Magnini: La mia lotta al doping si fa più dura Corriere dello Sport (ed
Transcript
Magnini: La mia lotta al doping si fa più dura Corriere dello Sport (ed
18 dicembre 2015 Pagina 27 Corriere dello Sport (ed. Campania) C. C. NAPOLI Magnini: La mia lotta al doping si fa più dura «Con me un pool di specialisti. Qualcuno imbroglia ancora...» Se c' è una cosa che ti insegna l' esperienza è apprezzare quello che hai nel momento in cui lo hai. Filippo Magnini sembra aver raggiunto questa piccolagrande dimensione e galleggia nel vero senso della parola nel nuovo mondo delle piscine, governando la popolarità crescente di tutto il movimento e, cosa più importante soprattutto per lui, ancora parecchi avversari. Ci sguazza così bene che a 33 anni abbondanti non è neanche detto che questa sia la sua ultima stagione. Tra un impegno istituzionale e quello con gli sponsor (come la Head & Shoulders solo due giorni fa), il nuoto resta il punto di riferimento di un atleta dalla carriera lunghissima (due titoli mondiali consecutivi dei 100 sl) e non ancora finita. Correnti di pensiero dicono che se annunci il ritiro per l' anno successivo, nella testa in realtà hai già smesso e l' ultima stagione diventa un calvario. La prospettiva di Magni ni è diversa. «Fisicamente mi sento bene, allenarmi mi piace e i risultati mi danno ancora ragione. Deciderò con calma». Mai come ora il tema del doping è di attualità. Oggi parte dall' atletica ma nessuno è al riparo dalle truffe. «Io ho la certezza di aver gareggiato contro atleti dopati. A volte li ho battuti altre hanno vinto loro e qualcosa mi hanno tolto, a me come a tutti gli altri atleti puliti: perché la realtà è che ai controlli beccano sempre quelli che vincono... Non ci vuole molto per rendersi conto che qualcuno sta imbrogliando: gente che sparisce e poi ricompare all' improvviso facendo grandi risultati, oppure li vedi alle Olimpiadi nei 1.500 e al Mondiale successivo nei 100 e 200 stile libero. Io nella mia vita non andrò mai forte nei 1.500 così come Paltrinieri non andrà mai forte nei 100». La lotta al doping è una di quelle cose che potrebbe impegnare Magnini anche a carriera finita. «I' m doping free è uno dei miei progetti: all' inizio era solo un messaggio, fatto con una maglietta, un tatuaggio durante le gare o un braccialetto. Ora sta diventando una cosa molto più evoluta, un format dove porterò la mia esperienza di atleta assieme a professionisti del settore: un dottore l' oncologo Porcellini che segue la mia integrazione e spiegherà cosa si può e non si può prendere e le conseguenze, poi Marco Bianchi per l' alimentazione e Matteo (Giunta, ndr) per la preparazione in acqua e fuori. L' idea è far capire ai più giovani come si lavora per ottenere una grande prestazione seguendo le regole». Il presente è fatto ancora di gare. «L' importante è fissare bene gli obiettivi. A 33 anni non posso dire di voler andare a vin cere le Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 A CURA DI ASITNEWS IN COLLABORAZIONE UFFICIO STAMPA CCN Continua > 1 18 dicembre 2015 Pagina 27 < Segue Corriere dello Sport (ed. Campania) C. C. NAPOLI Olimpiadi ma se fino a qualche mese fa potevo ragionare solo sulla staffetta, dopo il mondiale di Kazan l' idea di fare bene anche la gara individuale c' è. Se poi parliamo di speranza di medaglia, è normale che l' idea sia quella della 4x100 stile libero ma attenzione: a Kazan si sono allineati i pianeti con Usa e Australia fuori dalla finale. A Rio difficilmente succederà di nuovo, ci sarà da lottare». Staffetta e gara individuale. Secondo alle selezioni dell' aprile scorso nei 100 stile libero, a Kazan le è stato preferito Dotto. Per Magnini solo la 4x100, poi finita sul podio proprio grazie a lei. «Ero arrabbiato. Molto, molto arrabbiato». sono confrontato molto anche con la mia famiglia e ho fatto, credo, la cosa migliore. Da atleta vorrei sempre gareggiare, nella mia testa mi ero guadagnato il diritto di fare quei 100 stile libero ai Mondiali e anche se ho vissuto quel momento come un' ingiustizia ho messo l' interesse della Nazionale davanti al mio. Ho detto quello che pensavo a chi di dovere, mi sono tenuto il mio dispiacere senza fare polemiche». Da Londra a Rio è proprio un' altra Nazionale. «E' diverso l' ambiente, non ci sono più allenatori che pensano solo al loro atleta. Ora siamo un gruppo vero, unito e anche i risultati si vedono. Sono orgoglioso di aver portato il mio contributo con una carriera lunghissima, onesta, fatta di vittorie e anche di delusioni, come il periodo dei costumoni che mi ha oggettivamente penalizzato proprio alle Olimpiadi». Passa Federica, borsa in spalla e cappello in testa («Hai tu le chiavi di casa? Ok, ci vediamo in piscina quando finisci, ciao ciao, io vado»). La loro quotidianità è fatta anche di cose che vanno oltre l' immagine di una coppia bella e vincente. La separazione delle carriere è uno dei loro segreti. Al Mondiale, questa estate, gli stati d' animo coincidevano: felici e medagliati. Ai recenti Europei di vasca corta proprio no: lei medaglia d' oro, lui a 5 centesimi dal bronzo. Come si fa a gestire quei momenti? «Ormai abbiamo imparato. Era successo, anche se al contrario, a Doha un anno fa: io ero andato benissimo, Federica non era in condizione. Non potevo certo andare lì da lei a festeggiare. Abbiamo i nostri tempi, poi una volta sbollita la rabbia e la delusione basta un gesto, uno sguardo e torna tutto come prima. In quei momenti conta molto il ruolo dell' allenatore e l' appoggio delle rispettive famiglie: la telefonata con il papà, la mamma, aiutano molto. Il grande vantaggio è che sappiamo perfettamente cosa ci passa per la testa in certe situazioni senza neanche bisogno di dircelo». Rimane senza risposta l' ultima grande domanda? «Cosa dico a Federica alla fine dello spot che si vede in tv? Poco fa me lo ha chiesto anche Fiorello alla radio! In realtà sembra che dico un banalissimo "Ue". Ma io "Ue" non l' ho mai detto!». Paolo de Laurentiis Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 A CURA DI ASITNEWS IN COLLABORAZIONE UFFICIO STAMPA CCN 2