Venerdì 8 Giugno 2012

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Venerdì 8 Giugno 2012
Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi
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RASSEGNA STAMPA
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 La Spagna precipita a BBB ...................................................................................... 3
 Bernanke: pronti ad agire se la crisi Ue peggiora ................................................ 4
 Merkel: Unione a due velocità ................................................................................. 5
 Borse in rally sui piani anti-crisi ............................................................................ 6
 Il BTp Italia collocato per 1,7 miliardi ................................................................... 7
 Come investire guardando alla Bce ........................................................................ 8
 «Banche, razionalizzare e tagliare i costi» ............................................................ 9
 Premafin al voto su Unipol UniCredit invita a chiudere ...................................... 10
 Bernanke: «Pronti ad agire se la crisi europea precipita» .................................11
 Il piano della Merkel per l'unione politica «a doppia velocità» ......................... 12
 Banca Network fa crac Fermi i conti di 30 mila clienti ........................................ 13
 «Le Fondazioni presidio di sistema»....................................................................... 14
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Rassegna Stampa del giorno 8 Giugno 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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 Credito d’imposta, edilizia e mini-bond
i paletti della Ragioneria sulle misure ................................................................ 15
 Merkel: “Per superare la crisi serve l’unione politica dell’Europa” ................... 16
 Parte la road map per il bilancio federale
e Angela prova a uscire dal bunker ..................................................................... 17
 Debito, Fitch declassa la Spagna ............................................................................ 19
 Anche la Fed striglia l’Eurozona “La crisi Ue un rischio per gli Usa” ................ 20
 Piano Unipol al cda Premafin Ghizzoni lancia l’ultimatum ................................. 21
UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
“Con la bocca l’empio
rovina il s uo p rossi mo,
ma i giusti si salvano
”
c on la sci e nza .! !
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Rassegna Stampa del giorno 8 Giugno 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: Luca Veronese
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La Spagna precipita a BBB
Fitch toglie tre gradini al rating per i costi dei salvataggi bancari
Il rating della Spagna è stato abbassato ieri di tre livelli da Fitch: la stessa agenzia segnala che potrebbe
decidere ulteriori tagli se dovessero aumentare ancora i costi della ristrutturazione del sistema finanziario
iberico e se la crisi della Grecia dovesse aggravarsi con le elezioni di metà mese. Fitch ha deciso di abbassare la
valutazione sulla solidità della Spagna da A giù fino a BBB, a solo due livelli dall'area speculativa, dal livello
junk, spazzatura. Mettendo il Paese in outlook negativo e preparando quindi altre riduzioni nei prossimi mesi.
I mercati globali non hanno avuto particolari reazioni di fronte alla mossa di Fitch. Ieri inoltre - anche sull'onda
dell'asta positiva (almeno nella domanda) del Tesoro di ieri mattina - lo spread tra i rendimenti dei titoli del
debito spagnoli con scadenza a dieci anni e i bund tedeschi è sceso a 472 punti base, venti in meno di mercoledì
e quasi ottanta in meno rispetto ai massimi della scorsa settimana.
Fitch ha ora su Madrid il rating più basso tra le tre grandi agenzie: la Spagna entrata nella crisi con la tripla A è
valutata BBB+ da Standard&Poor's che è intervenuta sul giudizio alla fine di aprile, mentre Moody's da
febbraio non ha più modificato il suo A3. Fitch collega la solidità della Spagna alle gravi difficoltà delle sue
banche e ai costi per il bilancio pubblico derivanti dalla ristrutturazione dell'intero sistema bancario (ieri al
vertice del Banco de Espana è stato nominato Luis Maria Linde, al posto di Miguel Angel Fernandez Ordonez,
in rotta con il Governo dopo il crack di Bankia): per l'agenzia francese il Governo sarà costretto a intervenire
con almeno 60 miliardi di euro, una cifra che vale circa il 6% del Pil e più del doppio di quanto previsto in una
prima fase. Ma i costi potrebbero salire fino a 100 miliardi di euro se lo scenario internazionale si dovesse
aggravare. Lo sforzo per arrivare a un riassetto delle banche - spiega Fitch - potrebbe far salire il debito
pubblico spagnolo fino al 95% del Pil nei prossimi tre anni. E la fase di recessione dell'economia spagnola
potrebbe prolungarsi per tutto il 2013.
La «drammatica» erosione del profilo di credito della Spagna - prosegue Fitch - «riflette in parte errori politici a
livello europeo che hanno aggravato i problemi economici e finanziari del Paese»: il rating rimane ancora su
livelli di investment grade grazie a «un'economia diversificata e a una stabilità politica e sociale» mantenuta
nonostante «la disoccupazione molto alta»; oltre che «all'impegno del Governo ad attuare riforme strutturali».
Per l'agenzia tuttavia il ristretto spazio di manovra fiscale non consentirà alla Spagna di intervenire con
decisione per ricapitalizzare le banche rendendo necessario «un sostegno finanziario esterno». Il premier
Mariano Rajoy ieri è tornato a ripetere che «ogni decisione su come dovrà essere aiutato il sistema finanziario
spagnolo verrà presa solo quando saranno ultimate le analisi sulla reale situazione dei bilanci delle banche».
Oggi il board del Fondo monetario internazionale discuterà i risultati della ricognizione sull'economia spagnola
e sul fabbisogno di ricapitalizzazione delle banche iberiche: secondo le prime anticipazioni nella situazione
attuale l'Fmi stima un intervento di 40 miliardi destinati a 10 banche; mentre in caso di forte recessione
servirebbero fino a 80 miliardi di euro.
Madrid potrebbe non avere la forza necessaria a sostenere un'operazione così ampia. Per questo l'Unione
europea sta definendo un piano di salvataggio "morbido", con un prestito diretto al Frob, il fondo pubblico di
sostegno alle banche, e non al Governo: evitando così a Rajoy l'onta di chiedere l'aiuto internazionale come
Stato sovrano e quindi di dover accettare il risanamento e le riforme imposte da Ue e Fmi. «La Spagna finora
non ha avanzato alcuna richiesta di aiuto finanziario ma se lo farà sarà aiutata», ha detto il presidente
dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker.
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SCENARIO NEGATIVO
La pagella spagnola è di due soli livelli al di sopra del grado «spazzatura»Il debito pubblico
salirà al 95% del Pil in tre anni
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di Marco Valsania
Bernanke: pronti ad agire
se la crisi Ue peggiora
NEW YORK
Venti contrari soffiano sull'economia americana. E i più forti soffiano da oltreatlantico, da una bufera in Europa
«che frena le nostre esportazioni, pesa sulla fiducia di consumatori e aziende e tiene sotto pressione mercati e
istituzioni finanziarie». Conscio delle incognite sollevate dal Vecchio continente – sommate a sfide domestiche
su bilancio e debito - Ben Bernanke ha promesso che la Federal Reserve non resterà a guardare: è «pronta ad
agire» per fare i conti con «escalation delle tensioni» e fragilità della ripresa.
«La situazione europea - ha detto il governatore della Fed nella testimonianza semestrale alla Commissione
economica congiunta del Congresso - crea significativi rischi per il sistema finanziario e l'economia degli Stati
Uniti e deve essere attentamente monitorata». I leader del Vecchio continente hanno fatto passi avanti, che però
non sembrano ancora sufficienti a risanare le banche e tracciare un «credibile quadro fiscale per l'Eurozona».
Un appello ad alzare il tiro contro la crisi, quello di Bernanke, che si affianca a simili inviti rivolti all'Europa in
questi giorni dal presidente Barack Obama e ribaditi ieri sera dal portavoce della Casa Bianca, Jay Carney.
Anche se il governatore non ha dimenticato l'esistenza di seri problemi tutti americani: ha chiesto a deputati e
senatori di mettere a fuoco un cammino fiscale «sostenibile» in patria pur evitando eccessive strette sul budget.
A fine anno, in mancanza di decisioni congressuali, potrebbero scattare automaticamente aumenti d'imposta e
tagli di spesa.
Ma se prepara nuove offensive, Bernanke non ha svelato quali misure d'emergenza potrebbe adottare, né ha
indicato che siano imminenti. Una cautela che rende improbabile quantomeno una drastica mossa al prossimo
vertice di politica monetaria del 19 e 20 giugno. Il governatore si è limitato a far sapere che «nessuna opzione
viene esclusa». Le ipotesi in discussione comprendono scelte minimimaliste, da un rafforzamento dell'impegno
a mantenere il costo del denaro a zero a un'estensione di Operation Twist, che si concluderà a fine mese dopo
aver reinvestito 400 miliardi di proventi da titoli a breve in bond federali a scadenza più lontana per tenere bassi
i tassi a lunga. Come pure ben più aggressivi interventi di Quantitative Easing: un ampliamento, il terzo dal
2008, del portafoglio della Fed attraverso acquisti di bond, sia titoli del Tesoro che obbligazioni garantite da
mutui. Lo stesso Bernanke ha definito i 2.300 miliardi dei passati QE un successo ma ha ammonito che in
futuro «i risultati potrebbero essere minori». John Praveen, chief strategist di Prudential International, ritiene
che Bernanke abbia utilizzato «toni equilibrati, lasciando presagire piccole piuttosto che grandi manovre, quali
una continuazione di Operation Twist per 3 o 6 mesi, salvo nuovi traumi anzitutto europei». Praveen avverte
tuttavia che la Fed vorrà anticipare i tempi di qualunque intervento entro agosto, per non essere coinvolta nelle
elezioni di novembre.
