un click qui - Famiglia Weiss
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Realmente Accaduto Antologia di tre storie vere I racconti, che ho qui riportato, sono realmente accaduti. Ovviamente i fatti sono stati romanzati, i nomi dei personaggi sono di fantasia e non quelli originali, le località in cui si svolgono i racconti, sono quelle in cui i fatti sono successi, ma i particolari di vie, piazze, indirizzi, nomi di alberghi e/o negozi sono stati modificati per non poter identificare i reali protagonisti dei tre episodi. Sono tre episodi, che in alcuni casi, sono avvenuti prima che io nascessi o all’epoca della mia gioventù e, che mi hanno fatto riflettere e, in certi casi, mi sono stati di insegnamento e di monito lungo il cammino della mia vita. Nella speranza che condividiate questi miei pensieri, ringraziando, vi auguro una buona lettura Giorgio Weiss 1 2 LE APPARENZE INGANNANO Capitolo 1 Siamo agli inizi degli anni ’50 e la nostra storia ha inizio a Livorno, città natale del nostro personaggio, mentre si accinge a partire per uno dei suoi frequenti viaggi.. Eugenio Della Noce è un uomo d’affari di 31 anni, costretto a continui, brevi viaggi e trasferte in varie città d’Italia, dal nord al sud in continui spostamenti in diverse località con un massimo due o tre giorni di permanenza e poi via a toccare altre città o paesi per portare a conclusione i suoi affari. Dopo di che rientra nella sua Livorno per un breve periodo di riposo, fare un bilancio degli affari conclusi e programmare le prossime tappe. Bell’aspetto, modi gentili, sempre sorridente ed elegantemente vestito, Eugenio è il classico tipo che ha raggiunto una certa posizione sociale e che ispira fiducia a chi lo incontra e deve trattare con lui. Ha una voce calda, suadente e accattivante, non è molto loquace, anzi, usa poche parole, misurate, appropriate che fanno capire all’interlocutore immediatamente il concetto, le necessità, i desideri, espressi coerentemente e con precisione, senza giri di parole inutili, egli sa andare subito al dunque mettendo, nel contempo, a suo agio chi gli sta di fronte che non ha nessun bisogno di interpretare i concetti tanto sono lineari e limpidi. Eravamo il 6 di Giugno dell’anno 1951, era un mercoledì, ed Eugenio stava programmando una capatina, per lavoro, a Trieste. 3 In quell’epoca Trieste, pur essendo una città italiana, per questioni postbelliche, di accordi internazionali relativi al “memorandum di Londra”, era amministrata dalle truppe anglo-americane che sovrintendevano quella che era chiamata zona A del “Territorio Libero di Trieste”; la zona B era amministrata dalla Jugoslavia. Il preventivo di permanenza nella città di Trieste era di due o al massimo tre giorni, pertanto Eugenio tolse dall’armadio una piccola valigia, poco più di una 24 ore, ci ripose la biancheria necessaria, un paio di camicie, alcune cravatte ed un vestito di ricambio in tessuto leggero di fresco lana, tanto ormai la stagione era avanzata ed il tepore dell’aria era confortevole e non necessitava appesantire la valigia con maglie di lana. Il mattino dopo, di buonora, Eugenio si recò alla stazione ferroviaria di Livorno a prendere il treno locale che lo avrebbe portato a Firenze per attendere la coincidenza con il “rapido” proveniente da Roma, salito sul quale sarebbe arrivato direttamente a Trieste. Il primo tratto del viaggio, da Livorno a Firenze con un treno “locale”, fu lungo ma piacevole, il finestrino aperto lasciava entrare un’aria tiepida che recava con sé il dolce profumo della campagna toscana, che lui conosceva bene, ma che ogni volta guardava ammirato come fosse la prima, inspirando a pieni polmoni l’aria di casa. Giunto a Firenze, circa mezz’ora dopo, alle 11.22, avrebbe avuto la coincidenza con il rapido proveniente da Roma che, guarda caso, sia i tabelloni luminosi che la voce gracchiante degli altoparlanti informavano in ritardo di venti minuti sull’orario previsto. Si recò al bar della stazione per prendere un caffè ed acquistare il Corriere della Sera e un settimanale illustrato da leggere durante le sei ore di viaggio. Quando Dio volle il “rapido” arrivò ed Eugenio salì sulla vettura di prima classe per non fumatori, trovò uno scompartimento occupato solamente da due persone. Erano, un signore di mezza età di corporatura molto robusta, con un paio di folti baffi che scendevano ai lati della bocca, che sonnecchiava seduto nell’angolo vicino alla porta d’ingresso allo scompartimento, nel senso di marcia. Dalla parte opposta, vicino al finestrino, una 4 ragazza, mora con i capelli lunghi e ricci, stava attentamente leggendo un libro. Aperta la porta scorrevole dello scompartimento, Eugenio entrò. - Buon giorno signori. L’uomo grasso con i baffi accennò un mezzo saluto da assonnato, mentre la signorina, alzando gli occhi dal libro, con un sorriso, rispose: - Buon giorno. Eugenio sistemò la sua valigia sulla retina sopra il divano e tenne con sé la borsa porta atti contenente i documenti e dove aveva riposto i giornali. Si sedette vicino al finestrino, di fronte alla signorina, anche se così viaggiava con la schiena al senso di marcia, ma piuttosto di stare seduto vicino al baffuto dormiente, preferì quel disagio per trovarsi al cospetto di una visione più piacevole. Tolse dalla borsa il Corriere della Sera e cominciò a leggere la prima pagina, sbirciando ogni tanto la bella moretta. Riuscì a leggere il titolo del libro “Anatomia peritale nei casi di infortunio mortale”, non era certo un romanzetto rosa. Calando il giornale si rivolse alla ragazza, con voce dal tono abbassato per non disturbare il baffuto: - Permette signorina? Mi chiamo Eugenio Della Noce, non ho potuto fare a meno di leggere il titolo del libro che sta leggendo e ne sono rimasto allibito. Come mai un argomento così inusuale? - Piacere sig. Della Noce, io sono Rossella Venturi, vengo da Arezzo e sono al quinto anno di medicina a Padova e sto raccogliendo materiale per la tesi che dovrò discutere nella prossima primavera. Essa tratterà sullo studio delle cause più frequenti di incidenti mortali sul lavoro. - Cara signorina Rossella, permette che la chiami Rossella? E io gradirei che mi chiamasse Eugenio... sono esterrefatto che una così bella ragazza tratti argomenti così macabri e lugubri che fanno venire in mente vecchie megere vestite di nero con fare spettrale e non certamente la vitalità, la gioventù, la gioia di vivere che il suo aspetto dimostra. - Sì, signor Eugenio, potrebbe sembrare così, ma la mia ricerca tende a stabilire che molte volte, troppe forse, gli incidenti sul lavoro vengono addebitati alla 5 mancata osservanza delle norme antinfortunistiche, incolpando così il responsabile del cantiere, della fabbrica, della manifattura, dell’officina, ecc., ma al contrario succede che la causa sia dovuta, ad esempio, ad un’alterazione del soggetto causata da un giramento di testa e temporanea perdita dei riflessi, causata dalla pressione sanguigna troppo alta, oppure il caldo canicolare o il freddo intenso che fanno rilassare per un attimo l’attenzione dovuta all’espletamento delle proprie mansioni. Di cause ce ne sono centinaia che non andrò, sicuramente, ad elencare per non divenire monotona. Solo l’autopsia può stabilire le vere cause del decesso. - E’ vero - rispose Eugenio - non ci avevo pensato. Tante volte si legge sul giornale: “Operaio edile precipita dall’impalcatura e muore”. Non è detto infatti che l’impalcatura fosse stata eretta in modo non corretto o che le scarpe non fossero state quelle previste, come i guanti, il casco, ecc., ma l’operaio può, effettivamente, avere avuto un malore se non un infarto addirittura. - Sì, macabro ma interessante. Auguri per i suoi studi; non voglio distoglierla dai suoi doveri sembrando di essere il solito “pappagallo” che cerca pretesti per iniziare una conversazione. - Non si preoccupi, signor Eugenio, un po’ di pausa durante gli studi, serve a rilassare la tensione e recuperare energie, e poi una persona gentile e cortese come lei non può sicuramente essere un “pappagallo”, anzi a guardarla ispira fiducia. Di cosa si occupa lei? - Il mio lavoro è un po’ vario ed è inerente alla redditività delle cose, delle merci, degli affari in genere. Infatti in ogni città in cui vado, l’affare, il soggetto commerciale, le persone interessate, variano da caso a caso, secondo logiche di mercato del momento ed esigenze dei contraenti. Oggi infatti mi sto recando a Trieste, ma non ho ancora una visione ben chiara del genere d’affare che mi verrà proposto, quando avrò trovato i soggetti giusti deciderò il da farsi. - Non ho capito molto - rispose Rossella incuriosita, - ma sicuramente il suo dev’essere un lavoro assai vario ed interessante . Il treno continuava la sua corsa e Bologna era vicina, mancavano circa dieci minuti per arrivarci. Il grasso baffuto diede qualche segno di vita, si raddrizzò e sbirciò 6 l’orologio. Guardando gli altri due viaggiatori esclamò, con spiccato accento bolognese: - Scusate se non sono stato molto di compagnia, ma sono molto stanco, sono quattro giorni che viaggio da una città all’altra del sud e centro Italia per mantenere fede a degli appuntamenti con i miei clienti. Scusate, non mi sono presentato, mi chiamo Giuseppe Nardi e possiedo un piccolo salumificio alla periferia di Bologna, dove produco con la mia famiglia ed alcuni dipendenti, insaccati di tutti i tipi con il tradizionale sistema artigianale su antica ricetta di famiglia. Togliendo dal taschino del panciotto due biglietti da visita, li porse a Rossella e ad Eugenio. - Se passate dalle mie parti, venite a trovarmi che sarò ben lieto di farvi assaggiare i miei prodotti e farvene alcuni omaggi. Si girò verso la reticella, tolse le sue due valige, aprì la porta dello scompartimento ed uscì dicendo ancora, rivolto ai due viaggiatori: - Ci conto che veniate a trovarmi, buona giornata! - e richiuse la porta. I due giovani lo videro uscire in silenzio e, simultaneamente, si guardarono in viso e scoppiarono a ridere, con una forza tale che alcune lacrime uscirono dai loro occhi. Eugenio, calmatosi un po’, disse a Rossella: - Ha fatto tutto lui, noi non abbiamo detto una parola, credo che se fa così con i suoi clienti, li lascia senza fiato e gli ordini fioccano a decine. Potrebbe essere un soggetto adatto alle sue ricerche, non le pare? - No, non può essere adatto alle mie ricerche, è ancora vivo. Anche lui gira le città d’Italia per fare affari come lei, ma che differenza di classe! - Devo dire la verità - replicò Eugenio - nelle mie molteplici occasioni non ho mai trattato salumi ed affini, ma non si sa mai nella vita, chissà che un giorno, magari con industrie più grosse, non abbia anch'io qualche cosa da trattare. Finite le battute e le argomentazioni, Rossella si concentrò nuovamente sul suo macabro libro ed Eugenio riprese a leggere il Corriere della Sera. 7 Il treno si rimise in moto, lasciando Bologna alle spalle, quando si aprì la porta dello scompartimento ed entrarono due militari in divisa con la loro brava sacca. - Possiamo, non disturbiamo?, scendiamo presto, a Verona dove prestiamo il servizio di leva. - Prego, prego - risposero contemporaneamente Eugenio e Rossella - accomodatevi pure, c’è posto. Appoggiati i loro sacchi sulle retine sopra la testa, si sedettero vicino alla porta d’ingresso; uno dove stava seduto, fino a poco tempo prima, Nardi e uno di fronte iniziando, nel contempo, a parlare di sport. Uno sosteneva che il calcio era il più bello sport del mondo, seguito da milioni di persone, che ogni domenica vivevano con la squadra del cuore e con essa soffrivano, spasimavano, trepidavano, imprecavano, gioivano, esultavano, andavano in visibilio a seconda se avesse perso o vinto. L’altro invece era un appassionato del ciclismo e decantava le doti fisiche che un atleta di quello sport doveva avere per poter riuscire a sopportare le fatiche di pedalate, veloci in pianura, possenti in montagna, sforzi che un giocatore di calcio nemmeno si sognava di fare in quell’ora e mezzo che dura una partita, nella quale correva solamente se aveva la palla al piede, altrimenti si riposava. Divergenze di opinioni che, suffragate da mille altri argomenti, facevano divenire la discussione sempre più animata e vivace tanto da disturbare i compagni di viaggio. Eugenio si rivolse loro pregandoli di parlare sottovoce in quanto la signorina stava studiando e lui stava cercando di leggere attentamente il giornale. I due arrossirono e, scusandosi per il disturbo, si zittirono subito; il sostenitore del calcio si mise a leggere, guarda caso, la Gazzetta dello Sport mentre il ciclista, presa la Settimana Enigmistica, si mise a risolvere i cruciverba. La pace e la quiete ritornarono nello scompartimento. Dopo qualche minuto la porta si aprì ed apparve il controllore dicendo: - Biglietti prego signori - guardando con l’occhio truce i militari. Rossella ed Eugenio porsero i loro biglietti, mentre i soldati, alzatisi in piedi, frugavano nella sacca. Il controllore restituì i biglietti punzonati a Rossella ed 8 Eugenio e prendendo in mano i biglietti dei due militari, esclamò: - Sempre la solita storia con voi militari, avete il biglietto di seconda classe e vi ritrovo in prima, comodo eh?. O pagate il supplemento con la multa, o spostatevi immediatamente nella carrozza di seconda classe! I due ragazzi, rossi in viso per la vergogna, si scusarono dicendo che non si erano accorti e che si sarebbero spostati subito. Imbarazzati, presero i sacchi, chiesero scusa, ed uscirono di corsa mentre il controllore sbraitando li apostrofava: - Se vi becco un’altra volta ve la faccio pagare cara! Rossella disse di sentirsi un po’ a disagio ed imbarazzata per quanto era successo e che il controllore avrebbe potuto essere un poco più gentile e non urlare a quel modo con dei poveri ragazzi. Eugenio annuì, ma precisò che, viaggiando molto spesso in treno, queste scene, per lui, erano all’ordine del giorno. Poteva essere che in questo caso fossero in buona fede, ma si sa che, per brevi tragitti, tentano di stare più comodi nella speranza che non arrivi il controllore. Rossella guardò dal finestrino e disse: - Tra poco siamo a Verona, poi Vicenza e la fermata seguente saremo a Padova dove dovrò scendere, mentre lei ce l’avrà ancora lunga per arrivare a Trieste. Non la invidio a dover viaggiare tanto in treno. - No, non è vero - replicò Eugenio - i viaggi possono essere noiosi ma anche piacevoli, come quello che sto facendo, quando si ha la fortuna di avere una così simpatica e bella compagna di viaggio. Non abbiamo parlato molto è vero, però è stato molto piacevole e, per me, istruttivo. Oggi ho appreso qualche cosa di nuovo sugli infortuni e sono nozioni che potrebbero essere, per il futuro, fonte di approfondimento forse per il mio lavoro. - Già! Il suo lavoro, che in definitiva non ho ben capito cosa sia e che non voglio approfondire, per carità, ma non vedo assolutamente come delle autopsie possano esserle d’aiuto nel campo degli affari. - Vede, cara Rossella, il bagaglio di cultura di una persona non deve fermarsi allo stretto necessario per svolgere una determinata attività. Domani lei sarà un medico e, mi auguro, di successo, ma la sua cultura, al di fuori della medicina, vedrà, le servirà moltissimo per capire e analizzare chi le sta di fronte. Capire le ansie, le 9 emozioni, i sentimenti, i turbamenti, oppure il controllo, l’autocontrollo forzato, le ragioni, gli interessi, l’imperturbabilità possono aiutarla a formulare delle diagnosi più rispondenti alla verità. Vede, io non ho studiato medicina, ma sono convinto che la vera abilità e professionalità di un medico consistano nel diagnosticare, perché, una volta scoperto il male, il rimedio lo può trovare anche un farmacista, non le pare? E poi non a caso, quando ha fatto il liceo, pur sapendo che avrebbe scelto la facoltà di medicina, ha dovuto studiare, storia, geografia, storia dell’arte, mitologia, geometria e tante altre cose che con i principi di Esculapio hanno poco a che vedere. Ma la scuola italiana, anche se non molto apprezzata dagli studenti, è forse una delle migliori del mondo come preparazione alla vita. Lei già prima di iniziare l’università sapeva chi fosse Esculapio? Probabilmente no! Ma ha potuto appurare che trattasi del nome latino del greco Asclepio, figlio di Apollo, già venerato in Grecia come il dio della medicina. Il suo culto, di tipo originariamente eroico in Grecia, solo successivamente fu considerato divino e così, in questa forma, fu trasmesso a Roma nel 293 a. C. mentre infuriava una pestilenza. Al dio, cui si attribuiva il potere di resuscitare i morti, fu subito dedicato un tempio nell’isola Tiberina sostituito poi, dagli imperatori, con altro tempio sull’Esquilino. Sua compagna o, a detta di alcuni studiosi figlia, era la dea Igea. La figura di Esculapio era raffigurata come un uomo imponente con folta barba ricciuta, avvolto nell’ampio mantello che lasciava scoperta una spalla, appoggiato ad un bastone attorno al quale si attorcigliava il serpente sacro. - Sì, certo, è vero - disse Rossella - anche se tanti particolari, da lei citati, non li ricordavo affatto. Devo dire che per essere un uomo d’affari conosce tante cose che non siano solo fare soldi. Oh, mi scusi non volevo, sono imperdonabile, me ne dolgo, scusi ancora. - Niente scuse, è la verità, lo scopo del mio lavoro è guadagnare, possibilmente bene, però quasi sempre bisogna, prima di entrare nel merito dell’affare, fare conversazione e, per non fare scena muta con l’interlocutore, bisogna essere all’altezza di poter parlare la “stessa lingua” cosa che di solito fa molto piacere. Vede, anche lei è rimasta impressionata della mia esposizione su Esculapio, ma, le assicuro, la mia cultura 10 finisce là. Se lei avesse cominciato, restando nel campo medico, a parlare di periartrite scapolo-omerale, sinusite, laparatomia o paroloni del genere, avrebbe scoperto la mia completa ignoranza. Così invece, impressionandola, ho guadagnato dei punti. Ecco come, con poco, si può avere successo. Nel frattempo il treno stava entrando nella stazione di Verona, quasi in perfetto orario. Certamente il macchinista era riuscito a recuperare il ritardo con cui era entrato nella stazione di Firenze. Aperto il finestrino, Eugenio cercò di attirare l’attenzione dell’addetto alle bibite che con il carretto transitava lungo la pensilina. Il carretto si avvicinò al finestrino e lui chiese a Rossella cosa volesse bere. Dopo la solite frasi di circostanza, Rossella accettò un’aranciata, mentre egli prese un’acqua minerale. Quando stava pagando le bibite, sul marciapiede passarono i due militari giunti a destinazione che, vistolo, abbassarono lo sguardo accelerando il passo. Eugenio, richiuso il finestrino, mentre sorseggiava la bibita, chiese a Rossella se conosceva Verona. Questa rispose di no in quanto, essendo lungo il tragitto da Arezzo a Padova, le impediva di andare a casa di sovente, pertanto non poteva permettersi il lusso di lasciare, sia pur brevemente, gli studi per fare la turista. - Peccato - commentò Eugenio - io per motivi di lavoro ci sono stato un paio di volte. E’ una città veramente interessante posizionata alla convergenza di importanti direttrici di traffico, anche con l’estero attraverso il passo del Brennero. Verona è stata eretta sulle due rive dell’Adige nel punto in cui il fiume forma una duplice ansa che ha la sembianza di una stretta “esse”. Nel centro storico è ancora facilmente rilevabile la regolare struttura a scacchiera con lunghe vie rettilinee e ortogonali dell’antico nucleo romano. In alcuni punti il tessuto urbano, invece, ha conservato l’aspetto medioevale, come nelle piazze delle Erbe e dei Signori. Discorso a parte è l’anfiteatro, la cosiddetta Arena, uno dei massimi monumenti del genere che risale al I° secolo dopo Cristo. Data la sua posizione, negli ultimi decenni Verona ha conosciuto un sostanziale mutamento nelle basi della sua economia, infatti è divenuto un importante mercato dei prodotti agricoli e zootecnici, tanto da essere la più importante Fiera 11 Internazionale del settore in tutta Europa. Anche molte industrie sono state create e sono in via di espansione nel settore metalmeccanico, tessile, alimentare, calzaturiero, del legno e dei materiali da costruzione. Sì, anche qui ho concluso qualche eccellente affare, devo dire la verità. Rossella stette ad ascoltare Eugenio che esponeva le notizie guardando fuori dal finestrino, mentre il treno era ripartito in direzione di Vicenza. - Vede, Eugenio, lei è stato a Verona per motivi di lavoro eppure ne parla come se ci fosse stato da turista. Non mi dica che tutto ciò è normale, capisco l’interesse per l’arte, anch’io ce l’avrei, ma se studio non posso sviluppare questo desiderio e anche lavorando, credo, non si abbia tempo. - Vede Rossella, prima di andare in una città, cerco di documentarmi un pochino per non essere un pesce fuor d’acqua e fare brutta figura con i potenziali clienti. Devo conoscere quali sono i buoni alberghi e i buoni ristoranti perché, con il mio lavoro, non posso soggiornare in una pensioncina modesta e se devo invitare al ristorante il possibile cliente devo sapere dove portarlo in modo da non cadere in una bettola. Quando siamo a tavola è mio preciso intendimento che non si debba parlare di lavoro per non imbarazzare il cliente, pertanto bisogna portare l’argomento sulle bellezze che la città offre, sulla sua storia, i suoi usi ed i suoi costumi, ecc., chiedere informazioni e notizie sui principali palazzi, castelli, cattedrali o semplici monumenti in modo da far vedere che si conosce la città, ma che piacerebbe approfondire la conoscenza. Funziona sempre! A Trieste ci vado per la prima volta, ma nella mia borsa ho l’ultima edizione della guida del Turing Club e un’aggiornata Guida Michelin, nonché lo stradario della città e quando, purtroppo, lei scenderà a Padova e non avrò più il piacere di questa splendida conversazione, mi dedicherò a rinfrescare le mie conoscenze apprese su libri, opuscoli e depliants della città di S.Giusto anche per potermi muovere con una certa sicurezza per le vie senza dover stare sempre con la pianta della città in mano e farmi notare come uno che non sa quello che cerca. La sicurezza nei movimenti è alla base del mio lavoro. Il treno correva veloce nella pianura assolata, si potevano vedere estesi campi ben coltivati, casolari, 12 villaggi, paesi, di tanto in tanto i binari correvano paralleli a delle strade secondarie percorse da automobili che sembravano fare una gara di velocità con il treno, tanti motorini, ciclisti, ecc. Poi all’improvviso i percorsi si dividevano ed il paesaggio perdeva vitalità per riacquistare la pace della campagna. Eugenio e Rossella si misero nuovamente a leggere, quasi controvoglia, sarebbe stato bello conversare ancora, ma nessuno dei due osava riaprire il discorso con nuovi argomenti generici. Eugenio sollevando di tanto in tanto gli occhi dal giornale dava un’occhiatina a Rossella e pensieri più intimi cominciarono a passargli per la testa. Non era facile trovare un ragazza così a modo, riservata, ben educata, colta, quella che si potrebbe dire una ragazza di buona famiglia. Bisognava trovare il modo e la maniera per riprendere un discorso più personale, ma il tempo correva veloce come il treno e Vicenza si stava avvicinando, poi Padova......pochi minuti. Ad Eugenio sembrò che Rossella non attendesse altro che lui ricominciasse a parlare, in quanto anche lei, ogni tanto, con un leggero sorriso, sollevava gli occhi dal libro per poi rituffarvisi immediatamente. - Rossella, scusi, siamo presto a Vicenza e avrei piacere di parlare ancora un po’ con lei, non le spiace vero? - No, tutt’altro, sinceramente speravo me lo chiedesse, mi sento a mio agio nel parlare con lei, c’è una certa affinità di pensiero che rende piacevole la conversazione. Stiamo arrivando a Vicenza e lei che conosce tutto cosa può dirmi di questa città? - Ti prego Rossella, non farmi arrossire, scusi, non mi faccia arrossire, so qualche cosa, magari sapessi tutto! - Eugenio, niente scuse, mi farebbe piacere se ci dessimo del tu senza tante formalità, d’accordo? - Sì, grazie, ne sono felice. Dunque mi chiedevi di Vicenza, ma non voglio annoiarti con sequenze di dati, ti dirò solamente che è una città eretta in pianura ai piedi del versante settentrionale dei Monti Berici ed è attraversata da un fiume dal nome poco conosciuto, mi sembra Baccarione o Baglione. Ah! no, ora ricordo, si chiama Bacchiglione. Le mura che la circondano si sviluppano per lunghi tratti su possenti argini artificiali chiamati localmente “mottoni”. 13 A Vicenza l’industria è rappresentata da imprese di medie e piccole dimensioni, operanti per lo più in settori interstiziali ad alta densità di manodopera, scarsi investimenti per addetto e a basso tenore tecnologico. Per lo più nel campo del tessile, abbigliamento, legno e mobile, pellami e meccanica minore. Ma ora basta con queste storie cerchiamo di conoscerci meglio. - Permetti mi presento prima io! Sono Eugenio Della Noce, ho 35 anni, nato a Livorno il 18 Marzo 1920 dove sono sempre vissuto con i miei fino a quando ho frequentato e mi sono laureato in giurisprudenza presso l’università di Firenze, ma non ho mai inteso esercitare la professione in quanto avrei dovuto fare il tirocinio presso qualche studio legale, praticamente senza paga, per tre anni e poi tentare di dare l’esame per diventare avvocato. Avevo già 26 anni e non intendevo diventare vecchio per cominciare a guadagnare qualche cosa e, pertanto, mi sono “buttato” nel campo degli affari. Ora vivo da solo, non sono fidanzato e non ho legami sentimentali, il mio indirizzo a Livorno è piazza Felice Cavallotti 26. Ora dimmi di te, ma se vuoi altre notizie, non hai altro che chiedere. - Io sono Rossella Venturi, ho 25 anni, sono nata il 7 gennaio del 1926 ad Arezzo, abito con i miei genitori e i miei due fratelli, in via Fra le Torri 18. Sono laureanda in medicina all’università di Padova, come sai. Anche per me sarà dura agli inizi, dovrò fare la tirocinante presso qualche ambulatorio medico o, se avrò capacità e fortuna, presso qualche ospedale. Io voglio, a qualunque costo, mettere a frutto quello che per tanti anni ho studiato. Mio padre è farmacista ed ha una farmacia propria ad Arezzo, chissà che un giorno non possa aprire uno studio nelle vicinanze, sarebbe il massimo delle mie aspirazioni. - Non porre limiti alla Provvidenza, cara Rossella, perché limitarsi ad una vita monotona di medico della mutua, con le tue capacità ed intelligenza puoi arrivare ben più in alto, il campo della medicina è vastissimo, le specializzazioni sono infinite, i campi di ricerca scientifica ancor di più. Siamo in un periodo di grandi fermenti, la guerra è finita da poco, c’è tanto spazio per nuovi giovani talenti, la scienza fa passi da gigante, basta starle dietro e saper cogliere il momento migliore per prendere il “treno” giusto. Tra qualche anno, voglio vedere il tuo nome sulle prime pagine dei giornali e, più in là chissà, forse, candidata al premio Nobel. 14 - Ti prego Eugenio, non correre con la fantasia, le tue sono parole che fanno tanto bene al cuore, ma bisogna rimanere con i piedi per terra. Anch’io, un giorno, potrei leggere il tuo nome sulle prime pagine dei giornali quale “mago” degli affari. Oh! guarda siamo a Vicenza, ancora questa fermata e poi io dovrò prepararmi a scendere. Il viaggio è stato bellissimo, è volato in un momento, in cinque anni ho fatto tante volte il percorso di andata e ritorno, ma non ricordo di aver mai incontrato un compagno di viaggio così. Ti scrivo il mio indirizzo e numero telefonico su di un pezzetto di carta in quanto avrei tanto piacere che mi scrivessi o mi telefonassi qualche volta per dirmi di te e, chissà che non ci si possa anche rivedere, già tu viaggi tanto! - Sì Rossella, da parte mia, è un impegno che accetto volentieri e puoi stare sicura che tra un viaggio e l’altro troverò il momento magico per scriverti e raccontarti brevemente di me, ma quello che aspetterò con più ansia saranno le tue notizie e quando le leggerò mi sembrerà di esserti vicino mentre me le racconti con la tua dolce voce. Altro impegno che prendo è quello di cercare di spostare i miei prossimi affari il più possibile vicino a Padova in modo da poterci vedere, magari per breve tempo. Ecco ti do il mio biglietto da visita che ti farà ricordare quello che già ti ho detto a voce. - Grazie Eugenio, lo terrò da conto, ah! ecco, dott. Eugenio Della Noce “Procacciatore d’affari e ProcuratoreMediatore”, che paroloni, dicono tutto, ma non specificano niente, continuo a non coglierne il significato. Lascia perdere, il tuo è un mondo a parte nel quale io non ci capirei niente. Stiamo lasciando Vicenza, io raccolgo le mie cose. Eugenio si avvicinò a Rossella, le prese la mano, gliela strinse gentilmente portandola alle labbra in un semplice bacio d’affetto. - Lascia, prendo io le valigie, queste potrebbero un giorno essere le mani di un grande chirurgo che non devono far sforzi per portare pesi. Non devi vivere nella bambagia, ma devi riguardarti un pochino, come hai detto tu prima, non puoi buttare al vento tanti anni di studi a causa, magari, di un banale infortunio. Stai facendo la tesi sugli infortuni, no? Eugenio, per la prima volta, rise discretamente e con signorilità mentre lei, presa da un impulso di gioia, 15 sorridendo, lo abbracciò leggermente dicendo: - Sei forte Eugenio! Ancor di più spero di avere tue notizie e poterti incontrare, ho bisogno di un buon angelo custode che mi protegga e mi consigli. Il treno, con il suo ritmico srotolare sui binari, correva veloce, Padova era vicinissima e, pur non dandolo a vedere, Eugenio e Rossella pregavano che il treno si fermasse per ritardare il momento dei saluti. Stavano bene insieme e, per un ragazzo, non è facile ispirare fiducia a prima vista. Si erano conosciuti poche ore prima, ma loro si sentivano come fossero vecchi amici o, chissà, anche qualche cosa in più di vecchi amici. Il treno cominciò a rallentare, lo stridio delle ruote in ferro, frenate sui binari, riempì, con il suo lamento, le orecchie di Rossella ed Eugenio che capirono che il momento degli addii stava arrivando. Con uno scossone il treno si fermò, Eugenio prese le valigie, aprì lo scompartimento uscendo in corridoio, si avvicinò allo sportello, lo aprì e scese sul marciapiede deponendo le valigie. Rossella scese i tre gradini, si avvicinò ad Eugenio, lo prese sulle braccia all’altezza dei gomiti, gli diede un bacio sulla guancia sussurrando con voce rotta dall’emozione: - A presto caro.....”. Afferrò le valigie e, di corsa, con la testa china scappò verso l’uscita. Eugenio rimase di sasso, il tempo si era fermato, solo la voce imperiosa che diceva: “ In carrozza signori, in carrozza “ lo scosse e lo fece salire sul treno e rientrare nello scompartimento. Capitolo 2 16 Arrivato allo scompartimento, aprì la porta, entrò e vide, sedute su uno dei due divani, due suore. Una delle due alzò la testa: - E’ suo lo scompartimento? Possiamo restare, non disturbiamo? - Ma prego sorelle, sono solo e non è uno scompartimento riservato, ma adesso devo preparare il materiale necessario per il mio lavoro che dovrò svolgere a Trieste e programmarne i tempi di esecuzione , quindi me ne starò buono buono nel mio angolo. - Io sono suor Maria Assunta e la mia compagna è Suor Gabriella. Noi scenderemo a Latisana in quanto, per il momento, presteremo la nostra opera presso un centro estivo per anziani a Bibione, ma io sono stata parecchi anni a Trieste presso le Ancelle della Carità. Gran bella città, Trieste, la gente è cordiale e la generosità della popolazione verso chi soffre ed ha bisogno, credo, non abbia riscontro in altre parti d’Italia. Conservo un bel ricordo della mia permanenza in quella città, me la saluti, la prego. - Non mancherò sorella, per me sarà la prima volta che vedrò la città, ma anch’io ne ho sentito parlare molto bene e spero di concludere dei buoni affari. Eugenio si sedette e tolse dalla borsa la pianta della città di Trieste con lo stradario e, apertala sul tavolinetto cercò prima di tutto dov’era posizionata la stazione ferroviaria rispetto al centro città. Aiutandosi sia con la guida del Touring Club che con la Guida Michelin cominciò a cerchiare sulla mappa, la posizione dove erano situati i migliori alberghi ed i migliori ristoranti. Il viaggio continuò tranquillo, in silenzio, infatti le due suore stavano sgranando il rosario in una mesta e silente preghiera. Eugenio prestò attenzione e riuscì a sentire solamente il ritmico andare del treno che con il suo rumore riempiva il vuoto silenzio dello scompartimento. Solo di tanto in tanto si sentivano delle risate giovanili provenire da qualche scompartimento più avanti. Presto il convoglio sarebbe arrivato a Mestre e mancavano circa 2 ore e mezzo per la fine del viaggio. L’arrivo a Trieste era previsto alle 19.30 circa. Eugenio pensò come poteva essere intenso il viaggio, in così poco tempo, aveva conosciuto Rossella, Nardi, i due militari, ora le suore, quanti incontri, quante esperienze, quanti 17 differenti personaggi e situazioni! Come bagaglio conoscitivo tutto era importante, Rossella però aveva lasciato un solco più profondo nella sua mente e nei suoi ricordi, tant’è che con un sorriso abbozzato sulle labbra e lo sguardo perso nel vuoto, rivide il dolce volto di Rossella e gli sembrò quasi di risentire il calore sulla guancia lasciato dal casto bacio di commiato alla stazione di Padova. Suor Maria Assunta, che nel frattempo aveva finito di recitare il rosario e teneva in mano il Vangelo, vide l’espressione di Eugenio e rivolta a lui proferì: – Che bei pensieri devono passare per la sua mente, ha un’espressione così dolce e serena che fa capire il suo stato d’animo e la bontà che c’è in lei. Eugenio, sentendo queste parole, si scosse e rispose: - Sì, effettivamente pensavo ad una persona cara, ad una simpatica ragazza che ho conosciuto oggi e della quale serbo un piacevole e dolce ricordo. - Si vede, si vede - incalzò suor Maria Assunta oserei dire che questa ragazza le ha toccato il cuore. Era un po’ che la stavo guardando, dopo aver finito di recitare il rosario e mentre mi accingevo a leggere il Vangelo. Prima era assorto nelle sue carte, pensieroso e meditabondo, concentrato nel lavoro che stava preparando con il volto serio e tirato, quando, all’improvviso, ho notato il suo cambiamento sia nello sguardo che nei lineamenti del volto. Sembrava che una pace interiore si fosse sprigionata in lei e che vorrei paragonare, il Signore mi perdoni, allo stato di grazia in cui ho avuto, alle volte, l’occasione di vedere la qui presente suor Gabriella quando ha le visioni della Madonna. Eugenio si ricompose e rivolto alla suora si schernì: - Sorella cosa dice mai?! Potrò essere stato assorto in pensieri piacevoli ricordando quella ragazza, ma quello che ha la fortuna di vedere suor Gabriella è qualche cosa di sacro, di mistico, di soprannaturale, qualche cosa che nulla ha a che vedere con la vita terrena. - Le vie ed i mezzi che il Signore usa per toccare il cuore delle persone buone sono infinite e logicamente i pensieri, le sensazioni, le emozioni, gli interessi di un laico sono differenti da quelle di un ecclesiastico, ma il fine può essere lo stesso ed appagare lo spirito di entrambi. 18 Eugenio si tuffò nelle sue carte e le suore aprirono il Vangelo ed iniziarono la lettura mentre il treno stava rallentando per entrare nella stazione di Mestre. Nei corridoi ci fu un viavai di gente, di valigie, di pacchi; chi scendeva, chi saliva, il rumore era tanto intenso che egli dovette sospendere il suo lavoro in attesa di un po’ di pace. I viaggiatori si fermavano davanti allo scompartimento che era semivuoto, ma viste le suore, riprendevano il loro peregrinare in cerca di altra sistemazione. Chissà perché questi preconcetti! Si fermò davanti alla porta una giovane coppia con un bel bambino; il padre aprì la porta: – Buongiorno, è permesso? Fece entrare la moglie ed il bambino che si accomodarono nei posti disponibili. Ora lo scompartimento era pieno. Eugenio raccolse le sue carte in modo da rendere disponibile il sedile accanto a lui. Suor Maria Assunta accarezzò i capelli del bambino, che si era seduto vicino a lei, e con un ampio sorrise gli chiese: - Come ti chiami bel bambino? - Mi chiamo Mauro Candotti, - rispose con sicurezza - ho presto cinque anni e abito a Trieste, in via Salem numero 7. Eugenio, sentita la risposta assennata del bambino, alzò lo sguardo e sorridendo, si rivolse a lui: - Che bravo bambino e che bravi i genitori che gli hanno insegnato così bene a rispondere. Non si sa mai cosa possa succedere, ma così non si perderebbe di certo e in caso di bisogno si potrebbero rintracciare immediatamente i genitori. Mauro si rivolse a suor Maria Assunta e mostrando con il ditino teso indicò: - Quella è la mia mamma Maria e quello è il mio papà Antonio, siamo stati a trovare la nonna ed ora ritorniamo a casa. - Ma che bravo che sei - replicò la suora - ci hai presentato la tua famiglia. Io sono Maria Assunta, lei è suor Gabriella ed il signore che ti ha fatto i complimenti prima, anche lui va a Trieste, però non conosco il suo nome. Eugenio si rivolse ai genitori di Mauro e porgendo la mano si presentò: - Permettete? Sono Eugenio Della Noce, sono nativo di Livorno e vado a Trieste un paio di giorni per lavoro. 19 - Molto lieto - rispose Antonio - e grazie per le belle parole che ha detto a Mauro, ma cosa vuole oggigiorno i pericoli sono tanti e per quanto si stia attenti può sempre succedere che il bambino si perda, così almeno speriamo non subisca traumi e la polizia avrebbe la possibilità di informarci rapidamente del ritrovamento. Pur essendo di origini venete, anch’io, per lavoro, mi trasferii a Trieste dove conobbi Maria, la sposai ed eccomi qua che, oramai, mi sento triestino pure io. E’ una città splendida anche se ora, causa motivi politici, è stata privata di tutto il suo entroterra naturale. - Sì, l’ho sentito dire - replicò Eugenio - ma mi sembra che l’economia della città sia in forte sviluppo, anche se c’è stato un ricambio con l’arrivo dei profughi istriani e l’emigrazione, verso l’Australia, di parecchi Triestini. - Cosa vuole, signor Della Noce, sembra, guardando superficialmente, che Trieste sia una città florida. Sì, ci sono, in centro, dei bei negozi, bar, ristoranti sempre pieni di avventori, ma è solo apparenza in quanto sono gli Inglesi, e soprattutto gli Americani, che li frequentano perché hanno i mezzi finanziari per poterlo fare. La popolazione ha ben altro a cui pensare che spassarsela a mangiare e bere tutto il giorno, deve far quadrare lo stipendio dal primo all'ultimo giorno del mese. Eugenio rimase pensieroso dopo aver ascoltato queste parole, tant’è che Antonio aggiunse: - E’ rimasto perplesso su quello che le ho detto? o non mi sono spiegato bene? - No, no, ho capito benissimo, però riflettevo come era possibile che un simile giro di soldi non facesse decollare a tutti i livelli il benessere della città. Anche se pochi negozianti incassano il grosso dei soldi, a loro volta devono assumere del personale per le loro aziende, acquistare merci dando lavoro a fabbriche che le producono e che necessitano di dover acquistare materie prime dai loro fornitori, ecc. Tutto ciò forma una catena di nuove fonti di reddito che a loro volta vanno ad incrementare l’economia. - Il ragionamento fila - commentò Antonio - ma il problema è ben più complesso. Trieste non ha grosse industrie, i cantieri navali tirano avanti alla meno peggio, la manodopera non è qualificata. A parte rari casi, gli esuli istriani sono degli ex agricoltori, pieni di buona volontà, si 20 adattano a fare tutti i lavori pur di raggranellare il necessario per il sostentamento della famiglia, ma rimangono pur sempre dei manovali non specializzati. - Vede, signor Della Noce, la grande aspirazione di tutti è il “posto fisso”, magari come usciere, bidello, operaio, ma che alla fine mese ci sia lo stipendio sicuro su cui contare per gli impegni del mantenimento della famiglia. Avere la certezza di possedere quanto necessita per pagare la pigione o il mutuo, le varie bollette dei servizi, la scuola dei figli, ecc., non importano i divertimenti ed il superfluo, ma conta la sicurezza e la tranquillità. La signora Maria, che stava ascoltando il discorso, si rivolse verso le suore: - Cosa volete sorelle ora non avremo più pace, quando mio marito trova lo spunto per parlare di problemi economico-finanziari e si imbatte in un valido interlocutore, non si ferma più. D’altro canto lui lavora in banca e questo è un argomento che lo tocca da vicino quotidianamente, problemi con piccoli e grandi imprenditori, sempre alla caccia di finanziamenti, o semplici cittadini che chiedono aiuto per avere dei piccoli prestiti per soddisfare improvvise ed urgenti necessità familiari. - Comprendo - rispose suor Maria Assunta anche noi, nel nostro piccolo, ci troviamo a dover risolvere i nostri quotidiani piccoli problemi, ma noi confidiamo nella misericordia del Signore e sugli aiuti dei, per fortuna, tanti benefattori, che con piccole o grandi elargizioni, ci permettono di continuare le nostre opere di carità. Anche adesso, noi andiamo a servire un gruppo di anziani indigenti e bisognosi di cure salso-iodate, presso una casa di accoglienza a Bibione. Tutto ciò, cure comprese, lo dobbiamo alla generosità dei nostri benefattori. Sia lodato il Signore! Il treno correva veloce nella campagna veneta con il suo ritmico andare intercalato, di tanto in tanto, dal fischio lacerante che il macchinista lanciava all’avvicinarsi dei tanti passaggi a livello custoditi e non. Nello scompartimento i discorsi si intrecciavano pacati, ma fitti, nei due gruppi di interlocutori finché il treno giunse a Portogruaro. A questo punto suor Maria Assunta e la taciturna suor Gabriella, cominciarono a raccogliere le loro 21 poche e misere cose per prepararsi a scendere alla successiva fermata. Infatti tra Portogruaro e Latisana il percorso era di una quindicina di minuti e bisognava preparasi per tempo in quanto, essendo delle fermate intermedie, il treno rimaneva in stazione pochi minuti. Salutarono cordialmente la famiglia Candotti dando, nel contempo, un bacino al piccolo Mauro e suor Maria Assunta si rivolse ad Eugenio con voce semplice e suadente: - Caro signor Eugenio, probabilmente noi non avremo più occasione di incontrarci, ma mi permetta un piccolo e modesto suggerimento, non dimentichi la persona che è scesa a Padova, le telefoni, potrebbe essere la svolta decisiva della sua vita, almeno così ho letto nel suo sguardo. Tanti auguri e buona fortuna! - Grazie sorella, chissà che non abbia ragione, che il Signore l’ascolti e accompagni lei e suor Gabriella nella vostra meravigliosa missione. Le suore uscirono dallo scompartimento per avviarsi accanto allo sportello del vagone, i signori Candotti si accomodarono tutti e tre, con il bimbo in mezzo, sul divano di fronte ad Eugenio che poté così, sistemare meglio le sue carte e riprendere la lettura dei suoi fascicoli. Mancava oramai poco più di un’ora per giungere alla fine del viaggio ed Eugenio doveva decidere in che albergo avrebbe alloggiato. Dalla sua guida poté rilevare che i migliori alberghi della città erano il “Savoia Palace Hotel”, il “Grand Hotel e de la Ville” o l’albergo “Regina”, anche l’albergo “al Corso” non era male, quale scegliere? Si rivolse allora al signor Candotti e gli chiese: - Scusi, mi potrebbe aiutare nel scegliere, tra questi quattro, l’albergo dove alloggiare, dato che lei vive e conosce bene Trieste. Mauro lesse i nomi sulla guida turistica e sentenziò: - Ha scelto i migliori alberghi della città, ma per quanto mi riguarda i primi due sono i migliori, sulle rive, in faccia al mare con una bellissima vista sul golfo. Il Savoia è splendido, ma è un po’ più decentrato mentre l’Hotel de la Ville, altrettanto di pregio, ha alle sue spalle tutto il 22 centro cittadino, infatti si trova tra le via Mazzini e Genova ed è a due passi dalla stazione ferroviaria. I prezzi non sono dei più economici, anzi, ma in essi vi risiedono, quasi permanentemente, gli alti ufficiali dell’esercito angloamericano. di conseguenza il servizio e la cucina sono di primissima qualità. - Immaginavo - replicò Eugenio - ma d’altro canto è tutto previsto e preventivato, per questione d’immagine nel mio lavoro, devo risiedere in ambienti di alto livello. Per quanto riguarda i ristoranti, oltre a quello dell’hotel, cosa mi consiglia? - Signor Della Noce, come le dicevo prima, per quanto riguarda ristoranti e bar non ha che l’imbarazzo della scelta. Alle spalle del suo hotel ci sono innumerevoli ristoranti di alto livello, specializzati nel servire pesce o carne, ma ci sono anche di quelli dove può gustare entrambe le specialità. Le cito alcuni, il ristorante “Posta” che si trova appunto nelle vicinanze della posta centrale, il ristorante dell’hotel Vanoli che dà proprio sulla “piazza dell’Unità” dove si affacciano pure i palazzi del Governo, il Municipio ed il palazzo del Lloyd Triestino, poi nella centralissima via Carducci c’è un rinomatissimo ristorante, si chiama “Alle viole” frequentato dalla gente “bene” di Trieste, ma dove vede un ristorante, ovviamente non una trattoria, in centro può star sicuro che si troverà benissimo. - Grazie signor Candotti, mi ha risparmiato un bel po’ di lavoro nel leggere le mie guide che illustrano, forse non sempre aggiornatissime, le caratteristiche dei locali e degli hotels. Dallo stradario della città credo di notare che le vie più importanti della città per i negozi di un certo pregio siano la Contrada del Corso, la via Mazzini e la via Carducci con alcune strade che le intersecano, o sbaglio? - No, ha perfettamente ragione, infatti sono le vie più frequentate quando si fanno le passeggiate “in centro” e si vanno ad ammirare le vetrine dei negozi di abbigliamento, di scarpe e borsette, di gioiellerie, ecc.. Anche mia moglie ed io, la domenica, andiamo ad accontentare la vista, unica cosa che noi ci possiamo permettere, per poi scegliere i negozi di periferia dove si possono trovare cose analoghe visivamente, ma certamente non di quelle marche e soprattutto non di quel prezzo. 23 Il treno entrò nella stazione di Monfalcone, ultima tappa prima dell’arrivo a Trieste ed Eugenio raccolse le sue carte, le riordinò e le sistemò nella sua borsa. Gli capitò tra le mani il bigliettino scritto da Rossella con l’indirizzo e i numeri telefonici di Padova e di Arezzo. Lo guardò con un sorriso e rivide il suo bel visetto acqua e sapone, sorridente e dolce. Rimase così alcuni minuti poi lo piegò in due e lo ripose nel portafoglio che rimise nella tasca interna della giacca sul lato sinistro, vicino al cuore. Chiuse gli occhi ed appoggiò il capo sullo schienale del divano, rivedendo ed analizzando la situazione. Ma cosa gli stava succedendo? A lui che vedeva solo gli affari, il lavoro, il correre da una città all’altra senza quasi mai ritornarvici se non dopo lungo tempo, un nuovo interesse lo affascinava: rivedere quanto prima Rossella, poterle parlare e poterla toccare! Bene, Eugenio si diede una scrollata, riaprì gli occhi e pensò che ora doveva solo pensare al lavoro, freddamente, senza emozioni, senza turbamenti che avrebbero potuto compromettere l’esito del suo viaggio a Trieste. La signora Maria che aveva seguito il comportamento di Eugenio negli ultimi minuti si rivolse a lui dicendogli: - Si sente bene signor Della Noce? Ha bisogno di qualche cosa? - No, no grazie, veramente molto gentile, mi riposavo un momento. Sa tante ore di viaggio, anche se seduti stancano. Arriveremo a Trieste alle 19.30, dovrò andare in albergo, fare una doccia, cambiarmi, andare a mangiare un boccone e poi mettermi a dormire in un sonno ristoratore per essere in forma domani mattina. Grazie ancora dell’interessamento. Il treno, partito da Monfalcone, stava viaggiando un po’ all’interno, dapprima lungo il Carso Monfalconese e poi lungo quello Triestino. Giunto all’altezza di Sistiana-Visogliano, la linea ferroviaria avrebbe viaggiato a ridosso del ciglione prospiciente il mare. D’un tratto una vista meravigliosa apparve ad Eugenio che era seduto vicino al finestrino ed egli ne fu affascinato. Vide il golfo argenteo, con il sole che stava abbassandosi in un’angolazione che lo faceva risplendere 24 in tutta la sua bellezza, alcune navi in navigazione, molte barche a vela che veloci e silenziose andavano in tutte le direzioni per rientrare, data l’ora, nei porticcioli di attracco. Il golfo di Panzano, la laguna di Grado, di fronte la costa istriana si stagliava nella sua maestosità con i sui colli e le insenature frastagliati di gruppi di casette e piccole cittadine, facevano da corona alla perla in fondo al golfo. Quella perla era Trieste, anch’essa circondata dai suoi colli, quasi a proteggerla. Eugenio rimase incantato, si alzò in piedi quasi che, così facendo, avesse potuto vedere di più. I suoi occhi correvano da destra a sinistra velocemente, quasi avesse paura di perdere qualche scorcio, qualche veduta, qualche angolo di paesaggio. - Bello eh! - disse la signora Maria - le piace il nostro golfo e la vista della città? A chi ci viene per la prima volta fa veramente una bella impressione, ma posso assicurarle che anche per me che ci sono nata e mio marito che ci vive da tanti anni, ogni volta è un’emozione nuova, una sensazione che prende la bocca dello stomaco e toglie il fiato. La costa è sempre là, la città pure, il mare non si muove, eppure le sensazioni a tale visione cambiano di volta in volta, vuoi per l’ora diversa che fa cambiare i colori, vuoi per la stagione che, come un pittore, pennella le colline nelle tinte che variano dal dolce e tenero verde primaverile al rosso e giallo infuocati dell’autunno. Ogni volta il quadro è diverso. - Cari signori Candotti, come avrete sentito, io viaggio molto, ma cose del genere non mi erano mai capitate di vedere. Ho ammirato degli scorci stupendi sulle coste, delle baie e delle insenature che facevano paragonare le località a piccoli paradisi in terra, ma erano piccoli scorci, qui invece quello che colpisce e stupisce sono la vastità della bellezza, la completezza dell’immagine che riempiono l’occhio e che non si riesce a trattenere con uno solo sguardo. Il treno procedeva veloce e, per un tratto, apparve, proteso verso il mare, il bianco castello di Miramare per subito nascondersi alla vista come fosse il veloce scorrere di una diapositiva proiettato su di uno schermo. La velocità diminuì progressivamente, il treno stava entrando lentamente nella stazione di Trieste. Il convoglio procedeva molto lentamente in quanto si 25 trattava di una stazione terminale e non di transito dove il treno non può permettersi il lusso di fermare un po’ prima o un po’ dopo. I respingenti della motrice avrebbero dovuto poggiare sui ceppi d’arrivo. Non c’era bisogno di fare in fretta, tanto il treno non ripartiva, ma sia i signori Candotti che Eugenio, prima di raccogliere i loro bagagli, si salutarono ringraziandosi reciprocamente per la conversazione che aveva fatto passare in un lampo il viaggio. - Buona permanenza nella nostra città - disse il signor Candotti - vedrà che le piacerà tanto e sono sicuro, ci ritornerà o prima o dopo. Trieste è una città nella quale ci si lascia un pezzetto del proprio cuore. Di nuovo, arrivederci. Ringraziando, Eugenio porse la mano alla signora Maria ed al signor Antonio e facendo un buffetto sulla guancia del piccolo Mauro disse: - Grazie di tutto e soprattutto delle preziose informazioni sul come destreggiarmi nella città, grazie ancora e arrivederci. Presa la borsa e la valigia, Eugenio si avvicinò all’uscita mentre, proprio in quell’istante, il treno si fermò in mezzo ad un rumore assordante di valvole della pressione che scaricavano i compressori del treno. Capitolo 3 26 La pensilina era lunga da percorrere, infatti tra vagoni tolti nelle varie stazioni e vagoni aggiunti in altre, la carrozza del convoglio era diventata una delle ultime. I portabagagli, con i loro carretti, andavano gridando: - Valigie signori, facchino, pacchi, borse, bauli, prego signori, prego. Eugenio, avendo una piccola valigia ed una borsa, rifiutò gentilmente e di buon passo si avviò all’uscita in mezzo ad un folto numero di viaggiatori scesi da quel treno. Giunto all’uscita vide una fila di taxi in attesa e, pur sapendo che l’albergo era vicino, avendo precedentemente studiato dettagliatamente la pianta della città, preferì salire su uno di essi e farsi condurre all’hotel. - Dove la porto signore? – chiese il tassista. - Al Grand Hotel e de la Ville, grazie. Il taxi partì lentamente ed imboccò la via Ghega percorrendola tutta fino a piazza Oberdan, da lì proseguì per la via Carducci, per poi svoltare nella piazza Goldoni e scendere lungo Contrada del Corso fino a piazza della Borsa. Presa la via del Canal Piccolo giunse in piazza Tommaseo e svoltando a destra, sulle rive, giunse davanti all’Hotel de la Ville e si fermò. Il tassista abbassò la bandierina del contachilometri e chiese ad Eugenio il prezzo della corsa. Eugenio consegnò la somma richiesta, prese le borse e scendendo commentò: - Se un’altra volta vorrò fare un giro turistico glielo chiederò, non occorreva lo facesse lei di sua iniziativa dato che la stazione è laggiù in fondo. Se poi la corsa aveva un prezzo minimo me lo comunicava e non mi faceva perdere tempo. Scese, sbattendo lo sportello e lasciando il tassista ammutolito e rosso in volto. Entrato nella lussuosa hall dell’albergo, si diresse verso la reception dove un gallonato portiere lo accolse con uno smagliante, ma discreto sorriso: - Buona sera signore, in che cosa posso esserle utile? – Desidero una stanza, possibilmente in facciata con vista sul golfo. – Ma certamente, potrei darle la numero 316, al terzo piano, dal quale godrà una amena vista sul mare e sentire 27 una dolce brezza dall’odore salmastro del mare che le allieterà il riposo notturno. - Benissimo - concluse Eugenio consegnando i documenti ed un biglietto da visita - mi fermerò due o al massimo tre notti, le saprò dire. Data l’ora, salgo in stanze per rinfrescarmi, vuole riservarmi un posto al ristorante per la cena? - Sarà mia premura, dottor Della Noce, faccia pure con comodo - mentre con un cenno della mano chiamava il facchino dell’albergo. – Ragazzo, il bagaglio del dottor Della Noce alla 316, e a lei dottore buona permanenza e per qualsiasi necessità sono a sua completa disposizione, può contarci. Seguendo il facchino verso l’ascensore, Eugenio pensò: - Che cosa si è costretti a fare per garantirsi una buona mancia al momento della partenza! Giunti al terzo piano si incamminarono attraverso un lungo e ampio corridoio costellato di preziosi divanetti, pregevoli specchi e tappeti persiani fino a giungere davanti alla porta della stanza 316. Il facchino aprì la porta, fece accomodare Eugenio, posò la valigia e la borsa su di una panca vicino alla porta e consegnando le chiavi fece un breve inchino. Eugenio mise la mano nella tasca della giacca, prelevò una banconota e la diede al facchino il quale con un ulteriore inchino bisbigliò: - Grazie mille, dottore! La stanza era di notevoli dimensioni, in stile primi ottocento con un bel lettone con copriletto in broccato, un grande armadio, una cassettiera con uno specchio dalla cornice dorata. In un angolo c’erano due poltrone con un tavolinetto, mentre tra la finestra e la porta finestra che dava su di un balconcino era posizionata una scrivania con lo scrittoio e la carta e le buste intestate dell’hotel. Eugenio scostò le tende ed aprì la porta finestra che dischiuse una bellissima visione del porto con davanti il molo Audace e leggermente sulla sinistra la Stazione Marittima, mentre sulla destra era visibile quello che un tempo fu l’idroscalo. Il sole era oramai calato e le prime ombre della sera giocavano con gli ultimi riflessi dorati sul mare, mentre alcune barche a vela, ormeggiate sulla riva, si dondolavano pigramente facendo sentire il tintinnio delle 28 sartie che battevano sull’albero lungo e proteso verso il cielo. Il portiere aveva ragione, un delizioso profumo di mare si espanse nella stanza, mentre la temperatura diventava più fresca e gradevole. Si tolse gli abiti stropicciati per il lungo viaggio e li depose sull’apposita gruccia perché, il giorno dopo, il personale lo portasse in lavanderia per essere rinfrescato e stirato, Entrò nel bagno, notando che anch’esso era all’altezza della fama dell’albergo, ampio, lindo, con luci soffuse che dava un caldo senso di intimità. Su di un mobiletto erano posizionati i flaconi sigillati di bagno schiuma, sali da bagno, shampoo, lozioni per capelli ed acqua di colonia oltre, s’intende, ad un set di asciugamani e teli da bagno che avrebbero potuto far parte di un corredo nuziale. Per rilassarsi e riposare Eugenio decise di preparare una bella vasca piena d’acqua, piuttosto calda, con i sali ed immergersi per almeno una decina di minuti nella speranza di non addormentarsi in quel dolce tepore. Uscito dalla stanza da bagno, si rivestì con i ricambi che aveva portato con sé e mise anche il vestito scuro che non si era per niente stropicciato, anche se piegato nella valigia. Chiusa la stanza, ripercorse il corridoio, prese l’ascensore e scese al piano terreno per recarsi al ristorante. Il portiere lo vide, uscì da dietro il banco, gli si avvicinò indicandogli la direzione che doveva prendere. – Prego dottore, da questa parte, dopo il bar, sulla sinistra c’è la sala ristorante. – Grazie, credo che mangerò volentieri, ho un certo appetito, è dalla colazione di stamattina che non metto nulla di consistente sotto i denti. Attraversò il bar dove alcune persone erano sedute ai tavolini e conversavano tra di loro, o leggevano qualche giornale. Si diresse quindi alla porta del ristorante che, al suo arrivo, si aprì ed un ragazzo in giacca bianca lo accolse: - Buonasera signore, ha riservato un tavolo? – Sì, ho chiesto al portiere di prenotare, sono Della Noce. – Ma certo dottore, l’accompagno. Il ragazzo fece strada ed accompagnò Eugenio ad un tavolo vicino alla finestra e, dopo l’immancabile mancia, si 29 sedette su di una comoda poltroncina. Immediatamente giunse il maitre: - Buona sera dottore, mi chiamo Osvaldo. Spero che la sua permanenza presso l’hotel ed in città possa essere gradevole. Al che, ossequiosamente, chiese ad Eugenio se avesse dei desideri particolari o potesse essere lui a consigliare. Eugenio disse solamente: - Grazie per gli auguri Osvaldo. Essendo in una città di mare, gradirei mangiare del buon pesce. - Era quello che mi sarei permesso di suggerirle dottore e per iniziare le consiglierei un paio di ostriche allo champagne seguite da un antipastino di mare con salsine varie. Per primo le proporrei dei tagliolini con l’astice ed un assaggio di risotto dell’Adriatico, una delle specialità nel nostro chef. Per secondo, le proporrei, un branzino al sale con dell’insalatina di stagione. Per i vini mi permetta di mandarle il somelier per i consigli del caso. - Va bene Osvaldo, faccia lei, e mentre aspetto gradirei un Martini cocktail ben ghiacciato. – Ma certo dottore, le auguro buon pranzo, vado a dare gli ordini in cucina, permesso. Eugenio prese il giornale e continuò la sua lettura tante volte interrotta durante il viaggio. Dopo qualche minuto arrivò il ragazzo del bar con il cocktail su di un vassoio corredato da salatini ed olive verdi. Al suo seguito sopraggiunse il somelier con la sua brava cartella contenente la lista dei vini ed il menù scelto da Eugenio. - Buonasera signore, data l’ottima scelta del menù, consiglierei dello campagne brut ghiacciatissimo per gli antipasti, con il primo un po’ di tokaj sec del ’49, mentre, per il secondo mi permetta di suggerirle del pinot grigio novello della zona del Collio. – Faccia lei, ma sappia che bevo pochissimo, pertanto in me non troverà un appassionato intenditore, comunque amo degustare del buon vino, altrimenti preferisco l’acqua. - Comprendo signore, lasci fare a me, vedrà che rimarrà soddisfatto. – Lo credo anch’io - pensò Eugenio - bevo poco, apre tre bottiglie ed il conto sale. Non fa niente, il tutto fa parte del gioco per crearsi un’immagine. 