POLICOSANOLI 10 mg di estratto titolato al 60% in octacosanolo I

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POLICOSANOLI 10 mg di estratto titolato al 60% in octacosanolo I
POLICOSANOLI 10 mg di estratto titolato al 60% in octacosanolo
I policosanoli sono un gruppo di composti attivi che si trovano in natura prevalentemente nella
matrice cerosa di molti semi. La fonte più ricca è la cera di canna da zucchero (Saccharum
officinarum L.), seguita dalla cera di riso (Oryza sativa L.) e d’api (Apis mellifera). I policosanoli
più importanti dal punto di vista farmacologico sono 5: tetracosanolo, esacosanolo, octasanolo,
triacontanolo, dotriacosanolo. Questi composti sono in grado di diminuire il colesterolo totale e le
LDL e di alzare i livelli di HDL. La loro capacità nell’abbassare il colesterolo può essere
paragonata a quella delle statine, ma i loro effetti sono evidenti a dosi più basse di queste ultime.
Varady KA et al., 2003). Gli effetti benefici dei policosanoli risultano essere uguali o migliori di
quelli della simvastatina, pravastatina, lovastatina, probucolo e acipimox (Crespo et al., 1999;
Ortensi et al., 1997; Pons et al., 1997; Alcocer et al., 1999). In particolare, mentre l’atorvastatina
risulta significativamente più efficace dei policosanoli nel ridurre i livelli di LDL, entrambi
abbassano i livelli di trigliceridi in modo analogo, mentre solo i policosanoli aumentano
significativamente i livelli di HDL (Castano et al., 2003). Studi recenti hanno evidenziato che i
policosanoli possono ridurre la sintesi del colesterolo, regolando l’espressione cellulare dell’HMGCoA reduttasi, diminuendola, senza però inibirla direttamente (McCarty, 2002). Questi composti
sono anche in grado di ridurre i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, diminuendo
l’ossidazione delle LDL, l’aggregazione piastrinica ed il danno endoteliale in soggetti affetti da
ipercolesterolemia del tipo II (Janikula, 2002), diabetici del tipo II (Crespo et al, 1997) e donne in
postmenopausa (Castano et al., 2000). Infine, i policosanoli risultano ben tollerati e privi d’effetti
collaterali, anche se gli studi riguardanti una loro possibile tossicità sono stati eseguiti solo su
soggetti cubani ed andrebbero, quindi, proseguiti in altri paesi.
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MONASCUS PURPUREUS 200 mg di estratto titolato all’ 1,5% in monacolina k
Il Monascus purpureus è un particolare tipo di lievito dalla caratteristica colorazione rossa, che per
fermentazione controllata del riso si arricchisce in un gruppo di sostanze, denominate monacoline,
alle quali è stata attribuita un’attività ipocolesterolemizzante (Endo et al., 1986; Endo et al., 1985;
Wang et al., 2000). Altre sostanze attive sono degli steroli (beta-sitosterolo, campesterolo,
stigmasterolo), isoflavoni ed acidi grassi monoinsaturi (Heber et al., 1999). La monacolina k, in
particolare, è il componente principale e quello presente in concentrazione maggiore, che per
struttura e caratteristiche chimiche risulta molto simile alla molecola delle statine. Questa sostanza è
in grado di inibire competitivamente l’enzima HMG-Coa reduttasi, per la sua struttura simile al
substrato, riducendo i livelli di colesterolo (Endo et al., 1980; Endo et al., 1989). Uno studio
condotto in Cina (Wang et al., 1997) in 324 soggetti affetti da ipercolesterolemia ha evidenziato
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dopo otto settimane una diminuzione del colesterolo totale del 23%, delle LDL del 31% e dei
trigliceridi del 34%, mentre un aumento del 20% dei livelli di HDL. Studi successivi hanno
confermato questi risultati (Goldstein, 2000; Heber et al., 1999; Huang et al., 2007; Lin et al., 2005;
Wei et al., 2003).
Poiché gli inibitori dell’enzima HMG-Coa reduttasi tendono a ridurre la produzione del coenzima
Q10 (CoQ10), è bene associare l’integrazione di CoQ10 se si pensa di assumere l’estratto di
Monascus purpureus per un tempo prolungato.
Uno studio recente, inoltre, ha osservato che l’estratto è in grado di promuovere l’osteogenesi
(Wong e Langsjoen, 2007).
In teoria le interazioni con fibrati, ciclosporina, eritromicina, claritromicina, nefadozone, inibitori
delle proteasi ed azoli, che valgono per la lovastatina, sono le stesse per l’estratto di Monascus
purpureus. Studi clinici, condotti fino ad oggi, non hanno riscontrato effetti collaterali significativi,
ad eccezione di mal di testa e lievi disturbi gastrointestinali. E’ sconsigliato il suo uso in gravidanza,
durante l’allattamento ed in soggetti con problemi epatici e renali.
