La Grande Guerra Lorna Windsor soprano Antonio Ballista Bruno

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La Grande Guerra Lorna Windsor soprano Antonio Ballista Bruno
Settembre
Musica
Torino Milano
Festival Internazionale
della Musica
04_ 21 settembre 2014
Ottava edizione
Torino
Teatro Carignano
La Grande Guerra
Lunedì 08.IX.2014
ore 21
Lorna Windsor soprano
Antonio Ballista
Bruno Canino pianoforte
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1914-1918 La Prima Guerra Mondiale
Alfredo Casella
(1883-1947)
Pagine di Guerra (1915) per pianoforte a 4 mani
Nel Belgio: sfilata di artiglieria pesante tedesca
In Francia: davanti alle rovine della Cattedrale di Reims
In Russia: carica di cavalleria cosacca
In Alsazia: croci di legno…
George Butterworth
(1885-1916)
On the idle hill of summer
Is my team ploughing?
(Alfred Edward Housman, 1911)
Maurice Ravel
(1875-1937)
Da Le Tombeau de Couperin (1914-1917) per pianoforte solo
Menuet (“A la mémoire de Jean Dreyfus”)
Rigaudon (“A la mémoire de Pierre et Pascal Gaudin”)
André Caplet
(1878-1925)
La croix douloureuse – Prière des âmes en deuil
(Henri-Dominique Lacordaire, 1917)
Claude Debussy
(1862-1918)
Noël des enfants qui n’ont plus de maison
(testo del compositore, 1915)
Berceuse héroïque pour rendre hommage à S.M. Le Roi Albert I
des Belges et à ses soldats (1914) per pianoforte solo
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Maurice Ravel
Deux mélodies hébraïques (1914)
Kaddish (testo tradizionale aramaico)
L’énigme éternelle (testo tradizionale ebraico)
Igor Stravinskij
(1882-1971)
Sektanskaya (testo del compositore)
Claude Debussy
Les soirs illuminés par l’ardeur du charbon per pianoforte solo
Ivor Gurney
(1890-1937)
Severn meadows (testo del compositore, 1917)
Frederick Delius
(1862-1934)
I honour the man who can love life
dal Requiem (1916) (testo del compositore)
Claude Debussy
En blanc et noir (1915) per due pianoforti
Avec emportement (“Qui reste à sa place – Et ne danse pas –
De quelque disgrâce – Fait l’aveu tout bas”)
Lent – Sombre (“Au lieutenant Jacques Charlot tué à l’ennemi
en 1915, le 3 mars”)
Scherzando
Lorna Windsor, soprano
Antonio Ballista,
Bruno Canino, pianoforte
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On the idle hill of summer (Sulla collina pigra ed estiva)
Sulla collina pigra ed estiva,
sonnolenta come il bisbiglio del ruscello,
sento lontano, come in un sogno, il cadenzare dei tamburi...
Dapprima lontano, poi più udibili, passano sui sentieri
gli amatissimi soldati, carne da cannone,
marciando tutti verso la morte.
A est, a ovest, sui campi dimenticati,
scoloriscono le ossa dei compagni uccisi,
bei ragazzi, morti e ora putridi. Nessuno è rimasto per tornare.
Lontano chiama la stridula tromba, il piffero grida forte,
strisce di rosso scarlatto seguono...
Venuto dal grembo materno, risorgerò.
Is my team ploughing? (I miei amici stanno arando?)
“I miei amici stanno arando, come facevo anch’io,
al tintinnio del giogo, quando ero vivo?”
Sì, i cavalli avanzano, sempre con il tintinnio,
la terra sotto la quale ti trovi è la stessa di prima.
“Si gioca a pallone lungo il fiume, anche senza di me?”
Sì, il pallone vola, i ragazzi giocano con anima e cuore...
“È felice la mia ragazza, che pensavo impossibile lasciare,
ha smesso il pianto all’ora di dormire?”
Sì, si corica felice, non piange ed è soddisfatta.
Stai tranquillo amico mio e dormi.
“Il mio amico, è in salute, ora che io mi sono spento,
e ha un letto migliore del mio per dormire?”