30 La cena venne servita con gran dispiego di personale in una scenografia che solo un grand hotel come quello poteva offrire, in un vorticare di cambi di posate, bicchieri, piatti, carrelli che andavano e venivano in un turbinio che solo la consolidata esperienza di Eugenio, in alberghi del genere, evitava di fargli girare la testa. Dopo poco più di un’ora di questo carosello, bevuto il caffè, Eugenio si alzò dal tavolo e si diresse alla sua stanza, ossequiato e riverito da tutto lo staff del ristorante. La giornata era finita, bisognava fare un bel riposo per essere arzilli ed iniziare la giornata di lavoro preparatorio all’affare che Eugenio aveva in mente di sviluppare. Salito alla stanza 316, si affacciò alla finestra, che era rimasta aperta, per ammirare la bellezza notturna del golfo. Era una nottata senza la luna, pertanto il buio era totale, reso suggestivo dai punti luminosi che sui piroscafi all’ancora in rada disegnavano la sagoma pigra della nave. Più in là le forti lampare delle barche dei pescatori, che attiravano i pesci nelle reti tese tra di esse, davano la sensazione dell’operosità notturna di quelle piccole imbarcazioni che con pochi uomini a bordo stavano procurando il pesce fresco per l’indomani da offrire ad una città che al momento stava dormendo. Eugenio inspirò a pieni polmoni la fresca aria dal profumo salmastro, diede ancora un ultimo sguardo al golfo, chiuse le persiane e si apprestò ad andare a letto. Capitolo 4 Erano le 7.30 quando Eugenio aprì gli occhi perfettamente soddisfatto della nottata trascorsa in un 31 sonno tranquillo e ristoratore. Si sentiva bene, si alzò e andò alla finestra, che spalancò per aprire le persiane e vedere come si sarebbe presentata la giornata. Uno splendido cielo terso e un caldo sole di fine primavera abbracciarono Eugenio quasi a dargli un affettuoso benvenuto dalla città. La vita operosa si stava risvegliando, la gente andava di fretta, vetture e furgoncini passavano veloci lungo le rive, mentre sulla destra, nel porto vecchio, si vedevano le gru già all’opera e si udiva, in lontananza, il frastuono dello spostamento delle merci, che venivano scaricate dalle navi per essere poste nei magazzini. Eugenio stette qualche minuto appoggiato al davanzale ad osservare il movimento ed il viavai dei veicoli ancora contenuto data l’ora, respirando la pura e fragrante aria che la brezza mattutina, dolcemente, portava a lui quando, improvvisamente, il paesaggio si dissolse ed alla sua mente apparve il dolce e sorridente viso di Rossella. Rimase così per breve tempo, che a lui sembrò lunghissimo, finché si scosse e pensò tra sé e sé: - Ahi, Ahi Eugenio!! Ho paura che questa sia una “cotta” per la laureanda in medicina. A lei, però, sarà meglio pensarci dopo il lavoro, ora bisogna avere la mente libera da pensieri per non essere distratti nel portare a termine il lavoro che ti sei prefissato. Si ritirò dalla finestra per entrare nel bagno, radersi e fare tutte quelle cose che quotidianamente si devono eseguire per affrontare al meglio la giornata. Si vestì e scelse una cravatta chiara a pois adatta ad una splendida giornata come quella. Scese al piano terra e si recò nella sala, attigua la bar, per consumare la prima colazione. C’era parecchia gente seduta ai tavoli tra cui si potevano notare parecchi ufficiali in divisa; si sarebbe capito che erano americani non solo dalla divisa, ma anche dal tipo di alimenti e bevande che stavano consumando: caffè lunghissimo in tazze grandissime, cereali, pane tostato caldo, tre o quattro uova fritte con la pancetta. Eugenio si sistemò in un angolino onde cercare di non dover annusare, al mattino presto, l’odore di fritto cui non era abituato e poter consumare un cappuccino con brioche, colazione certamente più tipicamente italiana. Un giornale locale, “Il Giornale di Trieste” era collocato, piegato, sull’angolo destro del tavolo. Era 32 l’edizione di venerdì 8 Giugno 1951, Eugenio diede un’occhiata ai titoli In prima pagina il titolo dell’articolo di fondo, in grassetto, era: “MISTERIOSA SCOMPARSA DALL’INGHILTERRA DI DUE ALTI FUNZIONARI DEL FOREIGN OFFICE” L’articolo iniziava così: Un telegramma da Parigi li conferma sani e salvi però risultano vane le ricerche della polizia francese che sorveglia gli aeroporti e le frontiere. Non è esclusa una fuga in Russia in quanto erano a conoscenza di importanti segreti di Stato. Nelle pagine interne, tra l’altro, veniva evidenziato il problema della ricettività alberghiera di Trieste nel timore di una scarsa capienza in vista della prossima inaugurazione della locale Fiera Campionaria Internazionale. Ed ancora, il giro d’Italia, che aveva fatto tappa in città alcuni giorni addietro, ieri era giunto a Cortina d’Ampezzo con all’attacco Bobec e Fausto Coppi che hanno preceduto sulla linea di traguardo Fiorenzo Magni. Van Steenberger conserva la “maglia rosa”. In città la segnaletica stradale è poco efficace e, più che agevolare il traffico, lo complica. Denunciato l’eccesso di zelo dei tutori dell’ordine. Vasta eco per gli spettacoli in programma: Al Teatro Verdi si replica “La figlia di Jorio”, al Politeama Rossetti continua con successo gli spettacoli della Compagnia di Wanda Osiris, alla Ginnastica Triestina si inaugura la stagione teatrale estiva. Nella pagina della cronaca politica si può leggere: “Incomincia il sogno dell’unione dei paesi europei”, l’Italia è rappresentata da Alcide De Gasperi che, in ottimo tedesco, è intervenuto al dibattito evidenziando, tra l’altro, il pericolo comunista per l’Europa, prospettando la necessità di arginare questa avanzata. Dopo la breve scorsa, ripose il giornale sul tavolo e, alzatosi si avviò verso la hall. Uscito dall’hotel, Eugenio fece un breve tratto di strada e raggiunse la piazza del Tommaseo per poi salire verso la Contrada del Corso. Bellissimi negozi si aprivano da una parte e dall’altra della strada ed anche nelle tante strade laterali e nelle vie parallele al Corso. Tutto il centro cittadino era un susseguirsi di negozi le cui tende parasole 33 erano abbassate in modo che la merce esposta non venisse danneggiata dai raggi del sole. Eravamo verso la fine della settimana e la gente si affrettava per svolgere sia le commissioni che gli ultimi acquisti. Si soffermò, come fosse un turista, ad ammirare i capi d’abbigliamento, le scarpe, le camicie, le cravatte, borse ed oggetti in pelle di tutti i tipi, gli sfavillanti gioielli esposti nelle oreficerie. Ogni tanto l’olfatto veniva stuzzicato dal fragrante odore del pane e dei dolci appena sfornati da alcune pasticcerie, molto rinomate, che incontrava lungo il suo percorso. In altri punti del suo vagabondare, l’olfatto fu colpito dall’acre odore dei crauti appena cotti e dalla carne di maiale bollita assieme a salsicce, cotechini e zamponi nelle caldaie dei caratteristici buffet, che solo a Trieste era dato di incontrare; punti di riferimento e di sosta sia per veloci spuntini di mezza mattina a base di panino e birretta che di piatti misti più sostanziosi con contorno di fumanti crauti, senape e kren (termine tedesco che si riferisce al rafano forte) per una veloce colazione consumata da chi non riusciva, per questioni di tempo, ad andare a casa a mangiare In tutto questo vario mondo del commercio triestino, ad Eugenio interessavano di più due attività nel complesso, avrebbe cercato la migliore pasticceria ed il più rinomato gioielliere della zona per cercare di concludere l’affare per cui era venuto a Trieste. Dopo aver girato parecchio, ed essendosi fatto una sua opinione personale, volle confrontare le sue conclusioni con delle informazioni attinte chiedendo consigli presso qualche bar. In quel momento si trovava dalle parti della chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo e pensò di entrare per prendere un caffè in un grande bar d’angolo. L’ambiente era in classico stile austriaco con tavolini il cui piano, rotondo, era di marmo bianco su basi metalliche, le cui gambe terminavano con degli appoggi simboleggianti la zampa del leone. Attorno ai tavolini c’erano sia delle poltroncine in pelle che le mitiche sedie “Thonet” con il sedile in paglia di Vienna e lo schienale a doppio arco in legno. Il bancone del bar era un cesello con medaglioni incastonati contenenti stampe antiche che raffiguravano scene di caccia, tenute, castelli. Al centro troneggiava un vecchio registratore di cassa in ferro argentato sul quale erano 34 scolpite delle foglie di acanto e dei tralci di vite, rigorosamente funzionante a manovella. Oltre un tendaggio in pesante velluto rosso cupo leggermente aperto, vide alcuni tavoli da biliardo sui quali, chini, stavano cimentandosi con le stecche degli esperti giocatori. Eugenio , durante i primi approcci, aveva detto a Rossella che a lui piaceva studiare un po' la città per non fare la figura del turista che "vaga“ e viene notato da tutti, ma in questo caso, non poté ostentare indifferenza e fare a meno di non rimanere a bocca aperta di fronte a una cosa, per lui, nuova e splendida. Si ricompose immediatamente, si avvicinò al banco e chiese al barista un caffè con un po’ di latte freddo a parte. Eugenio sorbì il caffè apprezzandone la fragranza e l’aroma, cose che solo a Napoli, poteva trovarne simili. Il barista, nel frattempo, stava sistemando alcuni bicchieri su di un tovagliolo sotto il banco ed egli approfittò per chiedere: - Mi scusi, avrebbe la compiacenza di indicarmi un’ottima pasticceria qui, nei paraggi? – Ma certamente - rispose il cameriere - proprio all’altro lato della piazza c’è una delle migliori pasticcerie di Trieste, se non la migliore. Indicò con la mano la direzione che avrebbe dovuto prendere per raggiungerla. - Grazie molte, è stato davvero assai gentile, quanto le devo? Il banconiere incassò il prezzo del caffè ed Eugenio lasciò accanto al piattino una buona mancia. – Grazie signore, arrivederci e torni presto a trovarci. Uscito dal bar, si avviò lentamente per andare a vedere da vicino la pasticceria suggeritagli dal solerte barista. Attraversò la piazza guardandosi in giro per vedere quanto movimento ci fosse a quell’ora e in quel punto. La pasticceria era veramente bella e nelle vetrinette facevano bella mostra di sé tantissimi pasticcini, pastine e torte di tutti i tipi. Il profumo che usciva in strada era delicato e gradevole e sopra di tutto si sentiva la fragranza del burro con cui i dolci erano stati preparati. All’interno, due clienti stavano scegliendo alcune pastine da portare a casa e la commessa le sistemava sapientemente su dei piccoli vassoi di cartone. Eugenio pensò che l’ambiente fosse sicuramente di una raffinatezza unica, ma non 35 faceva al caso suo per l’affare che avrebbe voluto concludere. Passando lungo il fianco della chiesa di Sant’Antonio, si avviò verso la centralissima via Carducci, piena di vita e di traffico e fatte poche decine di metri, vide una grande panetteria-pasticceria dal cui ingresso si notava un continuo viavai di gente che entrava ed usciva. Avvicinatosi alla porta, sbirciò dentro e vide una cosa quasi inverosimile: decine di persone assiepate vicino al banco vendita che chiedevano a gran voce alle sei commesse di essere servite. Una settima persona, un omone grande e grosso con la giacca bianca da panettiere stava alla cassa cercando di accelerare il lavoro di incasso per far defluire le persone e lasciare il posto alle tante altre che entravano. Ecco, questa sì! Era la pasticceria che cercava, piena di vita febbrile, di movimento, di animazione, di agitazione, di folla, gente, viavai che facevano girare la testa e stordivano. All’esterno, a fianco della porta, c’era una targhetta sulla quale, per ordine delle autorità, veniva inciso il nome del depositario delle chiavi con il recapito telefonico. Questa era una vecchia ordinanza della Pubblica Sicurezza e serviva, in caso di necessità, durante le ore di chiusura, per reperire il responsabile e poter aprire l’esercizio se fosse stato necessario entrare per controlli su eventuali principi d’incendio o tentativi di scasso e furti. Il nome era Bonifacio! Il tempo passava veloce e mezzogiorno era da poco passato quando egli si allontanò dalla pasticceria Bonifacio dirigendosi nella vicina piazza Goldoni dove si sedette ad un tavolino esterno di un bar d’angolo per prendere un aperitivo. Ordinò un aperitivo leggermente alcolico. Il sole era a picco sulla piazza, ma il tavolino era sistemato sotto un ombrellone e una leggera brezza rendeva piacevole il luogo. Ai tavoli vicini erano sedute parecchie persone, per lo più anziane, che leggevano un giornale o chiacchieravano tra di loro, qualche mamma lavorava a maglia o ricamava mentre guardava il suo bambino giocare con i coetanei sulla piazza, che centralmente era adibita a isola pedonale, pertanto senza pericoli. 36 Il cameriere gli portò un bicchiere molto alto contenente l’aperitivo di un colore rosato chiaro con parecchi cubetti di ghiaccio ed una cannuccia. Sul vassoio c’erano pure alcune ciotoline contenenti arachidi tostati , olive verdi, patatine e alcuni biscottini salati. Osservò il cameriere che era bassissimo di statura, poco più di un nano. Infatti in piedi era alto poco di più dei clienti seduti, ma si destreggiava con abilità ed eleganza a posizionare sul tavolo l’aperitivo e gli accessori. Terminato di servire il cameriere si rivolse ad Eugenio: - Spero che sia di suo gradimento l’aperitivo, lo assaggi altrimenti le faccio preparare qualche cosa d’altro. Rimase colpito dalla gentilezza di quell’ometto e rispose: - Andrà bene di sicuro, io non conosco molti tipi di aperitivi e ad ora di colazione preferisco qualche cosa di leggero e dissetante come sembra, essere questo che mi ha servito. Grazie comunque della sua premura. Come si chiama? Il cameriere assunse un’aria afflitta: - Vede, egregio signore, la sorte alle volte si accanisce in modo particolare con le persone e nel mio caso ha fatto il massimo. Sono basso di statura, ho un metro e sessanta centimetri, ed è già una disgrazia in una città dove la media dell’altezza degli uomini supera il metro e settantacinque centimetri, ma quello che completa la mia disgrazia è il nome. I miei genitori mi hanno chiamato Ercole, comprende la mia pena? - Suvvia non si abbatta - replicò Eugenio - se tutti i mali fossero questi........la statura ha un’importanza relativa ed il nome di Ercole è sinonimo di forza e di potenza che, non è detto sia solo fisica, può essere anche forza morale. Cosa dovrei dire io che mi chiamo Eugenio, nome portato da un vescovo di Cartagine, da un grande ammiraglio e letterato siciliano, dal viceré d'Italia figlio di Giuseppina, la prima moglie di Napoleone, e persino da quattro Papi. Io invece che, molto più semplicemente, sono un uomo d’affari? - La ringrazio signore per le belle parole, ma sono una magra consolazione di fronte agli scherzi e ai lazzi dei ragazzi che passano per la piazza e da lontano mi gridano: 37 - A che fatica sei arrivato oggi Ercole? Ora mi perdoni, devo andare, altri clienti mi reclamano. Eugenio rimase pensieroso e perplesso, sì effettivamente era una bella disgrazia, povero Ercole e le comparazioni col proprio nome non furono sicuramente un’uscita né felice né tantomeno consolatrice. Sorseggiò l’aperitivo, molto gradevole, il cui sottofondo aveva il gusto di albicocca che si combinava molto bene con gli stuzzicchini salati. Assorto nei suoi pensieri, non si accorse che oramai era rimasto quasi solo seduto ai tavolini, infatti un orologio posto su di un palazzo di fronte batté in quel momento i suoi tredici rintocchi e la gente era rincasata per la colazione. Chiamò il cameriere per poter pagare, Ercole si avvicinò, prese la banconota dal tavolo e vi pose il resto che non era molto. Eugenio si alzò, lasciando il resto, e chiese al cameriere dove si potesse fare uno spuntino veloce lì vicino. - Se le fa piacere, c’è un luogo caratteristico, dove si possono mangiare anche dei piatti singoli, ma tutti genuinamente appartenenti alla cucina tradizionale triestina. Attraversi la piazza e, laggiù, sotto quel portico, c’è una famosa “Taverna”, vedrà si troverà bene. Ercole prese la mancia, ringraziò, tolse il vassoio e rientrò all’interno del bar per depositare i vuoti. Eugenio attraversò la piazza, ormai vuota, senza i bimbi festanti che giocavano, poche persone ritardatarie sostavano alle numerose fermate delle filovie, degli autobus e dei tram per far ritorno a casa. I negozi e gli uffici erano chiusi per la pausa meridiana e la città sembrava essersi fermata, i rumori erano limitati ed ovattati, tanto che Eugenio riuscì a sentire quello dei suoi passi sulle lastre di pietra arenaria che ricoprivano la piazza. Arrivò davanti all’arco indicatogli da Ercole che era l’inizio di un passaggio sotto la casa conducente al cortile interno ricoperto da una pergola di uva fragola sotto la quale erano sistemati alcuni tavoli pieghevoli in legno, caratteristici delle trattorie di campagna. Dietro alla pergola si apriva la porta d’ingresso della taverna vera e propria. Era veramente un locale caratteristico, molto modesto, ma sul banco di mescita vide una gran varietà di pietanze poste su dei piatti da portata sistemati l’uno 38 accanto all’altro in un insieme di colori e forme che mai aveva visto in altri posti d’Italia. L’aspetto era invitante e cominciò a guardare nel tentativo di capire cosa vi fosse esposto. Visto l’imbarazzo di Eugenio un cameriere gli si avvicinò: - Permette signore, immagino lei sia forestiero, posso illustrarle le nostre specialità? – Sì, certo, anzi gliene sarei grato. - Allora incominciamo: quelli sono chiamati “gnocchi di pane” e sono fatti con del pane raffermo messo a mollo ed impastati con della pancetta affumicata tagliata a dadini, pezzetti di formaggio, aglio e prezzemolo e vengono lessati e conditi con il ragù di carne di maiale. - Lì abbiamo il “rodolo de spinaze” che sarebbe una sfoglia fatta con l’impasto degli gnocchi di patate riempita di spinaci al burro e parmigiano, viene arrotolato su se stesso, messo in un canovaccio e fatto bollire in brodo bollente. Viene servito a fettine condite con del burro fuso con salvia e una spolverata di grana. Il cameriere indica un altro piatto: – Quelli sono i “nervetti” che sono i tendini attorno al ginocchio e nella parte bassa delle zampe anteriori del vitello, tagliati a pezzetti, lessati e conditi con olio, tanta cipolla cruda, sale e pepe. - Quelle sono delle melanzane e degli zucchini tagliati a fette ed impanate, vengono servite tiepide o fredde, mai calde. - Quelle che vede lì sono una delle nostre specialità, sono semplici polpette fritte, ma il nostro cuoco ha una ricetta segreta nella quale mescola in proporzioni giuste vari tipi di carne, so che ci mette del prosciutto e chissà quante spezie ed aromi. L’impasto lo fa il mattino presto quando non c’è nessuno tanto è geloso della sua ricetta e delle sue proporzioni. Le garantisco che vengono qui da tutta Trieste per mangiarle e ne friggiamo circa duecento e cinquanta pezzi, che non arrivano mai alla sera. Infine abbiamo la classica caldaia con le specialità di carni di maiale ed insaccati. Eugenio fissò tutti questi piatti indeciso su cosa prendere per soddisfare le sue curiosità, fu allora che azzardò una richiesta: - Sarebbe possibile avere degli assaggini di un po’ di tutto? 39 – Ma certamente signore, posso proporle il nostro piatto tipico denominato “I sapori di Trieste” che è composto appunto da una serie di piccoli assaggi di tutte le nostre specialità. Se mi permette le suggerisco di accompagnarlo con del vino Terrano, tipica produzione del Carso, che bene si accompagna con i gusti forti. - Bene mi siedo a quel tavolo d’angolo e attendo fiducioso e curioso di assaggiare tante cose, per me, nuove. Sembra quasi di essere all’estero! Si sedette al tavolo prescelto, si guardò in giro e vide un arredamento molto modesto, anche se pulitissimo, ben differente dai locali che normalmente era uso frequentare, ma il folklore vuole anche queste varianti e sacrifici per rendere la vita piacevole e varia. Mentre stava aspettando impaziente il piatto ordinato, cominciò a pensare a dove si sarebbe recato il pomeriggio alla riapertura dei negozi e presa la sua inseparabile guida iniziò a sfogliare le pagine sulle quali erano elencati i vari negozi dei diversi settori merceologici. Scorrendo le righe vide menzionata pure la “premiata pasticceria Bonifacio” che reclamizzava le sue famose paste creme, i cannoli, le francesine e i krapfen indiani. Il suo sguardo si fermò su di un elenco di orologerie-oreficerie. Alcune vantavano marchi di fabbrica di alto prestigio in concessione esclusiva per il territorio di Trieste, altri proponevano gioielli creati da maestri olandesi, specialisti nel taglio dei brillanti. Mentre leggeva gli indirizzi di gioiellieri del centro cittadino, arrivò il cameriere con un gigantesco piatto ovale fumante e pieno di ogni ben di Dio. Il cameriere posò il piatto dinanzi a lui, stappò la bottiglia di vino e dopo aver annusato il tappo, per controllare che il vino si fosse ben conservato, versò un goccio di vino sul fondo del bicchiere invitando il commensale a provarlo per vedere se era di suo gradimento. Eugenio, controllò contro luce il colore del vino in trasparenza e notò che era molto corposo e lasciava, facendolo roteare all’interno del bicchiere, un alone intenso. Lo assaggiò, rimase un momento perplesso per quel nuovo gusto che lui non conosceva, così forte, un po’ asprigno, ma che una volta lasciato scivolare in gola, lasciava sul palato una fragranza inaspettata ed un marcato gusto d'uva. 40 – Sì, un gusto nuovo ma piacevole, penso che sarà adatto per far digerire questa pantagruelica portata. Meno male che avevo deciso di fare un leggero spuntino!!! - Mangi con calma, signore, assapori pian piano tutti i gusti e vedrà che, alla fine, non avrà alcun problema di digestione. Al massimo, semmai, una buona grappa dell’Istria in chiusura la farà uscire come non avesse nemmeno pranzato. Buon appetito! Eugenio si destreggiò con coltello e forchetta per prendere dei piccoli pezzi delle varie specialità ed assaggiarli. Tutto favoloso, gusti nuovi, intensi, fragranti, sapori inusitati, ma piacevoli: il rotolo di spinaci con burro fuso leggermente tostato, aromatizzato con la salvia, delicato e intenso nello stesso tempo, gli gnocchi di pane, al primo impatto quasi dolci per poi variare di sapore quando la pancetta affumicata, l’aglio ed il prezzemolo li rendevano gustosi unitamente al ragù alquanto piccante. La battaglia con il piatto fu dura, ma alla fine, come sempre, vinse Eugenio, sorseggiò il vino rimasto nel bicchiere pensando che, per uno che era quasi astemio, bere più di mezza bottiglia, era davvero molto. Anche in questo, Trieste era riuscita ad incantare e far cambiare abitudini al forestiero, tant’è che per un momento, pensò di essere in città da una vita e non da poco più di mezza giornata. Ordinò un caffè, rifiutando cortesemente la grappa dato che aveva ecceduto con il vino e riprese a consultare la sua guida. Quando ci si trova bene, il tempo passa veloce e data una rapida occhiata all’orologio, vide che erano le 15 e 30, ora di riprendere il suo giro di perlustrazione ai negozi del centro che a quell’ora avrebbero riaperto i battenti. Pagato il conto e ringraziato il cameriere per l’ottimo suggerimento, uscì all’aria aperta e provenendo da un ambiente oscuro e fresco, l’intensità di luce solare che colpì i suoi occhi, gli diede un attimo di sofferenza. In piazza Goldoni il viavai di persone e mezzi era ricominciato, la gente ritornava al lavoro dopo la pausa per il pranzo, magari qualcuno s’era attardato e correva un po’ di più per non giungere fuori orario al lavoro. Eugenio imboccò via Mazzini che percorse lentamente osservando superficialmente le vetrine dei numerosi negozi che vi si affacciavano. Giunse davanti alla vetrina di una piccola oreficeria ed osservò la merce 41 esposta, alcune catenine, un paio di bracciali, una serie di anelli di modesto valore, per lo più con pietre incastonate di bassa qualità e costo. Imboccò alcune strade laterali dove, grazie alla guida che prima aveva consultato, sapeva fossero ubicate delle gioiellerie di più alta levatura. Infatti nella seconda laterale a destra vide un negozietto delle stesse dimensioni di quello di via Mazzini, ma nella sua vetrina spiccavano gioielli di ben altra fattezza, bracciali a maglia con splendidi rubini incastonati, orologi di prestigiose marche svizzere con la cassa in oro, alcuni anelli con delle montature di brillanti di buon taglio. Scese in direzione del mare zigzagando tra le strade principali e le vie laterali, finché giunse davanti ad un negozio che nulla aveva da invidiare ai famosi gioiellieri di Parigi o Londra. Le ricche vetrine presentavano i loro gioielli singolarmente per non essere confusi con quelli vicini, evidenziati su panni di velluto di colori intensi e scuri per far ancor di più risplendere quelle meraviglie, frutto di paziente lavoro di maestri orafi e cesellatori. I prezzi, ovviamente, non erano esposti onde evitare degli infarti ai possibili acquirenti. Eugenio decise che quello era sicuramente il negozio a cui si sarebbe rivolto. Finito il giro di ricognizione che si era prefissato, risalì la contrada del Corso per andare alla pasticceria Bonifacio individuata in mattinata. Procedette a passo lento, assorto nei suoi pensieri, quando all’improvviso gli apparve nuovamente il viso sorridente di Rossella. Pensò a lei con nostalgia ed il desiderio di rivederla quanto prima lo pervase tanto che decise di accelerare i tempi della permanenza a Trieste in modo che, al rientro, avrebbe potuto fare una fermata a Padova, magari per un paio d'ore, per poter incontrare nuovamente di persona e prendere per mano quella ragazza che ormai si era insinuata nei suoi più intimi pensieri e che, quasi a sua insaputa, aveva preso posto nel suo cuore. Che fosse amore? Pareva proprio di sì, il classico colpo di fulmine! Erano ormai le 17 e 30 ed Eugenio si ritrovò davanti alla pasticceria Bonifacio, la ressa della mattina era finita, c’erano solamente due commesse, un cliente e l’omone alla cassa. Entrò nel negozio, si rivolse al cassiere nella speranza che fosse il titolare: - Buon pomeriggio!...... il signor Bonifacio? - Sono io, in che cosa posso esserle utile? – Ah! ho avuto fortuna, non sono di Trieste e dei miei buoni conoscenti mi hanno indicato la sua pasticceria 42 perché avrei bisogno di acquistare un bel po’ di pastine assortite. - Grazie della fiducia - rispose il signor Bonifacio effettivamente la nostra produzione è artigianale e la faccio preparare con i migliori ingredienti che si possano trovare da un abile pasticcere che lavora tutta la notte per sfornare al mattino la produzione calda e fragrante. Spero che non le servano per oggi in quanto sono rimaste solamente quelle poche invendute di stamattina. - No, no volevo appunto ordinarle per domani, verso la fine della mattinata. Domani, sabato, infatti faremo una bella festa per il mio fidanzamento nel giardino della villa della mia promessa sposa. Saremo almeno duecento persone e desidererei prenotare cinquecento pastine, magari di dimensioni un po’ ridotte, ma varie e ben assortite. - Bene signore, dato il numero, le farò preparare una fornitura a lei riservata che potrebbe essere pronta, diciamo alle 11 e 30, le andrebbe bene? - Perfetto, il tempo di ritirarle e darle alla servitù che le disponga opportunamente, per il dessert, alla fine del rinfresco. Mi va benissimo, quanto le devo? – Lasci stare, rispose il signor Bonifacio, le pagherà domani, per un signore distinto come lei non è il caso. - No - replicò Eugenio - sono passato già stamattina e ho visto la mole di lavoro che ha e io non avrò tempo di aspettare il mio turno non volendo nel contempo attirami le ire dei suoi clienti nello scavalcarli. Le pago volentieri adesso. - Come crede, dato la fornitura elevata le farò una piccola riduzione di prezzo. I costi sono leggermente differenti a secondo del tipo delle pastine, le farò un valore unificato di venticinque lire cadauna. Il totale è 12.500 lire. Eugenio trasse dalla tasca interna della giacca il suo bel portafoglio di coccodrillo, prese alcune banconote che consegnò. Il pasticcere prese un blocchetto sul quale scrisse “500 pastine lusso, assortite, tutte e 12 le nostre specialità” consegna ore 11 e 30 al sig.........che nome devo mettere? - Ennio Rossi - rispose. e ritirato il resto del contante, salutò il titolare della pasticceria ed uscì. Eugenio si ritrovò nel traffico convulso del venerdì sera e si diresse, lungo la via Carducci, in direzione verso la stazione ferroviaria. Giunto al primo incrocio, con il semaforo rosso, si fermò e vide un taxi libero, fermo 43 anche lui. Fece un cenno al conducente, il quale annuì e lui salì mentre il semaforo passava al verde. - Buona sera signore dove la debbo portare? – Faccia lei - replicò Eugenio - ho avuto una giornata pesante e prima di rientrare all’albergo vorrei sostare in un luogo tranquillo. – Se le va bene, io proporrei di accompagnarla sul lungomare di Barcola, dove ci sono parecchi bar dai quali, seduto al tavolino tranquillamente, può ammirare la bellezza del golfo e in distanza lo stagliarsi splendido del bianco castello di Miramare verso l’azzurro del mare. - Ottima idea, vada pure! Giunti che furono sul lungomare, l’autista fermò il taxi davanti ad un bar gelateria e disse: - Ecco signore, per rientrare in città farà una passeggiatina lungo il mare di circa 600 metri e si troverà al capolinea del tram numero 6 o se preferisce, lì accanto, c’è pure il posteggio fisso dei tassametri. Eugenio pagò la corsa, ringraziò e salutò l’autista scendendo dalla macchina chiuse la portiera. Il sole stava calando verso il crepuscolo, illuminava di riflessi argentei e dorati le creste di piccole onde che increspavano dolcemente il mare mosso da una leggera brezza da ovest. Parecchia gente sostava ancora ai tavoli del bar, tranquilla, senza far rumore, parlando sottovoce quasi a non voler turbare la pace e la bellezza di quella scena. Sedette ad un tavolo laterale per poter godere ancora di più la tranquillità del posto, ma si accorse di avere la gola secca e il desiderio di bere una bella birra fresca, pensò che, forse, il lauto pasto meridiano non fosse stato così digeribile come reclamizzato, fece cenno al cameriere che si avvicinò. - Buona sera signore, cosa posse servirle? - Una bella birra fresca di buona marca, grazie. – - Non ci sono problemi, qui a Trieste abbiamo una delle migliori fabbriche di birra d’Europa, la Dreher, che nulla ha da imparare dalle fabbriche di birra germaniche, gliela porto subito, con permesso. Alcuni minuti dopo il cameriere gli portò la birra in uno strano bicchiere a forma di stivale, bella, dorata e spumeggiante. – Ecco signore, con questo bicchiere si ha il modo migliore per gustare la birra. Lei è forestiero vero?, stia attento che la punta dello stivale deve essere rivolta sempre verso il basso, quando beve, altrimenti, se la 44 punta è rivolta verso l’alto, per caduta fuoriesce e si bagna tutta la camicia. - Grazie del suggerimento, io non ci avrei pensato e quasi d’istinto avrei messo la punta verso l’alto. Giusto! per la legge dei vasi comunicanti il livello si sarebbe unificato e la fuoruscita di birra sarebbe stata maggiore. Se si vuole, si può fare veramente un tiro mancino agli ignari amici. Prese con avidità il bicchiere e si dissetò con due bei sorsi di birra, poi fissò lo sguardo sulle crestine delle onde argentee e mosse che, come fossero la moneta fatta dondolare da un ipnotizzatore, ebbero il potere di concentrare la sua attenzione e l’ondeggiare argenteo si avvicinò sempre più fino a farlo entrare in un mondo nuovo, evanescente, etereo, celestiale, incorporeo. In questa strana luce da lontano udì una voce che lo chiamava: - Eugeniooooo.... . Poi una figura si concretizzò quasi si materializzò, vide Rossella con le braccia protese in avanti che gli correva incontro e, raggiuntolo, lo abbracciò forte poggiando la guancia sulla sua spalla. Lui la strinse a sé dolcemente, avrebbe voluto darle un bacio, ma ebbe paura che staccandola da lui, quella meravigliosa sensazione cessasse e non voleva assolutamente che quell’attimo meraviglioso finisse. Quanto tempo fosse passato non si sa, ma venne riportato alla realtà dalla voce del cameriere che diceva: - Si sente bene signore? Ha bisogno di qualche cosa? - No, grazie, scusi ma sono in po’ stanco, ho avuto una giornata pesante e, rilassandomi, qui al fresco, probabilmente mi sono appisolato. Finì di bere la birra, pagò e si alzò dal tavolo salutando e dirigendosi verso il tram che l’avrebbe riportato in città. Strada facendo, a mente lucida, ripensò a quello che gli stava succedendo. Rossella era proprio entrata prepotentemente nella sua vita, ma lei si ricordava ancora di lui? o era stato solo un incontro fugace, una breve conoscenza di viaggio. Però.............quel bacio innocente alla stazione di Padova, quella fuga a testa bassa, il non voltarsi a salutarlo, potevano avere un significato? Quel visetto acqua e sapone avrebbe cambiato la sua vita disordinata di eterno vagabondo? Che fosse giunto il momento di voltare pagina, mettere la testa a posto e ricominciare daccapo e crearsi un avvenire sereno, tranquillo, sicuro, una vita in due da percorrere parallelamente in sintonia, armonia, dialogo, simpatia e amore? 45 - Sarebbe bello - pensò - però non corriamo troppo con la fantasia, Rossella sarebbe il traguardo, il sogno che si avvera, la serenità per il futuro. Queste sono speranze non certezze, una conoscenza di un paio d’ore, anche se intense con una persona che pensa e ragiona allo stesso modo è certamente un buon inizio, ma che bisogna sviluppare e approfondire. – Bisogna che mi sbrighi qua a Trieste, potrei telefonare questa sera a Rossella, per poi correre a Padova domani pomeriggio e rivederla. Nel frattempo era giunto al capolinea del tram numero 6. Vide una motrice coperta e un rimorchio tutto aperto, con le panche in legno. Decise di non prendere il taxi e di rientrare con il mezzo pubblico anche se mancavano pochi minuti alle 20. Salì sul rimorchio. Non aveva molto appetito, i crauti, le salsicce ed il ragù piccante si facevano ancora sentire, avrebbe preso, al ristorante dell’albergo, qualche cosa di molto leggero. Lo sferragliante tram cominciò il suo viaggio di rientro verso la città. C’erano poco più di una decina di viaggiatori seduti che, sballottati sui sedili, ondeggiavano con il veloce procedere del mezzo nella sua corsia riservata. Lungo il percorso, alle fermate intermedie, nessuno doveva scendere e passeggeri in attesa non ce n’erano, pertanto tutto il viale Miramare fu percorso in breve tempo. Apprestandosi ad arrivare nella piazza della stazione, si alzò avvicinandosi all’uscita per schiacciare in tempo il pulsante di richiesta di fermata. Sceso nel piazzale antistante la stazione si avviò verso il corso Cavour per raggiungere in breve tempo l’Hotel de la Ville. Erano le 20 e 30 da poco trascorse quando entrò nella hall dell’albergo dirigendosi alla reception per prendere la chiave della stanza 316. - Buona sera dott. Della Noce - disse il portiere porgendo la chiave della stanza - trascorsa bene la giornata? Le è piaciuta Trieste? Scende per il pranzo? - Grazie, tutto bene, giornata lunga e faticosa, ma anche piacevole, ho trascorso anche un paio d’ore, stasera, a Barcola a rilassarmi. Salgo a rinfrescarmi e a cambiarmi poi scendo per il pranzo. Il tavolo di ieri se possibile, grazie. Certamente dottore, do immediatamente disposizione per il tavolo e se dopo pranzo ha piacere nel nostro piccolo night, riservato solamente agli ospiti dell’albergo, ci sarà una serata danzante con un trio, molto 46 noto in città, che intratterrà gli ospiti con musica soft e rilassante. - Mi lasci pensare, ma credo che andrò preso a letto in quanto domani mattina devo concludere un importante affare e voglio essere lucido e ben sveglio. Entrato nella stanza, notò immediatamente che il vestito lasciato sulla gruccia la sera prima, era stato pulito e perfettamente stirato, come pure tutta la biancheria profumata e sistemata in modo ineccepibile nei cassetti dell’armadio. La camicia inamidata in modo impeccabile. Si svestì, entrò nel bagno e dopo una veloce doccia riempì la vasca di acqua calda, vi sciolse una buona quantità di sali rilassanti e rivitalizzanti e vi si immerse per una quindicina di minuti in assoluto relax. Caso volle che in quello stato di abbandono, la mente ritornasse imperiosa e prepotente a pensare a Rossella mentre correva libera, spensierata e felice su di un prato d’erbetta verde chiaro con tanti fiori gialli e tante margherite. Vestiva un ampio e leggero vestito rosa che la rendeva ancora più leggiadra e piacevole alla vista. Immaginò di essere seduto, appoggiato al tronco d’un albero e canticchiando aspettava che lei si avvicinasse per sedersi accanto a lui. Il timer dei 15 minuti suonò ed uscì dalla vasca, si avvolse nell’accappatoio asciugandosi velocemente. Si rivestì con gli abiti rimessi a nuovo dal servizio dell’albergo e scese al ristorante. - Buona sera dottor Della Noce - così il maitre Osvaldo lo accolse, con un largo sorriso e un mezzo inchino - il suo tavolo è pronto, s’accomodi prego, l’accompagno. Eugenio ringraziò e si avviò lentamente verso il tavolo sempre seguito da Osvaldo. Giuntovi, si sedette e anticipando il maitre disse: - Stasera, Osvaldo, voglio mangiare leggero, mi sono appesantito troppo a colazione, desidererei un consommé e poi un bel filetto di manzo al pepe verde con una insalatina, un po’ di frutta fresca e basta. - Ma certamente dottore, ai suoi ordini, permette, vado a dare disposizioni. Nell’attesa, si guardò in giro e vide la sala da pranzo abbastanza vuota rispetto alla sera precedente, chissà se era così perché l’ora di pranzo era già passata o gli ospiti dell’hotel erano meno numerosi essendo venerdì sera e gli uomini d’affari avevano fatto ritorno a casa, in famiglia, nelle loro città d’origine. Egli sarebbe rientrato l’indomani dopo aver fatto, forse, una fermata a Padova. 47 - A proposito di Padova - pensò Eugenio - devo assolutamente telefonare a Rossella per vedere se domani avrà piacere di incontrarmi. Fece cenno ad uno dei ragazzi di sala al quale chiese se fosse possibile avere un telefono. - Ma sicuramente dottore - rispose il ragazzo - mi faccio premura di procurarglielo. Dopo pochi minuti il ragazzo rientrò con un telefono che poggiò sul tavolo ed allacciò ad una presa telefonica posizionata sulla parete lì a fianco. – Ecco la linea è a sua disposizione - si girò e si allontanò velocemente. Eugenio trasse dal suo portafoglio il bigliettino sul quale aveva scritto il numero telefonico di Rossella e, sollevata la cornetta, chiese al centralinista di passargli il numero desiderato. Appoggiata la cornetta sulla forcella restò in attesa dello squillo, le mani cominciarono a sudare e una strana sensazione si impadronì di lui, una sensazione di panico, d’ansia, di impazienza, che mai aveva provato prima d’allora. Arrivò il cameriere e gli porse una fumante tazza di consommé. Ci aggiunse un po’ di parmigiano ed iniziò a mescolare con il cucchiaio d’argento il brodo in modo che, evaporando, si raffreddasse un po’, ma con l’orecchio teso al telefono pronto a mollare tutto e rispondere al primo squillo. L’attesa non fu molto lunga, udì il trillo discreto del telefono ed alzò di scatto la cornetta: - Pronto...... Il cuore in gola nell’attesa di sentire la dolce voce di Rossella, invece la roca voce maschile del centralinista scandì: – Padova in linea, signore. Il telefono dava il segnale di linea libera, 1, 2 , 3 , 4 squilli...... – Oh! Dio non è in casa, forse è uscita con un’amica o magari con un amico. Un senso di gelosia si impossessò dei suoi sentimenti, quando al quinto trillo si udì lo scatto della cornetta sollevata e una debole voce, sommessa, timida, incuriosita disse: - Pronto! Un attimo che sembrò un secolo trascorse prima che Eugenio, con un nodo in gola, riuscisse a proferire parola: - Rosella sei tu? All’altro capo del filo la voce prese corpo, anima, sonorità e quasi con un urlo gridò: 48 - Eugenio, che bella sorpresa, che bel regalo, che gioia risentirti, dove sei? Come stai? Cosa fai? Da dove chiami? - Piano, piano, quante domande, non ci corre dietro nessuno. Sentire la tua voce è una gioia intensa per me, mi sembra di vederti, immagino il tuo dolce viso, il tuo sorriso, il tuo timido atteggiamento che fa di te un simbolo unico, una dolce immagine, fragile, pura e indifesa. - Adesso rispondo alle tue numerose domande. Sono, come sai, a Trieste, sono seduto al tavolo del ristorante per il pranzo, sto bene, grazie, ma starei meglio se fossi vicino te. - Eugenio, che gioia sentirti e che belle parole che sai dire, mi confondi, non merito tanto! Come va con il tuo lavoro? Quando parti? Quando rientri a casa?..........Quando ci vedremo? Quest’ultima piccola frase la disse con voce sommessa, quasi schiva, come non volesse far capire che, in fondo in fondo, anche lei aveva desiderio di incontrarlo. Tirato un sospiro profondo per aver rotto il ghiaccio, Eugenio rispose volentieri alle ultime domande: - Domani, in mattinata, se tutto va bene, dovrei concludere i miei affari, prendere il treno e.........se ti facesse piacere, mi fermerei per qualche ora a Padova per la gioia di rivederti. - Che bello, sì, sì, dimmi a che ora arriverai in modo da venire alla stazione ad aspettarti. - Non ho l’orario ferroviario qui con me, ma il treno parte dalla stazione centrale di Trieste alle 13.02 e penso che dovrebbe essere a Padova subito dopo le 15 e 30, magari guardi sugli arrivi, in stazione, a che ora è prevista la fermata del treno proveniente da Trieste. Ciao Rossella, spero che queste ore passino in fretta, che io sia puntuale nel prendere il treno, perché non vedo l’ora di abbracciarti..........credo di amarti! Eugenio chiuse immediatamente il telefono e rimase fermo a fissarlo. Cosa avrebbe risposto Rossella! Aveva paura di saperlo, forse avrebbe detto “ma sei matto?” Forse sarebbe rimasta senza parole, forse, peggio, si sarebbe messa a ridere. Chi lo sa! In cuor suo sperava di vedere il volto di Rossella arrossire, abbassare il capo quasi a proteggersi da una cosa più grande di lei che le stava capitando, ma anche poter vedere un piccolo cenno del capo che fosse un assenso. La sentenza a tutto questo era rimandata di 15 ore, se sceso a Padova avesse visto la sua Rossella attenderlo, sarebbe stato l’uomo più felice del mondo, 49 pronto a cambiare vita, a scegliere un lavoro che lo avesse fatto rientrare ogni sera a casa; in fondo aveva o non aveva una laurea in giurisprudenza? Servirà a qualche cosa sì o no?! Si sentiva pronto a soddisfare, proteggere, difendere e amare quella creatura che il destino gli aveva fatto incontrare per caso. Altrimenti, se non fosse stata lì ad attenderlo, sarebbe risalito sul prossimo treno con il castello di sogni e di speranze distrutto, pronto a ricominciare la sua vita errante e riprendere un lavoro che cominciava a non piacergli più. Chinò lo sguardo verso la tazza del consommé e constatato che era poco più che tiepido, lo sorbì direttamente dalla ciotola. Osvaldo, da debita distanza, teneva d’occhio, con discrezione, quello che Eugenio stava facendo. Visto che aveva bevuto tutto il consommé, si affrettò a mandare il ragazzo a togliere la tazza vuota e poter portare la carne con l’insalata. - Ecco dottore, il suo filetto al pepe verde. - Grazie Osvaldo, uhm! bello ed appetitoso; credo che lo mangerò molto volentieri. Finito che ebbe di pranzare chiese gli portassero un caffè ed un buon Cognac. Anche questa tumultuosa giornata volgeva alla fine. Quanti fatti, quanti posti, quanti pensieri, quante cose erano successe e anche riassumendole, era difficile scorrere la giornata nelle sua complessa interezza. Si alzò dal tavolo e decise di fermarsi un po’ nella sala di lettura per scorrere qualche giornale illustrato e attendere l’ora per andare a dormire. Il maitre ed i ragazzi di sala lo salutarono, ormai era rimasto l’ultimo commensale a lasciare la sala. Uscito dalla sala da pranzo, tra il bar e la hall, sulla sinistra, c’era appunto la sala di lettura con alcuni divani e delle poltrone in pelle, oltre ad alcuni tavoli e seggiole. Su di un tavolo, a lato, erano disposti parecchi quotidiani in diverse lingue oltre a molti giornali illustrati. Prese la vecchia, ma sempre valida “Domenica del Corriere” e si sedette sul comodo divano. Nella sala c’erano un paio di persone che, silenziosamente, sfogliavano e leggevano i loro giornali, sembravano annoiate e stessero lì solo per aspettare l’ora di andare a dormire. Del resto anche lui era lì per lo stesso motivo. Non aveva nessuna voglia di andare nel dancing dell’hotel come offertogli dal portiere. 50 Ma perché non ne aveva voglia? Come mai? E si soffermò ad analizzare questo rifiuto. Il primo pensiero che gli venne in testa fu che, essendo un night, ci sarebbero state anche delle signore e forse anche delle signorine. No! non poteva e non voleva! Rossella....... - Ahi, vecchio mio – disse tra sé e sé – ma allora sei proprio cotto, stai già rifiutando altre compagnie femminili per essere “fedele” a lei? - Lascia stare, non è ancora detto che lei ti voglia e poi domani mattina devi essere lucido per concludere l’affare. Si immerse nella lettura del giornale nella speranza di liberare la sua testa da quel chiodo fisso....però che bel chiodo! Dopo una ventina di minuti, mancavano dieci minuti alle 23, Eugenio decise di andate a letto, nella speranza di riuscire a dormire serenamente. Depose il giornale sul tavolo, dove l’aveva preso e si diresse verso il bar per prendere una bella camomilla doppia e concentrata che l’aiutasse a riposare meglio. Ritirata la chiave della sua stanza, salì ed aprì un attimo le finestre per dare un’ultima occhiata notturna al golfo, che chissà quando avrebbe rivisto. Dopo aver riempito i polmoni d’aria iodata, aspirando con forza, richiuse le finestre e si sistemò nel comodo lettone. Contrariamente a quello che temeva, probabilmente causa la stanchezza, si addormentò immediatamente in un sonno ristoratore. 51 Capitolo 5 Il sabato 9 giugno era arrivato, si svegliò riposato e ritemprato, scese dal letto, aprì le finestre per far entrare l’aria del mattino e vide che la giornata era splendida. Il mare, calmo come fosse d’olio, era illuminato dal sole e le ultime barche ritardatarie dei pescatori stavano rientrando. Altre stavano ormeggiando lungo i moli e scaricavano le casse con il pesce fresco pescato durante la notte. Entrò nel bagno con calma per fare una doccia fresca, sferzante e rivitalizzante, per svegliarsi completamente e cancellare ogni possibile residua traccia di stanchezza. Si sentiva bene ed era pronto ad affrontare la mattinata impegnativa. Si vestì, preparò la valigia e la borsa in modo da essere pronto a partire. Scese al piano terra per consumare la prima colazione e passando davanti al bureau si rivolse al portiere di turno che non aveva mai visto prima: - Sono Della Noce, mi può preparare il conto, per favore, dopo colazione ritiro il bagaglio e parto. - Certamente, vediamo, ah sì! stanza 316. Bene glielo preparo subito! Dovendo partire alle 13.02, probabilmente, non sarebbe stato possibile fare un pasto decente a mezzogiorno, pertanto decise di fare una prima colazione più abbondante e non il solito cappuccino e cornetto. Certamente non avrebbe preso la colazione all’americana con uova e pancetta, ma semplicemente del pane, burro e marmellata e magari un toast, quello sì! Finita la prima colazione, prese ancora un caffè espresso ristretto e si alzò per andare alla reception. - Il suo conto è pronto dottor Della Noce, ecco a lei! - Grazie, nel frattempo, mandi a prendere nella stanza la mia valigia e la mia borsa, per favore. - Ma senz’altro dottore. Il portiere chiamò il facchino e diede ordine di prendere il bagaglio della 316. Eugenio controllò il conto, un po’ salato, ma d’altro canto l’ambiente e il servizio erano di prim’ordine e non aveva nulla da recriminare. Trasse dal portafoglio un bel po’ di soldi che mise sul piattino: - Tenga il resto per il personale. 