Standardizzazione del colore

Transcript

Standardizzazione del colore
Il colore degli alimenti e la sua misurazione - Allegato
Standardizzazione/calibrazione del colore misurato con tecniche digitali
Marco Riva, DISTAM, Università di Milano, via Celoria 2 – 20133 Milano
[email protected]
Per poter confrontare e misurare gli attributi di colore di immagini digitalizzate bisogna essere certi che non
vi sia stata nessuna fonte di variabilità durante la ripresa (fotocamera o telecamera) o scansione (scanner).
Incorporando in ogni scena di acquisizione un riferimento (es: provino stampato di una serie di colori) si
presuppone che i colori di questo presentino, in immagini diverse, valori pressoché uguali. Con la
standardizzazione si verifica il rispetto di questa ipotesi e si interviene per correggere eventuali errori.
E’ anche possibile produrre, con lo stesso metodo, una pseudotaratura rispetto ad un sistema di riferimento,
ad esempio un colorimetro a riflessione: in questo caso i valori misurati sulle diverse zone del provino di
colore con il metodo di riferimento vengono utilizzati per la correzione delle coordinate cromatiche nelle
immagini digitalizzate.
Calibrazione dei dispositivi con profili ICC adeguati
L’impiego di queste procedure richiede ovviamente che il sistema di visualizzazione del colore e le
caratteristiche dei dispositivi di acquisizione siano opportunamente calibrati attraverso un opportuno profilo.
Ai fini di risolvere il problema della fedeltà di riproduzione del colore nei diversi dispositivi digitali, un passo
importante è stata la definizione di un “profilo” standard, attraverso l’azione dell’International Color
Consortium, abbreviato ICC, un organismo fondato nel 1993 da Adobe, Agfa, Apple, Kodak, Microsoft,
Silicon Graphics e Sun, alle quali nel frattempo si sono unite circa altre 60 società produttrici di software e di
hardware. La versione più recente delle specifiche ICC è del dicembre 2001, ed i profili conformi a questa
specifica hanno il numero di versione 4.0.
I profili sono basati su tabelle (implementate in files che vengono utilizzati nella configurazione delle
periferiche) che convertono da coordinate di periferica a coordinate assolute e viceversa.
Lo standard ICC è basato sul paradigma "profilo intelligente motore stupido". Ciò significa che le tabelle
inverse (da assoluto a periferica) devono essere tante quanti gli intenti di “rendering” che il profilo supporta.
Lo standard ICC prevede inoltre che lo stesso profilo possa essere utilizzato sia quando è l'origine che
quando è la destinazione della conversione di colore. Questo significa che il profilo deve contenere sia la
tabella che va da coordinate di periferica a coordinate assolute (usata quando il profilo è l'origine della
conversione), sia le tabelle che vanno da coordinate assolute a coordinate di periferica (usate quando il
profilo è la destinazione della conversione).
In pratica, i profili ICC possono essere creati (con opportuni ausili) oppure (ed è il caso più frequente)
possono essere distribuiti insieme al dispositivo digitale ed implementati all’atto della sua configurazione,
ottenendosi così la sicurezza di una opportuna interconversione delle coordinate cromatiche.
Standardizzazione delle tecniche di acquisizione
Anche le modalità di acquisizione devono essere opportunamente standardizzate.
Nel caso di acquisizione con scanner piano, ad esempio (figura 1), è utile coprire il prodotto e l’eventuale
provino di calibrazione del colore con una scatola rivestita internamente di cartoncino nero non riflettente.
Figura 1 – Acquisizione e digitalizzazione mediante scanner
1
Il colore degli alimenti e la sua misurazione - Allegato
Tale espediente consente di ridurre al minimo l’influenza della luce esterna sull’immagine.
Naturalmente è necessario calibrare preventivamente lo scanner con la procedura suggerita dal costruttore.
Nel caso di acquisizione con telecamera o fotocamera digitale si deve procedere, analogamente, alle
calibrazioni suggerite dal costruttore del dispositivo.
Per quanto riguarda le modalità di acquisizione, la successiva illustrazione (figura 2) evidenzia i punti critici.
1)
2)
3-4)
5)
6)
L’illuminazione è realizzabile con l’ausilio di una lampada ad illuminante D65 posizionata in modo tale che il
fascio luminoso colpisca omogeneamente la scena di acquisizione. E’ infatti essenziale che l’intensità della luce
sopra ciascun campione sia sempre la medesima. Al meglio, si dovrebbe procedere avvalendosi di un
fotometro.
