Lectio COMUNITA - Caritas Caserta
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Lectio COMUNITA - Caritas Caserta
Formazione Base P E R C O RS O EQ U I PE C A R I T A S D IO C E S A NA anno pastorale 2007/2008 LECTIO DIVINA Co m u n ità (Lc 10, 29-33) a cu r a d i Su o r Ben ed et t a R OSSI prima tappa - Roma, 11/14 novembre 2007 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA A LL INIZIO DELLA LECTIO Sal 24, 1-6 Del Signore è la terra e quanto contiene l universo e i suoi abitanti. È lui che l ha fondata sui mari e sui fiumi l ha stabilita. Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo. Otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe Padre buono, ti prego, dammi un intelligenza che ti comprenda, un animo che ti gusti, una pensosità che ti cerchi, una sapienza che ti trovi, uno spirito che ti conosca, un cuore che ti ami, un pensiero che sia rivolto a te, degli occhi che ti guardino, una parola che ti piaccia, una pazienza che ti segua, una perseveranza che ti aspetti. Dammi, ti prego, la tua santa presenza, la resurrezione, la ricompensa e la vita eterna. (San Benedetto da Norcia) LECTIO DIVINA: Comunità 1 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA Comunità (Lc 10, 29-33) Ma il dottore della legge, volendo giustificarsi, disse ancora a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». 30 Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gerico, quando incappò nei BRIGANTI. Questi lo spogliarono, lo caricarono di percosse e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso un SACERDOTE scendeva per quella medesima strada, e avendolo visto, passò oltre, dall altra parte. 32 Similmente anche un LEVITA giunto in quel luogo lo vide e passò oltre, dall altra parte. 33 Invece un samaritano che era in viaggio passò accanto a lui, lo vide e ne ebbe compassione. 34 Gli si accostò, versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò. Poi lo caricò sul suo asino, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, tirò fuori due monete, le diede all albergatore e gli disse: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più lo pagherò al mio ritorno . 36 Quale di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che aveva incontrato i briganti?». 37 Il dottore della legge rispose: «Quello che ha usato misericordia verso di lui». Gesù allora gli disse: «Va e anche tu fa lo stesso». LECTIO DIVINA: Comunità 2 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA IL MIO PROSSIMO, OVVERO IL MIO CONCETTO DI COMUNITÀ La parola che guiderà il nostro ingresso nelle pagine della Scrittura questa mattina è comunità. La scelta del testo di Lc 10,29-37 per parlare di comunità può sembrare, a prima vista, un po azzardata e quantomeno insolita; senza dubbio è vero ma la parola di Dio, come un interlocutore paziente, risponde alle nostre domande, talvolta anche temerarie, qualora abbiamo il desiderio di interrogarla. Il contesto in cui è inserito il racconto di Luca ci trasporta immediatamente all interno di una comunità. L interlocutore di Gesù è un dottore della legge, lo stesso che pochi versetti prima si era alzato per metterlo alla prova, interrogandolo su cosa era necessario fare per avere la vita eterna (v. 25). Il successivo dialogo tra i due si snoda nell ambito della legge, dei comandamenti, in particolare l amore di Dio e l amore del prossimo (vv. 25-28). La comunità cui il testo fa riferimento è, dunque, quella dell alleanza, la comunità degli Israeliti legati al Signore dal vincolo di un patto reciproco. volendo giustificarsi . Tante interpretazioni sono state date di questa motivazione (ad es. il dottore della legge vuol far capire che la sua domanda merita un approfondimento; egli vuole togliere l impressione di mettere Gesù alla prova oppure semplicemente vuole avere l ultima parola dal momento che non accetta lezioni da nessuno); per la nostra interpretazione vorremmo piuttosto partire dal concetto di giustizia, cui è legata la parola giustificarsi . Il dottore della legge, esortato da Gesù a mettere in pratica i comandamenti, ci tiene a mostrare la sua giustizia (la TOB traduce