52 - Grazie dottor Della Noce, veramente gentile, spero che tutto sia stato di suo gradimento e che possa rivederla presto nel nostro hotel. Buongiorno e buon viaggio. Eugenio si allontanò dal bureau e si sedette, in attesa del bagaglio, su di una poltroncina nella hall dell’albergo. Alcuni minuti dopo il facchino gli si avvicinò e consegnandogli la valigia e la borse, disse: - Ecco dottore il suo bagaglio e grazie ancora a nome del personale tutto. Buon viaggio! Si alzò dalla poltroncina, prese il bagaglio e si diresse all’uscita: - Mi sono trovato bene, se sarò di passaggio nuovamente per Trieste, mi ricorderò di questo hotel. Buongiorno. Uscito, girò a destra e si diresse verso la stazione ferroviaria, laggiù in fondo al lungomare. Pur essendo appena le nove e mezzo, la giornata era già calda. Si avviò a passo lento per non sudare; una breve passeggiata e giunse alla stazione. Appena entrato, andò alla ricerca del deposito bagagli, dove avrebbe lasciato in custodia la valigia. Lo trovò, infilò la valigia nell’armadietto e chiusa la porta, ritirò la chiave dalla serratura e lo scontrino per pagare poi, alla cassa, il tempo di custodia. Non volendo ritornare a piedi in centro città, prese un taxi e si fece portare davanti alla gioielleria che la mattina prima aveva visto. - Alla gioielleria Huber, per favore. - Certo signore! Il tassametrista abbassò la “bandierina” del contachilometri, mise in moto la macchina e inserendosi nel traffico veicolare, si diresse verso l’indirizzo richiesto. Erano quasi le dieci quando il tassametro si fermò davanti alla gioielleria, Eugenio pagò la corsa, ringraziò e scese dalla vettura chiudendo lo sportello. Con la sua fida cartella in mano si avvicinò alle vetrine e dopo aver dato una sommaria occhiata, entrò nel negozio. Dietro agli eleganti banchetti di vendita in cristallo c’erano una bella signora bionda, elegantemente vestita che “portava” alcuni gioielli, probabilmente allo scopo di invogliare l’acquirente sull’eleganza di alcuni autentici capolavori e un signore molto distinto, di mezza età, che con un accenno d’inchino si rivolse ad Eugenio: - Buongiorno signore, sono il signor Huber, il titolare e questa è mia moglie. Come posso esserle utile? cercava 53 qualche cosa in particolare? o desiderava solamente farsi un’idea di che cosa potremmo offrirle? - Avrei intenzione di acquistare un anello con brillante. Sa, oggi, in serata, mi fidanzo e vorrei un oggetto all’altezza della mia splendida ragazza. Un anello che possa renderla felice e la lasci ammirata dalla lucentezza della pietra. - Come lei saprà il brillante può avere tanti pregi e tanti difetti, può essere di pochi grani o di alcuni carati a seconda se sarà il primario o il secondario dopo il taglio del diamante originale. - Non sono tanto esperto in materia ed è per questo che sono venuto in questo negozio che ritengo in grado di aiutarmi nella scelta. - Grazie signore, spero di poterla annoverare tra i nostri clienti. Le farò vedere alcuni anelli di varie dimensioni, purezza e valore, comunque tutti con taglio triplo moderno detto anche taglio classico da cui derivano particolari modellature come il taglio americano, a stella o del Cairo, Anversa. Amsterdam, eccetera. Permetta che prenda dalla cassaforte alcuni modelli. Si girò per aprire la cassaforte mentre la moglie gli si avvicinò per aiutarlo nella scelta di cosa far vedere al cliente. Presero alcuni piccoli espositori in velluto blu scuro che posero su di un vassoio d’argento, richiudendo nel contempo la cassaforte. - Ecco signore, per cominciare le faccio vedere alcune creazioni di buona fattura con un discreto indice di rifrazione e quindi con un buon gioco di luci. I nostri brillanti sono, comunque, tutti a 57 facce e con certificato di garanzia. Ci sono alcuni, come questo ad esempio con taglio americano che ha circa un grano e tre quarti, quindi poco meno di mezzo carato, il cui valore, montatura compresa, varia dalle centocinquanta alle duecento mila lire. Cosa ne dice? - Belli sicuramente e anche di un certo valore, ma a vederli sembrano piccoli, si nota solo una parte del brillante e pertanto all’effetto ottico sembrano microscopici. - Lei ha centrato il problema signore, infatti il padiglione viene inserito nella montatura e resta visibile solamente la corona che è pari a circa il sedici per cento di tutto il brillante. Intervenne allora anche la moglie del signor Huber: - Vede signore, esistono delle montature a soli quattro gancetti che fanno vedere quasi interamente il brillante e quindi le sue reali dimensioni, ma non sono per niente sicuri. Basta che uno dei gancetti venga allentato, 54 anche accidentalmente, che la gemma esce dal castone e va perduta, sarebbe un peccato. Se ha piacere che la corona sia più visibile bisogna optare per delle pietre che si avvicinino al carato. - Me ne fa vedere qualcuno, magari solo per accontentare l'occhio in quanto, immagino, il prezzo salirà in modo esponenziale. - No! non è proprio così – interloquì il signor Huber – però certamente il prezzo sale in quanto anche la parte in oro bianco deve essere di maggior spessore per contenere saldamente la pietra di dimensioni più grandi. Le faccio vedere questo da tre grani e tredici sedicesimi, quindi quasi in carato. E’ un oggetto di ottima fattura con taglio tipo Anversa ad alto indice di rifrazione e splendidi giochi di luci. La prego osservi, muovendolo, che miriade di luci colorate, sembra di vedere dei fuochi d’artificio. Il valore di questo si aggira sulle trecento cinquantamila lire. Il prezzo è impegnativo ma l’effetto è garantito. Eugenio prese l’anello in mano, lo rigirò tra le dita per vedere, sotto la luce di un faretto, il gioco di luci che rifletteva sul cristallo del banchetto. - Stupendo, questo sì che è un anello, la pietra si vede bene e ci si può rendere conto della sua reale dimensione anche da parte di un profano come me. Il signor Huber, visto che il cliente non aveva battuto ciglio sul prezzo, si sbilanciò tentando la possibile migliore vendita del mese. - Se permette, dato che le piacciono le cose belle, vorrei farle vedere un pezzo raro, quasi unico, un solitario. Ovviamente per essere considerato solitario, deve essere un brillante molto pregiato e che abbia una dimensione considerevole, l’indice di rifrazione deve essere perfetto, lo splendore e il gioco di luci ineccepibile. Il gioielliere si girò nuovamente verso la cassaforte, l’aprì, vi ripose i gioielli che aveva fatto vedere al cliente su di un pianale, mentre la moglie apriva un’altra piccola porta blindata di un contenitore interno togliendo da esso un gioiello che già a quella distanza toglieva il fiato. Nell’oscurità dell’armadio blindato sembrava essersi accesa una luce ad illuminarlo, era il brillante che già con la poca luce che lo circondava riusciva a mandare lampi di luce stupenda. - Ecco, questo è il nostro fiore all’occhiello – disse la signora Huber - è il più bel solitario che abbiamo nella nostra collezione. Ce ne sono anche di più grandi e più belli, ma per Trieste, credo sia il più importante che si possa trovare di questi tempi. D’altro canto per far fede al 55 nostro nome l’abbiamo preso e lo conserviamo gelosamente. Il marito prese dal piccolo vassoio l’anello con delicatezza, come fosse un oggetto sacro e sollevatolo dal suo supporto, lo infilò parzialmente sul dito della moglie. - Vede signore, il massimo del suo splendore lo si può apprezzare ponendolo al dito di una signora. Il contatto con la pelle, il movimento della mano sono due cose che fanno esaltare la bellezza di questo brillante. Questo è un brillante purissimo tagliato con il modello Amsterdam. La riflessione e quindi lo splendore e il gioco di luci non temono confronti e rivali. - Vedo, vedo – annuì Eugenio – effettivamente toglie il fiato; la corona è grandiosa ed in rapporto a quelli che mi ha fatto vedere questo deve avere almeno un carato e mezzo. La montatura e favolosamente ricca ed esalta la bellezza di questo gioiello. Adesso sentiamo le dolenti note, il prezzo! - Il cerchietto dell’anello è in platino, mentre il punto dove viene incastonata la pietra è in oro bianco, molto più duro e sicuro del platino. Il brillante è esattamente di un carato e mezzo e proviene direttamente dal mercato di Amsterdam dove è stato tagliato, molato e confezionato da uno dei più noti e rinomati laboratori della città dei diamanti. - Se al signore potesse andar bene questo gioiello – intervenne la signora Huber – cerca di vedere e fargli un buon prezzo e così, in qualche modo, partecipiamo anche noi al bellissimo avvenimento cui l’anello è destinato. - Lo sai cara che il mercato è in continua crescita e i prezzi volano, ma comunque cercheremo di venire incontro al signore. Penso che potremmo proporre questa meraviglia, tirando, tirando, al prezzo di 485.000 lire. Lo so che è un prezzo impegnativo, ma anche il prezioso è una cosa impegnativa, la sua unicità lo fa paragonare ad un dipinto di famoso autore del settecento! Cosa ne dice signore? - Cerco di tirare il fiato, volevo qualche cosa di bello per la mia futura sposa, ma non credevo costasse tanto. Io sono esperto in materie dolciarie e conosco tutti i prezzi di quei prodotti e dei suoi ingredienti, non certamente del prezzo dei gioielli. Il valore di questo splendido anello lo posso calcolare in più di un anno del mio lavoro! - Sì indubbiamente è una grossa spesa, però deve tener presente che oltre a fare oggi una splendida figura, è pure un investimento. Il valore dell’anello cammina con l’andare dei tempi e degli aumenti. La cifra che lei spende oggi, mantiene nel tempo il suo potere d’acquisto in 56 quanto segue il mercato e non si svaluta come fanno le banconote. In fondo sarà un bene di famiglia, una volta sposi, e l’investimento di capitale è e sarà garantito. Ci pensi! Eugenio sembrava indeciso, il suo sguardo correva dall’anello posto al dito della signora Huber a quei tre anelli dell’esposizione precedente, che erano rimasti sul banco. Si vedeva che lo sguardo si fermava sempre più di sovente e per più tempo ad ammirare il solitario. C’è poco da fare le cose belle piacciono a tutti, e si fanno notare! - Senta signor Huber, ho intenzione di fare un colpo di testa, opterei per il solitario. Guardando l’orologio notò che il tempo era volato, erano infatti oramai le undici ed alzando gli occhi verso il signor Huber disse: - Ovviamente non dispongo in tasca di una simile somma, però alle undici e trenta ho l’appuntamento con il signor Bonifacio, dell’omonima pasticceria, che deve saldarmi una grossa fornitura effettuata dalla Ditta per cui lavoro ai suoi laboratori. Se viene con me le faccio dare il corrispettivo da lui. Che ne dice? - Non ci sono problemi, il signor Bonifacio lo conosco di fama, anche se non di persona, e so che la sua solvibilità è indiscutibile. Cara, sistema l’anello in un bell’astuccio e prepara la confezione per il signor.........a sì a proposito non conosco nemmeno il suo nome e mi serve per la compilazione del certificato di garanzia! - Mi scusi nell’emozione del momento non mi sono neanche presentato. Sono Ennio Rossi, ecco qui il mio biglietto da visita. Il signor Huber lo prese e lo lesse: BOTTA – Industria Dolciaria – Milano – dott. Ennio Rossi – Direttore Responsabile Amministrativo. - Piacere dottor Rossi, ora capisco i suoi rapporti con il signor Bonifacio, ma non ci sono problemi può passare nel pomeriggio a ritirare la confezione e a saldare, con comodo suo. - Veramente andrei di fretta, nel primo pomeriggio ho tanti impegni ancora qui in città e poi devo correre a prendere il treno per rientrare a Venezia dove mi aspetta la mia futura sposa, lei è nata e risiede a Venezia, e non vorrei far tardi proprio oggi! - Se è così, vengo ben volentieri con lei, facciamo due passi e saremo puntuali al suo appuntamento con il Signor Bonifacio. Prenda il pacchetto, le compilo il certificato di garanzia ed andiamo. Tu cara rimani qui, chiudi la porta dall’interno mi raccomando, stai attenta che 57 non entri qualche male intenzionato. Sa dottore, di questi tempi non si sa mai! - Fa bene a dare questi consigli, d’altro canto anch’io potrei essere un lestofante, per quel che ne sa. - Dottor Rossi, cosa dice, le persone per bene si vedono a prima vista, tant’è vero che mi ha dato pure il suo biglietto! - Mi fa piacere che la pensi così, anch’io devo stare attento, perché i nostri rappresentanti pur di fare copie commissioni e incassare le provvigioni, danno forniture, anche rilevanti, a commercianti disonesti. Poi mi devo dar da fare per recuperare i crediti! Per esempio, quando il rappresentante di zona, otto mesi fa, mi presentò il primo ordine del signor Bonifacio che consisteva, per avere un ulteriore sconto sulla quantità, di una fornitura, con consegne mensili, per un totale di cinquecentomila lire da pagarsi alla fine del periodo, rimasi un po’ perplesso. Assunte informazioni commerciali, presso i nostri istituti di credito, mi assicurarono che la ditta era solida e solvibilissima. Tant'è vero che oggi salda per intero la fornitura! Giunti in piazza Goldoni, l’attraversarono e atteso il segnale di via libera da parte del vigile, passarono sul marciapiedi opposto della via Carducci e giunsero davanti alla porta della pasticceria. Solita ressa, i clienti disposti su tre file che si sbracciavano per essere serviti, il signor Bonifacio che incassava velocemente per cercare di smaltire il più possibile il lavoro. Essi erano vicino alla porta d’ingresso, quando il pasticcere sollevò lo sguardo e vedendoli esclamò a voce alta: - Signor Rossi, le ho preparato tutto, un attimo solo che finisco con queste clienti e le consegno immediatamente quanto le devo. - Grazie signor Bonifacio, io devo scappare, ma di quelle cinquecento che mi deve, quattrocento e ottanta cinque, le dia al signore che è qui con me. Nel primo pomeriggio, quando riapre, passo a prendere il resto. Grazie di tutto e spero che lei sia rimasto soddisfatto, ci vediamo quanto prima per ulteriori ordinazioni. Buon pranzo! - OK! va bene! faccio subito e grazie a lei signor Rossi, a ben presto rivederci. - Faccia con comodo, signor Bonifacio, non ho fretta – replicò il gioielliere – posso attendere, sono cose delicate si sa! - Signor Huber ancora grazie, soprattutto per la sua competenza e le sue preziose informazioni. Mi ricordi 58 ancora alla sua gentile signora e spero di ben presto rivedervi. Eugenio mise il pacchetto nella sua inseparabile borsa, porse la mano al felice e sorridente gioielliere in un saluto di commiato ed uscì. Erano le dodici e quindici minuti e a passo normale si diresse lungo la via Carducci affollatissima e si confuse tra la gente che andava avanti e indietro, da destra a sinistra e viceversa come fossero delle formiche operaie attorno al loro formicaio. Giunse alla stazione, giusto in tempo per prendere il biglietto per Padova, andare alla cassa del deposito bagagli per pagare il sevizio, ritirare la valigia e salire sul rapido che tra pochi minuti sarebbe partito in direzione di Padova. Questi ultimi minuti furono tremendi, nella spasmodica attesa che il treno partisse, i minuti sembravano ore e non passavano mai. La valigia sulla retina e la borsa ben stretta al suo fianco, stava pensando se il raggiro fosse già stato scoperto e cercava di immaginare la faccia del signor Huber quando si era visto consegnare quattrocento e ottantacinque pastine assortite. La polizia era già stata chiamata? La denuncia e le deposizioni erano già state redatte o gli interrogatori erano ancora in corso? Queste le domande che assillarono Eugenio. Proprio in quel momento si udì la voce stentorea del capostazione che diceva: - In carrozza, signori, in carrozza. E’ in partenza dal binario quattro il rapido per Monfalcone, Portogruaro, Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Milano e Torino. In carrozza, si parte! Sbatterono gli ultimo sportelli ed il convoglio si mise in moto acquistando pian piano velocità..... Miramare.....Grignano.....Sistiana.....e via! Era fatta! Eugenio sentì il bisogno di rilassarsi un momento, era solo nello scompartimento, e chiusi gli occhi ripensò all’ennesimo “affare” che aveva messo a segno. Tutto liscio come l’olio, toccata, elaborazione improvvisa, e fuga, questo era il suo segreto. Quanto poteva ancora andare avanti così? Quante città rimanevano ancora da visitare? Quante idee potevano ancora scaturire? Era ora di finirla! Bisognava mettere la testa a posto! Adesso c’era Rossella che era entrata prepotentemente nella sua vita. Con lei non c’era posto per l’inganno, per i raggiri, per le truffe. Ella era purezza, candore, onestà. 59 Ennio Rossi doveva sparire, finire di esistere, cancellarlo dalla faccia della terra, Rossella non lo meritava. Eugenio Dalla Noce avrebbe, forse, potuto sperare di meritarla, mettendo a frutto la sua laurea, trovare un lavoro onesto, agli inizi anche mal pagato, ma che fosse un trampolino di lancio per futuri miglioramenti. Anche Eugenio era intelligente e avrebbe potuto mettere a buon frutto la versatilità, l’estro, l’eclettismo, la poliedricità di Ennio, ma a fin di bene, per farsi notare ed apprezzare dai superiori sul posto di lavoro in modo da avere sempre più responsabilità e fiducia. Ennio Rossi sarebbe morto sicuramente e definitivamente se alla stazione di Padova, Eugenio avesse trovato Rossella ad attenderlo. Il treno correva veloce, con il suo ritmico incedere che sembrava voler cadenzare i secondi, i minuti, le ore del viaggio. Il passato si allontanava ed il futuro si avvicinava? Il conflitto interno era intenso, Eugenio era fermamente convinto di cacciare Ennio, ma quest’ultimo, ghignando, ripeteva: - Già non la troverai in stazione a Padova! Lei non ti aspetta! Non si ricorderà neppure più di te! Ma chi è Rossella? Cosa sai di lei? Ma cosa vuoi? Ella deve studiare, laurearsi, andare a fare il medico condotto vicino alla farmacia del padre. E tu? Perché vuoi rinunciare ai grandi alberghi, ai buoni ristoranti, ai posti di lusso che sei uso frequentare? Perché? Per chi? Per cosa? Ma fammi il piacere ritorna in te, non rammollirti. - No Ennio! Io l’amo, ormai è tutto per me, voglio cambiare, voglio essere una persona normale, anche mediocre magari, ma poterle stare vicino e guardarla fissa nei suoi splendidi occhi senza dovermi vergognare! Il passato è tuo Ennio, il futuro è mio! Me lo merito e lo voglio. Non voglio più fuggire. Spero di aver trovato lo scopo della mia vita – ed incalzò - facciamo una cosa, una scommessa, un patto tra di noi: se Rossella sarà a Padova ad aspettarmi, capirà ed accetterà il mio amore, tu te ne andrai per sempre, sparirai dalla mia vita e non ti vorrò più vedere né sentire. Se il mio amore non si farà vedere, allora tornerai a convivere con me, per dannarmi e portarmi in quell’inferno che tu rappresenti. - Ci sto! Lo so, come sempre vinco io e la tua anima mi apparterrà ancora. Tu sei fatto ormai della mia pasta e nulla e nessuno riuscirà a redimerti.......nemmeno 60 “l’amore”. E scomparve dalla mente di Eugenio sghignazzando. Quando riaprì gli occhi, venne ferito dalla luce del sole che entrava dal finestrino. Probabilmente era rimasto parecchio tempo con le palpebre abbassate. Guardò l’orologio e vide che erano le quattordici e dieci minuti. Tra pochi minuti avrebbe dovuto esserci la fermata alla stazione di Portogruaro. Aprì la sua borsa, vide il pacchetto della gioielleria in fondo ad essa, lo toccò e ripensò allo splendore che esso conteneva. Tolse dalla borsa un giornale di Enigmistica che era solito tenere per usarlo quando aveva voglia di impegnare la mente con qualche cosa che non l’avesse fatto pensare ad altro. Prese dalla tasca interna della giacca una penna e, aperto il giornale incominciò a leggere le definizioni del primo cruciverba che gli era capitato sotto gli occhi. Il destino continuava a giocare con lui ed i suoi sentimenti. Dopo aver risolto alcuni incroci orizzontali e verticali, al sette verticale, formata da sei lettere, trovò la definizione “Città veneta il cui Santo Patrono è Antonio” Padova naturalmente! e più avanti “Il nome della O’Hara, protagonista di via col Vento” Guarda caso, “Rossella”. Sembrava che tutto si mettesse a complottare con lui o contro di lui, che tutto cercasse di pungolare la sua sensibilità o ferire le sue emozioni. La cosa lo lasciò in uno stato di prostrazione, sembrava quasi che le forze lo avessero abbandonato, si sentiva un sacco vuoto. Un solo pensiero lo sosteneva, il dolce volto di Rossella unitamente alla speranza di poterla abbracciare per urlarle il suo represso amore, che voleva, prepotentemente uscire all’aperto e manifestarsi in tutta la sua pienezza e grandezza alla sua amata. Erano le tre, quando il treno ripartì dalla stazione di Mestre, ultima tappa prima di Padova, ultima tappa verso il tanto desiderato cambio di vita, ultima tappa verso la felicità, ultima tappa per chiudere l’oscuro oggi e riaprire un radioso domani. Eugenio si sentì addosso una serenità e una calma che non riusciva a comprendere. Avrebbe dovuto essere ansioso, fremente, agitato nel dubbio e nell’incertezza del suo incontro con Rossella. Avrebbe o non avrebbe scorto dal finestrino del treno che si fermava la sua amata. Forse non sarebbe stato facile distinguerla tra la massa di viaggiatori che si sarebbero assiepati sulla pensilina. Invece no! il suo inconscio lo stava rassicurando, gli 61 infondeva non la speranza, ma la certezza di quell’incontro. Una volta nella vita sarebbe dovuto giungere anche per lui il momento felice. A 31 anni avrebbe iniziato tutto da capo, onestamente, a fronte alta, una vita meno agiata sicuramente, ma più vera, più pura, abbandonando le falsità, le futili e frivole apparenze che l’avevano sino ad ora accompagnato. Cosa aveva costruito sinora? Nulla, solo soldi, parecchi anche, ma, come venivano così se ne andavano. La vita lussuosa e le apparenze di facciata costano care! Ora si trattava di cercare un lavoro, non sarebbe stato facile, data l’età ed il non poter vantare precedenti lavorativi, ma la sua laurea e, comunque, la sua esperienza, avrebbero sopperito alla carenza. Milano, sì Milano! ecco il posto giusto per ricominciare, chi ha voglia di lavorare sodo e non ha paura delle fatiche, trova sempre la sua giusta collocazione e la possibilità, in breve tempo, di avanzare, di migliorare, di crearsi spazi sempre più grandi sia in ambito lavorativo che nella scala sociale. Milano, tra l’altro, era una città che non aveva mai visitato nei suoi precedenti “lavori” e pertanto non avrebbe avuto l’assillo e la paura di essere riconosciuto da qualche suo “cliente”. Guardò l’orologio, erano le 15.38 minuti, il treno probabilmente stava per arrivare alla stazione di Padova. Si alzò, tolse dalla retina la sua valigetta che sistemò accanto alla borsa ed abbassò il finestrino per vedere se si vedesse la città in lontananza. Padova era abbastanza vicina, un paio di minuti e il treno sarebbe entrato nella stazione. La calma che lo aveva accompagnato durante il viaggio cominciava ad abbandonarlo, una stretta allo stomaco si faceva sentire, quasi,dolorosa. - Rossella ci sarai o non ci sarai? Riuscirò a scorgerti subito oppure dovrò cercarti ansiosamente tra la folla? Il treno si avvicinava e l’ansia saliva, aveva già raggiunto la gola, un nodo gliela serrava. La corsa del treno rallentò ed Eugenio, chiuso il finestrino, uscì con il suo bagaglio nel corridoio e, vicino allo sportello del vagone, aprì nuovamente il finestrino. Si affacciò. Il treno stava entrando e si notava, ancora in distanza, la gente assiepata sulla pensilina. Egli cominciò a scrutare alla spasmodica ricerca di un qualche cosa che gli facesse riconoscere Rossella. - Il destino, le premonizioni, le visioni, i sogni esistono – disse tra sé e sé. 62 Dalla massa di persone vide stagliarsi, quasi ad uscire da essa, la silhouette di una ragazza.............. vestita con un vaporoso, leggero vestito rosa.................se la folla fosse stato un prato di tenera erbetta verde e lui fosse stato appoggiato al tronco di un albero e non al finestrino di un treno, avrebbe rivissuto il suo sogno di venerdì sera mentre si stava rilassando nella vasca da bagno dell’Hotel de la Ville. Il treno si avvicinò, sempre più lentamente. I suoi occhi rimasero fissi su quella figuretta rosa. - Sì, sì. sì è lei! Cominciò ad agitare il braccio a mo’ di richiamo, vide lo sguardo della ragazza che, ansiosa, cercava tra le decine di braccia ondeggianti, di rintracciarlo. Il treno si fermò, gli sguardi si intrecciarono, lei sorrise, lui scese e un altro sogno si stava avverando, quello fatto al tavolino del bar di Barcola.......... Rossella gli corse incontro gridando: – Eugeniooooo....... . Con le braccia tese, lo raggiunse, lo strinse ed appoggiò la guancia sulla sua spalla. Questa volta non era un sogno, ma una stupenda realtà ed egli non ebbe paura di staccarla da sé per timore di vederla svanire. Lo fece, lentamente, e fissandola diritto negli occhi, appoggiò le labbra sulle sue, dolcemente, cercando di trasmettere quel profondo sentimento che scaturiva dal suo cuore. Rossella si abbandonò, stringendo ancor di più le spalle di Eugenio. Il bacio durò a lungo, fintanto ché le due guance si unirono in una calorosa testimonianza d’affetto. Ella gli sussurrò all’orecchio: - La sera scorsa sei stato cattivo! Perché dopo avermi detto che credevi di amarmi. hai chiuso il telefono? - Rossella, amore mio, ho avuto paura della tua risposta, mi sembrava impossibile che una cosa così bella potesse capitare a me.......invece.... - Stupidone, non ti eri accorto che giovedì, quando ci siamo lasciati in questa stessa stazione, ero scappata via piangendo...........Ho passato, fino alla tua telefonata, dei momenti terribili, ero certa che per te fosse solo un diversivo ai tuoi continui viaggi in treno e basta, invece per me.......... - Certo che sì! mi ero accorto! Però anch’io ho avuto le tue stesse paure. Ma tutto ciò non ha più importanza, ora siamo qui, uno accanto all’altra per non lasciarci più! Si staccarono dall’abbraccio, egli la prese sotto braccio e con il bagaglio nell’altra mano si avviarono verso l’uscita. Fatti due passi, Eugenio si fermò, si girò verso un gruppo di persone e disse: 63 - Ciao Ennio, buona fortuna a te, io ne ho avuta tanta, non ci rivedremo più! - Con chi stai parlando? Chi saluti? - Oh! niente, è stato un mio compagno di viaggio, abbiamo tanto parlato e discusso, opinioni divergenti, succede, ed ora ognuno per la sua strada. Io la mia l’ho trovata, accanto a te! Adesso usciamo e tu mi farai da Cicerone. Andiamo, prima di tutto, in un bar a prendere qualche cosa per celebrare e festeggiare questo splendido momento. Mi sento felice, sono al settimo cielo! - Oh! caro, sono tanto felice anch’io. Non so chi sia questo Ennio che hai salutato, ma se non la pensa come te, hai fatto bene! I tuoi modi, i tuoi gesti, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti sono così buoni e gentili che chi non ha le tue prerogative non può aspirare ad esserci amico. 64 Capitolo 6 Uscirono dalla stazione, sempre a braccetto, lentamente quasi a voler fermare il tempo e rimanere così in questa prima, dolce realtà. Egli tolse il braccio da quello di Rossella per prenderla delicatamente e affettuosamente, cingendole le spalle. Automaticamente lei, con il braccio liberato, prese lui intorno alla vita. Il contatto era migliore e loro si sentirono bene, tant’è che lei chinò leggermente il capo sino ad appoggiarlo sulla sua spalla. Camminarono in silenzio, con i loro pensieri, con i loro sogni, quasi timorosi di rompere quell’incantesimo. Fatta alcune centinaia di metri arrivarono davanti ad un bar dove, all’esterno, contornato di fioriere con piante verdi piuttosto alte, c’era un delizioso angolino con dei tavolini. Si sedettero, uno accanto all’altra, ed Eugenio chiese: - Cosa prendi cara? - Non so, e tu di che cosa hai desiderio? - Sono ormai le 16.20 ed io, a parte la colazione di stamattina, non ho preso nulla. Credo che prenderò, se ce l’hanno, un buon toast o un panino ed una birra. E tu hai fame? Sorridendo Rossella confermò: - Sì adesso ho fame anch’io. Per l’emozione, la paura di far tardi in stazione, tutta la situazione insomma, al cibo non ci ho nemmeno pensato ed anch’io sono praticamente digiuna da stamattina. Il cameriere arrivò, salutò i due piccioncini e con un blocchetto in mano si rivolse loro: - Prego signori, cosa posso servire? - Si potrebbe mangiare qualche cosa? Non abbiamo fatto colazione ed abbiamo un po’ di appetito. Magari dei toast o dei panini.......... - Abbiamo anche il servizio di cucina, ma a quest’ora, per quanto riguarda i primi piatti, è chiusa. Comunque oltre ai toasts ed ai panini, se avete piacere, posso servirvi una bistecca con insalatina, una milanese con patate fritte oppure dell’arrosto di vitello con i piselli, oltre, s’intende, il dessert. - Ottimo, allora cosa prederesti Rossella? - Mi è venuta una gran fame, gradirei una bella bistecca ai ferri. 65 - Benissimo, allora ci porti due grosse bistecche ai ferri con l’insalatina, un po’ di vino rosso e dell’acqua minerale. Grazie! - Grazie a lei signore, il tempo di accendere la piastra e le bistecche sono pronte. Le preferiscono al sangue, cotte o ben cotte? Le gradiscono con qualche salsetta d’accompagnamento? - Per me leggermente al sangue e se ci sono delle salsette piccanti le gradirei. Tu Rossella come vuoi la carne? - Anche per me uguale, grazie. - Vado e torno, con permesso, signori. Eugenio prese le mani di Rossella e le strinse dolcemente tra le sue: - Devo toccarti perché temo di essere ancora in un sogno. Da quando ci siamo salutati a Padova prima che io andassi a Trieste, quattro o cinque volte ti ho rivista nei miei pensieri, anche di giorno, per strada, seduto al tavolino di un bar. Dapprima apparizioni fugaci del tuo volto sorridente, poi sempre più lunghe ed insistenti ed è li che ho capito che tu ormai facevi parte di me, che non dovevo e non volevo perderti, che eri diventata lo scopo della mia vita. Ho giurato che se oggi ti avessi ritrovata alla stazione, come grazie a Dio è avvenuto, avrei cambiato tipo di vita e di lavoro. Ho giurato che non avrei più fatto l’uomo d’affari in giro per l’Italia, ma che avrei trovato un lavoro fisso in modo da poterti stare vicino. Eugenio vide i begli occhioni di Rossella lucidi lucidi e dall’angolo uscire una lacrima che, lentamente, scendeva lungo la guancia. - Io pure da quando ci siamo lasciati, non ho più toccato un libro, ho pianto tanto dalla paura di non rivederti più. Le mie due compagne d’appartamento, hanno cercato di consolarmi dicendomi che se tu fossi stato solamente la metà di quello che io ti avevo descritto loro, entro brevissimo tempo ti avrei rivisto, altrimenti voleva dire che non mi meritavi. La ragazza scoppiò in un pianto liberatore che era pure di gioia, ritrasse le mani per prendere dalla borsetta un fazzolettino. Eugenio la prese per le spalle e l’avvicinò a lui e facendole appoggiare la fronte sulla sua spalla, cominciò ad accarezzarle i capelli lentamente e dolcemente in un gesto d’affetto, liberatorio e di conforto. Arrivò il cameriere con il vino, l’acqua minerale e le insalate, si fermò un attimo: - Posso?........ Su signorina si vede tre ore lontano che sono lacrime d’amore, forza, tiri un bel sospiro e coccoli questo fortunato giovanotto. Dopo aver mangiato la bistecca 66 il mondo lo vedrà sotto un’altra luce e scapperete via verso la felicità. Tanti auguri! Rossella, si asciugò gli occhi e accennò un sorriso al cameriere guardando, con gli occhi rossi, il suo bell’innamorato. - Basta piangere! D’ora in poi solo allegria e risate, il brutto è passato, il temporale è finito, la tempesta è stata breve. D’ora in poi il sole radioso illuminerà la nostra vita. OK? Promesso? - Quanto sei dolce e comprensivo, mi sento veramente felice e soddisfatta, oggi è un giorno che rimarrà scolpito nel mio cuore come il giorno più importante della mia vita. Il giorno in cui ho capito e scoperto che il Vero Amore, quello con la “A” maiuscola esiste veramente, ed io mi sono sentita pervasa da questa grande felicità, per questa gioia immensa. Si avvicinò a lui e gli diede un dolce bacio, ricambiato con la stessa dolcezza. Eugenio versò un po’ d’acqua minerale nei due bicchieri: - Beviamo un sorso, ci tirerà su lo spirito, dopo di che un sorso di vino ci metterà addosso la giusta allegria per finire bene la giornata. In quel momento giunse il cameriere con le due belle bistecche fumanti e nel servirle disse: - Mi sono permesso di aggiungere sopra la bistecca un croccante uovo “all’occhio di bue”. Vedrete dopo questo pasto avrò il piacere di leggere la serenità sui vostri volti. Veramente........ buon appetito! - Grazie – risposero all’unisono – che belle, che bell’aspetto, che invitanti, senti che profumo........all’attacco! Quando la fame, unita all’emozione e alla felicità si sommano, il mondo circostante sparisce e la battaglia ingaggiata con la forchetta ed il coltello affondati nello spessore della carne diventa la cosa principale in quel momento e assaporare il cibo in una lenta masticazione diventa un rito. Giunti che furono a metà della bistecca, si guardarono negli occhi e in un sol colpo si misero a ridere, sempre più intensamente e simultaneamente in un crescendo che terminò con un grosso sospiro e un rilassamento di tutto il corpo adagiato sullo schienale delle seggiole. Il ghiaccio era rotto, le ansie erano passate, i tormenti ed i crucci pure. La serenità e la gioia, finalmente, si erano impadronite dei due giovani amanti che, riprendendo la conversazione, finirono il loro pasto pomeridiano tra sorrisi e battute scherzose. - Che cosa hai deciso di fare Eugenio, riparti oggi o ti fermi per un po’? 67 - Veramente pensavo di ripartire oggi, però essendo domani domenica, anche se andassi a casa, non potrei sbrigare le mie incombenze. Partirò domani pomeriggio, sei contenta? - Non contenta, felice, così potremo stare insieme ancora una giornata. - OK! approvato, adesso pago il conto e andiamo a cercare un piccolo albergo dove sistemarmi per questa notte, che sia relativamente vicino alla tua abitazione così domani ci potremo vedere presto. - Ma che albergo, ti prego! Nell’appartamento, che divido con le altre due ragazze, in soggiorno c’è un divano letto che, alternativamente, usiamo quando vengono a trovarci i rispettivi genitori. Ora è libero perché non abbiamo nessuno. Parlo io con le ragazze, così avrò anche il piacere di presentarti alle mie compagne di studi. - Non vorrei disturbare, in primo luogo, e poi non vorrei che le male lingue dei vicini avessero a dire che porti un uomo in casa, per la tua reputazione e quella delle tue amiche. - Non pensarci minimamente, se alle mie amiche va bene, deve andare bene a tutti. Pagato il conto, con i ringraziamenti e gli auguri del cameriere, Rossella ed Eugenio ripresero il cammino lungo le vie di Padova per recarsi all’abitazione di lei. Strada facendo, passarono dinanzi allo storico “caffè Pedrocchi” e Rossella glielo fece notare. - Ne avevo tanto sentito parlare, ma non ho mai avuto l’occasione di visitarlo, vuol dire che domani andremo a prendere l'aperitivo prima di pranzo e così l’ammirerò. Girato l’angolo, fecero alcune centinaia di metri ed arrivarono davanti la casa in cui le ragazze avevano affittato l’appartamento. Via Mantica n° 3. Un bel palazzo d’epoca, una casa signorile in centro. Di fronte sorgeva l’imponente palazzo della Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Padova. - Eccoci arrivati, noi abitiamo al terzo piano. Suono il campanello per annunciare, se sono in casa, che stiamo arrivando. Preso l’ascensore giunsero al pianerottolo e una bella brunetta era sulla soglia aperta dell’appartamento che li attendeva. - Ciao Gisella, siamo noi! Eugenio, questa è la mia compagna Gisella Moro, che fa il quarto anno di architettura e questo è il mio........ amico, Eugenio Della Noce che fa l’uomo d’affari. Entrando nell’appartamento Rossella chiese: - C’è anche Fulvia? 68 - No, non ancora, ma dovrebbe rientrare tra poco. Molto lieta Eugenio, Rossella ci ha parlato tanto di lei che mi sembra di conoscerla da una vita. Però, complimenti Rossella, è veramente un bel ragazzo, avevi ragione! Eugenio, sorridendo, disse: - Mi sarebbe piaciuto poter sentire cosa vi raccontava di me la mia Rossella, certamente avrà esagerato. - Ah! ma allora è vero – incalzò Gisella - ....la mia Rossella......allora ci siamo! Le speranze, i desideri, i sospiri, le ore insonni di Rossella hanno funzionato. E’ sbocciato, è nato, è fiorito il grande amore. Gisella, corse incontro a Rossella, l’abbracciò forte forte, quasi gridando esclamò: - Sono felice per te, tanti e tanti auguri, che tutto possa filare liscio per entrambi e che l’amore non vi abbandoni mai. Venga Eugenio, venga qui, che possa abbracciare tutti e due. Quando Eugenio si avvicinò e tutti e tre commossi erano abbracciati, si aprì la porta ed apparve Fulvia, che restò immobile e attonita sulla soglia, a quella vista. - Cosa succede qui? Cosa si festeggia? Chi è quel bel ragazzo? Perché vedo occhi lucidi? Volete spiegarlo anche a me? - Fulvia, cara amica mia, ti presento Eugenio, il mio ragazzo, avevi ragione tu! E’ venuto da me e mi vuole tanto bene........anche di più! - Ohhh! finalmente, se non veniva lei qui a Padova, sarei venuta io a cercarla, non ne potevamo più........Eugenio di qua, Eugenio di là, tutto il giorno, ieri, non parlava che di lei, di com’era, di come parlava, della sua cultura, della sua eleganza, del suo aspetto, degli occhi, delle mani....... sembrava che nell’appartamento fossimo in quattro, come adesso. Comunque, devo dire che Rossella aveva ragione, l’ha descritta perfettamente e ne sono contenta per la mia amica e anche per lei Eugenio, Rossella è una gran brava ragazza! - Ragazze mie, mi sento imbarazzato! Nel lavoro che facevo ho dovuto affrontare situazioni impreviste di tutti i tipi, ma mai mi sono trovato così, assalito da lodi e complimenti che, in fondo in fondo non credo di meritare. Rossella stringendosi al braccio di Eugenio si rivolse alle sue amiche: - Sapete, lui ha deciso di cambiare lavoro per potermi stare più vicino e non assentarsi in viaggi per l’Italia che, anche se per un paio di giorni, l’avrebbero tenuto lontano da me. Anche questo è amore! Ma hai deciso cosa farai? - Sì, lunedì mattina, dopo sistemate alcune cose a Livorno, partirò per Milano dove mi attendono alcuni colloqui 69 di lavoro per scegliere quello che più si adatterebbe al mio carattere ed al mio modo di pensare e, perché no, anche al migliore dal punto di vista economico. Tutto questo avverrà se Rossella mi promette formalmente di riprendere lunedì gli studi e laurearsi nei tempi previsti. Dopo di che si potrà pensare e decidere la data del matrimonio ed il suo trasferimento nella città in cui prenderò servizio che non è detto debba essere necessariamente Milano.......... Ah! sempre che lei voglia sposarmi, ben inteso! Rossella rimase muta, con la bocca semi aperta, con gli occhi sgranati e lucidi dall’emozione, quasi incredula nel sentire una dichiarazione pronunciata dinanzi a delle estranee, anche se amiche, come fosse una cosa scontata e già nota al mondo intero. - Evviva, evviva – gridarono Gisella e Fulvia – noi vogliamo essere le damigelle di Rossella e tenerle ben sollevato il lungo velo a strascico accompagnandola all’altare. Fulvia, presa dall’eccitazione, si rivolse agli innamorati: - Su, datevi un bacio d’impegno, di vincolo, di patto e di promessa che sancisca la vostra unione! Rossella si volse lentamente verso Eugenio con un sorriso radioso, un po’ rossa in viso, trattenendo il respiro si fece abbracciare e baciare dal suo uomo. Il bacio durò a lungo, tanto che le amiche si girarono per non invadere la privacy dei due innamorati e si allontanarono dirigendosi verso le rispettive stanze, quando la voce di Eugenio, leggermente affannata le chiamò: - No! vi prego non andatevene, il momento è solenne e come tutti i momenti solenni deve essere ufficializzato in tutti i suoi aspetti, anche con i testimoni. Le ragazze si fermarono, si girarono, pur rimanendo stupite e distanti, mentre lui si rivolse alla sua amata prendendole teneramente il viso tra le mani: - Rossella vuoi sposarmi? - Certo che sì! Lo voglio con tutto il mio cuore e tutta me stessa! Eugenio le diede un leggero bacio, l’allontanò da lui e andò vicino al divano dove aveva appoggiato la valigia e la borsa. Presa quest’ultima, l’aprì, vi infilò la mano e trasse la scatoletta finemente confezionata dalla signora Huber. Sciolse il fiocchetto, tolse la carta ed aprì la scatoletta: - Rossella, accetta questo anello in pegno del mio amore con la promessa che mai ti deluderò, mai ti abbandonerò e che cercherò, nel limite delle mie possibilità, di non farti mancare nulla, per tutta la vita. 70 Aprì l’astuccio ed apparve quella meraviglia d’anello che esso conteneva. Rossella si mise a piangere senza freno non riuscendo ad emettere alcun suono dalla gola strozzata dalla sorpresa, dall’emozione, dalla gioia. Le amiche lanciarono un urlo: - Dio mio! – gridò più forte Fulvia - Rossella, guarda, è pazzesco, è immenso, è di uno splendore, una lucentezza, una luminosità, un fulgore grandioso. E’ l’anello per una regina!!! Eugenio prese l’anello e delicatamente lo infilò all’anulare della mano tremante di Rossella che, dopo averlo ammirato al dito per qualche istante si avvinghiò al collo di lui sussurrando: - Matto! pazzo! che cosa hai fatto! avrai speso una fortuna! Non dovevi, ..........bastava un piccolo segno,............. per me sarebbe già stato una cosa grande........ma questo è un anello principesco! Devo chiamare i miei genitori e raccontare loro cosa è successo, così all’improvviso.......... Mia madre, alla notizia, o andrà in svenimento o farà salti di gioia, chissà? Comunque vorranno conoscerti! - Sicuramente, è logico, ma con calma ti prego. Ora tu devi pensare a finire gli studi, io devo sistemare parecchie cose, dopo di ché farò volentieri la loro conoscenza, magari durante una bella festa in famiglia per ufficializzare il fidanzamento e decidere assieme la data delle nozze. Va bene così? - Sì, sì, va bene, sono ancora tutta agitata, non posso credere che sia io la fortunata. Ma pensate, amiche mie, che fortuna essere andata a casa ed essere rientrata proprio quel giorno che Eugenio era in viaggio nella stessa direzione. Il destino, c’è poco da dire, ha un ruolo importante nella vita di ognuno di noi. L’atmosfera, da tesa ed emotiva che era, si stava rasserenando. Bisogna dire la verità, Gisella e Fulvia erano veramente delle amiche sincere che avevano partecipato affettuosamente e con gioia alla felicità della loro compagna Rossella. Si sedettero nel soggiorno mentre Eugenio rivolto alle tre fanciulle disse: - Ci vorrebbe dello champagne per brindare, ma in mancanza, anche un bel bicchierone di acqua minerale andrebbe bene, forse anche meglio perché l’alcol non sempre aiuta. Ne avete? - Sì, ma c’è anche Coca Cola e aranciata,– disse scherzando e ridendo Gisella – vado di là a prendere le bottiglie ed i bicchieri. Ritornata che fu con le bibite, Fulvia si alzò in piedi esclamando: 71 - Non accetto discussioni! Ormai è ora di cena. Scendo dabbasso in pizzeria, a prendere quattro belle pizze e quattro dolci ché dobbiamo festeggiare. - Ma Fulvia, sempre così generosa tu – rispose Rossella - semmai dovremmo essere noi ad offrire. Piuttosto ragazze volevo chiedervi una cosa, posso far restare Eugenio, solo per questa notte, sul divano dato che è libero? - Ci mancherebbe altro! – esclamò Gisella – se non lo chiedevi tu, te l’avrei proposto io. Voi non offrite nulla, siete i festeggiati, gli ospiti d’onore, anche se tu Rossella paghi la quota di pigione di questo appartamento! Poi ci vuole un uomo che protegga e sorvegli quel tesoro che porti al dito – disse sorridendo. La serata passò in allegria e le ore trascorsero in men che non si dica, allorquando udirono in distanza i rintocchi di un orologio di qualche campanile che scandivano le 23. Controllando l’orologio da polso, Eugenio confermò l’ora e propose di andare a riposare. Chiese riscontro ad un suo programma per l’indomani: - Dopo colazione, domani mattina, Rossella ed io potremmo andare un po’ a zonzo per Padova. Appuntamento con voi ragazze alle 12.45 al Caffè Pedrocchi per prendere l’aperitivo e potervi salutare con a un ben presto rivederci. Poi nel primo pomeriggio prenderò il treno per Firenze e da lì a Livorno. OK? approvato? In un consenso generale si scambiarono la buona notte e andarono a dormire. La domenica mattina trascorse fin troppo velocemente per i due innamorati. Dopo aver bevuto, assieme a Gisella e Fulvia, l’aperitivo promesso, Eugenio salutò cordialmente le amiche e con Rossella si avviò lentamente verso la stazione per prendere quello stesso treno rapido che, il giorno prima, l’aveva condotto al punto di partenza della sua nuova vita. Per i due innamorati il tempo passava tanto velocemente che le 15.45 giunsero in battibaleno. Un ultimo bacio appassionato sul fischio del treno che stava muovendosi, un salto sul vagone con il suo bagaglio urlando: - Domani ti chiamo e ti so dire come prosegue il tutto. Studia mi raccomando! - Te lo giuro! Voglio fare una bella laurea, per te! Te lo meriti! A presto amore! Il treno prese velocità mentre gli occhi, sempre più lontani, si cercavano in un disperato tentativo di non perdere l’immagine. Eugenio s’incamminò lungo il corridoio alla ricerca di uno scompartimento vuoto. Aveva bisogno di pensare, di 72 riflettere, di progettare, di programmare e non voleva essere disturbato da qualche viaggiatore chiacchierone. In uno scompartimento vide seduto un prete da solo che leggeva un grosso volume con la copertina nera, entrò: Buongiorno reverendo, posso? - Good morning, sir, sit down please. - Thank you very much, but J am sorry, my English is not so good. Is scholastich English! - Never mind! J am reading! - Ottimamente - pensò Eugenio – ha detto che non importa, che sta leggendo. Potrò chiudere gli occhi e riflettere sui miei programmi, in silenzio ed avere la mente concentrata. Si sedette comodamente, dopo aver sistemato la valigia e la borsa sulla retina. Per un attimo guardò fuori dal finestrino lo scorrere veloce dello stesso paesaggio visto quattro giorni prima ma nell’altro senso di marcia. Appoggiata la testa sullo schienate, chiuse gli occhi. Per un momento pensò che doveva essere come Giuseppe Nardi, il fabbricante di salumi, che dormiva nell’angolino della carrozza. Solamente che Nardi dormiva perché era stanco del lavoro, mentre Eugenio non dormiva affatto, teneva gli occhi chiusi per riflettere meglio e non essere distratto dalle visioni che lo circondavano. La prima cosa da farsi, l’indomani mattina, era regolarizzare la sua posizione con il sig. Huber! Non poteva assolutamente cominciare la nuova vita con un raggiro. L’anello che aveva donato a Rossella doveva essere puro e onesto e non frutto della passata vita. Dell’esistenza di Ennio che aveva allontanato, anzi, cacciato da lui definitivamente non doveva restarne traccia! L’unica cosa da fare era andare nella sua banca, prelevare il prezzo pattuito per l’anello, andare in un ufficio postale e fare un vaglia telegrafico a favore dell’Oreficeria Huber di Trieste e quale mittente indicare Ennio Rossi – Milano – e nello spazio riservato alle comunicazioni del mittente avrebbe scritto: Saldo fornitura anello. Erano buone le pastine? Scusi l’accaduto! Ennio Rossi (oggi morto) Prelevando le 485.000 lire, poco contante gli sarebbe rimasto, avrebbe quasi prosciugato il conto corrente. Meglio così, d’ora in poi i soldi versati sarebbero stati soldi onesti, frutto di un lavoro che lo avrebbe impegnato quotidianamente, faticosamente: pranzi nella mensa aziendale; spostamenti in tram o al massimo in macchina; niente più abiti di grandi sarti e biancheria d’alta moda con scarpe rigorosamente di Varese, cravatte in pura seta. Non 73 più Grand’hotels, ristoranti con maitre e sommelier. Senza rimpianti! Finalmente una vita serena! Una famiglia, uno scopo nella vita, una moglie affettuosa da amare e proteggere e, chissà ............. dei figli da crescere! Viva l’onestà, viva la vita , viva la felicità e l’amore. Con questa frase, ben stampata in mente, Eugenio cedette al sonno ristoratore e rivitalizzante che l’avrebbe condotto, al suo risveglio, ad intraprendere assieme alla sua Rossella il duro, ma felice ed onesto cammino della vita: 74 Capitolo 7 – la conclusione Siamo il 7 Giugno 1985, sono trascorsi 34 anni dal giorno in cui Eugenio conobbe Rossella e poco più di 31 anni dal loro matrimonio. Eugenio ha 65 anni e Rossella 59, sono sposi felici, genitori altrettanto felici e da tre mesi anche nonni, ancor più felici! Eugenio, tra un paio di mesi, andrà in pensione per raggiunti limiti di età. La sua visita a Milano del 11 giugno del 1951 ebbe esito positivo e, guarda caso fu assunto in un’industria dolciaria che non era la Botta, di cui Ennio presentava i biglietti da visita, ma una altrettanto importante in campo sia nazionale che mondiale. Essendo laureato in giurisprudenza, iniziò presso l’ufficio legale della Ditta quale responsabile del recupero crediti, ma ben presto date le sue doti innate per il mondo degli affari, passò nell’amministrazione e salendo la scala gerarchica oggi è “Direttore Responsabile Amministrativo”. Chissà se il destino gli aveva riservato questo privilegio quale premio per la sua abilità o a monito e ricordo di un passato che Eugenio era stato capace di ripudiare per amore della sua Rossella. Non lo sapremo mai! Rossella, aveva presentato la sua tesi nei tempi prefissati e si era laureata a pieni voti tra i complimenti del relatore e del corpo accademico che ritenne di assegnare la “menzione” all’opera trattata sia per la perfezione della ricerca sia per l’argomento impegnativo. Verso la fine del 1953 si unirono in matrimonio nel duomo di Arezzo e Rossella si trasferì a Milano. Data la sua particolare tesi di laurea, ebbe facilità di entrare nel locale policlinico dove, ora, ricopre la carica di aiuto primario. 75 Nacquero due figli di cui uno, il maggiore, nel 1982 convolò a giuste nozze ed ora ha fatto diventare nonni i due innamorati del 1951. .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- Questa storia vuol far evidenziare come “le apparenze ingannano”. Apparentemente Ennio era una persona per bene, in realtà era un lestofante. L’episodio raccontato, di cui tratta la parte centrale di questo racconto, è realmente accaduta anche se i nomi dei personaggi, i luoghi e i tempi sono stati parzialmente e volutamente distorti per romanzare l’episodio. In realtà il colpo messo a segno è stato fine a sé stesso e certamente il povero gioielliere fu abilmente raggirato e non fu certamente risarcito da un Eugenio ravveduto. E’ bello pensare però e sperare che anche tanti altri Ennio vengano sostituiti da tanti altri Eugenio e che il bene e l’amore trionfino sul male. Prendiamo tutti come impegno che “le apparenze non devono più ingannare” e il domani per i nostri figli, nipoti e pronipoti e così via per secoli e secoli, sia sereno, felice, fulgido, e che il “Male”, scusate, Ennio non possa mai più dominare l’Eugenio del momento. LA REALTA’ E’ EUGENIO L’APPARENZA.......ERA ENNIO 76 MA CHI E’ SALVO? CAPITOLO 1 Il dottor Luigi Barberini era titolare di un noto studio commercialista di Padova dove appunto lavorava e risiedeva con la moglie Giulia Favarato, anche lei laureata, ma in chimica. La signora non aveva messo a frutto i suoi studi in quanto non aveva mai lavorato in campo farmaceutico, ma saltuariamente dava una mano al marito, nei periodi più burrascosi in prossimità delle scadenze fiscali, quando tutto lo studio, che vantava una decina di collaboratori, non ce la faceva a seguire la mole di lavoro accumulatosi. Si erano sposati poco più di un anno dopo il conseguimento da parte di Luigi della laurea e a Giulia mancavano ancora tre esami e la discussione della tesi, avvenuta poi regolarmente nei tempi previsti. Per loro la situazione era stata abbastanza favorevole poiché anche il padre di Luigi era un commercialista ed aveva uno studio molto ben avviato. Il padre l’aveva assunto e avviato alla carriera con l’intenzione di cedergli lo studio dopo aver superato l’esame di stato e conseguita l’abilitazione. Si potrebbe affermare che, a parte l’abilità e l’intelligenza di Luigi, aveva avuto la strada spianata per poter raggiungere, alla sua età, una posizione sociale così elevata. Per scelta, non avevano ancora avuto figli, essendo entrambi relativamente giovani, infatti lui aveva da poco compiuto i trentatre anni, mentre Giulia ne aveva trentuno. Avevano ancora voglia, nei pochi momenti liberi che la professione concedeva loro, di divertirsi con brevi vacanze sia da soli che con gli amici di sempre. Essi erano l’ingegner Mario Galeazzo, titolare di una consolidata ed affermata impresa di costruzioni e sua moglie Maria Luisa Cerutti. Mario e Maria Luisa erano coetanei e solamente un paio d’anni più anziani di Luigi e Giulia. Avevano un bel maschietto di quattro anni e spronavano gli amici di continuo affinché dessero un amichetto al loro Sergio Maria Luisa era l’unica non laureata del gruppo. Dopo aver conseguito il diploma di geometra, si era iscritta all’università, aveva conosciuto Mario e il classico amore a prima vista o colpo di fulmine 77 che si voglia dire, aveva contribuito ad accelerare i tempi delle nozze. Essendo Mario, ancora studente, Maria Luisa, oltre ad accudire la casa, era andata a lavorare presso uno studio di progettazione con un contratto di formazione lavoro. Lo stipendio non era certamente sufficiente a garantire un decoroso tenore di vita, ma con l’aiuto dei rispettivi genitori, che in un primo tempo avevano disapprovato un matrimonio così precipitoso, anche perché non si trattava di un matrimonio riparatore, le cose erano andate abbastanza bene. Studiando intensamente di giorno e gran parte della notte, Mario aveva conseguito la laurea in ingegneria con il massimo dei voti e con sei mesi d’anticipo sul piano degli studi. Questo risultato aveva fatto sì che alcuni studi professionali avessero richiesto immediatamente la sua collaborazione. Mario aveva accettato l’offerta sembratagli migliore, anche perché, correttamente, aveva messo al corrente i datori di lavoro della sua intenzione, una volta terminato il praticantato, di sostenere l’esame per esercitare la libera professione, iscrivendosi all’albo degli ingegneri e creare un impresa di costruzioni onde permettergli di mettere a frutto i suoi studi. Con una certa periodicità, le due coppie si riunivano a casa di uno o dell’altro, per passare alcune ore assieme. Erano tanto affiatati, solo raramente estendevano gli inviti ad altre persone se proprio non erano costretti da doveri di società o di rappresentanza inerente le rispettive professioni. Era una domenica pomeriggio di gennaio quando i quattro amici, con il piccolo Sergio, si ritrovarono in casa Barberini. Maria Luisa, come sempre, stava pungolando l’amica Giulia, spronandola perché si decidesse ad avere un bambino. Questa volta, in un primo momento ci rimase quasi male, per poi passare con dei gridolini ad una gioia immensa, quando Giulia le confermò la loro decisione nel pensare ad una sua prossima gravidanza. Gli abbracci, i baci e le lacrime si sprecarono tanto da far spuntare i fazzoletti per soffiare il naso ed asciugare gli occhi. - Bravi, bravi, era ora! - disse Mario - la famiglia senza figli è un famiglia vuota. Anche noi pensiamo di “regalare” un fratellino od una sorellina a Sergio. Egli ha infatti l’età giusta, essendo già abbastanza indipendente, non impegnerebbe troppo Maria Luisa nel difficile compito di madre. Mentre Luigi stappava una bottiglia di champagne, per festeggiare, propose agli amici di programmare, come sempre, per febbraio, una settimana sulla neve. Luigi doveva scegliere quel periodo essendo al di fuori delle scadenze fiscali, importanti per il suo lavoro. Quest’anno avrebbero potuto sciare parecchio assieme perché Sergio aveva l’età giusta per iniziare la scuola sci, così tra giochi e lezioni, avrebbe occupato tutta la mattinata. 