Catechesi con il Gioco
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Catechesi con il Gioco
CATECHESI IN REPARTO ATTRAVERSO IL GIOCO (Laboratorio Itinerante Branca E/G – marzo 2004) 1- Valore religioso del Gioco Il Gioco è un elemento fondamentale per generare uno spirito di fede, una disposizione dell’animo ad accettare Dio, la sua parola, il rapporto con Lui. Stare al gioco di Dio, vuol dire, accettare la proposta di vita che ci viene da Dio, e scoprirvi quegli elementi di gioia, di avventura, di impegno, di gratuità che sono propri del gioco e che da Dio vengono offerti all’uomo proprio per rendergli l’esistenza piacevole e ricca come un bel gioco. Per accettare la fede come assenso al Dio che non si vede e che è sempre più grande di noi, è necessario avere uno spirito capace di giocare, cioè di rischiare, di non sapere come andrà a finire (avventura), uno spirito che gode di queste cose e che appunto nell’ignoto e nell’aleatorio trova la sua grandezza. Il gioco insegna a vivere l’umiltà, la fiducia, il coraggio di camminare anche senza vedere tutta la strada, e con tutti i rischi che un cammino comporta. La fede è precisamente stare al gioco di Dio, accettare che Dio giochi con noi, e che quindi proponga lui le regole del gioco, anche perché solo così il gioco si fa interessante ed esce dai soliti limiti umani nei quali rischiamo di soffocare. Lo spirito di gioco, a cui si arriva vivendo il gioco in tutte le sue forme e secondo tutti i suoi valori, dà il gusto dell’avventura e del gratuito e così dispone l’animo ad accettare l’offerta di Dio, la sua parola, la sua presenza, il suo disegno che comporta sempre una dimensione di mistero, di non immediato, di imprevedibile e di superiore alle capacità umane. Lo spirito di gioco offre il senso della gioia, di quella profonda e spesso impalpabile sensanzione di certezza e di fiducia, fondata sulla esperienza di momenti che hanno rivelato le sconosciute capacità proprie e i possibili aiuti altrui (dimensione comunitaria: solidarietà), e anche di quella gioia che nasce dal rischio accettato e vinto, dal superamento di se stessi e delle proprie paure. Oggi si sta perdendo lo spirito di gioco, soffocati come siamo dalla ricerca di effetti immediati e di traguardi definitivi, si sta perdendo il gusto della fede e si rifiuta quanto di indefinito e di imprevedibile ci sia in esso. 2- Elementi educativi del gioco Il gioco, seppur creativo, originale, immediato e spontaneo, è un momento estremamente educativo, infatti: • Il gioco è tale perché è gratuito: si gioca per giocare, per stare insieme, per fare qualcosa di diverso dal solito. • Non si gioca per vincere: la competitività, quando c’è (bisogna non esagerare nel fare concorsi con premi e riconoscimenti particolari) è solo uno stimolo in più, un confronto sereno che aiuta meglio a capire se stessi, a scoprire in sé qualità e forze forse sconosciute, ma sarebbe un ostacolo se diventasse il fine del gioco. • Sviluppa il senso altruistico, la capacità di offrire se stessi solo per amore, la percezione di essere fatti per dare più che per ricevere. • Il ragazzo è aiutato nella sua autoeducazione proprio dal suo modo di giocare, dalle sue preferenze, dai suoi sbagli che rivelano in modo sereno e non programmato le sue capacità e i suoi limiti, i suoi sogni e i suoi desideri. • Il gioco richiede impegno e fatica, sforzo e costanza; questa esperienza di possibilità e di resistenza allarga l’angolo di visuale del ragazzo che lo porterà a chiedere a se stesso sempre di più, a continuare oltre il primo allarme di fatica e di stanchezza, a credere alle proprie forze al di là di insuccessi momentanei. • Bisogna essere leali verso se stessi e verso gli altri, accettarsi come si è e di non barare cercando solo il successo fuori delle regole del gioco. Il gioco non deve essere un “giochino”, una banalità e nemmeno una semplice prova di resistenza, una gara di forza fisica, una mostra di muscoli o un confronto di furbizia; anche se questi elementi possono non mancare, non debbono essere gli unici per non discriminare in partenza chi è meno dotato in questo senso. 