Dintorni - Euterpe Venezia

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Dintorni - Euterpe Venezia
dintorni — 81
Teatro Stabile
o Teatro Ideale?
D
di Gianni De Luigi
esperienza di consigliere
di amministrazione del Teatro Stabile del Veneto
dal 1994 al 2002 ho potuto conoscere dall’interno i meccanismi che muovono questa enorme macchina.
Dunque non dall’esterno autoreferenzialmente come artista, ma imponendomi la figura di tecnico, mi sento di poter avanzare critiche e consigli a un Teatro Stabile italiano
che ha ancora molto da imparare dagli altri paesi europei.
Considerando i limiti degli Stabili (quali: scambi di spettacoli, repertorio monotono, poca offerta per i giovani, breve stagione e quindi apertura limitata nel tempo delle sale,
scarsissima attività formativa del piccolo pubblico e nelle
scuole, offerta per giovani attori assente, direttori artistici con troppi ruoli), sia da consigliere che come direttore
dell’Istituto della Commedia dell’Arte Internazionale ho
cercato di svolgere un lavoro con particolare attenzione a
quei giovani che volessero agire nello spettacolo, formando attori, organizzatori e associazioni teatrali oggi sparsi
in tutta Italia.
Una delle proposte che sin dal primo giorno del mio mandato ho cercato di sviluppare è stata l’educazione dello spettatore, considerando il suo ruolo un’arte, punto di partenza anche per gli attori: base e fondamento per la comprensione del fatto che tutte le arti si compenetrano e il teatro
è il luogo più adatto per esprimerle. Ho proposto quindi
di frequentare gli spettacoli dal vivo, le mostre, i concerti,
i musei, sfruttando appieno anche l’occasione di essere accanto alla Biennale e a una città che dal punto di vista della
coscienza artistica dovrebbe essere una sorta di capostipite.
L’attore spettatore come memoria del futuro delle arti.
Un percorso che si conferma ancora oggi nel contatto con
i giovani e giovanissimi studenti delle scuole inferiori coinvolte nel progetto «Capire il Teatro: l’arte dello spettatore»,
all’interno delle «Esperienze» di Giovani a Teatro organizzate dalla Fondazione di Venezia, volto a recuperare la figura dello spettatore critico.
Vedo sempre più una crisi d’identità che investe i Teatri
Stabili in questa situazione contrassegnata dal moltiplicarsi di sollecitazioni contraddittorie: quasi tutti questi Teatri finiscono per fare il verso alla tv contrassegnando la loro presenza con star televisive senza cercare il necessario
rinnovamento e senza far emergere nuove esigenze anche
dal punto di vista della qualità degli spettacoli. Rimangono ancorati nella difesa di posizioni, strutture, scelte e criteri di programmazione che sempre più si dimostrano
superati dai tempi.
Io credo ci sia la necessità di ridefinire la funzione dei Teatri Stabili in rapporto alla domanda del
territorio, e ciò si impone con urgenza, se si vuole che essi possano in quanto servizio pubblico favorire la crescita culturale
della società.
Il Teatro Stabile infatti, per gli spazi e i mezzi
di cui dispone, deve, se
vuole trovare una sua
collocazione adeguata alle nuove esiurante la mia lunga
genze, diventare un punto di riferimento per la crescita dei
cittadini giovani e meno giovani nel dibattito culturale. Ciò
vuol dire che deve aprirsi alla ricerca drammaturgica e di
sperimentazione di nuovi linguaggi e tecniche comunicative.
Se penso agli intenti proposti in Parlamento, i Teatri Stabili potrebbero essere fucina sociale e perseguire questi
obiettivi: 1) favorire l’eccellenza artistica e il costante rinnovamento della scena italiana; 2) promuovere nella produzione teatrale la qualità, l’innovazione, la ricerca, la sperimentazione di nuove tecniche, nuovi stili e l’interdisciplinarietà; 3) valorizzare il repertorio contemporaneo italiano
ed europeo e sostenere il repertorio classico; 4) sostenere la
dintorni / teatro
teatro
formazione e tutelare la professionalità in campo artistico,
tecnico, organizzativo; 5) incentivare la distribuzione e la
diffusione del teatro, avvicinare nuovo pubblico al teatro,
con particolare riguardo alle nuove generazioni e alle categorie meno favorite; 6) sostenere la proiezione internazionale del teatro italiano, in particolare in ambito europeo.
