Farmaci che modulano l`espressione del dna

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Farmaci che modulano l`espressione del dna
Ottobre-Dicembre 2014 • Vol. 44 • N. 176 • Pp. 240-245
Frontiere
Farmaci che modulano l’espressione del dna:
attuali e potenziali applicazioni in pediatria
Giovanna Russo, Milena La Spina, Piera Samperi, Luca Lo Nigro
Centro di Riferimento Regionale di Ematologia e Oncologia Pediatrica, Azienda Policlinico – OVE, Università di Catania
Riassunto
I farmaci capaci di modulare l’espressione del DNA potrebbero attivare o inattivare geni la cui funzione è strettamente legata alla patogenesi di una specifica malattia. La terapia “epigenetica” si pone l’obiettivo di modulare l’attività principalmente coinvolta nel meccanismo patogenetico della malattia stessa
(metilazione o deacetilazione) come nelle malattie mielo-linfoproliferative, o di indurre la trascrizione e quindi la sintesi di proteine normalmente inespresse
come nell’emoglobinopatie ereditarie. Nel primo caso, il ricorso a farmaci demetilanti e inibitori delle iston-deacetilasi ha portato alla remissione completa
in casi refrattari. Nel caso delle emoglobinopatie ereditarie (beta talassemia e malattia drepanocitica) la somministrazione dell’Idrossi-Urea (HU) ha indotto
l’espressione di HbF con conseguente beneficio clinico. Le potenzialità di queste nuove forme di trattamento sono notevoli, con possibilità di applicazione
sia in campo oncologico che potenzialmente anche nella malattie ad eziopatogenesi autoimmune.
Summary
Drugs capable of modulating the expression of DNA could activate or inactivate genes whose function is closely linked to the pathogenesis of a specific disease.
This “epigenetic” therapy aims to modulate activities primarily involved in the pathogenic mechanism of the disease itself (methylation or deacetylation) as in
myelo-lymphoproliferative diseases, or to induce the transcription and thus protein synthesis normally unexpressed as in hereditary hemoglobinopathies. In the
former case, the use of demethylating drugs and histone deacetylase inhibitors led to complete remission in refractory cases. In the latter case of hereditary
hemoglobinopathies (beta thalassemia and sickle cell disease) the administration of hydroxy-urea (HU) induced the expression of HbF resulting in clinical benefit.
This type of treatment has an enormous potential application; these drugs are planned to be part of treatment for certain tumors with current poor prognosis;
moreover the potential use for curing the immune system diseases such as those with autoimmune etiology is in the way to be explored.
Introduzione
L’Epigenetica è definita come quella parte della genetica che fa
riferimento ad alterazioni ereditabili che modificano l’espressione
genica, pur non alterando la sequenza del DNA (Dawson e Kouzarides, 2012). I farmaci capaci di modulare l’espressione del DNA,
potrebbero attivare o inattivare geni la cui funzione è strettamente
legata alla patogenesi di una specifica malattia. Per queste ragioni,
un approccio terapeutico innovativo definito “epigenetico” è potenzialmente efficace in numerose patologie ancora oggi ad elevata
mortalità e/o morbilità, o comunque per tante malattie in cui le cure
convenzionali non riescono a risolvere tutti gli aspetti clinici correlati. Tuttavia l’applicabilità clinica di questa strategia terapeutica
è ancora molto ridotta, soprattutto in pediatria. In questo articolo
passeremo in rassegna le conoscenze oggi disponibili, orientandoci
secondo le applicazioni cliniche già avviate o in fase avanzata di
sperimentazione.
Meccanismi di controllo epigenetico ed espressione genica
I meccanismi alla base di queste modifiche sono diversi, inducendo
l’attivazione o l’inattivazione di specifici geni. Questo spiega perché
le cellule differenziate in un organismo pluricellulare esprimono solo
i geni necessari alla loro attività.
Il DNA eucariota esiste in forma di cromatina, che è costituita da
unità di nucleosomi, sequenze di 147 paia di basi di DNA avvolte
attorno ad un complesso ottamerico costituito da due dei seguenti Istoni H2A, H2B, H3 e H4 (Lunger et al., 1997). I cambiamenti
dinamici nella struttura della cromatina sono descritti nella Figura 1. Le parti compatte di cromatina sono ricche in nucleosomi e
generalmente “silenziano” la trascrizione, rendendo il DNA inac-
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cessibile. La perdita della conformazione in nucleosomi aumenta
l’accessibilità alla cromatina, favorendo il legame con i regolatori
trascrizionali.
