° ugello si viene a trovare con un rapporto di espansione diverso e
con condizioni a monte diverse; ciò significa diversa portata nel 2° ugello, di conseguenza la portata
dovrà cambiare finché la portata nel primo venga ad uguagliare la portata nel secondo. Ecco allora
che un cambiamento di trasformazione nella girante comporta una variazione di portata. Questo
indirettamente ci serve per dire che la portata dipende dal numero di giri ma in maniera molto
modesta, le variazioni sono solo di qualche % per forti variazioni del numero di giri.
Possiamo riassumere quanto detto affermando che la portata dipende dalla suddivisione
delle aree fra i vari ugelli, dalle condizioni totali a monte del 1° ugello, dalle trasformazioni che
avvengono nella girante e dal rapporto di espansione complessivo, se nessuna sezione è critica. In
caso contrario, essendo il numero di Mach = 1, ciò comporta che attraverso quella sezione passa la
massima portata possibile e un eventuale aumento del rapporto di espansione non altera la portata in
turbina dato che essa ha raggiunto appunto il valore massimo possibile; l’ulteriore eventuale
espansione avverrà all’ esterno dell’ugello critico, senza che ciò comporti variazione nella portata.
Quindi la dipendenza dal rapporto di espansione deve esserla divisa in due tempi: c’è dipendenza se
nessuna sezione è critica, non c’è dipendenza se una qualche sezione ha raggiunto le condizioni di
criticità. Con queste cognizioni potremo studiare come varia la portata in un semplice ugello. Se ora
mettiamo in conto le trasformazioni che avvengono nella girante e consideriamo non più un solo
ugello ma una serie di ugelli è facile immaginare l’ulteriore complessità che ne deriva.
Nella pratica pertanto ci si affida alla osservazione sperimentale per cui il funzionamento
delle turbine viene ad essere simile a quello degli ugelli; in particolare, se la turbina è critica, la
portata rispetta una legge molto simile a quella degli ugelli.
Per gli ugelli, quando la portata è critica, si scrive che la porta critica è uguale a una certa
area, che è l’area critica (nel caso delle turbine sarà invece un’area di riferimento), moltiplicata per
la pressione totale, diviso per la radice di p0/ρ0 e il tutto moltiplicato per una certa costante che
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dipendeva dall’esponente k dell’isoentropica. Per la turbina, in condizioni critiche, la costante non
sarà più espressa da quella relazione in funzione di k, ma sarà una certa costante h che dipende dal
tipo di turbina, da come è fatta, dai rapporti tra le aree mutue dei vari ugelli, dalle condizioni a
monte, dal rapporto di espansione se la turbina non è critica, dalla trasformazione nella girante:
Gcr = h
A ⋅ p0
p0 / ρ 0
L’area A è una qualunque area di riferimento perché, al variare dell’area di riferimento,
cambia h. Quindi, in condizioni di criticità, la legge della porta nelle turbine è analoga a quella della
portata negli ugelli, salvo la modifica per quanto riguarda h e l’arbitrarietà nella scelta di A.
Quando siamo fuori dalle condizioni di funzionamento critico, cioè per una turbina sottocritica, si
riscontra sperimentalmente che la portata varia secondo una legge di tipo ellittico:
⎛ G
⎜⎜
⎝ Gcr
2
⎞ ⎛ p k − p k ,cr
⎟⎟ + ⎜ 0
⎜
⎠ ⎝ p − p k ,cr
2
⎞
⎟ =1
⎟
⎠
con pk pressione al condensatore (se la turbina è a contropressione, è la pressione di scarico); p0
pressione totale a monte della turbina; G portata che fluisce in turbina; Gcr portata critica a parità di
condizioni a monte, pk,cr è la pressione pk per la quale la turbina diventa critica.
Queste due leggi possono anche essere presentate sotto forma di un parametro di portata per
rendere semplici i calcoli al di fuori delle condizioni di progetto:
Γ=
G ⋅ p0 ρ 0
A ⋅ p0
Se definiamo così il parametro di portata, ne deriva che in condizioni critiche si ha:
Γ∞ = h
cioè il parametro di portata critico è costante; la legge ellittica, invece, introducendo il parametro di
portata critico e il rapporto di espansione β definito come:
β = pk p 0
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possiamo presentarla nel seguente modo:
2
0
⎛
⎞
⎜ G ⋅ p ρ 0 ⎟ ⎛⎜ pk − pk ,cr
⎜
p0
A ⋅ p0 ⎟ ⎜ p0
+
⎜
⎟
0
⎜ 0 p
⎜ G ⋅ p ρ 0 ⎟ ⎜ p − k ,cr
⎜ cr A ⋅ p 0 ⎟ ⎝ p 0
p0
⎝
⎠
2
⎞
⎟
2
⎟ = 1 ⇒ ⎛⎜ Γ ⎞⎟ + ⎛⎜ β − β cr
⎜ Γ ⎟ ⎜ 1− β
⎟
cr
⎝ ∞⎠ ⎝
⎟
⎠
2
⎞
⎟⎟ = 1
⎠
I valori di h e βcr sono caratteristici della turbina fin tanto che essa ruota ad un numero di giri
costante; cioè h e βcr sono due costanti caratteristiche della turbina, che variano per una stessa
turbina solo se varia il numero di giri, e ciò perché la variazione del numero di giri, alterando la
trasformazione che avviene all’interno della turbina, altera non solo la portata ma anche il rapporto
di espansione critico e la portata critica. Dato che le turbine a vapore per centrali termoelettriche
funzionano essenzialmente a velocità costante, h e βcr possiamo considerarli costanti.