Le prese di posizione a favore di nuovi passi senza troppi indugi si sono moltiplicate, nelle ultime ore, dentro la
Banca centrale. Tre esponenti del board si sono spinti più in là di Bernanke: la sua vice, Janet Yellen, ha
sostenuto che la Fed può intervenire a scopo precauzionale, come assicurazione contro shock e in aiuto a una
crescita inadeguata che non crea occupazione. «Abbiamo margini per ulteriori politiche di stimolo», ha detto. I
responsabili delle sedi di Atlanta, Dennis Lockhart, e San Francisco, John Williams, hanno a loro volta citato
l'aggravarsi del contagio europeo e evocato nuove azioni. Lockhart ha ipotizzato l'estensione di Operation
Twist. E Williams ha chiarito che paralisi del mercato del lavoro e un'inflazione nettamente sotto il target del
2% imporrebbero «addizionali misure accomodanti».
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L’ALLARME DELLA FED
La bufera oltreoceano«frena il nostro export, pesa sulla fiducia dei consumatori, tiene sotto
pressione i mercati»
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
Dal nostro corrispondente: Alessandro Merli
Cancelliere favorevole a un'integrazione politica con i Paesi che vogliono aderire
Merkel: Unione a due velocità
FRANCOFORTE.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel spinge sull'integrazione europea, anche politica, e da realizzare, se
necessario, procedendo «a due velocità», ma tiene, come sempre, ad abbassare le aspettative che il vertice
europeo di fine giugno possa risolvere la crisi «dalla sera alla mattina». Il capo del Governo tedesco non ha
però indicato alcuna misura urgente per far fronte all'emergenza della Grecia e alle difficoltà del sistema
bancario spagnolo, se non affermare che «siamo pronti a usare tutti gli strumenti a disposizione», un segnale di
disponibilità, anche se finora la Germania non ha aperto né sull'uso dei fondi europei per finanziare
direttamente le banche spagnole, né tanto meno sugli eurobond.
Intanto, in Germania, si avvicina la ratifica del patto fiscale europeo, con l'intesa fra Governo e opposizione su
una tassa sulle transazioni finanziarie, ma non sul "fondo di riscatto del debito", sorta di eurobond alla rovescia
proposto dai consiglieri economici della signora Merkel e su cui finora il Governo è apparso contrario.
In un'intervista di ieri mattina alla televisione, dopo aver visitato la sera prima la nazionale di calcio che a
Danzica si prepara al debutto agli Europei, il cancelliere ha dichiarato che l'Europa ha bisogno non solo
dell'unione monetaria, ma di un'unione fiscale e, soprattutto, politica. «Dobbiamo, passo dopo passo, cedere più
poteri all'Europa», ha detto. Un'idea dell'integrazione che risulta ostica a diversi partner, a partire dalla Francia.
E con l'affermazione che «si può procedere a due velocità, lasciando che chi vuole vada avanti, come già
avvenuto con l'unione monetaria e l'accordo di Schengen» sull'apertura delle frontiere, la signora Merkel ha
sposato un approccio che certo non avrà fatto piacere all'ospite che doveva incontrare poche ore dopo, il primo
ministro britannico David Cameron. Contrario a una maggior integrazione europea e schierato apertamente in
questi giorni a fianco del presidente americano Barack Obama nel sollecitare l'Eurozona a fare di più per
risolvere la crisi. Sono lezioni che il leader tedesco accetta malvolentieri, anche se poi, in una conferenza
stampa congiunta, si è trovata d'accordo con il suo collega di Oltremanica nell'affermare che il fiscal compact è
condizione necessaria, ma non sufficiente per avviare a soluzione la crisi.
Il Governo tedesco ha dato qualche segno di apertura in vista del vertice europeo di fine mese, ma la signora
Merkel ha ribadito la sua posizione di sempre, che non basta un vertice, ma che per uscire dalla crisi «ci
vorranno anni. La gente deve avere pazienza». E ha ribattuto alle accuse di mancanza di solidarietà nei
confronti della Grecia, sottolineando che Atene ha ricevuto aiuti per una volta e mezzo il proprio reddito
nazionale e che persino il piano Marshall nel dopo guerra non rappresentò che il 3% dell'economia europea. È
più importante, secondo il cancelliere, la volontà dei greci nel mettere in atto i programmi concordati in cambio
degli aiuti. Il che appare in dubbio in vista delle elezioni del prossimo 17.
Sul fronte interno, si avvicina la ratifica del fiscal compact e del fondo salva-Stati permanente Esm, prevista
entro il 6 luglio, e che richiede una maggioranza dei due terzi in entrambi i rami del Parlamento e quindi un
accordo con le opposizioni. Ieri il Governo ha accettato la condizione di socialdemocratici e verdi di andare
avanti con una tassa sulle transazioni finanziarie in Europa, anche se dovessero aderire meno di 17 Paesi, la
soglia inizialmente fissata dall'Esecutivo. Per ora, il Governo è apparso invece irremovibile sul fondo di riscatto
del debito, che metterebbe in comune il debito dei Paesi dell'Eurozona eccedente il 60% del prodotto interno
lordo (circa 2.300 miliardi di euro) per estinguerlo nel giro di 20-25 anni. L'opposizione avrebbe deciso per il
momento di non insistere su questo punto.
SULLA STESSA LINEA
Incontro a Berlino con il premier britannico: il fiscal compact necessario ma non sufficiente
per risolvere la crisi
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*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: Luca Davi
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Borse in rally sui piani anti-crisi
Fed, Bce e taglio dei tassi in Cina spingono i listini - Spread BTp-Bund stabile
La Banca centrale cinese fa correre le borse, quella americana dà un colpo di freno. Ma a fine giornata il
risultato è comunque positivo, tanto che gli indici chiudono con il segno più nel Vecchio continente e
proseguono la striscia positiva avviata alla fine della scorsa settimana. In giornata Milano è salita dello 0,88%,
Francoforte dell0 0,82%, Parigi dello 0,42%, Londra dell'1,18%. Sulla performance, va detto, non ha pesato il
downgrade del rating sovrano della Spagna (abbassato da Fitch di tre gradini, da A a tripla B), visto che è
arrivato a mercati chiusi. Ma è anche vero che dove gli scambi erano attivi, come a Wall Street, la reazione è
stata controllata, tanto che l'S&P 500 ha chiuso la seduta stabile (-0,01%).
Si capirà insomma oggi se la decisione dell'agenzia di rating produrrà strascichi negativi sui panieri europei.
Certo è che il barometro dei mercati da qualche giorno sembra virare un po' più verso il sereno. I motivi sono
diversi. Anzitutto tra gli operatori sta maturando la convinzione che i policy maker europei stanno adoperandosi
per predisporre un piano salva-euro di ampio respiro da presentare al Consiglio europeo del 28-29 giugno. In
secondo luogo, c'è il sentore che il salvataggio della banche spagnole – gravate da un'esposizione verso il
mercato immobiliare da oltre 300 miliardi di euro – è pronto a scattare. Ma a dare l'intonazione positiva ai
mercati in giornata è stata soprattutto la mossa a sorpresa della Banca popolare cinese che per la prima volta dal
2008 ha tagliato i tassi sui rifinanziamenti alle banche, riducendoli dello 0,25% al 6,31%. Una decisione che
certifica i rischi del rallentamento economico del Paese orientale ma conferma anche come Pechino voglia
avviare un allentamento monetario che dovrebbe dare fiato agli investimenti e quindi ai consumi. Di questo le
borse sono consapevoli: per questo la reazione a metà giornata è stata positiva, con rialzi sostenuti su tutti i
mercati e un calo sui costi dei titoli di Stato periferici, Italia inclusa.
A raffreddare un po' gli entusiasmi ci ha invece pensato nel pomeriggio il presidente della Fed. In questo caso
gli investitori si attendevano chiari segnali di una volontà di intervento sul mercato monetario, ma Ben
Bernanke ha deluso le attese: nessun intervento immediato, nessun dettaglio sulle iniziative pronte nel cassetto.
Ma solo la promessa che la Fed è pronta ad attuare misure espansive, qualora il quadro economico dovesse
peggiorare. Per i mercati è stata una mezza doccia fredda. Un po' come accaduto a inizio mattinata, quando lo
spread italiano è salito temporaneamente (a fine seduta chiudeva a quota 433 dai 434 del giorno precedente)
dopo l'esito delle aste spagnole. Madrid ha collocato infatti 2,074 miliardi di Bonos (sopra i 2 miliardi previsti)
ma con rendimenti in forte rialzo. Il bond 2016, ad esempio, ha visto passare i rendimenti al 5,353% dal 4,319%
dell'asta precedente. Più solida invece la risposta di Parigi, che ha piazzato 7,8 miliardi dai 10 ai 50 anni con
tassi ai minimi record.