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VITIS VINIFERA 70 mg di estratto secco titolato al 95% in proantocianidine.
Vitis vinifera è una pianta appartenente alla famiglia delle Vinaceae, originaria del bacino del
Mediterraneo e del Medio Oriente. La droga è costituita dalla buccia del frutto e dai semi
(vinaccioli) e contiene principi attivi quali tannini, flavonoidi, antociani, proantocianidine,
resveratrolo, acidi grassi poliinsaturi, sali minerali, vitamine. Le procianidine sono caratterizzate da
molecole flavoniche raggruppate in oligomeri con un'elevata attività antiossidante ed
endotelioprotettiva e grazie alla loro capacità di inibire gli enzimi coinvolti nella degradazione di
collagene, elastina ed acido jaluronico, sono utilizzate in fitocosmesi per proteggere la cute dai
danni provocati dai raggi UV (Bernays et al., 1989; Scalbert et al., 1991). In particolare, le
proantocianidine oligomeriche (OPC), prodotti di condensazione di catechine ed epicatechine, sono
principalmente localizzate nei semi, mentre le antocianidine, una classe di antiossidanti polifenolici,
si trovano nella buccia del frutto (Venket et al., 1999). Le proantocianidine possiedono effetti
antiossidanti, antimutageni, antimicrobici, antipertensivi, ipoglicemizzanti ed protettivi
endotelioprotettivi (Barnard et al., 1993, Cheng et al., 1993; Dartenuc et al., 1980; Eberhardt e
Young, 1994; Facino et al., 1994; Gali et al., 1994; Hong et al., 1995; Karthikeyan et al., 2007;
Liviero et al., 1994; Vennat et al., 1994). Studi recenti su questo estratto hanno evidenziato
un’attività cardioprotettiva, la capacità di aumentare le HDL lipoproteine ed un’efficacia
nell’alleviare i sintomi dell’insufficienza venosa, quali pesantezza alle gambe, crampi, edema,
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dolore e prurito (Bagchi et al., 2003; Berti F. et al., 2003; Costantini et al., 1999; Cui et al., 2002;
Yu et al., 2002). Le proantocianidine sono utilizzate soprattutto nel trattamento di disordini
vascolari, come l’insufficienza venosa cronica, le vene varicose e la fragilità capillare.
Recentemente si è osservato che queste sostanze inducono selettivamente la crescita dei
cheratinociti, che costituiscono i capelli e la pelle, ipotizzando che potrebbero essere efficaci nel
trattamento dell’alopecia (Takahashi et al., 1998; Takahashi et al., 1999). In generale, l’estratto dei
semi d’Uva sembra essere utile nel trattamento dell’alopecia sia per i suoi effetti antiossidanti sia
per la presenza del resveratrolo che è in grado di inibire l’angiogenesi (Dulak et al., 2005). Si è
dimostrato, infatti, che l’angiogenesi è alla base della crescita dei capelli e sue anormalità causano
la perdita dei capelli (Dulak et al., 2005).
Il resveratrolo, invece, è contenuto in concentrazioni maggiori nella buccia dei frutti ed è una
fitoalexina naturale prodotta dalla Vitis vinifera e da altre piante in risposta ad infezioni funginee e
ai raggi UV. Nella medicina ayurvedica è usato principalmente come cardiotonico. Il resveratrolo
risulta cardioprotettivo grazie alla sua capacità di inibire l'ossidazione delle lipoproteine a bassa
densità (LDL), la proliferazione delle cellule muscolari lisce e l'aggregazione piastrinica (Fremont
et al., 1999; Fremont et al., 2000; Hung et al., 2000). Questo composto è anche in grado di inibire
la produzione di eicosanoidi proaterogenici nelle piastrine e neutrofili umani (Pace-Asciak et al.,
1995). Recentemente sono stati evidenziati degli effetti antitumorali ed immunostimolanti del
resveratrolo in vitro (Jang et Pezzuto, 1999; Holmes-McNary et Baldwin, 2000; Hsieh et al., 1999;
Schneider et al., 2000). Questa sostanza, come le procianidine, è un potente antiossidante e si è
dimostrato, sia in vivo sia in vitro, in grado di proteggere dai danni indotti dai raggi UV (Afaq et al.,
2003; Adhami et al., 2003).
E' da evitare il suo uso in gravidanza e durante l'allattamento.
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BIANCOSPINO 100mg di estratto secco titolato all’1,8% in vitexina.