Sì, ragazzo, mi corico felice, consolando l’amata di un uomo morto.
Non chiedermi il suo nome...
La croix douloureuse – Prière des âmes en deuil
(Il crocefisso doloroso – Preghiera per le anime in lutto)
Ahimè! Se Tu l’avessi voluto, Signore, queste lacrime ardenti
non cadrebbero dai miei occhi davanti a Te.
Se Tu l’avessi voluto, quelli tanto amati sarebbero vivi e ancora
accanto a me, quelli la cui morte mi ha spezzato il cuore.
Ma io adoro la Tua volontà, i cui disegni sono impenetrabili,
che con il suo rigore apparente dimostra sempre la misericordia.
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Provo ad accettare tutto questo umilmente. Inchino il mio capo,
per unire al Tuo crocefisso, o Dio, quello da cui sono sopraffatto,
supplicandoTi di aiutarmi nel portarlo.
Noël des enfants qui n’ont plus de maison
(Natale dei bambini che non hanno più casa)
Noi non abbiamo più casa!
I nemici hanno preso tutto, tutto, tutto, anche il nostro lettino!
Ci hanno bruciato la scuola e anche il maestro.
Hanno bruciato la chiesa e il signor Gesù Cristo
e il povero vecchio che non ce l’ha fatta a scappare!
Non abbiamo più casa!
I nemici hanno preso tutto, tutto, tutto, anche il nostro lettino!
Certo, papà è andato in guerra,
e la povera mamma è morta
prima d’aver visto tutto questo.
Che cosa faremo?
Natale! Bel Natale! Non andare da loro,
non andare mai più da loro, puniscili!
Vendica i bambini francesi!
I bambini belgi, i bambini serbi e anche i bambini polacchi!
Se ne scordiamo altri, perdonaci.
Natale! Natale! E, soprattutto, niente giocattoli
fà in modo di ridarci il nostro pane quotidiano.
Non abbiamo più casa!
I nemici hanno preso tutto, tutto, tutto, anche il nostro lettino!
Ci hanno bruciato la scuola e anche il maestro.
Hanno bruciato la chiesa e il signor Gesù Cristo
e il povero vecchio che non ce l’ha fatta a scappare!
Natale! Ascoltaci, noi non abbiamo più gli zoccoli:
ma dona la vittoria ai bambini francesi!
Kaddish – Preghiera che accompagna la morte
Ho una preghiera, una preghiera dal cuore
notte e giorno, ricordi di casa mia...
perché piango di notte? Perché mi sento così male?
Prego per la salvezza
prego per la redenzione
prego per il perdono
prego per la salute
prego per tutte le vittime della guerra. Kaddish.
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L’énigme éternelle (L’eterno enigma)
Il mondo ci chiede (tra la la)
si risponde (tra la la)
si vorrebbe rispondere (tra la la)
il mondo ci chiede (tra la la).
Sektanskaya (Canto del dissidente)
La tempesta di neve ha coperto tutte le mie strade,
non posso più passare per andare dalla cara madre,
dal caro padre, e da tutte le sorelle, e da tutti i fratelli
amati e scelti dal Santo Padre, il Grande Dio,
lodi, lodi a Dio, a Gesù Cristo, gloria in eterno. Amen.
Severn meadows (I prati lungo il Severn)
Soltanto il viandante conosce le grazie dell’Inghilterra,
o può vedere i visi familiari come per la prima volta.
E chi sa amare la gioia se non quello che vive nell’oscurità?
Non vi scordate completamente di me,
prati lungo il Severn.
I honour the man who can love life
(Onoro l’uomo che può amare la vita)
Onoro l’uomo che può amare la vita,
eppure dignitosamente affronta la morte.
Onoro l’uomo che muore solo, senza lamenti.
La sua anima ha raggiunto le vette della montagna
come la torre che sorge nelle pianure distanti.
Il sole tramonta e la sera stende le sue mani sopra il mondo
come una benedizione, portatrice di pace,
e la notte che ci fascia in un lungo sonno senza sogni,
un sonno il cui fratello è la morte.