78 Poiché l’anno prima si erano trovati molto bene a Madonna di Campiglio, sia come località sciistica che come albergo, decisero di ritornarci, nella speranza di trovare due stanze libere. - Ci saranno, ci saranno, stai tranquillo – replicò Mario – l’albergo è un quattro stelle e con i prezzi praticati , sarà più facile trovare posto lì piuttosto che in una pensione familiare. Per noi va bene, te ne occupi tu o preferisci faccia io la telefonata? - Chiama pure Mario, l’avevi contattato e prenotato tu l’anno scorso, quindi si ricorderanno più facilmente del tuo nome, il mio potrebbero non rammentarlo. Per il mio lavoro preferirei, se possibile, la settimana che va da sabato 14 a sabato 21 febbraio, dopo, avrei delle difficoltà perché incominciano le incombenze di marzo. Il pomeriggio trascorse in allegria, elaborando progetti, ricordando le varie discese già provate e quelle nuove da fare sulle piste. Studiarne la difficoltà, che per degli sciatori occasionali come loro, i quali riducono la loro esperienza sulle nevi a soli sette giorni all’anno, era una grossa impresa. Sergio era incollato al televisore per guardare i cartoni animati trasmessi dal Disney Channel, ma nel frattempo era arrivata l’ora di salutare gli amici e fare rientro a casa. Mario guardò l’orologio e sentenziò: - Maria Luisa, Sergio, su andiamo è ora di rientrare a casa per cenare. - Se avete piacere - disse Giulia - avrei preparato del brasato. Il tempo di preparare la polenta così mangiamo un boccone assieme, che ne dite? - Ottima idea - confermò Luigi - ho un Dolcetto d’Alba per accompagnare il brasato. Fa proprio al caso nostro! Stiamo ancora un po’ assieme, vedrete, non faremo tardi. - Tra di noi non facciamo certamente dei complimenti - replicò Maria Luisa - se, come vedo, avevi tutto predisposto, ci fermiamo volentieri………poi il brasato con il Dolcetto è un invito troppo allettante. Scoppiarono tutti in una sonora risata che fece trasalire e distogliere dalla sua concentrazione pure il piccolo Sergio. Mentre la padrona di casa si ritirava in cucina per le incombenze del caso, Luigi si avvicinò all’angolo bar per cimentarsi nel preparare l’aperitivo non molto alcolico, ovviamente, in quanto le signore non l’avrebbero gradito. Preparò uno “champagne cocktail” accompagnato da qualche salatino. Terminata l’improvvisata cena, gli uomini bevvero il caffè accompagnato da una buona grappa e gli amici scambiarono alcune opinioni sui fatti del giorno appena appresi dal telegiornale. Sergio, non avendo più i cartoni animati, si stava annoiando e cominciava ad accennare i primi sintomi del sonno. Maria Luisa e Mario, si congedarono dagli amici ospiti, ringraziando per lo splendido pomeriggio trascorso e rinnovando le congratulazioni per la decisione presa di avere un bambino. 79 Rimasti soli, Luigi aiutò la moglie a sparecchiare portando piatti, bicchieri e stoviglie in cucina e dando una sistemata alla camera da pranzo e al salotto. Dal salotto, parlando a voce alta verso la cucina, il marito si rivolse alla moglie: - Forse hanno ragione loro, ci manca qualche cosa, ci mancano i bambini da mettere a letto per concludere la giornata. - Piano,….. calma,……. i bambini! Pensiamo per intanto al figlio che verrà, poi si vedrà, non parlare già al plurale. Dovrò prima vedere come sarò e se sarò una buona e brava madre. E’ un compito difficile anche se è innato in ognuna di noi lo spirito materno, però si sentono tante brutte cose alla televisione o si leggono sui giornali. E’ naturale avere dei timori. - Ma cosa dici mai, buona come sei, con lo spirito nobile che ti ritrovi, sarai una madre meravigliosa, ne sono proprio certo. Del resto gli stessi tuoi timori , palesano in te una persona responsabile la quale sa e capisce cosa vuol dire mettere al mondo dei bambini, cosa vuol dire essere mamma e la responsabilità che tutto ciò comporta. Nel frattempo Giulia era rientrata in salotto e si era seduta sul divano, accanto al marito, - Ti ringrazio per la fiducia riposta in me ed in cuor mio spero e voglio essere una buona moglie prima e una buona madre poi. Certamente, già da subito, insegnerò ai miei figli la rettitudine, la bontà, l’onestà ed il rispetto per il prossimo dando loro tutto il mio amore e facendoli crescere in un ambiente sano e sereno. - Tu prima mi avevi rimproverato quando avevo parlato di bambini, avevi detto piano, piano, ma ti sei accorta? Anche tu parli al plurale! Del resto viene naturale, io sono convinto che il figlio unico, possa essere un figlio infelice, pertanto, a mio avviso, meglio averne tre piuttosto di uno solo. I loro sguardi si fissarono sul televisore acceso, ma nessuno dei due, sicuramente, seguiva la trasmissione, la loro mente era rivolta altrove, in pensieri ben più profondi ed impegnativi destinati a segnare e programmare il loro futuro. Il mattino seguente, dopo colazione, Luigi salutò affettuosamente la moglie e si diresse in centro dove aveva l’ufficio. La vita, il solito tran-tran riprendeva, bisognava concentrarsi sul lavoro che, tra l’altro, non ammetteva errori. Entrato nello studio, i suoi dipendenti erano già al lavoro. La segretaria lo seguì nel suo ufficio per informarlo della richiesta del signor Fulvio Aquilante per avere un appuntamento ed ella glielo aveva fissato per le ore11. Luigi cercò di ricordare chi fosse questa persona il cui nome non gli diceva nulla e chiese: - Gioia, non ricordo proprio questo nome, chi è? 80 - Pensavo lo sapesse lei dottore! Era così sicuro nel chiedere l’appuntamento e nel dare il suo nome … pensavo avesse già avuto un abboccamento con lei. - No, assolutamente no, mai sentito nominare. Speriamo non sia una persona abituata a far perdere solo tempo con dei problemi di impossibile soluzione. Se saranno situazioni difficili da risolvere, per me va bene, ciò mi stuzzica e mi piace, altrimenti educatamente lo inviterò a rivolgersi altrove. Altre cose per oggi? - Al momento no. Se riceverò delle telefonate, come al solito, le filtrerò e se interessanti gliele passerò. Se non c’è altro dottore, torno di là. - Vada, grazie, se avrò bisogno la chiamerò. Ah sì! Se dovesse chiamare l’ingegner Galeazzo, me lo passi subito. Il tempo passò velocemente, quando l’interfono emise il suo segnale di chiamata. – Sì mi dica! - Dott. Barberini, sono le 11 e c’è qui il signor Aquilante, lo faccio passare? - Certamente! Venga pure! Si alzò dalla sua poltroncina per ricevere il visitatore. Gioia aprì la porta e fece passare il cliente. - Buon giorno signor Aquilante, sono Barberini, cosa posso fare per lei? Ma la prego si accomodi, mi dica tutto! - Buon giorno a lei dottore. Il suo studio mi è stato consigliato da un mio carissimo amico e suo cliente, il professor Eugenio Rossi, il notovioloncellista. - Ma certo! Il professor Rossi sì, cara persona. Ha avuto qualche problema fiscale, causa il suo lavoro, ma lo abbiamo brillantemente risolto con reciproca soddisfazione. - Ecco, vede dottore, anch’io ho un problemino da risolvere. Da solo non saprei venirne a capo. Ma è bene cominciare dall’inizio per spiegarle un po’ tutto, così avrà una visione, spero, più chiara della situazione. Posseggo una fabbrichetta per la confezione di abiti da donna e per bambini. Alle mie dipendenze ho sette ragazze con la qualifica di sarte e sono destinate alla rifinitura degli abiti. Essendo la manodopera, come lei sa, molto costosa, faccio confezionare gli abiti in Romania dove si riescono ancora a spuntare dei buoni prezzi sui manufatti. Io mando a Bucarest le pezze di stoffa con i modelli delle varie taglie, lì vengono lavorati e rispediti alla mia fabbrica. Il grado di esattezza nel taglio e nel cucito e le relative rifiniture lasciano un po’ a desiderare. Ecco perché ho le mie dipendenti per sistemare bene le imprecisioni originali in modo da proporre ai negozianti un prodotto finito di buona qualità. Questo lavoro con l’estero è perfettamente disciplinato da regole valutarie e fiscali in modo tale che ad eventuale verifica, tutto risulti perfettamente documentato. E qui nasce il problema. Oggi come oggi non si riesce vendere ai negozianti la merce, se parte di essa non viene ceduta senza 81 fattura, di conseguenza mi ritrovo con un carico dell’IVA risultante sempre a credito. Sull’acquisto della materia prima viene applicata la dovuta aliquota IVA come pure sul confezionamento. Se poi devo vendere metà prodotto senza fattura, mi ritrovo l’accredito di imposta sempre più rilevante ed ho paura di finire nell’occhio di un accertamento. Io non vorrei vendere ai negozianti “in nero” ma sono costretto a farlo per poter lavorare. Situazioni analoghe si verificano anche presso altre fabbriche d’abbigliamento, anche molto più grosse della mia, ma non sono mai riuscito a capire come riescano a risolvere questo inghippo. - Il problema non è semplice - replicò il dottor Barberini - questo è un semplice calcolo matematico dove il ricavo deve essere necessariamente maggiore del costo. Nel caso suo risulta essere esattamente l’opposto e ne convengo che non possa essere credibile. Deve lasciarmi un po’ di tempo per riflettere. Comunque avrò bisogno dei dati e delle cifre reali. Me le farà avere il più presto possibile. I dati fornitimi saranno trattati solamente da me e quindi nella massima riservatezza. Se riuscirò a risolvere il suo problema ne parleremo, altrimenti sarà mia cura restituirle tutti i dati e gli incartamenti. - D’accordo, le farò avere quanto prima copia fotostatica di tutto quanto in mio possesso. Le invierò la documentazione degli ultimi tre anni in modo da ricavarne un quadro il più completo possibile della mia situazione patrimoniale. Quando rileverà la somma a credito delle imposte, probabilmente si preoccuperà anche lei. Ho tanta fiducia nella sua esperienza e nel suo operato. Mi rimetto completamente nelle sue mani. Cerchi di risolvermi questo assillante problema. Ora me ne vado, non le rubo altro tempo e la ringrazio anticipatamente per quanto vorrà e potrà fare. Buon giorno e grazie ancora. Il signor Aquilante si alzò dalla sedia e così pure Barberini, si scambiarono una stretta di mano mentre Luigi cercando di rincuorare il nuovo cliente disse: - Vedrà, qualche cosa salterà fuori, almeno per limitare il danno se non proprio per eliminarlo. Mi dia un po' di tempo per studiare il problema dopo il recapito della documentazione. Uscito il cliente, Luigi pensò tra sé e sé: - effettivamente mi sono preso una bella gatta da pelare - D’altro canto lui era fatto per risolvere situazioni difficili e non per tenere la contabilità di qualche piccolo artigiano, professionista o pensionato, solamente per redigere loro la dichiarazione del redditi. Mentre mentalmente cercava di gettare le basi di una possibile soluzione, squillò il telefono, alzò la cornetta e la segretaria annunciò: - C’è l’ingegner Galeazzo al telefono per lei! 82 - Grazie, me lo passi pure. Pronto, Mario, dimmi tutto. Ci sono novità? A casa tutto bene? - Bene grazie tutto OK. Volevo avvisarti di aver chiamato l’albergo di Madonna di Campiglio e ci riservano due stanze per il periodo richiesto, cioè dal 14 al 21 di febbraio, come volevi tu. Mi hanno confermato lo stesso prezzo dell’anno scorso, anche se hanno apportato ulteriori migliorie per quanto riguarda il confort dell’albergo. - Ottimo, Giulia ne sarà felice e anche se manca ancora un mese alla partenza, comincerà già a pensare ai preparativi. Sicuramente si iscriverà in qualche palestra per iniziare la ginnastica pre sciistica in modo da essere in forma ed essere fisicamente più preparata. Grazie dell’interessamento, ma spero ci si veda prima della partenza. Ciao, salutami Maria Luisa ed il piccolo Sergio, buon lavoro e grazie ancora. Chiuse il telefono e si immerse nel suo lavoro. Era meglio non pensare né allo sci né ad Aquilante, altrimenti non avrebbe combinato nulla di buono. Per lo sci era tutto a posto e per Aquilante, finché non avesse mandato la documentazione, non avrebbe potuto predisporre niente di costruttivo. Le giornate passavano veloci e la pressione del lavoro si faceva sentire sempre più gravosa. Ogni giorno il rientro a casa avveniva sempre più tardi, con il conseguente risultato di non riuscire nemmeno a cenare assieme alla moglie. Non poteva pretendere lei lo attendesse per cenare insieme ed il più delle volte la chiamava telefonicamente pregandola di anticiparlo. Non era una situazione di certo piacevole e si ripromise di cercare una soluzione per permettergli di avere una vita familiare più consona a questo nome. CAPITOLO 2 83 Arrivò finalmente il 14 febbraio, e gli amici si ritrovarono per partire e percorrere la strada assieme verso le brevi ma tanto sospirate vacanze sulla neve. Le automobili piene di valigie, buste con gli scarponi e dopo sci, gli sci con i bastoncini sul tetto della vettura ben chiusi negli alloggiamenti del porta sci. Sembrava dovessero assentarsi per tutto l’inverno e non solamente per una settimana, d’altro canto non era come partire per il mare, con vestitini e semplici costumi, scarpe leggere e sandali, bisognava avere indumenti pesanti molto voluminosi. Solamente le quattro tute da sci di Giulia e Luigi occupavano un voluminosissimo borsone, immaginarsi tutto il resto. Partirono di buonora, per evitare il grosso traffico. Nel caso si sarebbero fermati, per il pranzo, nelle vicinanze della meta per arrivare in albergo alle prime ore del pomeriggio. Quando giunsero a Pinzolo, ormai a pochi chilometri da Madonna di Campiglio, si fermarono in un buon ristorante per il pranzo. Gustarono una delle specialità locali chiamati gli “strozza preti”, sorta di gnocchetti verdi agli spinaci, conditi con burro fuso, salvia e tanto parmigiano. Il pomeriggio passò in un baleno. Arrivati in albergo ed espletate le formalità burocratiche presso il bureau, salirono nelle rispettive stanze dove il facchino dell’hotel aveva già depositato le valigie. Sistemato il vestiario negli armadi, fatta la doccia e cambiatisi per la cena, era giunta l’ora per scendere nella sala restaurant. Luigi prese la cornetta del telefono e compose il numero della stanza 217, quella dei coniugi Galeazzo, per avvisarli che sarebbero scesi al bar per prendere l’aperitivo. Mario confermò: - Finiamo di vestire Sergio e vi raggiungiamo al bar. L’aperitivo non sarebbe necessario, mi ritrovo una fame da lupo, quasi non avessimo pranzato. Sarà l’emozione o l’aria fine della montagna, ma non vedo l’ora di sedermi a tavola. Il bar era gremito di gente in attesa dell’apertura della sala restaurant prevista per le 19,30. Osservarono la gente, la quale con fare indifferente sbirciava, di tanto in tanto, la porta chiusa. Quando si fosse aperta sarebbe scattata certamente all’assalto quasi non ci fosse posto a sedere per tutti. I tavoli, ovviamente, erano già assegnati, si trattava, per la prima volta, di vedere quale fosse il proprio. La sala era molto grande, i tavoli erano ben disposti, non addossati l’uno all’altro. Bisognava solamente individuare quello riservato alle stanze 215 e 217. All’ora fatidica, Luigi e Mario con le rispettive mogli, si attardarono un pochettino per avere una visione più chiara dei posti rimasti liberi, tra i quali ci sarebbero stati i loro. La sala ristorante offriva uno spettacolare colpo d’occhio. Gli addobbi furono oggetto di attenzioni particolari da parte dei quattro amici. Alle pareti qualche quadro che riproduceva paesaggi montani, 84 piatti in ceramica finemente decorati e delle sculture lignee armoniose nei tratti da renderle leggere e gradevoli da ammirare. Nella sala, oltre ai tavoli dei commensali, erano sistemati, in posizioni strategiche, numerosi tavolinetti di servizio accanto ai quali impeccabili camerieri aspettavano di poter servire la cena. Il loro tavolo, con cinque coperti, era posizionato a destra del salone, vicino ad un tavolo con dodici coperti sistemato parallelamente alla parete e non ancora occupato. Il loro tavolo era spazioso e notarono la prima delle migliorie annunciate ed apportate all’albergo. Erano state cambiate le seggiole, erano diventate delle comode poltroncine con la base ferma ed un perno al centro per far ruotare il sedile su di esso. Per accomodarsi non era più necessario spostare la seggiola, ma bastava sedersi e girare il sedile per essere perfettamente sistemati a tavola. Al centro della sala c’era un grande tavolo rotondo, sul quale era sistemato il buffet delle verdure. Partendo da un punto del tavolo, la gente, con la ciotola in mano, si serviva a volontà di tutto quel ben di Dio. C’era il reparto con un’innumerevole varietà di verdura fresca e quello a seguire della verdura cotta, inoltre, ovviamente, sul finire erano sistemati i più svariati tipi di condimento. Quando la moltitudine iniziale andò scemando, i nostri amici, seguiti dal piccolo Sergio, si servirono a loro piacimento. Ritornati al tavolo, notarono che i loro vicini non erano ancora arrivati. Si sedettero e Mario, presa la lista dei vini, cominciò a leggerla, chiedendo consiglio a Luigi sul tipo di vino da scegliere. L’amico propose di prendere dapprima un vino bianco mosso per l’antipasto ed il primo piatto e un rosso per il secondo. Se non l’avessero bevuto tutto, come d’uso, sarebbe stato accantonato, con il numero della stanza, per la sera dopo. Decisero di prendere un Prosecco di Valdobbiadene e del Teroldego. Si avvicinò il cameriere per prendere le ordinazioni per la cena. C’era una certa varietà di scelta ed ognuno scelse quanto di più apprezzato, per lui, offriva il menù. Il cameriere se n’era andato da poco, il vociare della sala era alquanto intenso; per riuscire a sentire o per capire cosa diceva il proprio dirimpettaio bisognava tirare l’orecchio. Erano nel bel mezzo di una conversazione, quando Luigi vide entrare un gruppo compatto di persone: Undici uomini e una donna! Si avvicinarono in silenzio, si disposero attorno al tavolo, al centro del quale, con le spalle rivolte alla parete, si sistemò una persona di una cinquantina d’anni con a fianco una bella signora di poco più giovane, almeno all’apparenza, di lui. L’uomo volse lo sguardo al tavolo dei coniugi Barberini e Galeazzo accennando un saluto, ricambiato in ugual misura. 85 Quando la coppia si sedette, gli altri fecero altrettanto. Erano tutti elegantemente vestiti, in giacca e cravatta, e presero a conversare tra di loro, sommessamente, senza disturbare. L’uomo sulla cinquantina, era leggermente stempiato, con capelli scuri ondulati ed impeccabilmente pettinati, gli occhi scuri attenti e vivi, un leggero sorriso sulle labbra. Teneva dolcemente per mano la sua compagna, ancora molto piacente, anche se non più giovanissima. Aveva capelli corvini ben curati morbidamente adagiati sulle spalle; un trucco discreto ornava il volto e le dava un tocco di signorilità. Portava un tailleur grigio chiaro con una camicetta slacciata abbondantemente ed una catena d’oro bianco con un brillante come pendente al collo. Luigi osservò il gruppo e poi si rivolse agli amici: - Strano gruppo, non vi pare. Sembra quasi un manager d’industria con la moglie e con al suo seguito tutto il consiglio di amministrazione. Mario sbottò con una sommessa risata: - Sì, magari adesso si collegheranno con piazza affari per vedere l’andamento della borsa. Ognuno si diverte come può. Noi per una settimana penseremo solo a sciare e divertirci ed il lavoro lo lasceremo per il ritorno. Arrivarono le portate ed il silenzio scese sulla sala, appena in qua e in là qualche sommesso parlottio contrastato dal rumore delle posate sui piatti. In quel momento tutti pensavano a mangiare, tanto a parlare ci avrebbero pensato dopo. Luigi e Mario ogni tanto volgevano lo sguardo verso i loro vicini mentre stavano mangiando, quando Luigi esclamò: - Avete notato, nessuno di loro è passato al banco delle verdure ed i camerieri portano loro da mangiare senza essere prima passati per le ordinazioni. Mario replicò: - Si vede che hanno concordato precedentemente il menù poiché sono in tanti. Al contrario avete osservato invece, beve vino solamente la coppia mentre gli altri, pur essendo degli aitanti e baldi giovani, bevono acqua minerale? Giulia intervenne: - Non saranno mica una squadra sportiva in ritiro con il loro dirigente? Ed ecco perché il menù deve essere rigorosamente vagliato prima per bilanciare i carboidrati con le proteine, le vitamine, eccetera. Cosa ne dite? Maria Luisa, prima di sposare aveva praticato alcuni sport, anche a livello agonistico e si sentì autorizzata a sentenziare perplessa: - Sono dei giovani atletici, è vero, ma non li vedo quali sportivi di un’unica disciplina, sono troppo differenti di stazza per praticare lo stesso sport. Mario incalzò: - Settimana bianca avvolta nel mistero. Vedremo domani se usciranno per sciare o meno. Mi sento molto 007. - Stupido che non sei altro - riprese Maria Luisa - saranno affari loro se sono venuti a sciare o a fare solamente delle passeggiate o più semplicemente a riposarsi? Perché devi sempre vedere misteri dappertutto? 86 Scoppiarono tutti in una risata, la quale sembrava più uno scaricare la tensione che un’espressione di allegria. La cena, veramente squisita, era terminata ed i nostri amici si alzarono per andare a prendere i caffè al bar. I loro vicini erano ancora seduti al tavolo quando, Luigi e Mario accennarono: - Buona serata, signori! Il saluto venne ricambiato dal “capo” e dalla sua signora, mentre gli altri fecero un breve cenno con la testa Entrati nel soggiorno dove si trovava pure il bar dell’hotel, si sedettero nuovamente ad un tavolo d’angolo circondato da una comoda panca imbottita. Al cameriere chiesero due caffè, le signore non lo presero per paura di non dormire, due buone grappe alla pera per gli uomini, due chine per le signore e una spremuta d’arancia per il piccolo Sergio. Gli ospiti dell’albergo, non usciti per una passeggiata serale, soggiornavano anche loro ai vari tavoli o sui divani e poltrone. Alcuni chiacchieravano, altri si erano messi a giocare a carte, mentre due assorti contendenti si sfidavano in una partita agli scacchi. Erano da poco passate le ventuno, quando Maria Luisa si congedò dagli amici per portare il bambino a letto. Infatti, dopo aver bevuto poco più di mezza spremuta, si era appoggiato alla spalla della mamma e si era addormentato. Luigi, Giulia e Mario decisero di rimanere ancora un poco a chiacchierare, se non altro per cercare di digerire la cena e finire di centellinare la grappa. Augurarono la buona notte a Maria Luisa mentre si allontanava con il piccolo Sergio addormentato tra le braccia. Stavano programmando la giornata sciistica del giorno dopo, quando videro il folto gruppo dei loro vicini uscire dalla sala da pranzo. Due persone si avvicinarono al bar, due si sedettero ad un tavolo proprio vicino alla sala da pranzo, due vicino alla porta d’ingresso, due presero l’ascensore per salire mentre gli ultimi due, indossato il cappotto, uscirono dall’albergo. Quello che sembrava essere “il principale” assieme alla moglie, lentamente, si diressero verso i nostri amici. Quando giunsero accanto a loro, lui esclamò: Disturbiamo se ci accomodiamo al tavolo vicino? - Assolutamente no - replicò Luigi - ma, se avete piacere, la nostra amica ha portato il piccolo a dormire e al nostro tavolo c’è tanto spazio, accomodatevi pure! - Veramente gentili, siamo rimasti soli e sapete tra marito e moglie gli argomenti di conversazione scarseggiano, se non disturbiamo, ci fermiamo una diecina di minuti prima di salire. - Prego, accomodatevi, permettete che mi presenti? Sono Luigi Barberini, mia moglie Giulia ed il mio amico l’ingegner Mario Galeazzo. Sua moglie, Maria Luisa, la conoscerete domani a colazione. Veniamo da Padova e siamo qui per passare una 87 settimana sulla neve a sciare. Sappiamo purtroppo, il tempo volerà, ci vorrebbero almeno quindici giorni per fare delle vere vacanze, ma il mio lavoro di commercialista non mi permette di stare di qui più a lungo e così pure il mio amico ingegnere. I due ospiti si sedettero, mentre lui diceva: - Onorato di fare la vostra conoscenza. Io sono Salvatore Arcuri, questa è mia moglie Emma. Noi veniamo da Palermo dove esercito la professione di avvocato. Vi sarete chiesti come mai siamo in tanti. Vedete, oltre a fare l’avvocato, sono docente all’università di Palermo e tra gli studenti frequentanti la facoltà, scelgo alcuni, da me ritenuti i più validi e meritevoli, facendo loro svolgere il praticantato presso il mio studio. Adesso siamo in ferie e avendo chiuso l’ufficio, ho offerto loro una vacanza sulla neve. Per noi siciliani, abituati al gran caldo, al sole e al mare, le Alpi hanno un fascino particolare. La neve, le piste di sci, gli impianti di risalita, l’atmosfera incantata ed ovattata delle cime incontaminate, ci fanno vivere in un mondo inusuale per noi, sembra quasi irreale. La capisco - intervenne Mario - ma almeno voi avete il mare. Noi invece siamo in una città interna, in pianura e non abbiamo né mare né monte. D’inverno riusciamo a malapena trascorrere una settimana in montagna. L’estate, per fortuna, riusciamo a trascorrere due o tre settimane al mare. Per questo in Italia non abbiamo problemi, abbiamo le più belle montagne del mondo e per quanto riguarda i luoghi di villeggiatura al mare, c’è solo l’imbarazzo della scelta. D’estate ogni anno cambiamo località per poter vedere sempre luoghi nuovi, spiagge sabbiose, insenature rocciose, spiaggette discrete ed accoglienti, isole…….penso, non basterebbe una vita per visitarle tutte. In Sicilia non siamo mai arrivati, però è un nostro chiodo fisso, dovremo trovare il modo di poter programmare un mesetto di vacanze in quanto tra il viaggio di andata e quello di ritorno in automobile ci vogliono circa quattro giorni. - Ma da Padova si viene in Sicilia in aereo non in macchina! In un paio d’ore, comodamente seduti, si arriva a Palermo e non occorre percorrere mille chilometri d’autostrada, prendere il traghetto e fermarsi una notte per dormire. - Il suo ragionamento non fa una grinza - sentenziò Luigi - non abbiamo mai preso in considerazione questo modo di viaggiare anche perché con tanti bagagli ci sembrava alquanto problematica la trasferta. Inoltre a Padova non abbiamo un aeroporto civile con linee a lunga percorrenza, dovremmo andare o a Venezia o a Verona. Con le valigie da casa alla stazione ferroviaria di partenza, da quella d‘arrivo all’aeroporto di partenza e da quello d’arrivo all’albergo è un po’ un problema specialmente per Mario. Sa! Ha un bambino piccolo. - Tutto si risolve, egregio dottore, ma non è questo il momento di pensare all’estate. Cosa fate domani, andate a sciare? Dove? - L’amico Mario porterà il bambino alla scuola di sci a Campo Carlo Magno, poi noi quattro, per il primo giorno, saliremo sul Grostè 88 e ci fermeremo su quei campi di sci fino all’ora in cui il bimbo finirà la scuola e i giochi programmati per loro. Ma voi cosa avete deciso? Sciate? Siete in tanti! Se avete piacere potremmo sciare insieme. - Grazie, è veramente gentile! Solo quattro dei miei ospiti sciano, gli altri trascorrono soltanto un periodo di riposo, anche se si sono portati i libri per preparare i vari esami che li aspetteranno al rientro. Grazie ancora per l’invito, ma non vorremmo essere d’impaccio, cosa vuole, noi siamo siciliani e per noi lo sci è una rara occasione; andiamo piano e le piste nere ci sono un po’ ostiche. Uno dei quattro ospiti per sciare è veramente molto bravo, ha molta pazienza e ci fa da maestro. Ha quasi venticinque anni ed è laureando. E’ quel ragazzo alto, a destra, vicino al banco del bar, il suo nome è Rosario Cuffàro e quando ha un po’ di tempo libero, lo dedica al suo sport preferito sui pochi campi di sci esistenti al sud. Ecco perché lo abbiamo nominato nostro maestro. La moglie dell’avvocato, rimasta sempre in silenzio ad ascoltare, intervenne dicendo: - Salvo, scusa, vorrei andare a riposare per essere in forma domattina. Chiedo scusa anche a lor signori, spero di rivedervi domani a colazione e poi magari sui campi di sci. Buona notte! Anche Giulia, approfittando dell’intervento della signora Emma, prese la palla al balzo per proporre di ritirarsi tutti, data la giornata faticosa dovuta al viaggio e al carico e allo scarico dei bagagli. Erano da poco passate le ventidue, quando si alzarono dal tavolo per salire nelle rispettive stanze dopo una calorosa stretta di mano. Il “maestro di sci” con il suo compagno si staccarono dal banco del bar e a breve distanza seguirono i signori Arcuri. I due ospiti, seduti vicino alla sala da pranzo, alzatisi repentinamente, salirono le scale a piedi, mentre i due seduti vicino alla porta d’ingresso sgusciarono dall’hotel per rientrare quasi immediatamente seguiti da quei due, precedentemente usciti con il cappotto. Luigi e Mario rallentarono l’andatura assieme a Giulia e, senza dare nell’occhio, osservarono la scena dei movimenti dei componenti il gruppo dei loro vicini di tavolo. Situazione alquanto strana, quasi coordinata da uno schema ben preciso e prestabilito. Luigi commentò: - Uhm! Quelli non mi persuadono! Certamente, usi e costumi sono ben differenti tra nord e sud, ma questa storia degli studenti ospiti mi persuade poco. Se così fosse penso, i giovani siano essi settentrionali o meridionali, dovrebbero essere più indipendenti e liberi di divertirsi e non spostarsi all’unisono con i loro “benefattori”. Bah! Dormiamoci sopra e domani vedremo come proseguirà la vicenda. Saliti, con l’ascensore, al secondo piano si avviarono alle loro rispettive stanze dandosi appuntamento per l’indomani mattina alle otto per la colazione. 89 CAPITOLO 3 90 Alle ore sette della mattina di domenica 15, squillò la sveglia telefonica preimpostata da Luigi la sera prima. - Ciao cara, buon giorno, dormito bene? Io ho dormito come un ghiro tutta la notte anche se siamo andati letto relativamente presto, ieri sera. Vado di là in bagno a radermi mentre tu puoi fare ancora un poco la pigrona. - No, no, assolutamente, mi alzo anch’io perché devo preparare l’equipaggiamento per poter uscire. Preparo i dopo sci per andare fino alla telecabina a piedi o indossiamo direttamente gli scarponi, giù nel deposito degli sci e prendiamo lo skybus? - La seconda soluzione credo sia la migliore. Non ho voglia di camminare né tanto meno di spostare l’auto, ne parliamo a colazione con Mario e Maria Luisa e vediamo di decidere insieme. Luigi uscì dal bagno per lasciare il posto alla moglie, aprì gli scuretti per osservare il cielo e vedere le condizioni atmosferiche. Accese pure il televisore per ascoltare le previsioni del tempo. Fuori il cielo era terso e di un azzurro intenso, si vedeva il bagliore del sole mentre stava per spuntare da dietro una montagna, l’aria era frizzante e secca. La televisione preannunciava una splendida giornata e così pure le previsioni per i giorni futuri erano favorevoli. Luigi informò la moglie, attraverso la porta del bagno, sulle belle notizie riguardanti il tempo. Giulia ne fu felice ed esclamò : - Bene, stamattina sciamo ed il pomeriggio, dopo aver pranzato, mi stenderò su di una sedia a sdraio per prendere il sole. Voglio tornare in città, con un’abbronzatura da fare invidia. - Facile per te - rispose Luigi - che ti abbronzi anche con la luce di una lampadina, immaginarsi con il sole d’alta montagna. Mi raccomando però, stai attenta, mettiti una buona protezione, almeno i primi giorni, per non prendere delle brutte scottature. Incominciò a vestirsi preparandosi per scendere e consumare la colazione. Aperta la porta della stanza, ritirò dall’apposito contenitore situato fuori dall’uscio, i due quotidiani che la direzione faceva trovare: un giornale nazionale e quello locale della città da cui provenivano gli ospiti. Anche questa era una delle nuove comodità offerte dall’albergo a quattro stelle. Si sedette sul divanetto per sfogliarli pensando: - Chissà se l’avv. Arcuri avrà trovato “Il Giornale di Sicilia”? Probabilmente si! In quel mentre Giulia uscì dalla stanza da bagno pronta per vestirsi con abiti comodi e scendere dabbasso. Il discreto cicalino del telefono emise il suo ronzio, Luigi alzò la cornetta : - Pronto? - Buon giorno, ben alzati, come va? Sono Mario, noi siamo quasi pronti per scendere, ci vediamo giù o vi aspettiamo e scendiamo assieme? - Olà Mario, abbiamo dormito sodo come due massi, se non ci fosse stata la sveglia saremmo andati avanti. Anche noi siamo quasi pronti, ci troviamo davanti all’ascensore e scendiamo assieme. Ciao. La sala per la colazione era sistemata praticamente dietro al banco del bar, era molto ampia, quasi come la sala da pranzo ed i 91 tavoli erano sistemati allo stesso modo affinché possano essere individuati subito. Il buffet era pieno di ogni ben di Dio, dalle brioches a vari tipi di torta, panini piccoli e croccanti vicino ai contenitori per il burro, la marmellata, il miele, ecc. Caraffe di succhi di frutta, yogurth di vari gusti, formaggi e salumi di tutti i tipi. La voglia e la gola avrebbero deciso di prendere un po’ di tutto, ma la ragione, per fortuna, ebbe il sopravvento e decisero di mangiar bene sì, ma con moderazione per poter sciare senza essere appesantiti. Si sedettero al loro tavolo per consumare quanto avevano disposto sul piatto di portata, mentre Sergio era tutto elettrizzato e chiedeva, di continuo, quanto tempo doveva ancora passare per recarsi alla scuola di sci. Non stava nella pelle dalla gioia di provare per la prima volta gli sci nuovi acquistatigli dai genitori, gli scarponi e tutta l’attrezzatura, come gli adulti! Aveva voluto vestirsi subito con la sua bella tutina nuova e portare con sé pure i guanti, gli occhiali ed il casco. Maria Luisa dovette lottare ed insistere per fargli bere il latte e mangiare un paio di biscotti. Egli pensava solamente allo sci e non sentiva neanche la fame ed il desiderio di mangiare. Erano quasi le nove, quando gli amici si alzarono da tavola per salire nelle rispettive stanze e completare la vestizione ed uscire per recarsi sulle piste innevate. Dell’avvocato e tutta “la banda” non c’era nemmeno l’ombra. Preso lo skybus, scesero proprio davanti alla stazione di partenza del nuovissimo impianto di risalita che porta alla cima del Grostè. Lì c’era pure il punto d’incontro degli allievi dei vari corsi di sci con i rispettivi maestri. Maria Luisa e Mario consegnarono il piccolo Sergio alla maestra di sci, che lo accolse con un sorriso esclamando: - Ecco qui il nostro nuovo campione, speriamo divenga una promessa per una futura “valanga azzurra”. Avremmo tanto bisogno di nuovi giovani talenti! Vieni Sergio, ci divertiremo, scieremo e giocheremo. Vedi quei pupazzi laggiù? Vedrai quanto è bello, ci saranno tanti giochi di abilità con gli sci. Saluta mamma e papa’, loro verranno a prenderti qui alle tredici. Buon giorno signori Galeazzo, a dopo! - Grazie maestra, tra due anni, dopo aver frequentato i corsi di sci con voi, sarà veramente duro per noi poterlo seguire nelle discese! Beato lui, noi abbiamo incominciato da adulti e purtroppo non è la stessa cosa. Così piccoli sono come le spugne, assorbono tutto. Grazie di tutto! Ci vediamo alle tredici. La mattinata trascorse in un lampo sciando su di una neve perfetta e piste ben battute. Gli sci facevano quel dolce rumore sollevando un po’ di neve nell’affrontare le curve. Erano le dodici e trenta minuti quando Maria Luisa decise di scendere giù, fino a Campo Carlo Magno, per prelevare Sergio. Mentre gli amici avrebbero potuto sciare ancor, diede loro appuntamento per le 92 quattordici, al rifugio Montagnoli dove avrebbero mangiato qualche cosa insieme e poi lei si sarebbe fermata a prendere il sole fino all’ora del rientro. - Ottimamente - esclamò Giulia - poi mi fermerò anch’io ed avremo modo di chiacchierare prendendo il sole. Gli uomini, se lo vorranno, potranno continuare a sciare. - Penso proprio di no - replicò Mario - per il primo giorno è bene non esagerare, non siamo abituati, potremmo stancarci troppo e non avere le forze per sciare domani. - Sono d’accordo - concluse Luigi - prenderemo un po’ il sole anche noi, magari oltre a mettere la crema protettiva sul viso, ungeremo anche l’interno con una buona grappa. I quattro si misero a ridere a quest’ultima battuta. Giulia, essendo quasi astemia, non perse l’occasione per pungolare il marito: - Sempre le solite scuse, basta ci sia da bere e tu non ti tiri indietro, anzi, coinvolgi anche gli altri per crearti un alibi. - Cosa vuoi che sia per una grappetta. Pensa agli sciatori, quando hanno finito la giornata e ritornano giù in paese, prima di rientrare in albergo per ingannare il tempo e giungere così all’ora di cena vanno in certi locali specializzati nella somministrazione di grappe di tutti i tipi per farsi “il metro”. - “Il metro”? cos’è il metro - chiese Maria Luisa - ma dimmelo presto, devo scendere, altrimenti faccio tardi. - Hanno delle tavolette a forma di sci, lunghe appunto un metro, nelle quali sono praticati dei fori del diametro di alcuni centimetri in cui vengono alloggiati dieci bicchierini di grappa. Essi possono contenere tutti un stesso tipo di grappa, oppure due, tre, fino a dieci gusti differenti, secondo il desiderio di chi ordina “il metro”. - Ha ragione Giulia, tutte scuse, di voi uomini, per scolarsi la grappa in quantità industriale, con il pretesto degli assaggini. Vado, corro giù, ci vediamo al Montagnoli. I tre componenti rimasti, presero una seggiovia, risalirono in cima per effettuare altre discese. Seduti comodamente, mentre salivano, espressero la loro soddisfazione per la splendida giornata e per quelle future della settimana appena iniziata. Luigi intervenne: - Cosa ne dite, ora Maria Luisa deve scendere, aspettare Sergio, scambiare sicuramente due parole con la maestra e risalire al Montagnoli, abbiamo tutto il tempo, dalla cima, di scendere sulla pista di sinistra in modo da prendere il raccordo per arrivare sullo Spinale, scendere su quella splendida ed impegnativa pista e rientrare anche noi al luogo dell’appuntamento. Vi va l’idea? - OK! ci stiamo. Oggi, però per il primo giorno, ci limitiamo a prendere “la diretta”, essendo già abbastanza impegnativa per noi e lasciamo “la direttissima” per i prossimi giorni. D’accordo, però dovremo trovare il modo, un giorno, di affrontare anche l’altro versante e spingerci fino a Marileva e Folgarida. Al ritorno potremmo prendere la pista dei “Cinque laghi” e 93 la “Tre Tre”. Per fare ciò però necessiterebbe tutta la giornata e non solo il mattino. Questo è un problema! Pur essendo domenica, le piste erano scorrevoli e anche agli impianti di risalita le code erano ridotte. Percorsero il tragitto prefissato giungendo al rifugio, luogo d’incontro, quasi contemporaneamente a Maria Luisa e Sergio. Sergio era al settimo cielo, non riusciva a stare zitto un momento, raccontava le sue ripetute esperienze nello sciare a spazzaneve avendo percorso una piccola discesa parecchie volte. C’era una corda bassa con degli appigli in legno per salire. Le prime volte era salito con la maestra e poi da solo. L’indomani avrebbe avuto pure l’opportunità di provare ad usare lo sky-lift, prima con l’aiuto della maestra e, forse dopo, da solo. Era entusiasta perché la pista era molto lunga e con lo sky-lift si andava tanto in alto. Beata innocenza! E’ proprio vero, le difficoltà sono individuali e proporzionali alla capacità. Per un bimbo piccolo, 50 o 60 metri di leggerissima discesa possono sembrare una pista olimpica. Avendo mangiato una buona colazione, a pranzo decisero di prendere qualche cosa di leggero, perché poi la cena sarebbe stata nuovamente abbondante. Le ore passarono serenamente ed il sole stava inesorabilmente e rapidamente scendendo. I raggi del sole non più perpendicolari ma bassi all’orizzonte, portarono la temperatura gradatamente a parecchi gradi sotto lo zero. Era ora di rientrare. Luigi, Giulia e Mario avrebbero potuto scendere con gli sci fino alla fine della pista giù in paese, ma essendosi oramai rilassati, non ne ebbero voglia e decisero di scendere assieme a Maria Luisa e Sergio con la cabinovia. Erano le 17 quando giunsero in albergo, tolti gli scarponi e depositati gli sci negli armadietti riscaldati, salirono al secondo piano per riposarsi un poco. Si deliziarono sotto una doccia ristoratrice e si prepararono per la cena. Luigi, tolta la tuta, si distese sul letto e accese il televisore. Giulia, in bagno, spazzolava i capelli per farli rinvenire dallo schiacciamento del berretto. La televisione trasmetteva uno dei tanti telefilm polizieschi, tutti uguali tra loro, ma piacevoli da vedere perché, alla fine, il bene trionfa sempre ed il cattivo viene catturato o muore. Il telefilm doveva essere tanto interessante, ma quando Giulia rientrò nella stanza vide il marito con gli occhi chiusi che dormiva. Cercò di muoversi piano con passi felpati, ma qualche rumore inconsueto destò Luigi. – Scusa, ho cercato di muovermi piano per non svegliarti. - No, no non è niente, mi ero assopito solo un momento, adesso mi preparo anch’io e usciamo a fare due passi per vedere le vetrine dei negozi. Ti va l’idea? - Non è male come idea, prova chiedere ai nostri amici se vengono con noi? Così prenderemmo l’aperitivo in qualche bar fuori 94 dall’albergo, magari in quel bellissimo bar rotondo vicino alla bottega di Cesare Maestri. Luigi prese la cornetta del telefono e chiamò gli amici. Immediatamente Mario rispose alla chiamata e dopo essere stato informato del progetto, declinando l’invito rispose: - No, grazie, Sergio si è addormentato come un sasso. Lo lasciamo riposare almeno un’oretta, altrimenti a cena sarebbe fastidioso. Andate pure, ci vediamo a tavola, buona passeggiata. - Grazie, ciao, a dopo. Uscirono dall’hotel, l’aria era piuttosto fredda. Dove, durante il giorno, la neve si era sciolta, ora cominciava a formarsi una lastra di ghiaccio rendendo insidioso il procedere. Bisognava stare attenti e camminare cauti e prudenti. La strada principale era gremita di gente con il suo andirivieni. I negozi di abbigliamento, di articoli sportive, quelli di souvenir e gli alimentari, avevano molti visitatori più che clienti. Probabilmente non tutti comperavano, ma passavano il tempo curiosando ed aspettando l’ora di cena. Giunti sulla piazza principale, dopo aver curiosato alle illuminatissime vetrine che esponevano ogni ben di Dio si rifugiarono nel famoso bar, luogo d’incontro di numerosissime persone intente a programmare il dopocena. Infatti la rinomata località sciistica era meta pure di coloro che sul tetto dell’automobile portavano gli sci solamente per poter sfoggiare l’ultimo modello di prestigiose marche e non certamente per sciare. Era impensabile poter sciare dopo aver trascorso le notti nelle varie discoteche, night o luoghi di intrattenimento, ma era molto “in” il poter dire: - Sono andato a “sciare” a Madonna di Campiglio! Si avviarono verso il banco del bar quando si udirono una voce: - Buona sera signori Barberini……siamo qua. Luigi si girò e vide, seduti ad un tavolo laterale, i coniugi Arcuri con uno dei loro ragazzi. – Buona sera signora, buonasera avvocato, anche voi qui? - Prego, se avete piacere, accomodatevi al nostro tavolo. Permettete, posso offrirvi qualche cosa, una bibita, un aperitivo? - Grazie, se non disturbiamo. Si avvicinarono mentre l’avvocato si alzava e, prendendo la mano di Giulia ed accostandola alle labbra in un impeccabile baciamano, l’aiutò ad accomodarsi su di una poltroncina. Luigi si accostò alla signora Arcuri e cercò pure lui di cimentarsi in un baciamano, la qual cosa non era uso fare. Il cameriere si approssimò all’avvocato mentre stava chiedendo ai nuovi ospiti: - Cosa ne dite di una coppa di champagne per celebrare l’incontro? Tutti annuirono, ringraziando: - Cameriere cinque “Cordon rouge” per favore. E voi come avete passato la giornata? Non ci siamo incontrati sulle piste! - No, effettivamente non ci siamo visti, ma noi ci alziamo presto al mattino per andare a sciare. Infatti, finita la colazione, non vi avevamo visti ancora scendere, pensavamo che essendo oggi domenica, preferivate fare un giorno di ambientamento e di relax. 95 - Intanto, chiedo scusa, non vi ho presentato il nostro maestro di sci, Rosario Cuffàro. - Molto piacere - dissero Giulia e Luigi - è bello poter avere con sè il maestro di sci privato. - Non creda a quanto e dice l’avvocato, ci vuole ben altro per essere maestro di sci. A me piace molto sciare, forse sono anche portato per questo tipo di sport, me la cavo benino e mi piace mostrare agli altri il modo migliore per scendere le piste in scioltezza e senza timore, ma tra questo ed essere maestro ce ne vuole. L’ho detto tante volte all’avvocato di non chiamarmi così perché un vero maestro di sci potrebbe avere qualche cosa da ridire. Salvatore intervenne: - Non ho mai detto sia un “maestro”, ma semplicemente il “nostro maestro”. Essendo molto più bravo, ci insegna sempre qualche cosa di nuovo e pertanto per noi è “il nostro maestro”. Ma ecco lo champagne, prego signori, cin cin, al piacere di avervi conosciuti. E i vostri amici dove sono? - Cosa vuole - incalzò Giulia - il piccolino è crollato dal sonno e lo fanno riposare un’oretta. Ci rivedremo a cena. Noi comunque, mentre il bambino era alla scuola di sci, siamo rimasti sul Grostè con una sola puntatina finale sullo Spinale. Abbiamo sciato quattro ore continue e alle due del pomeriggio ci siamo fermati, sia per riposare sia per abbronzarci. - Siete stati più bravi di noi - sentenziò la signora Emma abbiamo cominciato a sciare in tarda mattinata, ma comunque per un paio d’orette abbiamo sciato anche noi. C’era una neve splendida. Noi siamo stati ai “Cinque laghi” ed ecco perché non ci siamo visti. Magari per domani ci metteremo d’accordo sulla zona da scegliere così ci incontreremo sicuramente. Luigi prese la parola per spiegare: - Per noi non c’è molto da scegliere, il piccolo Sergio ha la scuola di sci dalle 9.30 alle 13 e a quell’ora bisogna passare a prenderlo. Era nostra intenzione, uno dei prossimi giorni, di provare l’altro versante, dove eravate voi oggi, spingendoci fino a Marileva e Folgarida, oltre ai Cinque Laghi e la Tre Tre, ma in mezza giornata non si riesce a portare a termine tutto il percorso e a noi spiace lasciare gli amici a causa del bambino. Dobbiamo necessariamente rimanere dalla parte del Grostè. - Bene - replicò l’avvocato Salvatore - adesso è ora di andare a cena, ma ritorneremo sull’argomento; vedrete troveremo la soluzione! Tutti si alzarono e si diressero verso la porta del bar. Non avendo assistito al pagamento delle consumazioni, Luigi si attardò nel gesto di fare il cenno per chiedere il conto. - Cosa fa, dottor Barberini, venga, è già stato saldato. Noi qui siamo di casa e regoliamo a fine settimana prima di partire. Siamo in tanti e gli amici che non sciano passano anche durante il giorno a consumare. - Capisco, bene, allora devo solamente porgere i miei ringraziamenti e…… a buon rendere. 96 Il tempo era passato velocemente e quando giunsero al loro tavolo, dopo essere saliti per togliersi il cappotto e la pelliccia, gli amici erano già seduti a tavola ed avevano pure già preso la verdura. Si salutarono velocemente mentre pure loro prepararono la ciotola d’insalata prima di sedersi. - Come è andata? - chiese Maria Luisa. - Bene, rispose Giulia - abbiamo incontrato i nostri vicini di tavolo e scambiato due parole al bar, su in piazza, cordiali come sempre e una parola tira l’altra abbiamo fatto un po’ tardi, scusateci. Intervenne Mario: - Nessuna scusa e poi, come vedete, il cameriere non è ancora passato. La sala è mezza vuota, ci vorrà ancora del tempo. Avete deciso, cosa facciamo domani? Dove andiamo? - Dove vuoi andare se Sergio finisce all’una, ben poco distanti possiamo spingerci! - Facciamo così - intervenne Maria Luisa - io e Giulia restiamo qui a sciare, così poi ci stenderemo al sole e voi uomini fate le vostre escursioni fin dove volete. - Non mi sembra una buona idea - sbottò Luigi - siamo venuti per sciare assieme e assieme rimarremo! D’altro canto è il nostro destino, se l’anno prossimo avremo anche noi un bambino piccolo, dovremo alternarci con Maria Luisa per tenere il neonato, sempre se non sarà ancora in dolce attesa e potrà solamente stare sdraiata a prendere il sole, mentre voi avrete Sergio più grande e più bravo così potrete, casomai, spostarvi un po’ di più. - Eh sì! E se a Sergio arriva il fratellino - replicò Mario - come la metteremmo?. Tutti si misero a ridere gioiosamente e quasi contemporaneamente i due uomini esclamarono: - Per ritornare a fare le nostre belle sciate, dovremo aspettare parecchi anni. Dopo cena si ritrovarono nella sala dell’albergo seduti sui divani e furono raggiunti dall’avvocato Arcuri e signora, mentre i suoi ospiti a gruppetti si accomodarono in altri punti della sala, quasi in punti strategici. Salvatore esclamò: - Per domani possiamo aggregarci a voi o avete programmi particolari? - Ne stavamo giusto parlando, come vi avevamo accennato prima di cena, siamo vincolati al bambino con gli orari. Intervenne la signora Emma: - Scusate se mi permetto di suggerire una soluzione; noi tre signore sciamo nel periodo di tempo concessoci dalla scuola di Sergio, mentre voi uomini, e siete in tanti, andate a divertirvi con Rosario il quale vi porterà su piste un po’ impegnative per farvi migliorare lo stile di discesa. - Anche noi la pensavamo così - confermò Giulia - per noi sciare, è sì un diversivo, ma sdraiarci per abbronzarci è il massimo del piacere. - Allora è fatta - incalzò l’avvocato . le signore sono contente e noi pure. Potremmo adottare il vostro programma preventivato ed 97 arrivare fino a Folgarida. Mi sembra proprio un bel programmino! Per concludere e festeggiare la giornata e celebrare la nostra conoscenza, se permettete, sarete miei ospiti per la serata. Avvisiamo qui in albergo di non prepararci la cena e prenoto per tutti una serata al Montagnoli. Ci siete mai stati, la sera? I quattro amici si guardarono con un cenno di meraviglia dicendo di non saperne nulla. Vedete, la sera, quando le piste sono ormai chiuse, il personale del rifugio lo trasforma in un bellissimo e rustico ristorante, con il caminetto scoppiettante al centro della sala. Bisogna appunto prenotare perché un gatto delle nevi coperto, con 24 posti a sedere viene a prendere i clienti sul piazzale accanto alla cabinovia del Grostè e attraverso i boschi, sale su sino al rifugio. A cena finita riporta la gente a valle. Vi garantisco, a parte il menù caratteristico e appetitoso, il viaggio d’andata e ritorno è qualche cosa di indimenticabile, specialmente se non c’è la luna a illuminare lo scenario, il viaggiare alla luce dei fari in mezzo agli alberi provoca una sensazione unica e suggestiva. Al contrario se la luna illumina lo scenario con la sua romantica luce, sembra di viaggiare al polo ed il gioco dei chiaro-scuri tra le piante crea un paesaggio fiabesco e ci si aspetta momento per momento di veder spuntare un orso ritto sulle zampo posteriori. - Stupendo, non lo sapevamo! O noi siamo poco attenti o non è sufficientemente reclamizzato - esclamò Luigi. - Verremo sicuramente molto volentieri, ma lei avvocato, ci mette in imbarazzo essere sempre vostri ospiti. Ci permetta di chiedere una prenotazione separata, non ti pare Mario? - Certamente sì. Voi siete già in tanti e aggiungere altre cinque persone mi sembra eccessivo. - Intanto quattro persone e mezzo e non cinque - disse sorridendo Salvatore - poi a me fa piacere veramente, altrimenti non ve l’avrei proposto. Vado subito a telefonare perché non è facile trovare posti liberi, poi per sedici………..Ah sì, a proposito, basta con “avvocato, dottore, ingegnere”, non vi pare potrebbe essere l’ora di darci del tu? Io sono Salvatore, Salvo per gli amici, mia moglie Emma, Rosario lo conoscete già e gli altri man mano quando ve ne capiterà l’occasione. - Mi pare un’ottima idea, in montagna, sulla neve, si diventa tutti amici. Come sai, io sono Luigi, mia moglie si chiama Giulia, lei è Maria Luisa ed il marito Mario. Mi sento particolarmente euforico, penso e spero di trascorrere una splendida settimana assieme a tutti voi. Mentre Salvo andava a telefonare, Luigi approfittò per chiamare il cameriere e farsi portare una bottiglia di Primitivo di Manduria, un gran vino da “fine pasto”, prodotto nella zona tra Taranto e Brindisi e con i suoi 14 gradi alcolici nulla ha da invidiare il più noto vino di Porto. 98 Salvo era tornato al tavolo confermando la prenotazione. Pur essendo tutto esaurito, era riuscito ad avere un tavolo per l’indomani sera come desiderato. Giunse il cameriere con un vassoio sul quale era sistemato il portabottiglie con la bottiglia coricata a 45 gradi e con il tappo tolto per consentire l’ossigenazione del vino. Pose i sei bicchieri ed iniziò a versare con circospezione il vino per non agitarlo e muoverne gli eventuali depositi che ci fossero stati. - Cosa hai ordinato di buono, mia cara? - Io, niente - rispose lei - ha pensato a tutto Luigi! - Ci facciamo un goccetto per concludere la cena - interruppe Luigi - e spero vi piaccia. Secondo il mio gusto, trovo questo tipo di vino veramente una cosa eccezionale. Speriamo che anche questa bottiglia sia all’altezza della sua fama. Salvo prese la bottiglia per leggerne l’etichetta e quando vide il nome del vino esclamò: - Capperi! Questo sì è una vera bontà! Noi in Sicilia, abbiamo qualcosa di simile nel “corvo di Salaparuta”, prodotto nella nostra provincia di Palermo. E’ forse uno dei migliori vini italiani, uno o due gradi di meno del Manduria; viene vinificato mescolando tre uve pregiate: il nerello mascalese, il perricone e il nero d’Avola ed ha una spiccata capacità d’invecchiare. Emma esclamò sentenziando: - Signore, siamo finite, adesso cominciano a parlare di vini e vedrete non la finiranno più. Noi intanto assaggiamo questo vino, sento il suo profumo sta già diffondendosi nell’aria e se il sapore sarà simile alla fragranza emanata, bisognerà centellinarlo per gustarne l’aroma. - Luigi, ma anche Mario, devo dire la verità, non bevono molto vino, ma quello scelto e bevuto deve essere di qualità, altrimenti preferiscono bere acqua. Poco ma buono, insomma! - Non preoccupatevi - concluse Mario - adesso con l’argomento vino abbiamo finito, casomai riprenderemo il discorso in altra sede, in modo da non tediarvi e trattare ora un argomento di comune interesse. Salvo prese la palla al balzo e disse: - Ieri ci avete detto di non essere mai venuti al mare, d’estate, in Sicilia. Quest’anno potrebbe essere la volta buona. Avreste noi come punto di riferimento per consigli su eventuali escursioni ed inoltre ci rivedremmo e potremmo passare qualche tempo assieme. Maria Luisa continuò: - Sarebbe veramente bello, ho sentito tanto parlare delle bellezze della Sicilia, del clima, dei paesaggi, dei reperti archeologici e dei monumenti pertanto non vedo l’ora di visitarla con Mario e gli amici. - Non è perché è la mia terra natia - intervenne Emma - e potrei essere legata da affetti sentimentali, ma è veramente molto bella e con paesaggi vari dati dalla sua prevalenza montuosa e collinare, specialmente nella sua parte nord orientale mentre invece a sud-est si erge un vasto altopiano tabulare, le zone collinari del centro, con ampie vallate, creano un’atmosfera da sogno. Infine ci sono tantissime isole minori da visitare con il battello come le Egadi, 99 oppure Ustica, le Eolie e Pantelleria, prevalentemente vulcaniche. Per vedere tutto, ovviamente, non bastano un paio di settimane di vacanze, immaginatevi nemmeno io stessa, vastissime zone non le conosco ancora. Luigi concluse: - Una volta di più ho avuto conferma della mia teoria, abbiamo tante cose belle da vedere nella nostra Italia, che non serve intraprendere viaggi intercontinentali per visitare paesi esotici. Non per niente i turisti vengono da tutto il mondo per visitarla e forse neanche sappiamo l’immenso patrimonio da noi posseduto. Mario, guardando l’orologio confermò essere l’ora di andare a dormire, infatti Sergio, appoggiato alla spalla della mamma, era già da un bel pezzo addormentato. – Emma, Salvo, ci vediamo domani mattina alle otto per la colazione e poi ci avventuriamo sulle piste con mete differenti. Buona notte a tutti. - Buona notte, saliremo anche noi, così sarà più facile essere svegli domani mattina presto. Grazie Luigi dell’ottimo vino, anche se più di vino si dovrebbe parlare di nettare. La sera del lunedì, stanchi dell’impegnativa giornata di sci al seguito di Rosario che aveva fatto far loro un sacco di piste e quelle più belle anche due volte, se non avessero prenotato la cena al rifugio, disdicendo quella all’hotel, certamente sarebbero andati a letto presto per riposare le stanche membra, ma tutto ciò non fu possibile. Dopo essersi cambiati indossando un abbigliamento sportivo, ma elegante, il gruppo si ritrovò al bar dell’albergo. Quando tutti furono presenti, Salvo invitò tutti ad uscire per andare al luogo dell’appuntamento con il gatto delle nevi. Gli “studenti” precedevano, affiancavano e seguivano il gruppo degli “anziani” che con passo lesto si avviarono al piazzale della cabinovia. Giunti al punto di ritrovo, trovarono “il gatto” che li stava aspettando e pur essendo loro in 16, una volta saliti a bordo, partì immediatamente senza attendere di completare il numero di posti a sedere. L’ambiente aveva completamente cambiato aspetto rispetto al giorno, era completamente cambiato e ripulito, i tavoli erano predisposti con candide tovaglie ed erano apparecchiati con tripla posateria e bicchieri. Al centro della sala uno scoppiettante caminetto dava un senso di allegria e di calore emanando nell’aria un buonissimo odore di resina di pino. Ancora un paio di viaggi del gatto delle nevi e l’ambiente sarebbe stato completo di commensali. In mezzo ai tavoli era sistemato un contenitore con il ghiaccio nel quale era immersa una bottiglia di Prosecco mentre alcune ciotole di olive verdi, di salatini e di involtini di pasta frolla contenenti i più svariati ripieni, erano disposte vicino al secchiello dello spumante. Sul tavolo riservato da Arcuri al margine della sala di fronte all’ingresso, i secchielli erano tre. 100 Una persona, che dall’aspetto doveva essere il titolare o il gestore, appena furono tutti seduti, si precipitò accanto all’avvocato e con un perfetto e deferente inchino rivolto ai coniugi disse: - Quale onore, Don Salvatore, avervi ancora ospite in questo nostro modesto ristorante, spero rimarrà soddisfatto, ma per qualsiasi cosa mi ritenga a sua più completa disposizione. Servo vostro. Camerieri……. Luigi e Mario si guardarono di sottecchi con un accenno di meraviglia dipinto in volto, mentre, per non far notare l’espressione, presero una busta di grissini dall’apposito contenitore. Tre camerieri si avvicinarono, presero in mano le bottiglie, ma solo uno l’aprì discretamente, senza il botto, versando una piccola quantità nel bicchiere dell’avvocato. Dopo averlo appena assaggiato e fatto un cenno d’assenso con la testa, gli altri due camerieri aprirono a loro volta le bottiglie e cominciarono a versare. Salvo prese nuovamente il flùte in mano e alzandolo leggermente, con un sorriso disse: - Alla nostra salute ed in particolare a quella dei nostri amici che ci hanno onorato con la loro presenza, qui questa sera, e con l’augurio di poter passare un’ottima settimana assieme in sincera e cordiale amicizia. Mentre sorseggiavano il Prosecco e mangiavano gli stuzzichini, giunse il maitre di sala che si pose al centro del tavolo di fronte ai coniugi Arcuri: - Buona sera madame, buona sera don Salvatore, buona sera signori, questa sera potrei offrirvi…….. Solo d’antipasti propose circa dieci varietà tra calde e fredde. I primi ed i secondi spaziavano in una varietà di prelibatezze da avere solo l’imbarazzo della scelta su cosa scegliere, non potendo mangiare tutto quanto offerto. Le loro specialità erano tutti i tipi di selvaggina, i funghi porcini e i misti di bosco nonché la “polenta concia” dove la polenta serviva solo a tener amalgamata la quantità e la varietà dei formaggi contenuti in essa mentre, al calore, fondevano. Fatte le ordinazioni, vennero serviti a ciascuno i vini abbinati alle pietanze scelte. Molti degli studenti, rifiutarono il vino per passare piuttosto a bibite analcoliche o all’acqua minerale. Come da copione, ogni signora sedeva accanto al marito dell’altra, intrecciando la conversazione in attesa di vedere servita la cena. A Luigi fu abbinata Emma che si rivelò essere una buona commensale anche se, come d’uso per gran parte delle donne del sud, teneva lo sguardo abbassato e la voce era flebile, tanto da essere un problema seguire il discorso nel brusio abbastanza forte della sala. In un angolo, diametralmente opposto al loro tavolo, c’era un giovane che intratteneva i commensali suonando, molto discretamente, una tastiera elettronica creando un sottofondo piacevole al conversare e al consumare le pietanze. Il tempo passò gradevolmente tra una prelibatezza e l’altra fino a giungere al dessert. 