Il controllo della trascrizione è governato dai meccanismi di
1. metilazione del DNA;
2. modifiche post-traduzionali delle proteine istoniche;
3. azioni di enzimi ATP-dipendenti che rimodellano la cromatina;
4. scambio di varianti istoniche con istoni canonici.
Le code sporgenti N-terminali degli istoni sono sottoposte a modificazioni chimiche, che includono l’acetilazione, la metilazione,
la fosforilazione, l’ubiquitinizzazione, la sumoilazione e la biotinilazione (Dawson e Kouzarides, 2012). La maggior parte delle
alterazioni degli istoni sono reversibili attraverso le azioni degli
enzimi che modificano gli istoni (Histon Modifiers). L’acetilazione
degli istoni sui residui di lisina è associata all’attivazione trascrizionale, mediante attività opposte d’istone-acetiltransferasi
(HAT) e istone-deacetilasi (HDAC) (Dawson e Kouzarides, 2012).
La metilazione degli istoni è notevolmente più complessa, e
coinvolge i residui di lisina, arginina e istidina. La metilazione
della lisina degli istoni ha esiti diversi, dipendenti dal residuo
che viene modificato e dall’entità della modifica (mono-, di- o
tri-metilazione). La scoperta di enzimi che demetilano la lisina,
ha rivoluzionato l’idea che le metilazioni degli istoni siano irreversibili (Kooistra e Helin, 2012).
Epigenetica, malattie del bambino e farmaci
Sin dagli inizi del 2000 si riteneva che soltanto tre patologie fossero indiscutibilmente legate all’epigenetica: la sindrome di Rett,
Farmaci ed epigenetica in pediatria
Figura 1.
Meccanismi di controllo epigenetico della trascrizione. Il complesso di rimodellamento della cromatina può ristrutturare e riposizionare gli ottameri
istonici utilizzando l’ATP per regolare l’accesso al DNA e favorire il legame dei fattori regolatori della trascrizione, come i fattori pro-trascrizionali,
co-attivatori e la machinery della trascrizione, compreso il complesso della Polymerase (Pol) II. Le “code” degli istoni possono esser modificate da
reazioni tipo la fosforilazione, l’acetilazione e la metilazione. Tutto ciò può avvenire grazie all’intervento dei “modificatori istonici” ovvero le istonacetilasi, -metilasi e –chinasi. Gli “Istoni Varianti” (H2A.Z e H3.3) fiancheggiano le regioni non-nucleosomiche dei promotori che possono essere
attivamente trascritti e altri elementi regolatori. Gli RNA-non codificanti (non-coding RNA) sono in grado di mantenere lo stato di etero-cromatina
(modificato da Lim et al., 2013)
ATP, adenosin trifosfato; ADP, adenosin difosfato; TSS, sito di start trascrizionale; Me, metilazione; P, fosforilazione; Ac, acetilazione; TF, fattore di
trascrizione; RE, elementi di risposta; R, arginina; K, lisina; T, treonina; S, serina.
la Sindrome dell’X fragile e la sindrome da instabilità centromerica
ICF (Wright e Saul, 2013). Oggi si ritiene che numerose patologie a
eziopatogenesi multifattoriale potrebbero essere indotte da alterazioni epigenetiche; in primo luogo i tumori, seguiti dalle sindromi
neurodegenerative, le distrofie muscolari (Consalvi et al., 2011),
le malattie reumatiche (Gay e Wilson, 2014), le patologie psichiatriche. È consolidato che i “modulatori epigenetici” hanno un ruolo fondamentale nella carcinogenesi, rappresentando potenziali
target terapeutici nelle malattie oncologiche dell’età pediatrica
(Lawlor e Thiele, 2012). Se in alcuni casi la terapia “epigenetica”
si pone l’obiettivo di modulare l’attività principalmente coinvolta
nel meccanismo patogenetico della malattia (metilazione o deacetilazione) come nel caso delle malattie mielo-linfoproliferative,
in altri casi tale terapia induce la trascrizione e quindi la sintesi di
proteine normalmente inespresse: è il caso dell’emoglobinopatie
ereditarie.
Emoglobinopatie ereditarie
La beta talassemia (BT) e la malattia drepanocitica (SCD) sono caratterizzati dalla diminuzione o totale assenza della HbA (α2β2) con
anemia emolitica cronica con vario grado di trasfusione-dipendenza. Nella BT l’eccesso di catene α causa danno alla membrana
eritrocitaria, apoptosi degli eritroblasti ed emolisi intramidollare
con conseguente eritropoiesi inefficace. Nella SCD, l’alterazione
strutturale della catene β dell’Hb comporta polimerizzazione dell’HbS, con conseguente vaso-occlusione, ischemia e danno tissutale. Un’importante strategia terapeutica è quella di far aumentare
la produzione di HbF (α2g2), con lo scopo di correggere lo sbilanciamento delle catene α/non-α nella BT e di sostituire la catena
βS anomala nella SCD.