Crataegus oxyacantha o Monogyna o Biancospino è un arbusto originario delle zone temperate
dell’emisfero nord. La droga è rappresentata dalle infiorescenze (corimbi), che alla base possono
presentare qualche foglia, e contiene flavonoidi (flavoni, flavonoli fra cui l’iperoside, la vitexin 2rhamnoside, la rutina e la vitexina), procianidine oligomere (l’epicatechina e la catechina),
proantocianidine, triterpeni pentaciclici e una piccola parte di olio essenziale, il cui principale
costituente è l’aldeide anisica. L’estratto di Biancospino è in grado di aumentare l’integrità della
parete dei vasi sanguigni e presenta un’azione cardiosedativa: riduce i fenomeni legati alla
simpaticotonia e aumenta parallelamente lo stato vagotonico (attività inotropa positiva e batmotropa
negativa), regolando così il battito cardiaco ed aumentando l’apporto ematico alle arterie coronarie
ed al miocardio (Rigelsky e Sweet, 2002). Si ipotizza che queste proprietà siano dovute quasi
esclusivamente ai flavonoidi. L’estratto si utilizza nelle lievi insufficienze cardiache, in caso di
palpitazioni, nell’angoscia, negli squilibri neurovegetativi, nel senso di oppressione precordiale, nel
cuore senile che non necessita di trattamento digitalico, nelle forme lievi di aritmie bradicardiche e
nell’ipertensione (Rigelsky e Sweet, 2002; Tadić et al., 2008). Le proprietà antiipertensive sono
attribuite ai flavonoidi ed alle proantocianidine, che sembra siano in grado di inibire l’enzima ACE
(Lacaille-Dubois et al., 2001; Masteiková et al., 2007; Tadić et al., 2008). L’estratto manifesta,
inoltre, effetti ansiolitici, utili nelle condizioni di nervosismo ed ipereccitabilità, proprietà
antiossidanti, ipolipemizzanti ed antiaterosclerotiche con effetto maggiormente evidente sulle
proteine a bassa (LDL) e bassissima densità (VLDL), che presentano un maggior rischio aterogeno
(Akila e Devaraj, 2008; Shanti et al., 1994; Tadić et al., 2008). Uno studio ha evidenziato che i
principi attivi del Biancospino sono in grado di aumentare i livelli dei recettori delle LDL a livello
epatico e di prevenire l’accumulo di colesterolo nel fegato, promuovendo la degradazione del
colesterolo in acidi biliari (Rajendran et al., 1996). Per il suo meccanismo d’azione, il Biancospino
può potenziare l’attività di farmaci inotropi ed ipotensivi. Questa pianta, infatti, è in grado di
potenziare l’azione della digitale ed i suoi componenti possono interferire sulla funzione della
glicoproteina-P ed interagire con i farmaci che sono substrati di questa proteina come la digossina.
Uno studio recente ha, comunque, dimostrato la sicurezza nella somministrazione contemporanea
dell’estratto e della digossina (Tankanow et al., 2003).
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COENZIMA Q10
Il Coenzima Q10 (CoQ10), denominato anche ubichinone o vitamina Q, è un benzochinone con
catene laterali isopreniche, strutturalmente simile alla Vitamina K ed alla Vitamina E. E’ una
molecola liposolubile, sintetizzata nelle membrane biologiche, soprattutto quelle mitocondriali, e a
piccole dosi è acquisita tramite la dieta. Svolge un ruolo centrale nella catena respiratoria come
trasportatore di elettroni ed è coinvolto in numerose reazioni redox a livello cellulare (Crane et al.,
1957; Turunen et al., 2004). Attualmente è utilizzato nel trattamento di malattie neurodegenerative,
tra cui il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, e malattie cardiovascolari per i suoi notevoli
effetti antiossidanti (Beal, 2004; Shults et al., 2002; Schapira, 2006; Singh et al., 2007). Una sua
carenza determina una condizione clinica caratterizzata da encefalomiopatia, atassia cerebrale,
sindrome di Leigh con ritardo nella crescita, miopatia e debolezza (Auré et al., 2004; Boitier et al.,
1998; Di Giovanni et al., 2001; Ogasahara et al., 1989; Rötig et al., 2000). Recentemente è stato
dimostrato che le statine, inibendo la sintesi di colesterolo, riducono i livelli di Coenzima Q10. Per
questo motivo è stato ipotizzato che la miopatia causata dall’assunzione di statine sia determinata da
un deficit parziale di CoQ10 ed al momento sono in corso degli studi per valutare l’efficacia della
somministrazione contemporanea di statine e Coenzima Q10 (Folkers et al., 1985; Littarru e
Langsjoen, 2007; Rundek et al., 2004). Alcuni studi, inoltre, hanno osservato che bambini ed
adolescenti soggetti ad attacchi d’emicrania presentano una carenza di Coenzima Q10 e che la sua
assunzione determina un miglioramento nella sintomatologia (Bianchi et al., 2004; Hershey et al.,
2007; Sándor et al., 2005). In generale, comunque, è stato dimostrato che tutti i soggetti affetti da
una mancanza di Coenzima Q10 traggono beneficio in seguito alla sua assunzione orale (Bhagavan e
Chopra, 2006; James et al., 2005).
Si sconsiglia il suo uso durante l’assunzione di warfarina, poiché potrebbe ridurne l’effetto
anticoagulante (Combs et al., 1976; Landbo e Almdal, 1998; Spigset, 1994).
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