E’ opportuno che il fascio luminoso raggiunga la scena di acquisizione con un angolo di 45° e che l’asse sul
quale giace il dispositivo sia perpendicolare al piano sul quale è posizionata la scena di acquisizione.
E’ opportuno utilizzare un dispositivo dotato di un efficiente funzione di zoom, onde inquadrare la scena di
acquisizione da una distanza tale che l’illuminazione della stessa scena non venga perturbata.
E’ importante predisporre una adeguata scena di acquisizione, comprensiva di un’eventuale provino di
calibrazione del colore.
Per ottimizzare il contrasto ed evitare effetti di riflessione, è buona norma sovrapporre il prodotto ed i provini di
colore ad un foglio di cartoncino nero non riflettente.
Figura 2 – Acquisizione e digitalizzazione mediante fotocamera o telecamera
Per quanto riguarda i formati di acquisizione, ovviamente si dovrà optare per i milioni di colori, mentre formati
di interscambio e risoluzione dovranno essere “dimensionati” alle caratteristiche degli oggetti o dei prodotti.
Calibrazione del colore
Alla base della standardizzazione del colore si colloca una “utility” presente in tutti i software di fotoritocco e
che prende il nome di “regolazione delle curve di colore”.
Questa procedura consente di intervenire sui canali di rappresentazione quantitativa del colore
nell’immagine digitalizzata, che dipendono dal metodo di colore utilizzato. Ad esempio, un’immagine RGB
contiene almeno quattro canali: uno per le informazioni della luminosità (RGB), uno per il Rosso ( R ), uno
2
Il colore degli alimenti e la sua misurazione - Allegato
per il verde ( G ) e uno per il blu ( B ). In questo senso, un canale è analogo a una lastra nel processo di
stampa, nel quale si usa una lastra separata per applicare ogni strato di colore.
I softwares di fotoritocco consentono di modificare la curva di distribuzione di ogni canale, sostituendo
(anche selettivamente ed in successione) un valore di input con un corrispondente valore di output: in parole
povere si può fare in modo che una tonalità presenti sempre un valore di output predefinito per ogni singolo
canale.
E’ così possibile fare in modo che la distribuzione tonale di una zona della immagine digitalizzata, ove siano
presenti campioni di colore di riferimento, sia sempre la stessa in immagini acquisite in successione o con
differenti dispositivi, oppure che essa sia basata sui valori di riferimento determinati con un colorimetro a
riflessione.
Illustriamo brevemente questo principio di calibrazione con un esempio concreto, basato sull’impiego del
software Adobe Photoshop.
La figura 3 illustra un’immagine di cubetti di albicocca, acquisita mediante scanner. In fase di acquisizione,
come già sottolineato, si è prestata cura nell’ isolare la scena di acquisizione con una scatola nera, onde
massimizzare la separazione fra gli oggetti e lo sfondo e ridurre effetti di riflessione interna, e ad inserire nel
campo di digitalizzazione una serie di provini.
Si è operato con 11 provini di un campionario di colori per vernici, su materiale serigrafato, ove i colori erano
identificati in notazione Munsell. I colori sono stati scelti per coprire una scala cromatica di differenti tonalità,
con saturazioni medie.
Figura 3 – Immagine di cubetti di albicocca digitalizzata mediante scanner ed inclusiva di una serie di provini
di colore standard.
Le caratteristiche cromatiche di ogni zona del provino sono state misurate con un colorimetro a riflessione,
eseguendo la lettura con riferimento all’illuminante D65 in notazione CIE-L*a*b* 1976, ed ottenendo i valori
illustrati in tabella 1.
I valori L*a*b* di ogni singolo provino di colore sono poi stati trasformati in notazione RGB, mediante
l’algoritmo di conversione disponibile nel sito www.easyrgb.com ed implementato nella cartella Excel
CIE_RGB.xls.
Nella conversione di valori in coordinate RGB si è fatto uso dello standard definito nel 1988 dalla ITU sotto il
nome di ITU.BT-709 HDTV cui corrisponde il sistema sRGB, il bianco D65 (6500 K) e gamma pari a 2.2 .