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La creatività musicale – si sa – e più in generale l’operare artistico,
da sempre trova precisi riscontri nelle umane vicende, personali,
storiche, epocali. E allora la Grande Guerra, l’immane tragedia
che coinvolse milioni di persone e il mondo intero, segnatamente
l’Europa. E i musicisti non rimasero certo a guardare. Al contrario le opere di numerosi compositori riverberano – con dissimili
declinazioni e sfumature, s’intende – i moti dell’animo e le
“emozioni” suscitate dal primo conflitto, la rabbia, lo sdegno, il
travaglio interiore e ideologico, il dolore immenso per le perdite
umane e la distruzione imperante, il senso dell’annichilimento
palpabile ovunque, l’odore della morte, in trincea e nella quotidianità, ma anche il nazionalismo, l’interventismo a oltranza e
altro ancora.
Un programma davvero particolare, quello del concerto odierno, un programma sagacemente “pensato” e costruito ad hoc,
non già semplice accostamento di brani coevi, un programma
volto a ripercorrere (verrebbe da dire “illustrare” se il verbo non
rischiasse di apparire eticamente imbarazzante) alcuni aspetti
di quella incredibile tragedia dell’umanità intera, attraverso una
corposa manciata di opere: di esse alcuni veri capolavori assoluti,
altre senza dubbio “minori” che, pur tuttavia, in questo contesto
andranno valutate (e ascoltate) non già secondo i consueti canoni
estetici, bensì in una visione più ampia in termini di “testimonianza”. La Grande Guerra – quella ripercorsa grazie ai brani in
programma – vissuta specie dal côté francese (e in special modo
parigino), dove il conflitto scoppiò fin dal 1914, ma altresì riflessa
dal versante britannico grazie ad alcune vere e proprie rarità.
Ecco allora Debussy e Ravel: il primo non più giovane, all’apice
della carriera e ormai mortalmente malato di cancro al retto,
un malato che nella fase “terminale” dovette ricorrere alla
morfina per fronteggiare i dolori lancinanti, un malato lucido e
consapevole sì da affermare, con grottesco sense of humour – in
riferimento alle emorragie quotidiane che lo debilitavano – come
gli paresse un modo un po’ singolare di «versare il sangue per
la patria»; un musicista che pure non rinunciò a comporre con
fiducioso ottimismo anche in quel terribile contesto (personale
e storico) proclamandosi con fierezza musicien français, così ad
esempio nelle superbe Tre Sonate (per violino, per violoncello e
per flauto, viola e arpa), le uniche che riuscì a condurre a termine delle sei progettate. Quanto a Ravel, è noto come abbia fatto
letteralmente carte false, intendendo arruolarsi e recare in tal
modo il proprio contributo al Paese. Gracile e di statura bassissima, gli venne rifiutato di entrare in Aviazione, ma ottenne, in
veste di autiere, di poter guidare una camionetta-ambulanza (alla
quale diede il poetico nome di Adelaïde) e con essa fece la spola
tra il fronte e le retrovie trasportando feriti e, soprattutto, cadaveri: la sua psiche ne fu irrimediabilmente segnata. Ammalatosi
di peritonite venne operato e poi definitivamente congedato. Il
neoclassico (e neo clavicembalistico) Tombeau de Couperin fu il
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suo hommage alla Francia, riallacciandosi al passato musicale
glorioso, all’arcaica forma della suite (evocando dunque uno tra
i massimi musicisti seicenteschi e suo conterraneo) e nel contempo rendendo onore a cinque commilitoni caduti: alla memoria di ognuno di essi sono dedicati infatti gli altrettanti brani che
costituiscono il Tombeau. Ne ascoltiamo quest’oggi il leggiadro
Menuet e il robusto Rigaudon dalle squadrate fraseologie al cui
interno alligna una più calma e mesta sezione mediana.