G
p0
ρ0
A ⋅ p0
β=
pk ,cr
p
0
β=
pk
p0
Una turbina pluristadio si può intendere come un insieme di ugelli in serie, pertanto
l’andamento della portata sarà simile a quello del singolo ugello, ma con un sensibile abbassamento
del rapporto critico delle pressioni all’aumentare del numero degli stadi, come qualitativamente
riportato nella figura. Tale fenomeno si può giustificare pensando il rapporto critico della turbina
come il prodotto dei rapporti critici dei singoli stadi, via via decrescente all’aumentare di questi. Si
osservi come per condizione critica relativa alla turbina intendiamo quella condizione che rende
critico un determinato stadio che la compone.
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G
p0
ρ0
A ⋅ p0
β=
pk ,cr
p
0
β=
pk
p0
I metodi di regolazione si basano o su una riduzione della pressione di alimentazione o su
una variazione del numero di ugelli che alimentano la turbina di testa. La variazione di pressione di
alimentazione può essere effettuata o mediante laminazione o mediante variazione della pressione
in caldaia. La variazione del numero di settori alimentati è possibile se si ha una turbina ad azione
parzializzabile. In alcune turbine inoltre è prevista una regolazione di sovraccarico per poter far
generare, per brevi periodi, un po’ di potenza in più di quanto la turbina ne eroga a regime.
Laminazione
La laminazione avviene in una valvola. In ingresso ci sarà del vapore con entalpia i1 e
velocità c1; in uscita entalpia i2 e velocità c2, quindi l’equazione che regola il flusso attraverso la
valvola è l’equazione dell’energia in forma euleriana:
c12
c 22
i1 +
= i2 +
2
2
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Posto i0 = i + c2/2, possiamo scrivere i01 = i02. Dalle condizioni iniziali (1) il fluido si
espande raggiungendo nella sezione ristretta della valvola la massima velocità; si giunge quindi
isentropicamente fino alla condizione (3). Superata la sezione ristretta non si ha recupero
isentropico, quindi non si ritorna al punto (1), ma la valvola è fatta in modo che isobaricamente si
giunga al punto (2) che è tale per cui, salendo di c22/2, si raggiunge l’isentalpica totale che si
mantiene costante. Pertanto, i due punti (1) e (2) si troveranno grosso modo sulla stessa isentalpica.
Tuttavia, inizialmente la pressione era p1 ma alla fine della laminazione è diventata p2. La portata in
turbina varia, essendo mutato lo stato fisico in seguito alla laminazione.
Γ
Γ'
β=
pk
p0
Quando siamo all’ingresso della valvola:
Γ1 =
G1 ⋅ p10 ρ10
A ⋅ p10
mentre, dopo la laminazione:
Γ2 =
G2 ⋅ p 20 ρ 20
A ⋅ p 20
Quindi:
G2 Γ2 ⋅ A ⋅ p 20 p1 ρ1
=
0
G1
p 20 ρ 20 Γ1 ⋅ A ⋅ p1
0
0
Se si tratta di un gas perfetto: p/ρ = RT; se la laminazione è a i0 = cost, anche T0 = cost e quindi:
p10 ρ10
p 20 ρ 20
=1⇒
G 2 p 20 Γ2
= 0
G1
p1 Γ1
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Per il vapore non vale più p/ρ = RT ed inoltre, osservando una isentalpica e un’isoterma sul
Mollier, si vede che non è più vero che, a entalpia totale costante, corrisponde una temperatura
costante. Ciò nonostante si riscontra numericamente che in una laminazione isentalpica effettuata
nel campo del vapore surriscaldato p/ρ rimane praticamente costante (comportamento vicino a
quello di gas perfetto) quindi, anche per il vapore:
p10 ρ10
p 20 ρ 20
G 2 p 20 Γ2
=1⇒
= 0
G1
p1 Γ1
G2 p 20
Se la portata è critica, Γ si mantiene costante, quindi
= 0 . Se la turbina è critica o
G1
p1
sottocritica, la portata si riduce non solo perché si riduce la pressione ma anche perché diminuisce
Γ.
In tutto questo discorso è scontato che regolando β. Vediamo qual è l’inconveniente di
questo sistema di regolazione. Esaminando il diagramma di Mollier si osserva che; il salto entalpico
è diminuito mentre la caldaia deve sempre prendere acqua da pk e portarla a p01; tuttavia diminuisce
anche il rendimento termodinamico perché, se ∆his è diminuito, il salto in ciascuno stadio tenderà a
diminuire, per cui tenderà a diminuire la c1 in ogni stadio, quindi aumenterà u/c1; se si era nelle
condizioni di massimo rendimento, ora non lo si sarà più. Stando così le cose, ci sono perdite per
cattivo direzionamento della corrente; di conseguenza, ne deriva una diminuzione del rendimento
termodinamico (che è il rapporto tra il lavoro ottenuto e il lavoro ottenibile da un’espansione priva
di perdite che si svolgesse tra le stesse pressioni esterne dell’espansione).