esplicitamente volendo mostrare la sua giustizia ; in Lc 16,5 si fa un affermazione analoga al riguardo dei farisei, apostrofati come coloro che si mostrano giusti davanti agli uomini ); per l interlocutore del maestro di Nazareth è di primaria importanza mostrare la rettitudine e irreprensibilità delle sue relazioni (come abbiamo visto, infatti, la giustizia è una relazione per la promozione di ambedue i soggetti coinvolti), tanto nei confronti di Dio, quanto nei confronti del prossimo. Il dottore della legge va in cerca di una auto-conferma della propria personale giustizia. Con l intento di ottenere questo, pone una domanda che, in realtà, risulta essere solo un pretesto, dal momento che egli conosce o meglio crede di conoscere già la risposta. chi è il mio prossimo? . Il concetto di prossimo ci rimanda a quel contesto di alleanza che sta sullo sfondo di tutto il passo; in particolare, a Gesù si chiede di delimitare, all interno della comunità del patto, il concetto di prossimo. In sintesi: il dottore della legge fa parte, per di più in una posizione rilevante, di una comunità, di fronte alla quale egli vuole mostrare la sua giustizia (ricordiamo che il Signore stava insegnando ai discepoli, l uditorio è abbastanza allargato visto che si parla in precedenza vv. 17-20. del ritorno dei settantadue dalla missione). La comunità dell alleanza diventa il luogo in cui si mostrano le proprie credenziali, per essere riconosciuti più vicini a Dio di altri, più meritevoli di giustificazione, di stima. E lo si può fare perché essa è un territorio di valori condivisi, dei quali mi posso servire per ottenere un plauso personale. RIFLESSIONE: Qual è il mio concetto di comunità? Far emergere le mie precomprensioni sulla comunità Quanto spesso i valori della comunità diventano solo pretesto per mostrare la mia giustizia Gesù con il suo racconto entra dentro la comunità per mostrarne le piaghe e poterla sanare, in qualche modo ribaltandola e rovesciandone l identità. LECTIO DIVINA: Comunità 3 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA COMUNITÀ CHE PRENDE La prima comunità che il testo raffigura è la comunità dei briganti, in cui si imbatte per caso un viandante. Spesso la Scrittura, in particolare la letteratura sapienziale e profetica, ci descrive la connivenza nel male attraverso l immagine di persone che si accordano, formando una vera e propria comunità, ai danni di un innocente. Vale la pena ricordare il primo discorso sapienziale contenuto nel libro dei Proverbi (1,8-19) che mostra la straordinaria capacità di aggregazione che gli uomini hanno per compiere il male; si tratta di una comunità a tutti gli effetti, che cerca di attirare al suo interno più adepti possibili ( vieni con noi v. 11). L idea che sta alla base di questo gruppo è quella della solidarietà, della condivisione ( riempiremo di bottino le nostre case, tu getterai la sorte insieme con noi, una sola borsa avremo in comune vv. 13-14). Anche la comunione e la chiarezza di intenti è formidabile: tendiamo insidie all innocente senza motivo (v. 11), con l unico obiettivo di mostrare la propria forza, fare sfoggio la propria abilità. La comunità, dunque, è anche qui luogo di condivisione, di comunione ma a quale scopo? lo spogliarono, lo caricarono di percosse . L unanimità e la rapidità con cui questa comunità agisce è, potremmo dire, ammirevole . Prima di tutto spogliarono l uomo solo: non si tratta semplicemente di un portar via, anche perché presumibilmente sarebbe stato più facile prima picchiare l ignaro passante e poi derubarlo. Lo spogliamento mette in primo piano l immagine di una veste sottratta; il vestito nella Scrittura è un elemento di importanza fondamentale: esso indica il modo di rapportarsi agli altri (si può fare riferimento, ad esempio, al gesto di stracciarsi le vesti in segno di lutto o supplica, oppure di indossare le vesti regali per comparire davanti al re, etc.). La tunica dalle lunghe maniche di Giuseppe indica concretamente la predilezione, l elezione per usare una categoria biblica del padre Giacobbe nel confronti del figlio avuto in vecchiaia (Gen 