La presenza di HbF nella BT diminuisce l’accumulo e la precipitazione delle catene α e riduce l’eritropoiesi inefficace; nella SCD inibi-
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G. Russo et al.
sce la polimerizzazione dell’HbS mediante la formazione di molecole
ibride (α2βSg), le quali si intercalano nei polimeri e ne interrompono
l’accrescimento. Elevati livelli di HbF si associano a minore frequenza delle crisi dolorose, minor numero di episodi di accidenti cerebrovascolari.
L’idrossiurea (HU), farmaco citotossico, si è dimostrato efficace
nell’indurre la sintesi di HbF. Il meccanismo d’azione dell’HU a livello
dell’eritropoiesi verosimilmente è correlato all’inibizione della ribonucleasi riduttasi, enzima chiave nella conversione dei ribonucleotidi
in desossi-ribonucletotidi, che entrano nella struttura base del DNA.
Il “commissionamento” verso la linea eritropoietica avviene, sotto
l’influenza di un insieme di citochine, a partire della cellula staminale totipotente verso i progenitori multipotenti mieloidi, poi verso
le BFU-e (burst forming unit-erythroid) e le CFU-e (colony forming
unit-erytroid). Esistono due vie di differenziazione funzionale verso
le CFU-e e i globuli rossi maturi. La via principale procede dalle BFUe mature, nelle quali l’espressione di HbF è spenta, verso globuli
rossi di tipo adulto, esprimenti solo HbA. La via secondaria va dalle
BFU-e primitive esprimenti ancora l’HbF. Questa via permetterebbe
la formazione di “cellule F”, popolazione particolare di globuli rossi
circolanti, contenenti sia HbF che HbA. Gli episodi di rigenerazione
midollare rapida, come quelli indotti dall’effetto dell’HU, favoriscono
questa via di differenziazione a partire dei precursori primitivi e la
produzione di cellule F, inducendo una “riprogrammazione” del compartimento dei progenitori eritroidi (Mabaera R, et al. 2008). L’efficacia clinica osservata nella SCD potrebbe comunque essere correlata
anche al miglioramento della morfologia e della deformabilità eritrocitaria, alla diminuzione dei leucociti, alla riduzione dell’emolisi e
all’aumento della produzione di ossido nitirico. Nella SCD, l’efficacia
clinica e la scarsa tossicità dell’HU sono state ampiamente dimostrate da uno studio pilota che ha descritto una riduzione significativa dell’incidenza delle crisi dolorose, degli episodi di sindrome
acuta polmonare, del fabbisogno trasfusionale e della mortalità nei
pazienti trattati con HU (Charache et al., 1995). Successivamente,
numerose sperimentazioni cliniche hanno esteso le indicazioni d’uso ai bambini, anche nel primo anno di vita (Kinney et al., 1999;
Wang et al., 2011; Ware e Helms, 2012).
Gli effetti collaterali relativi all’uso dell’HU sono rari; il più frequente
è l’ipoplasia midollare che è reversibile e richiede il monitoraggio
della crasi ematica. Il potenziale mutageno e teratogeno sono bassi
(Ferster et al., 2003)
Le indicazioni, controindicazioni e le raccomandazioni d’uso dell’HU
relativamente all’età pediatrica sono dettagliatamente descritte nelle linee-guida pediatriche AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia
ed Oncologia Pediatrica, http://www.aieop.org/files/files_htmlarea/
tutto%20giu12.pdf. (Colombatti et al., 2013).
L’HU nella BT non ha ottenuto i risultati sperati: i pazienti, con forma grave di malattia, trasfusioni dipendenti, che hanno risposto,
sono riusciti solo ad allungare l’intervallo tra le trasfusioni. In alcuni
pazienti con BT intermedia invece si è osservato un effetto sulla
concentrazione totale dell’Hb e dell’HbF ed è stata osservata una riduzione dell’emolisi e dell’ematopoiesi extramidollare; in alcuni casi
si sono avuti effetti benefici sul fabbisogno trasfusionale. Rimane
comunque una quota rilevante di pazienti (20-30%) che non risponde (Musallam et al., 2013).
Il problema più rilevante che limita l’uso dell’HU nella BT è l’ampia
variabilità di risposta da paziente a paziente, probabilmente dovuto
a caratteristiche genetiche individuali, che influenzano la farmacocinetica e farmacodinamica (Ware RE et al., 2011).