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L’UMORE DEI MERCATI Si diffonde la convinzione che il piano salva–banche iberiche è
pronto e che a fine giugno l'Europa darà una risposta alla crisi
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
Tasso reale annuo al 3,55% (come il minimo garantito), il boom della prima emissione sfuma
Il BTp Italia collocato per 1,7 miliardi
MILANO
Il secondo collocamento del BTp Italia si chiude a sorpresa con un tasso reale annuo identico al tasso minimo
garantito comunicato in avvio dell'operazione, lo scorso primo giugno: 3,55 per cento. Il Tesoro ha così
sfruttato il miglioramento dei mercati avvenuto nelle ultime sedute per avvicinare il rendimento del nuovo titolo
a quello già in circolazione, ieri al 3,33 per cento.
Per quanto riguarda i volumi, il ministero dell'Economia al termine del collocamento ha comunicato di avere
raccolto sottoscrizioni per 1,738 miliardi di euro, pari a 44.688 contratti conclusi sul MoT (il Mercato
Telematico delle Obbligazioni e Titoli di Stato di Borsa Italiana) attraverso Banca IMI e BNP Paribas.
Superata, quindi, la soglia critica dell'1,5 miliardi di euro, ma il totale resta distante dalla cifra di 7,3 miliardi
collocata con il primo BTp Italia.
Il Tesoro non si aspettava di replicare questi volumi, soprattutto per le peggiorate condizioni dei mercati
finanziari rispetto a marzo e per le scadenze che la clientela retail deve sostenere in queste settimane,
soprattutto le scadenze fiscali. Dopo una partenza lenta nel primo giorno di collocamento con 218 milioni di
euro, l'ultimo giorno ha raccolto ordini per 762,8 milioni di euro, non molto distante da quanto raccolto nei tre
giorni per 975,6 milioni di euro.
Secondo le prime stime, il nuovo BTp Italia è stato sottoscritto per il 65-70% dal retail e per il 30-35% dagli
investitori istituzionali sia italiani sia esteri tra cui private banking e gestioni patrimoniali. Per il titolo a 4 anni
indicizzato all'indice Foi (indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati) al netto dei
tabacchi, che ha godimento 11 giugno 2012 e scadenza 11 giugno 2016, gli interessi saranno pagati in due
cedole semestrali.
Se confrontato al BTp indicizzato all'inflazione europea, scadenza settembre 2016 e rendimento al 4,45%, il
nuovo titolo ha una struttura del l'indicizzazione diversa in quanto legata all'inflazione italiana calcolata ogni sei
mesi e può contare su un floor che gli consente di evitare che i rendimenti scendano in territorio negativo.
Come nella prima emissione, il premio fedeltà pari allo 0,40% è garantito a chi deterrà il titolo fino alla
scadenza che equivale a 10 punti base in più ogni anno. «È probabile che dopo queste prime due emissioni, il
Tesoro prosegua con nuovi collocamenti per costruire una curva con più scadenze», ha commentato Stefano
Fassone, responsabile del desk bond syndicate di Banca Imi. La prossima emissione potrebbe arrivare tra
settembre e novembre.
La volatilità dei mercati continua a rendere nervosi gli operatori in attesa delle prossime scadenze dalle elezioni
in Grecia, agli sviluppi delle tensioni sui paesi dell'area euro. In pochi giorni lo spread tra il BTp e il Bund del
titolo decennale è passato da 445 centesimi di lunedì a 433 di ieri, un restingimento che ha coinvolto anche i
rendimenti degli altri paesi periferiferici. Le parole del presidente della Bce Mario Draghi sul sostegno al
sistema bancario ha rasserenato gli operatori che hanno letto le dichiarazioni come un'assicurazione sul
l'intervento dell'autorità monetaria in caso di evoluzioni traumatiche.
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PRUDENZA I risparmiatori trovano il titolo attraente, ma il clima congiunturale e
finanziario frena l'entusiasmo: il record di 7,3 miliardi resta lontano
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: Maximilian Cellino
Come investire guardando alla Bce
Le mosse sui possibili tre scenari: taglio tassi, Ltro e riacquisto titoli di Stato
La Banca centrale europea (Bce) ha tirato dritto per la propria strada e non ha dato ascolto a quanti le
chiedevano a gran voce un ulteriore taglio dei tassi di interesse, né ha voluto adottare nuove misure
straordinarie di politica monetaria. La sensazione che si è potuta ricavare due giorni fa dalle parole pronunciate
di fronte ai giornalisti dal presidente Mario Draghi è che l'intervento sia in fondo soltanto rimandato. Già a
luglio, secondo quanto sostengono gli analisti, Francoforte potrebbe premere nuovamente il piede
sull'acceleratore in caso di necessità (cioè se la situazione per Grecia e probabilmente per le banche spagnole
dovesse precipitare) dando fondo al proprio arsenale.
Una riduzione del costo del denaro dall'1% allo 0,75%, l'adozione di nuove operazioni di rifinanziamento a
lungo termine (Ltro) per le banche e la ripresa del programma di riacquisto dei titoli di Stato (Smp) sono in
ordine decrescente di probabilità assegnata dagli analisti le azioni che la Bce potrebbe intraprendere in un
futuro non troppo lontano. E sono anche mosse destinate ad avere riflessi più o meno immediati sui
risparmiatori, sui loro debiti o sui loro investimenti. Attendersi grandi cambiamenti sarebbe tuttavia illusorio,
perché l'impatto delle misure è evidentemente attutito dal fatto che, in tutti e tre i casi, già molta strada è stata
fatta.
Prendiamo l'Euribor, per esempio: il valore al quale sono legati i mutui a tasso variabile è già da tempo
ampiamente al di sotto dell'1% del costo del denaro fissato a Francoforte. Una riduzione del tasso ufficiale
potrà provocare un'ulteriore limatura (in teoria 25 punti base in meno possono significare un risparmio medio di
110 euro all'anno per ogni centomila euro presi a prestito) dei pagamenti, ed è ovvio che più la politica
monetaria diventa espansiva e più lungo sarà prevedibilmente il periodo in cui ci si potrà avvantaggiare di rate
«leggere».
Ma è altrettanto evidente che il beneficio marginale resta tutto sommato limitato e che ben altre difficoltà deve
affrontare chi invece un mutuo lo deve stipulare. Questi si trova infatti di fronte al collo di bottiglia del «credit
crunch» e a costi (cioè spread) molto più elevati: problemi che la Bce non può risolvere nell'immediato, né
agendo sulla leva dei tassi, né mettendo in campo le armi non convenzionali. Queste ultime, cioè l'estensione
delle aste Ltro e la ripresa dell programma Smp, possono in teoria alleviare in via diretta o mediata le difficoltà
del sistema finanziario, ma la loro efficacia resta ancora tutta da dimostrare.
Certo, una nuova ondata di riacquisti di titoli di Stato italiani per mano dell'Eurotower finirebbe inevitabilmente
per far salire di prezzo quei bond di cui molti risparmiatori si sono riempiti i portafogli. Si tratterebbe però con
tutta probabilità di un impatto limitato nel tempo. Così come altrettanto effimero (e tutto da verificare) si
potrebbe rivelare l'effetto favorevole di un acquisto di BoT e BTp da parte delle banche nel caso queste
decidessero di destinare a tale finalità il denaro a basso prezzo ricevuto dalla Bce. Del resto l'obiettivo primario
della Banca centrale resta evitare il collasso del sistema finanziario, non creare facili opportunità di guadagno
per gli investitori. Per raggiungere la meta, però, la strada è ancora lunga e piena di ostacoli.
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IMPATTO LIMITATO
L’introduzione di nuove aste a lungo termine per le banche e la riattivazione dell'Smp
potrebbe avere effetti solo a breve termine su BoT e BTp
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
Dal nostro inviato Rossella Bocciarelli
Credito. Il presidente del Consiglio Monti è intervenuto sull'Europa: «Occorre lavorare a
una unione bancaria, che dovrebbe essere chiamata unione finanziaria»
«Banche, razionalizzare e tagliare i costi»
Il monito di Saccomanni (Bankitalia): superare il modello federale - Bazoli: è un'opzione,
non una regola
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PALERMO.
«Sono fiducioso: attraverso i contatti di queste ore sta emergendo il senso di urgenza del prendere decisioni
difficili e importanti che facciano evolvere la costruzione comune». Parla di Europa il presidente del consiglio
Mario Monti e lascia intendere che finalmente qualcosa si sta muovendo rapidamente sotto l'incalzare della
doppia crisi del debito sovrano e delle banche che adesso minaccia di travolgere la Spagna. Qui al congresso
delle fondazioni di origine bancaria Monti che ieri ha parlato collegandosi in video conferenza è stato accolto
con grande calore e il presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti ha ricordato che il padre dell'attuale presidente del
consiglio era direttore generale della Cariplo e stretto collaboratore di Giordano Dell'Amore. Monti dal canto
suo, ha ringraziato ricordando il ruolo importante giocato dalle fondazioni in rapporto all'obiettivo dell'aumento
del capitale sociale e a quello dello sviluppo citando iniziative come la costituzione della Fondazione "Con il
sud" o l'azione nel campo delle infrastrutture di F2I. Poi, ha preso di petto il "che fare" di qui al 28 giugno, data
vertice Ue decisivo per la sopravvivenza dell'Euro: «Occorre lavorare a una unione bancaria, che dovrebbe
essere chiamata unione finanziaria, per togliere la lente unicamente dal settore bancario». Serve secondo il
premier una strategia che «permetta una sorveglianza più integrata sul sistema finanziario» oltre a un sistema
europeo di garanzia dei depositi bancari e un sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Servono meccanismi
per garantire la stabilità bancaria con forme che coinvolgano meno i debiti pubblici. Monti cita Tommaso
Padoa- Schioppa, che ebbe molta lungimiranza nell'indicare la necessità di creare questi meccanismi e cita
anche un altro predecessore al Tesoro, Giulio Tremonti ( anch'egli relatore al convegno Acri) per aver proposto
gli eurobond.