37,3). Ogni volta che i fratelli vedono quella veste, allo stesso tempo vedono questo amore di preferenza, un amore particolare, e quasi inesorabilmente, si accresce l invidia nei suoi confronti. Giuseppe spogliato (37,23) è in balia dei fratelli e, da uomo libero che era, ormai nudo sarà venduto come schiavo (37,26-28). La veste piena di sangue portata al padre diventa, infine, segno di riconoscimento del figlio morto (37,31-33). Considerata la valenza ampiamente simbolica ed evocativa della veste, acquistano nuova luce anche le parole del Signore, il quale, definendosi come colui che dà pane e vestito allo straniero (Dt 10,18), si rivela come colui che dà allo straniero non solo il cibo, ma anche la possibilità di relazionarsi con gli altri. Infine, il verbo usato qui dall evangelista Luca per indicare lo spogliamento, è impiegato da Matteo e Marco (Mt 27,28.31; Mc 15,20) per indicare lo spogliamento di Gesù durante la sua passione: egli viene denudato, privato delle sue vesti, per essere rivestito di porpora e schernito. Il Figlio dell uomo, privato a forza della sua veste, è ormai in balia degli altri, facile preda di scherno e insulti. L uomo spogliato è, in una parola, colui che è reso inerme e incapace di rapportarsi all altro per quello che egli è. Non si tratta semplicemente di uno spogliamento fisico: talvolta la comunità diventa il luogo dell azzeramento delle capacità e potenzialità dell altro, del singolo che con essa si confronta. È un processo di inglobamento, mediante il quale si rende l altro impossibilitato ad essere se stesso, incapace di reagire. Chiaramente, non potendo opporsi in alcun modo, il viandante (l altro) è caricato di percosse. Gesto non necessario, segno di una violenza totalmente gratuita, simile a quella descritta in Pr 1,9-18. Se l obiettivo dei briganti era rapinare, perché continuare a percuotere chi ormai è inerme? È la dimostrazione della propria forza; è il fascino del crimine, della violenza che non è altro che quello di manifestare, di provare fin dove posso esercitare senza alcun disturbo la mia vitalità . Tutto questo diventa esaltazione di un abilità e, addirittura, luogo di compiacimento. È come se si esercitasse un potere sulle cose e sulle persone in negativo: invece di dare la vita, il potere consiste nel dare la morte, la manifestazione della propria vitalità si attua nel dispensare gratuitamente morte, a somiglianza dello Sheol: inghiottiamoli vivi come gli inferi (Pr 1,12). se ne andarono lasciandolo mezzo morto . Una volta portato a termine il progetto comune di rapina e di dimostrazione di una superiorità violenta, l altro non è più interessante e viene abbandonato, quasi senza vita. LECTIO DIVINA: Comunità 4 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA RIFLESSIONE Comunità che prende: la raffigurazione è volutamente estrema, ma Quante volte la comunità diventa luogo di spogliamento dell altro? Luogo dove l altro è reso inerme, incapace di relazioni, impossibilitato a porsi come interlocutore, come persona? E, rovesciando i ruoli, quanto mi sento spogliato dalla comunità? L identità violata e distrutta: la comunità, che dovrebbe essere luogo di promozione delle alterità, diventa troppo spesso luogo di rifiuto e violazione di questa stessa alterità. La forza di essere un gruppo, la presenza di valori e obiettivi comuni spogliano il singolo nella comunità tutto questo, spesso, in nome di un bene più grande, più alto Quest uomo, immagine di Cristo, spogliato e caricato di piaghe da una comunità, paradossalmente diventerà luogo di guarigione della comunità stessa, luogo di creazione di una nuova comunità. Ma non ancora COMUNITÀ CHE PASSA Sulla scena irrompono due personaggi, che compaiono separatamente l uno dall altro, ma che fanno parte di una stessa comunità e al suo interno ricoprono ruoli molto simili tra loro, essendo due addetti al culto. La loro comunità si costituisce intorno al Dio dell alleanza e ad un insieme di norme comuni che regolano il patto. Il sacerdote e il levita fanno perfettamente comunità, sono in grandiosa sintonia, al punto tale che, indipendentemente l uno dall