Sono stati ipotizzati due possibili meccanismi per spiegare la differenza di risposta all’HU. Uno si basa sul fatto che i precursori eritroidi
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dei pazienti reagiscono in maniera diversa alla somministrazione di
HU, per cui mentre le cellule dei pazienti responder incrementano
efficacemente la produzione di HbF, le cellule dei pazienti nonresponder sono maggiormente suscettibili all’effetto citotossico
dell’HU, facendo prevalere quindi i fenomeni apoptotici (Pourfarzadet al., 2013).
L’altro meccanismo ipotizzato spiega la differenza di risposta con
una differenza basale, per cui i pazienti responder hanno già, prima del trattamento stesso, livelli più alti di Hb e di HbF e quindi il
modesto incremento ottenuto con l’HU è sufficiente a produrre una
risposta ematologica significativa (Banan et al., 2012).
Nonostante l’effetto dell’HU su anemia e fabbisogno trasfusionale, la
terapia con HU andrebbe valutata in un quadro clinico complessivo,
avendo evidenze che la terapia trasfusionale, soprattutto nella BT
intermedia, porti benefici su diverse manifestazioni della malattia,
come ad esempio, le possibili complicazioni cerebro-vascolari che,
stando a quanto noto per la SCD, non vengono prevenute dall’HU
(Ware et al., 2012).
Un’indicazione clinica all’uso dell’HU nella BT è la soppressione di
emopoiesi extra-midollare, complicanza che può avere conseguenze cliniche rilevanti, come la compressione del midollo spinale (Karimi et al., 2014).
Osservando che i neonati di madri diabetiche avevano un ritardato
switch dell’HbF all’HbA, fu ipotizzato che gli elevati livelli d’idrossibutirrato presenti nelle donne diabetiche potevano essere in grado
di indurre la produzione di HbF. I trial che seguirono dimostrarono
che i pazienti trattati con il butirrato mostravano un aumento dei
livelli di g-mRNA ed un aumento della sintesi delle catene g. Elementi predittivi della risposta al trattamento sembrerebbero essere
gli elevati livelli di HbF (> 4,5%), gli alti livelli di HbF nei genitori e
gli alti livelli di eritropoietina (Musallam et al., 2013). Il trattamento
con i butirrati è ben tollerato e gli effetti collaterali sono limitati a disturbi gastrointestinali. La migliore risposta al trattamento ottenuta
nei pazienti con SCD rispetto ai pazienti con BT sembrerebbe essere
correlata all’azione che i butirrati esplicano sugli altri geni globinici:
aumentano l’espressione dei geni a nei progenitori eritroidi dei pazienti con BT, mentre riducono i livelli di m-RNA dell’a globina nei
pazienti con SCD (Musallam et al., 2013).
Malattie mielo-linfoproliferative
Agenti demetilanti
Il principale rappresentante di questa categoria di farmaci è l’azacitidina (Vidaza®) che ha mostrato degli ottimi risultati negli adulti
affetti da mielodisplasia (MDS), leucemia mielo-monocitica cronica (LMMC) o leucemia mieloide acuta (LMA) (Tasian et al., 2014).
L’alterazione più studiata della metilazione del DNA è il cosiddetto “silenziamento” dei geni onco-soppressori da ipermetilazione
delle isole CpG all’interno della regione del promotore (Dawson e
Kouzarides, 2012). L’azacitidina e la decitabina (5-aza-2’-Desossicitidina – Dacogen®) sono analoghi della citidina. In origine, erano
considerati come farmaci citotossici. Tuttavia, è stato scoperto che
una bassa dose di questi farmaci potrebbe causare la demetilazione mediante l’inattivazione della DNA metiltransferasi-1 (DNMT-1),
l’enzima responsabile della metilazione del DNA (Stresemann e
Lyko, 2008). Basse dosi di azacitidina o decitabina sono in grado
di indurre la ri-espressione di geni precedentemente silenziati. La
riattivazione di geni che regolano il ciclo cellulare può così indurre
il differenziamento cellulare, ridurre la proliferazione e/o attivare
l’apoptosi.
