Approfondimento bonus 5000 euro bambini

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Approfondimento bonus 5000 euro bambini
5000 EURO NETTI
PER OGNI BAMBINO
FINO A 5 ANNI DI ETA’
Oggi meno di un under 35 su tre (il 29%) ha un figlio. Il tasso di natalità del 2014,
anno in cui in Italia sono nati 509.000 bambini, è stato il più basso della storia della
Repubblica: 8,4 per mille. E anche in numeri assoluti abbiamo toccato il fondo. Dal
1982 il tasso di natalità – che rappresenta il rapporto tra il numero delle nascite e la
popolazione media – non è più salito oltre il 10 per mille, dal 1993 mai oltre il 9 per
mille, quando negli anni Settanta era mediamente sopra il 15per mille. L’ultima volta
che abbiamo superato i 600.000 nati in un anno era il 1983… Per dare un’idea globale, considerate che il tasso di natalità in Gran Bretagna è 12 per mille, Stati Uniti
14 per mille, Turchia 18 per mille (dati 2012).
Avere meno figli è spesso il risultato di incertezza economica, lavoro precario, mancanza di servizi idonei ed efficienti. E infatti la situazione sta rapidamente peggiorando nel sud Italia, dove questi elementi pesano ancora di più sulla scelta di avere figli.
Se vogliamo un’Italia attiva, viva e protagonista nel mondo ci servono giovani,
dobbiamo tornare a fare figli. In questi anni la parola famiglia è stata usata tanto,
talvolta male e a sproposito, come una banderuola da sventolare contro qualcuno e
non per obiettivi costruttivi. Puntare sulla famiglia non significa, infatti, abbarbicarsi
in stravaganti definizioni fini a se stesse, ma far sì che si facciano più figli e quindi
dare a ogni bambino più possibilità.
Oggi in Italia ci sono quattro strumenti di sostegno monetario a favore dei nuclei con
figli: assegno per il nucleo familiare dei Comuni per famiglie con almeno tre figli (nel
2014: 141,02 euro al mese per famiglia di 5 persone); assegno al nucleo familiare
(che varia a seconda del reddito e del numero di componenti della famiglia); detrazioni per coniuge e figli a carico; ulteriore detrazione a partire dal 4° figlio a carico.
[ref 1] A questi strumenti si aggiunge il bonus bebè voluto dall’attuale Governo, pari
a soli 80 euro al mese per 36 mesi.
Si tratta di strumenti non coordinati tra loro, che si basano su criteri non omogenei
(nozione di nucleo familiare, condizioni economiche, etc.), il bonus bebè è addirittura temporaneo (per i prossimi tre anni, poi si vedrà…). Inoltre sono contributi in
denaro, un’uscita diretta per lo Stato che, tuttavia, non ha garanzie sull’effettivo
utilizzo “per” i bambini.
È necessario unificare le iniziative di sostegno, eliminare l’attuale frammentarietà e
inefficienza, garantire che si tratti di strumenti direttamente a vantaggio dei bambini
per dare ai genitori – o futuri genitori – le certezze che oggi mancano.
La proposta
è semplice: Bonus
Bambino 5000x5.
Si tratta di un “buono” di 5.000 euro netti che ogni bambino riceve annualmente, fino
ai cinque anni di età compresi, cioè fino alla fine della scuola materna, senza limiti legati al reddito dei genitori (sul modello francese, per evitare incentivi all’inoccupazione di uno dei coniugi) e con limitazione solo eventuale in relazione all’ISEE famigliare.
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Il buono si può utilizzare esclusivamente per l’acquisto di servizi, pubblici e privati, preventivamente definiti oppure, a scelta del contribuente, essere detratto in toto dalle tasse: asili nido e scuole materne, attività sportive, corsi extra scolastici, campi estivi, servizi
di cura e altri. Tutti indirizzati al benessere, all’educazione e alla crescita dei bambini.
A chi dirà che è follia, che non ci sono i soldi, che è impossibile, rispondiamo dicendo
che a forza di non fare per il futuro di questo Paese ci si è mangiati il futuro stesso
ancora prima che arrivasse. E che l’unico modo per dare futuro all’Italia è investire,
e seriamente, sui bambini. Eliminiamo i contributi attuali, come detto frammentari
e comunque insufficienti, e unifichiamo le risorse da utilizzare per il progetto Bonus
Bambino.