Queste dichiarazioni di intenti non vengono quasi mai rispettate e molte volte sono palesemente tradite.
In conclusione vorrei citare una frase di un manager teatrale fondatore sessantadue anni fa assieme a Giorgio Strehler del primo teatro stabile italiano, Paolo Grassi: «Ragioni culturali, ma soprattutto ragioni economiche tengono lontano il popolo dal teatro mentre il teatro, per la sua
intrinseca sostanza, è fra le arti la più idonea a
parlare direttamente al cuore e alla sensibilità della collettività, il teatro è il miglior
strumento di elevazione ed educazione
culturale disponibile nella società». ◼
Sopra: Gianni De Luigi; a fianco:
Paolo Grassi (immagine tratta dal
libro di Carlo Dilonardo, Paolo Grassi. Il valore civile
del teatro, Arduino Sacco
Editore, Roma 2009).
82 — dintorni
cinema
Erotic Art
Tinto Brass
T
di Fiorella Mancini
dintorni / cinema
into Br ass, maestro prima del filone grottesco, poi di
quello erotico, ha avuto pubblico riconoscimento della sua arte durante l’ultima Mostra del Cinema. Con il solito stile
graffiante e diretto ci racconta in quest’intervista la sua idea di Venezia e il rapporto con l’arte delle sette note, costante della sua produzione filmica.
Marco Müller ha consacrato quest’anno alla Biennale Cinema Tinto Brass presentando alla rassegna il suo ultimo
corto Hotel Coubert e la protagonista nonché sua nuova musa, la psicologa-avvocato Caterina Varzi. «Le donne sono
l’unica speranza di cambiare il mondo!» esclama Tinto e alla richiesta di come spoglierebbe Venezia sentenzia: «Venezia è già nuda... quando cammino per Venezia sono in
uno stato di erezione perenne, emozione forte, perché le
donne che attraversano i ponti, i campi, le calli rimbalzano su loro stesse la bellezza e la sensualità della città e loro a loro volta la restituiscono con una specie di gioco carambola di un rapporto di reciproche valenze, simboliche
equivalenze, per me Venezia l’ha definita bene Apollinaire, “The Sex of Europe”, città alcova. Ma quale altra città
del mondo le notti giri l’angolo e trovi due che ciava e uno
che te sbusa la panza... Se le pietre potessero parlare a Venezia ne racconterebbero di cose. Avrei un progetto ambientato in laguna, Vertigini, storia di un vecchio della mia età
più o meno, che si rende conto che l’unica ragione di vita
è la lussuria e trova una ragazzina, una di queste bad girl, la
moglie del figlio, che è un coglione politico che sta a Roma. Lei lo provoca, lo stimola, lo tiene in vita finché questo non ne può più e ridotto in carrozzella le chiede di aiutarlo ad andarsene. È un’eutanasia d’amore, felice e beato
con il culo di lei che lo soffoca».
Come reagisc i alla
depressione?
Ne ho sofferto
per un periodo.
Dopo la scomparsa di Tinta
sono entrato
in una specie di tunnel nero
perché la
rabbia, la
nostalgia,
i l dolore
di perdere
la persona
amata m i
faceva male, aspettavo con ansia
che tutti quest i elementi così negativi divenissero
forza costruttiTinto Brass e Caterina Varzi
(foto di Fiorella Mancini)
va per fare qual-
cosa di creativo dal punto di vista artistico, estetico e anche erotico-sessuale, e in quel momento trovai chi mi prese per mano, mi tagliasse un po’ le unghie, me le limasse...
È stato determinante incontrare la mia nuova musa, Caterina Varzi». «Penso che il maestro mi rinnegherà» – replica Caterina – «perché ogni tanto, dietro la sua anarchia, in
realtà si nasconde un sottile bisogno di tirannia che prende il sopravvento, allora io lo accuso: “Sei un tiranno!” e
lui esclama: “Perché mi tira sempre”».