altro, a distanza di tempo, agiscono allo stesso identico modo. il sacerdote avendolo visto il levita lo vide . Abbiamo visto ieri l occhio calcolatore, l occhio che misura. Ecco di nuovo lo stesso occhio: nella relazione con l altro esso ha un gran vantaggio , consente di entrare in relazione pur non compromettendosi, non lasciandosi coinvolgere, in una parola non entrando in relazione, ma allo stesso tempo tenendo sotto controllo la situazione, perché l occhio è uno strumento di valutazione a distanza (il diverso grado di partecipazione in una relazione è percepibile dalle ben note espressioni di valutazione: a occhio e a pelle ; la seconda evidentemente indica un coinvolgimento del tutto assente nella prima). La distanza mantenuta diventa spazio in cui è possibile attrezzarsi per la difesa; se nel caso dei briganti, siamo di fronte ad una comunità che aggredisce il singolo, adesso la comunità si sente minacciata dal singolo, messa in pericolo nelle sue certezze, nelle sue consuetudini, in ciò che essa ritiene giusto e ingiusto. La provocazione di cui essa si sente vittima non è tanto descrivibile come un aggressione frontale, materiale; non per questo è meno violenta! La comunità si sente minacciata nella sua integrità di fronte a Dio, nella sua giustizia e purità, nella relazione fondante con il suo Signore. Ci sono varie opinioni, non tutte concordi, per spiegare la motivazione di questo atteggiamento del sacerdote e del levita: la possibile infrazione di una norma di purità è una di queste. Essi, probabilmente, hanno creduto il viandante morto o in fin di vita e per non contaminarsi non si sono avvicinati (cf. Lv 21,1-4; Nm 19,11). Di nuovo il paradosso: una norma che dovrebbe significare la vita, in questo caso, significa potenzialmente la morte di qualcuno. Il sacerdote è, infatti, il mediatore della vita che viene da Dio, colui che porta la vita, perdono e benedizione divina laddove è presente il peccato e la morte (pensiamo ad es. alla funzione delle pratiche cultuali per il perdono delle colpe, per l espiazione). Il levita, nella distribuzione della terra, non avrà parte né eredità con i suoi fratelli (cioè non gli sarà assegnata la terra e mangerà dei sacrifici offerti al Signore), perché il Signore è la sua eredità (Dt 18,1-2). La vita del levita è Dio stesso, ed egli, con la sua presenza in mezzo al popolo, è chiamato a significare a tutti che l origine ultima di ogni vita, nutrimento e dono è il Signore. A chi è chiamato ad attestare e significare la vita (sacerdote e levita) si chiede, simbolicamente, di non avere contatto con la morte; il senso del comando è evidentemente quello di significare vita e benedizione. LECTIO DIVINA: Comunità 5 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA Ed ecco il paradosso: questa prescrizione, simbolo di un legame indissolubile con la vita divina, diventa portatrice di morte (lo sventurato viandante sarebbe probabilmente morto, se non fosse sopraggiunto un terzo uomo). Il legame con Dio, gli strumenti (di qualunque tipo) e i segni che indicano questo legame, diventano paradossalmente pretesto per non lasciarsi coinvolgere. La motivazione ufficiale è la minaccia che viene dal volto di chi è assolutamente inerme e con la sua vita simile alla morte (era, infatti, mezzo morto ) mette in discussione la comunità. La valutazione che il levita e il sacerdote fanno è molto semplice e rapida e provoca una reazione immediata, quasi istintiva: passò oltre, dall altra parte . Precisamente passò oltre, sul lato opposto della strada . Non potendo qualificare l aggressione proveniente da chi è mezzo morto esplicitamente come tale, non potendosi difendere di fronte alla provocazione sfoderando le armi della discussione, della condanna etc si passa oltre, mantenendo uno spazio tra la comunità e l altro, lo spazio della difesa. Siccome poi l altro è sulla stessa strada e l incontro è reso inesorabile dalla traiettoria del cammino, si cambia percorso, passando dall altro lato, il lato libero, quello che consente di passare indisturbati. C è anche qui un tacito accordo e una singolare identità e simultaneità