Di Europa parla anche il vicedirettore della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni: «E' facile, dall'esterno–
osserva Saccomanni– dare giudizi negativi sui modi e sui tempi con cui l'Unione Europea ha fronteggiato la
crisi: Non si tiene nel giusto conto che si sono dovuti perseguire due obiettivi, ugualmente necessari ma non
sempre facilmente conciliabili: quello di dare certezza ai mercati sulla volontà di preservare la moneta unica e
quello di evitare l'azzardo morale che la disponibilità di robuste reti di sicurezza inevitabilmente genera». Ma
ieri Saccomanni si è rivolto anche al mondo delle fondazioni e a quello delle banche. Alle prime ha
riconosciuto che la loro presenza nel capitale bancario è positiva per la stabilità del sistema. «Anche nell'attuale
contesto di mercato, eventuali interventi normativi diretti a favorire una maggiore diversificazione degli
investimenti non dovrebbero mettere in discussione la possibilità di continuare a svolgere il loro ruolo di
investitori istituzionali in questo importante segmento del sistema finanziario». Quanto alle banche,
Saccomanni ha esortato le grandi aziende nate dalle ultime aggregazioni a concludere senza indugi il processo
di «assimilazione» delle concentrazioni per tagliare i costi e aumentare l'efficienza del sistema. «Devono essere
prese in considerazione anche opzioni che prevedano il superamento del modello federale». Il numero due di
via Nazionale ha poi suggerito di completare «interventi di razionalizzazione delle reti distributive e delle
società partecipate, in modo da eliminare sovrapposizioni territoriali e duplicazioni operative che, talvolta,
danno luogo anche a fenomeni di impropria «concorrenza infragruppo». Interessi di tipo localistico -ha
sottolineato - non possono e non devono costituire un ostacolo alla realizzazione di tali interventi». La
sollecitazione di Banca d'Italia è stata poi commentata dal presidente di Intesa San Paolo, Giovanni Bazoli:
«Per le grandi banche – ha affermato – la rinuncia al modello federale per ridurre i costi non può essere una
regola generale. Credo Saccomanni l'abbia indicata come un'opzione. Se invece si dimostra che non occorre...».
IL PREMIER
«Serve una sorveglianza più integrata sul sistema finanziario, la garanzia sui depositi bancari e un sistema
di risoluzione delle crisi»
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: Carlo Festa
Assicurazioni. Oggi il consiglio della holding per l'approvazione dei concambi
Premafin al voto su Unipol
UniCredit invita a chiudere
Ghizzoni: «Fosse necessario, escuteremo la quota in pegno»
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Rassegna Stampa del giorno 8 Giugno 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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L'offerta di Unipol per l'integrazione con Fonsai arriva sul tavolo del consiglio di amministrazione di Premafin,
la holding di controllo della famiglia Ligresti: un Cda che si prennuncia dunque decisivo per la realizzazione
del matrimonio.
Mercoledì scorso il cda di Unipol, guidato dall'ad Carlo Cimbri, ha accettato la proposta di concambi arrivata
da Fonsai e accolto la struttura: con i bolognesi al 61%, Fonsai al 24,745%, Milano al 10,7% e Premafin allo
0,85. Il via libera di Unipol riguarda tuttavia le sole azioni ordinarie e non quelle votanti, il che nel caso di
Fonsai porta il valore del concambio sopra il 62 per cento. Unipol ha messo sul piatto anche altri paletti che
saranno vagliati dai Cda Fonsai e Milano di lunedì e da quello Premafin di oggi: in primo luogo é stata respinta
l'idea di un'attribuzione agli azionisti Fonsai delle plusvalenze immobiliari future della stessa compagnia, in
secondo luogo, Ugf ha proposto un'opzione put&call per cinque anni per limitare gli effetti negativi della
partecipazione in Unipol Banca nei conti del nuovo agglomerato; in terzo luogo, Unipol ha escluso la fusione in
Fonsai delle controllate Finadin, Sai Holding e Fonsai Nl come invece era stato proposto dalla stessa Fondiaria.
Infine, come da proposta Consob, viene chiesto ai Ligresti di rinunciare al diritto di recesso e di far decadere gli
impegni di manleva assunti in precedenza da Ugf verso gli amministratori e i sindaci di Premafin e delle società
da questa controllate. Resta da capire se la nuova versione della fusione troverà o meno consensi oggi nel cda
della holding dei Ligresti e lunedì nei consigli di Fonsai e Milano Assicurazioni: non mancano gli operatori che
esprimono dubbi sulla volontà di accettare le nuove condizioni del gruppo emiliano.
Di sicuro il tempo per il salvataggio sembra in scadenza. Il termine dell'11 giugno è stato indicato da Unipol per
l'accettazione da parte della famiglia Ligresti dell'ultima proposta sull'aggregazione. Anche il mondo bancario è
in attesa. L'Ad di UniCredit, Federico Ghizzoni, riferendosi alla quota Fonsai di Premafin data in pegno alle
banche creditrici, ha spiegato che «se sarà il caso, escuteremo la quota in pegno, poiché non possiamo aspettare
in eterno». E così pure le Authority attendono l'esito dei Cda di questi giorni. Giovanni Pitruzzella, presidente
dell'Antitrust, ha spiegato di «aver inviato all'Isvap, che ci dovrà dare il suo parere, le carte relative
all'operazione nelle quali c'è un apprezzamento complessivo, non sui singoli punti, per gli impegni presentati
dalle parti dopo il nostro intervento». Senza dimenticare gli altri potenziali acquirenti alternativi a Unipol, cioè
Sator e Palladio, che stanno a guardare, pronti a formulare una nuova proposta nel caso l'operazione
naufragasse.Uno dei nodi sarà la valutazione, sulle nuove condizioni proposte da Unipol, dei membri
indipendenti dei Cda Fonsai, il cui voto secondo quanto disposto dalla Consob è vincolante per il via libera alla
fusione. Il pallino passa ai tre "indipendenti Salvatore Bragantini, Salvatore Militello e Roberto Cappelli. Il
primo si è già espresso in modo negativo sul piano precedente, facendo mettere a verbale le ragioni del suo
dissenso. Per l'esito finale saranno dunque fondamentali i voti degli altri due consiglieri indipendenti: una scelta
difficile, perché una bocciatura del piano potrebbe aprire la strada a un commissariamento della compagnia
milanese.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi
Bernanke: «Pronti ad agire
se la crisi europea precipita»
L'allarme della Fed. E Fitch declassa il debito spagnolo
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Rassegna Stampa del giorno 8 Giugno 2012
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NEW YORK — La Federal Reserve è pronta a intervenire con ulteriori misure a sostegno dell'economia Usa se
le condizioni congiunturali peggioreranno di nuovo, come vari indicatori fanno temere. Ma per adesso
l'elicottero di Ben Bernanke non decolla. Soprannominato «helicopter Ben» perché una volta suggerì che
sarebbe meglio inondare l'America di liquidità buttando soldi dagli elicotteri piuttosto che lasciarla soccombere
in una depressione, il capo della Banca centrale Usa ieri, convocato dal Congresso per un «hearing», ha
preferito accantonare i piani monetari d'emergenza (che, pure, esistono). Ha, invece, lanciato un appello ai
politici: fate la vostra parte per sostenere l'economia e affrontare il problema del debito pubblico perché non
sarà l'autorità monetaria a togliervi le castagne dal fuoco.
Nel giorno in cui l'agenzia Fitch ha ridotto il «rating» della Spagna (da A a BBB), ha avvertito che il
salvataggio delle banche iberiche potrebbe costare fino a 100 miliardi di euro e non i 30 ipotizzati fin qui e ha
minacciato un ulteriore «downgrading» degli stessi Stati Uniti se non verrà affrontato il nodo del debito
pubblico, Bernanke si è concentrato su due messaggi: l'America cresce ancora, ma troppo poco soprattutto per
colpa della crisi europea che comprime l'export Usa, fa calare la fiducia delle imprese e dei consumatori su tutte
e due le sponde dell'Atlantico e mette sotto stress banche e mercati finanziari.
Secondo messaggio: la Fed dispone ancora di diversi strumenti monetari per affrontare le emergenze, ma
adesso tocca al Congresso muoversi, disinnescando la mina debito con azioni di lungo periodo, mentre nel
breve bisogna evitare che la scadenza simultanea a fine anno di una serie di incentivi e «sconti» sul prelievo
tributario produca il cosiddetto «fiscal cliff»: tagli di spesa e aumenti delle tasse che sottrarrebbero
all'improvviso all'economia reale un volume di risorse pari al 3-5 per cento del Pil. Un fenomeno che farebbe
scivolare gli Stati Uniti in una nuova recessione, ha sentenziato il capo della Fed.