La previsione di un “buono” che può essere utilizzato esclusivamente per servizi per
il bambino, inoltre, presenta molti vantaggi rispetto a un sostegno in denaro: tale
strumento, infatti, avrebbe un impatto proprio sui bambini che vivono in realtà più
svantaggiate, promuovendo e facilitando la frequenza di asili nido o di altre attività
extra-scolastiche. Ciò significa, da un lato, che più bambini potrebbero ricevere stimoli nella prima infanzia, età fondamentale per lo sviluppo cognitivo, e, dall’altro,
più donne potrebbero accedere, se lo desiderano, al mercato del lavoro, garantendo così anche una maggiore sicurezza e stabilità economica della famiglia.
Come rilevato dal rapporto ISTAT “Reddito e condizioni di vita” del 2013, infatti,
sempre più persone in Italia sono a rischio di povertà e le famiglie più in difficoltà
sono quelle con più figli, con più basso livello di istruzione e dove solo un componente della famiglia lavora.
Oggi nascono circa 500.000 bambini all’anno. Prevedendo il bonus da zero a 5
anni compresi (6 anni quindi per ogni bambino), per tutti i bambini, a prescindere dal
reddito famigliare, serviranno 13,75 miliardi annui, che sono ricavabili immediatamente dalla destinazione a questo obiettivo del fondo per gli 80 euro (circa 10 miliardi) e
dalla ridestinazione del coacervo di micro-agevolazioni oggi previste per minorenni a
carico (per quanto concerne la parte destinata ai minori con meno di 6 anni).
Con questa azione miriamo a incentivare nei prossimi dieci anni le nascite, raggiungendo a regime un tasso di natalità del 12 per mille. Spenderemo di più, ma queste
spese sono l’investimento più sensato che dobbiamo fare, perché è l’unico che ci
garantisce futuro.
[1] http://www.inps.it/portale/default.aspx?sID=%3b0%3b&lastMenu=5673&iMenu
=1&p4=2
Note tecniche
aggiuntive
La bassa fertilità delle famiglie italiane è uno dei principali problemi strutturali rispetto allo sviluppo economico futuro. Si tratta di un meccanismo di sgravio fiscale/sussidio indirizzato a spese specifiche ritenute meritevoli, al fine di evitare utilizzi per altre
finalità. Per chi ha redditi sufficientemente elevati (e dunque un debito di imposta
corrispondentemente elevato) il Bonus Bambino 5000 x 5 si può configurare come
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una detrazione di imposta relativa alle spese per l’infanzia di cui sopra, che dunque
diminuisce il carico fiscale. Dall’altro lato, per le famiglie con debito di imposta inferiore al Bonus Bambino si tratta di un sussidio, “un assegno” elargito dallo stato per
sostenere queste spese. Sotto tale profilo (detrazione di imposta/sussidio) il provvedimento ricalca il concetto di imposta negativa sul reddito così come teorizzata
dall’economista Milton Friedman negli anni ’60 del secolo scorso, concetto tuttavia
riadattato a motivo delle finalità specifiche della detrazione/sussidio, ovvero la tutela dell’infanzia e la spinta verso una maggiore fertilità. Si tenga anche presente che
l’utilizzo del Bonus Bambino per finanziare l’accesso ad asili nidi e scuole materne
contribuisce ad affrontare un altro dei problemi strutturali che attanagliano la nostra
società e la nostra economia: la bassa partecipazione delle donne alla forza lavoro
rispetto agli altri paesi sviluppati.
