scheda rilevazione buone prassi aziendali - Ulss 3
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scheda rilevazione buone prassi aziendali - Ulss 3
Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali SCHEDA RILEVAZIONE BUONE PRASSI AZIENDALI A. ASPETTI ANAGRAFICI A 1 - U.O. coinvolte: Dipartimento di Salute Mentale A 2 -Ambito di appartenenza: (selezionare) Sanitario Sociale Socio-sanitario Tecnico Amministrativo A 3 - Responsabile Buona Prassi: Cognome: Tito Nome: Paolo U.O. di appartenenza: Dipartimento di Psichiatria Ruolo Aziendale: Direttore del DSM A 4 - Recapiti del responsabile: Telefono: 0424/885143 E-mail: A 5 - Partecipanti gruppo di lavoro: Cognome Nome Tito Paolo Murarotto Paola Bertoncello Erica Parolin Antonella Rizzotto Patrizia Qualifica Direttore DSM Assistente Sociale Educatrice Infermiera Infermiera Pag. 1 di 11 Unità Operativa Psichiatria Psichiatria Psichiatria Psichiatria Psichiatria Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali B. TITOLO E DESCRIZIONE ESPERIENZA B 1 - Titolo Prassi: ABITARE AUTONOMO: Supported Housing B 2 - Durata della buona prassi Data conclusione prevista: Data inizio: Data conclusione effettiva: B 3 - Aree Tematiche: (selezionare) Modelli di assistenza (Es.: Presa in carico - Continuità delle cure Integrazione Socio-sanitaria - Integrazione Multiprofessionale; ecc…..) Appropriatezza e qualità delle cure (Es.:Sicurezza degli utenti – Percorsi diagnostici-terapeutici-assistenziali – Miglioramento qualità assistenziale – Implementazione linee guida – Lotta al dolore – ecc… Efficienza gestionale (Es.: Progetti di riorganizzazione dei servizi o di processi – efficienza nei servizi tecnico-amministrativi – facilità di accesso ai Servizi ecc…) Innovazione tecnologica (Es.: Miglioramento dei processi di gestione delle tecnologie biomediche – Telemedicina e teleconsulto – Nuove tecnologie – ecc…) Comunicazione e promozione della salute (Es.: Relazione personale sanitario/paziente – Umanizzazione – Prevenzione primaria e secondaria – Stili di vita – ecc…) Altro B 4 - Descrizione sintetica della buona prassi Premessa: Nell’ottica della Psichiatria di Comunità il DSM (Dipartimento di Salute Mentale) ha la mission della cura e della riabilitazione dei singoli pazienti. L’abitare autonomo è una delle massime espressioni di questo percorso riabilitativo. Anche nel Progetto Obiettivo Regionale per la Tutela della Salute Mentale 2010-2012 (allegato al DGR 651 del 9 Marzo 2010) si sottolinea l’importanza di uno “sviluppo in rete e un sostegno all’abitare autonomo. In particolare si individua a fianco ed a integrazione delle strutture residenziali formalmente definite nei DSM, la necessità di considerare, incentivare e sostenere Pag. 2 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali nuove modalità nell’affrontare i problemi dell’abitare che si caratterizzano per un buon livello di autonomia e meglio garantiscono il protagonismo dell’utenza anche con l’apporto di risorse proprie, del privato sociale, delle Aziende Territoriali di Edilizia Residenziale (ATER), della famiglia, favorendo e incentivando le proposte delle famiglie e degli enti che intendono donare o dare in comodato d’uso gratuito abitazioni per gli utenti”. Oggi il Servizio di Psichiatria sta impiegando molte energie per trovare soluzioni alternative, agli inserimenti comunitari, che consentano: un miglior utilizzo delle risorse economiche ed umane dell’Azienda ULSS 3 rispetto ai bisogni dell’utenza psichiatrica, offrendo una gamma di risposte diverse alla domanda di residenzialità, nuovi progetti individualizzati che rafforzino e mantengano le abilità sociali e l’autonomia dei pazienti, per contrastare il processo di cronicizzazione, lotta allo stigma, offrendo un servizio realmente inserito nella realtà locale. L’attuale offerta residenziale è garantita attraverso la collaborazione con diverse cooperative del privato sociale, presenti nel territorio. Il SUPPORTED HOUSING rientra nell’offerta residenziale del Dipartimento di Salute Mentale, ma diversamente dalle altre realtà, prevede una gestione autonoma, ossia posta in essere esclusivamente dal personale del dipartimento stesso attraverso la costituzione di uno specifico gruppo di lavoro; quindi a costo zero per l’Azienda Sanitaria. Il supported housing è costituito da abitazioni indipendenti con supporto flessibile e individualizzato, in cui l’aspetto abitativo è disgiunto da quello assistenziale. Abitazioni, dunque, esterne al continuum residenziale offerto dai servizi di psichiatria. I pazienti si trovano a vivere in uno spazio proprio, autonomamente gestito, in