Non meno emozionanti le altre pagine in programma ancora di
Ravel, sul versante vocale: si tratta delle sublimi Deux mélodies
hébraïques delle quali la prima, solenne e ieratica melopea, è un
vero e proprio canto funebre, sicché assurge in questo contesto
a emblematico simbolo di complainte universale. Laddove nelL’énigme éternelle dall’agrodolce ironia prevale il lato popolaresco e plebeo dell’universo yiddish. Per restare in ambito vocale,
un’unica, salmodiante pagina impregnata di orientalismo dovuta
all’esule Stravinskij che nella Ville Lumière trovò la sua seconda Patria, cogliendovi sì enormi successi, con i Ballets Russes,
ma pur sempre con l’animo gravido di struggente nostalgia
per la Patria lontana, la Santa Madre Russia (è l’ultima delle
Quattro Canzoni russe). Per inciso: è negli anni della Guerra che
Stravinskij (in Svizzera) lavora a quattro mani con l’amico Ravel
a una revisione della Khovančina mentre Debussy proprio a lui
dedica il terzo brano della raccolta pianistica En blanc et noir.
L’esordio di serata è nel segno del torinese Casella, compositore
di vaglia, organizzatore, docente e pianista dalla tecnica agguerrita, “entusiasta propugnatore delle nuove correnti musicali”
che a Parigi si era trasferito assai precocemente, compiendovi la
propria formazione artistica (con Fauré) e dove poté allacciare
rapporti di frequentazione con musicisti di levatura internazionale, in primis Ravel cui fu legato da intensa amicizia e reciproca
stima. Assai note ed eseguite (al pari dei coevi Pupazzetti dal
medesimo organico) le Pagine di Guerra, 4 film musicali op. 25,
s’impongono per l’efficacia non meno che per il modernismo
scabro e graffiante del linguaggio, l’andamento nervoso della
linea melodica con «inconfondibili tratti di angolosità cubista»
e la pregnanza dell’armonia talora politonale. Simmetricamente,
alle caselliane Pagine di Guerra in chiusura di serata vengono
fatti corrispondere i tre capricci per due pianoforti riuniti da
Debussy entro l’allusiva intitolazione En blanc et noir, composti
a Pourville e dedicati rispettivamente al direttore d’orchestra
Koussevitzky, al luogotenente Jacques Charlot («ucciso dal nemico il 3 marzo 1915» nonché nipote dell’editore Durand) e – come
s’è detto – a Stravinskij. Siamo in presenza di un’opera di straordinaria modernità, coeva alle avveniristiche Douze Études per
pianoforte solo, vero manifesto di impressionismo e neoclassicismo, al tempo stesso, con quei riferimenti al clavicembalismo
di Couperin e Rameau. Poliritmia e politonalità insaporiscono
il n. 1, dal prodigioso virtuosismo, «appassionato e caloroso»,
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irresistibilmente charmant, con quell’attacco come di valzer e
pur costellato di «languori, punte maliziose, esitazioni e ondeggiamenti»; laddove nel secondo, fantasmatico, sfuggente e visionario, predomina un clima cupo, sinistro e lugubre, con tanto di
citazione di un pesante corale luterano deformato da livide dissonanze, a simboleggiare l’aggressore tedesco, seguito, in chiusura,
da un recupero di energia e da uno stranito carillon memore
della Marsigliese. L’ironia lucida e acuminata del pirotecnico n. 3
stinge infine in una chiusa enigmatica come sfinge, quasi punto
interrogativo sospeso sul vuoto, quesito senza risposta, tragicamente rivolto al mondo intero, trascinato nel baratro.
Impossibile soffermarsi in dettaglio sull’intera serie dei brani in
programma: ancora di Debussy la rarità del pianistico (evanescente e onirico) Les soirs illuminés par l’ardeur du charbon e il
trepidante Noël des enfants qui n’ont plus de maison dall’esplicito assunto contenutistico e dagli insistenti ribattuti, ma anche
l’assai più eseguita Berceuse héroïque in onore del Re del Belgio e
delle sue truppe, dalla dilagante, cupa tetraggine.