Dal punto di vista delle coperture, l’idea è quella di rimpiazzare lo sgravio fiscale
dei cosiddetti “80 euro” che avvantaggiano una platea non piccola di lavoratori
dipendenti sotto una certa soglia di reddito trascurando altri soggetti meritevoli e
creando un notevole “scalino” vicino alla soglia massima di reddito per poterli ricevere (cioè un rapido riassorbimento dello sgravio al crescere del reddito), così da
indurre effetti disincentivanti sulla volontà di aumentare il proprio reddito sopra la
soglia. Dal punto di vista delle risorse per finanziare questo provvedimento, è necessario potenziare la revisione della spesa pubblica rispetto a quanto previsto dall’ex
Commissario Carlo Cottarelli, per avvicinarla agli ordini di grandezza della spending
review britannica. Per avere un’idea del confronto, si tenga presente che per il 2016
i tagli previsti da Cottarelli (33,9 miliardi di euro) corrispondono al 4,4% della spesa
totale, escludendo gli interessi sul debito, mentre per il 2014/15 la Spending Review
britannica del 2010 prevede tagli superiori al 10% della spesa pubblica totale, sempre escludendo gli interessi.
Bisogna anche tenere presente i margini di flessibilità rispetto al Patto di Stabilità
e Sviluppo, così come precisati dalla Comunicazione della Commissione Europea
del 13/1/2015, i quali fanno riferimento tra l’altro all’implementazione delle riforme
strutturali e alla tempistica sulla diminuzione del deficit di bilancio strutturale in funzione dell’andamento del ciclo economico (http://ec.europa.eu/economy_finance/
economic_governance/sgp/pdf/2015-01-13_communication_sgp_flexibility_guidelines_en.pdf). Le riforme strutturali di ampia portata –se riconosciute come tali dalla
Commissione UE- consentono di discostarsi dello 0,5% di PIL rispetto alla traiettoria
necessaria per raggiungere il cosiddetto MTO (Medium Term Objective, Obiettivo
di Medio Termine) sul deficit pubblico, che per l’Italia corrisponde al pareggio di
bilancio. Lo 0,5% del Pil corrisponde a 8,5 miliardi di euro circa.
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Testo normativo della proposta di legge [NB: si tratta di una bozza indicativa,
ancora da perfezionare e correggere, a puro titolo esemplificativo]
ART.1
Con le modalità di cui all’articolo 2, è disciplinata la possibilità di concedere annualmente ad ogni minorenne da zero a cinque anni di età la corresponsione di voucher
pari ad euro cinquemila per l’acquisto, a favore del minorenne stesso, di servizi di
baby-sitting e di beni anche alimentari e farmaceutici presso soggetti accreditati,
ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei
servizi privati accreditati anche di tipo socio-sanitario a favore del minorenne. Il voucher è corrisposto fino al compimento del quinto anno di età ed è utilizzabile da chi
ne esercita la potestà, nell’esclusivo interesse del minore.
ART. 2
Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti:
a) i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure di cui all’articolo 1;
b) i criteri di ridestinazione delle risorse di cui al successivo articolo 3;
c) il numero dei voucher di cui all’articolo 1, tenuto anche conto, in caso di insufficienza di risorse, dell’indicatore della situazione economica equivalente del nucleo
familiare di appartenenza.
ART. 3
Con il medesimo decreto di cui all’articolo 2, il Ministero dell’economia e delle finanze procede alla ridestinazione ai fini del contributo di cui all’articolo 1 dei fondi
stanziati per agevolazioni fiscali destinate a nuclei famigliari con minorenni fino a
cinque anni di età. Ai fini della copertura degli oneri derivanti dalla corresponsione
del voucher di cui all’articolo 1, inoltre, è abrogato il comma 1-bis dell’articolo 13 del
testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Sono infine abrogate le seguenti norme:
• comma 24 lett. b), comma 25 lett. b) e comma 26 dell’articolo 4 della Legge 28
giugno 2012, n. 92
• comma 125 dell’articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014 n. 190
Onere per
il bilancio
dello Stato
Euro 13,75 mld/anno
Coperture
La copertura della misura è assicurata tramite la ridestinazione dell’importo accantonato per gli 80 Euro (9,5 mld/anno, che si sono dimostrati inefficaci sia in termini
di stimolo dei consumi che come contrasto alle vere emergenze sociali del Paese)
e per il Bonus Bebè (0,6 mld/anno), nonché tramite il riordino dei trasferimenti alle
famiglie (che complessivamente raggiungono l’1% del PIL, ben 16 miliardi di euro)
nella parte relativa ai minori a carico entro i 6 anni d’età.
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