una situazione di indipendenza economica. B 4.1 - Problemi e bisogni a cui si è voluto dare una risposta: L’intento è quello di permettere a pazienti psichiatrici gravi, ma con un decorso clinico stazionario, di accedere a strutture abitative del territorio in una situazione a lungo termine di “maggior normalità”. Pag. 3 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali B 4.2 - Finalità della buona prassi - Obiettivi specifici • Rispondere all’esigenza di una diversificazione dell’offerta residenziale del Dipartimento di Salute Mentale; • Individuare delle soluzioni residenziali a basso impatto economico sia per l’Azienda che per il paziente psichiatrico. • Integrazione del paziente nel tessuto sociale • Il miglioramento della qualità della vita del paziente • Acquisizione del diritto di cittadinanza. • Supporto del senso d’identità, del proprio “potere” nei rapporti quotidiani con il contesto di vita, le istituzioni, la rete dei rapporti. B 4.3 - Metodologia – strategia L’aspetto fondante del progetto è l’attività di supporto ai pazienti nella gestione dell’abitare, attraverso un lavoro di squadra tra diverse figure professionali quali: medici, psicologi, assistenti sociali, educatore, infermieri. La condizione necessaria per la realizzazione ed il successo del progetto è quindi l’integrazione tra i diversi attori in campo, nel rispetto delle specifiche competenze. Si individuano due tipi di intervento: uno di diretto supporto a domicilio (assistente sociale, educatore, infermiere) e uno di sostegno ambulatoriale (medici, psicologi). La casa supportata si configura quindi come luogo di civile abitazione. Per favorire sia gli obiettivi di integrazione sociale e autonomizzazione dei pazienti, che per garantire l’intervento di supporto da parte dell’équipe, è fondamentale che l’abitazione sia situata in un luogo non isolato e da cui i servizi di base siano facilmente raggiungibili. L’abitare in autonomia in un appartamento prevede la formazione di un piccolo gruppo formato indicativamente da 2/3 persone dello stesso sesso e preferibilmente omogeneo per età. Il piccolo gruppo ha l’obiettivo di essere in qualche misura terapeutico. I gruppi di ospiti non sono necessariamente omogenei per quanto attiene i livelli di autonomia raggiunti da ciascun paziente: gli inquilini potranno compensare momenti di difficoltà in modo reciproco, in una forma di auto aiuto. Pag. 4 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali La gestione del tempo e dello spazio individuale e comune sarà libera e autonoma sia pure all’interno delle regole condivise fra gli ospiti e fra questi e l’èquipe referente. La gestione clinica del singolo paziente è a carico del CSM (Centro di Salute Mentale). Le eventuali questioni e contrasti che dovessero sorgere fra abitanti dell’appartamento autonomo e vicini di casa saranno affrontati dal personale preposto a monitorare l’appartamento; si sottintende che gli operatori interverranno nella mediazione per quei conflitti determinati da eventuali situazioni cliniche dell’abitante con disagio psichico PROCEDURA D’INSERIMENTO Pag. 5 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali Segnalazione del medico referente all’equipe del progetto Abitare Autonomo Incontro preliminare con equipe curante: presentazione del caso e definizione obiettivi riabilitativi Colloqui con i familiari Incontro di conoscenza tra inquilini Ingresso in casa Incontri di verifica in appartamento 2 volte alla settimana L’ingresso degli inquilini nella casa supportata prevede la stesura da parte del paziente in collaborazione con il medico, l’assisitente sociale e l’educatrice di un contratto individuale e di un contratto di convivenza stipulato tra tutti gli inquilini e l’equipe del CSM: • CONTRATTO INDIVIDUALE tra ciascun pz e operatori, fortemente personale e che rinvia alle risorse e aree problematiche di ciascun pz. • CONTRATTO DI CONVIVENZA steso fra gli inquilini e operatori. Vengono formulate delle regole generali. Pag. 6 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali TRADUZIONE PRATICA DEL PROGETTO DI SUPPORTED HOUSING “APPARTAMENTO DI VIA BEATA GIOVANNA” All’interno dell’appartamento convivono 3 giovani pazienti donne, in cura presso il Centro di Salute Mentale, clinicamente stabilizzate, che provengono da 3 percorsi riabilitativi diversi. L'inserimento nell’appartamento si struttura attraverso la formulazione di un progetto riabilitativo individualizzato per ciascuna paziente. In particolare tale progetto avrà i seguenti obiettivi: valorizzazione della propria identità personale attraverso interventi riabilitativi di