3- Quale Gioco? Il gioco deve avere la sua importanza, la sua dignità, la sua consistenza come gioco, come impegno di tutta la persona in quadro di spontaneità. Il gioco scout è sempre qualcosa di costruttivo, di impegnativo, di “serio” (che non vuol dire noioso), deve cioè offrire al ragazzo una ragione, una motivazione per essere accettato e goduto, per diventare un momento pieno della sua vita. Qualunque gioco, se è tale, offre sempre un pizzico di avventura e di rischio, e comunque, non deve arrivare a mettere in pericolo la vita dei ragazzi né a rischiare la pelle, il gioco scout contiene sempre l’aspetto di ignoto, di scoperta, di tentativo, dove la competenza e l’impegno, la forza e la furbizia che uno possiede e che uno acquisisce nel gioco stesso. Il gioco scout deve contenere spunti che costringano il ragazzo a rischiare, ad andare al di là di dove già si sente forte e collaudato. Nel proporre i nostri giochi, bisogna fare attenzione che certi giochi notturni spericolati o certi grandi giochi megalomani, diventano subito negativi perché non educano all’avventura e al rischio ma solo alla incoscienza o alla violenza fisica o al sentirsi superuomo e quindi diseducano. Per rendere il gioco veramente educativo non si deve trascurare la dimensione comunitaria, anche se essa appare così ovvia, in educazione niente è automatico, tutto deve passare attraverso la coscienza. E’ la comunità di reparto che gioca e dentro di esso il singolo trova il suo posto e il suo spazio. Non c’è vero gioco se esso non apre la singola persona alla comunità, se non si sperimenta la gioia di stare insieme entro le regole liberamente accettate. Giocare insieme, essere “compagni di gioco” fa scoprire un tipo di solidarietà umana e un modello di convivenza purtroppo contraddetti dalla realtà sociale che ci circonda, ma proprio per questo sempre più necessari. Il gioco riesce a divertire solo quando tutti rispettano gli impegni presi, è una regola del comune convivere, e che nel gioco appare essenziale proprio per godere del gioco stesso e così passare un tempo felice. Il gusto del giocare, la soddisfazione di un gioco che riesce, chiunque risulti vincitore, sono elementi che incidono nell’animo del ragazzo e che gli svelano via via le regole essenziali di un vivere piacevole. Appare così, alla fine, come il gioco educa alla gioia della vita, a saper affrontare la vita con sempre uno spirito sereno e positivo senza pessimismi né amarezze. 4- il Gioco organizzato. Il gioco nella branca esploratori/Guide è gioco pensato, organizzato, regolato, ben costruito e co-costruito. Vanno utilizzate le tecniche scout il più possibile: la topografia, le legature, il fuoco per l’animazione, l’astronomia ecc… Senza le tecniche scout il gioco è parrocchiale, è caccia al tesoro da sagra o altro ancora, ma non è gioco scout. Se giochiamo per svago, per evasione, perché abbiamo voglia di correre ci basta buttare per aria una palla… se giochiamo a calcio, a baseball o a roverino è meglio non snaturare il gioco con innovazioni, sottrazioni o aggiunte. Ogni gioco “classico” è in genere ben strutturato e regolato, possiede finalità educative, modi di interazione e dettagli curati che valgono di per sé e che non vanno rovesciati o alterati. Le fasi del lavoro di preparazione di un gioco sono: a) la programmazione: 1) definire il luogo e lo spazio 2) definire la durata ottimale 3) verificare i materiali per attuare il gioco 4) stabilire le regole ed i comportamenti da tenere durante il gioco 5) prevedere degli interventi atti a mantenere il gioco vivo e a svilupparne il potenziale 6) definire il ruolo dell’educatore 7) formare le squadre. b) il lancio: implica quelle fasi preliminari al gioco vero e proprio, quindi, la chiamata al gruppo, l’ambientazione, la spiegazione delle regole, il coinvolgimento dei ragazzi. c) lo svolgimento: 1) durante lo svolgimento del gioco il capo, anche se nel ruolo di arbitro, dovrà partecipare e non osservare passivamente 2) il gioco essendo un momento di espressione totale favorisce l’emergere di caratteristiche personali che in altri momenti possono essere nascoste o represse 3) il capo dovrà evitare di farsi prendere la mano dal gioco, rinunciando al suo ruolo, piuttosto sarà l’esempio di come si gioca con stile 4) il capo dovrà curare che le fasi del gioco 5) il capo dovrà sedare le risse 6) il capo dovrà aiutare i più giovani ad inserirsi 7) il gioco, durante il suo svolgimento, è serio ed implica un notevole impegno da parte dei partecipanti. d) la verifica con i ragazzi: alla fine del gioco è bene che il gruppo si ritrovi per un momento di verifica, anche se non sempre è necessario che questo sia strettamente formalizzato. e) la verifica con lo staff: per verificare il raggiungimento degli obiettivi educativi.