Il messaggio non ha entusiasmato i mercati, che nei giorni scorsi si erano convinti, sulla base degli interventi di
tre autorevoli esponenti della Fed, che la Banca centrale è pronta a muoversi di nuovo. Ma non ci sono state
nemmeno reazioni troppo negative (la Borsa ha guadagnato lo 0,3%): Bernanke non poteva fare annunci
anticipando la riunione del «board» della Fed che si terrà a Washington la prossima settimana, subito dopo il G20 in Messico e le elezioni greche. Secondo Mohamed El-Erian, amministratore delegato di Pimco, il più
grosso fondo obbligazionario del mondo, Bernanke ha scelto di seguire l'esempio del suo «dirimpettaio» Mario
Draghi, il capo della Banca centrale europea, che nei giorni scorsi ha usato termini insolitamente duri nel
richiamare le autorità politiche della Ue a rimboccarsi le maniche anziché aspettare che siano i banchieri
centrali dell'Eurotower a risolvere i problemi del Continente.
El-Erian è comunque convinto che, con l'Europa in recessione e l'economia americana che sta rallentando come
quelle degli altri «motori» mondiali (Cina e Brasile) e della Russia, la Fed si prepara a scendere in campo. Gli
fa eco Bill Gross, il fondatore di Pimco, che dà al 60 per cento le possibilità che Bernanke dia il via a
un'ulteriore fase di «quantitative easing», acquistando titoli e immettendo altra liquidità nel sistema. Tre
membri del «direttorio» (la vicepresidente Janet Yellen e i capi della Fed di Atlanta e San Francisco) si sono già
esposti in questo senso. Ma Bernanke è più prudente: sa che l'istituto è diviso (i governatori conservatori sono
contrari) e che intervenire a pochi mesi dal voto lo esporrà all'accusa della destra di voler aiutare Obama.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Paolo Lepri
Il piano della Merkel
per l’unione politica
«a doppia velocità»
No alle richieste di Parigi sulla crescita
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Rassegna Stampa del giorno 8 Giugno 2012
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BERLINO — Anche al vertice dell'Unione Europea di fine giugno ci vorrà quel «pizzico di fortuna» che
Angela Merkel ha augurato alla nazionale di calcio tedesca facendole una rapida visita a Danzica. Ma una cosa
è certa, non basteranno nemmeno i tempi supplementari. La cancelliera, guardando al futuro, presenterà a
Bruxelles un «piano di lavoro» per fare avanzare l'unione politica, mentre per molti altri Paesi le priorità sono
altre e più urgenti. «Dobbiamo dare, passo dopo passo, più competenze all'Europa, a cui vanno attribuiti poteri
di controllo», ha detto in un'intervista trasmessa dalla televisione Ard all'ora della prima colazione, mettendo
bene in chiaro che l'obiettivo è troppo importante per «fermarci se qualcuno non vuole seguirci». Poi,
incontrando a Berlino un gruppo di studenti insieme al primo ministro britannico David Cameron e a quello
norvegese Jens Stoltenberg, ha ammesso che ci vorranno anni per superare la crisi.
Angela Merkel pensa da tempo, ma questa volta lo ha detto più chiaramente, a un'Europa in cui i Paesi della
zona euro siano un'avanguardia che cooperi «più strettamente». «Anche per quanto riguarda — ha precisato —
quella che viene chiamata unione fiscale, cioè una maggiore integrazione delle politiche di bilancio». L'esempio
è quello degli accordi di Schengen sulla libera circolazione. Chi vuole, va avanti, ma nello stesso tempo,
aggiunge, «dobbiamo essere aperti e dare a tutti la possibilità di partecipare».
Intanto, a Berlino si sente naturalmente il bisogno di avvertire che il summit dei Ventisette non sarà in grado di
risolvere «in un colpo solo» tutti i problemi della zona euro. A chi, come la Francia, ritiene indispensabile
lanciare subito iniziative in grado di promuovere la crescita, la cancelliera ha ripetuto la teoria delle «due facce
della medaglia», sottolineando che senza un consolidamento dei bilanci non ci può essere la crescita, per la
quale è necessaria maggiore competitività. Sono concetti, questi, contenuti anche nel documento preparato dal
ministero tedesco dell'Economia per i colloqui con l'opposizione che Le Monde definiva ieri pomeriggio «un no
alle richieste di Parigi e una lezione di economia alla sinistra europea». Nel testo si afferma tra l'altro che la
responsabilità di rafforzare la crescita appartiene in primo luogo ai singoli Stati, con riforme del mercato del
lavoro, privatizzazioni, riduzione della burocrazia.
Der Spiegel ha definito quello tedesco «un approccio metodico», e ha rilevato che uno degli obiettivi degli
interventi di ieri è ridurre le aspettative di una rapida soluzione della crisi dell'euro. In effetti, per la Germania
molte delle misure sostenute dai partner europei non possono essere messe adesso all'ordine del giorno. In
primo luogo gli eurobond, che si potranno esaminare «tra molti anni», come ha precisato nei giorni scorsi il
portavoce Steffen Seibert. Ma anche il progetto della Commissione e della Bce per una sorveglianza
centralizzata delle banche europee e per meccanismi di garanzia comune dei depositi potrà realizzarsi, dicono a
Berlino, solo dopo che saranno compiute tappe importanti del processo di integrazione. Alla posizione tedesca è
giunto anche il sostegno di Cameron, secondo cui «non si può chiedere ai contribuenti britannici di garantire
per i depositi bancari greci o spagnoli».
In questo scenario che poco invita all'ottimismo sulle possibilità di trovare posizioni comuni a livello europeo,
uno spiraglio positivo arriva con la notizia di un'intesa a Berlino tra maggioranza e opposizione sulla tassa per
le transazioni finanziarie. La Germania potrebbe farsi promotrice, in sede europea, della proposta di varare la
Tobin tax anche senza il via libera di tutti i Paesi dell'eurozona. Una decisone doppiamente importante perché il
cammino verso l'approvazione al Bundestag del fiscal compact e dell'Esm prima della pausa estiva è ora meno
complicato.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: Fabrizio Massaro
[email protected]
Banca Network fa crac
Fermi i conti di 30 mila clienti
Sospensione di un mese. Si tratta con Consultinvest
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MILANO — «Una banca efficiente sempre al tuo fianco»: lo slogan di Banca network investimenti (Bni),
piccolo istituto nato agli inizi del 2000 dalla Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani e dal 2007 in mano ad altri
soci, suona beffardo per i circa 30 mila clienti, visto che dal 31 maggio non possono più ritirare i propri
depositi. La soluzione estrema di congelare, sia pure per un solo mese, «la sospensione del pagamento delle
passività di qualsiasi genere» - che comunque «non comprende gli strumenti finanziari della clientela» - è stata
presa dai commissari straordinari Giuseppe Bonsignore e Raffaele Lener «per fronteggiare la situazione di
difficoltà della banca».
Gli errori gestionali con tanto di cause milionarie dei clienti — legate ad alcuni prodotti assicurativi e a
irregolarità o presunte frodi commesse da alcuni promotori della rete — sono stati aggravati dalla crisi
economica. E come raccontano fonti vicine all'istituto, nel corso dei mesi scorsi a causa dello stallo nei rapporti
tra i soci le perdite hanno continuato ad aumentare erodendo il patrimonio dell'istituto sotto la soglia minima. E
visto che gli azionisti — al 50% la holding Petunia suddivisa tra la Sopaf della famiglia Magnoni e il colosso
inglese Aviva, il Banco Popolare con il 19%, De Agostini e di nuovo la Sopaf con il 15% ciascuno — non
hanno proceduto a un aumento di capitale, è intervenuta Bankitalia inviando lo scorso novembre i commissari.
Che hanno cominciato a cercare una soluzione per l'istituto contattando diversi potenziali partner, ma invano.
Così si è arrivati alla decisione del 31 maggio: bancomat fermi e sportelli chiusi. E clienti infuriati per non poter
recuperare i soldi.