Farmaci ed epigenetica in pediatria
Recentemente è stata riportata la remissione completa in tre casi su
otto bambini affetti da LAM recidivata o resistente, trattati con decitabina in monoterapia (Phillips et al., 2013). Studi di fase 1 su azacitidina e decitabina in associazione alla chemioterapia nei bambini
con leucemie acute recidivate o refrattarie sono già in programma
(ClinicalTrials.gov: NCT01861002, NCT01853228). In linea con quanto
avviene negli USA, in Europa l’ITCC (Innovative Therapies for Children
with Cancer) ha in corso uno studio collaborativo, prospettico, internazionale, di fase I/II per stabilire la dose raccomandata e l’efficacia
preliminare dell’azacitidina in bambini con nuova diagnosi e/o recidiva
di MDS o leucemia mielomonocitica giovanile (JMML). Nel protocollo,
ITCC-0015, vengono studiati due dosi nel Livello 1 (75 mg/mq/die) e
nel Livello 2 (100 mg/mq/die) (www.itcc-consortium.org).
Inibitori delle Iston-Deacetilasi
Sono stati identificati 18 HDAC negli esseri umani, 11 sono zincodipendenti, e vengono distribuiti in quattro classi a seconda dell’omologia con le HDAC di lievito (Abujamra et al., 2010). Gli inibitori di
HDAC (HDI) sono oggetto di studio e di sperimentazione con l’obiettivo di modificare l’espressione dei geni “silenziati” dall’iperattività
delle HDAC (Tab. I). Infatti, gli HDI promuovono l’apoptosi, inducono
l’arresto del ciclo cellulare e la differenziazione cellulare, impedendo
la trasformazione maligna (Abujamra et al., 2010). Essi sono suddivisi in diverse classi strutturali, tra cui acidi grassi a catena corta
(come l’acido valproico e i butirrati), gli idrossamici (come vorinostat
e tricostatina-A), i ciclico-tetrapeptidi (come trapoxin e depsipeptide),
i benzamidi (ad esempio MS-275) e molti altri composti (Abujamra
et al., 2010). Il vorinostat (Suberoylamilide Acid idrossamico, SAHA)
blocca l’attività enzimatica delle HDAC sia di Classe I (HDAC1, -2 e
-3) che di Classe II (HDAC6) (Lawlor e Thiele, 2012). In Fase 1, il vorinostat è stato utilizzato in pazienti pediatrici con leucemia o tumori
solidi (Fouladi et al. 2010), stabilendo la dose massima tollerata in
230 mg/mq/die (via orale). L’acido valproico (VPA) è un acido grasso
a catena corta ed è definito un HDI debole, ma la sua disponibilità a
lungo termine come farmaco antiepilettico ha spinto la sua valutazione in oncologia come modulatore dell’attività epigenetica. VPA induce
una forte inibizione della crescita cellulare nella LAM-FAB M5 (THP-1,
MM6 e MOLM-13), attivando un arresto in G1 del ciclo cellulare p53indipendente e quindi l’apoptosi (Tonelli et al., 2006). Diversi studi
hanno dimostrato che VPA è più efficace in combinazione con altri
agenti. In uno studio di fase 1-2, che prevedeva la combinazione di
decitabine e VPA in 54 pazienti con la leucemia acuta refrattaria e con
una età mediana alla diagnosi di 60 anni sono stati arruolati anche
sette pazienti pediatrici di età compresa tra 4 a 21 anni: tre pazienti
hanno mostrato una risposta completa nel midollo, e 1 paziente ha
presentato solo il 6% di blasti midollari. Nessuno, nei casi pediatrici
presentati, ha mostrato rilevanti eventi di tossicità correlati alla terapia (Garcia-Manero et al., 2006). In un altro studio di fase 1-2, che ha
valutato la combinazione di azacitidina, VPA e acido trans-retinoico
(ATRA) in 53 pazienti con leucemia mieloide acuta o mielodisplastica
ad alto rischio, con un’età mediana alla diagnosi di 69 anni, sono stati
coinvolti anche tre pazienti pediatrici, con induzione di una risposta
midollare in un caso (Soriano et al., 2007).
Tabella I.
Elenco dei farmaci che intervengono nella modulazione dell’espressione genomica, dei rispettivi target, dello stato di applicazione in clinica e
della patologia di riferimento, prevalentemente di tipo oncologico (da Lawlor e Thiele 2012) .
Modificatori epigenetici
Target
Stato
Tumore
FDA Ped. Fase I
FDA Ped. Fase I
Linfoma cutaneo a cellule T/Recidiva tumori
solidi
Fase II
Fase I
Fase I
Tumore al seno
Linfoma
Ped. Fase I
Recidiva tumori solidi
• PCI-34051
HDAC1-3,6
HDAC1-3,8 (Debole)
HDAC6,4
HDAC1
HDAC1-4
HDAC1-4 (Debole)
HDAC8
HDAC1-3 (Debole)
HDAC8
HDAC8
Pre-clinico
Tumori solidi refrattari o tumori del SNC
Modificatori degli istoni acetilati
• JQ1
KAC
Pre-clinico
Linfoma, tumori MYC-mediati
EZH2
EZH2
DOT1L
Pre-clinico
Inibitori HDAC
• Vorinista (SAHA) (Zolinza®)
• Romidepsin (FK228) (Istodax®)
• Entinostat (SNDX-275)
• Panobinostat (LBH589)
• Belinostat (PDX101)
• Acido Valproico
Inibitori HMT
• Inibitori EZH2 (Epizyme, Inc.)