Un cenno meritano le due liriche dello sfortunato compositore,
folklorista e ufficiale britannico George Butterworth che un destino crudele rapì in azione bellica, mentre combatteva in Francia,
quando contava appena trentun anni (similmente accadde poi nel
secondo conflitto all’organista Jehan Alain morto ventinovenne
in battaglia nel 1940), per lo più statica la prima (ma si fa incandescente in chiusura), onirica e striata di modalismo la seconda;
in memoria di Butterworth il connazionale Vaughan Williams
concepì la sua Quarta Sinfonia. Così pure si lascia ascoltare regalando emozioni la Prière del raffinato Caplet (grande amico di
Debussy del quale diresse il Pelléas) che morì sì nel 1925, ma a
seguito dei postumi di avvelenamento da gas contratti durante
la Grande Guerra. Completano il programma una dolce, effusiva
lirica imbevuta di tenerezza dovuta a Ivor Gurney, anch’egli vittima dei gas nemici (combattente dopo aver interrotto gli studi con
Stanford e Vaughan Williams, morì poi di tubercolosi per i postumi
del grave avvelenamento) e una pagina dal Requiem del sommo
Delius: in assoluto una delle personalità di spicco del Novecento
europeo. Musicista inglese di origine tedesca (nacque nello
Yorkshire), Delius visse poi quasi sempre in Francia, a Grez-surLoing, avendo sposato una pittrice, dove il giovane conterraneo
Fenby lo raggiunse per coadiuvarlo quale eccezionale amanuense
dopo che una grave paralisi e la cecità a partire dal 1924 lo resero
quasi del tutto inabile: per la sua posizione personale (l’origine
britannica, gli studi parzialmente compiuti in Germania che pure
ebbe a contestare, l’esilio volontario in Francia e nel contempo il
ruolo di leader ideologico del movimento neo-modale inglese) ne
fanno quasi una sorta di emblematico crocevia sovranazionale,
a suggello del percorso musicale della serata odierna, in ricordo
della Grande Guerra.
Attilio Piovano
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Nata nel Kent in Gran Bretagna, Lorna Windsor ha studiato
pianoforte e viola, quindi si è diplomata in canto e pianoforte
presso la Guildhall School of Music and Drama di Londra, perfezionandosi nel repertorio liederistico con Elisabeth Schwarzkopf
e con Graziella Sciutti a Londra, con Hans Hotter a Vienna e con
Gérard Souzay a Parigi e a St. Jean-de-Luz. Tra i premi ricevuti a
Londra figurano il Premio Miriam Licette per la Mélodie française
e quello della Royal Society of Arts per il Lied tedesco.
La sua attività è dunque prevalentemente dedicata al recital cameristico, che ha portato con diverse formazioni strumentali nei
maggiori festival di tutta Europa, ma non trascura il teatro d’opera in tutte le sue varianti: dal Pipistrello di Johann Strauss all’Euridice di Jacopo Peri e a West Side Story di Leonard Bernstein, dal
Flauto magico di Mozart e Orfeo all’inferno di Jacques Offenbach
a Un ballo in maschera di Verdi (nel ruolo di Oscar) e al Cavaliere
della rosa di Richard Strauss (nel ruolo di Sophie).
Le sue caratteristiche vocali di soprano agile e leggero le hanno
permesso di affrontare con successo molti ruoli mozartiani
– celebre la sua interpretazione di Despina nel Così fan tutte
diretto da Claudio Abbado con la regia di Giorgio Strehler – ma
anche opere del repertorio barocco, affrontate da Lorna Windsor
insieme a formazioni orchestrali fra le più note in questo settore: Concerto Köln, Gioiosa Marca, Capella Savaria. Molto attiva
anche nel campo della musica contemporanea, Lorna Windsor
ha interpretato regolarmente – e spesso in prima esecuzione – la
nuova musica di autori come Glass, Henze, Burgon, Berio, Vlad,
Manzoni, Panni, Gentilucci, Landuzzi, Benati, Palomo, Carvajal
e Kurtág.
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Antonio Ballista, pianista, clavicembalista e direttore d’orchestra, fin dall’inizio della carriera si è dedicato all’approfondimento delle espressioni musicali più diverse. Da sempre convinto
che il valore estetico sia indipendente dalla destinazione pratica
e che le distinzioni di genere non debbano di per sé considerarsi discriminanti, ha effettuato personalissime escursioni nel
campo del ragtime, della canzone italiana e americana, del rock
e della musica da film, agendo spesso in una dimensione parallela tra la musica cosiddetta di consumo e quella di estrazione
colta. Particolarissimi per invenzione, originalità e rigore i suoi
programmi, che sconfinano talvolta nel teatro e ampliano spesso
gli ambiti rituali del concerto.