3
Il colore degli alimenti e la sua misurazione - Allegato
Tabella 1 – Valori cromatici (CIE-L*a*b* 1976 ed RGB) dei differenti provini di colore, misurati con un
colorimetro a riflessione
n.provino
56.7
56.6
56.5
56.4
56.3
86.4
11.4
39.4
50.7
31.7
63.7
L*
42.65
47.45
58.31
65.89
69.98
32.41
35.07
50.01
76.98
66.59
87.19
a*
-0.34
-0.76
0.58
-1.13
-1.33
1.88
5.64
-6.78
-5.91
22.76
5.36
b*
-2.63
-1.48
-2.75
-4.45
-3.89
4.06
7.42
6.98
5.4
35.12
14.72
R
108
117
143
158
167
111
237
149
124
192
148
G
110
120
145
164
174
92
229
189
158
113
76
B
117
126
151
171
181
90
183
224
145
105
80
All’immagine originale è quindi stata applicata la correzione/standardazzazione: mediante la funzione
“regolazione curve di colore” del software si è operato su ogni singolo canale (R, G e B) individuando una
zona di colore nel provino, catturando la sua coordinata cromatica ed assegnando all’output il corrispondente
valore basato sul riferimento, così come da tabella 1.
La figura 4 illustra questa fase operativa.
Figura 4 – Immagine di cubetti di albicocca inclusiva di una serie di provini di colore standard: alcuni valori di
ogni singolo canale di colore vengono sostituiti sulla base delle coordinate cromatiche delle zone di
riferimento.
Effettuata questa operazione di standardizzazione/calibrazione è possibile, finalmente, realizzare la vera e
propria misura.
4
Il colore degli alimenti e la sua misurazione - Allegato
Anche in questa fase è possibile utilizzare alcune facilitazioni previste dai softwares di fotoritocco, quali la
selezione automatica con soglia di tutti gli oggetti, che consente, nel caso della immagine di esempio, di
isolare le superfici limite di tutti i cubetti di albicocca.
Le coordinate cromatiche delle zone isolate sono a questo punto documentate da un’altra funzione del
software, nel nostro caso in termini di valore medio e deviazione standard.
La figura 5 illustra questo punto della procedura.
R = 148.1 ± 19.3
G = 101.0 ± 20.8
B = 74.2 ± 18.1
Figura 5 – Immagine di cubetti di albicocca in fase di misura delle caratteristiche cromatiche: gli oggetti
(cubetti) sono stati isolati dallo sfondo con una funzione automatica e alla superficie isolata è applicata la
funzione “Istogramma”, che consente di quantificare le caratteristiche cromatiche, per ogni singolo canale di
colore.
L’applicazione di questa procedura non assicura una completa fedeltà di misura rispetto ai metodi di
riferimenti basati sulla colorimetria a riflessione.
La calibrazione è infatti in grado di risolvere solo alcune delle discrepanze connesse all’utilizzo di strumenti
differenti, ma non riesce a porre rimedio ad alcune caratteristiche intrinseche degli strumenti stessi o alle
caratteristiche fisiche di ciascun prodotto e degli illuminanti.
Il problema maggiore è connesso alla “qualità” e alle geometrie di rifrazione degli illuminanti utilizzati.
Innanzitutto, la qualità della luce illuminante può essere “standardizzata” con l’impiego di opportune lampade
nel caso della ripresa fotografica, mentre risulta difficilmente modificabile nel caso di altri dispositivi di
acquisizione (come gli scanner piani).
5
Il colore degli alimenti e la sua misurazione - Allegato
Per altro, come è noto, la luce incidente sulla superficie dei prodotti è soggetta ai due fenomeni fisici di
riflessione e rifrazione. Per quanto riguarda la riflessione, le metodologie di acquisizione digitale presentano
delle differenze di base non trascurabili. Nella scansione a letto piano (analogamente che nella misura col
colorimetro a riflessione) il fascio luminoso investe perpendicolarmente il prodotto determinando una
geometria di riflessione della luce profondamente diversa da quella ottenuta con la strumentazione
fotografica. Ad esempio, poiché alle lunghezze d’onda inferiori della luce l’indice di rifrazione aumenta e,
conseguentemente, una parte della energia associata a queste lunghezze d’onda viene riflessa con un
angolo superiore rispetto a quello previsto dal meccanismo speculare, questa informazione cromatica può
“sfuggire” al sensore di misura, che nel caso della fotocamera o della telecamera è posto ad una certa
distanza dall’oggetto illuminato.
Le differenze riguardano (come atteso) la componente blu per i prodotti a superficie levigata, ove prevalgono
gli effetti di riflessione puramente speculare e la componente rossa per i prodotti a superficie opaca ma
microscopicamente disomogenea, ove gli effetti di riflessione sono maggiormente influenzati dalla variabilità
della rifrazione locale.
Se è vero che risulta tuttora difficoltosa la misura oggettiva, per via digitale, delle caratteristiche cromatiche
“assolute” rispetto ai riferimenti correnti, la calibrazione è comunque un passaggio indispensabile per
ottenere un altro risultato, quello più concreto della descrizione delle differenze di colore o della
classificazione delle caratteristiche cromatiche.
6