• 3-Deazaneplanocin A, DZNep
• EPZ004777 (Epizyme, Inc.)
Linfoma con mutazione EZH2
LLA & LMA con riarrangiamento MLL
Inibitori dell’istone demetilasi
• Inibitori delle monoaminossidasi: Pargyline, LSD1
LSD1 clorgyline, tranylcypromine (Parnate®)
Pre-clinico FDA
• Analoghi poliamminici delle bisguanidinasi
Pre-clinico
LSD1
Inibitori della metilazione del DNA
• Decitibine (Dacogen®) Azacytidine (Vidaza®) DNMT
FDA
• Zebularine
Trials clinici
DNMT
Sindromi mielodisplastiche, Leucemia
Mieloide Acuta (o LMA)
Sindromi mielodisplastiche, Leucemia
Mieloide Acuta (o LMA)
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G. Russo et al.
Oncologia pediatrica
Nel neuroblastoma ad alto rischio con amplificazione del MYCN,
a dispetto dell’elevata intensità dei protocolli attuati, la prognosi rimane scadente, con percentuale di sopravvivenza inferiore al
5% nelle forme metastatiche in progressione o in recidiva (Calafiore et al., 2013). È riportato che nuove mutazioni in corso di
recidiva di neuroblastoma sono rare, mentre l’attività degli enzimi
HMT è spesso elevata; la conseguente metilazione degli istoni è
responsabile del silenziamento di geni oncosoppressori codificanti
per proteine pro-apoptotiche (Bell et al., 2014). Farmaci inibitori di HMTs sono stati in grado di riattivare l’espressione dei geni
proapoptotici, enfatizzando il potenziale della terapia epigenetica
nel neuroblastoma. I tumori cerebrali rappresentano la forma più
comune di tumore solido dell’età pediatrica e il medulloblastoma
è la variante più frequente, rappresentando circa il 20% di tutti gli
istotipi. Il trattamento si avvale della chirurgia, chemioterapia e radioterapia, raggiungendo percentuali di sopravvivenza a 5 anni del
40% nella fascia di rischio alta e del 80-90% nella fascia di rischio
bassa. Si distinguono 4 sottotipi: WNT, SHH, gruppo 3 e gruppo
4 che differiscono per istologia, biologia molecolare, genetica e
prognosi e si ritiene che siano il risultato di un’alterazione di differenti pathway nello sviluppo cerebrale. Un’attivazione abnorme di
questi pathway porta ad una perdita del normale controllo del ciclo
cellulare ed una disfunzione dell’apoptosi con proliferazione cellulare soprattutto cerebellare, rappresentando così potenziali target
per nuovi farmaci (Gay e Wilson, 2014).
Reumatologia e malattie muscolari
Agenti in grado di demetilare il DNA o de-acetilare alcune proteine
istoniche potrebbero essere efficaci nel trattamento dell’artrite reumatoide (Gay e Wilson, 2014). Alterazioni dell’epigenoma sono state
riscontrate anche in forme idiopatiche o farmaco-indotte di lupus
eritematoso sistemico (LES), in particolare, ridotti livelli di metilazione del DNA genomico dei T linfociti periferici sono stati riscontrati in
soggetti affetti da LES rispetto a controlli sani. Secondo recenti studi,
gli HDI dimostrano un ruolo promettente nella cura delle malattie
reumatiche per il loro potente effetto antinfiammatorio; tuttavia, prima di passare all’applicazione clinica, è necessaria una maggiore
specificità terapeutica attraverso una maggiore comprensione dei
meccanismi molecolari che controllano l’epigenoma (Lim et al.,
2013). Evidenze sperimentali e precliniche hanno dimostrato il ruolo chiave degli HDAC nel controllo della progressione della distrofia
muscolare (Consalvi et al., 2011).
