In Moto 8
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In Moto 8
p artire per 8a puntata - www.partireper.it GUAI SERI MA SOLO ALLA MOTO La Transiberiana lascia i suoi segni sulla mia Transalp, la guardo muta a lato della strada e ci vedo solo una moto spenta. Solo dopo tre giorni di attesa sulla strada passa un camion che mi carica Di Gionata Nencini I l 9 Agosto 2005 punto dritto a Novosibirsk, eccitato dalla strada finora coperta e lieto di poter inaugurare la mia prima settimana in Russia. Mi fa compagnia una berlina color fucsia. All’interno tre ragazzi che mi osservano e fanno ciao con la mano. Proprio in quel momento, a 140 Km/h, il lunotto della berlina si stacca e fluttua in aria roteando vertiginosamente nella mia direzione. La sua trasparenza mi confonde, non riesco ad identificarne la traiettoria. La guarnizione nera adesso rotea velocissima in cielo puntando dritta sulla mia testa. E’ una frazione di secondo. Invado l’altra corsia senza controllare l’arrivo di altri veicoli e avverto lo schianto del vetro, frantumatosi a pochi centimetri dal mio stivale destro. Rientro in corsia, focalizzando sul ragazzo seduto sul sedile posteriore. Lui mi fissa agghiacciato e non si muove. Il conducente rallenta e mi lascia passare. Potevo rimanerci secco. Schizzo via senza arrestare la mia corsa e rivivo quegli istanti centinaia di volte finché non mi viene fatto notare dalla segnaletica, che sono arrivato a Novosibirsk e devo esibire i documenti al posto di blocco. Nei pernottamenti siberiani, la temperatura si é abbassata sempre più. Questa tenda da pesca ha uno strato solo e si distingue da quella da campeggio per le due zanzariere su entrambi i lati che permettono all’aria, al gelo ed all’umidità, di infiltrarsi liberamente. Ho con me un telo 2x2 di nylon da posarci sopra, ma non isola a sufficienza. Indosso la tuta, il cap- chi viaggia non ha età Sopra, nelle vicinanze di Ulan Udé. A destra, Gunter, motociclista tedesco di 71 anni, su Honda NTV 650, mentre sotto, dopo un’immagine di un bivacco nella steppa siberiana e della discesa della Transalp in panne dal camion che l’ha caricata, c’è Ian Hibell, inglese di 77 anni che gira il mondo in mountain bike, che prepara la cena per lui e il nostro Gionata pello, gli stivali ed i guanti, ma alle 3 del mattino, puntuale, mi sveglio vinto dal gelo. Resto così nel dormiveglia, raggomitolato nel mio sacco letto fino alle 7, orario in cui le prime luci alzano la temperatura e mi lasciano dormire fino alle 12. Una routine di viaggio totalmente sbagliata. I chilometri si susseguono e così la mia distanza dall’Italia. Tomsk, Krasnoyarsk, Kansk. Sono sopra alla Mongolia adesso, che dista da me solo 3 giorni di guida. Una passeggiata. Fermo ad Irkutz mi assale una forte sensazione di disagio. Devo proseguire. Mi accampo a poche ore di strada, in un parco di periferia. Sotto il mio sacco letto, un serpente si fa spazio fra il terreno e lo strato di tenda su cui dormo. Non porto con me coltelli o armi di difesa. Per proteggermi da animali di grossa stazza o malintenzionati, tengo in tenda con me la chiave del 27 ed il cacciavite a taglio più sottile. Non si sa mai... L’indomani, la vista del lago Baikal mi soprende oltre un’altopiano. La sua visione é spettacolare. Il mio arrivo ad Ulan Udé si preannuncia con uno scenario mozzafiato. Siedo sull’erba del colle, da cui si apre un panorama surreale. Il mondo qui, é racchiuso fra altipiani verde smeraldo, il letto argenteo di un fiume immobile e le nuvole candide che su di esso si riflettono, dando profondità all’orizzonte. Ulan Udé. Un posto di cui non avevo mai nemmeno immaginato l’esistenza e per raggiungere il quale ho percorso 19.000 Km in tre mesi. Arrivarci in aereo deve fare tutto un’altro effetto. Il 16 Agosto 2005 finisce l’asfalto e, in un certo senso, sento che inizieranno anche i problemi. Ho montato, a Cità, il set gomme tassellate che mi porto dietro da 7400 Km. Splende il sole e lo scenario é adesso cambiato. Il sentiero é sassoso e pieno di polveri. Cerco il giusto ritmo di marcia, ma più sono cauto, più la moto sembra incontrollabile. Questi ciottoli mi impediscono di tenere la moto in traiettoria e mi fanno cadere. Provo ad accelerare e con sorpresa, seguito da una mastodontica nube di polveri, sfreccio a 120 Km/h ritto sulle pedane della moto che mangia chilometri di sterrato. La mia corsa contro il tempo continua per altri due giorni. Al terzo, le staffe Kappa sono tutte spezzate (obbligandomi a tenere le borse posteriori ancorate alla moto con fascette e cordame) e i miei Rubli cominciano a scarseggiare. Quella stessa sera, ritto sui pedali di una mountain bike, appare sulla mia via, Ian Hibell. Lui viaggia da mesi come Tim (v. InMoto 10/08), ma ha 77 anni ed é partito dalla Gran Bretagna. L’ennesima conferma che la motivazione al viaggio prescinde dalla preparazione tecnica, dal mezzo su cui ci si sposta e, in questo caso, anche dall’età. E’ all’indomani del mio terzo giorno della terza settimana nel deserto siberiano dell’est, che la moto singhiozza, rallenta e, senza spiegazione, rimane in mezzo al sentiero. Sento il mio entusiasmo sgonfiarsi come una camera d’aria bucata. «No, ti prego, non adesso!» Spingo la moto, la osservo in cerca del guasto. Purtroppo quel che vedo é quello che ci ho sempre visto. Una moto. Ferma. Ho l’ultimo litro d’acqua e nemmeno una scorta alimentare. Il giorno dopo un’auto diretta ad ovest si ferma ed il conducente, vedendomi in difficoltà, mi offre delle provviste. Soltanto il giorno ancora seguente, un camion diretto a Khabarovsk decide di tirarmi in salvo, prendendo a bordo me e la moto. Sono talmente convinto di aver compromesso il mio viaggio in moto, che non riesco neppure a socializzare con i due camionisti. Mi isolo così per tre lunghi giorni leggendo l’unico libro che porto con me: Lo zen e l’arte della manutenione della motocicletta. inmoto 221