Dal 1953 suona in duo pianistico con Bruno Canino, una formazione d’ininterrotta attività la cui presenza è stata fondamentale
per la diffusione della nuova musica e per la funzione catalizzatrice sui compositori.
Ha suonato sotto la direzione di Abbado, Bertini, Boulez,
Brüggen, Chailly, Maderna e Muti e con l’Orchestra della BBC,
il Concertgebouw di Amsterdam, la Filarmonica d’Israele, l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, la London Symphony
Orchestra, l’Orchestre de Paris, le Orchestre di Philadelphia e
Cleveland e la New York Philharmonic, ed è spesso invitato in
prestigiosi festival internazionali.
Hanno scritto per lui Berio, Boccadoro, Bussotti, Castaldi,
Castiglioni, Clementi, Corghi, De Pablo, Donatoni, Lucchetti,
Morricone, Mosca, Panni, Picco, Sciarrino, Sollima, Togni
e Ugoletti. Ha effettuato tournée con Berio, Dallapiccola e
Stockhausen e ha collaborato con Boulez, Cage e Ligeti in
concerti. È fondatore e direttore dell’ensemble Novecento e Oltre,
formazione stabile il cui repertorio va dal Novecento storico fino
alle più recenti tendenze.
La sua passione per la letteratura liederistica lo ha portato a collaborare con i cantanti Roberto Abbondanza, Magdalena Aparta,
Anna Caterina Antonacci, Monica Bacelli, Gemma Bertagnolli,
Marco Beasley, Cathy Berberian, Phyllis Bryn-Julson, Alda Caiello,
Luisa Castellani, Laura Cherici, Gloria Davy, Mirko Guadagnini,
Kim Kriswell, Sarah Leonard, Anna Moffo, Alide Maria Salvetta,
Susanna Rigacci, Luciana Serra, Lucia Valentini Terrani.
Ha insegnato nei Conservatori di Parma e Milano e all’Accademia
Pianistica Internazionale “Incontri col Maestro” di Imola.
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Bruno Canino, nato a Napoli, ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano, dove ha poi insegnato per
ventiquattro anni; per dieci anni ha tenuto il corso di pianoforte
e musica da camera al Conservatorio di Berna.
Come solista e in ensemble cameristici si è esibito nelle principali sale da concerto e festival europei, in America, Australia,
Giappone, Cina.
Suona in duo pianistico con Antonio Ballista e collabora con
illustri strumentisti come Salvatore Accardo, Uto Ughi, Pierre
Amoyal, Itzhak Perlman, Sergej Krylov.
È stato direttore della Sezione Musica della Biennale di Venezia
dal 1999 al 2002.
Si è dedicato in modo particolare alla musica contemporanea, lavorando, fra gli altri, con Pierre Boulez, Luciano Berio,
Karlheinz Stockhausen, György Ligeti, Bruno Maderna, Luigi
Nono, Sylvano Bussotti, con frequenti prime esecuzioni assolute.
Ha suonato sotto la direzione di Claudio Abbado, Riccardo Muti,
Riccardo Chailly, Wolfgang Sawallisch, Luciano Berio, Pierre
Boulez, con Orchestre come Filarmonica della Scala, Orchestra
Nazionale di Santa Cecilia, Berliner Philharmoniker, New York
Philharmonia, Philadelphia Orchestra, Orchestre National de
France.
Numerose le sue registrazioni discografiche: fra le più recenti ricordiamo i concerti per pianoforte e orchestra di Muzio
Clementi, Ildebrando Pizzetti e Goffredo Petrassi; ha inciso inoltre le Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach e opere di
Alfredo Casella e Claude Debussy.
Ha tenuto masterclass per pianoforte solista e musica da camera
in Italia, Germania, Giappone e Spagna; partecipa al Marlboro
Festival negli Stati Uniti da più di venticinque anni.
Attualmente insegna all’Istituto Música de Cámara a Madrid.
Il suo libro Vademecum del pianista da camera è edito da Passigli.
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