Conclusioni e prospettive future
L’introduzione di questi farmaci in terapie di prima linea, in associazione ad altre molecole, nei bambini affetti da mielodisplasie o
leucemie acute offrirà una migliore chance terapeutica. L’obiettivo
principale comunque resta quello di individuare i farmaci che con
scarsi effetti collaterali riescono ad indurre la guarigione o il netto
miglioramento della qualità di vita nelle malattie croniche, come nel
caso delle emoglobinopatie. Questi farmaci sono oggetto di sperimentazioni in bambini affetti da tumori a prognosi severa. Infine la
caratterizzazione di meccanismi epigenetici in cui il sistema immunitario svolge un ruolo cruciale, come nelle malattie a patogenesi
autoimmunitaria, potrà offrire un razionale al trattamento “epigenetico” per tutti quei bambini che ancora oggi sono sottoposti a terapie
sintomatiche.
Box di orientamento
Cosa sapevamo prima
• Numerose patologie a eziopatogenesi multifattoriale potrebbero essere indotte da alterazioni epigenetiche.
• L’espressione del DNA può esser modulata da farmaci che potenzialmente possono attivare o inattivare geni la cui funzione è strettamente legata
alla patogenesi di una specifica malattia.
Cosa sappiamo adesso
•
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I processi di metilazione e di acetilazione sono cruciali per il controllo della trascrizione.
Farmaci diretti a modificare tali reazioni sono capaci di modulare l’espressione della malattia e la gravità dei sintomi.
L’introduzione dell’idrossiurea nei pazienti con drepanocitosi ha cambiato il decorso di malattie croniche gravi e invalidanti come la SCD e come la BT.
La somministrazione di farmaci demetilanti e degli inibitori delle iston-deacetilasi (HDI) ha permesso il raggiungimento della remissione completa
in bambini con malattie mielo-linfoproliferative resistenti alla chemioterapia convenzionale.
Quali prospettive per il futuro
• Inserimento di questi farmaci in terapie di prima linea, in associazione ad altri farmaci, per bambini affetti da mielodisplasie o leucemie acute.
• Sperimentazione di questi farmaci in bambini con tumori a prognosi severa.
• Caratterizzazione di meccanismi epigenetici in malattie in cui il sistema immunitario svolge un ruolo cruciale, come quelle a patogenesi autoimmunitaria.
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** Questo studio, di altissimo valore statistico, in doppio cieco, randomizzato, ha
dimostrato incontrovertibilmente l’efficacia clinica dell’HU nella SCD.
Colombatti R, Perrotta S, Samperi P, et al. on behalf of the Italian Association of
Farmaci ed epigenetica in pediatria
Pediatric Hematology-Oncology (AIEOP) Sickle Cell Disease Working Group. Organizing national responses for rare blood disorders: the Italian experience with
sickle cell disease in childhood. Orphanet Journal of Rare Disease 2013;8:169.
* Queste linee guida consistono in indicazioni pratiche per chiunque abbia necessità di gestire bambini con la SCD.
Consalvi S, Saccone V, Giordani L, et al. Histone deacetylase inhibitors in the
treatment of muscular dystrophies: epigenetic drugs for genetic diseases. Molecular Medicine 2011;17:457-65.
Dawson MA, Kouzarides T. Cancer epigenetics: from mechanism to therapy. Cell
2012;150:12-27.
** Questo articolo elenca tutti i meccanismi epigenetici correlati al cancro e le
relative terapie “mirate”: dal bancone (bench) del laboratorio al letto del malato
(bedside).
Ferster A, Sariban E, Meuleman N; Belgian Registry of Sickle Cell Disease patients treated with Hydroxyurea. Malignancies in sickle cell disease patients
treated with hydroxyurea. British Journal of Haematology 2003;123:368-9.
Fouladi M, Park JR, Stewart CF, et al. Pediatric phase I trial and pharmacokinetic
study of vorinostat: a Children’s Oncology Group phase I consortium report. Journal of Clinical Oncology 2010;28:3623-9.
** Questo articolo presenta per la prima volta l’utilizzo del SAHA nei bambini.
Garcia-Manero G, Kantarjian HM, Sanchez-Gonzalez B, et al. Phase 1/2 study
of the combination of 5-aza-2’-deoxycytidine with valproic acid in patients with
leukemia. Blood 2006;108:3271–9.
Gay S, Wilson AG. The emerging role of epigenetics in rheumatic diseases. Rheumatology 2014;53:406-14.
Karimi M, Cohan N, Pishdad P. Hydroxyurea as a first-line treatment of extramedullary hematopoiesis in patients with beta thalassemia: Four case reports.
Hematology 2014 Apr 10. [ahead of print]
Kinney TR, Helms RW, O’Branski EE, et al. Safety of hydroxyurea in children with
sickle cell anemia: results of the HUG-KIDS study, a phase I/II trial. Pediatric
Hydroxyurea Group. Blood 1999;94:1550-4.