Ma la musica ha in qualche modo «tirato» Brass?
Certamente, la musica mi ha sempre accompagnato nelle
mie scelte. Non che io costruissi i film sulla musica: la musica mi piaceva ma non per coprire i film totalmente, come fanno gli americani: preferivo avere delle zone precise a lei dedicate, perché è un elemento importantissimo,
molto spesso, anzi quasi sempre in contrappunto con le
immagini: se sono drammatiche musica allegra, gaia, per
non raddoppiare quello che già si vede. Per Senso 45 chiesi a Morricone un pezzo di otto minuti e per Snack Bar Budapest brani musicali di Zucchero su cui avrei costruito e
montato. Per un futuro progetto su un corto di D’Annunzio, ho scoperto alcuni suoi versi erotici inediti, ci sarà una
Casta Diva dove gli acuti di una sua amante, in una decadente Venezia tra fiori e verdura vecia, si mescoleranno ai
gemiti, e a una canzone, “Io cerco la Titina” (“Io cerco la
Titina/La cerco ma non la trovo/Lei porta solo una vestina/Sorride ognora, notte e dì/Non usa portare mutandina/Le calze sono corte fin qui”)». «La musica tra le arti è
quella che attinge maggiormente all’inconscio» – conclude con un ammiccante sorriso a Tinto Caterina Varzi. ◼
Musica Last Minute
a cura di Fiorella Mancini
Alla Mostra del Cinema
Mario Monicelli
«Mahler, Nono, Strauss»
Valeria Marini
«Gigi D’Alessio»
Marco Müller
«Joseph Haydn»
Giuseppe Tornatore
«Ennio Morricone»
(foto di Fiorella Mancini)
arte
dintorni — 83
Romano Pascutto
al Museo del Paesaggio
va, assieme al dolore di vivere, la saggezza antica e la ricerca
di felicità anche minima dei sentimenti; sullo sfondo di ogni
vicenda umana raccontata stavano i fenomeni del naturale,
le albe, i tramonti, l’aria che preavvisa del cambiamento delle stagioni, il paesaggio di campi e lagune».
A Romano Pascutto, al pari di Biagio Marin e Giacodi Silvia Carraro
mo Noventa, va riconosciuto, come scrive Andrea Zanzotto nella premessa della silloge L’acn occasione del primo centenario
dalla nascita di Romano Pascutto «Vivere l’è ’na fadiga granda par omeni qua, la piera, la tera, «un vero e proprio
magistero nel campo della poesia dia(1909-1982), la Regione del Veneto
e piante, e forse anche par la piera»
lettale di questo dopoguerra. E ciò per
ha istituito, in collaborazione con il CoRomano Pascutto
la coerenza, la precisione, la riconoscimune di San Stino di Livenza, un Cobilità del suo dettato, per l’altezza morale del suo discormitato per riportare alla luce la figura e l’opera di questo
so che ha lontane origini ma resta sempre aperto al futuesemplare cantore della terra veneta, organizzando un ricro, che è testimone di un ostinata forza etica, in grado di
co calendario di manifestazioni, che offre una vasta gammisurarsi, del resto, anche in una costante pratica di vita».
ma di proposte, dal teatro alla convegnistica, e che culmi«Risonanze» sarà anche l’occasione per proporre, partennerà con la pubblicazione del quarto tomo dell’opera omdo dall’esperienza del poeta, tutta una serie di assonanze
nia del poeta.
nella pittura e nella poesia veTra le molteplici iniziative,
neziane degli anni cinquanta.
volte a conferire a Pascutto il riLa mostra sarà organizzata in
lievo che gli spetta nella storia
tre sezioni. Una prima sezione
civile e, più in generale, in ambi«storica», in cui verranno espoto letterario, teatrale e artistico,
ste opere di artisti vicini a Pasi segnala la mostra «Risonanscutto per amicizia o per temi
ze. Omaggio a Romano Pascuttrattati. Uno spaccato di una
to», che si aprirà il 5 dicembre
certa tendenza della pittura veal Museo del Paesaggio di Torneziana degli anni cinquanta,
re di Mosto.