Sfumati i contatti con Banco Popolare, con Bpm e Popolare di Vicenza per cedere la parte bancaria, ora i
commissari stanno trattando con la Consultinvest sim di Modena, presieduta da Maurizio Vitolo, che è
interessata però solo alla rete dei 350 promotori. La sim - nel cui consiglio siede anche Maro Sturmann, già
amministratore delegato di Banca Network — a sua volta coinvolgerebbe la Cassa di risparmio di Ravenna, sua
socia al 50% nella sgr Consultinvest ma senza partecipazioni nel gruppo Consultinvest: sarà presso la rete della
Cassa presieduta da Antonio Patuelli e guidata da Nicola Sbrizzi che saranno appoggiati i conti dei clienti. Ma
la Cassa non sarà tra gli acquirenti. Anche per questo si profilerebbe l'intervento del fondo interbancario di
garanzia dei depositi.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
DAL NOSTRO INVIATO Stefania Tamburello
«Le Fondazioni presidio di sistema»
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PALERMO — L'Acri, l'associazione tra le Fondazioni bancarie e le Casse di risparmio, celebra i 100 anni di
vita e il presidente, Giuseppe Guzzetti, aprendo a Palermo il XXII congresso della categoria, ne difende a tutto
campo il ruolo. Come enti privati non profit e come azionisti bancari. Il direttore generale della Banca d'Italia,
Fabrizio Saccomanni concorda e, visto il perdurare della crisi che richiede ancora sforzi patrimoniali del
sistema del credito, le esorta a proseguire nei loro compiti: «Le Fondazioni devono restare nel capitale delle
banche», dice mettendo in luce quanto siano stati importanti gli interventi degli enti che devono continuare ad
agire «come investitori istituzionali con una visione strategica di medio-lungo periodo». Le Fondazioni hanno
sottoscritto consistenti aumenti di capitale delle banche «evitando che dovesse entrare in campo lo Stato e
quindi i soldi del contribuente» come in altri Paesi, spiega Guzzetti rilevando come non si sia trattato di volere
mantenere posizioni di forza delle banche ma di accollarsi un impegno gravoso «anche e soprattutto
nell'interesse del Paese». Secondo il presidente dell'Acri e della Cariplo, il ruolo di azionisti non consente alle
Fondazioni di «interferire nella gestione» delle banche, tanto più che «deve essere respinta con forza» l'idea che
siano «la cinghia di trasmissione dei partiti» e dei poteri locali. Dalla Banca d'Italia arriva anche un'esortazione:
«Le banche mantengano adeguata l'offerta di finanziamenti all'economia senza perdere di vista la capacità di
valutare il merito di credito» dice Saccomanni che sollecita i maggiori gruppi ad affinare i propri strumenti
informativi e avanza una proposta. Le banche italiane «se necessario devono superare i livelli di efficienza per
ridurre i costi ed aumentare, in considerazione anche opzioni che prevedano il superamento del modello
federale». Il modello cioè che prevede società controllate che fanno capo a una holding. «Interessi di tipo
localistico non devono costituire un ostacolo», aggiunge. Perplessa la risposta di Giovanni Bazoli, presidente
del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo. La rinuncia al modello federale per ridurre i costi «non può
essere una regola generale», afferma rilevando che la richiesta avanzata da Saccomanni è «un'opzione».
*la Repubblica*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: VALENTINA CONTE
Tutti i problemi di copertura che bloccano il decreto-sviluppo
Credito d’imposta, edilizia e mini-bond
i paletti della Ragioneria sulle misure
Tante le bozze del provvedimento, ma nessuna definitiva E la Confindustria ora batte i pugni
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ROMA - Rimettere in moto il Paese, da una parte. Il rigore dei conti, dall´altra. Due obiettivi entrati in collisione
sul decreto Sviluppo, rinviato ancora sine die. La Ragioneria non demorde sulle risorse a disposizione, poche
e da centellinare. Da giorni ormai tempesta il dicastero guidato da Passera di osservazioni sulla copertura
delle norme, richieste di limature e riscritture, ma anche di eliminazione di quelle "costose". L´articolato
predisposto dal ministro e dal suo vice Ciaccia si assottiglia, a tratti si svuota. Scompaiono o si ridimensionano
le proposte più coraggiose e attese, come il Piano città, gli stimoli all´edilizia "verde", gli incentivi alla ricerca e
alle assunzioni "qualificate", il tetto maggiorato alle compensazioni tra crediti e debiti fiscali.
Il ministro è irritato, ne fa una questione personale e di ruolo, minaccia le dimissioni. Il decreto è l´atto più
importante del suo dicastero, finora un po´ in ombra, il perno per un´azione di forte rilancio del Pil,
indispensabile dopo la cura amara rifilata da manovre severe. Le tasse altissime, il Paese sfiduciato, interi
territori si sbriciolano. Ma la Ragioneria frena su tutto, lamentano in via Veneto. Il credito d´imposta per gli
investimenti in ricerca, ad esempio, viene riformulato più volte. Poi scompare, con doglianze di Confindustria e
del presidente Squinzi. Alla fine rimpiazzato dal bonus fiscale per chi assume personale "altamente
qualificato", con laurea o dottorato in materie tecniche. Il limite è a 300 mila euro ad azienda, poi scende a 100
mila. Lo sconto è totale, poi si contrae al 35%. Senza limite di età all´inizio. Solo per under 35, alla fine e con
titoli conseguiti da non più di sei mesi. L´incentivo si spolpa. Il ragioniere Canzio concede briciole: 25 milioni
per il 2012, 50 milioni sul 2013. In pratica, 4 mila nuovi assunti. No, possono salire a 15 mila, ribatte il
dicastero di Passera, al netto delle tasse che incasserà l´Erario sui nuovi contratti. E poi scatta il "rubinetto":
chi rimane fuori è in lista d´attesa per un rifinanziamento. Che forse mai arriverà.
E così via. Un braccio di ferro infinito su ogni misura che determini impegni di spesa. Cordoni della borsa
stretti, sviluppo e crescita impossibili. Il muro si alza anche sui minibond per le medie imprese non quotate. La
perdita di gettito supera i 40 milioni in tre anni, avvertono i "ragionieri". Così gli "sviluppisti" riducono l´impatto,
inseriscono paletti, restringono la portata. Il Tesoro blocca poi la copertura del 50% delle spese per
l´internazionalizzazione dei consorzi di imprese. Mette in forse le detrazioni per le riqualificazioni degli edifici (il
bonus del 36% doveva salire al 50% e quello del 55% diventare permanente), che si ridimensionano e
soprattutto sono finanziate per un anno appena. Il Piano città - un volano da due miliardi - è posto in stand-by
(servono 225 milioni per farlo partire). Dubbi anche per gli sgravi Imu sulle case di nuova costruzione: valgono
tre anni, o meno, forse spariscono. La Srl semplificata a un euro per tutti, non solo per gli under 35 come nel
decreto liberalizzazioni, prima c´è, poi non più.
Una "tarantella" incredibile, che si sostanzia in un numero imprecisato di bozze, nessun testo finale. E
soprattutto nessun decreto Sviluppo, per ora.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
Il piano
Merkel: “Per superare la crisi
serve l’unione politica dell’Europa”
Svolta della cancelliera: “Ora i Paesi cedano sovranità”
In questo periodo difficile rigore e crescita devono essere due facce della stessa medaglia
La crisi del debito dura da quando esiste l´euro: ci vorrà del tempo per mettere le cose a posto
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BERLINO - È l´inizio della svolta tedesca: al pressing crescente di Monti e Hollande, alle accuse di Obama,
alle sollecitazioni di Cameron, Angela Merkel la temporeggiatrice risponde infine con un contrattacco nello stile
di Helmut Kohl. «Abbiamo bisogno di più Europa per salvare l´Unione monetaria e il nostro futuro, ci vuole
l´unione di bilancio ma prima di tutto dobbiamo andare verso l´Unione politica, passo passo abbandonare
competenze e cedere sovranità all´Europa. È anche una risposta positiva all´appello della vigilia del
presidente Bce Mario Draghi, che aveva chiesto ai leader politici un chiaro segnale di dove vogliono portare il
continente.
La cancelliera ha annunciato il suo contrattacco ieri mattina in una lunga intervista alla prima rete tv Ard, poi
l´ha ripetuta in un teso incontro col premier britannico David Cameron, e in serata in un dibattito con studenti.
Non è ancora l´impegno esplicito e concreto a un piano immediato di salvataggio auspicato da Obama e
Cameron, non è un sì a spese subito per arginare la crisi di Spagna, Grecia e altri paesi deboli che i partner
chiedono, ma Merkel per la prima volta ha detto anche una frase significativa: la Germania «è pronta a usare
in ogni momento tutti gli strumenti necessari», cioè il fondo salvastati Fesf e il suo successore Esm, «e questa
è prova della nostra volontà politica di mantenere l´eurozona forte e stabile, capace di contribuire alla crescita
globale».
È stato, questo giovedì, il giorno più lungo della Merkel. Il messaggio tedesco, in vista del decisivo vertice
europeo di fine giugno, diventa chiaro e forte. «Ci vuole più Europa, il fiscal compact è una condizione
necessaria ma non sufficiente a salvarci», ha detto la cancelliera. Mentre sul fronte interno compiva passi
avanti verso un´intesa con le opposizioni sulla ratifica del patto fiscale europeo, e prometteva una tassa sulle
transazioni finanziarie. «La crisi del debito», ha continuato la Merkel, «dura da dieci anni, da quando esiste
l´euro, e non ne usciremo in un battibaleno. Ci vorranno un po´ di anni per lasciarsi la crisi alle spalle».
Un misto di sorpresa positiva e critiche ha accolto le parole della cancelliera. L´ospite David Cameron ha
insistito che occorrono misure finanziarie urgentissime, ad esempio a fronte della crisi spagnola. Ma Merkel ha
ribadito impassibile: «Ora dobbiamo, è prioritario, andare avanti step by step nella costruzione dell´Europa
politica, nella cessione di sovranità. E in questo periodo, rigore e crescita devono essere due facce della
stessa medaglia, la via comune verso l´unione politica».