** Questo studio ha permesso di estendere le indicazioni all’uso di HU anche
all’età pediatrica, allontanando i timori per i potenziali effetti tossici.
Kooistra SM, Helin K. Modern mechanisms and potential functions of histone demethylases. Nature Review Molecular Cell Biology 2012;13:297-311.
Lawlor ER, Thiele CJ. Epigenetic changes in pediatric solid tumors: promising
new targets. Clinical Cancer Research 2012;18:2768-79.
** L’articolo riesce a condensare l’attuale ruolo dell’epigenetica in oncologia
pediatrica e le future prospettive per l’applicazione di terapie mirate con “farmaci epigenetici”.
Lim PS, Li J, Halloway AF, Rao S. Epigenetic regulation of inducible gene expression in the immune system. Immunology 2013;139:285-93.
* Questa review mostra i meccanismi di controllo della trascrizione, soprattutti
nei linfociti T e le potenzialità dell’uso dei farmaci specifici per le malattie caratterizzate dall’iper-attività del sistema immunitario.
Lunger K, Mader AW, Richmond RK, et al. Crystal structure of the nucleosome
core particle at 2.8 A resolution. Nature 1997;389:251-60.
Mabaera R, West RJ, Conine SJ, et al. A cell stress signaling model of fetal hemoglobin induction: what doesn’t kill red blood cells may make them stronger.
Experimental Hematology 2008;36:1057-72.
Musallam KM, Taher AT, Cappellini MD, et al. Clinical experience with fetal hemoglobin induction therapy in patients with b-thalassemia. Blood 2013;121:2199212.
Pourfarzad F, von Lindern M, Azarkeivan A, et al. Hydroxyurea responsiveness
in β-thalassemic patients is determined by the stress response adaptation
of erythroid progenitors and their differentiation propensity. Haematologica
2013;98:696-704.
* Questo articolo introduce per la prima volta l’aspetto dell’eterogeneità della
risposta all’Idrossiurea geneticamente determinata.
Phillips CL, Davies SM, McMasters R, et al. Low dose decitabine in very high
risk relapsed or refractory acute myeloid leukemia in children and young adults.
British Journal of Haematology 2013;161:406-10.
* Prima esperienza di applicazione della terapia demetilante nei bambini con
leucemia acuta.
Soriano AO, Yang H, Faderl S, et al. Safety and clinical activity of the combination of 5-azacytidine, valproic acid, and all-trans retinoic acid in acute myeloid
leukemia and myelodysplastic syndrome. Blood 2007;110:2302-8.
Stresemann C, Lyko F. Modes of action of the DNA methyltransferase inhibitors
azacytidine and decitabine. International Journal of Cancer 2008;123:8-13.
Tasian SK, Pollard JA, Aplenc R. Molecular therapeutic approaches for pediatric
acute myeloid leukemia. Frontiers in Oncology 2014;4:1-11.
Tonelli R, Sartini R, Fronza R, et al. G1 cell-cycle arrestand apoptosis by histone
deacetylase inhibition in MLL-AF9 acute myeloid leukemia cells is p21 dependent and MLL-AF9 independent. Leukemia 2006;20:1307-10.
* Prime indicazioni di utilizzo di farmaci “epigenetici” in un sottotipo di leucemia
acuta che non risponde bene alle terapie convenzionali.
Wang WC, Ware RE, Miller ST, et al. BABY HUG investigators. Hydroxycarbamide
in very young children with sickle-cell anaemia: a multicentre, randomised, controlled trial (BABY HUG). Lancet 2011;77:1663-72.
** Questo studio ha permesso di estendere le indicazioni all’uso di HU anche al
primo anno di vita e ha posto l’indicazione alla prevenzione della dattilite.
Ware RE, Despotovic JM, Mortier NA, et al. Pharmacokinetics, pharmacodynamics, and pharmacogenetics of hydroxyurea treatment for children with sickle cell
anemia. Blood 2011;118:4985-91.
Ware RE, Helms RW. For the SWiTCH Investigators. Stroke with transfusions
changing to hydroxyurea (SWiTCH). Blood 2012;119:3925-32.
Wright R, Saul RA. Epigenetics and primary care. Pediatrics 2013;132:216-23.
Corrispondenza
Giovanna Russo, U.O.C. Emato-Oncologia Pediatrica, Azienda Policlinico-Vittorio Emanuele, Università di Catania, via Santa Sofia 78, 95123 Catania -Tel.
+39 095 3782683 - Fax +39 095 3781154 - E-mail: [email protected]
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