101 Esso fu un vero capolavoro di alta pasticceria. Su di un piatto piano, più grande dei normali, al centro troneggiava una crepe Susette flambé, circondata da tre bignè alla crema ricoperti con cioccolato fuso caldo e spruzzati di zucchero velo e tre piccole palline di gelato racchiuse in altrettante coppette di zucchero caramellato. Era quasi mezzanotte quando decisero di scendere a valle per rientrare in albergo. L’indomani sarebbero andati a sciare un po’ più tardi, ma ne era valsa veramente la pena. Il gruppo si alzò da tavola e si avviò verso l’uscita. Come la sera precedente al bar, nessuno si avvicinò a Salvo per porgere il conto ed anzi il titolare si diresse verso la porta per aprirla ed inchinarsi nuovamente al passaggio dei signori Arcuri. Il gatto delle nevi era pronto ad aspettarli, con il motore acceso, per riportarli a valle. Solamente loro, anche se quattro persone attendevano pazientemente di scendere ed erano lì prima del gruppo. Avrebbero dovuto attendere che “il gatto” ritornasse a prenderli. Grazie all’affiatata compagnia, la settimana volò in un lampo e venne il sabato mattina, giorno di fine vacanze e di rientro per le famiglie Barberini e Galeazzo. Non così invece per gli Arcuri e il loro seguito i quali si sarebbero fermati ancora una settimana. Dopo colazione le tre famiglie si diressero verso la hall per i saluti e gli abbracci di rito. Questa volta però erano veramente sentiti, da tutti e sei. I tre uomini si scambiarono il biglietto da visita ed Emma e Salvo si fecero promettere solennemente che l’estate prossima gli amici sarebbero scesi in Sicilia. - Voi dovete solamente prendere l’aereo ed arrivare all’aeroporto di Punta Raisi. Mi dite l’ora dell’arrivo e personalmente verrò a ricevervi per condurvi alla vostra sistemazione. Non dovete preoccuparvi di nulla, penso a tutto io, oramai conosco i vostri gusti e le vostre esigenze, mentre per voi sarebbe un problema e dovreste appoggiarvi a qualche agenzia di viaggio, la quale, non saprebbe nemmeno in che ambiente vi sistemerebbero. Loro fanno tutto per corrispondenza e si fidano delle dichiarazioni degli albergatori, per me che sono del luogo, la cosa è più semplice decisamente. Qualche volta, per gli ospiti, la realtà è ben lontana da quanto visto su depliants e locandine varie. - Grazie Salvo - disse Luigi - mentre Mario annuiva stringendo forte la mano dell’amico, ho sempre saputo che il cuore e la generosità dei Siciliani sono proverbiali, ma mai avrei pensato a tanto. Capisco, con la tua posizione sociale e le probabili molteplici conoscenze, ti sarà più semplice che ad altra persona, comunque il disturbo sarà veramente notevole e pertanto ti ringraziamo di cuore. Penso di passare un periodo bellissimo e nell’attesa ci documenteremo sulle bellezze dell’isola in modo da arrivare almeno un poco preparati a gustare quanto avremo occasione di vedere. 102 - Non preoccuparti Luigi - intervenne Emma - nessun disturbo per Salvo, fa tutto telefonicamente, per lui basta mezza parola ed è tutto sistemato. In teoria potreste andare domani mattina a Palermo e, anche se noi siamo qui, trovereste tutto pronto e sistemato, figuriamoci per agosto, perché è ad agosto che avete detto di venire, vero? - Sì! Altri periodi purtroppo non ci sono concessi con il lavoro di Luigi - interferì Giulia - ma anche per Mario la questione non cambia, anche lui chiude i cantieri di lavoro ad agosto quando i fornitori delle materie prime sono pure in ferie e non consegnano la merce. Poi parlano di ferie intelligenti e diluite! Maria Luisa intervenne: - Peccato che il tempo passato piacevolmente passi così presto, ma ora, scusatemi, dobbiamo salire in camera per ultimare la preparazione dei bagagli. Si avvicinò ad Emma, l’abbracciò, e quando si sciolsero entrambe avevano gli occhi lucidi ed un sorrisetto stentato sulle labbra. - Su, su, bando alle tristezze - interruppe Salvo - non dobbiamo commuoverci, ma essere felici perché quest’estate ci rivedremo. E’ vero, ci sono ancora quasi sei mesi, ma allora staremo assieme un mese e non solamente una settimana. Buon viaggio amici, buon rientro e buon lavoro. Vedrete, l’attesa delle ferie estive non sarà poi così lunga. Nel frattempo alcuni degli studenti, Rosario compreso, si avvicinarono per salutare, anche a nome degli altri compagni impegnati altrove. Saluti, incroci di mani che si stringevano, frasi più o meno di circostanza impegnarono per alcuni minuti il piccolo gruppo. I nostri cinque amici entrarono nell’ascensore in silenzio per salire al secondo piano. Ognuno aveva lo sguardo fisso ed assorto e pensava, in vario modo, a quanto era accaduto in così poco tempo. Luigi, il più diffidente e sospettoso di tutti, ripensava a certe situazioni, piccoli atteggiamenti, comportamento di terze persone estranee, frasi ed insinuazioni, vissuti nell’arco di una settimana le quali conducevano alla stessa domanda: - Chi è veramente Salvo? L’ascensore si fermò al piano e tutti ebbero come un piccolo sussulto, che stessero pensando tutti la stessa cosa? Probabilmente nessuno avrebbe avuto l’intenzione di sollevare l’argomento per non sembrare sospettoso. Quando si pensa alla Sicilia ed ai Siciliani, per luogo comune, si pensa alla mafia e a “cosa nostra”, sicuramente sbagliando, perché la stragrande maggioranza delle persone è gente normale, anche se con una mentalità, delle usanze e tradizioni che differiscono dalla popolazione del nord. Quando uscirono sul corridoio, si diressero alle rispettive camere silenziosamente dicendo solo: - Ci vediamo tra un’oretta nella hall, pronti per partire. – Va bene, a tra poco. Il viaggio di ritorno avvenne in modo tranquillo, il traffico era abbastanza scorrevole nel loro senso di marcia anche perché il grosso dei partenti avrebbero intrapreso il viaggio al pomeriggio per 103 guadagnare mezza giornata. In direzione opposta, al contrario, il traffico era intenso. Giunsero a Padova a metà pomeriggio e a piazza delle Erbe si fermarono un attimo per salutarsi in quanto in quel punto le strade prendevano direzioni opposte per giungere alle rispettive abitazioni. - Grazie della bellissima settimana trascorsa assieme - disse Mario - la prossima volta verrete a casa nostra per vedere le diapositive scattate a Madonna di Campiglio. Nel frattempo saranno state sviluppate ed intelaiate. Speriamo siano riuscite bene, ma con quel tempo splendido che abbiamo avuto, devono essere riuscite per forza. - Ciao Maria Luisa, ciao Mario, statemi bene, buon lavoro per lunedì. Sarà duro vestirci bene, con la giacca e la cravatta, piuttosto che con la tuta da sci, ma sarà solamente il primo impatto, poi tutto diventerà cosa normale. Per le nostre mogli sarà anche una giornatina di quelle mica male con tutti gli indumenti da lavare e riporre negli armadi per il prossimo anno. Giulia intervenne nel discorso: - Meno male! Hai capito che il nostro lavoro di donne di casa è pure oneroso, anzi, domani dovrebbe essere domenica, giornata di riposo ed invece comincerò già fare delle lavatrici e mettere ad asciugare. Per noi donne le giornate festive spesso si rivelano giorni lavorativi. Di rimando, senza perdere occasione, l’amica incalzò: - Sì, hai proprio ragione perché, comunque bisogna rifare il letto, spolverare, far da mangiare, lavare i piatti e quant’altro una casa richiede sia lunedì o domenica, sette giorni su sette. - Ta. ta. taaaaaa…. - fece il verso Mario, - eccole le femministe che insorgono! Non andiamo avanti su questo argomento perché altrimenti rimaniamo qui in piazza per tre giorni a discutere e non avremmo, comunque, concluso nulla. Ciao ragazzi, buon rientro e ci sentiamo la settimana prossima. Ognuno montò sulla propria autovettura e si allontanarono per raggiungere la propria abitazione. CAPITOLO 4 Il solito ritmo di vita era ricominciato, i giorni trascorsi in allegria su, in montagna, erano ormai un bel ricordo e si andava offuscando. Solamente, ogni tanto, a Luigi venivano in mente i 104 coniugi Arcuri con il loro seguito e si concedeva qualche minuto per pensare e fantasticare sull’ambiente in cui loro vivevano in Sicilia. Lo studio legale era situato in via Principe di Villafranca, in una via centrale dove era possibile trovare numerosissimi altri studi. Probabilmente era una via relativamente vicina al Tribunale di Palermo e pertanto molto ambita dagli avvocati. Controllando l’indirizzo della loro abitazione, la stessa era sistemata alla periferia di Palermo, nella Conca d’Oro, che si estende attorno alla città ed è digradante dolcemente verso il mare. Così almeno dicevano alcuni scritti d’informazione turistica che Luigi aveva cominciato a comperare per prepararsi alla vacanza estiva. Seduto alla sua scrivania aveva sottomano alcuni incartamenti da controllare quando, dopo aver bussato, entrò la sua segretaria Gioia. - Mi scusi dottore, ieri sera ha telefonato il signor Aquilante chiedendo se ci fossero delle novità per lui. Non sapendo quale era stato il motivo della sua visita, prima delle sue vacanze invernali, ho riferito che l’avrei informata e poi lo avrebbe chiamato lei. Inoltre ha lasciato, in quella settimana, un plico abbastanza grosso e io l’ho inserito nel suo cassetto della posta in arrivo. - Giusto, è vero! – esclamò Luigi – l’avevo visto ma non ho avuto tempo ancora di esaminarlo, cosa vuole sono bilanci e documentazione varia e per interpretarli ci vorrà del tempo. Adesso è ora di dedicarsi a quel problema. Lo chiami lei, per favore, e gli dica che sono a buon punto e a giorni lo inviterò a passare da noi per prospettare una possibile soluzione. Dopo essersi fatta firmare alcune pratiche ed alcune deleghe bancarie, Gioia uscì dallo studio per rientrare nel suo ufficio. Aperta la busta e riletti gli appunti fattisi durante la prima visita di Aquilante, cominciò a verificare quanto effettivamente, nell’ultimo triennio, era costantemente in credito d’imposta IVA, ma il risultato più preoccupante e più grave, era l’essere in aumento esponenziale, cosa assolutamente improbabile ed impossibile. Si trattava di trovare un escamotage che potesse essere plausibile e potesse giustificare la situazione esistente. La cosa era di difficile soluzione, ma fu proprio questo a pungolare l’orgoglio professionale del dottor Barberini, riuscire dove, forse, altri non sarebbero riusciti. Gli si prospettava un periodo di intenso lavoro in quanto non poteva abbandonare tutto il resto per seguire solamente quel problema. Voleva dire, contrariamente a quanto si pensa, pure lui, come si lamentavano le “donne di casa”, avrebbe dovuto lavorare la domenica sperando che Mario e Maria Luisa non li invitassero tanto presto per vedere le diapositive. Alcuni giorni Luigi avrebbe voluto il tempo si fermasse, l’orologio non scandisse più le ore con ritmo incessante, perché arrivava la sera e praticamente non aveva combinato niente di concreto, aveva solamente buttato giù delle bozze di progetti da 105 rivedere, controllare e forse, alla fine, cestinare perché impossibili da realizzare. Giulia si accorse di questo stress che stava opprimendo il marito e una sera, dopo cenato, cercò di giocherellare con lui sul divano in salotto, nella speranza di vedergli spuntare un sorriso sulle labbra. Luigi si rilassò e stette al gioco della moglie, trovandone beneficio soprattutto mentale. Si misero a stuzzicarsi, farsi reciprocamente solletico, rincorrendosi per la casa nel tentativo di catturare il coniuge che stava scappando, sembravano dei bambini. La spensieratezza era tornata tra quelle mura, l’allegria era di nuovo spuntata come nei primi tempi del matrimonio. Scappando di qua e di la, la corsa finì in camera da letto, la luce era spenta, inciamparono entrambi sul scendiletto ed aggrappandosi l’un l’altro caddero pesantemente sul lettone. Forse Sergio avrebbe avuto un amichetto! Erano passati poco più di trenta giorni dal loro rientro, era un giovedì di fine mese, quando Luigi sperò di aver risolto il difficile problema di Aquilante. Schiacciò l’interfono per comunicare con Gioia, quando rispose gli disse: - Può chiamare Aquilante e fissare un appuntamento per lunedì mattina o pomeriggio come preferisce lui. - Bene dottore, provvedo immediatamente. Stavo per chiamarla per avvisarla che sulla linea due c’è l’ingegner Galeazzo per lei. - Grazie, la prendo subito. Pronto? Mario….qual buon vento, come stai, anzi come state? - Bene, grazie, molto bene, anche se si stava meglio a Madonna di Campiglio, ma come già detto e ridetto le cose belle finiscono presto, sono quelle brutte a durare a lungo. Ma tra di noi parliamo sempre e solo di cose belle, venite domenica da noi? Ho sviluppato le diapositive, le ho selezionate e riordinate nei caricatori pronte per proiettarle. - Domenica saremo al primo di aprile! Penso proprio di sì, potremmo vederci, perché poi è presto Pasqua e ci saranno altri problemi, raduni con i parenti e tutto quello conseguente alle festività. Chiamo immediatamente Giulia perché telefoni a Maria Luisa e si mettano d’accordo tra di loro sull’orario e tutto il resto. Ehi, adesso mi viene in mente, non sarà mica uno scherzo, saremo al primo di aprile! Scoppiarono in una risata: - Non ci avevo pensato al pesce d’aprile, no stai tranquillo è tutto vero. Poi, figurati, è quasi un mese mezzo che non ci vediamo. Io sono stato oberato di lavoro e, non avendoti sentito, ho pensato che anche tu lo fossi stato. - Eccome! Pensa, sono dovuto venire in ufficio due domeniche di seguito per risolvere un grosso problema di un cliente. Non mi dava pace e mi faceva star male anche di notte. Poverino, 106 ho partecipato anch’io ai suoi problemi! Spero però di aver raggiunto una soluzione possibile e abbastanza indolore. - Ne sono convinto! Per queste cose tu sei un mago. Bene ti saluto, ti lascio al tuo lavoro e ci vediamo domenica pomeriggio. Salutami Giulia. - Non mancherò ed altrettanto ti prego di salutare Maria Luisa e dare un bacino a Sergio. Ciao e grazie della telefonata e dell’invito. La settimana lavorativa si concluse e Luigi, avendo forse risolto il problema di Aquilante, era più sereno tanto da rientrare a casa relativamente presto. Quando Giulia gli venne in contro lungo il corridoio, come sempre, Luigi l’abbracciò le diede un bacio e le propose di vestirsi ed uscire per andare a cena fuori. - Come mai sei rientrato così presto? Era tempo che non avevo questo regalo di vederti il tardo pomeriggio e poi a cena fuori cosa è successo? Cosa festeggiamo? - Mi sono tolto, almeno spero, un grosso dilemma con un cliente; penso di aver risolto i suoi problemi. E’ stato impegnativo, ti ricordi che due domeniche sono dovuto andare a lavorare e forse quelle, nel silenzio dell’ufficio chiuso, mi hanno aiutato a ragionare senza essere interrotto continuamente. Voglio festeggiare, anche per scaramanzia, l’esito positivo dell’operazione. - Ma bene! Auguri! Esco volentieri. Da quando siamo ritornati dalla montagna non passiamo una serata completa insieme. Dove mi porti? - Pensavo a due ristoranti, completamente diversi l’uno dall’altro, non li conosco, non ci siamo mai stati, ma ho inteso parlar bene da alcuni miei clienti. Uno è il “Cubita”, è un po’ fuori, in Riva dei Ponti Romani e la loro specialità sono appunto i cibi cubani. L’altro, più vicino, in via Milano e si chiama “Ristorante Antico Brolo” e la loro specialità è di proporre ogni giorno delle novità dell’arte culinaria, con cibi sfiziosi e ricercati sia per gli ingredienti, sia per l’esecuzione e la presentazione. Cosa scegli? - Quale impegno mi dai, è difficile. Sarei curiosa di provare la cucina cubana, ma anche una cena ricercata mi attira. Dei buoni antipasti caldi, primi piatti a sorpresa ….mmmm, mi viene l’acquolina in bocca. - Per quanto riguarda la cucina cubana, di cui mi sembra non abbiamo mai sentito parlare, ho chiesto informazioni ad un mio cliente il quale mi aveva accennato di esserci stato. Di base hanno la carne suina preparata in tutte le forme e in tutti i modi, il pesce e in particolare i crostacei. La loro cucina principalmente deriva da quella creola ed africana, come il “congri” che viene preparato con fagioli neri e riso insaporiti con moltissime spezie e accompagnato dai “viandas”, sorta di tuberi cotti ed aromatizzati. Poi usano frutta esotica come le banane, la papaya e mille altri. Da bere offrono 107 “succo di canna” e “succo di melassa” oltre, ovviamente a birra, rhum e caffè che sono le bevande più diffuse a Cuba. - Da quanto propostomi , quello da cui sarei più attratta, sarebbero i crostacei, però per il resto ho delle riserve. Potremmo andarci un’altra volta, magari con i nostri amici, per fare una cosa nuova ed improvvisata. Se lasci scegliere me, per questa sera, andrei sul sicuro: andiamo all’Antico Brolo! - Bene, approvato! Per dire il vero anch’io desideravo provare delle novità restando però nella cucina tradizionale. Dai cubani andremo, se ne avranno voglia, con Maria Luisa e Mario. A proposito, hai parlato con l’amica per domenica? Intanto vado a telefonare per prenotare un tavolo. - Sì, andremo da loro verso le 15.30/16.00, quando Sergio si sarà svegliato dal pisolo pomeridiano. Vado a vestirmi e a truccarmi un po’. Quando usciamo? - Io penso un po’ prima delle otto, già il ristorante è relativamente vicino e in circa 20 minuti a piedi dovremmo esserci, senza dover spostare la macchina. Arrivarono in via Milano e scorsero l’insegna del ristorante. Entrarono prima in una veranda, molto ben riscaldata, dove erano sistemati una decina di tavoli. Solamente un paio erano occupati, ma sugli altri c’era il cartellino della prenotazione. Una gentilissima persona, probabilmente il proprietario, si avvicinò chiedendo: Buona sera signori, avete prenotato? - Sì certamente – rispose Luigi – siamo Barberini ed abbiamo prenotato per due. - Ma certamente, accomodatevi prego, vi ho preparato un tavolo all’interno, in un angolo, dove starete tranquilli. E’ veramente un piacere per me averlo per la prima volta nel mio ristorante, dottore. - Grazie mille – incalzò Luigi prendendo sottobraccio Giulia ed entrando nella prima delle sale interne – ma da come si è espresso sembrerebbe quasi mi conoscesse. Come mai. Erano giunti al tavolo e mentre il proprietario scostava la seggiola per far sedere Luisa, rivolto a Luigi intervenne: - Lei non si ricorderà di me, ma un paio d’anni addietro ho avuto bisogno di una sua consulenza per un problema fiscale, egregio dottor Barberini. - Effettivamente no – si giustificò Luigi – la fisionomia non mi è nuova, ma, al momento, mi sfugge l’occasione del nostro incontro. Con tanti problemi e tante persone incontrate, non sempre ricordo tutto. Lei invece, ne vede tante più di me, ma riesce a memorizzare le loro sembianze. Complimenti! - Signori vi auguro una buona serata. Vi mando subito il capo cameriere per le ordinazioni ed il sommelier per i vini. Buon appetito e spero di rivedervi al più presto. Passarono una serata piacevole e, bisogna dire il vero, il ristorante era all’altezza della fama goduta in città anche per 108 l’arredamento e l’ambientazione. Furono felici di non aver ordinato anticipatamente tutte le portate! A prima vista, il primo piattino con l’antipasto fece rimanere un po’ delusi Giulia e Luigi, infatti, per quanto ben disposto ed ornato con ciuffetti di prezzemolo, alcune foglie di rucola e fili di carote, al centro del piatto c’era una “formina” somigliante a un creme-caramel. Una volta in più fu dimostrato che le apparenze possono ingannare, si trattava invece di un deliziosissimo suofflé di formaggio Montasio accompagnato da una salsina leggermente piccante. Una delizia! A questo primo piattino d’antipasto ne seguirono altri due, variamente e squisitamente assortiti e decorati. Poi venne servito un tris di primi piatti, con degli accostamenti di sapori tali da lasciare favorevolmente impressionati Giulia e Luigi. Il tutto venne accompagnato da un gradevolissimo e ben fresco “Prosecco di Valdobbiadene”. Il secondo consisteva in un filetto di manzo al pepe verde circondato da numerosi piccoli contorni, dalle spinaci al burro e patatine al forno, a funghi porcini e frittatina al tartufo, accompagnato da un Refosco dal peduncolo rosso del Collio Goriziano. L’abbinamento era perfetto! La cena fu così completa, deliziosa ed abbondante, dal far desistere Giulia a farsi portare il carrello dei dolci. Per una golosona come lei, il rinunciare al dolce voleva dire essere veramente sazia. Prima di rientrare a casa sostarono ancora un’oretta ad un vicino piano bar. Luigi sapeva che avrebbe fatto felice la moglie concludendo la serata facendo alcuni balli, calmi e tranquilli, con musiche degli anni ’50 e ’60. Piano bar, per modo di dire, infatti il pianista aveva una di quelle tastiere elettroniche e, pur essendo da solo, sembrava ci fosse un complessino di almeno tre o quattro persone a suonare. Arrivò anche la domenica pomeriggio e si recarono, come d’accordo, a casa Galeazzo. Mario aveva già preparato tutto per effettuare la proiezione delle diapositive. Vide i due caricatori inseriti nei due proiettori abbinati per effettuare le dissolvenze incrociate ed altri due da inserire successivamente. Lo schermo era già posizionato vicino alla parete. - Ma che bravo, tutto già pronto, - disse Giulia – sono veramente curiosa di visionarle, in quella zona ci sono degli sfondi con i monti innevati che sono una meraviglia…..poi ci siamo noi….. A questa battuta, scoppiarono a ridere. - E’ tutto pronto non perché abbia fretta, ma perché per tirare fuori tutto l’armamentario, fare i collegamenti elettrici, provare se i meccanismi automatici per la dissolvenza funzionino, porta via parecchi tempo e non era il caso di farlo con voi presenti. - Hai fatto bene, intervenne Luigi, anche perché sono molto curioso e, se fosse possibile, mi piacerebbe vederle subito. - Certo! Accomodatevi, cominciamo immediatamente. Ah sì! Beviamo qualcosa subito o dopo la proiezione? Dura circa 40 minuti. 109 - Dopo, dopo, per quello che ci riguarda, abbiamo da poco preso l’ultimo caffè che ci concediamo nella giornata per non avere difficoltà ad addormentarci stasera. Presero posto comodamente sulle poltrone o sul divano, anche Sergio andò in braccio della “zia” Giulia perché ci teneva in modo particolare rivedersi vestito da sciatore. La proiezione iniziò con la diapositiva che portava il titolo: “Settimana bianca a Madonna di Campiglio – 14 – 21 febbraio”. Sul nastro dove erano incisi gli impulsi per il cambio automatico delle diapositive con tempi di visione più o meno lunghi a seconda dell’interesse dell’immagine, c’era incisa pure una musica d’accompagnamento veramente deliziosa ed appropriata. Proiettata la centoquarantesima diapositiva essa recava la scritta: “FINE e alla prossima volta”. Gli amici applaudirono esclamando: - Bellissime, sei veramente bravo nell’inquadrare l’essenziale, poi la qualità dell’immagine, la luce, i colori, tutto splendido. Sarà bravo il fotografo, è vero, ma hai anche una macchina buonissima! Luigi intervenne: - Scusa Mario, sarebbe troppo difficoltoso farmi rivedere le foto di gruppo del giorno dove eravamo noi soli uomini in quell’escursione fino a Folgarida, non ci sono tante, solamente una decina, puoi farlo? - Si! Certo, magari tolgo l’automatismo e le faccio avanzare manualmente, non ci sarà nemmeno la musica. Per te va bene lo stesso? - Nessun problema, vorrei rivedere, magari un po’ più a lungo, alcune inquadrature. Ho notato alcune cose, ma nella velocità della sequenza programmata, non sono riuscito a metterle bene a fuoco. - Mentre preparo i proiettori, Maria Luisa ti prego, fai gli onori di casa, offri qualche cosa ai nostri amici. - Grazie, mi è venuta un po’ di sete, disse Giulia, una bibita fresca la gradirei volentieri, magari anche solo acqua minerale. - Vado a prendere aranciata, Coca Cola, pompelmo, dimmi tu. Voi uomini prendete una bella birra fresca? - Questa si è una bella idea, confermò Mario. Siamo ancora lontani dalla cena, possiamo bere una birra e lasciare passare il tempo necessario per non mescolarla con il vino. - Berrò volentieri una birra. Ma da come ti sei espresso, avete organizzato anche la cena. - Per voi è più facile rimanere, non avete “ancora” bambini piccoli da portare a nanna. Anzi, se vi va, dopo cena, messo a letto Sergio potremmo fare una bella partita di carte. Scala quaranta o Machiavelli o quello che preferite. - Quell’ancora suona molto da rimprovero, anche se messo lì velatamente in mezzo al discorso - confermò Giulia -. Comunque mai lasciare limiti alla Provvidenza. Nessuno ci fece caso a quell’esclamazione, ma Luigi si voltò verso la moglie con aria interrogativa, ella lo vide e abbassò gli occhi 110 come per guardare Sergio che le stava in braccio, ma con un sorrisetto appena appena accennato. Quando se ne fossero andati e fossero rimasti soli avrebbe chiesto spiegazioni su quella frase. - Ecco Luigi, tutto pronto, quando vuoi possiamo partire con le immagini. Se hai piacere che mi soffermi su qualcuna in particolare non hai altro che chiedermelo. La luce venne di nuovo spenta e partì la prima immagine. Si vedeva Salvo, Luigi e Rosario con altri tre degli allievi dell’avvocato alla partenza di una seggiovia. La seconda raffigurava gli stessi personaggi in altre posizioni con alle spalle una pista di sci. Nella seguente erano seduti al tavolo esterno di un rifugio mentre prendevano delle bevande calde. L’ultima raffigurava il gruppo mentre era fermo per la pausa pranzo, all’interno di una bella baita, in alto, probabilmente a Marileva. In quest’ultima, fatta con l’autoscatto c’era pure Mario. I tre amici, seduti su di una panca, si erano tolti la giacca della tuta perché all’interno faceva veramente caldo, mentre i loro quattro accompagnatori, pur essendosi tolti i berretti ed i guanti avevano tenuto addosso le giacche. Rosario, da buon “maestro” aveva una tuta e poteva essere plausibile, ma gli altri no. Qualche cosa aveva colpito l’attenzione di Luigi, ma non riusciva a vederne il nesso, a parte il non essersi tolta la giacca. - Mario, ti prego, anche se le immagini non saranno tanto nitide, avendo i tuoi proiettori lo zoom, potresti avvicinare l’immagine in modo da portare in primo piano un personaggio? - Volentieri, ma cosa cerchi? - Non lo so neanch’io, però c’è sicuramente qualche cosa la quale non mi pare del tutto normale. Essa mi disturba la vista e non riesco ad individuarla. Proviamo come t’ho detto, ti prego. La figura di Salvo apparve in primo piano e, benché meno chiara, sembrava normale. Poi apparve Rosario, poi Luigi ed infine uno degli studenti. La sequenza venne ripetuta su tutte e quattro le foto compresa l’ultima dove c’era pure Mario. - Ho trovato! - gridò Luigi - fammi rivedere solo l’ultima dove siamo noi tre senza giacca e gli altri vestiti. Sì! Ecco cos’è che non va! Sarà magari una mia fisima, ma osserva anche tu. Noi tre siamo “normali” mentre gli altri quattro, che non si sono spogliati, hanno un rigonfiamento sotto la spalla sinistra. Cosa dici sia Mario, dimmelo, dimmelo se hai il mio stesso sospetto. - Per dire la verità sembrerebbe il rigonfiamento causato dal portare sotto l’ascella una pistola. Ma perché dovrebbero essere armati? Saranno forse delle guardie del corpo? Ma allora chi è Salvo? Non fare venire anche a me brutti pensieri, sai che sono impressionabile. - Non pensiamo subito male - placò la tensione Luigi -. Noi lo sappiamo essere avvocato, almeno così ce l’ha detto lui, ma potrebbe essere, per quanto ne so, anche un deputato al Parlamento siciliano o al Governo nazionale addirittura e sai che loro hanno sempre la scorta. Potrebbe essere un Pubblico Ministero, il quale è 111 pur sempre un avvocato, e che abbia fatto condannare dei personaggi scomodi che l’abbiano minacciato e lui si difende. Potrebbe essere un avvocato di grido che abbia difeso male qualcuno e per un errore suo, l’abbia fatto condannare. Non lo so, ma la mia prima impressione, anche su in montagna, mi dava qualche sospetto: marito e moglie con dieci “studenti”! Grazie di avermi accontentato con le foto, ora permettimi di aiutarti a smontare il tutto. Non pensiamoci più e finiamo in bellezza la giornata. - Non sarà facile, oramai mi hai messo una pulce nell’orecchio e, sapendo come sono fatto io, di tanto in tanto mi torneranno in mente le foto che mi hai fatto notare e ci fantasticherò sopra. Si sedettero in salotto e si misero a sorseggiare le bibite, chiacchierarono, cenarono e finirono la serata con una bella ed impegnativa partita di bridge. Anche Luigi, ogni tanto, ripensava alle immagini delle diapositive e la sua mente fantasticava in una miriade di ipotesi. Egli sempre tanto attento nel gioco del bridge, quella sera commise parecchi errori, delle dichiarazioni sbagliate fecero perdere alcune partite anche a Maria Luisa, la sua compagna di gioco. Si scusò adducendo la sua disattenzione allo stress accumulato sul lavoro durante le passate settimane. Ma ebbe paura di non essere creduto. Erano ormai passate da una decina di minuti le 23, quando si accomiatarono dai coniugi Galeazzo per rientrare a casa loro. Augurarono una buona settimana agli amici ripromettendosi di sentirsi senz’altro prima di Pasqua. Usciti dal portone, si avviarono verso l’automobile posteggiata poco distante e, strada facendo, Luigi chiese alla moglie: - Oggi pomeriggio, nel contesto di un discorso, parlando di bambini, tu hai detto: “mai lasciare limiti alla provvidenza”, cosa volevi dire, cosa intendevi con quelle parole? - Mi sono accorta che sei un po’ trasalito a quella frase, e volevo appunto vedere la tua reazione. Non ti ho detto ancora nulla, perché non ne ho la certezza, ma potrei essere in attesa di un bimbo. Ho l’appuntamento per mercoledì con il ginecologo e a quel punto avremo la risposta definitiva. - Ma è meraviglioso! Io desidererei veramente fosse vero e non solo un falso allarme. Ma pensa, un bambino, noi, una vera famiglia. Che bello! Sono tutto emozionato. Adesso l’attesa sarà lunga ed i mesi non passeranno mai. Secondo te quando dovrebbe nascere se oggi siamo, ancora per poco, il primo di aprile? - Se non sbaglio, ma il medico sarà di certo più preciso nell’ipotizzare, dovrebbe nascere verso la fine di novembre. Avremo tempo di andare anche in villeggiatura in Sicilia il mese di agosto, magari con il pancione! Si misero a ridere, mentre salivano in auto per far rientro a casa. A quel punto Luigi si accorse quanto era emozionato, fece difficoltà ad inserire le chiavi nell’accensione situata sul piantone 112 dello sterzo, infatti gli tremavano un poco le mani. Tirò un profondo sospiro per stabilizzarsi, poi l’automobile partì lungo il viale. Arrivò pure il lunedì mattina dove, verso le 11,00 sarebbe venuto allo studio il signor Aquilante. Luigi tolse dalla cassaforte la pratica del probabile nuovo cliente per rileggere i punti essenziali della risoluzione ipotizzata e da illustrare al signor Fulvio. Quando la segretaria annunciò il suo arrivo, Luigi stava leggendo on-line via internet le ultime notizie pubblicate sul “Sole 24 ore” riguardanti la sua professione. Dopo i soliti convenevoli, i due si sedettero al tavolo delle riunioni, a lato della stanza, per essere più comodi con il tavolo libero da pratiche e incartamenti vari. Luigi aprì il fascicolo di Aquilante ed incominciò: - La situazione è davvero ingarbugliata e presenta parecchi punti di difficile risoluzione. Io avrei trovato una soluzione, però sarebbe sul filo del rasoio quanto a credibilità, ma potrebbe essere abbastanza facilmente sostenibile, almeno a difesa del proprio operato. - Dottore, lei mi tiene sulle spine - replicò il cliente - sono impaziente di sentire i risultati delle sue ricerche. - Allora partiamo dall’acquisto da parte sua della materia prima, sia essa seta, lana, cotone o materiali sintetici, la quale viene totalmente fatturata dai vari produttori e fornitori. Una volta creati i modelli e gli stampi nelle varie taglie essi vengono spediti, unitamente alle pezze di stoffe, alla ditta esecutrice materiale dei manufatti in Romania. Fino a qui tutto corretto? - Sì! Perfetto. E poi? - A questo punto dobbiamo cercare di far “sparire” un po’ di merce. Innanzi tutto, data la scarsa professionalità della manodopera estera, circa il 10% del prodotto originale viene scartato come “parti inutilizzabili”, ma il grosso della perdita risulta nella seconda fase, quando i capi vengono rivisti e migliorati dalle sue dipendenti. Circa un 30% deve venir scartato perché non “rimediabile”. A questo punto la merce inutilizzata dovrebbe essere ceduta a delle società di recupero che dovrebbero riciclare il prodotto, magari, una volta lavorato, rivenduto in pezze, in tinta unita, di altro colore, come avviene in tutti i prodotti riconvertiti. Per cedere questa sua merce di scarto, dovrebbe fatturarla ed il ciclo sarebbe perfettamente chiuso. In realtà lei non scarta nulla, ma rivende questa parte come richiesto dai sui negozianti. L’unica scappatoia da me ipotizzata, è che lei dichiari di non distruggere i capi confezionati, in quanto non vendibili al livello dei suoi clienti, essendo in gran parte boutiques, ma essendo certamente “portabili”, confeziona dei pacchi da inserire nei cassonetti della “Caritas” posizionati in vari punti della città, pensando così di fare della beneficenza. Così facendo un 10% che rimane in Romania, più un 30% in beneficenza da il risultato del 40% da lei ceduto in modo, diciamolo pure, irregolare. 113 La cosa è un po’ tirata per i capelli, fiscalmente inaccettabile e non credibile, ma potrebbe cercare giustificazione nella soluzione morale e umana. Ad un controllo, che io reputo inevitabile, potrebbe costituire un’attenuante e limitare al minimo il danno. Non sono riuscito a trovare altre soluzioni, se non quella di regolarizzare la sua posizione perdendo magari qualche cliente irremovibile. L’unica cosa che potrebbe mantenere e sarebbe di difficile controllo, è il 10% di scarto nel paese estero. Se lei volesse, oltre alla consulenza, che io mi occupassi in seguito anche della pregressa situazione nel tentativo di sanarla come detto, potrei accettarla solamente se da domani in poi lei regolarizzasse fiscalmente il suo operato. Potrebbe essere una soluzione, infatti sarebbe dimostrabile con le date, di averla io ammonita sull’irregolarità del suo precedente stato di cose, anche se giustificabile dal punto di vista umano. Per eliminare il 30% di inutilizzo, dovrebbe cambiare la ditta romena esecutrice, adducendo a motivo della sostituzione, appunto questo suo grado di imperfezione e sostituendola con altra. Penso non ci sia, per lei, difficoltà a trovare altra manodopera in loco. Veda lei, ci pensi pure quanto vuole e mi sappia dire le sue decisioni in merito. Immagino lei sia, ora, un po’ frastornato, ma sappia che è meglio vendere qualche cosa in meno piuttosto di finire nelle grinfie di chi sappiamo noi. Potrebbe essere anche una cosa positiva il cercare di sviluppare nuovi mercati, magari con un campionario dedicato anche a negozi normali oltre che a boutiques. Il signor Aquilante rimase immobile, assorto, si intuiva stesse ripetendo a se stesso quanto appena udito, quando con un filo di voce, immediatamente poi schiaritasi, affermò: - La situazione è proprio grave, ancor più di quanto immaginassi. Lei non mi da molte possibilità a soluzioni alternative. E’ come nelle trattative commerciali o prendere o lasciare, ma anche prendendo c’è sempre il pericolo di future sanzioni. Certo meno pesanti! Io sono fautore essere i proverbi la saggezza delle genti, infatti qui ci sta proprio bene quello che recita: “Bisogna scegliere il male minore”. Mi lasci pensare un paio di giorni, devo parlare anche con mia moglie. Le decisioni le prendiamo sempre assieme, anche se lei con la fabbrica non c’entra niente, desidero avere il suo conforto. - Mi sembra giusto, replicò Barberini, quando si ha una famiglia bisogna coinvolgerla in tutti i problemi, siano essi belli o brutti, la vita deve continuare in armonia ed essere sereni anche affrontando momenti difficili ed impensabili. - Grazie dottore, anche di queste belle parole. Mercoledì o giovedì, al massimo, le darò una risposta ufficiale, ma penso lei possa attivarsi già da ora e prendere in mano la situazione. Io mi darò da fare per sostituire la ditta di confezioni romena, come stabilito. Si alzarono dal tavolo e Luigi accompagnò Aquilante fuori dallo studio, fino alla porta d’ingresso dove, con una stretta di mano, si salutarono con l’impegno si sentirsi i prossimi giorni. 114 Rientrando nel suo ufficio, passò accanto alla segretaria dicendo: - Gioia, probabilmente avremo un nuovo cliente al 99%, il signor Aquilante. Cominci ad aprire una posizione nuova, venga nel mio studio così le passo i bilanci degli anni scorsi, oltre ai dati personali e quant’altro in nostro possesso. Per le cose mancanti, man mano ci saranno necessarie c’informeremo. Il tempo passava inesorabile, le giornate si susseguirono, tra il lavoro e casa, Aquilante aveva confermato la sua decisione di avvalersi dei servizi dello studio Barberini. Giulia aveva avuto, nel frattempo, conferma del suo stato di gravidanza e tutto stava andando nel migliore dei modi. Maria Luisa e Mario, avuta la notizia, erano esplosi in una gioia immensa sommergendoli di congratulazioni ed auguri. Pasqua era passata nel miglior modo possibile, tra visite ai genitori, parenti ed amici. Quando ci si incontrava a casa di qualcuno, si trovava sempre la tavola imbandita a festa e venivano offerte pietanze su pietanze come fossero tre mesi che nessuno avesse toccato cibo. Alla fine la bilancia dette il suo responso e costrinse Giulia e Luigi ad una dieta rigorosa per smaltire le calorie incamerate durante i giorni festivi. Venerdì, 8 giugno, mentre Luigi era indaffarato ed immerso nel suo lavoro, Gioia gli annunciò una telefonata dalla Sicilia di un certo avvocato Arcuri. - Ah sì! L’amico Salvatore, me lo passi signorina. Pronto, Salvo qual piacere sentirti, quali buone nuove? - Ciao Luigi, poiché non ti sei fatto vivo tu, ho chiamato io. Avete deciso? Venite giù in Sicilia ad agosto? O sono quelle promesse fatte e poi vengono disattese, tanto il tempo passa e non ci si ricorda più. - No, non è così, ma ti pare, solamente mancano ancora quasi due mesi e pensavamo con Mario di chiamarti verso fine mese. Poi ci sono novità, mia moglie, Giulia, aspetta un bambino e fare previsioni a lunga scadenza possono essere avventate. Per ora tutto procede molto bene, ma non volevamo impegnarci ed impegnarti nelle ricerche e nelle prenotazioni con tanto anticipo. Se poi qualche cosa fosse andata storta, avremmo fatto brutta figura e fatto perdere tempo a te. - Non pensarlo neanche. Io mi sarei mosso pochi giorni prima del vostro arrivo, mi era più che sufficiente, ma dovrei sapere con buona approssimazione il giorno in cui sareste atterrati all’aeroporto di Palermo, poi per l’ora esatta sarebbe bastato avvisarmi il giorno prima. Piuttosto fai tante congratulazioni alla tua signora oltre a te, s’intende, futuro padre felice. Com’è il clima su da voi? Qui è già iniziata la stagione balneare, le giornate sono splendide e durante le ore centrali della giornata fa veramente caldo come fosse estate. - Per dire il vero ne abbiamo già parlato con gli amici a Pasqua ed in linea di massima avremmo pensato di prendere l’aereo, sabato 115 28 luglio e ripartire sabato 1 settembre. Sarebbero 5 settimane, un sogno! Come sempre però i sogni, forse, non sono realizzabili e dovremo ben studiare entrambi se ci fosse possibile assentarci tanto tempo dai rispettivi lavori. Che bello, per voi l’estate è già arrivata, qui da noi invece, come temperatura non c’è male, ma le giornate sono ancora un poco umide ed il cielo è coperto. La prossima settimana, ti prometto, ti sapremo dire le decisioni finali sulla nostra venuta a Palermo ed abbastanza approssimativamente i tempi d'arrivo e di soggiorno. Ti prego di salutare caramente Emma e dille che serbiamo un caro ricordo della settimana passata assieme. - Aspetto una tua chiamata! Ci conto, guarda, anzi ci contiamo. Anch’io chiudo lo studio in quel periodo, tanto i tribunali fanno le ferie e non ci sono processi importanti. Vedrete, passeremo un altro bel periodo di vacanze. Chiusa la comunicazione, Luigi rimase a riflettere sul colloquio avuto e si chiese come mai Salvatore avesse tutto questo desiderio di rivederci. Forse perché potrebbe non avere tanti amici; figli, per quanto ne sappiamo non dovrebbero esserci! Non ne avevano mai parlato. Forse sarà l’innato senso di ospitalità dei Siciliani oppure il dover mantenere gli impegni proposti essendo uomo d’onore! La differenza di carattere tra la gente veneta e quella siciliana era enorme, due mondi diametralmente opposti. Gli uni bonaccioni, gioviali, pronti agli scherzi ed abituati a divertirsi e far baldoria, gli altri più compiti, formali, quasi sempre seri in volto, morigerati. Chissà, forse gli eravamo simpatici proprio per questa diversità alla quale pure lui piacerebbe appartenere, ma né la società né il mondo in cui vive gli permettono di attuare e vivere. CAPITOLO 5 I due mesi passarono in un baleno. Come promesso avevano avvisato i coniugi Arcuri della loro venuta, confermando le date prestabilite. Il preparativo dei bagagli occupò almeno due settimane e le due amiche spesso si consultarono telefonicamente per chiedere consigli su cosa portare. Non si poteva esagerare in quanto il peso concesso per le valigie in aereo era limitato. D’altro canto non si sapeva a cosa si andava incontro e qualche vestito elegante bisognava pure portare ed i volumi aumentarono. Alla fine 116 rinunciando a qualche vestito considerato superfluo, il peso e il numero delle valigie divenne ragionevole. Erano le sette e trenta minuti del 28 luglio quando gli amici si ritrovarono all’aeroporto di Venezia per espletare le operazioni d’imbarco, dopo aver fatto una levataccia per partire da Padova ed arrivare in tempo. La partenza dell’aereo era fissata per le nove e, un quarto d’ora prima, salirono a bordo del velivolo accomodandosi ai posti loro assegnati. il tempo di percorrenza era di poco più di 2 ore compreso lo scalo a Roma e relativa sosta. Sergio era la prima volta che saliva su di un aeroplano e la meraviglia era dipinta sul suo volto, si guardava intorno con gli occhi attenti e vispi. Quando si avvicinò al finestrino e vide l’ala sinistra con i relativi motori, chiamò la mamma dicendo: - Quando si parte? Voglio vedere il fumo che esce dal motore. Ma no caro, i motori non fanno fumo. Quando tu, da terra, vedi l’aereo alto in cielo lasciare delle scie bianche è solamente la condensa dell’aria riscaldata. Maria Luisa si accorse che la spiegazione poteva essere incomprensibile per un bambino piccolo, ma invece non c’è niente da fare, oggi anche i bambini di quattro anni ne sanno una più del diavolo. - Ho capito mamma, è come quando fischia la pentola atomica e manda fuori il fumo. I quattro adulti si guardarono allibiti nel constatare il paragone fatto dal bambino. Non era proprio così ma la comparazione calzava benissimo. Sergio era incollato con il nasino premuto sul vetro nell’attesa di vedere l’accensione dei reattori. Il viaggio fu brevissimo, tra gli annunci del comandante ai passeggeri, le bibite offerte dalle hostess e la lettura dei quotidiani, si ritrovarono all’aeroporto di Punta Raisi in un batter d’occhio. Dopo l’annuncio di allacciare le cinture di sicurezza, l’atterraggio fu talmente morbido che non si accorsero nemmeno avesse già toccato terra, solamente l’ultimo colpetto ai freni fece abbassare il velivolo un poco in avanti così capirono di essere arrivati. Scesero dall’aereo e si avviarono al punto dove avveniva la riconsegna dei bagagli. L’attesa fu brevissima, tutto era perfettamente organizzato. Raccolte le valige si avviarono lentamente verso il cancello d’uscita dove, ad attenderli c’era Salvatore. Quando lo videro si avviarono sorridenti verso di lui mentre veniva loro incontro con le braccia tese ed allargate pronte per l’abbraccio. Tre persone lo seguirono e si affiancarono al gruppo per prendere le valigie e le borse. - Qual piacere avervi qui finalmente. Lasciate, i ragazzi si occuperanno del vostro bagaglio e lo sistemino nelle automobili che ci attendono. Come avete fatto il viaggio? Presumo bene in quanto il volo è giunto in perfetto orario. D’altro canto in questa stagione non ci sono temporali e turbolenze, quindi il volo fila via liscio. 117 - Grazie Salvo - rispose Luigi - mentre l’amico faceva il solito ed impeccabile baciamano alle due signore, vieni qui che ti abbraccio, sei stupendo come sempre. Non voglio nemmeno pensare al disturbo che ti abbiamo dato, a cominciare dall’accoglienza fattaci. - Sappi, caro Luigi, per noi l’ospite è una persona sacra, o ci si comporta come si deve oppure non si fanno inviti. Mario, ti trovo bene, forse un po’ stanco, ma vedrai, un mese al sole di Sicilia ti darà la carica per affrontare come un leone l’autunno e l’inverno. Il sole, l’aria ed il mare di Sicilia sono medicine impagabili e vedrete, quando s’impara ad apprezzare la mia terra, ci si innamora e si è costretti, di tanto in tanto, a ritornarci. Si può paragonare a quello, che per gli esploratori, è detto il “mal d’Africa”. Mario, nel salutare calorosamente l’amico disse: - E’ veramente bello sentire una persona innamorata della sua terra natale come sei tu, ma penso, sia una cosa innata nei Siciliani e nella gente del sud in genere. S’incamminarono verso l’uscita. L’aeroporto aveva un’estensione considerevole e ci misero alcuni minuti ad arrivare al terminal dove c’erano i posteggi, i bus e i taxi. Una grossa berlina nera, una Lancia Thema, si avvicinò e dopo aver accostato, l’autista in divisa, scese per aprire le porte posteriori e far accomodare i passeggeri. Si trattava di una vettura modificata, dove c’era il solito divano a tre posti con di fronte due poltroncine a 45 gradi che formavano come un salottino. Maria Luisa prese i braccio il bambino e tutti si accomodarono in quell’ambiente confortevole e climatizzato. Quando l’auto si scostò dal marciapiede per avviarsi, l’autista o Salvo non si sa, schiacciato qualche pulsante, fece uscire tra le due poltroncine un mobiletto in radica di noce contenente un piccolo, ma fornitissimo, bar. - Posso offrirvi una bibita fresca? Oggi fa caldo e avrete sete probabilmente. Sergio, vuoi un’aranciata o una Coca Cola? E voi una bibita, un birra o un bicchiere di spumante? Per arrivare a destinazione, ci vorrà circa un’oretta, senza correre, e tra una chiacchiera e l’altra, sorseggiamo qualche cosa. Normalmente si sarebbe detto: - No grazie, abbiamo bevuto poco fa. In quell’occasione e avendo di fronte quell’eccezionale ospite, un rifiuto avrebbe potuto essere scambiato per un’offesa, pertanto tutti bevvero qualcosa. La vettura, lasciata lo zona aeroportuale, si avviò dapprima lungo una superstrada, poi svoltò a destra su di una strada costeggiante il mare in direzione di Palermo. Il paesaggio era bellissimo, un arenile punteggiato in qua e in la da splendide ville e piccoli hotels molto ben inseriti nell’ambiente. Queste costruzioni erano intercalate da piccoli spazi con serie di ombrelloni, capanni e sdraio. Erano probabilmente dei piccoli stabilimenti balneari ad uso esclusivo degli abitanti di quel pezzo di costa. 