Anche la potenza diminuirà in seguito alla variazione dei tre parametri ηθi, G, ∆his, di cui è
funzione. Possiamo farci un’idea del rendimento di questa regolazione rapportando il rendimento
globale del ciclo dopo la regolazione a quella prima della regolazione. Quindi poiché:
ηg =
Pu
G ⋅ ∆hcaldaia
η g'
P ' G Pu' Pu
= u
=
η g Pu G ' G ' G
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Questo rapporto di rendimento cala man mano che si spinge la regolazione, infatti man
mano che lamino diminuisce η’g.
Se la regolazione fosse ottima, il diagramma di regolazione sarebbe la retta bisettrice; in
questo caso P’u/Pu varierebbe come G’/G e il rendimento della regolazione sarebbe sempre unitario.
Però le linee di regolazione sono diversamente inclinate da come si vede dalla figura e
tenendo conto dell’espressione:
Pu' Pu
G' G
si vede che il calo del numeratore è maggiore del denominatore, quindi il rendimento della
regolazione diminuisce. Notiamo inoltre che le linee di regolazione dipendono dal rapporto pk/p0,
rapporto che cresce secondo il verso della freccia in figura; cioè più grande è il salto di pressione,
tanto peggiori sono gli effetti della regolazione.
Variazione della pressione in caldaia
Osserviamo il diagramma di Mollier:
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Rispetto alla laminazione, in questo caso il salto ideale si è ridotto meno (rispetto al salto di
progetto) di quanto si sarebbe ridotto se ci fosse stata la laminazione. In seguito a questa minore
riduzione del salto isentalpico, ci sarà una minore riduzione del rendimento termodinamico, quindi
il rendimento di questa regolazione sarà migliore di quello della laminazione.
L’inconveniente di questa regolazione è che siamo costretti ad avere in caldaia vapore a
entalpia maggiore, cioè i02 > i01, cioè:
η g'
=
ηg
(
Pu' Pu
'
∆hcaldaia
'
G G⋅
∆hcaldaia
)
'
e, poiché ∆hcaldaia
∆hcaldaia > 1 , il rendimento della regolazione peggiora.
Tuttavia, dato che in caldaia ci sono notevoli masse di acqua e di vapore che non rispondono
prontamente ad una variazione di pressione, questo tipo di regolazione viene adoperato qualche
volta solo per regolazione a lungo termine.
Parzializzazione
Con questo tipo di regolazione si varia il numero di ugelli che non vengono fatti funzionare.
Ogni settore della turbina è alimentato attraverso una valvola che può essere tutta aperta,
parzialmente aperta, tutta chiusa, dal vapore proveniente da una tubazione. Se le valvole sono tutte
chiuse, naturalmente non va vapore in turbina; se le valvole sono una chiusa e due parzialmente
aperte, il vapore entra solo nei due settori aperti. Se chiudiamo la valvola di un settore che prima era
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aperto, si ha una vera e propria laminazione del vapore che passa per quel settore; questo fatto,
unitamente al fatto che i settori possono essere o tutti e tre aperti o due aperti e uno chiuso, o uno
aperto e due chiusi, permette di dare una regolazione continua.
Analizziamo il processo sul diagramma di Mollier:
Sia A il punto d’ingresso in turbina, e B il punto d’ingresso nella ruota che segue. In seguito
alla regolazione, solo la portata dovrebbe diminuire, in quanto il salto isentalpico non cambia,
apparentemente ηθi non cambia, e la sola portata dovrebbe cambiare, proporzionalmente all’area.
Tuttavia, cambiando la portata nello stadio di testa, cambia la portata nella turbina che segue, in
quanto cambia la pressione d’ingresso del vapore nella seconda turbina. La pressione di scarico del
primo stadio si sposta secondo una linea descritta da pvn = cost (n = 1.08), e, qualitativamente, il
nuovo punto d’ingresso nella seconda turbina sarà il punto B’ e la nuova curva di espansione sarà la
AB’C’. Se le cose cambiano in questo modo, la seconda turbina elabora un salto entalpico H2’
minore, e il primo stadio elabora un salto entalpico maggiore, quindi varierà la velocità d’ingresso
sia del primo stadio sia della turbina seguente, e, di conseguenza, cambiando u/c1, il rendimento
termodinamico diminuirà. Quindi, anche se ∆his resta lo stesso, il rendimento diminuisce.
Il rendimento di regolazione per parzializzazione è più inclinata, quindi il rendimento
globale diminuisce meno. Da notare che G’/G non si annulla in quanto G’ non può scendere al di
sotto di un certo valore, necessario solo per vincere gli attriti e non per generare potenza. Anche se
questo sistema di regolazione è più complicato di una valvola di laminazione, viene usato
spessissimo.
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(Appunti del prof. Laforgia)