Ci vuole impegno, coraggio e pazienza, ha insistito la cancelliera: «Non credo che basterà un summit a giugno
per la grande svolta, ma cominciamo intanto con un piano che dica che c´è bisogno di più Europa; chi è
nell´Unione monetaria dovrà muoversi più strettamente insieme. Siamo pronti ad accogliere nuovi membri
volenterosi, ma non possiamo fermarci ad aspettare quelli che esitano». Berlino, ha ripetuto Merkel, ritiene
«importante sottolineare che abbiamo creato gli strumenti per mantenere la stabilità, e che la Germania è
pronta a usarli ogni volta che si mostra necessario». Allusione per esempio a una possibilità per Madrid di
chiedere aiuti di Fesf e di Esm. E insieme appoggio alla decisione di Mario Draghi, che la Bce concederà
liquidità illimitata fino a fine anno. La svolta tedesca è cominciata: avviare un´unione politica può aprire la
strada agli eurobonds. Ma restano timori. Quanto al caso più grave, la Grecia, «non è possibile mettere in
primo piano la solidarietà», ha ammonito la cancelliera: «Abbiamo già dato ad Atene aiuti pari a una volta e
mezzo il suo prodotto interno lordo, ora la questione è cosa i greci (con le elezioni tra dieci giorni, ndr)
sceglieranno, se vogliono accettare le proposte europee o no».
*la Repubblica*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: ANDREA BONANNI
Draghi e Van Rompuy presenteranno al prossimo vertice di giugno le linee guida di un
progetto storico di integrazione
Parte la road map per il bilancio federale
e Angela prova a uscire dal bunker
Questo potrà consentire di mettere in comune una quota del debito
Se i leader diranno sì verrà avviato un percorso che porterà a modifiche dei Trattati
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BRUXELLES
«Abbiamo bisogno di più Europa. Abbiamo bisogno di un´unione di bilancio e soprattutto di un´unione
politica». Pressata da Washington e da Roma, da Bruxelles e da Parigi, da Madrid e da Pechino, ma
soprattutto ispirata da Francoforte, dove Draghi ha conferito alla Bce una inedita qualità di visione politica,
Angela Merkel è finalmente uscita dal bunker dei veti a trecentosessanta gradi e ha accettato di dare
all´Europa una prospettiva di lungo periodo. Dopo due anni di passi indietro e di errori, di miopie e di
esitazioni, siamo forse alla vigilia di un processo che ricorda molto quello che venti anni fa avviò la creazione
dell´unione monetaria. Al prossimo vertice europeo di giugno, il quartetto composto da Draghi, Van Rompuy,
Juncker e Barroso sottoporrà ai capi di governo le linee guida di un progetto di integrazione su 5-10 anni che
dovrebbe portare, a termine, a federalizzare una considerevole parte dei bilanci pubblici europei.
Questo potrà consentire, da una parte, di mettere in comune anche una quota del debito pubblico, per
esempio attraverso gli eurobond, e di attribuire alla Bce quei poteri di prestatore di ultima istanza che ora i
Trattati le vietano, dall´altra richiederà una integrazione politica molto più stretta per dare legittimità
democratica alla gestione di un bilancio federale.
Tutto ciò, come ha già lasciato intendere la Merkel, non potrà essere fatto a 27 per l´indisponibilità britannica.
La strada sarà dunque la stessa del Trattato sul Fiscal compact, sottoscritto da 25 Paesi. Si andrà avanti con
chi vorrà e con chi sarà in grado di mantenere gli impegni di risanamento sottoscritti. Proprio come si fece con
la moneta unica. Ed è anche di questo che hanno discusso ieri a Berlino la Merkel e il premier britannico
Cameron.
Se riceverà il via libera a questo progetto storico, il quartetto avvierà un ampio giro di consultazioni con le
capitali e dovrebbe arrivare al vertice di dicembre con l´indicazione di una "road map", un percorso con
obiettivi e scadenze definite che implicheranno anche una serie di modifiche ai Trattati. Da un punto di vista
giuridico gli ostacoli da sormontare rappresentano un autentico rompicapo. Ma la drammaticità della crisi in cui
versa l´euro, con la Spagna ormai nel collimatore dei mercati, sta spingendo i leader europei a superare le
riserve e le obiezioni di tipo formale. L´esperienza ha dimostrato che l´unione monetaria non è sostenibile
senza una unione di bilancio, e la logica dice che una unione di bilancio non è realizzabile senza una unione
politica che le dia legittimità democratica.
Del resto già venti anni fa, a Maastricht, la Germania di Kohl aveva proposto un «trattato sull´unione
economica e politica» dell´Europa. Ma il processo si era fermato a metà strada per le resistenze, oltre che dei
britannici, degli stessi francesi allora guidati da Mitterrand. Negli ultimi due anni della crisi, Sarkozy si era
rivelato altrettanto tiepido verso ogni prospettiva di cessione di sovranità a Bruxelles. E questo può spiegare in
parte il suo appiattimento sui veti della Merkel: meglio condividere i "nein" tedeschi che rischiare di rilanciare
un nuovo progetto di integrazione verso cui i francesi si sono già dimostrati reticenti, come dimostra la
bocciatura per referendum della Costituzione europea.
Ora l´arrivo di Hollande apre forse nuovi margini di speranza. Anche perché il nuovo presidente francese non
può permettersi di farsi imbozzolire nell´immobilismo che ha caratterizzato il suo predecessore. Né può
realisticamente pensare di portare la Francia e l´Europa fuori dalla crisi riaprendo i rubinetti della spesa
pubblica. L´abilità di Draghi e di Van Rompuy è stata proprio quella di cogliere lo spiraglio che l´elezione di
Hollande ha aperto, e di snidare la Merkel dal bunker dei "nein" costringendola a discutere quali sono le
condizioni che la Germania pone all´Europa per accettare una federalizzazione del bilancio e dotare quindi
l´euro degli strumenti necessari per difendersi sui mercati.
Del resto fu proprio questa l´operazione che Delors compì con Kohl all´indomani della riunificazione tedesca,
spingendo il cancelliere a dire a quali condizioni avrebbe accettato di sacrificate il marco sull´altare della
moneta unica. Il risultato fu il patto di stabilità messo a corollario del Trattato di Maastricht, che vincolava i
Paesi ad una severa disciplina di bilancio. La storia dei successivi venti anni ha dimostrato che non tutti i
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Paesi che allora sottoscrissero quegli impegni li rispettarono. E la crisi dei debiti sovrani è il risultato di quelle
inadempienze. L´Unione monetaria, senza una Unione politica, non ha avuto la forza di imporre le proprie
regole ai membri meno virtuosi, e il risultato di quell´accordo incompleto è oggi sotto gli occhi di tutti.
Naturalmente le dichiarazioni della Merkel e le buone intenzioni degli altri leader europei non bastano a
garantire il successo del progetto. Sul piano politico resta, al momento, sia l´incognita di Hollande, che non si
è pronunciato e non si pronuncerà prima delle elezioni legislative, sia quella dei britannici, che potrebbero
cercare di fermare ancora una volta il treno europeo anche se gli interessi della City ad un euro stabile
sconsigliano di boicottare l´iniziativa.
Ma è sul piano pratico che il progetto rischia di naufragare prima di nascere. Con l´Europa in recessione, la
Grecia sull´orlo dell´uscita dall´euro, la Spagna e Cipro al capezzale delle proprie banche che potrebbero
travolgere i rispettivi bilanci nazionali, un progetto di lungo periodo come quello della federalizzazione del
bilancio non sembra in grado di risolvere l´emergenza. Draghi insiste che una indicazione ferma della
direzione in cui l´Europa vuole andare servirà a calmare i mercati. Ma potrebbe non bastare.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: ELENA POLIDORI
I mercati
Debito, Fitch declassa la Spagna
“Servono 100 miliardi per le banche”. Asta Bonos ok, Borse in rialzo
Il rapporto dell´Onu sulla economia: "Anche Roma fragile". Grecia, scarseggiano i farmaci,
disoccupati al 22%
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ROMA - Alle 18 passate, quando i mercati europei sono chiusi, Fitch decide di declassare la Spagna. Il taglio
è di ben tre gradini, da «A» a «BBB», appena sopra il livello junk, spazzatura. Anche l´outlook è negativo:
economia in recessione quest´anno e il prossimo.
Lo «schiaffo» dell´agenzia di rating va ad aggiungersi ad una serie di notizie che riguardano il paese e che
incidono sull´andamento dei mercati. La più importante: Madrid supera con successo la temuta asta dei
bonos, ma il loro rendimento sale oltre il 6%. La più temuta: il Fondo monetario stima che per ricapitalizzare gli
istituti iberici servono 90 miliardi, di cui 50 reperibili sul mercato dalla stessa Spagna. «Illazioni», taglia corto il
premier Mariano Rajoy. Ma la stessa Fitch calcola che ristrutturare e ricapitalizzare le banche iberiche costerà
fra i 50 e i 60 miliardi di euro. In uno scenario «più estremo», basato su quanto accaduto in Irlanda, la cifra
potrebbe arrivare a 100 miliardi. Tra le altre notizie ci sono le stime di S&P sulle sofferenze degli istituti
quest´anno e il prossimo (80-112 miliardi) e l´arrivo di un nuovo governatore alla testa della banca centrale: si
tratta di Luis Maria Linde che sostituisce Ordonez.
Ignari del declassamento, i mercati cercano giovamento da tutta questa massa di notizie, cui si aggiungono la
clamorosa apertura di Angela Merkel per una maggiore unione politica della Ue e lo storico taglio dei tassi in
Cina. Tutte le Borse europee respirano anche se riducono i guadagni dopo le dichiarazioni del presidente della
Fed Bernanke sul rischio-euro. Da Parigi a Francoforte, da Londra a Madrid, ovunque prevale il segno più.