118 La vettura svoltò ancora una volta allontanandosi dalla costa e dirigendosi verso un’ampia zona collinare a semicerchio, molto ampia e soleggiata. - Dove ci troviamo Salvo, verso dove ci dirigiamo? - domandò Luigi -. Abbiamo lasciato il mare e ci stiamo addentrando all’interno, verso le colline. - Vedete da qui comincia la “Conca d’Oro”, considerata una perla ed essendo ben irrigata, è rigogliosa di culture di agrumi e di ortaggi. I migliori agrumi di Sicilia escono da questa zona ed è considerata una zona altamente pregiata, come indica lo stesso toponimo. Questa “conca” attornia la città di Palermo come una corona ed ha quattro colli importanti che pomposamente vengono chiamati monti, ma hanno un’altitudine dai 560 metri del monte Gallo ai 1.000 metri del monte Cuccio. Noi abitiamo a mezza costa del Monte Pellegrino a circa 300 metri sul livello del mare. La zona è soleggiatissima, ma nello stesso tempo una brezza costante, proveniente dal mare, le fa avere un clima delizioso. - E’ veramente una zona incantevole - proferirono all’unisono Giulia e Maria Luisa -, guardate gli aranceti come sono belli rigogliosi, guarda lì, sul pendio, i filari delle viti, hanno già l’uva matura e siamo appena a fine Luglio. Che terra fertile! Essa rende rigogliose tutte le culture. L’automonile proseguì il suo cammino ancor più lentamente per dare modo agli ospiti di osservare bene i particolari della zona. Rallentò ancora ed imboccò una strada sulla destra dove campeggiava un grande cartellone con su scritto: “Qui inizia la tenuta Arcuri”. A destra e a sinistra si estendevano filari e filari di alberi di arance, limoni, mandarini e pompelmi, curatissimi e in mezzo alle piante si intravedevano i contadini mentre le curavano e mantenevano il terreno sgombro da erbacce. Dopo alcune centinaia di metri di questo spettacolo, la strada cominciò a salire con dei leggeri e dolci tornanti, mentre gli agrumeti avevano lasciato il posto alle vigne con grossi grappoli turgidi. Altri contadini si aggiravano tra i filari e sembrava avessero iniziato la vendemmia. Luigi esclamò: - Salvo, ma hai una tenuta enorme! A proposito, dove ci stai portando? Non era meglio che andassimo prima all’albergo a scaricare i bagagli prima di visitare la proprietà? Sono pieno di domande, come mai un avvocato ha anche questa passione? - No! Non è una passione venuta “all’avvocato” - rispose Salvatore - questa era ed è la tenuta della mia famiglia. Mio nonno aveva cominciato con un piccolo podere preso a mezzadria che, dopo anni, rilevò e ne divenne proprietario. Pian piano la proprietà si allargò passando, alla sua morte, a mio padre il quale la sviluppò considerevolmente fino ad avere gli attuali 400 ettari. Il papà non volle che suoi figli vivessero esclusivamente con i proventi della terra perché, alle volte sono cospicui, mentre molte altre volte sono grami, vuoi per la siccità, voi per le tempeste che rovinano il raccolto. Io 119 sono diventato avvocato, mio fratello è un ingegnere elettronico e lavora a Milano, mentre mia sorella è docente di storia dell’arte all’università di Catania. Dopo aver fatto ancora una decina di tornanti, l’auto arrivò davanti ad un cancello chiuso. All’interno, a lato, da una piccola costruzione in muratura, uscì un guardiano e, vista l’automobile, azionò il meccanismo d’apertura. Era in divisa ed armato, doveva essere una guardia giurata di qualche istituto di sorveglianza. Dopo entrati, il cancello venne nuovamente chiuso e la guardia rientrò nell’edificio. Proseguirono ancora per alcune centinaia di metri lungo viali contornati da splendide aiuole fiorite sistemate attorno ad imponenti alberi d’alto fusto e curate da almeno sette od otto giardinieri chini su di esse. Quando arrivarono ad un pianoro sul quale era eretta un’enorme villa costruita in uno stile tra il moresco ed il mediterraneo. Al centro si ergeva una grande fontana zampillante con dei bellissimi giochi d’acqua in una vasca di almeno quindici metri di diametro. - Ecco questa è casa mia - intervenne Salvo -. Spero non vi offenderete se Emma ed io vi ospiteremo nell’ala ovest, quella dedicata alla foresteria. Perché andare in albergo quando qui c’è tanto spazio? Avrete, ognuno di voi, il vostro appartamento per la notte. Per la prima colazione, il pranzo e la cena, se lo vorrete, ci troveremo nella sala da pranzo centrale, altrimenti ognuno è libero di muoversi come crede e mantenere le sue abitudini quotidiane. Vi ho fatto preparare due autovetture da usare se vorrete fare delle escursioni. Tengo a precisare, a noi farà piacere se sarete totalmente nostri ospiti, ma la vostra libertà di movimento e d’azione è imprescindibile. Se avete dei programmi di escursione, visite a monumenti, luoghi d’arte, rovine romane, greche e moresche, ecc. voi m’informate ed io provvederò a farvi avere il materiale e le eventuali guide per le visite. Mario si guardò in giro ammirato da tanta grandiosità: - Non finisci mai di stupirmi, sia per quello che vedo che per la tua generosità ed ospitalità. Penso di parlare anche a nome degli altri nel ringraziati, anzi nel ringraziarvi, per tutto quello che state facendo. Ci sentiamo onorati dalle attenzioni, ma anche imbarazzati da questa grandiosità cui non siamo abituati. Scesero dall’automobile e Salvo fece strada verso l’ingresso della villa. Luigi e Mario si attardarono presso il bagagliaio della vettura per prendere le valige, quando l’autista li informò che il bagaglio era già sistemato nei rispettivi appartamenti. I due amici, increduli, accelerarono il passo per raggiungere gli altri. Si aprì il portone della villa ed Emma, sorridente, accolse gli ospiti abbracciando le due amiche ed ossequiando i due amici. - Prego entrate, sarete stanchi del viaggio, beviamo una bella spremuta d’arancia fresca e poi vi faccio accompagnare ai vostri alloggi. Vorrete certamente rinfrescarvi prima del pranzo. Se avete 120 piacere, sul retro, abbiamo la piscina, così potreste fare una nuotatina ristoratrice. L’atrio della villa era enorme fatto a semicerchio. Due monumentali scalinate salivano al piano superiore. Alle pareti affreschi allegorici simboleggianti la vita agreste, mentre quattro colonne di marmo sostenevano il soffitto centrale fatto a cupola e decorato come un firmamento di stelle e di costellazioni. Si diressero a destra entrando in una sala soggiorno dove erano sistemati quattro salotti completi di diverse dimensioni, da quello a sei posti fino al più grande che era formato da tre divani e una decina di poltrone. Si accomodarono in uno di medie dimensioni, mentre stava entrando una persona di mezza età vestita di nero, molto compunta, seguito da una cameriera, giovane e carina, mentre reggeva un vassoio con sette bicchieri ed una grossa caraffa con l’aranciata. Era ghiacciatissima, infatti, all’esterno, era tutta opaca e gocciolante. Doveva essere il maggiordomo con una cameriera. - Signora posso far servire la bibita? - disse con voce compassata e professionale il maggiordomo -. - Ma certamente - confermò Emma - serva pure e, a proposito, dopo esserci dissetati, la prego Guglielmo, accompagni i signori ai loro alloggi. - Sarà mia premura, madame, e lor signori possono disporre di me per qualsiasi necessità, a qualsiasi ora, sono a loro completa disposizione. Dopo una ventina di minuti di conversazione, tutti si alzarono mentre Emma suonava il campanello per chiamare Guglielmo. Il maggiordomo accompagnò gli ospiti ai loro alloggi per poi allontanarsi con un inchino informandoli: - Il pranzo sarà servito alle 13, nella sala grande. Potrete suonare e sarete accompagnati. Luigi e Giulia aprirono la porta dell’alloggio entrando in un soggiorno nel quale era sistemato un salotto in broccato con un tavolinetto di marmo rosa, mentre a lato c’era un tavolo in mogano con quattro seggiole. Di fronte si apriva la porta della stanza da letto, arredata in stile antico, il cui letto aveva un baldacchino con le tende a velo tutt’attorno. Meravigliosi tappeti creavano un contrasto cromatico ed infondevano un calore confortevole all’ambiente. Al di là della stanza si aprivano le doppie porte che permettevano di uscire sull’ampio terrazzo corredato di due poltrone sdraio. Giulia aprì l’uscio era ai piedi del letto e dopo aver sbirciato dentro emanò un gridolino contenuto di meraviglia. - Luigi vieni a vedere, questo non è un bagno, è un ambiente degno di una regina. Entrarono entrambi guardandosi attorno. In un angolo era posizionata la vasca con l’idromassaggio di dimensioni tali da poter comodamente stare in due senza toccarsi. Tutti i sanitari erano di gran pregio con la rubinetteria dorata. Le piastrelle alle pareti erano deliziosamente decorate e a firma “Valentino” e così pure i pavimenti, 121 su di una serpentina termica, erano sistemati due set di asciugamani, mentre sull’attaccapanni a stelo c’erano due accappatoi con cappuccio, candidi. Le valige erano sistemate su di una panca lungo la parete. Giulia si avvicinò ad esse nell’intento di cominciare a sistemare gli indumenti nell’armadio, ma Luigi intervenne dicendo: - Non mi pare il caso di aprirle adesso, manca poco alle 13 e dovremmo prepararci per il pranzo. - E’ appunto quello che volevo fare, prendere fuori qualche cosa di pulito da sostituire agli indumenti del viaggio essendo essi un po’ sgualciti. Mentre la moglie apriva la valigia in cui sapeva aver riposto le camicie pulite, lui uscì sul terrazzo per ammirare il paesaggio. Dopo aver spaziato l’orizzonte abbassò lo sguardo e vide la preannunciata piscina. Era enorme, almeno 25 metri, a forma di pera e tutto intorno erano sistemati dei lettini alternati ad ombrelloni e tavolinetti. La profondità doveva essere variabile, più bassa nella parte stretta e più alta al termine della parte larga, essendo in quel punto sistemati due trampolini, da uno e da tre metri. Chiamò la moglie e gliela fece ammirare. Cambiati gli abiti, uscirono per bussare alla porta dei Galeazzo essendo arrivata l’ora di andare a pranzo. Maria Luisa e Mario con Sergio in braccio, uscirono dalla stanza e tutti si guardarono negli occhi interrogandosi sulle impressioni avute. – Avete visto che roba? Noi abbiamo un vero appartamento con due stanze, il soggiorno ed il bagno oltre il balcone s’intende. L’arredamento è favoloso, tutto di gran pregio! - Sì, è veramente una cosa grande, noi abbiamo una stanza sola, essendo in due, voi, avendo il bimbo, avete una stanza in più. Hai visto dal terrazzo la piscina? - No, non siamo usciti, è bella? - Non vi dico niente, non vi descrivo quanto abbiamo visto, voglio lasciarvi la sorpresa e la gioia di scoprirlo da soli. Adesso scendiamo alla ricerca della sala da pranzo, speriamo di trovarla senza dover suonare al maggiordomo ed arrivare in orario. Giunti all’ingresso si guardarono intorno cercando di indovinare quale delle tante porte poteva essere quella giusta. Sopraggiunse una cameriera pregandoli di seguirla. Entrarono in una sala da pranzo mentre Mario, da buon ingegnere, calcolò avesse non meno di 60 metri quadri con al centro un tavolo che avrebbe potuto far accomodare almeno 24 persone. Le pareti avevano una ricchezza di stucchi dorati, di quadri e di arazzi da sembrare essere nella sala di un castello. La tavola era parzialmente imbandita da un solo lato con 7 coperti. Una serie di bicchieri di cristallo facevano da corona a piatti di porcellana decorata e posateria d’argento. Al centro un grosso vaso contenente due dozzine di rose rosse. Stavano in silenzio ammirando la bellezza dell’ambiente, quando entrarono i coniugi Arcuri. – Oh cari amici, prego 122 accomodatevi, scusate se siamo noi un poco in ritardo, ma ho avuto una telefonata importante protrattasi più del previsto e non potevo interrompere. Si erano appena seduti a tavola, quando si aprì una porta non notata prima perché mimetizzata in mezzo agli stucchi. Entrò il maggiordomo seguito da due camerieri e due cameriere che si affrettarono ad accostarsi ai commensali versando l’aperitivo, alcolico o analcolico, come desiderato, mentre un cameriere stappava alcune bottiglie di vino. Il pranzo proseguì con un rituale da non invidiare il ristorante di un grand’Hotel fino a finire con il caffè ed il digestivo. Il servizio fu impeccabile seguito e controllato dal maggiordomo, il quale con brevi cenni impartiva le disposizioni di rito. Quando le due coppie padovane si accomiatarono dai padroni di casa, si soffermarono per decidere e stabilire che era piacevole essere ospiti in casa Arcuri, ma non sarebbe stato possibile proseguire con quel ritmo pranzo e cena per un mese. Decisero di comune accordo, a parte le escursioni nei numerosi luoghi da visitare, avrebbero fatto vita da “spiaggia” mangiando, a pranzo, un panino, un toast od una pizza e tanta frutta. Non era loro intenzione ritornare a casa con dieci chili in più. I giorni passarono felici e spensierati tra lunghe permanenze sulla sabbia dorata ed immersioni in acque limpide e fresche e visite alla città di Palermo con le guide predisposte da Salvo. Esse furono di estrema importanza ed istruttive. Pur essendo un insediamento antichissimo, scarsissimi sono i resti dell’urbanistica antica, in quanto su di esse si innestò la vita medioevale e moderna della città. In base ad avanzi delle mura e a fonti soprattutto arabe fu ricostruita l’estensione. La città punicoromana era divisa in due nuclei, quella antica e quella nuova verso il mare. Una cosa di particolare interesse, fatta notare dalla guida agli amici, fu la testimonianza lasciata dai Normanni i quali utilizzarono largamente le forme tradizionali musulmane esemplate sul tipo della sala a cupola con ambienti laterali. Ciò fece tornare loro in mente l’ingresso della villa Arcuri e gli spazi a lato. Probabilmente era protetta dalle belle arti e forse era magari un monumento nazionale? Questo stile era impresso, in particolare, nei motivi decorativi della Cappella Palatina del Palazzo Reale di re Ruggero II°, considerato l’esempio più cospicuo e interessante di architettura arabo-normanna di Palermo. Particolare attenzione fu fatta notare agli ospiti relativamente alla chiesa detta del Vespero, eretta nel 1178, nella quale appunto iniziò la storica rivolta per poi continuare nella visita di quel grandioso complesso architettonico della cattedrale del 1185. Se avessero visitato da soli la città, probabilmente, tante sfumature sarebbero passate oltre senza essere notate, quali lo stile gotico-catalano con influssi rinascimentali di parecchi palazzi cittadini 123 come descritti, con dovizia di particolari, dalle guide in modo tale da assumere, agli occhi dei visitatori, sembianze affascinanti. La storia della Sicilia in generale fu segnata e incisa profondamente a cominciare dal periodo Greco a quello Romano, dal Bizantino all’Arabo, dalla riconquista normanna agli Svevi, dagli Angioini agli Aragonesi fino a giungere all’unione allo Stato Italiano. Una storia millenaria ha scavato solchi profondi e influito notevolmente sul modo di vivere e pensare del popolo Siciliano. Il periodo di vacanze passò in modo piacevole, tra escursioni e visite in modo da accrescere il bagaglio culturale degli ospiti padovani, periodi di relax balneare e di aggregazione con i coniugi Arcuri rivelatisi degli ospiti meravigliosi, pieni di premure ed attenzioni, simbolo di quella definibile, senza ombra di dubbio, un’ospitalità perfetta. L’entrare ed uscire dalla villa, anche se costantemente controllati dalle guardie al cancello, non furono un problema. Salvo durante il giorno si assentava per seguire, probabilmente, la sua professione d’avvocato e la sera era sempre presente per intrattenere gli amici. Estendendo gli inviti ad un sacco di personalità locali, dal sindaco all’arcivescovo, medici, colleghi avvocati e chissà quanti altri personaggi in vista, onde rendere i festeggiamenti per gli ospiti provenienti dal nord molto importanti, aveva organizzato alcune serate folcloristiche con gruppi di ballerini vestiti nei variopinti ed antichi costumi, una serata dedicata al caratteristico teatrino delle marionette, i famosi pupi. I burattini fecero impazzire dalla gioia il piccolo Sergio, una serata dedicata ai giochi pirotecnici, in cui i Siciliani sono maestri e tante altre cose. CAPITOLO 6 124 A metà del loro soggiorno, in un fine settimana, Salvo organizzò un’escursione alle isole a bordo di un grosso aliscafo da crociera riservato solo alle tre famiglie e ad alcuni dei “praticanti” dello studio. Partirono il mercoledì sera con il proposito di visitare, entro la domenica sera le isole Eolie, le Egadi, Ustica e Pantelleria. Dopo aver cenato a bordo andarono a dormire nelle rispettive cabine in modo che il mattino presto del giovedì, dopo una notte di navigazione, si svegliarono nel porto di Lipari, sull’omonima isola dell’arcipelago delle Eòlie. Un’esperienza unica! Quattro giorni e mezzo di crociera da sogno su di un mare che si sperava restasse calmissimo e di un azzurro intenso segnato solamente dalle scie bianche lasciate dall’aliscafo lanciato a gran velocità per ridurre i tempi di percorrenza aumentando la presenza a terra per visitare le Isole. Fatta una lauta colazione, decisero di scendere sull’isola per visitare la cittadina ed i dintorni. Tutto l’arcipelago è formato dalla parte emersa di edifici vulcanici cenozoici. Il clima, prettamente mediterraneo è caratterizzato da inverni miti ed estati molto calde. La scarsità d’acqua contribuisce alla scarsa vegetazione arborea che si limita a pochi olivi, castagni, carrubi, mandorli, fichi e salici che necessitano per la loro sopravvivenza di poca irrigazione. Il paesaggio brullo e vulcanico dà una sensazione di asperità e di durezza tanto da trasmettersi nel temperamento della popolazione che vi abita La cittadina, turisticamente può esser apprezzata, ma in sé non ha nulla di particolare. Le case bianche tutte uguali rispecchiano il livello medio-basso di redditività della sua popolazione dedita principalmente a scarsa agricoltura, la pesca e la lavorazione della pomice. L’isola, avendo poco più di 35 Km quadrati, con pochissime strade praticabili, la si può visitare in mezza giornata. Salvo aveva procurato una guida per illustrare quel poco che c’era da vedere. Comunque, interessante fu la descrizione di piazza Monfalcone dove è stata scavata una necropoli con rito misto (a inumazione e a incinerazione). Anche nel Castello furono trovati resti di villaggi risalenti all’antica Età del Bronzo. Sull’acropoli si individuano avanzi di fortificazioni dell’età greca ed ellenica-romana. Dopo aver pranzato in una caratteristica trattoria, gestita da pescatori locali, ed aver assaporato delle prelibatezze ittiche le quali, certamente, non si sarebbero potute gustare in raffinati ristoranti, sia per la loro freschezza, sia per il modo genuino e non sofisticato di preparazione e presentazione, per intenderci solo “arrosto” e niente “fumo”, risalirono a bordo dell’aliscafo. Ogni qualvolta lo rivedevano sembrava più grande e lussuoso, anche a confronto delle povere barche dei pescatori ormeggiate accanto. Per il piccolo Sergio era quasi un gioco, infatti a metà passerella faceva il saluto militare come 125 aveva visto fare tante volte nei films di guerra quando i marinai e gli ufficiali presentavano il saluto alla bandiera. L’orologio segnava le quindici e trenta minuti quando si accomodarono su delle poltrone a sdraio all’ombra di un grande telo parasole a poppa dell’imbarcazione. Dopo un quarto d’ora circa, si udì il rombo sommesso dei motori mentre venivano avviati, ciò significava che si sarebbe lasciata l’isola per la nuova destinazione. Questa volta l’aliscafo filò via liscio a velocità decisamente più moderata in modo da permetter loro di ammirare, dal mare, a distanza ravvicinata, le altre isole dell’arcipelago. Incrociarono Panarea che fu costeggiata sul lato nord in modo che, con l’aiuto di potenti binocoli, riuscirono a vedere, verso nord-est, Stromboli nella sua maestosa possenza. Salvo si scusò di non riuscire a visitare anche quell’isola, ma era troppo fuori rotta ed avrebbe fatto perdere troppo tempo per raggiungerla. Le isole minori sono talmente tante ed in così poco tempo era impensabile visitarle tutte. Proseguendo, incrociarono Salina, Filicudi ed infine, più distante, la piccolissima Isola di Alicudi . Vista dal mare con i suoi 675 metri d’altezza a forma di cono, dava la netta sensazione della cima di un vulcano emerso. La direzione era quella per raggiungere Ustica. Luigi fece notare agli amici: - Guardate c’è il mare tutt’intorno a noi, non si vede nemmeno con il binocolo alcun segno di terraferma, l’acqua circonda l’imbarcazione in tutti i 360 gradi. Questo particolare, fatto notare, mise un po’ a disagio Giulia e Maria Luisa e così si espressero: - La nave è grande, ma nell’immensità che ci circonda è un granellino, per fortuna il mare è calmo e tutto sembra più tranquillo. Intervenne Emma affermando: - Non abbiate alcun timore, è rarissimo in questa stagione il mare sia mosso e comunque l’aliscafo, per la sua particolare struttura, è l’ultimo tipo di imbarcazione a non poter navigare. Ho chiesto al comandante, il quale mi ha detto che arriveremo a destinazione in tarda serata. Beviamo qualche cosa per ingannare il tempo. Emma fece cenno al cameriere, il quale evidentemente istruito in precedenza, entrò nel salone e dopo una decina di minuti uscì con un carrello sul quale erano posizionati dei piatti contenenti stuzzichini di ogni genere, sia caldi che freddi, a base di pesce o di verdure. I secchielli con il ghiaccio contenevano le bibite alcoliche sia quelle analcoliche, per accompagnare quanto contenuto nei piatti di portata. Mario, visto il ben di Dio, esclamò: - Ma Emma vuoi farci scoppiare, vuoi farci ritornare a Padova con dieci chili in più? - Non c’è pericolo, intervenne Salvo, per quanto vi siete mossi e vi muoverete ancora, brucerete le calorie in eccesso senza accorgervi. Poi, cosa volete, in ferie non si tira la cinghia, la dieta la si comincerà quando riprenderemo a lavorare. - Buona scusa - sbottarono all’unisono i coniugi Barberini e Galeazzo - ma d’altro canto come si possono rifiutare le prelibatezze caratteristiche che ci fai assaggiare? Sembra impossibile, ma in 126 questa terra di Sicilia, quanto si mangia dà la sensazione di essere appena colto o pescato. Luigi incalzò: - Alcune sere fa abbiamo mangiato quello stupendo pollo allo spiedo, in fondo si trattava di un semplice pollo, ma vuoi mettere la carne soda e ben attaccata all’osso che esso aveva, non certo come i nostri polli di batteria i quali si possono mangiare anche con il coltello e la forchetta, tanto l’osso si sfila, pulito pulito. dalla carne. Il vostro era sicuramente un pollo ruspante, vagante tutto il giorno per l’aia a scegliere lui cosa mangiare, e non venir rimpinzato di mangime industriale chiuso in un’angusta gabbia. - Hai ragione - concluse Salvo - qui da noi le tradizioni gastronomiche sono ancora genuine, gli animali vengono allevati come ai tempi dei nostri avi e la frutta, le verdure, gli ortaggi, eccetera vengono coltivati con concimi naturali e senza tanti additivi chimici per far migliorare e salvaguardare la produzione. Ho paura, però, anche qui le cose stiano cambiando. I grossi produttori d’agrumi hanno adottato il sistema della cultura intensiva, selezionata, protetta e quant’altro le moderne tecnologie hanno inventato, aumentando la quantità, ma certamente a discapito della qualità. Se Madre Natura ha creato le arance, i mandarini, i limoni ed i pompelmi come sono, non si può pensare di creare artificialmente arance senza semi, incrociare i mandarini con le arance, inventare i pompelmi rosa e tante altre diavolerie moderne. Tanto vale, e sarebbe più comodo, prendere una pastiglietta creata in laboratorio per non perdere tempo a sbucciare e pulire la frutta. Tutti rimasero, per alcuni istanti, muti e meditabondi a queste parole, finché Mario esclamò: - Quanta amarezza e tristezza nelle tue parole, ma è la verità sacrosanta, la moderna tecnologia ci sta lentamente portando a disaffezionarci alla Natura per lottare contro il tempo che è sempre più tiranno. Si corre, ci si affanna, si guarda costantemente l’orologio cercando di recuperare tempo prezioso. Ma prezioso per chi, per cosa, per accorciarci la vita la quale corre via veloce senza rendercene conto in cerca di una meta che forse mai si raggiungerà. Ora basta! Lasciamo questi discorsi, altrimenti diveniamo tristi e ci roviniamo questa meravigliosa crociera. Sentite piuttosto il profumo intenso della salsedine e dello iodio, inspiriamo con forza questo toccasana, purifichiamo i polmoni dallo smog immagazzinato che ci assilla e distrugge. Questa sì è vita! E noi non finiremo mai di ringraziare i nostri ospiti per tutto quello che fanno per noi, ma soprattutto ringraziare il Signore il quale ci ha fatto conoscere dei veri amici sinceri quali sono Emma e Salvo. Un attimo di silenzio calò a queste affermazioni, mentre Emma, alzandosi dalla poltrona per avviarsi all’interno del panfilo per dare disposizioni per la cena, suggerì: - Mario, lascia stare i Santi, hanno cose ben più importanti a cui pensare. La nostra è una bella amicizia nata così, quasi per caso, sulle nevi di Madonna di Campiglio. Permesso vado un momento di là, ma voi prendete qualcosa di fresco da bere per dissipare tutti questi discorsi filosofici e tornare in 127 allegria come sempre. Ustica è ormai a poche ore di navigazione, vedrete quanto è bella! Il sole stava calando all’orizzonte facendo cambiare il colore al mare, che divenne di un rosso fuoco intenso, tant’è che Sergio, nella sua immensa innocenza disse: - Mamma guarda, il mare brucia! Le luci a bordo si accesero, mentre la navigazione continuava e un maestoso silenzio circondava e avvolgeva i naviganti, rotto appena dal rumore, peraltro ovattato, dei motori non essendo essi spinti al massimo della potenza. Nell’interno del salone, deliziosamente climatizzato, venne servita una delicata cena, molto leggera, con un brodo di pesce squisito seguito da una sogliola alla mugnaia e della fresca insalatina di stagione e per finire delle favolose crepes suzette cosparse di grand Marnier fiammeggiante ed un gelato per il bambino. Avendo iniziato la cena un po’ più tardi del normale, erano già quasi le ventitre, quando udirono il rumore dei motori passare al minimo ed alzato lo sguardo sbirciando dagli oblò, videro che stavano entrando nel porto di Ustica. Mentre i marinai effettuavano le manovre d’attracco, il gruppo salì sul ponte superiore per ammirare il paesaggio notturno della cittadina. Le luci stradali illuminavano il porto e le vie d’accesso ad esso, le finestre delle case erano come tanti occhi di gatto nella notte, mandavano un alone di chiaro in modo da rendere suggestiva e quasi irreale la visione di quella piccola baia. Data l’ora, si ripromisero di scendere a terra il mattino dopo, appena fatta colazione. Saluti, abbracci, baci e strette di mano conclusero la giornata e tutti si ritirarono nelle loro cabine. Giulia e Luigi, chiusa la porta, si attardarono ancora un po’ per ammirare nuovamente l’alloggio. Sì, perché più che di cabina si poteva parlare di alloggio. La stanza era corredata da un letto matrimoniale di dimensioni normali con un armadio a due ante, c’era pure un mini salottino, l’angolo TV con il frigo bar ed il bagno. La cabina non aveva il solito oblò, ma una porta che dava su di un piccolo e stretto terrazzino panoramico, aperto sul mare. Giulia si rivolse a Luigi: - Non oso pensare cosa possa costare, al giorno, il noleggio di questa imbarcazione. Secondo te, quanti metri potrebbe avere? - Lo chiederemo domani a Mario. Con il suo l’occhio più esercitato sulle misure saprà darci la dimensione giusta, ma non penso di sbagliare di molto se dico dovrebbe avere almeno trenta metri di lunghezza e sei o sette di larghezza. Pensa, solo noi abbiamo potuto contare almeno sei persone d’equipaggio: il comandante, il timoniere, due marinai sul ponte e due camerieri. Pensa al personale nascosto nel locale macchine, cuochi, inservienti per il riassetto delle cabine e la pulizia della nave. E’ una vera nave da crociera riservata a noi sei e ai tre “studenti praticanti”. Certamente ci saranno più persone d’equipaggio di quanti sono i passeggeri. 128 Dopo una bella doccia si coricarono ed il sonno li prese quasi subito, anche perché un leggero dondolio e lo sciabordio del mare conciliarono ed agevolarono il riposo. Il mattino successivo, poco dopo le sette e mezzo, Giulia e Luigi salirono sul ponte. Erano i primi, la nave era ancora avvolta dal silenzio e loro appoggiati al parapetto godevano della leggera brezza proveniente dal mare, ammirando nel contempo il profilo dell’isola. Anche questa, come le precedenti, è un’isola vulcanica, montuosa, specialmente nel suo settore centrale dove si erge il monte Guardia dei Turchi. Il nome del monte, essendo un toponimo, rispecchia la sua antica funzione di vedetta per dare l’allarme su possibili invasioni, che in quell’epoca erano parecchio frequenti. Le coste dell’isola alte e scoscese, con piccolissime baie ed insenature dove c’erano delle mini spiaggette, raggiungibili quasi esclusivamente dal mare. La cittadina è collocata sulla sponda orientale dell’isola e la popolazione è dedita soprattutto alla pesca, all’agricoltura, artigianato e turismo. Giulia e Luigi furono raggiunti dagli amici e dai coniugi Arcuri i quali si rivolsero loro: - Che mattinieri! Avete dormito sul ponte? Su, forza, andiamo a fare colazione, io ho una fame da lupo. Sarà il non far niente, sarà l’aria, sarà certamente la bella compagnia, ma a me ed a Emma, in questi due giorni è venuto un appetito da non credere. E voi come vi sentite? Luigi intervenne: - Cosa volete, proprio ieri sera ne parlavamo io e Giulia, ci sembra tutto così irreale, una cosa molto più grande di noi, un mondo a noi sconosciuto non essendo il nostro. Voi ci coccolate, ci viziate, ci fate sentire come dei principi, come potremo mai ringraziarvi e ricambiare, almeno in minima parte, queste attenzioni. - E’ vero - affermò Mario - qui il tempo passa e non ci si accorge del suo trascorrere, anzi, passa talmente in fretta e piacevolmente che sembra di essere arrivati ieri e nel contempo sembra una vita che siamo in questi luoghi. Un misto tra realtà e fantasia, tra sogno e concretezza. Non voglio, ma credo di parlare anche a nome degli altri, non vogliamo nemmeno pensare di riprendere la normale vita di tutti i giorni a Padova! Non bastava tutto quanto ci avevi offerto, anche questa crociera, il prendere questo panfilo con i suoi costi spropositati, per farci visitare le isole minori penso sia la ciliegina sulla torta. - Ma vi prego, cari amici, per noi è un piacere! Dovete pensare che da noi, vita di società si fa pochissima, solamente qualche volta durante l’anno si partecipa a dei ricevimenti ufficiali e, per dire la verità, sono una noia mortale. Pensate a quelle due feste organizzate da Emma in vostro onore, tutti compunti, brevi saluti, sterili frasi di circostanza, ammiccamenti e forzati sorrisi. Quanto invidio i vostri pomeriggi festivi trascorsi in allegria con qualche coppia di amici. Qui da noi non esistono, viene considerata, dalla 129 buona società dell’isola, un’usanza plebea ed allora rimaniamo in casa aspettando il passare delle ore, leggendo un libro, facendo una partita a carte ed è quasi una liberazione quando arriva l’ora di andare a dormire. Inoltre per noi non c’è stata e non c’è, la gaia allegria di un bimbo scorrazzante per casa e renda viva l’esistenza. Per noi questo mese sarà un meraviglioso ricordo di vitalità, di allegria e spensieratezza; che bello! E’ voi che fate un regalo a noi! Voi ritornerete a quella da voi chiamata “la vita di tutti i giorni”, ma sarà almeno dinamismo, per noi ritornerà la noia e la solitudine, dorata fin che si vuole, ma solitudine rimane. Infine per noi è un piacere passare questi quattro giorni in mare con voi, cosa volete se la barca rimane in porto o navighi, a parte il carburante, il costo del mantenimento è uguale. I coniugi Barberini e Galeazzo si scambiarono una breve occhiata nella quale era possibile riscontrare sorpresa e meraviglia! Un pensiero comune, probabilmente, attraversò le loro menti: - E’ sua! Altro che noleggio! All’anima dell’avvocato! - Andiamo a fare colazione, finché le brioches sono calde, disse Emma e poi scendiamo a terra. Vedrete quant’è graziosa la cittadina di Ustica. Dopo consumata la colazione, si avviarono verso la passerella che dalla nave conduceva al molo, dove un marinaio aiutò le signore a salire il gradino ed augurando a tutti una buona escursione dell’isola. I sei amici, Sergio e due degli studenti, percorso il molo, si affacciarono alla piazzetta la quale cominciava a movimentarsi con andirivieni di massaie, bambini e qualche uomo. Si addentrarono nelle strette viuzze dove qua e là si aprivano delle belle botteghe artigiane che esponevano souvenirs di chiaro stampo marinaresco. Alcuni negozietti di frutta e verdura esponevano, su delle ceste lungo il muro delle case, i loro prodotti freschissimi, evidentemente appena raccolti. In questo loro lento incedere da una bottega all’altra, Luigi si accorse, e con discrezione lo fece notare a Mario, che un ragazzino precedeva di corsa il gruppo entrando brevemente nei negozi e nei portoni delle case. Man mano il gruppo avanzava, uomini e donne sulle soglie si inchinavano al passaggio di Salvo il quale faceva finta di niente e procedeva per la sua strada. Quando giunsero in un altro slargo, Salvo disse: - Cari amici, mi è venuta un’idea, Ustica non è grande, ma è veramente delizioso fare il suo periplo, vedete, ci sono queste piccole vetturette elettriche. Esse fungono da taxi ed in paio d’ore ci faranno visitare, in un sali scendi continuo, la costa partendo dal qui vicino Capo Falconara, poi alla Punta Gorgo Salato e via via fino a Capo San Paolo per poi rientrare in città. - Deve essere bellissimo - esclamò Maria Luisa - cui fece seguito la conferma di Giulia, bello perché procederemo in silenzio con i motori elettrici per non rompere l’incanto della natura. Stavano per salire sulle tre vetture scoperte, quando un signore vestito di nero, affiancato da un graduato dei Vigili Urbani, uscito dal 130 palazzetto del Comune, si avvicino all’avv. Arcuri e con un deferente inchino disse: - Don Salvatore, baciamo le mani, servo Vostro sono. - Grazie Sindaco, rimanga comodo, sono con degli amici e siamo solamente in visita turistica; stiamo apprezzando la bellezza della sua isola. - Troppo buono, vo’ scienza, ritenetemi a Vostra disposizione e disponga di noi. Salirono sulle vetture. Silenziosamente, si avviarono mentre il sindaco rimaneva chino in segno di saluto ed il graduato era sull’attenti in un impeccabile saluto militare. - Anche il sindaco ed il comandante dei vigili urbani di un’isoletta lontana lo conoscevano e lo riverivano come e più di un’autorità - pensò tra sé e sé Luigi -. Le conclusioni cui giunse di primo acchito se le tenne dentro cercando, nel contempo, di scacciarle . Il giro cominciò in una stupenda sequenza di scorci panoramici mozzafiato e quando giunsero a Punta Gorgo Salato, Salvo mostrò ai suoi ospiti, al largo, un tratto di mare che invece di avere il solito colore blu scuro, presentava le caratteristiche di una estesa macchia verde prato. Quella macchia era la Secca Colombara, zona pescosissima, paradiso dei subacquei. Da soli o in gruppi organizzavano delle battute di pesca. Essendo talmente vasta la fauna ittica, la zona era meta pure di persone appassionate le quali organizzavano safari fotografici o era frequentata da studiosi per controllare il migrare delle specie, la loro riproduzione e le abitudini. L’escursione continuò serenamente con Mario, il fotografo per antonomasia della compagnia, il quale faceva scattare in continuazione la sua macchina. Giunsero a Punta dell’Arpa e Salvo fece cenno all’autista della sua vetturetta di svoltare a destra e dirigersi verso una bassa costruzione a picco sul mare. Si trattava di una locanda con annesso ristorante ed aveva una terrazza prospiciente il mare e sembrava quasi si librasse su di esso. Tra il lento incedere delle vetturette elettriche e le brevi soste per ammirare il panorama, era giunta così l’ora di pranzo. Si diressero alla terrazza passando per l’interno del ristorante dove, presumibilmente la padrona, accolse i visitatori con calore reverenziale. - Ben venuto don Salvatore, benvenuti lor signori, prego accomodatevi. E’ un onore ed un privilegio per me, don Salvatore, lei abbia scelto la mia modesta locanda. Se volete rinfrescarvi i bagni sono lì a sinistra, poi farò servire qualcosa di fresco per iniziare. Tutti si avviarono verso i bagni. Al rientro, sotto la tettoia della terrazza, era stata imbandita una tavola sulla quale c’erano due grosse caraffe gelate, una di spremuta d’arancia ed una di limone. A fianco c’erano due bottiglie, una di cognac francese e l’altra gin originale inglese per accompagnare, chi lo desiderasse le due 131 spremute. Faceva veramente tanto caldo, pertanto tutti gradirono le spremute senza l’aggiunta d’alcol. Si sedettero al tavolo sistemato proprio lungo il parapetto della terrazza in modo da permettere la visione completa del mare protetti dai raggi del sole da ampi ombrelloni. Il pranzo preparato dalla proprietaria della locanda era un qualche cosa di così sublime che, anche Salvo avvezzo alla buona cucina siciliana, apprezzò in modo particolare e facendo un cenno d’assenso alla locandiera, le aveva fatto il più bel regalo possibile. Ricordare il menù era quasi impossibile, essendoci tante piccole portate. Andavano dai totanini dorati, all’astice, dalle ostriche ai granchi, dalle alici al pesce spada, il tutto innaffiato da generosi vini e contornato da verdure di tutti i tipi. Per finire, come bomba finale, furono serviti i cannoli siciliani, fatti al momento ed ancora tiepidi, accompagnati dal vin passito. La conversazione, la compagnia, il lauto pasto avevano fatto trascorrere in modo piacevole oltre tre ore e nessuno provava il desiderio di alzarsi ed andarsene. Per fortuna erano al termine del periplo dell’isola e mancava poco al rientro ad Ustica. Le vetturette li portarono alla radice del molo in modo da far pochi passi per giungere all’imbarcazione. Questa volta Luigi pensò, ma non esternò né alla moglie né ai Galeazzo la sua meditazione: Né Salvo, né “gli studenti” avevano tirato fuori una lira! Né alla locanda né ai tre autisti delle vetturette! Mah! Erano quasi le venti quando salirono a bordo. All’unisono decisero di non cenare, ma di sdraiarsi sui lettini in coperta e bere solamente qualche cosa di fresco. Salvo consigliò un buon Prosecco, come quello bevuto a Madonna di Campiglio. Oltre a dissetare avrebbe agevolato anche la digestione. Una dolce musichetta soffusa proveniva dagli altoparlanti di bordo, tra un sorso di Prosecco e il ricordare la splendida giornata appena conclusa, si giunse all’ora in cui decisero di andare a dormire. Sergio era già da parecchio tempo addormentato in braccio della mamma. Appena si ritirarono nelle loro cabine, si udirono gli ordini e i rumori caratteristici dati per togliere gli ormeggi e ricominciare la navigazione. Questa volta si sarebbe puntato a sud ovest in direzione della città di Trapani al cui largo, appunto, si trovavano le isole Egadi. La notte passò tranquillamente e quando i coniugi Barberini si svegliarono si accorsero che forse, questa volta, erano gli ultimi anche se la nave si stava ancora muovendo. Infatti le voci degli amici provenivano ovattate dal ponte superiore. Quando salirono anche loro in coperta, salutarono i presenti e videro, verso prua, si stava avvicinando un porticciolo, probabilmente stavano entrando a Levanzo. 132 Salvo intervenne dicendo: - Andiamo a fare colazione, ci vorranno ancora una ventina di minuti perché la barca attracchi al molo nel punto designato. Poi scenderemo a terra per una breve visita al villaggio. Infatti non si può chiamare cittadina avendo essa meno di 200 abitanti, ma è molto importante turisticamente parlando. Non voglio anticiparvi nulla dovrà essere una sorpresa! Tutti erano molto curiosi ed erano impazienti di scoprire il segreto tenuto in serbo da Salvatore. Alla fine del molo la classica piazzetta di tutti i posti di mare si apriva a semicerchio per ricevere gli ospiti provenienti dal mare. Case piccole, accostate l’una all’altra, poco movimento in un luogo già inondato di sole e di silenzio. Tre piccole imbarcazioni aspettavano l’arrivo dei turisti. Salvo venne ossequiato dai barcaioli, come sempre, con rispetto e segni di sottomissione. - Prego amici, salite ed accomodatevi, ora questi tre barcaioli ci porteranno a visitare alcune delle tante grotte che aperte sul mare in questa zona, ma soprattutto ci soffermeremo alla grotta detta “dei Genovesi” sulle cui pareti potremo ammirare chiari segni rinvenuti a testimoniare due cicli: uno naturalistico, riferibile alla fine del Paleolitico superiore, con rappresentazioni grafiche di animali, e uno costituito da una serie di figure monocrome di stile schematico, attribuibili al Neolitico. Le imbarcazioni si allontanarono dal porticciolo e molto lentamente, una dietro l’altra costeggiando le alte pareti rocciose, questa volta calcaree e non vulcaniche. Attraversarono degli archi di roccia, come delle piccole gallerie sul mare, per giungere dapprima a delle grotte appena accennate, corredate da piccole spiaggette di pochi metri quadrati sulle quali si sarebbe potuto attraccare, per poi giungere a delle grotte più profonde dove non si intravedeva, per il buio, la parte terminale. Non essendo di particolare attrattiva turistica vennero sorpassate senza sostare o addentrarsi ad esplorarle. Passato un enorme scoglio appoggiato alla parete rocciosa, come fosse stato lì posto dalla gigantesca mano di un Ciclope, intravidero una grotta molto ampia la cui volta era particolarmente alta e vi entrarono per esplorarla. Emma, rivolgendosi agli amici, parlò loro ad alta voce, per superare il rumore dei tre motori delle imbarcazioni: - Questa è forse la più grande grotta dell’isola, ma non ha grosso interesse turistico anche se si pensa fosse stato rifugio di pirati e corsari vista la possibilità di entrare anche con navi di una certa dimensione. Sulla spiaggia, in fondo, furono rinvenuti parecchi utensili ed armi e fecero pensare ad un insediamento umano, magari temporaneo, dovuto al fatto di doversi riparare da fortunali e tempeste o per sfuggire ad inseguimenti navali nemiche. Giunsero dopo un’altra mezz’ora di navigazione alla grotta dei Genovesi. Qui le tre imbarcazioni si fermarono all’ingresso dove era stato eretto una specie piccolo attracco per poter sbarcare. 133 Proseguendo a piedi poterono notare quanto accennato da Salvo e cioè le rappresentazioni di animali e delle figure schematiche. Certamente per gli studiosi doveva essere qualcosa di cui bearsi, ma per i comuni mortali doversi sforzare di interpretare quei segni che potevano avere delle sembianze note, era una cosa non proprio affascinante e lasciava il dubbio sulla loro importanza. Comunque la passeggiata sugli scogli lungo la costa interna alla grotta fu piacevole e l’addentrarsi in essa dava una sensazione di mistero e di incertezza, tant’è vero che il piccolo Sergio si strinse di più alla mamma probabilmente preso da un po’ di senso di paura. Ad ogni passo la luce cambiava e così pure il colore della roccia e del mare. Esso diventava sempre più scuro. La grotta doveva essere profonda almeno duecento metri e la sensazione provata dai visitatori, giunti in fondo, dopo essersi voltati verso l’ingresso, fu qualche cosa di indescrivibile. La volta dell’ingresso era come una cornice e si poteva percepire chiaramente l’affievolirsi della luce ed il suo graduale indebolimento, dal bianco abbacinante agli aloni interni dove l’aria cambiava di colore in una sequenza tale da ricordava l’arcobaleno. Rimasero fermi una decina di minuti per poter ammirare ed immagazzinare nella memoria questa sensazione unica. Percorso a ritroso il tragitto, chiacchierando, risalirono sulle piccole imbarcazioni per rientrare dove la nave di Salvo era ormeggiata. Fu veramente una piacevole gita ed una nuova esperienza. Con i coniugi Arcuri non ci si poteva certamente annoiare, tanto erano pieni di risorse e di voglia di far apprezzare e gustare la loro terra. Vi fu un breve trasferimento, via mare, per giungere alla vicina isola di Favignana, la più grande delle Egadi, dove si ergeva l’omonima cittadina sede dell’unico Comune facente parte della provincia di Trapani. Breve visita a terra per scegliere qualche oggetto prodotto dall’artigianato locale e dove Maria Luisa trovò e si innamorò di uno splendido scialle in cotone tutto lavorato ad uncinetto. Mario accondiscese volentieri a regalare a sua moglie il capo che tanto le stava a cuore. Il prezzo, ovviamente, era proporzionato alla ricchezza del ricamo e alle dimensioni dello scialle. Rientrarono a bordo del panfilo dove, dopo essersi rinfrescati, si apprestarono a cenare sul ponte inferiore, all’uscita del salone, accarezzati da una leggera brezza rinvigoratrice e grazie alla quale Maria Luisa poté sfoggiare il nuovo regalo. Nel prosieguo della cena e durante il tempo in cui bevvero il caffè ed il digestivo, accomodati in un salottino in vimini vicino al parapetto della nave, anche gli altri avrebbero avuto piacere di avere un qualche indumento da appoggiare sulle spalle per proteggersi dall’arietta e dall’umidità della sera, ma nessuno volle attuare la prima mossa per andare a prendere qualcosa, in quanto gli altri avrebbero preso al balzo l’occasione per ritirarsi nelle rispettive cabine. 134 L’occasione venne quando videro i marinai apprestarsi a togliere gli ormeggi per iniziare l’attraversamento dell’ultimo lungo tratto di mare del viaggio d’andata. La navigazione li avrebbe portati all’ultima meta da visitare; l’isola di Pantelleria. Essa si trova a metà strada tra la costa siciliana, distante 100 chilometri, e l’isola di Lampedusa. Già in partenza era stato deciso di non arrivare a quest’ultima isola, l’estrema propaggine a sud dell’Italia, in quanto sarebbero stati necessari altri due giorni e mezzo tra navigazione e visita. La notte trascorse velocemente, anche se il viaggio fu caratterizzato da un più spiccato rollio dell’imbarcazione, dovuto alle forti correnti marine che si sviluppano in quel tratto di mare. Al momento del risveglio non si era ancora giunti in vista dell'isola, ma probabilmente dopo colazione sarebbero arrivati al porto di Pantelleria. Certamente fu la più bella meta tra quelle delle isole minori visitate, anche grazie alle sue caratteristiche ed alla sua storia, splendidamente illustrate dalla guida ingaggiata da Salvo. La cittadina di Pantelleria, sede dell’omonimo comune, si sviluppa sul versante nordoccidentale in un’insenatura della sponda settentrionale e presenta uno stupendo colpo d’occhio per chi proviene dal mare, tutta circondata da impervie pareti rocciose che le fanno da corona. Quando attraccarono al molo, la guida era già lì ad attenderli e gli accolse con un caloroso saluto di benvenuto rivolto, principalmente, a Salvo ed Emma. La visita all’isola cominciò dal capoluogo, con le vie che partendo dal porto si aprivano a raggiera ed intercalate, a fine degli isolati, da lunghe strade ed essendo parallele al porto formavano altrettanti semicerchi. La guida fece notare ai turisti le particolari caratteristiche degli edifici. Essi rispecchiavano gli stili lasciati dai numerosi popoli che avevano dominato l’isola. L’isola fu colonizzata dapprima dai Fenici e dai Cartaginesi per passare poi ai Romani. Vi giunsero pure i Vandali, Bizantini e Saraceni per essere occupata poi da Ruggero II° di Sicilia il quale la cedette a Federico di Aragona. Passata poi a vari signorotti per brevi periodi fino al XVI secolo dove venne più volte saccheggiata dai Turchi e dai corsari. Su tutta l’isola si possono ancora notare i resti delle fortificazioni del sistema difensivo italiano, erette nel 1935. Durante la seconda guerra mondiale, sia le difese come l’isola stessa, furono sottoposte a violenti bombardamenti aeronavali da parte degli Alleati fino alla sua resa risalente all’11 giugno 1943. Usciti dall’abitato a bordo di un pulmino, il gruppo si diresse verso zone pressoché disabitate, dove la guida incominciò ad illustrare le caratteristiche strutturali dell’isola. Di natura vulcanica, principalmente basaltica, con coste alte e rocciose, ricorda l’ultima eruzione avvenuta nel 1891. L’attuale situazione postvulcanica, 135 presenta svariate forme di manifestazioni, quali getti di vapore acqueo che qua e la si possono notare sulla superficie disarticolata del paesaggio circostante, emanazioni di vapore alla temperatura di circa 33°C invece, sono localizzate nelle numerose grotte formatesi tutt’intorno. Si poteva capire dal modo di esprimersi ed illustrare i fenomeni circostanti, quanto la guida cercasse di trasmettere l’amore per la sua terra. Questo amore usciva dalla sua pelle come i getti di vapore che stava spiegando. Ma quando si soffermò, in modo particolare, a delucidare le esalazioni di anidride carbonica provenienti dal sottosuolo e soprattutto le sorgenti termali contenenti silice e carbonato sodico, si poté notare la sua tristezza ed insoddisfazione perché tanta ricchezza non fosse sfruttata a fini sanitari e di conseguenza turistici ed economici per l’isola. La creazione di centri per le cure termali, porterebbero molta più ricchezza all’isola piuttosto della breve visita turistica. Si sviluppò a questo punto una vivace ed interessantissima conversazione imperniata sui perché, imprenditori locali o provenienti dalla Sicilia o dal continente o infine le autorità civili reggenti il Comune, la Provincia o la Regione non fossero intervenute e non avessero visto la necessità o il desiderio di sviluppare questa immensa ricchezza naturale. Dopo le impressioni espresse dalla guida, ed i commenti un po’ marginali di Luigi e Mario non conoscendo a fondo il problema, intervenne Salvo il quale drasticamente sentenziò: - Amici miei, voi non potete saperlo, ma la guida sì! Pertanto mi meraviglia questo suo atteggiamento un po’ retorico, critico e disfattista. L’isola non ha acqua potabile! Gli oltre 7.500 abitanti dell’isola che stabilmente risiedono ed ai quali dobbiamo aggiungere i turisti occasionali, quali siamo noi, devono dissetarsi, lavare, irrigare, cucinare e quant’altro con l’acqua quotidianamente portata con navi cisterna a riempire i serbatoi dell’isola. Vi sembra possibile sviluppare il sistema alberghiero con le necessità idriche che esso comporta? Non ultima cosa da considerare è: l’ospite soggiornante in un albergo magari a quattro stelle, con il caldo del luogo e la disidratazione provocata dalle cure termali, è sacrosanto possa desiderare di fare frequenti docce ristoratrici se non addirittura un tuffo in una comoda piscina. E’ facile criticare, ma bisogna sempre guardare a monte cosa c’è ed essere obiettivi nei commenti e nei giudizi. Tanto per farvi capire l’importanza dell’acqua in quest’isola, al primo casolare dove dovessimo fermarci per chiedere un bicchiere d’acqua da bere, il contadino ben volentieri ci offrirebbe un litro di vino piuttosto di un bicchiere d’acqua. La visita all’isola terminò con il rientro a Pantelleria, mentre la guida si allontanò in sordina e mestamente salutando, si ritirò. Dopo i rimproveri di Salvo, peraltro corretti e precisi, la poverina si sarà sentita piccola, piccola. 