arte «impegnata» in temi sociaInaugurato il 16 dicembre
li quali il lavoro, la denuncia, la
2007 in occasione della moscelta etica a favore dei deboli e
stra «Tra mare e laguna. L’estetidegli sfruttati. Vi saranno, tra le
ca nella pittura del ’900», il Mualtre, opere di Biagio Pancino,
seo del Paesaggio è nato proprio
a cui Pascutto chiese di illustracon l’intento di dar voce agli arre la sua prima opera poetica, il
tisti che di quel paesaggio hanpoemetto Cammino e canto con lono contributo a costruire e renro e alcuni capolavori di Armandere immortali le icone.
do Pizzinato, amico del poeta,
Poeta in lingua e in dialetche illustrò, fra l’altro, proprio
to, romanziere e autore teatrala copertina di quel poemetto.
le, nonché militante della ResiLa seconda sezione sarà incenstenza e attivo collaboratore di
trata sul binomio poesia-pittugiornali e riviste della Sinistra
ra, che portò a collaborazioni importanti nella Venezia di
italiana, Romano Pascutto, nato e cresciuto in una modequel periodo. È il caso di Pascutto con Pancino e Pizzinasta famiglia di artigiani di San Stino, città di cui fu poi sinto, ma anche di Marcello Pirro con Hans Richter e Roberto
daco, dedicò la sua opera all’esplorazione e alla rappresenCrippa, Manlio Dazzi e Ennio Pouchard con Virgilio Guitazione del suo mondo. Raccontò della sua terra, della sua
di. E poi una terza sezione, ulteriore omaggio a Pascutto
gente, la gente di un paese di campagna che si affacciava nel
attraverso le opere di artisti contemporanei che hanno già
dopoguerra alla nuova realtà industriale, raccontandone le
esposto al Museo del Paesaggrandi fatiche e difficoltà, le lotgio (Balzarin, Bevilacqua, Cete contro lo sfruttamento, ma
Storia di Nane
sca, Mauro, Pancino, Sartor). In
anche i grandi valori, il desideMi no so dir se in ’ste tere/de strame e de fame,
questo modo il Museo di Torre
rio e la forza di conservarli, pur
de fossi/s-gionfi de malaria, de putei/s-gionfi de
di Mosto vuole dare il suo connella volontà e determinazione
polenta e pelagra/de fracole e rosse marmacole,/
tributo nel diffondere la conodi cambiare.
de liberali che i va a messa/granda e de piovani
scenza dell’opera di questo po«Un popolo fatto di bracciancomandoni/che i te manda diese ani soldà/se t’ha la
eta e personaggio pubblico, ofti, mezzadri, di contadini povesposeta de vinti;/mi no so se ghe sta un Dio/amigo
frendo nuove chiavi di lettura
ri, di sterratori, badilanti, torde l’omo e de i poeti:/se l’è, non l’è biondo e bon/e
no ‘l ride gnanca a Nadal./Me piase pensar che ‘l ghe
che attribuiscano un significato
turato ancora dalle antiche piasia/co i pie descalzi nel pantan/del palù, dove se alza
ancora più grande al suo patrighe sociali della pellagra, della
grise/le crose de i pescadori negadi/e el caivo fraca
monio ideologico e culturale. ◼
malaria, dei disturbi alimentari,
su l’acqua,/passa l’istà e l’odor forte/de le ninfe zaie
della fame», spiega Giorgio Balche imbriaga/i remadori piegadi su i barconi/carghi
do, ideatore del Museo del Paede strame e chi li tira/da la riva co la schena rota/e
saggio e curatore della mostra.
l’anema carga de besteme.
Al centro: Armando Pizzinato,
«Pascutto esplorava con le sue
Bracciante ucciso, olio su tela,
130 x 150 cm, 1949.
poesie quel mondo, e ne cantaRomano Pascutto, in L’acqua, la piera, la tera e altre poesie
dintorni / arte
I