nelle azioni del sacerdote e del levita; non ci sono ripensamenti o obiezioni: bisogna salvaguardare la comunità, a qualunque costo. RIFLESSIONE: Comunità intorno a Dio. Se forse è più difficile identificarmi con la comunità dei briganti, è invece immediato identificarsi con la comunità raccolta intorno a Dio, la comunità della nuova alleanza. Comunità sulla difensiva: spesso come comunità si ha la netta percezione di essere minacciati, non tanto, o meglio non solo, in modo eclatante e con gesti violenti. La minaccia è l intimidazione tacita di una presenza, di un singolo scomodo, che mette in questione senza parlare, che con il suo giacere mezzo morto, potrebbe scardinare le fondamenta della comunità Cerco di dare un volto a questa minaccia e di sentire la sensazione strisciante di pericolo e paura che inizia a diffondersi. Comunità che si scansa. Lo spazio difensivo: c è bisogno di spazio per non essere questionati; addirittura siamo disposti a deviare il cammino per non fermarsi, ad allungare e rimandare il raggiungimento di una meta per rimanere attaccati a come siamo privandoci del gusto buono di sapere come saremmo potuti essere. Sono momenti di crisi (nel senso proprio di giudizio , discernimento ), nodi cruciali nello sviluppo di una comunità che passano perché siamo in cammino. COMUNITÀ E COMPASSIONE Ecco l imprevisto nel racconto di Gesù, la sorpresa che senz altro l uditorio non si aspettava. Da questo elemento di sorpresa nasce una nuova visione della comunità. un samaritano che era in viaggio . Eretico, scismatico, straniero su quella terra, non a casa sua, di passaggio: ecco uno che vive la condizione del precario, dello straniero, non solo agli abitanti della terra promessa, ma straniero soprattutto alla comunità dell alleanza almeno secondo la visione che comunità dell alleanza ha di se stessa! Gesù chiederà da bere ad una donna samaritana (Gv 4,7), si tratterrà a Sicàr due giorni (4,41) assumendo lui, questa volta, la condizione dello straniero ed eretico in terra di Samaria; proprio là sarà riconosciuto come salvatore del mondo (4,42). Il samaritano è in questo momento e sulla strada per Gerico da solo, estraneo a tutti, non appartenendo alla comunità che possiede quella terra e anche quella strada. LECTIO DIVINA: Comunità 6 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA passò accanto a lui, lo vide . L occhio del samaritano è disposto a guardare a distanza ravvicinata; egli passa accanto e, accanto a lui, lo vede. Non c è valutazione previa, non c è difesa perché egli, da straniero, non ha niente da difendere su quella terra. ne ebbe compassione . La compassione nella Scrittura è un essere toccato nel profondo, potremmo dire che è un affare di viscere (una delle parole che significa la compassione indica in ebr. proprio le viscere, il ventre; allo stesso modo, in maniera più ampia, il lessico della compassione è frequentemente associato al movimento delle viscere cf. Ger 31,20; Os 11,8). Tra le molte valenze della compassione vediamone alcune che possono essere rilevanti per il nostro testo. La compassione è legata alla salvezza del misero: Sal 116,6 ero misero ed egli mi ha salvato . Questa salvezza si manifesta in varie forme, ad es. con il dono del cibo: Gesù ha compassione per le folle e si preoccupa del loro nutrimento (Mt 15,32; Mc 6,34; 8,2); e nutrire una persona, provvedere il cibo per lei significa dire attraverso un gesto: io voglio che tu viva . La compassione porta quindi al dono della vita, come nel caso della resurrezione del figlio della vedova di Nain (Lc 7,13), e anche alla consolazione che, metaforicamente, è un far uscire da una spirale di morte (Is 49,13 il Signore consola il suo popolo e ha compassione dei suoi afflitti ). Sarebbe però errato, o quanto meno parziale, intendere la compassione solo come un sentimento d affetto benevolo, anche se profondo. Sulla scia del discorso di ieri, la compassione è chiaramente identificabile come un azione di giustizia: il Signore si alza per aver compassione di voi, poiché Adonai è un Dio di giustizia (Is 30,18). Nella relazione con l altro, la compassione