136 Risalirono a bordo dell’imbarcazione ed Emma chiese: - Vi è piaciuta questa mini crociera? Vi siete divertiti? Penso senz’altro avete avuto modo di scoprire nuove realtà alle quali non eravate abituati. Purtroppo le cose belle finiscono in fretta, ma per voi c’è ancora un breve periodo di vacanza prima del rientro. - Grazie è una parola troppo piccola ed insignificante per poter esprimere la nostra gioia e riconoscenza - disse Luigi - mentre Giulia, Maria Luisa e Mario annuivano commossi. Uno spontaneo abbraccio unì i sei amici in una manifestazione di simpatia ed affetto. Il piccolo Sergio, seduto su di una poltroncina, guardava un po’ sorpreso questa scena di cui non capiva il significato. - Su ragazzi - esclamò Salvo beviamoci sopra e rilassiamoci, per favore! Dopo alcuni istanti necessari per riprendere il normale tono di conversazione, Luigi rivolse una domanda a Salvo: - Si capisce, quando si è così presi dalle visite, dai pranzi, dalle cene e dal dolce far niente, del tempo si abbia una cognizione particolare e distorta, ma pensandoci bene tu ci avevi proposto una crociera di quattro giorni e mezzo. Siamo quasi alla domenica sera e siamo distanti da Palermo parecchie centinaia di miglia. Non credo possibile, anche partendo subito, di poter rientrare in tempo come previsto. Per noi, ovviamente, non ci sono problemi, ma tu probabilmente avrai i tuoi impegni. - Avevamo detto una crociera di quattro giorni e mezzo e così è stato, non vi pare? Questa notte dormiremo nei nostri letti a Palermo! Sapevo benissimo che non ce l’avremmo fatta a percorrere il viaggio, via mare, andata e ritorno, nel tempo programmato. Adesso abbiamo tutto il tempo per raccogliere il poco bagaglio portato con noi e con il taxi ci faremo condurre all’aeroporto internazionale di Pantelleria dove un bireattore privato ci condurrà in un’oretta a Punta Raisi e da lì a casa. La barca tornerà con calma alla marina di Palermo dove è abitualmente ormeggiata. - Non ho parole, esclamò Mario, sei l’uomo dalle mille sorprese. Sembra impossibile, ma per te è tutto facile, tutto previsto, tutto programmato, nulla viene lasciato al caso. Tu programmi tutto da solo mentre io penso, se non avessi la segretaria, i miei impegni ed affari sarebbero alquanto discutibili come risultato. - Non elogiarmi troppo, ti prego, non pensare faccia tutto io. Lancio l’idea del programma a dei miei collaboratori ed essi lo sviluppano, lo preordinano e lo coordinano, tenendomi costantemente informato via telefono sulle mosse e sui programmi successivi. Ecco il risultato, io faccio la bella figura, mentre gli altri, nell’ombra, lavorano per me. Come avremmo potuto trovare guide, barche, taxi, ristoranti e tutto il resto se non fossero stati avvisati prima. Mi piace e pretendo tutto vada per il meglio e pertanto dispongo che ciò avvenga. Dopo aver preso qualche bevanda fresca, rientrarono nelle cabine per rifare le valigie. Luigi, il quale dal bell’inizio ebbe degli strani pensieri e sensazioni nei riguardi di Salvo, pensò tra sé e sé: - 137 La spiegazione era stata ben esposta e poteva anche essere convincente, ma è ben vero se ristoranti, taxi e barche si possono prenotare, ma sindaci ossequiosi o semplici commercianti e cittadini che si inchinino al suo passaggio non possono essere “prenotati”. CAPITOLO 7 Il rientro a Palermo avvenne come previsto ed i coniugi Barberini e Galeazzo continuarono a trascorrere l’ultima settimana rimasta prima della partenza, dedicandola ad un relax completo sulla spiaggia in riva al mare. Gli ultimi giorni passarono in un crescendo di 138 attenzioni da parte degli Arcuri per culminare il 30 agosto dove, verso sera, gli ospiti siciliani organizzarono una serata di gala per salutare gli amici in quanto il giorno 1 settembre, ultimate le vacanze, sarebbero partiti. C’era una marea di gente assiepata nel grande giardino, dietro la casa, tutt’intorno alla piscina illuminata con giochi di luci particolari. Un’infinità di camerieri vagavano tra i gruppi di persone, recando vassoi pieni di ogni ben di Dio, mentre altrettanti offrivano coppe di campagne gelato, vini e bibite di ogni genere. Il tempo passava in una compunta allegria, mentre in un angolo Maria Luisa si complimentava con Giulia per come portava avanti la gravidanza e, pur essendo ormai ben evidente, non le aveva ostacolato minimamente la permanenza in Sicilia con tutte le escursioni fatte ne tantomeno la crociera. Erano arrivate le ventidue quando Salvo, su di un piccolo palco improvvisato, prese un microfono portogli da uno dei componenti l’orchestrina che sommessamente suonava in un angolo e chiese l’attenzione dei presenti. Il brusio delle voci pian piano si affievolì fino quasi a giungere ad un silenzio totale. - Grazie della vostra attenzione, signor sindaco, signor prefetto, eminenze, signore e signori. E’ con immensa gioia e commozione che, mia moglie ed io, ci apprestiamo ad accomiatarci da questi nostri amici in cui onore voi tutti, e vi sono particolarmente grato per questo, avete voluto fare da degna cornice a questa festa. La nostra conoscenza è avvenuta pochi mesi fa, ma la nostra amicizia è come fosse sbocciata anni e anni addietro. Il tempo per questa amicizia non conta e sono fermamente convinto, essa durerà in eterno. La sincerità e la spontaneità portata da queste persone nella nostra vita è un qualche cosa di impagabile. Non ha prezzo, ma ha tanto valore; più valore di tutti i tesori del mondo. Giulia, Maria Luisa, Luigi e Mario ed il piccolo Sergio, vi prego, venite qui da noi in quanto vogliamo pubblicamente abbracciarvi e ricordarvi che, anche siete veneti, d’ora in poi potrete sentirvi, se lo vorrete, anche siciliani a tutti gli effetti. State tranquilli; le famiglie Barberini e Galeazzo, qui nella nostra terra di Sicilia avranno sempre le porte aperte da parte di tutti e saranno i benvenuti quando e quanto lo vorranno. Prego vorrei avervi qui! Attoniti, sconcertati e perfino un po’ spaventati i cinque si avvicinarono ad Emma e Salvo. Avevano gli occhi lucidi per la commozione e forse anche per l’imbarazzo. S’incontrarono, si abbracciarono mentre gli oltre duecento invitati scoppiarono in un fragoroso e lunghissimo applauso. Luigi prese il coraggio a due mani e con un groppo in gola si staccò dal gruppo per salire sulla pedana. L’applauso cessò mentre egli prese il microfono accostandolo alle labbra: - Cercherò, se il groppo in gola scenderà, di parlare anche a nome di mia moglie e degli amici. Abbiamo sempre saputo quanto il senso d’ospitalità, l’onore, il rispetto per gli amici e la generosità sono cose intrinseche in 139 ogni siciliano, ma un simile tributo d’affetto ci sia stato riservato è una cosa che va al di la di ogni immaginazione. Le settimana trascorse assieme alla signora Emma e all’avvocato Arcuri sono passate in un lampo, il tempo di un fuoco d’artificio! Una meraviglia, stupisce e fa gioire, frastorna e rende irreale il mondo che ci circonda. Non saprei cosa dire, ma un concetto posso affermarlo con convinzione, ci sono voluti parecchi anni perché noi veneti avessimo l’opportunità di visitare questa vostra meravigliosa terra e ciò è avvenuto grazie alle insistenze dei coniugi Arcuri. Infine voglio e amo ricordare una frase proferita dall’avvocato il giorno del nostro arrivo all’aeroporto e cioè quando si viene una volta in Sicilia si sente dentro qualche cosa paragonabile al famoso “mal d’Africa”. Infatti noi sentiamo dentro di noi qualche cosa di grande, di inspiegabile, una sensazione di gioia e di felicità definibile con una parola sola: Amore! Amore per una terra, un popolo, una civiltà, una cultura che porteremo sempre con noi e certamente ci farà ritornare, anche grazie al vostro caloroso e spontaneo applauso di prima. Grazie, grazie ancora. Come un botto immenso, scoppiò nuovamente l’applauso degli ospiti. Esso durò a lungo e sembrava non finire mai. Ci volle un altro personaggio, salito sulla pedana, perché la gente smettesse di battere le mani. - Gentilissimi nostri anfitrioni, ospiti illustri, signore e signori, permettete solamente alcune doverose parole. Per gli ospiti continentali dei padroni di casa i quali non mi conoscono, voglio presentami, sono Di Giovanni, sindaco di Palermo e con i poteri conferitimi dalla mia carica ho il piacere di conferire la cittadinanza onoraria alle famiglie Barberini e Galeazzo. Un fragoroso applauso bloccò il discorso del sindaco il quale, alzando la mano destra, fece cenno alla gente di lasciarlo continuare. Ottenuto il silenzio riprese: - Non è facile trovare, gente del nord, che abbia questi sentimenti per noi isolani, e siano talmente innamorati della nostra terra come, con brevi e toccanti parole il dott. Barberini ha esposto, sentimenti suffragati e garantiti da don Salvatore ed è anche per fare cosa gradita a lui che ho preso questa decisione, per altro avvallata dal vostro precedente applauso. I nuovi neo concittadini lo sappiano, in qualsiasi momento avessero desiderio di ritornare nella “loro” città, saranno i benvenuti ospiti d’onore dell’Amministrazione Comunale. Ancora un applauso ai cinque nuovi Palermitani. Lentamente tutti i presenti sfilarono davanti ai festeggiati porgendo la mano esclamando a voce bassa parole di circostanza come “benvenuti fra di noi”, “congratulazioni”, “per noi è un onore”…………… Sergio, frastornato, stentava a capire cosa stesse succedendo attorno a loro, ma anche i suoi genitori e gli amici, rimasero attoniti a tanta manifestazione. Tranquillamente, gli invitati abbandonarono la villa Arcuri, finché nell’immenso giardino, che portava i segni della festa appena finita, 140 rimasero solamente Salvo, Emma, Luigi, Giulia e Mario. Maria Luisa era già salita a mettere a letto il piccolo Sergio il quale nel frattempo si era addormentato sulla spalla della mamma. Salvo esclamò: - Contenti? Vi è piaciuta la festa? Come ci si sente ad essere Siciliani d’adozione? Mario interloquì: - Questo è stato il tocco finale, la sorpresa più grossa! Sono sicuro che avevi già predisposto tutto. - No, questo no - contrappose Emma - è stata una sorpresa anche per noi la decisione di Di Giovanni! E’ vero che Salvo gli ha parlato tanto di voi magnificando la vostra gioia per essere qui, l’ammirazione per la Sicilia e comunque le decisioni e le impressioni di Salvo vengono sempre prese in attenta considerazione da tutti, data la sua posizione ed il suo potere. - Ma cosa dici Emma! Ti prego! Sono un semplice avvocato e possiedo una tenuta agricola ricevuta in eredità. Adesso andiamo a dormire. Domani dedicheremo la giornata ai preparativi per la vostra partenza ed a un assoluto relax magari intorno alla piscina. Gli amici si accomiatarono e si diressero verso le loro stanza. Come sempre Luigi cominciò essere assalito da pensieri che lo fecero meditare per cercare di dipanare situazioni poco chiare. La festa poteva essere una festa di commiato e invece si è trasformata in una cerimonia ufficiale. Un discorso iniziato da Emma, spintasi, forse, un po’ oltre con certe frasi. Salvo la zittisce e chiude la giornata velocemente perché il discorso non vada oltre. Alcune parole pronunciate dal sindaco: “per compiacere don Salvatore”. La ridda di pensieri aveva trasformata la faccia, piuttosto scura, a Luigi, tant’è che Giulia se ne accorse e chiese al marito: - Cosa stai pensando, ti vedo così silenzioso e corrucciato? - Ah, lascia perdere, i soliti miei interrogativi cui non so dare una spiegazione logica o meglio, forse, non voglio darla. Lasciamo perdere, è stata una magnifica festa, ci siamo divertiti, siamo stati festeggiati, ma cosa voglio di più? Andiamo a dormire, domani avremo una giornata intensa, anche se rifare le valigie porta via meno tempo di quello impiegato a casa per farle. Il giorno 31 si svegliarono con comodo, erano le otto e mezzo quando Luigi apri le persiane ed uscì sul terrazzo inondato dal sole, in un’atmosfera di fine estate, ancora calda, ma non più afosa. Era un piacere respirare l’aria tersa, aveva il profumo misto della campagna e della salsedine proveniente dal mare. Disse alla moglie: - Vieni, cara, vieni a vedere e sentire quanto bello! Immagazziniamo nei polmoni questo toccasana perché da domani sera, a Padova, respireremo smog ed aria inquinata. La giornata trascorse in tutta serenità, sempre intorno alla piscina, dalla colazione fino alle prime ombre della sera, in assoluta libertà, con il costume da bagno e gli zoccoli. Frequenti immersioni nell’acqua, deliziosamente fresca, scherzi e tuffi accompagnarono il lento trascorrere delle ore. 141 Emma pregò gli amici, se avessero avuto voglia di andarsi a cambiare, in quanto la cena sarebbe stata servita alle venti, all’interno, nella sala da pranzo. Tutti annuirono e promisero di essere puntuali. La cena fu qualche cosa di sublime, il cuoco aveva dato il meglio di sé, in una sequenza di delicate prelibatezze servite inappuntabilmente dai camerieri sotto lo sguardo vigile del maggiordomo. Il caffè ed il digestivo furono serviti in salotto mentre, le donne da una parte e gli uomini dall’altra discorrevano su argomenti di differente natura. Salvo intervenne dicendo: - Il vostro aereo parte domattina alle nove e trenta minuti; verso le otto sarà bene completare il pulmino con i bagagli mentre noi con la macchina ci avvieremo perché i preparativi burocratici d’imbarco portano via del tempo. - Certamente - annuirono Luigi e Mario - ci alzeremo per tempo in modo da consumare una fugace e breve colazione e non come ci hai abituato in queste cinque settimane. Luigi incalzò: - Sono sicuro, quando rientrerò a casa e salirò sulla mia bilancia parlante essa dirà “non salite in due, non salite in due”. Salvo e Mario scoppiarono in una sonora risata e mentre le signore, sospendendo i loro discorsi, Emma chiese: - Fate ridere anche a noi, cosa vi siete detti di così divertente? - Sicuramente avranno incominciato a raccontare barzellette sconce, sentenziò Maria Luisa. Quando Salvo raccontò la battuta di Luigi, anche le donne sorrisero ed i due gruppi si unirono per continuare la conversazione Ovviamente, prima di ritirarsi, ci fu il brindisi finale ed il maggiordomo entrò con un carrello su cui era sistemato un secchiello con il ghiaccio e due bottiglie di spumante. Alcuni piattini di tartine con il caviale vennero sistemati sul tavolino del salotto. Presa la coppa in mano, Salvo si alzò e disse: - I discorsi seri sono stati fatti ieri, oggi voglio solo brindare a questa nostra stupenda amicizia, suggellando l’impegno che ci si debba ritrovare ancora tante e tante volte, indipendente dove, ma non si può scalfire questo saldo sentimento. Saprete certamente, quando un Siciliano fa una promessa e prende un impegno, nulla e nessuno, può farlo disattendere. Cin, cin Amici! Tutti in piedi, meno il piccolo Sergio in quanto stava già dormendo, toccarono le coppe in un tintinnio di cristallo. Voleva essere una firma di avvallo alle parole di don Salvatore. Alle otto in punto, con tutta la servitù schierata sulla gradinata della villa, e salutati pure, con un breve cenno della mano, da alcuni degli “studenti” che sostavano nei pressi della fontana, le vetture si mossero verso l’aeroporto di Punta Raisi. Entrarono nel salone dell’aeroporto dove si doveva procedere alle operazioni d’imbarco, quando si fermarono di colpo. Un 142 enormità di gente agitata parlava a voce alta in direzione degli sportelli, i cui addetti non riuscivano a calmare e tacitare la folla. Altra gente, con fare rassegnato, era seduta sulle poltroncine della sala d’attesa accanto ad un’enormità di valigie e borse ammassate. Cosa era successo? Informatisi da alcuni astanti, la risposta fu che improvvisamente era stato indetto uno sciopero dei piloti da alcune sigle sindacali e pertanto decine e decine di voli erano stati cancellati. Quei pochi rimasti in partenza erano completi e pertanto bisognava attendere la fine delle agitazioni per poter ripristinare i voli regolari e smaltire quelli cancellati. Il volo delle 9 e 30 minuti era stato soppresso! Il volo successivo sarebbe partito alle 10 e 45, ma era al completo. Il turno d’imbarco per le due famiglie padovane era stato spostato alle 9 e 30 dell’indomani. I viaggiatori sarebbero stati sistemati in alcuni alberghi cittadini a cura e spese delle compagnie aeree. Luigi e Mario commentarono che per loro era impossibile, dopo cinque settimane d’assenza dal lavoro, ritardare ancora la partenza e pertanto la loro presenza nei rispettivi uffici. Luigi sentenziò: Salvo sarà così gentile di accompagnarci con le automobili alla stazione ferroviaria e prenderemo quel mezzo per rientrare a costo di viaggiare tutta la notte. - Certo - annuì Mario - non possiamo fare altro. Certamente un treno diretto non esiste e chissà quanti cambi dovremo fare, ma non abbiamo scelta. Giulia e Maria Luisa si guardarono sconsolate e rabbrividirono solo al pensiero di salire e scendere dai treni con il bagaglio ed il piccolo Sergio, quando a Giulia venne un’idea: - E se noleggiassimo un’auto, piuttosto grande, di quelle “rent a car” ed alternandoci alla guida entro domani mattina dovremmo essere a casa. - Un momento amici - intervenne Salvo - stiamo calmi, non precipitiamo! Voi rimanete qui mentre io vado a vedere cosa si può fare. Chissà quanti uffici e quanti funzionari aeroportuali dovrò visitare, ma ne può valere la pena; se ci riesco non occorrerà prendere provvedimenti alternativi, altrimenti un’ora in più o un’ora in meno poco cambia. La soluzione dell’automobile a noleggio mi sembra la migliore o, perlomeno, io la adotterei. Noi ci salutiamo qui perché, se mi allontano, con questo marasma che ci circonda, difficilmente ci potremmo rivedere. Appena arriverete a Padova, in un modo o nell’altro, vi prego di telefonarmi per tranquillizzarci, Emma e me. Si abbracciarono ed in fretta, seguito dai due uomini che avevano trasportato il bagaglio, si allontanò e sparì alla vista nascosto dalla folla. Era da poco passata l’ora in cui sarebbero dovuti partire e l’aereo successivo era già completo. Tentarono di leggere sul cartellone luminoso quali voli diretti a Venezia, o con scalo a Venezia, non fossero stati annullati. I dati cambiavano in 143 continuazione e la speranza di vedere qualche aereo di qualche compagnia straniera avesse dei posti liberi si affievoliva sempre più, anche perché loro erano in cinque. Diciamo pure quattro, Sergio sarebbe stato tenuto in braccio alternativamente, l’importante era partire. Decisero, visto che con Salvo non avrebbero avuto più contatti, di attendere ancora un’ora e mezzo al massimo e poi predisporre la partenza con il mezzo alternativo preventivato. Il tempo passava con una lentezza esasperante, il malcontento tra i viaggiatori aumentava di minuto in minuto ed i commenti, alquanto pesanti, si susseguivano ed accavallavano in un crescendo continuo. Erano le 10 e 25 minuti quando decisero, era inutile aspettare oltre! Il tempo passava in un’inutile attesa; era meglio raccogliere i bagagli ed avviarsi verso l’atrio dell’aeroporto dove risiedevano gli uffici delle varie ditte, a valenza nazionale, di autonoleggi. Una voce metallica proveniente dagli altoparlanti sovrastò il brusio della folla dicendo: - Il dott. Berberini e signora e la famiglia Galeazzo sono pregati di presentarsi, con urgenza, al cancello d’imbarco numero quattro. Ripeto………… I quattro amici si guardarono con un’espressione mista tra la meraviglia e la gioia, raccolsero in fretta i bagagli, mentre Maria Luisa prendeva in braccio Sergio, e si diressero a passo veloce, fendendo la marea di gente, verso il punto indicato. Giuntivi, una hostess aprì il cordone che negava l’accesso e li pregò di seguirla con una certa sollecitudine. A passo veloce raggiunsero la scaletta d’imbarco di un DC9, mentre le valigie venivano prese in consegna da un addetto il quale le avrebbe sistemate assieme agli altri bagagli dei passeggeri. Salirono, quasi di corsa, la scala. Sembrava non finisse mai. Entrarono nell’aereo dove un’altra hostess li prese in consegna per accompagnarli ai loro posti. Giunsero così nella business class e l’accompagnatrice indicò loro i cinque posti dove potersi accomodare, un breve cenno e s’allontanò. Sbigottiti, ma finalmente rasserenati e tranquilli si sedettero, pronti ad allacciare le cinture di sicurezza quando, tramite l’altoparlante, fosse stato loro richiesto. Alle 10 e 45 minuti, l’aereo iniziò la manovra di decollo con breve rullaggio su di una pista secondaria per immettersi poi nella principale ed acquistando velocità, si staccò dal suolo. Finalmente, dopo tanta tensione e silenzio, Luigi disse: - E’ fatta! Si ritorna a casa. Non riesco ancora a capire come ciò possa essere avvenuto. L’aereo era al completo, non c’erano posti fino a domani ed invece eccoci qua. E’ evidente, cinque persone, al posto nostro, sono rimaste a terra, ma come e perché, quali poteri e sistemi li hanno convinti a lasciare liberi i posti a degli sconosciuti? Mario intervenne: - Questa sicuramente è opera di Salvo! Come abbia potuto fare una cosa del genere non saprei rispondere, ma comincio a pensare e convincermi che tutti gli interrogativi ci siamo 144 posti a suo tempo ed anche recentemente, da Luigi non siano delle mere fantasie e , senza romanzarle e avvolgerle nel mistero, una base di verità sulla quale meditare ci sia. Un migliaio di persone inferocite nell’atrio dell’aeroporto devono rinunciare a volare, cinque persone già sistemate sull’aereo, pronte a partire, e tutto ciò viene stravolto, non si sa come e non si sa perché, per far posto e sistemare per la partenza altre cinque persone, per lo più insignificanti come possiamo essere noi. - Certamente cosa sia successo non lo sapremo mai - replicò Luigi - e se anche lo chiedessimo, Salvo troverebbe un motivo plausibile, anche se irreale, per giustificare il suo intervento, sminuendo il tutto e giustificandolo come un momento di incredibile fortuna. Maria Luisa si rivolse a Giulia commentando: - Effettivamente, anche se non in tutta la Sicilia, ma almeno a Palermo, Salvo deve essere una persona importante a cui non si può negare nulla, a nessun suo desiderio od ordine. Giulia rimase un po’ pensierosa, con un attimo di silenzio, sull’affermazione dell’amica ed intervenne: - Non è proprio così - cara Maria Luisa - se andiamo indietro con i ricordi, da Madonna di Campiglio ad altri luoghi, qui in Sicilia, pur non essendo stati Palermo, abbiamo avuto parecchi episodi i quali ci possono confermare quanto Salvo sia conosciuto, rispettato e riverito un po’ dappertutto. Non so quali siano le idee in merito di Luigi, non ne abbiamo mai parlato, in quanto pensavo fossero frutto della sua innata fantasia e, sospettoso com’è di solito dato il suo lavoro, lasciavo vagasse con la mente e, forse, ne sorridevo. Ora non sorrido più e non ne sono più tanto sicura in quanto questo ultimo episodio ha veramente dell’incredibile. Ho quasi paura! Breve sosta tecnica a Roma e poi via, in perfetto orario l’aereo giunse all’aeroporto di Venezia. Anche qui migliaia di persone gremivano l’aerostazione affannandosi a chiedere informazioni sui voli cancellati e su quando avrebbero potuto ripartire. Poverini, loro non avevano Salvo! Sbrigate le pratiche, attesero la consegna del bagaglio per far ritorno a Padova nelle rispettive abitazioni. Il bel viaggio e l’indimenticabile soggiorno in Sicilia, erano terminati. L’indomani si ricominciava a lavorare, gli uomini nei rispettivi uffici e le donne, a casa, per rimettere a posto tutto il bagaglio, lavare e stirare quanto di usato avevano riportato dalle ferie. Gli anni passarono, il bimbo di Giulia era nato, un bel maschietto sano e vispo. Sergio era ormai un ometto che frequentava le scuole elementari, Luigi continuava a cercare di risolvere i problemi che assillavano i suoi clienti, mentre Mario contribuiva ad espandere la provincia di Padova costruendo case, condomini e ville. L’amicizia 145 con Emma e Salvo era rimasta intensa, ma a livello epistolare e telefonico, continui inviti da una e dall’altra parte e promesse di futuri incontri si intrecciavano ad ogni contatto, ma, per momento, la cosa era rimasta a quel livello. Ogni tanto gli amici padovani, come d’uso, si trovavano la domenica o nelle rispettive abitazioni per trascorrere in allegria alcune orette o a programmare brevi escursioni “fuori porta” nelle belle giornate soleggiate, approfittando di portare i bimbi all’aria aperta in campagna dove potevano correre al di fuori dei pericoli, oltre, s’intende, alla classica settimana bianca per la quale decisero di variare annualmente la località. Tutte le volte in cui avevano occasione di stare assieme, durante gli incontri, o prima o dopo il discorso cadeva sugli amici siciliani e dopo aver rievocato vari momenti felici, varie situazioni, varie località, visite fatte ed incontri particolari il discorso finiva immancabilmente con la stessa ed univoca domanda: ma chi è Salvo? 146 I CASI DELLA VITA CAPITOLO 1 Alle volte i casi della vita possono, senza preavviso, modificare gli eventi e lo scorrere regolare del menage familiare, stravolgendo le abitudini, le consuetudini ed il cammino che ci era prefissato. Qualcosa del genere successe al protagonista di questo episodio, leggermente romanzato, cui viene dato un nome di fantasia, come a tutti gli altri personaggi, perché non possa essere riconosciuto e così nemmeno verranno citati i nomi delle aziende e gli esatti luoghi dove esse risiedono. Il rag. Andrea Geronti, 32 anni, da 11 stava svolgendo tranquillamente il suo lavoro di capo reparto dell’ufficio recupero crediti e sofferenze presso una nota compagnia di assicurazione di valenza nazionale ed internazionale, felicemente coniugato da 7 anni con Angela, che era una meravigliosa ragazza di 29 anni e, padre felice di due splendidi maschietti rispettivamente di cinque e tre anni. Aveva un fisico atletico ed asciutto, era il classico esempio del ragazzo sportivo anche se ultimamente poteva dedicare a ciò ben poco tempo, limitando le attività sportive a qualche ora il sabato o la domenica. Il mattino usciva presto da casa per recarsi al lavoro, anche se grazie alla metropolitana, i tempi di percorrenza tra casa ed il lavoro si riducevano notevolmente. In una città come Milano era impensabile spostarsi con l’automobile soprattutto per recarsi in centro. Con l'abbonamento mensile ai servizi pubblici, anche il lato economico del problema, aveva il suo tornaconto. Essendo l'unica fonte di reddito per la famiglia, anche se lo stipendio non era certamente dei più bassi, arrivare alla fine del mese, con i continui aumenti dei costi della vita, era sempre più problematico. Per questo Andrea, sacrificando il tempo libero da dedicare allo svago ed alla famiglia, al pomeriggio, terminato il lavoro alle 16.45, si recava presso lo studio di un suo amico, amministratore di stabili, per dargli una mano nella 147 conduzione del complesso apparato gestionale. Infatti egli curava la stesura dei verbali delle assemblee da inviare ai condomini; parecchie volte presiedeva le assemblee stesse in vece dell'amministratore impegnato altrove. Estrapolava le decisioni dell'assemblea per quanto riguardava eventuali lavori straordinari deliberati preparando le gare d'appalto, scrivendo i capitolati da dare ai possibili esecutori dei lavori stessi. Tutto ciò, che esulava dalla parte contabile amministrativa, gli impegnava parecchie ore, tant'è che alla sera rientrava a casa non prima delle ventuno. Il più delle volte i figli erano già crollati dal sonno e dormivano, mentre la moglie, pazientemente, lo aspettava per poter cenare assieme e conversare un pochino fino al momento di andare a letto per il meritato riposo. Questo sacrificio era ben remunerato, permettendo alla famiglia Geronti di guardare serenamente al futuro, mantenendo un discreto tenore di vita e concedendosi pure un periodo di vacanze al mare d'estate senza creare troppi problemi economici. Come in tante aziende, anche in quella di Andrea, l'informatica aveva preso il posto dei contatti umani per recepire nuovi ordini di servizio, informazioni operative e disposizioni sulle gestioni aziendali. Quel lunedì, 7 aprile, come ogni mattina, Andrea si sedette alla sua scrivania, accese il terminal del computer per vedere le novità inserite in rete durante il week-end. Erano state introdotte alcune piccole varianti sul modus operandi nella gestione del portafoglio clienti per quanto riguardava il controllo delle scadenze annuali dei premi di polizza nonché degli ordini di servizio che interessavano altre sezioni della compagnia. Messo lì, in mezzo alle altre notizie, quasi inserita per non essere notato, c'era una nota di servizio, indirizzata con E-mail privata e personalizzata al rag. Andrea Geronti, con la quale lo si invitava, con comodo quando avesse avuto un momento di tempo, di presentarsi, anche senza appuntamento, dal dott. Sergio Paganelli, condirettore generale della compagnia. Andrea ebbe un sussulto, cosa poteva essere successo? Probabilmente niente di grave, altrimenti l'ordine sarebbe stato perentorio e non un semplice invito. Però il condirettore generale?!……nella scala gerarchica, quanti quadri intermedi lo avrebbero potuto contattare prima di giungere così in alto! Andrea fu preso dal dubbio se recarsi subito dal dott. Paganelli, senza preavviso, o telefonare alla segretaria per un appuntamento. La segretaria del condirettore era Lucia Mancini, sua ex compagna di scuola, assunta direttamente con quelle mansioni un paio d'anni prima. Questa seconda soluzione gli parve la migliore ed optò per essa. - Pronto, Lucia cara, sono Andrea Geronti, ho letto stamattina al computer che il dott. Paganelli vorrebbe parlarmi… C'è? Mi fissi un appuntamento per quando è libero? Sai forse dirmi cosa vuole da me, piccolo capo reparto, un papavero così grosso? - Ciao Andrea, ho scritto io quel testo che Paganelli mi ha passato, ma non so altro. Adesso è nel suo ufficio, ma ha alcuni ospiti venuti dalla 148 Francia, quindi sicuramente non ti riceverebbe. Se vuoi ti metto in lista per domani mattina alle dieci, come primo appuntamento. Non conoscendo l'argomento, non so dirti quanto tempo dovrai rimanere da lui, ti conviene, pertanto, avvisare il tuo diretto superiore che sarai assente dall'ufficio per questo motivo e per un tempo imprecisato. - Sì, certamente, farò così, ok! Va bene per le dieci domani mattina e speriamo bene! - Stai tranquillo Andrea, conoscendolo da un paio d'anni, posso dire che, se ti invita e non ti ordina, può essere solamente una cosa positiva per te. Auguri e ci vediamo domani. - Grazie Lucia, mi rincuori, però che ansia fino a domani! Ciao e arrivederci, grazie ancora, ciao. Si immerse nel suo lavoro per non stare ad arrovellarsi il cervello sul motivo e sulle possibili conseguenze della chiamata. Nella pausa pranzo, durante il tragitto dall'ufficio all'amministrazione e da essa a casa, il suo pensiero era fisso su quel messaggio di posta elettronica. La sua mente vagava e spaziava in mille pensieri, possibili argomenti e motivi, ma nulla affiorava che potesse far luce sul mistero. Il suo lavoro era talmente di routine che non poteva interessare le alte sfere e se si fosse trattato di un cambiamento o un trasferimento gli stessi sarebbero avvenuti con un semplice ordine di servizio. A parte i vertici della compagnia, tutti gli altri, con gli attuali sistemi di gestione aziendale, sono dei numeri e non delle persone, che vengono mossi sulla scacchiera senza essere interpellati, senza comunicazione diretta verbale, ma con semplice nota scritta nella posta elettronica interna. Giunto a casa che fu, salutò la moglie come al solito, ma lei, con il sesto senso di tutte le mogli, si accorse che c'era qualche cosa di nuovo nell'aria e disse: - Qualche cosa non va? Ti senti male? Ti vedo strano, non sei del solito umore. - Nulla di grave - rispose Andrea - stamattina ho ricevuto una convocazione dal condirettore generale e, per quanto abbia la coscienza a posto sul mio lavoro, sono un po' preoccupato, cosa vuoi, con questi chiari di luna che aleggiano in azienda, non si sa mai. Domani mattina alle 10 ho fissato l'appuntamento con Paganelli e sapremo cosa vuole da me. - Fossi in te non mi preoccuperei troppo - rispose Angela - potrebbe invece essere qualche cosa di positivo e, forse, finalmente la direzione si è accorta della tua dedizione al lavoro e, per ciò, ti premia in qualche modo. Andrea, scrollò le spalle e disse: - Speriamo - pur sapendo, dentro di sé che se avessero voluto dargli una promozione, sicuramente non a livello dirigenziale, essa gli sarebbe stata comunicata dal suo diretto superiore. Dopo cena si sedette, assieme alla moglie, davanti alla televisione per vedere un telefilm, di una serie che a loro piaceva molto, non prestando però la dovuta attenzione perché continuava a pensare all'indomani mattina e ciò era il chiodo fisso che lo manteneva in ansia. 149 Come Dio volle la notte passò e, fatta la colazione, si preparò per recarsi al lavoro nei tempi e nei modi consueti in modo da non far preoccupare la moglie, anche se lui sarebbe scappato di corsa via da casa, come se così facendo, le dieci sarebbero arrivate prima. Entrato nel palazzo, passò il tesserino magnetico personale che serviva per registrare l'ora di entrata e l'ora d'uscita e, preso l'ascensore, salì al secondo piano dove era situato il suo ufficio. Appena entrato accese il computer per vedere se ci fossero ulteriori novità che lo riguardassero. Trovò solamente la conferma da parte di Lucia Mancini: il dott. Paganelli lo attendeva alle dieci in punto. A quel punto, sedutosi alla scrivania, avviò il programma in cui erano registrati tutti gli atti in sospeso e sui quali stava lavorando, nel timore di non aver notato qualche pratica vecchia non ancora riscontrata. Tutto era a posto ed i ritardi erano nella norma, anche perché, ultimamente, con alcune mosse ben assestate, era riuscito a recuperare dei crediti all’apparenza inesigibili. Controllò pure che i nominativi in sofferenza non fossero di gente nota o di società di una certa importanza. Tutto era nella norma, anche se Andrea non era uso guardare in faccia nessuno quando si trattava di lavoro usando lo stesso metro di recupero, sia per la persona importante come per qualsiasi altra persona o ditta. Cercò di memorizzare, il più possibile, le pratiche in sospeso in modo da essere pronto a rispondere a qualsiasi domanda. Lo sguardo correva sovente sul quadrante dell'orologio ed il tempo non passava mai. Alle 9.45 telefonicamente avvisò il suo dirigente che il dott. Paganelli lo aveva convocato per le dieci e pertanto sarebbe stato assente dall'ufficio. Il superiore chiese ad Andrea se fosse al corrente della motivazione dell'incontro e, ottenuta risposta negativa, raccomandò ad Andrea di tenerlo informato sugli sviluppi della situazione. Preso l'ascensore, Andrea salì al quarto piano, dove risiedevano i prestigiosi uffici della direzione generale, si trovò, all'uscita dell'ascensore, in una bussola vetrata con le porte chiuse ed un campanello con citofono sul quale era scritto: "Suonare ed annunciarsi". Premette il campanello, silenzioso per altro, ed alcuni istanti dopo apparve una graziosa ragazza sorridente, era Lucia! Aprì la porta dall'interno dicendo: - Entra, entra Andrea, il dott. Paganelli ti sta aspettando e, posso assicurarti, è di ottimo umore, cosa piuttosto rara. Si avviarono lungo i tappeti rossi fino davanti ad una doppia porta in mogano massiccio, Lucia bussò, aprì il battente ed esclamò: - dottor Paganelli, c'è qui il rag. Andrea Geronti da lei convocato, lo faccio passare? Il condirettore si alzò dalla sua splendida scrivania ed avviandosi verso la porta per andare incontro ad Andrea disse: - Ma ci mancherebbe, venga, venga, caro Geronti, si accomodi pure, entri. Lucia si fece in parte per lasciare passare Andrea, chiudendo immediatamente alle sue spalle la porta. 150 Entrò in un ufficio di dimensioni tali da poter contenere un appartamento, arredato con tappeti, poltrone, divani, tavoli, seggiole, mobili, quadri d'autore alle pareti e tutto quanto di più pregevole si possa immaginare. Vide la mano tesa del condirettore che avanzava verso di lui con un sorriso smagliante a trentadue denti, gliela strinse, mentre lo faceva accomodare su di una poltrona in pelle, nell'angolo dove era posizionato il salotto per intrattenere gli ospiti. Strana situazione: un condirettore generale che si alza dalla sua scrivania per andare incontro ad un sottoposto, porgendogli la mano e trattandolo come fosse un'autorità. Certamente c'era qualche cosa sotto sotto da dover indorare prima di essere esposta. - Che piacere vederla rag. Geronti, non abbiamo mai avuto l'occasione di incontrarci ma ho sentito molto parlare di lei e del suo zelo nell'esecuzione delle mansioni assegnatele. Vedrà, d'ora in poi le occasioni di vederci non mancheranno, sempre se troveremo un punto d'intesa su quello che andrò a proporle. Lo so felicemente sposato con la signora Angela, padre di due cari frugoletti, Marco ed Alessandro. Purtroppo mantenere decorosamente, oggidì, una famiglia con un monoreddito è pressoché impossibile, forse per questo lei deve collaborare con l'amministrazione stabili, sacrificando il suo tempo libero altrimenti dedicabile alla famiglia e certamente con più gioia. Andrea rimase senza fiato, ammutolito, nel sentire che sapeva tutto di lui, della sua famiglia e del secondo lavoro. - Sì, direttore, è tutto giusto e tutto vero, ma come mai tanto interesse per la mia modesta persona? Mi lusinga il suo apprezzamento il mio lavoro in seno all'azienda che io, doverosamente, cerco di svolgere nel miglior modo possibile, ma ho capito che deve propormi qualcosa, di lavorativo immagino. L'ascolto con molto piacere. - Quello che andrò a proporle lo deve giudicare lei e, stia assolutamente tranquillo, se non fosse di suo gradimento e dovesse rifiutare, non comprometterebbe in alcun modo i rapporti tra di lei e la Compagnia. Ma veniamo al dunque, caro Andrea , non le dispiace se la chiamo Andrea senza tanti formalismi e titoli? - Certo che no, direttore, anzi mi lusinga, sono tutto orecchi ed ansioso di sentire quanto deve dirmi. - Da un po' di tempo eravamo alla ricerca di una persona in seno alla nostra compagnia, la quale avesse delle caratteristiche e delle doti specifiche per dar corso ad un progetto di espansione aziendale. La cosa non è semplice, anzi, e la sua buona riuscita dipende appunto dalla scelta della persona cui dovremmo affidare l'incarico e dai risultati che riuscirà ad ottenere. La scelta è caduta su di lei proprio grazie alla sua innata predisposizione a trovare forme e modi per ottenere successi importanti. Mi spiego: a lei sono affidate mansioni per tentare di recuperare crediti pressoché persi, con scarsa possibilità di rientro dei premi in sofferenza. 151 Facile sarebbe recuperarli con forme intimidatorie e con l'aiuto di esattori gorilla pronti a picchiare ed a sfasciare tutto, come si vede in certi films di gansters americani, ma questa non è certo la politica della nostra azienda. Eppure lei, ultimamente, solo con la persuasione e le parole è riuscito a far rientrare nelle casse della compagnia una cifra abbastanza considerevole. Bravo, me ne, anzi ce ne compiacciamo sinceramente, non tanto per l'ammontare delle somme recuperate, certamente cospicue, ma in caso contrario, non avrebbero intaccato il bilancio dell'azienda, ma perché così facendo la nostra immagine, presso le concorrenti, è sinonimo di efficienza e di coesione, simbolo di una sana gestione. - Direttore, lei mi confonde, mi fa quasi arrossire, forse non merito tanta considerazione, in fondo ho cercato di far bene il mio lavoro e per il quale voi mi date uno stipendio; devo pur cercare di guadagnarmelo! - Anche la modestia è una sua virtù, pensi quanti in questa situazione si sarebbero approfittati e avrebbero cercato di trarne utili motivi per "vendere" la loro immagine e per poter ottenere futuri miglioramenti. Ed ecco la nostra richiesta: sarebbe intenzione del consiglio di amministrazione, su suggerimento dell'azionariato, di dare la scalata, per poter controllare con la maggioranza azionaria, ad una grossa compagnia di assicurazione francese che a sua volta controlla buona parte del mercato assicurativo del sud est asiatico. Ieri ho avuto degli abboccamenti con dei grossi rappresentanti di questa compagnia, che farebbero in modo di farla assumere presso di loro con mansioni quasi analoghe a quelle ricoperte presso di noi, con la conseguenza di poter accedere agli archivi generali della società. Lo scopo è quello di scoprire tutti i retroscena, la solidità reale, la forma gestionale e la consistenza del portafoglio clienti. Questi dati ci servirebbero per poter valutare appieno la convenienza o meno di questa grossa operazione. - Una specie di spionaggio industriale - replicò Andrea - cosa, se scoperta, produrrebbe una denuncia penale che mi rovinerebbe per sempre. Non è certo una cosa da poco quella richiestami, ho anche una famiglia a cui pensare. Sono d'accordo, che se non risica non si rosica, ma il gioco vale la candela? Sa, alla mia età, trovarsi in mezzo ad una strada con la crisi di posti di lavoro attuale e con un curriculum “macchiato”, non è proprio il massimo. Dovrei comunque pensarci, ma la contropartita quale sarebbe? Se non ho capito male, questa compagnia di assicurazione francese mi assumerebbe e pertanto io dovrei dare le dimissioni qui da noi. Quale sarebbe la località in cui dovrei prendere il nuovo servizio? - Domande più che lecite alle quali devo risponderle con assoluta franchezza sia dal punto di vista economico come di sicurezza lavorativa replicò il dott. Paganelli - e vedrà, da questo lato ci sarebbero solamente dei vantaggi per lei, molti ed invitanti. Ecco le condizioni: Località di lavoro, Parigi, remunerazione 234.000.000 di lire l’anno, un appartamento molto decoroso a totale carico nostro. Il periodo che lei dovrebbe risiedere e rimanere a Parigi dovrebbe aggirarsi sui due o al massimo tre anni. Al termine, ottenuti i risultati prefissati lei ritornerebbe nella nostra azienda con una qualifica 152 dirigenziale e lo stesso stipendio parigino. Anche in questo caso noi le faremmo una proposta scritta per convincerla a tornare alle nostre dipendenze ufficializzando il nuovo stipendio con tutti gli annessi e connessi derivanti dalle nuove contribuzioni per quanto riguarda la futura quiescenza. Andrea rimase per un istante ammutolito nel ripensare a quanto il dott. Paganelli aveva esposto, cercando di vagliare la percentuale di riuscita di questo progetto. Come un lampo un dubbio lo assalì e decise di esporlo al direttore. - Signor direttore, il concetto base l'ho capito e sembrerebbe abbastanza semplice avendo i dati a disposizione, però, rimanendo pur sempre vostra la decisione finale in base ai dati che vi esporrò, il giudizio e l'elaborazione delle conclusioni da sottoporvi sarebbero demandate alla mia discrezionalità in base alle opinioni che io ne trarrei. Mi sembra una grossa responsabilità! Sinceramente la cosa mi stuzzica, sia dal punto di vista lavorativo, con l'apprendimento di nuove tecniche lavorative e sistemi operativi, sia dal punto di vista economico è inutile negarlo. Potrei essere giunto alla svolta decisiva della mia vita. La prego di lasciarmi almeno ventiquattro ore per pensarci e darle una risposta definitiva, vorrei discuterne anche con mia moglie. Cambiare città, nazione, con due bambini in età prescolastica e le relative problematiche linguistiche per loro. Io con il francese me la cavo benissimo avendolo studiato a scuola per otto anni ed avendo continuato a coltivarlo leggendo settimanalmente, la domenica, uno o due quotidiani francesi. Resta ancora un punto da chiarire, se qualcosa andasse storto e venissi “scoperto”, come sarebbe vostra intenzione proteggermi? - Anche la questione della lingua, oltre a quanto già esposto, è uno dei motivi per cui la scelta è caduta su di lei caro Andrea, per quanto riguarda la scuola dei bambini non si preoccupi, a Parigi esistono delle scuole private italiane, sono come le nostre scuole a tempo pieno dove i bambini fanno le loro ore di lezione, viene loro servito il pasto di mezzogiorno, c'è un breve periodo di riposo e poi al pomeriggio, con altri insegnanti, preparano i compiti per il giorno dopo e studiano. Anche questo costo, ovviamente, sarebbe a carico nostro. Il suo dubbio, che io presumo infondato, sull’essere allontanato dalla compagnia francese, è comunque un aspetto da valutare. Se ciò dovesse avvenire, diverrebbe operativa la sua riassunzione alla filiale di Roma, dove nessuno la conosce, con il grado di funzionario di direzione, e con conseguente miglioramento, essendo lo stipendio analogo a quello “ufficiale” francese. Però ci sono alcune altre condizioni base che dobbiamo porre. L'operazione dovrà avere una segretezza totale, lei dovrebbe dire a sua moglie, di aver ricevuto direttamente l'offerta dalla compagnia francese. Io ho qui una lettera dattiloscritta su carta intestata e spedita da Parigi, per posta prioritaria, a suo nome con tutte le specifiche dell'offerta. Ovviamente la lettera è un falso, in realtà lei verrebbe assunto in base a una sua personale richiesta di lavoro spedita alcuni mesi fa alla compagnia francese. Anche quanto riguarda gli emolumenti sarebbero un normale stipendio sindacale da funzionario, il resto della cifra pattuita verrebbe da 153 noi mensilmente bonificata in un conto corrente da lei indicatoci. Per giustificare l'accettazione, potrebbe dire a sua moglie che lo stipendio percepito sarebbe leggermente più alto del reddito ottenuto attualmente con il doppio lavoro e con il vantaggio di poter dedicare tanto più tempo alla famiglia. Ci pensi bene, vagli tutte le opportunità, da parte mia e dalla nostra azienda avrà tutti gli aiuti del caso, glielo garantisco, e se, come spero, deciderà per il sì, mi faccia avere per domani la sua lettera di dimissioni con il consueto preavviso di trenta giorni. Questa è la lettera con cui la compagnia francese accetta la sua richiesta di lavoro, il mansionario ed il trattamento economico da far vedere alla sua signora. Ah sì, a proposito, bisogna trovare una motivazione della sua visita qui da me da riferire a Lucia, la mia segretaria. Essendo voi amici, le chiederà certamente con ansia una spiegazione. Pensavo di dire di averla chiamata per proporle un trasferimento a Roma, con la qualifica di funzionario e lei mi abbia risposto che se avesse dovuto andare a Roma per diventare funzionario, avrebbe preferito accettare un'offerta avuta da una Compagnia di Assicurazioni francese con sede a Parigi e alla quale era, fino ad ora, era indeciso se accettare o meno. Vista e valutata la situazione preferiva sicuramente Parigi a Roma. - Ha pensato proprio a tutto, non le sfugge proprio nulla. Vista la risposta che da dare a Lucia, lei si è fatta la convinzione che io accetterò sicuramente la sua richiesta. Sono abbastanza convinto, ma voglio pensarci ancora un pochino. Se domani mattina le presenterò le mie dimissioni, significherà l’accettazione della proposta, altrimenti vorrà dire che rimarrò al mio solito posto di modesto capo reparto. Grazie comunque della fiducia direttore, l'aver pensato alla mia persona mi fa molto piacere. Andrea si alzò dalla poltrona e così pure il dott. Paganelli, si strinsero la mano, e salutando si avviò verso la grande porta di mogano imbottita all’interno con la stessa pelle del divano e delle poltrone. Aprì la porta e mentre stava per uscire udì la voce del direttore esclamare ad alta voce: Eh si, Roma è proprio una gran bella città, ci pensi. Perché aveva detto quella frase? Era una velata minaccia per farlo convincere o lo aveva detto pensando che Lucia avesse potuto essere vicino alla porta e pertanto metteva solamente in atto la commedia? Non lo avrebbe saputo mai. 154 CAPITOLO 2 Si incamminò lungo il tappeto rosso fino all'ascensore non incontrando nessuno, nemmeno la sua amica Lucia. Tanto meglio, non avrebbe dovuto dare spiegazioni di alcun genere Rientrato nel suo ufficio, per prima cosa aprì la busta contenente la lettera di assunzione presso la compagnia francese, nella quale si evidenziava l'incarico cui era destinato che, con qualche piccola aggiunta, poco si discostava dalle sua attuali mansioni. Per quanto riguardava la 155 parte economica, la sua retribuzione sarebbe stata di lire 66.000.000 oltre ad una cifra variabile di anno in anno, quale "premio di produzione", agganciato all'andamento degli utili aziendali nell'anno di erogazione. Non male, ma niente in confronto alla reale retribuzione. Mille pensieri affollarono la sua testa, prendere una decisione del genere senza il conforto della moglie non era cosa da poco anche perché non avrebbe potuto raccontarle il vero ammontare della retribuzione che, sicuramente, avrebbe dato il giusto imput ad una risposta affermativa . Per giustificare l'eventuale aumentato tenore di vita avrebbe potuto inventare degli acconti sul premio di produzione. La cosa non li piaceva molto avendo improntato la sua vita coniugale sul massimo della lealtà e sincerità. Poi c’era da conciliare la chiamata della direzione, cosa di cui Angela era al corrente, con l’arrivo della lettera. Avrebbe potuto raccontare la storia inventata da Paganelli per Lucia, ma perché non aveva raccontato prima alla moglie l’esistenza della lettera della compagnia francese? La sera avrebbe mostrato alla moglie la "lettera francese" spiegandole i vantaggi sia professionali, per lui, come economici per tutta la famiglia, ottenibili accettando questa proposta piovuta dal cielo. Per prima cosa prese il telefono per chiamare il suo dirigente il quale attendeva notizie riguardanti il colloquio con Paganelli. Al terzo squillo udì: - Castaldi, buon giorno, chi parla? – Sono Geronti, buon giorno, sono rientrato ora dalla visita al condirettore generale che le avevo preannunciato. - Ah sì, mi dica di che cosa si trattava, in cosa verteva la questione dato che io, suo diretto superiore, non ne sapevo niente. - Il dott. Paganelli mi ha proposto un trasferimento alla nostra sede di Roma, cosa delle quale non sono molto convinto e mi sono riservato di dargli una risposta in breve tempo; ne devo parlare, ovviamente, in famiglia. - Com’è cambiato tutto il sistema all’interno della nostra azienda. – replicò Castaldi - Quando mai un dipendente veniva trasferito senza prima interpellare il responsabile del reparto, proponendogli l’eventuale sostituto! Facevano lo stesso a modo loro, ma almeno la forma era salva. Cosa vuole che le dica Geronti, faccia come meglio crede, io però, se se ne va, ne sarò dispiaciuto, era veramente un valido elemento su cui potevo contare. Auguri e ci sentiamo. - Direttore, non è ancora sicura la mia accettazione, ma se così fosse, lei sarà il primo a saperlo. Grazie e buon lavoro. Fece ancora una telefonata privata, prima di riprendere il suo lavoro interrotto, chiamò infatti l’amministrazione stabili per informarli che quella sera non sarebbe potuto andare da loro per degli improvvisi ed improrogabili impegni personali. Dopo una giornata di lavoro, non molto costruttiva, dati gli assillanti pensieri, Andrea prese la metropolitana per far subito ritorno a casa, aveva deciso di tenere, con Angela, una linea di condotta improntata alla solita sincerità. 156 Erano le diciassette e trenta quando infilò la chiave nella toppa ed aprì la porta. – Ciao cari, sono io, oggi sono venuto direttamente a casa, dove siete? La porta della cameretta dei bambini si aprì ed apparvero i due figlioletti, con uno sguardo tra il meravigliato ed il felice. Con le braccine allargate gli corsero incontro e si aggrapparono a lui stringendolo forte, forte gridando “papà, papà mio”. Un groppo alla gola prese Andrea, non abituato a queste effusioni d’affetto data l’ora alla quale, normalmente, era abituato giungere a casa. Fu questo un punto a favore nel dubbio se accettare o no. Anche la porta della cucina si aprì ed Angela ne uscì pure lei meravigliata per l’ora in cui il marito era rientrato ed orgogliosa nello stesso tempo di vedere i bambini aggrappati al collo del papà. – Come mai a casa a quest’ora Andrea, cosa succede, c’è forse sciopero delle amministrazioni? ma vieni qui dammi un bacio. Egli, con i bambini appesi al collo, attraversò l’atrio e cinse in un abbraccio collettivo la moglie. Aveva gli occhi lucidi. Angela se ne accorse ed improvvisamente divenne seria temendo per qualche cosa di brutto. Andrea si accorse subito del cambiamento d’umore della moglie e si affrettò a dire: - Niente, niente cara, sono lacrime di felicità e gioia. Adesso tutto deve correre normalmente, ceneremo finalmente tutti assieme e quando i bambini andranno a letto, io e te ce ne andremo in salotto. Ho qualche novità da raccontarti. Speriamo che tu ne sia contenta e felice come lo sono io. Posò la borsa, si tolse la giacca e disse: - Bambini, vengo in camera vostra a giocare, quale bel gioco mi fate fare? Uno per parte, presero la mano al papà e lo trascinarono nella loro cameretta. Angela si affacciò, nuovamente sorridente, e richiudendo la porta rimarcò: - Mi raccomando non buttate tutto all’aria altrimenti mi arrabbio con tutti e tre! Andrea giocò con le macchinine, con i soldatini e fece pure una partita di “memory”, un gioco che sviluppa lo spirito d’osservazione e la memoria dei bambini. Si trattava della versione ridotta per bambini piccoli, ma Marco ed Alessandro erano talmente pronti ed attenti che vinsero, ora uno ora l’altro, tutte le partite disputate, la cosa li rese felici e corsero dalla mamma dicendo: - Mamma, mamma, siamo stati più bravi di papà a memory, abbiamo vinto noi. La mamma stava finendo di apparecchiare la tavola in cucina, come era abituata fare quando dava da mangiare ai bambini, mentre il marito era ancora al lavoro ed esclamò: - Di corsa a lavarsi le mani, tutti e tre, la cena è quasi pronta e si va a tavola. I tre si guardarono negli occhi sorridendo e corsero in bagno ad eseguire l’ordine perentorio ricevuto. Tenendosi per mano si diressero verso la cucina ed Andrea esclamò: - Eccoci, arriviamo puliti, puliti, siamo affamati, cosa si mangia di buono? L’odorino è invitante e siamo pronti a “distruggere” il contenuto dei piatti. Angela stava finendo di sistemare nei piatti alcune fette fumanti di arrosto di vitello arrotolato e farcito ed il contorno di purè di patate. 157 Il papà ordinò: - All’attacco miei prodi il nemico ci aspetta, dobbiamo distruggerlo. Ridendo i bambini si sedettero a tavola e Marco commentò: Questa sì, è una bella battaglia, speriamo sia anche buona. Papà e mamma si guardarono felici e pieni di gioia nel constatare quanta assennatezza c’era nei loro bambini sia pur così piccoli. Si sedettero a tavola ed iniziarono a consumare la cena. Dopo il formaggio e la frutta, Andrea si rivolse ai suoi figlioli: - Potete alzarvi ed andare di là in salotto a vedere un po’ di televisione, se volete, però poi bisogna andare a nanna. - Si papà, andiamo, ma vieni anche tu ed anche tu mamma. A quest’ora ci sono i cartoni animati di Braccio di Ferro. Ci fanno tanto ridere. - Andate avanti voi - disse Angela, - io vi raggiungo dopo aver sparecchiato, messo i piatti nella lavastoviglie e riassettata, almeno in parte, la cucina. Si sedettero sul divano per vedere il programma iniziato da poco. Alle prime scene i bambini iniziarono a ridere delle gag proposte , mentre Andrea, pur guardando lo schermo, pensava alle parole da dire alla moglie quando sarebbero rimasti soli dopo aver messo a letto i bambini. Avrebbe esposto la grossa novità che, come una bomba era pronta ad esplodere e a stento riusciva a tenere dentro di sè. I bambini guardavano e ridevano. Ad un tratto Alessandro si rivolse al papà: - Non ti piace, perché non ridi papà? Andrea trasalì e non sapendo quale scusa trovare, imbarazzato incalzò: - Sì, mi piace, ma l’ho già visto. Conosco tutta la trama, ecco perché non mi fa tanto ridere, però mi piace moltissimo. E’ forse uno dei più bei cartoni animati di Braccio di Ferro. Finito quel cartone animato, girando per i canali con il telecomando, Marco ne trovò un altro e si misero a guardarlo. Nel frattempo arrivò Angela. Braccio di Ferro era finito, erano passate, da alcuni minuti, le venti e trenta perciò lei intimò ai bambini: - Ancora cinque minuti e poi senza capricci, indossare il pigiamino, lavarsi i denti e correre a nanna, va bene? – Si mamma, vediamo solo un po’ di questo cartone e poi andiamo. Andrea batté la mano, due o tre volte, sul divano dicendo: - Vieni qui, siediti accanto a me, riposati un po’, sarai stanca. Era una scenetta da immortalare, infatti era raro vedere tutti e quattro seduti in salotto, la famiglia riunita nel tepore che solo la serenità della propria casa sa dare. - Bambini, sono passati quasi dieci minuti, andate di la preparatevi e quando sarete a letto chiamateci e noi verremo a darvi la buonanotte. Mi raccomando lavare bene i denti con il dentifricio e non solo una passatina veloce, perché se i denti sono puliti, sono anche sani e non occorre andare dal dentista Un po’ a malincuore, Marco ed Alessandro si alzarono dal divano e, lentamente, con la testa girata verso il televisore a carpire le ultime scene, uscirono dal salotto per andare in camera loro. 158 Angela prese la mano di Andrea e gliela strinse un poco guardandolo fisso e muta negli occhi, un po’ in ansia, un po’ curiosa, desiderosa di ascoltarlo per sentire le, certamente, grandi novità che le avrebbe rivelato. La cinse intorno alle spalle e la avvicinò a sé: - Aspettiamo che i bambini si siano addormentati e poi ti racconterò tutto, ma proprio tutto, quello che è successo oggi. La visita a Paganelli è stata di un’importanza e di una concretezza inimmaginabile. Ho riflettuto ad una frase dettami tanto tempo fa e che mai come ora, nel mio caso, ma anche nel nostro caso, suona perfetta: “Per avere dei risultati nella vita, bisogna trovarsi nel punto giusto al momento giusto”. - Sono veramente in ansia di sentire perché, mi viene da pensare, come intuivo io, c’è una promozione in vista per te, ma non solo quella perché, se così fosse, me lo avresti semplicemente detto senza tanti misteri. Alzò la voce: Bambini a che punto siete, avete lavato i denti? Si mamma, stiamo andando a letto, venite a salutarci? Certo - disse Andrea – ora veniamo a darvi la buonanotte. Dopo una carezza sui capelli dei bambini, un bacino sulla fronte e un sorridente “buon riposo”, spensero la luce principale lasciando accesa solo la lucetta notturna. Uscirono dalla stanza socchiudendo la porta per sentire se si fossero lamentati o avessero chiamato durante la notte. I coniugi Geronti fecero ritorno in salotto. Dopo aver fatto sedere Angela sul divano, Andrea sedette sulla poltrona di fronte in modo da poter conversare guardandosi in viso senza dover torcere il collo. - La cosa è veramente seria. Se fosse una semplice conversazione saremmo seduti uno accanto all’altra, così invece ha una forma ufficiale; ti prego non lasciarmi ancora in ansia, spiegami tutto. - Vedi, cara Angela, forse siamo giunti alla svolta decisiva della nostra vita, una di quelle svolte che cambiano tutto e che spingono in alto, ma tanto in alto. Stamattina il condirettore generale Paganelli, come tu sai, mi ha ricevuto e mi ha fatto una proposta di lavoro che, però, secondo lui, non dovrei rivelarti. Tra di noi non ci sono mai stati segreti e pertanto se tu mi assicuri che, per nessun motivo, quanto ti dirò andrà fuori da questa stanza, ti racconto tutto. - Non devi neanche dirlo o avere dubbi, queste sono cose nostre di famiglia e come tali non escono da queste mura. Come potrei essere così vile da mettere in gioco il nostro futuro dopo che tu, pur avendo avuto il divieto di rivelarmi i retroscena, lo fai egualmente dimostrando una non comune fiducia in me. Adesso io sto zitta ed ascolto il tuo racconto. Andrea prese le mani di Angela e le strinse nelle sue cercando di ricevere ed infondere allo stesso tempo fiducia e speranza di buona riuscita di tutta la vicenda. - Vedi cara, io dovrei andare a lavorare in Francia, presso altra compagnia, la quale nei progetti della nostra azienda dovrebbe essere annessa. E’ già tutto organizzato, l’ufficio personale di quella compagnia ha una mia lettera di richiesta d’assunzione datata alcuni mesi fa, cosa di 159 cui io non sapevo niente ovviamente ed io, oggi, ho in mano una lettera con la quale vengo assunto con delle condizioni discretamente favorevoli. In realtà lo stipendio non sarebbe di 66.000.000. di lire all’anno, offerto dalla direzione francese, come puoi leggere nella lettera, ma in realtà esso sarebbe di 234.000.000 di lire. La differenza verrebbe accreditata nel nostro conto, mensilmente, con bonifico bancario. Il mio compito sarebbe di tastare il vero peso di questa compagnia e non quello, non sempre esatto, che risulta dai bilanci. Passare i dati a Milano, sul come dobbiamo ancora accordarci, e ricevere le conseguenti istruzione per proseguire nella mia indagine. Bisogna dire che loro hanno pianificato tutto, sia sulla nostra sistemazione in appartamento, la scuola per i bambini, ma soprattutto il domani. Finito con soddisfazione il periodo di lavoro a Parigi, riassunzione immediata a Milano con la qualifica di dirigente e lo stipendio, quello massimo, percepito in Francia. In caso di qualche intoppo o malfunzionamento della missione e conseguente abbandono anticipato della sede parigina, il mio lavoro proseguirebbe nella filiale di Roma della nostra compagnia, con lo stipendio sindacale di funzionario di 66.000.000 di lire. In tutti e due i casi la cifra è da considerarsi al netto delle trattenute previdenziali. Non abbiamo tempo per pensarci, se domani mattina consegno la lettera di dimissioni al direttore Paganelli, vuol dire l’accettazione della proposta, in caso contrario vuol dire che la cosa non è di mio gradimento e pertanto rinuncio all’offerta. Ecco ti ho detto, per sommi capi, tutto. Cosa ne pensi, cosa mi consigli di fare, come cambierebbe la tua e la nostra vita? Se vuoi ragioniamo punto per punto e decidiamo di comune accordo, come abbiamo sempre fatto. Angela rimase in silenzio, pensosa, lo sguardo fisso sulle loro mani intrecciate, sembrava impietrita, respirava lentamente, ma con un’inspirazione profonda e ritmica. Andrea la guardò, le strinse ancor più fortemente le mani sia pure con dolcezza nel tentativo di scuoterla e farla reagire, non l’aveva mai vista in quello stato. Sentendo la stretta di mano, alzò gli occhi e con lo sguardo che esprimeva sorpresa e sbigottimento proferì con un filo di voce: - Ma è una cosa enorme! - Sì cara è veramente una grande cosa, io ancora non mi capacito come abbiano pensato a me, anche se Paganelli ha avuto parole di elogio per il mio operato in azienda. Doveva essere parecchio tempo che mi e ci tenevano d’occhio, sapeva tutto di noi. Mancava solamente che sapessero il numero di scarpe che portiamo ed il quadro era completo. - Cosa ne dici, ce la possiamo fare? Ci sacrifichiamo tre anni per poi stare bene tutta la vita? Oppure la cosa ti spaventa e rinunciamo a questa manna piovuta dal cielo? - Lasciami riprendere fiato, in questo momento non sto pensando al futuro ma al presente, penso a tutti i preparativi per il trasloco, penso alla difficoltà, per me, della lingua, il cambiare abitudini, sistema di vita, la lontananza dai miei genitori e dai tuoi, che bene o male qualche piccolo aiuto ce lo danno quando abbiamo bisogno per i bambini, dagli amici e dal cambiato tenore di vita con, magari, obblighi di società derivanti dal tuo nuovo incarico. 