Milano guadagna lo 0,88%. Anche gli spread si distendono un po´: quello tra i Btp italiani e tedeschi resta
intorno a quota 431, quello spagnolo scende a 466. C´è il timore che stamani, dopo Fitch, possa di nuovo
innalzarsi.
Tanto il premier Monti che il direttore generale della Banca d´Italia, Fabrizio Saccomanni, parlano di un
«circolo vizioso» che si è creato in Europa tra la crisi delle banche e del debito sovrano: va spezzato. Per il
banchiere oltretutto agisce in modo «perverso» proprio sugli spread. In compenso, forse proprio alla luce della
svolta tedesca sull´unione politica, Saccomanni vede «chiare indicazioni» su un prossimo «cambio di passo»
nella Ue, da più parti invocato. Il ministro Moavero si aspetta «risultati concreti» dal consiglio Ue di fine giugno:
bisogna «mostrare la volontà» di uscire dalla crisi.
Restano i timori per le banche spagnole e per la Grecia. Fitch già avverte che, nel caso di una uscita di Atene
dall´euro, tutti i paesi deboli di Eurolandia, Italia e Spagna in testa, verrebbero declassati. Nel rapporto Onu
sull´economia si legge che Roma e Madrid sono il maggior rischio per l´area euro. In Grecia la disoccupazione
sfiora il 22% e nelle farmacie cominciano a scarseggiare i medicinali.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
Anche la Fed striglia l’Eurozona
“La crisi Ue un rischio per gli Usa”
Bernanke condanna l’austerity: pronti a interventi per la crescita
I tassi americani a zero, ma c´è attesa per una ripresa degli acquisti di titoli pubblici
“Il Vecchio continente deve stabilizzare il sistema bancario e placare i mercati”
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NEW YORK - Dopo il pressing di Obama sugli europei, a prestargli man forte scende in campo il banchiere
centrale degli Stati Uniti. Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, lancia una raffica di critiche ai
governi dell´eurozona: non hanno fatto abbastanza per impedire una crisi bancaria. Attacca anche le politiche
di austerity. Promette che la Fed scenderà in campo con nuovi interventi, qualora la crescita americana non
sia sufficiente a ridurre la disoccupazione. Ma non è ancora giunta l´ora X: il banchiere centrale Usa non si
sbilancia sul quando e come la Fed potrebbe rimettere in azione la sua "artiglieria pesante". Il responso è
rinviato al prossimo meeting dell´autorità monetaria, il 19 e 20 giugno, subito dopo quel vertice G20 di Los
Cabos (Messico) dove Obama attende gesti concreti da parte di Merkel in favore della crescita. Ma è chiara
nelle parole di Bernanke la differenza "istituzionale" tra la Fed e la Bce: per la banca centrale americana la
priorità in questo momento è ridurre la disoccupazione.
Bernanke non ci fa sconti, sulle colpe dell´eurozona che oggi vengono scaricate anche sull´America. "La crisi
in Europa – dice il presidente della Fed in un´audizione al Congresso – ha colpito l´economia degli Stati Uniti
frenando le nostre esportazioni, deprimendo la fiducia delle imprese e dei consumatori, mettendo sotto
tensione i nostri mercati finanziari e le banche". Con una critica indiretta alla fragilità degli istituti di credito
europei, Bernanke ha proseguito: "Le nostre banche sono molto più solide di qualche anno fa. Tuttavia la
situazione in Europa crea dei rischi significativi anche per il nostro sistema finanziario, oltre che per
l´economia reale. Pertanto la dobbiamo sorvegliare da vicino". E´ la spiegazione dell´attivismo di Obama che
negli ultimi giorni è intervenuto con una frequenza senza precedenti sui leader europei. Bernanke precisa che
la frenata dell´economia cinese è assai meno grave, anzi potrebbe perfino rivelarsi benefica per gli Stati Uniti,
a differenza delle minacce che vengono dall´eurozona.
A quei governi del Vecchio continente, Bernanke conferma a sua volta le critiche americane: li invita a
«stabilizzare il sistema bancario, placare le paure degli investitori, costruire un quadro fiscale efficiente per
l´intera Eurozona». E´ significativa la risposta che Bernanke dà al deputato Maurice Hinchey il quale lo
interroga sull´austerity applicata dai governi europei. Bernanke gli risponde indirettamente, parlando degli Stati
Uniti per i quali indica la ricetta giusta: «Nel breve, le politiche di bilancio devono sostenere la crescita; nel
lungo termine bisogna perseguire politiche sostenibili". E´ una terapia identica alla dottrina Obama: il rigore e il
risanamento dei conti andrà applicato quando sarà tornata la crescita (e con essa aumenteranno le entrate
fiscali), mentre nell´immediato l´austerity è distruttiva spingendo verso la recessione.
Quando gli viene chiesto se la Fed stia preparando nuovi interventi per rilanciare la crescita in America,
Bernanke risponde che lui e i suoi colleghi «ci stanno ancora lavorando» in vista del meeting del 19 e 20
giugno. Il criterio che li guiderà è il seguente: valutare se l´economia Usa nei prossimi mesi sarà in grado di
crescere a un ritmo abbastanza robusto da ridurre la disoccupazione. Questa risposta è in linea con il
mandato istituzionale della Fed, che non deve badare solo a tenere sotto controllo l´inflazione ma è tenuta
anche a perseguire il pieno impiego. Di qui la politica del "tasso zero" che Bernanke conferma almeno fino alla
fine del 2014. Anche sul costo del denaro la Fed ha una strategia pro-crescita più marcata rispetto alla Bce.
Ma l´attesa dei mercati riguarda qualcos´altro: la possibilità che la Fed riprenda a usare per la terza volta dal
2008 il "quantitative easing", i massicci interventi di acquisto di titoli pubblici che equivalgono a pompare
liquidità nell´economia. Su questo punto alcuni collaboratori di Bernanke negli ultimi giorni sono stati più
espliciti, indicando che la creazione di occupazione negli ultimi mesi è asfittica (solo 69.000 posti aggiuntivi nel
mese di maggio), tanto che il tasso di disoccupazione ha ripreso a salire, dall´8,1% all´8,2%. Bernanke
conferma solo che «tutte le opzioni sono sul tavolo, siamo pronti ad agire».
*la Repubblica*
VENERDÌ, 8 GIUGNO 2012
di: VITTORIA PULEDDA
Il consigliere di Fonsai Cappelli interrogato dalla Consob per valutare i requisiti di
indipendenza
Piano Unipol al cda Premafin
Ghizzoni lancia l’ultimatum
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MILANO - Oggi si ricomincia. I consiglieri indipendenti di Fonsai hanno fissato la prima riunione in mattinata,
quando peraltro riceveranno le relazioni degli advisor sulla nuova proposta di Unipol. Ma non concluderanno i
lavori in fretta: nella prima tornata di decisioni, infatti, molti esponenti delle due compagnie coinvolte - Fonsai e
Milano - avevano individuato nell´accordo inviato a Unipol le condizioni minime per accettare la fusione con la
compagnia bolognese. Che invece nella sua controproposta ha messo molti distinguo ed ha accettato solo
parzialmente gli stessi valori economici della fusione: escludendo infatti dal perimetro le società minori (come
Finadin) ma che hanno in pancia azioni proprie, i valori post fusione cambiano di circa un paio di punti, a
vantaggio di Unipol. Così come hanno un peso non irrilevante le plusvalenze sugli immobili, che secondo
l´offerta votata a suo tempo da Fonsai-Milano avrebbero dovuto essere redistribuite solo agli azionisti originari
Fonsai, pre-fusione.
Insomma, carne al fuoco ce n´è, e trattandosi di operazioni con parti correlate hanno un ruolo strategico i
consiglieri indipendenti. Su questo aspetto, ieri Fonsai ha inviato a Consob la risposta ai rilievi che l´autorità
aveva posto su Roberto Cappelli. Il professionista, indicato da Unicredit, è stato sentito il giorno prima dagli
uffici della Consob; è possibile che la Commissione chieda alla stessa Fonsai di rendere note le motivazioni in
base alle quali la compagnia giudica l´indipendenza di Cappelli.
Oggi si terrà anche il cda di Premafin, mentre l´11 si riuniranno i cda decisivi di Fonsai e Milano. E lunedì è
anche termine ultimo indicato dal numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni: «Se sarà il caso, escuteremo la
quota che abbiamo in pegno», ha detto ieri riferendosi al pacchetto Fonsai. Entro fine mese (l´ultima data è il
28) potrebbe invece già arrivare il parere definitivo dell´Antitrust, sempre che l´Isvap (come appare probabile)
non utilizzi tutto il periodo a sua disposizione per studiare le carte che ha ricevuto dall´Antitrust. Dal canto suo
il presidente dell´autorità per la concorrenza, Giovanni Pitruzzella ha detto di aver «espresso apprezzamenti
nel complesso - non sui singoli punti - per gli impegni presi dalle parti, alla luce del nostro intervento»,
riferendosi a Mediobanca e Unipol.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una serena giornata
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
lunedì 11 Giugno
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ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!