gruppo (interni all’appartamento) ed individuali (attraverso l’équipe del CSM); potenziamento della cura del sé e del proprio ambiente; apprendimento delle capacità di convivenza sociali; implementazione e qualificazione dei contatti sociali;; (ri) costruzione di soddisfacenti relazioni familiari saper utilizzare gli spazi ed i servizi della città; indipendenza nella vita quotidiana e di relazione; aumento del potere contrattuale. L’appartamento L’appartamento si trova a Bassano del Grappa in via Beata Giovanna ed è stato trovato attraverso un’Agenzia Immobiliare della città. Dopo una prima visione della casa da parte dell’Assistente Sociale e dell’Educatrice, le utenti coinvolte nel progetto hanno visitato l’appartamento e acconsentito alla stipula del contratto d’affitto. Tramite l’agente immobiliare e con il sostegno da parte dell’equipe del CSM, le pazienti hanno firmato il contratto con la proprietaria dell’immobile. Gli allacciamenti per il pagamento delle bollette sono stati fatti tutti a nome delle inquiline. L’appartamento si trova al primo piano di una palazzina di 12 unità, in pieno centro storico, in zona accessibile ai servizi, servita da mezzi pubblici e a 5 minuti a piedi dal CSM. Al suo interno si struttura con: ampio corridoio d’entrata; ampia cucina con sala da pranzo; Pag. 7 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali 1 camera da letto singola; 1 camera da letto doppia (arredata in modo tale da essere suddivisa in 2 parti indipendenti); 1 servizio igienico; 1 ripostiglio; ampia terrazza con vista su parco giardino privato. riscaldamento autonomo. cantina. Il totale delle spese viene suddiviso tra le 3 pazienti. B 4.4 - Fasi e tempi di sviluppo FASI 1 Ricerca della casa 2 Firma contratto Arredamento della casa 3 da parte delle pazienti 4 Ingresso nella casa Condivisione abitazione 5 di 3 pazienti 6 Verifica del progetto FASI Proseguimento 1 condivisione della casa 2 3 4 5 6 Anno 2010 Anno 2011 G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Anno 2012 Anno…….. G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D X X X X X X X B 5 - Destinatari Pazienti clinicamente stabilizzati, portatori o no di cronicità residuali, ma in possesso di sufficienti autonomie per vivere in soluzioni abitative a bassa assistenza. Pag. 8 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali B 6 - Indicatori di valutazione della buona prassi - Ricoveri in SPDC o altre strutture Livello di autonomia nella gestione quotidiana Clima percepito nel rapporto con le famiglie d’origine Quantità e qualità dei rapporti sociali delle pazienti Pag. 9 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali C. RISULTATI C 1 - Risultati raggiunti (rispetto agli obiettivi e agli indicatori di valutazione previsti dalla prassi, indicare in cosa i risultati raggiunti differiscono - se differiscono – da quelli attesi in fase di progettazione e riportare le eventuali criticità incontrate e i punti di forza della buona prassi) Si è reso possibile per due pazienti la dimissione dal circuito comunitario, mentre per una si è lavorato sul rafforzamento dell’autonomia individuale, evitando l’inserimento in appartamenti protetti gestiti da cooperative del privato sociale. In tal modo si è realizzato un risparmio economico sia per l’Azienda che per le pazienti garantendo altresì maggior turnover degli utenti nelle strutture residenziali. Implementazione del lavoro d’equipe del CSM. Diminuzione dello stigma sociale rivolto agli utenti psichiatrici. Implementazione e qualificazione dei contatti sociali da parte delle pazienti con la rete sociale, maggior capacità nell’utilizzare gli spazi ed i servizi della città in modo autonomo e finalizzato; Maggior autonomia delle pazienti nella vita quotidiana: gestione pratica del denaro, gestione di sé, del proprio ambiente, etc Valorizzazione della propria identità personale, che ha migliorato la stima di sé e rafforzato la capacità contrattuale delle utenti nelle commissioni quotidiane e nei rapporti con i vicini ed i servizi. Emancipazione dalle famiglie e ridefinizione delle relazioni familiari, che si traducono di fatto in una maggiore armonia nelle dinamiche familiari e alleggerimento del carico del paziente sulla famiglia stessa. C 2 - L’esperienza realizzata in forma sperimentale è stata poi adottata in forma stabile dall’Azienda (messa a regime)? - segnare con una “X” SI X NO IN CORSO Pag. 10 di 11 Scheda Rilevazione Buone Prassi Aziendali C 3 - Note (Altro) Il Responsabile della Prassi Aziendale lì, 04 luglio 2012 Dr. Paolo TIto Il/i Responsabile/i della/e Unità Operativa Dr. Paolo Tito Pag. 11 di 11