è ciò che lo promuove come soggetto, lo fa esistere, lo fa vivere; ricordiamo che i briganti lasciano il malcapitato mezzo morto, per il sacerdote e il levita è già morto. La compassione del samaritano vede l uomo mezzo morto come l altro che vive e quindi è degno di cure. gli si accostò versò olio e vino sulle ferite . La compassione è quella relazione che costituisce il principio di una comunità, ciò in virtù della quale la comunità è possibile1. La comunità è incontro con l altro ferito e accostarsi alle ferite del fratello per lenirle o guarirle è il primo passo da fare in una comunità. gliele fasciò . A quest uomo, nudo, spogliato delle vesti, della sua identità, della sua capacità di relazione, il samaritano dona con le sue fasce quasi una nuova veste2. La compassione consente di ridonare l identità al fratello proprio nel luogo della sua distruzione, nella ferita, in quella carne viva che adesso viene rivestita dalle fasciature. lo caricò sul suo asino, lo portò ad una locanda. Dopo aver accostato le ferite dell altro ci si fa carico dell altro in quel viaggio che forse avevamo pensato di percorrere da soli e senz altro più speditamente. Farsi carico dell altro è fare comunità, accettando di dilatare i tempi, fare soste e digressioni impreviste, mettendo da parte il nostro progetto per prendersi cura del fratello. si prese cura di lui. Il giorno seguente [ ] al mio ritorno . Ancora il tempo che si dilata, i progetti che cambiano, ma al centro nelle relazioni in comunità c è l altro. Si assiste ad una separazione che contiene, però, la promessa di un ritorno; siamo di fronte ad una rapporto che dura nel tempo, che va oltre lo spazio (essere fisicamente insieme), oltre il tempo (l adesso del bisogno). 1 Anche se non è riferibile alla compassione descritta dal nostro testo, è tuttavia utile ricordare in relazione al nesso comunità-compassione, che quest ultima, in quanto azione di giustizia, è strettamente legata al perdono, al ristabilimento di una relazione di giustizia (come quella padre-figlio) violata e sfigurata dal peccato e dal tradimento: cf. Ger 31,20 è dunque Efraim un figlio caro per me? [ ] le mie viscere si commuovono per lui, certamente di lui avrò compassione ; Os 11,8-9 Come ti posso abbandonare, Efraim, lascirti in balia di altri, Israele? Come posso trattarti come Adma, considerarti come Zeboim? Si sconvolge il mio cuore dentro di me, le mie viscere si infiammano tutte. Non sfogherò l ardore della mia ira ; Mi 7,19 egli avrà compassione di noi, getterà tutti i nostri peccati in fondo al mare ; Lc 15,20 il padre lo vide e ne ebbe compassione . 2 Un grazie di cuore ad una sorella che con la sua condivisione dopo la lectio ha sottolineato la valenza delle fasciature proprio come identità ridonata. LECTIO DIVINA: Comunità 7 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA La relazione non si interrompe, ma si protrae, superando la distanza di tempo e spazio: questo è comunità; non soltanto, il viandante straniero coinvolge un altro in questa comunità a due generata dalla compassione. le diede all albergatore e disse abbi cura di lui . Il samaritano dà due denari all albergatore (che tradotto alla lettera sarebbe colui che accoglie tutti ) e chiede che egli abbia nei confronti di chi ormai è per lui fratello lo stesso atteggiamento che lui ha avuto (v. 34): abbi cura di lui. L albergatore non avrà cura perché pagato, dal momento che egli sa in anticipo che quasi sicuramente spenderà di più rispetto ai due denari che riceve. Anche se il samaritano promette che salderà il debito al suo ritorno, la cura dell albergatore sarà in qualche modo gratuita ( chissà se egli tornerà davvero? ). La comunità fondata sulla compassione attiva delle dinamiche al suo interno perché la cura e la compassione reciproca diventino la cifra distintiva della relazione: anche se l albergatore non ha incontrato il ferito sulla strada, anche se non ha avuto un incontro personale con lui, nondimeno egli è coinvolto nella stessa compassione. RIFLESSIONE: Comunità. Fare unità con, in virtù di una relazione di compassione. Compassione come evento di giustizia, non semplice sentimento. Comunità e ferite. Fare unità con significa prima di tutto accostarsi alle ferite dell altro, pulirle, medicarle: questo presuppone che siano sporche, fetide. La repulsione che suscitano in me le ferite dell altro La comunità tende a coprire, nascondere, occultare le ferite per non vederle? Oppure la ferita, il patire dell altro è il primo luogo dove posso esercitare la compassione, il mio patire con lui? Comunità che si fa carico. Fare unità con, patire con , implica un caricarsi dell altro. Qual è la mia oggettiva disponibilità nei confronti delle differenze portate dall altro? Che sentimento mi suscita il dover allungare i tempi, cambiare progetti? L insofferenza nei confronti di chi non può stare al mio passo. Comunità che coinvolge. La compassione è in grado di coinvolgere anche chi potrebbe tranquillamente rimanere estraneo. Essere coinvolti per poter coinvolgere chiedere compassione. IL ROVESCIAMENTO DELLA COMUNITÀ quale è il prossimo? . Con un abilità straordinaria, senza mai menzionare direttamente la comunità, Gesù ne abbatte i limiti e ne rovescia le prospettive. Il punto di partenza era quello di individuare all interno della comunità dell alleanza il mio prossimo, quello cioè presso di me, nei confronti del quale ho un dovere di assistenza in quanto membri ambedue della stessa comunità. Gesù ribalta la prospettiva: se prima il prossimo è colui che dentro la comunità si trova nel bisogno, e nei confronti del quale la comunità ha un dovere di assistenza, adesso il prossimo è (i) fuori dalla comunità e (ii) colui che ha compassione, non colui che la riceve. La comunità è evidentemente dilatata, proiettata quasi al di fuori, all esterno, anche perché il prossimo diventa l iniziatore, il portatore di un altro tipo di comunità, quella fondata sulla compassione, una comunità che si prende cura, che si coinvolge, che si fa carico dell altro; una comunità che accetta le ferite dell altro, le cura, accetta di aprirsi ai tempi e ai modi dell altro. Il prossimo è chi è capace di sentire compassione e fare comunità con l altro. Il dottore della legge chiede di sapere chi è il prossimo all interno della comunità: Gesù indica che il prossimo è chi fa comunità. Il concetto di comunità è come dilatato verso l esterno, rimane un concetto aperto, aperto all incontro, aperto agli imprevisti della compassione. LECTIO DIVINA: Comunità 8 PERCORSO EQUIPE CARITAS DIOCESANA 2007-2008 PRIMA TAPPA anche tu fa lo stesso . Non solo abbi compassione ma fa comunità, cioè unità con chi è oggetto di compassione. In una parola: è necessario lasciarsi dilatare dalla compassione e se quest ultima è un affare di viscere, lasciarsi dilatare le viscere dalla compassione è lo stesso lasciarsi dilatare il grembo della donna nel momento in cui dona la vita. Proprio la compassione può ridonare la vita, la dignità, l identità a chi ne era stato privato con la violenza e la sopraffazione. CONCLUSIONE È legittimo, a questo punto, chiederci qual è il significato di compassione e comunità, passione con e unità con; ambedue sono un appello, una chiamata profetica rivolta al mondo. Il senso di compassione e comunità ce lo rivela Gesù stesso nell ultima cena, nel momento in cui nella compassione più alta dà la vita alla comunità, non solo morendo per lei, ma anche fondandola e donandogli il senso del suo esistere: non prego solo per questi, ma prego anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; che tutti siano una cosa sola [ ] perché il mondo creda che tu, Padre, mi hai mandato (Gv 17, 20-21). A LLA FINE DELLA LECTIO Grazie, Signore, per averci radunati alla tua presenza, per averci convocati al suono della tua voce. Che la tua parola sia ancora nella nostra vita fuoco ardente che scioglie la nostra quotidiana tiepidezza; che sia martello che spezza la roccia delle nostre false sicurezze e pretese; che sia mormorio di brezza leggera che ogni giorno ci chiama per mostrarci la strada da percorrere. Fa che rimaniamo in te, perché oggi e sempre le nostre mani siano trovate piene di frutti di speranza e di pace. LECTIO DIVINA: Comunità 9