160 - Di questo non ti devi preoccupare perché in Francia sarei un funzionario non un dirigente come quando, tra tre anni, ritorneremo in Italia. Dai nostri genitori avremmo meno bisogno d’aiuto in quanto, come oggi, sarei a casa presto il pomeriggio. Chiederemo che l’appartamento fornitoci sia abbastanza vicino al posto di lavoro. In quanto alla lingua, vedrai, in poco tempo riuscirai a sbrigartela per quanto riguarda il linguaggio comune di tutti i giorni inerente agli acquisti nei negozi. Il francese non è semplice scriverlo e leggerlo correttamente ma è abbastanza facile per le piccole conversazioni quotidiane. Quando una persona conosce 250 o 300 vocaboli può vivere in un’altra nazione. Non certo per fare conferenze. - Mi sento addosso una strana sensazione, è come se avessi già saputo che mi avresti proposto una cosa del genere, non mi meraviglia il dover partire, ne sono quasi contenta. Con la fantasia vedo già la casa di Parigi, mi sembra di vedere i negozi, i tram, il traffico, la metropolitana. In fondo che differenza c’è con Milano, sono entrambe due grandi città, una abitata da milanesi, l’altra abitata da parigini, e con ciò? Sarà incoscienza la mia? Mi sento quasi euforica ed elettrizzata all’idea di partire per un’avventura forse più grande di me. Ma sì! Se sei contento tu, per te e per la tua carriera, andiamo. Fai quello che devi fare e non pensarci più. Andrea rimase interdetto, mai più avrebbe sperato in cuor suo che Angela l’avesse presa così bene. Per naturale reazione dello spirito di conservazione e di prudenza, ora, sembrava essere lui il reticente ed il dubbioso, ma la sicurezza e lo spirito d’avventura di Angela lo fecero ritornare sulle sue posizioni iniziali e, in cuor suo, era già proiettato al nuovo incarico. - Bene cara, allora adesso si tratta di scrivere una breve lettera di dimissioni da consegnare domani mattina al dott. Sergio Paganelli. Poi avremo un mese di tempo, il preavviso, per preparare il trasloco, trovare un buon trasportatore internazionale che si occupi pure degli imballaggi. Loro sono assicurati e qualsiasi danno verrà risarcito. Ella si alzò dal divano, gli si avvicinò, si sedette sulle sua ginocchia e prendendogli il viso tra le mani gli diede un bacio lungo e appassionato. Sempre tenendo una mano sulla guancia sussurrò: - Sono orgogliosa di te, amore mio, con le tua capacità sei riuscito a farti notare dalla direzione e, oggi come oggi, se permetti, non è cosa da poco. Il modo, come mi hai raccontato, e sul come il dott. Paganelli ti ha accolto, effettivamente, è un po’ ruffianesco, ma alla fin fine quella propostati è una cosa di grande responsabilità che non tutti sarebbero all’altezza di affrontarla. - Sì, è vero, però sarò io capace di essere all’altezza? D’altro canto finché non provo non lo saprò mai. Certo è che loro mi daranno le direttive sul come muovermi e cosa effettivamente stanno cercando. Mi consola il fatto di sapere, evidentemente, nell’ambito della compagnia francese ci siano delle persone già infiltrate che cercheranno di proteggere il mio lavoro. Andrea si alzò, si avvicinò al tavolo dove aveva appoggiato il suo computer portatile, lo aprì e si mise a scrivere il testo della lettera di 161 dimissioni. La cosa non fu del tutto facile, trovare le parole giuste ed i termini appropriati, ma soprattutto le motivazioni della sua decisione. Fece leggere il testo alla moglie che espresse il suo parere favorevole. Trasferì il testo su di un dischetto in quanto l’indomani mattina l’avrebbe inserito nel suo computer d’ufficio per poterlo stampare e, dopo aver apposto la firma, l’avrebbe portato, in busta chiusa, direttamente alla sua amica Lucia per consegnarlo al dott. Paganelli. A quel punto avrebbe dovuto aspettare gli eventi. Sicuramente avrebbe dovuto contattare telefonicamente l’ufficio personale della nuova azienda e concordare con loro i tempi e i modi del trasferimento. Andrea tirò un profondo sospiro liberatorio sentendosi spossato nel fisico, dopo una giornata così intensa di avvenimenti. Anche la moglie era silenziosa e sembrava, pure lei, denotare una certa stanchezza. Stava accanto al marito ed in un modo o nell’altro teneva una mano appoggiata su di lui, quasi cercasse una conferma per tutto quello era successo, che fosse una realtà e non fosse, al contrario, un sogno. - Sono le ventitré, cara, andiamo a letto e cerchiamo di dormire; ne abbiamo bisogno tutti e due. Domani è il giorno in cui volteremo pagina e ci proietteremo nel futuro. Dapprima, potrà essere vorticoso e caotico, ma vedrai, con il passare del tempo tutto si calmerà e ci ritroveremo in un mondo nuovo, più consono alle nostre esigenze con la serenità del domani, soprattutto per i nostri figli. Potremmo pensare di avere ancora un figlio………parigino, cosa ne dici? - Stupido! Con tutto quello che abbiamo da fare ora, tu pensi ad un figlio da far nascere a Parigi…..Certamente un altro bambino non mi dispiacerebbe, ma non è il momento ora di parlarne, andiamo a dormire, sperando di prendere sonno nonostante il vortice di pensieri che abbiamo in testa. Il mattino seguente la sveglia suonò alla solita ora e Andrea fece le consuete cose a cui era abituato ormai da tanti anni. Sembrava una mattina come tutte le altre anche se, in realtà, l’attenzione non era rivolta come al solito ad ascoltare le prime notizie del giornale radio, le previsioni del tempo, onda verde e tutte quelle cose a cui era abituato mentre, in bagno, si radeva e faceva la doccia. Fatta una veloce colazione si avviò, con in tasca il dischetto del computer, verso la metropolitana per andare in ufficio. Finita di stampare la lettera, la imbustò, la chiuse e salì al quarto piano. Incontrò subito Lucia alla quale diede il messaggio pregandola di portarlo a Paganelli il quale, probabilmente lo stava aspettando. - Non è ancora arrivato, ma dovrebbe essere qui a momenti, intanto io metto la tua lettera sulla sua scrivania, ma tu non te ne andare, mi devi raccontare della conversazione avuta ieri. Immagino probabilmente questa lettera è la diretta conseguenza. Torno subito. Lucia, girò l’angolo e si avviò velocemente lungo il corridoio. Riapparve in meno di un minuto; doveva aver fatto veramente tutto di corsa. 162 - Dimmi allora, cosa è successo? Cosa vi siete detti? Ti ascolto, sono impaziente di sentire le novità. - Il direttore mi ha proposto una promozione per un mio trasferimento alla nostra sede di Roma. Io, circa un mesetto fa avevo ricevutoi una proposta di lavoro da parte di una compagnia di assicurazioni francese, con sede a Parigi e con un, veramente interessante, compenso annuo. Con mia moglie si stava vagliando l’opportunità o meno di questa offerta temendo le conseguenze di un trasferimento in terra straniera e comunque lontano dalle normali abitudini. Ora, poiché l’abbandono di Milano è cosa certa, abbiamo deciso di scegliere Parigi dove il disagio sarà senz’altro meglio ricompensato. Per dire il vero avevo chiesto a Paganelli se avessi potuto essere trasferito in qualche sede lombarda alle stesse condizioni. Avrei fatto il pendolare, magari settimanale, ma rimanevo in zona. Il direttore è stato irremovibile, o Roma o niente e, anzi, mi ha fatto velatamente capire: o Roma o, probabilmente non avrebbero avuto più bisogno della mia presenza in azienda. Ecco il perché della lettera di dimissioni portata nel suo ufficio. - Quanto mi dispiace, non avremo più modo di vederci, ma del resto avete perfettamente ragione, le buone occasioni nella vita capitano di rado e bisogna coglierle al volo, siete giovani e dovete crearvi un futuro migliore. Mi raccomando scrivimi della tua nuova esperienza e, se come spero sarà positiva, potresti ricordarti di me ed assumermi come tua segretaria. Si guardarono in faccia e scoppiarono in una risata forse più per scaricare la tensione che per la battuta in se stessa. Si diedero la mano, si abbracciarono e con un “buona fortuna” Lucia congedò l’amico. Andrea si voltò per andarsene e ritornare al suo ufficio, quando l’ascensore si fermò al piano, si aprirono le porte e ne uscì il dott. Paganelli. Si fermò e visto Andrea lo bloccò: – Allora Geronti era venuto per me? Ci ha pensato al nostro colloquio di ieri? Cosa ha deciso? - Buon giorno direttore, la sua segretaria le ha messo sulla scrivania la mia lettera di dimissioni. - Ah, così ci lascia! Venga, venga da me un momento, ne riparliamo e forse riuscirò a convincerla a ripensarci. Entrati nell’ufficio e chiusa la porta imbottita antirumore, il direttore posò la borsa esclamando: - Mi compiaccio con lei, ha fatto la scelta giusta, vedrà, non se ne pentirà. Forse non si è ancora reso conto di quanto le è stato offerto, un salto da piccolo dipendente ad alto dirigente con un intervallo di tre anni, chiamiamolo di rodaggio. - Ora mi servono alcune informazioni per perfezionare il tutto e poiché il tempo non è molto, dobbiamo muoverci subito. Immagino che a lei serva un appartamento con due stanze da letto, una stanza da pranzo, un salotto, cucina e bagno, ottanta o novanta metri quadri circa. I mobili li ha già tutti o necessita qualche integrazione? Domani le manderò a casa lo spedizioniere il quale si occuperà di controllare cosa deve predisporre per l’imballaggio ed il trasloco. Oggi stesso, o domani al massimo, chiami l’ufficio personale di Parigi per confermare il suo arrivo in capo ad un 163 mese. Ora le consegnerò un telefono cellulare con un numero che sapremo solo io ed il nostro presidente, l’avvocato Giuseppe Zorzi. Se per caso dovesse ricevere delle telefonate a quel numero da altre persone, sarà presumibile abbiano sbagliato il numero, rifiuterà la chiamata e non farà nemmeno sentire la sua voce. Solo se sul display appariranno il mio nome o quello del presidente, quali chiamanti, allora potrà rispondere. Le informazioni le chiederemo di volta in volta e dovrà fornircele registrate su di un dischetto e spedirle con lettera assicurata a uno di noi due richiedenti. Per il momento penso basti, casomai ci sentiremo per telefono. Ah sì, ecco il telefono cellulare di cui le avevo accennato, lo prenda, se dovrò conferire con lei d’ora in poi lo chiamerò con questo mezzo. Esso non può essere intercettato essendo la trasmissione codificata. In memoria ci sono solamente il mio numero e quello di Zorzi. Non usi questo telefono per nessun altro tipo di chiamate, né d’ufficio né personali. Andrea, di nuovo, rimase allibito, tutto era previsto, per il direttore tutto era chiaro e sicuro. Lo spedizioniere, l’appartamento a Parigi, gli eventuali mobili mancanti, il telefonino…….e cosa ancora? Si riebbe e rispose alle domande specifiche: - Si, senz’altro, la grandezza dell’appartamento è ottima. Attualmente abbiamo il salotto e la camera da pranzo in un unico ambiente, se a Parigi gli ambienti saranno due, i mobili potrebbero essere molto comodi e quindi insufficienti. Avevo già pensato anch’io di chiamare l’ufficio di Parigi per confermare la mia partenza per quella località al termine del periodo di preavviso dato a voi. Prese il telefonino propostogli dal dott. Paganelli e lo guardò con attenzione. - E’ l’ultimo modello di telefono satellitare. Il suo utilizzo è un po’ più costoso, ma in compenso non ci sono zone d’ombra, roaming non accettato perché TIM non ha l’accordo commerciale con quel gestore, ed altre cose impedenti il collegamento. Lei non si deve preoccupare in quanto il contratto, pur essendo a suo nome, è domiciliato presso di noi e cureremo noi il pagamento delle relative bollette. Lei lo potrà usare per tutto il tempo necessario alla conversazione senza patemi d’animo per il costo. Per quanto riguarda i mobili li integreremo con una o due poltrone, oppure un divano, si potrebbe riempire qualche angolo con un tavolo da gioco e quattro o sei seggiole. Non si preoccupi ci penserà l’arredatore una volta avuta la piantina dell’appartamento e l’insieme del suo mobilio. - Bene, per momento è tutto, torni pure al suo lavoro e se Castaldi dovesse dire qualche cosa per il ritardo gli dica di chiamarmi per confermare la sua presenza qui da me. Ovviamente quando sentirà il mio nome non si permetterà di dubitare delle sue affermazioni. Bene, Geronti, l’accompagno e grazie ancora di aver accettato, vedrà ne faremo di strada insieme! 164 CAPITOLO 3 Il tempo passava, i giorni correvano veloci uno dopo l’altro, in casa Geronti regnava il caos. Scatoloni dappertutto, mobili non smontabili accuratamente protetti con angolari e profili di poliuretano espanso e tutti avvolti in fogli di spesso nylon trasparente, valigie e bauli semi aperti e semi pieni, per gli indumenti, bicchieri, bottiglie, piatti e stoviglie di plastica per l’uso quotidiano per sostituire i servizi oramai imballati. 165 Marco ed Alessandro si aggiravano sgomenti, non riuscivano a capire cosa stesse succedendo. Le loro biciclette ed i giocattoli più grandi non erano più disponibili poiché imballati in grossi scatoloni, a loro rimanevano solo quelli piccoli che sarebbero stati messi, all’ultimo momento, in borse di plastica da posizionare nel bagagliaio della macchina. Papà, ma soprattutto mamma, cercavano, con parole semplici, di far capire ai bimbi che sarebbero andati a vivere in un'altra casa, più bella, così loro avrebbero avuto più spazio per giocare. Non sembrava fossero molto convinti, non riuscendo a capire il motivo di questo cambio, ma da bravi bambini accettarono le spiegazioni dei loro genitori. Nei rari momenti in cui Angela e Andrea riuscivano a starsene seduti, cercavano di documentarsi sulla loro destinazione. L’indirizzo della nuova abitazione era stato loro fornito direttamente dall’Agenzia Immobiliare che l’aveva procurata. Rue de la communauté, (via della comunità) controllando su di uno stradario della capitale, si trovava vicinissimo all’asse in cui era collocato gran parte del terziario parigino e pertanto anche la sede della Compagnia in cui lui avrebbe prestato servizio, e cioè dalla Défense al nuovo centro Marne-La Vallée. Almeno sulla carta, la zona sembrava vastissima, ma non poteva essere diversamente, essendo Parigi uno tra i maggiori centri del mondo nel campo finanziario e assicurativo. Cercarono di identificare il tragitto stradale migliore per arrivare alla nuova casa. C’era da perdersi! Le vie d’accesso alla metropoli, erano costituite da tre autostrade e ventitré strade nazionali, confluenti da tutte le direzioni e, con sensi rotatori o perpendicolari, arrivavano al centro della capitale. Tutte queste novità cominciarono ad emozionare i due sposini, i quali non vedevano l’ora di partire per incominciare una nuova, grande e, speravano, meravigliosa esperienza. - Pensa cara, mentre io sarò al lavoro ed i bimbi all’asilo o a scuola, tu potrai fare la turista e visitare tutti i musei e i luoghi d’arte della città considerata da sempre il centro culturale ed artistico più brillante del nostro continente. Ti farai un bagaglio di nozioni sinceramente invidiabile. Finalmente arrivò venerdì 9 maggio, il giorno della partenza. Il mobilio e tutto il resto erano già stati caricati sui camions il mercoledì ed erano partiti alla volta di Parigi. Infatti sabato dieci, loro avrebbero dovuto trovare già tutto sistemato nella nuova casa con stoviglie e suppellettili varie lavate e riposte negli stessi spazi da cui erano state tolte. Lo spedizioniere al momento dell’imballaggio aveva numerato gli spazi ed il loro contenuto in modo da non sbagliare nel riposizionare.gli oggetti. Anche questa era professionalità, ma sicuramente sarà stata doverosamente remunerata. Caricate le ultime cose personali nell’automobile erano giunte le nove e trenta del mattino ed il viaggio di trasferimento incominciò. Da Milano a Parigi bisognava percorrere ottocentocinquanta chilometri e pertanto decisero di farlo in due tappe anche per non far soffrire troppo i bambini con un viaggio così lungo. Si sarebbero fermati il pomeriggio, con il conseguente pernottamento, uscendo dall’autostrada a Digione dopo circa 166 quattrocentocinquanta chilometri dalla partenza. Una bella giornata di sole sembrava salutare la famiglia Geronti ed essere ben augurante per il futuro. Dopo aver imboccato viale Certosa si diressero all’autostrada A4 per Torino. Il traffico era abbastanza intenso, ma regolare, l’autoradio diffondeva una musichetta gradevole in sottofondo mentre i bambini stavano giocando, sul sedile posteriore, con le loro carte in una specie di “ruba mazzetto”. Angela stava silenziosa per non distrarre Andrea dalla guida ed era immersa in una sorta di pensieri che sembrava l’affliggessero. Egli se ne accorse ed iniziò a conversare per distrarla e fare in modo di rendere il viaggio il più possibile piacevole. Non trovando, al momento, argomenti interessanti, Andrea chiese alla moglie: - E’ forse il caso di pensare per domani, quando giunti a Parigi, dovremo comperare qualcosa per la cena di sabato e per la domenica? Angela rispose: - Dovremo comperare parecchie provviste in quanto, a parte i generi alimentari non deperibili che erano stati spediti con i bagagli, tutto il resto sarà necessario acquistarlo, dal latte al burro, uova, frutta………. Decise allora, anche per ingannare il tempo di prendere dalla borsetta un foglio di carta e cominciare a fare la “lista della spesa”. Una volta compilato insieme un lungo elenco, Angela sospirò: - Per fortuna domani ci sarai anche tu, ma se non ti dispiace vorrei scrivere accanto alle parole italiane la traduzione francese, così incomincio ad imparare i vocaboli per me più importanti. Per il momento io me li scriverò come si pronunciano e poi pian piano imparerò anche la loro grafia. Così facendo il tempo passava ed i chilometri correvano sotto le ruote della macchina. Avevano già passato Torino ed Aosta e stavano imboccando il “Tunnel du Mont Blanc”. Avevano già percorso duecentoventi chilometri quasi senza accorgersene. Alessandro, si era appisolato in un angolino del sedile posteriore, mentre Marco “leggeva” un giornalino di Topolino. Erano le tredici quando giunsero ad una stazione di servizio vicino a Viry. Decisero di fermarsi per mangiare qualcosa; avevano percorso circa trecentotrenta chilometri. Scesero volentieri e mentre la mamma accompagnava i bambini al bagno, il papà si avvicinò al self-service per vedere cosa la cucina offriva. Il menù era vario ed assortito e lasciava ampio spazio al desiderio di cose buone. Tutti scelsero delle crepes, con la base di formaggio, ma chi con il prosciutto, chi con gli asparagi, chi con il salmone affumicato e rigorosamente acqua minerale. La mamma ed i bambini mangiarono anche una fetta di crostata di mele, mentre Andrea bevve un caffè. Non voleva appesantire lo stomaco per essere ben sveglio ed attento alla guida. Erano circa le quattordici quando ripersero il viaggio in direzione di Lione che avrebbero raggiunto dopo una cinquantina di chilometri. A quel punto avrebbero deviato a destra imboccando un’altra autostrada in direzione di Parigi. L’arrivo a Digione era previsto intorno alle quindici e trenta. Avrebbero avuto tutto il pomeriggio, dopo essersi sistemati in 167 albergo, per visitare la città, fare magari un po’ di shopping, andare a cena e sistemarsi per la notte. Sabato mattina, dopo aver fatto una buona colazione, risalirono in macchina per accingersi a percorrere l’ultima tappa verso Parigi. Mancavano da coprire ancora circa quattrocento chilometri, quasi tutti in autostrada, pertanto si potevano ipotizzare quattro ore di viaggio. Intorno alle quattordici sarebbero dovuti arrivare alle porte della città. Andrea chiese alla moglie di cercare di vedere sullo stradario della città la direzione che avrebbero dovuto prendere una volta arrivati alle porte della capitale, la sequenza di viali e strade per giungere nelle vicinanze di rue de la communauté. - C’è da perdersi, dovremo seguire le indicazioni una volta giunti sul posto. Qui vedo, usciti dall’autostrada e pagato il pedaggio, bisogna prendere per la Porte d'Orleans, poi girare a destra per la Avenue Du Général Leclerc poi diritti per la Place Denfert Rochereau. A questo punto direi di chiedere conferma a qualche passante se, come vedo sulla carta, bisogna veramente girare a sinistra per l’omonima Avenue, poi ancora a sinistra sulla Avenue De L’Observatoire e ancora Boulevard Saint Michel, Boulevard du Palais au Change da seguire fino al centro. Da qui non dovrebbe essere difficile arrivare a casa nostra, salvo eventuali sensi unici e direzioni obbligatorie. Andrea sorrise, girando per un attimo lo sguardo verso Angela, le sussurrò: - Per trovare la strada ci penseremo quando saremo giunti sul posto, ma non so se ti sei accorta, hai detto una cosa che mi ha riempito di felicità! - Un elenco di strade e viali ti ha fatto tanto felice? Non capisco cosa vuoi dire. - Hai detto “arrivare a casa nostra”, a me è sembrata una cosa meravigliosa, come fossimo andati a fare una scampagnata e stessimo rientrando a casa. - Ma è la verità, quella sarà, anzi è, casa nostra. Con il passato bisogna chiudere, non possiamo vivere di ricordi e di nostalgie, altrimenti staremmo sempre lì a fare il confronto e magari sentirsi male. Questa sarà la nostra nuova casa, il nostro nuovo mondo, il nostro nuovo nido, non dobbiamo sentirlo freddo e distaccato, è una cosa nostra e come tale deve darci calore come e più, se possibile, della casa precedente! Non vedo l’ora di aggirarmi ed ambientarmi nei nuovi spazi, anche perché gli arredi sono i nostri, cambia solo il contenitore, poca cosa. - Quanta saggezza c’è in te, sinceramente non ti conoscevo sotto questa veste, ma ne sono felice ed orgoglioso. Orgoglioso che tu sia la madre dei nostri figli e certamente con questi sentimenti li stai crescendo in modo stupendo. Fino ad ora, con le mie prolungate assenze da casa, non potevo e forse non avrei saputo fare altrettanto. Erano le quattordici e trenta quando in distanza intravidero il casello d’uscita dell’autostrada con le barriere del pedaggio. Andrea si chiese se il 168 tempo di percorrenza urbano sarebbe stato altrettanto lungo di quello autostradale. Per fortuna si stava sbagliando, forse perché era sabato pomeriggio e perché era ancora presto, il traffico si presentò relativamente scorrevole. I viali e le piazze filarono via lisce mentre Angela cercava di leggere le targhe indicanti il nome dando indicazioni al marito sul come procedere e dove doveva cambiare direzione. In meno di un’ora di percorso cittadino giunsero a Rue de la communauté 115. Fermata la macchina nelle vicinanze del portone, scese e si accinse a comporre sul cellulare il numero di telefono dell’Agenzia, per comunicare il loro arrivo, quando si sentì chiamare, in uno stentato italiano - E’ forse lei, il signor Geronti? - Sì – rispose - sono Geronti, ma parli pure francese, lo capisco abbastanza bene e dovrò sforzarmi di parlarlo sempre meglio. - Stia tranquillo, non ci sono problemi, dalle poche parole che mi ha detto, capisco che sicuramente il suo francese è al di lunga migliore del mio scarso italiano. Chiami la signora ed i bambini, vi farò strada. Proprio questa mattina la ditta di trasporti ha ultimato la sistemazione del mobilio e, soprattutto di tutte le stoviglie. Tre donne sono state impegnate per ore ed hanno lavato, asciugato e riposto tutto negli armadi seguendo la traccia fornita loro dall’addetto. Veramente un gran bel lavoro, la sua signora troverà tutto sistemato. - Grazie delle informazioni. Mia moglie ne sarà contenta. Cara, prendi i bambini, ora saliamo a vedere l’appartamento, la signorina dell’Agenzia è qui ad attenderci. La costruzione non era moderna, era un palazzo d’epoca con un atrio ampio e signorile, la guardiola del portiere, alcune porte si aprivano ai fianchi ed in fondo c’era l’ascensore. Il portiere uscì, si tolse il berretto gallonato, e salutando con un inchino si diresse all’ascensore per farlo scendere ed aprire le porte. Angela si guardò in giro, compiaciuta; teneva i bambini per mano, i quali, a loro volta, con la bocca aperta per la sorpresa osservavano la vastità del portone, gli stucchi e gli affreschi alle pareti. Salirono al terzo piano, in realtà un quarto piano, poiché c’era pure l’ammezzato raggiungibile con due rampe di scale. Sul pianerottolo si aprivano tre porte di altrettanti appartamenti, la signorina si avviò verso la porta di destra, inserì la chiave nella toppa ed aprì la pesante porta d’ingresso all’appartamento. - Prego accomodatevi, vi faccio strada e vi mostro alcune cosucce inerenti il funzionamento degli impianti. La signorina fece vedere loro il quadro generale dell’impianto elettrico, con i relativi interruttori di sicurezza da 10 e 16 ampere, il salvavita, e l’interruttore che comandava l’accensione del boiller, la chiavetta centralizzata della chiusura gas e la saracinesca principale di chiusura dell’impianto idrico. Mostrò pure il funzionamento dell’apparato, che elettricamente, faceva salire e scendere le tapparelle di chiusura delle finestre. Tutto il resto era già sistemato, televisioni e radio comprese. Chiese ancora se avessero delle domande da fare ed ottenuta risposta negativa, consegnò loro copia del contratto di locazione, già 169 sottoscritto, facendosi firmare, per ricevuta su documento analogo. Porse la mano ai coniugi Geronti, con un sorriso fece una carezza ai due bambini e, salutando, uscì dall’appartamento. Andrea prese i figli in braccio, si avvicinò ad Angela, ed in un unico abbraccio, baciando tutti a turno disse: - Eccoci qua! Vogliamo visitare la casa? Cosa ne dite? Per intanto abbiamo visto l’atrio e gli impianti racchiusi nella nicchia. Se l’ingresso è così, figuriamoci il resto. Rimise i bimbi a terra e si diresse a destra dove, aperta la porta, si trovarono nel salotto, luminosissimo. Alle pareti una bellissima carta da parati si intonava perfettamente con i loro mobili che occupavano parte dello spazio. L’ambiente era stato completato, probabilmente dall’arredatore, con un bellissimo tavolino da gioco rotondo contornato da sei seggiole con lo schienale alto ed il sedile imbottito e ricoperto di broccato, inoltre, a riempire parzialmente una parete, era stata inserita pure una bella libreria. La stanza seguente era la camera da pranzo, alla quale si accedeva sia dal salotto direttamente, che dall’atrio. Era leggermente più piccola del salotto, le pareti erano occupate dalle due porte nonché da due finestre ed essendo i loro mobili abbastanza ingombranti, era rimasta tale e quale senza l’aggiunta di altri mobili. Era veramente carina e sicuramente era più valorizzata di come l’avevano a Milano, unita al salotto. Usciti nuovamente nell’atrio, videro sulla parete di fronte alla porta d’ingresso, c’era una bellissima consolle sormontata da un imponente specchio. Ai lati si aprivano due porte scorrevoli a scomparsa. Aprirono quella di destra e si trovarono in un bel disimpegno. A sinistra era posizionato un bagno, completo, con un lussuoso box doccia. Le piastrelle, i sanitari e la rubinetteria erano veramente di classe e così pure l’illuminazione, non accecante ma intensa. Non c’era la finestra ma un veramente buon impianto di aspirazione forzata faceva il suo dovere. Sul fondo del disimpegno, di seguito al salotto e alla camera da pranzo, si apriva la cucina, abbastanza ampia e soleggiata. Le sue dimensioni ricordavano la loro cucina precedente. Tutti i mobili e gli elettrodomestici, erano stati sistemati quasi come prima, non sembrava neanche di aver cambiato casa. Per la moglie ciò fu veramente molto importante, non notò alcuna difformità che l’avrebbe disorientata, si trovò subito perfettamente a suo agio. All’esterno c’era pure un balcone, sufficientemente ampio per poter stendere i panni ad asciugare. La parte terminale del disimpegno comprendeva un ripostiglio, non molto grande, ma funzionale. Ripercorsero a ritroso il disimpegno uscendo nuovamente nell’atrio e si diressero dalla parte opposta dove si apriva, sempre con porta a scomparsa, l’altro disimpegno conducente alle due stanze da letto a sinistra ed al secondo bagno sulla destra, in fondo. Questo bagno era leggermente più grande perché conteneva una vasca da bagno con l’idromassaggio, c’era pure il doppio lavabo oltre al resto dei sanitari. Questo bagno era munito di finestra che dava su di un cortiletto interno. Le due stanze da letto erano veramente molto grandi, essendo esattamente di fronte ai tre ambienti: salotto, camera da pranzo e cucina, avevano pertanto la stessa superficie. 170 La stanza dei bambini, oltre ai mobili portati da Milano, su di un lato erano state posizionate due scrivanie con la struttura metallica ed il piano in cristallo in modo da non stonare con i mobili preesistenti. Inoltre, in un angolo, era stata creata una piccola palestra ginnica per bambini. Ultimo ambiente visitato, fu la loro stanza da letto, molto grande. Ai piedi del letto e prima dell’armadio era stato sistemato un salottino in pelle sopra un bellissimo tappeto persiano. Sull’angolo di sinistra c’erano posizionate due porte-finestra che si aprivano su di un terrazzo d’angolo che dava sulla via principale e su di una laterale. Ultimata la visita, Andrea chiese ai suoi cari: - Cosa ne dite? Vi piace? – I bimbi emisero dei gridolini di gioia – Molto bella la nostra stanza, ci sono tante più cose. Angela, un po’ emozionata, replicò: - E’ bellissima, completa, confortevole, tutto è a posto, ma non dirmi che questa casa ha solo ottanta metri quadri! Andiamo a prendere quei pochi bagagli, giù inautomobile, poi comincerò a disfare i bauli, posti di la, con il vestiario. - Lascia, vado io, rimani qui con i bambini. Fate un altro giro per la casa. Credo anch’io, la casa ha senz’altro ben oltre i cento metri. Preso l’ascensore, ridiscese al piano terra. Il portiere lo informò: - Dietro l’angolo c’è l’ingresso al parcheggio privato del condominio. Le consegno il telecomando e la informo che il suo posto macchina è il numero dieci, come il numero dell’appartamento. Gli fece vedere anche come dal garage si accedeva, attraverso una delle porte ai fianchi dell’atrio, direttamente senza uscire in strada. Molto comodo per quando pioveva! Si avvicinò all’auto e, mentre stava per salire, udì due vocine che dall’alto lo chiamavano: - Papà, papà, siamo qui, ciao. Alzò gli occhi e vide Angela mentre teneva ben stretti sotto braccio Marco ed Alessandro. I bimbi agitavano le braccia cercando di farsi notare. – Ciao bambini, vi ho visto, scendete, è pericoloso, ci vediamo tra poco. Salito in auto, mise in moto. Girato l’angolo azionò il telecomando e la porta basculante si aprì lentamente. Entrato nel garage la luce ambientale si accese automaticamente, probabilmente messa in funzione da una cellula fotoelettrica; cercò il parcheggio numero dieci, era relativamente vicino. In fondo sulla destra notò una porta che probabilmente era quella dalla quale si accedeva all’atrio del portone. Così fu e iniziò il trasporto delle tre valigie e delle varie borse contenute nel bagagliaio. Quando aprì la porta dell’atrio, il portiere gli corse incontro per aiutarlo, dicendogli: - Rag. Geronti, lei avrebbe dovuto chiamare per essere aiutato, questo è anche uno dei miei compiti. Prese tutte e tre le valigie e si diresse all’ascensore seguito da Andrea. Egli teneva in mano le borse in plastica con gli ultimi giocattoli dei bambini. Salirono al terzo piano, il portiere suonò il campanello con il naso. Angela aprì la porta, egli depositò i bagagli subito all’interno. Stava per uscire e, rivolto ai coniugi Geronti, disse: - Vi prego, sono a vostra disposizione, non esitate a chiamare per qualsiasi cosa compreso la riparazione di piccoli guasti sia elettrici come pure idrici. Buona serata e al piacere di potervi essere utile. 171 Salutarono, ringraziando, e quando la porta fu chiusa lui esclamò: - Ma guarda la gentilezza di quest’uomo! Deve essere questo un palazzo altamente prestigioso. Non credo che in tutte la case, qui a Parigi, ci sia un trattamento simile da parte dei portieri, quando ci sono! Lunedì chiederò informazioni, anche perché avere il portiere può essere abbastanza normale, ma vestito con un’impeccabile divisa, quasi fosse il portiere di un Grand Hotel, e così servizievole, non deve essere del tutto normale. Era ormai pomeriggio inoltrato quando Andrea propose alla moglie di non mettersi a svuotare i bauli, perché tutti assieme, sarebbero andati a fare un po’ di compere in qualche supermarket delle vicinanze per creare una dispensa alimentare almeno per le prime necessità del sabato e della domenica. Ella rispose: - Ma guarda, hai proprio ragione, nell’eccitazione della novità mi ero completamente scordata di non avere nulla da mangiare. Sistemo i bambini, li pettino ed usciamo. Nell’atrio incontrarono il portiere al quale Andrea, prima di tutto, chiese quale fosse il suo nome e qualche informazione per sapere dove fosse collocato un super mercato nelle vicinanze. - Il mio nome è Philipe, Philipe Dupont, per servirla. Al prossimo isolato, verso sinistra, troverete un ben fornito supermarket dove, oltre il vastissimo reparto alimentare, ci sono altri piccoli reparti, casalinghi, capi di abbigliamento, soprattutto per bambini, tovaglie e tante altre cose. Volevo informarla inoltre, se la sua signora avrà piacere, basterà chiamare con il citofono interno e dopo aver preparato una lista della spesa, io la passerò a mia moglie Renèe, la quale vi provvederà per vostro conto, recapitando gli acquisti direttamente a casa. E’ una cosa in uso nel nostro condominio ed è gradita a tutti i condomini ed inquilini. Buona passeggiata e buoni acquisti, signori Gerontì. Tenendo i bambini per mano, scesero in strada e si avviarono verso il super mercato e lui commentò: - Ecco, questa è una caratteristica francese cara, dovrai abituarti, tutti i cognomi, quando finiscono con una vocale, essa è accentata. Hai sentito, ci ha chiamati Gerontì e non Geronti e non serve farglielo notare, continuerebbe a mettere l’accento in fondo. Entrarono nel grande negozio sfarzoso di luci. Verso l’uscita, erano allineate ben dodici casse, al momento non tutte funzionanti. Presero un carrello molto grande e, nell’apposito spazio, fecero sedere Alessandro, un po’ perché non sia stancasse, un po’ perché non sfuggisse di mano e si perdesse mentre, tra gli scaffali facevano incetta di provviste. Marco, essendo più grande, aiutò la mamma a spingere il carrello. Il reparto alimentare, era veramente immenso. Oltre le solite scaffalature piene di ogni ben di Dio, c’era un vasto reparto di ortofrutta, la pescheria, un lunghissimo banco di salumeria al taglio con una decina di addetti e un bel reparto di macelleria. In un angolo c’era pure il banco della gastronomia. - Cosa ne dici, cara, per questa sera, senza star lì a cucinare vuoi provare cosa c’è di pronto? I manicaretti comincerai a prepararli domani. - Buona idea – rispose – pensiamo a cosa prendere per domani e prima di uscire, passiamo al reparto gastronomia. 172 Il carrello si riempiva inesorabilmente, bisognava prendere tutto. Tutto per le colazioni del mattino, pranzi, cene, dolcetti e merendine per i bambini, acqua minerale, bibite, vino, detersivi, saponi, ecc. Passando davanti agli espositori le braccia, quasi automaticamente, prendevano ogni cosa necessaria e quello che sarebbe potuto diventare utile per la vita quotidiana. Alla fine, Andrea dovette aiutare a spingere il carrello, tanto era pesante. Sarebbe stato meglio prenderne due subito all’inizio! Alla fine, avendo certamente dimenticato di prendere qualche cosa, si avvicinarono al banco della gastronomia. C’era solo l’imbarazzo della scelta. Optarono per delle crépes agli asparagi da scaldare nel forno a microonde, un po’ di vitello tonnato, quello si poteva mangiare anche freddo e una mezza torta alle mele. Formaggi ed eventuale frutta erano già nel carrello. Si avviarono ad una delle casse libere. Quando la cassiera li vide arrivare con quell’enorme quantità di prodotti ebbe un attimo di scoramento, ma la professionalità ebbe il sopravvento e, con un sorriso, cominciò a passare i codici a barre dei vari prodotti sul lettore ottico della cassa. Il nastro di carta usciva dal registratore e si allungò fino a toccare quasi terra, alla fine l’addetta batté il totale: 1.924,65 franchi. Andrea prese dal portafoglio la carta di credito, la porse alla cassiera ed espletate le consuete formalità, si affrettò ad aiutare la moglie a riempire le borse di plastica fornite dal supermercato. Con una certa difficoltà, tre borse e due figli, rientrarono a casa concedendosi, finalmente, un po’ di meritato riposo. Cenarono e, grazie al ricevitore satellitare, riuscirono a vedere il telegiornale in italiano trasmesso dalla RAI. Finita la visione, volutamente, Andrea sintonizzò un’emittente francese che trasmettesse pure un telegiornale. Le notizie internazionali essendo comuni a tutti i paesi, le fece ascoltare alla moglie consigliandole di recepire le notizie in francese e, conoscendo già gli argomenti, sforzarsi di capire la versione in lingua francese. La giornata era stata veramente intensa; messi a letto i bambini, questi crollarono immediatamente in un profondo sonno e pure loro decisero di andare a riposare. L’indomani, domenica, dopo fatta colazione sarebbero andati a messa e avrebbero fatto pure una breve passeggiata per prendere visione della zona dove abitavano. Avrebbero trascorso la giornata festiva, tutti assieme, per abituarsi e pregustare la nuova vita e le nuove abitudini che la città offriva loro. 173 CAPITOLO 4 Arrivò il lunedì mattina, il fatidico giorno del cambiamento per Andrea. L’ufficio distava due fermate d’autobus dalla loro abitazione, pertanto decise di provare a fare il tragitto a piedi per vedere quanto ci avrebbe impiegato e, se la distanza da percorrere non avesse richiesto troppo tempo, e le condizioni climatiche non fossero state avverse, avrebbe preferito andare a piedi per fare un po’ di moto prima di chiudersi in ufficio. 174 Ci mise poco più di quindici minuti per giungere dinanzi al maestoso edificio, sede della Compagnia di Assicurazioni. Un palazzo stile ottocento pieno di fregi decorativi alle facciate, con la parte bassa in pietra bugnata e mezze colonne ornamentali che arrivavano sino al primo piano le cui finestre erano in alternanza delle bifore e delle trifore. Al secondo piano, c’era una serie di balconcini in pietra che si estendevano su tutta la facciata principale. Entrò nel vastissimo atrio, sembrava essere più un salone delle feste di qualche antica dimora dell’epoca imperiale, che l’atrio di un ufficio. C’era un andirivieni di persone le quali raggiungevano le tre scalinate sistemate ai tre lati, di fronte all’ingresso, oppure i vari ascensori. Sulla sinistra trovò la portineria e gli sportelli che fornivano le tessere magnetiche provvisorie, agli occasionali visitatori che si sarebbero recati negli uffici non aperti al pubblico. Si avvicinò ad un portiere e chiese: Dovrei recarmi dalla signorina Armagnac, segretaria del direttore Platinì, saprebbe indicarmi la strada, per favore? – E’ forse lei il rag. Geronti? – incalzò il portiere. Ricevuta risposta affermativa, incaricò un suo collega, di accompagnare Andrea presso la direzione generale dell’istituto. Preso l’ascensore, salirono al quarto piano. Quarto piano! Ciò lo fece riflettere e pensare in quanto doveva essere una consuetudine o una coincidenza che le direzioni fossero tutte a quel piano. Usciti dall’ascensore il suo accompagnatore si diresse verso la seconda porta a destra e, dopo aver bussato, annunciò alla segretaria l’arrivo del rag. Geronti. La signorina Nicole Arnagnac lo accolse con un sorriso dicendo: - E’ un vero piacere conoscerla, è la prima volta che mi capita di vedere in questi uffici un funzionario italiano. Benvenuto tra di noi! - Il piacere è tutto mio, gentile signorina Nicole, per i primi tempi mi troverò un po’ spaesato, ma spero di abituarmi quanto prima ai vostri sistemi operativi. - Complimenti per il suo francese, in queste condizioni non avrà sicuramente problemi linguistici. Con il suo curriculum e il suo bagaglio di esperienze maturato in Italia anche l’inserimento nel nostro sistema, per lei, sarà un gioco da ragazzi. Comunque ad aiutarla per qualsiasi esigenza ed informazione ci sarà la sua segretaria, la dottoressa Louise Basset, che adesso chiamerò, in modo che sia proprio lei a presentarla al nostro direttore generale, il dott. Alphonse Platinì. Prese il telefono e, facendo un breve numero interno, annunciò a Louise l’arrivo del nuovo funzionario Geronti, pregandola di venirlo a ricevere. - Vedrà che bella ragazza è la sua segretaria, ma, oltre che bella, è veramente brava ed efficiente, ne sarà soddisfatto! - Anche la bellezza ha la sua importanza, ma sul lavoro io preferisco l’efficienza e la serietà. Sono felicemente sposato e con due meravigliosi bambini che mi riempiono la vita. - Certamente, non mi fraintenda la prego, Louise è qui in direzione proprio per la sua bravura e perché è una ragazza seria e pensa prettamente al lavoro, ma, lei mi capisce, quando riceverà dei clienti, è 175 meglio che ad accoglierli ci sia una bella ragazza e non una vecchia zitella inacidita. Essi si troveranno a loro agio dopo aver soddisfatto anche la vista, non le pare? - Presa sotto questo punto di vista, lei ha perfettamente ragione Nicole, Infatti i miei clienti, se così si possono chiamare, non vengono certamente volentieri da me, in un modo o nell’altro devo cercare di convincerli a rientrare e mettersi in regola con le rate scadute e in sofferenza. In quel momento si aprì la porta ed apparve una ragazza bionda, veramente bella. Vestiva una camicetta bianca con una generosa scollatura la quale poco lasciava all’immaginazione e un paio di pantaloni giallo senape dove l’aria trovava difficoltà a esistere tra la pelle e la stoffa. Un paio di sandaletti neri con il tacco a spillo completavano il quadro. Chiusa la porta e salutato Nicole, si diresse verso Andrea con un smagliante sorriso: - Sono veramente lieta di fare la sua conoscenza, spero di essere all’altezza per esaudire le sue richieste e che lei rimanga soddisfatto del mio operato. Lavoro presso la direzione da un paio d’anni e credo di conoscere abbastanza bene tutte le pratiche, anche perché, chi mi aveva preceduto, era riuscito ad archiviare correttamente e con metodo tutto il lavoro. - Non ci sono dubbi, andremo d’accordo, tra l’altro io non ho molte esigenze. Però una segretaria efficace, che mi rammenti gli impegni è meglio di qualsiasi agenda, ancorché elettronica. Nicole e Louise scoppiarono a ridere e la prima disse: - Avevo ragione, commentò, parla bene il francese, riesce anche a fare le battute e spiritose soprattutto. Fammi un favore, cara, accompagna il rag. Geronti dal direttore annunciandogli l’arrivo e l’inizio del suo rapporto presso di noi, cosa della quale è a perfetta conoscenza. - Volentieri, solamente oggi arriverà un po’ in ritardo. Nel frattempo gli farò vedere il suo nuovo ufficio e dove sono sistemati i suoi colleghi e i reparti ai quali sono preposti. Andiamo prego, l’accompagno. Entrambi salutarono Nicole, Andrea con una stretta di mano, e si avviarono lungo il corridoio dove, svoltato un angolo, Luoise aprì una porta ed entrarono in un grazioso ufficio, non molto grande, ma decorosamente arredato. – Ecco questo è il mio ufficio, la segreteria, dalla quale si accede al suo ufficio attraverso la porta, lì a sinistra. Vi si diressero e, aperto l’uscio, si trovarono in un ambiente che nulla aveva da invidiare l’ufficio del dott. Paganelli di Milano. La stanza era d’angolo, quattro finestre rendevano l’ambiente fin troppo luminoso, in una giornata di sole come quella. Andrea si avvicinò alla scrivania, ma più di un piano di lavoro sembrava avere le dimensioni di un campo di tennis da tavolo. Era completamente arredata con scrittoio, accessori di vario tipo contenenti un po’ di tutto, dalle penne biro, stilografica, matite, foglietti per appunti, tagliacarte, forbici, ecc. C’erano dei mobili bassi, un frigo bar, un salottino, tappeti, piante ornamentali e quadri alle pareti. Louise mostrò il funzionamento delle linee telefoniche, l’uso del viva voce e del sistema interfonico per collegarsi a lei. 176 Accese pure il computer e gli fece vedere l’attuale password per collegarsi sia in internet che in intranet, funzione che a lui sarebbe stata più utile per accedere al calcolatore centrale e trarne i dati necessari per il suo lavoro. Gli fece vedere pure come avrebbe potuto cambiare la password e sostituirla con quella da lui ritenuta più opportuna in modo da rendere il computer accessibile solo a lui. La segretaria gli fece vedere una rubrica telefonica interna dove erano segnati tutti i numeri generici dei vari uffici e quelli personali dei funzionari e dei dirigenti. La aprì alla lettera P per trovare e formare il numero del dott. Platinì. Dopo un paio di squilli, il direttore rispose e Louise lo informò, se fosse stato libero, avrebbe accompagnato da lui il rag. Andrea Geronti, il nuovo funzionario, proveniente dall’Italia, il quale prendeva servizio oggi. Louise affermò: - Andiamo, è ansioso di conoscerla. Usciamo da qui. Quest’altra porta rende il suo ufficio indipendente se non vuole passare attraverso la segreteria. Di fronte, dopo pochi metri, sulla destra c’era la porta del direttore generale. Louise l’aprì senza bussare e si trovarono in una specie di anticamera di fronte ad un’altra porta e questa volta bussò delicatamente. Dall’altra parte si udì una voce stentorea: - Avanti! Entrarono in un ambiente che sembrava la sala delle udienze del Presidente della Repubblica. Il soffitto, a volta, tutto affrescato, avrà avuto un’altezza di almeno cinque metri, la stanza non aveva meno di ottanta metri quadri. Colonne, statue, arazzi, quadri e lampadari in cristallo di Boemia completavano lo scenario. Tra due finestre, davanti ad un enorme caminetto in marmo, era sistemata la scrivania del direttore. - Prego, si accomodi, venga pure avanti. Grazie signorina, può andare. Mi fa molto piacere che lei abbia deciso di trasferirsi presso la nostra compagnia. Il mio amico Paganelli, al quale ho chiesto informazioni dopo la sua domanda di essere assunto qui da noi, mi ha tanto ben parlato di lei e delle sue capacità operative. Noi, attualmente, siamo carenti in quel reparto e le pratiche in sofferenza sono più numerose del dovuto. Conto molto su di lei per risolvere questo problema. Mi dica, si è sistemato bene con la famiglia? Il condominio dove risiede è veramente uno dei più rinomati e prestigiosi di Parigi. Ad Andrea squillò un campanello d’allarme. L’amico di Paganelli, come poteva sapere tutto sull’appartamento, sulla famiglia…..Che fosse una delle “talpe” di tutta l’operazione? Per il momento era meglio non indagare. - Grazie direttore, tutto bene! Anche se siamo qui da solo due giorni, ci siamo ben ambientati. Per prendere visione di questa parte della città oggi, sono venuto a lavorare a piedi. Volevo fare pure un po’ di moto. Il percorso è stato piacevole. Se non ci saranno delle condizioni climatiche avverse, continuerò con questo sistema. Poi il sabato e la domenica, con la famiglia, faremo i turisti, ma ci vorrà del tempo per visitare tutta queste enorme e meravigliosa città. Per quanto riguarda il lavoro, oggi stesso, inizierò a prendere visione delle pratiche più lontane nel tempo. Studierò i sistemi migliori per cercare di recuperare i crediti. 177 - Vada con calma! Quanto zelo! E’ appena arrivato, faccia un giro per gli uffici con la sua segretaria, si presenti agli altri colleghi, familiarizzi. Bisogna riconoscere, contrariamente ad altre realtà lavorative, qui da noi la socializzazione e l’intercambiabilità sono elementi fondamentali ed intrinseco in tutti i collaboratori, di ogni ordine e grado. Per quanto riguarda la visita della città, avrà tempo di farlo. Forse non tanto, perché, temo, date le sue doti, tra qualche anno volerà ad altri lidi, o no? Pensò: - Sì! E’ quasi certo, egli c’entra in qualche modo in tutta la faccenda. Quest’ultima allusione non è buttata lì per caso, è frutto di un disegno ben preciso. Voleva vedere se ci fossi cascato e mi fossi contraddetto in qualche modo. - Grazie direttore, farò come lei mi suggerisce. Oggi inizierò un giro per i vari uffici e, in quanto alla visita della città e al periodo di mia appartenenza a questa società, se mi troverò bene e non sarete voi a licenziarmi chissà che, lei ed io, non si continui a collaborare per tanti anni ancora. La ringrazio e la saluto, non vorrei farle perdere del tempo prezioso. Rientro provvisoriamente nel mio ufficio per poi fare le visite programmate. Grazie ancora e buona giornata. - Buon giorno a lei e buon lavoro, vedrà, in un modo o nell’altro collaboreremo per tanti anni ancora. Arrivederci e porga i miei omaggi alla sua Signora. Andrea uscì dal salone fermamente convinto, dopo l’ultima affermazione, che le frasi del colloquio fossero tutte imperniate sul dire ed il non dire e per far capire di essere nella stessa barca. Per la prima volta provò ad usare l’interfono con la segretaria. Schiacciò il pulsante: - Signorina, può venire un momento da me, per favore? - Certo, sono subito da lei. La porta interna si aprì e Luoise si informò: - In cosa posso esserle utile? - Su suggerimento del dott. Platinì, dovremmo fare un giro per i vari uffici e reparti in modo da presentarmi ai colleghi. Siccome non basterà questo scorcio di mattinata, nell’intervallo per la colazione, potremmo andare a mangiare un boccone assieme, così mi farà vedere dove si può prendere qualche cosa cucinata bene e facilmente digeribile. - A sua disposizione, l’accompagnerò volentieri. Per quanto riguarda la colazione, qui all’interno dell’edificio, abbiamo, al secondo piano, la mensa aziendale. Io ci vado sempre e mi trovo benissimo. I cibi sono ben cucinati, gustosi e leggeri nello stesso tempo, inoltre, se necessita, hanno pure il menù dietetico preparato con primi piatti al burro o all’olio e secondi di carni bianche ai ferri con verdura sia cotta che cruda. Si trova sempre un po’ di tutto, ma gradiscono se si prenota il menù per il giorno dopo su degli appositi foglietti ritirati alla cassa e si riconsegnano compilati e portanti il proprio nome. L’indomani, ci si presenta al bancone e si ritira il vassoio già preparato. - Ottimo! Faremo così, oggi mi farà da guida anche in questo. Bene andiamo, la seguo e cercherò di memorizzare, almeno in parte, dove si trovano i vari uffici ed il nome dei responsabili. So già che questa sera avrò 178 una grande confusione in testa, ma speriamo che pian piano, alla bisogna, saprò ricordare e identificare i vari reparti. La giornata passò tra una di stretta di mano e frasi di cortesia, solite frasi convenzionali, reciproci auguri di buon lavoro e convenevoli scontati. Unico intervallo piacevole e rilassante fu la pausa pranzo. Lousie ebbe ragione, il cibo era ottimo, gradevolissimo al palato, ed il prezzo veramente contenuto. Bisogna riconoscere, la cucina francese non si smentisce mai, fin anche nelle mense. Alle cinque meno un quarto, rientrarono in ufficio, Andrea ringraziò la sua segretaria per la disponibilità e prima di entrare nella sua stanza le augurò una buona serata. – Io devo fare un paio di telefonate, per oggi non ho più bisogno di lei; alle diciassette può andare via tranquillamente. Domani inizieremo il lavoro e avrò bisogno di lei per rintracciare le prime pratiche da esaminare. Buona serata e grazie! E’ stata gentilissima. - Dovere, sig. Geronti, ci vediamo domani. Vedrà che rimarrà contento di me. Buona sera. Andrea si chiuse nel suo ufficio, aprì una finestra per far entrare un po’ d’aria fresca, si sedette alla scrivania e preso il telefono, chiamò casa sua. Anche per confermare, come detto, le telefonate preannunciate. - Ciao cara, come va? Come hai passato la prima giornata da sola a Parigi? Lascia, non dirmi niente, alle diciassette esco e vengo subito a casa così fino ad ora di cena avremo da raccontarci le reciproche esperienze. Un bacione, ci vediamo tra poco Chiuse il telefono, si alzò e si diresse verso la finestra dalla quale entrava, anche se non molto forte, il rumore del traffico cittadino. Era però sufficiente per poter prendere il telefono cellulare dalla tasca interna della giacca e chiamare il dott. Paganelli, senza essere udito da orecchie indiscrete, e potergli raccontare delle prime esperienze e delle prime impressioni provate nella nuova sede. - Dottore, buon pomeriggio, sono Geronti, sta per finire il mio primo giorno di presenza nella nuova realtà, non ho ancora preso visione di niente, perché tra una visita e l’altra e la presentazione ai nuovi colleghi, la giornata è volata via. La chiamo anche per sapere se ha delle disposizioni da darmi. - Oh Geronti, sono molto contento di sentirla. Si ricorda ancora parlare l’italiano? Scherzavo suvvia. Lo sapevo, oggi era in giro per uffici, mi ha chiamato a mezzogiorno Platinì per ringraziarmi delle referenze fornitegli su di lei e dire, che la realtà è stata migliore della descrizione. Complimenti, mi congratulo con lei, sapevo di aver puntato sul “cavallo” giusto! Per quanto riguarda il lavoro, non si preoccupi, lei inizi a fare quello per cui è stato da loro assunto come ha sempre fatto ottimamente da noi. Lasciamo passare del tempo in modo da inserirsi bene nella nuova realtà, poi quando, chi lei sa o lo immagina, me lo dirà potremo iniziare la nostra operazione. La chiamerò io per proporle i primi quesiti da svelare e, ah sì, non faccia capire di sapere di chi si tratta. Mi darà il via per i contatti. Intesi? Buona sera e, speriamo, a presto, mi ricordi alla sua signora. 179 - Ok direttore, recepito il messaggio, non si preoccupi, le tre scimmiette saranno il mio emblema qui dentro nel nuovo ufficio. Erano le diciassette e qualche minuto quando uscì dal suo studio attraverso la porta diretta. Non voleva far credere di controllare se Louise c’era ancora, tanto…..la sentiva muoversi nella segreteria. Entrò nel portone di casa, erano da poco passate le diciassette e trenta, non gli sembrava vero di rientrare in famiglia con il sole ancora alto nel cielo. Il portiere lo vide e si precipitò a chiamare l’ascensore. Aprendo la porta, con un mezzo inchino esclamò: - Buona sera rag. Geronti, ben rientrato, ha passato una buona giornatata? - Grazie Philipe, molto gentile. Sì, per essere il primo giorno di lavoro qui a Parigi, la giornata è volata via piacevolmente. Adesso vado a casa e passo la serata in famiglia. La festa fattagli da Angela, Marco ed Alessandro quando Andrea aprì la porta fu enorme. I bimbi si strinsero forte alle gambe del papà e Marco, alzando gli occhi, forse un pochettino lucidi, gridò: - Vive la France! Se ci farà avere a casa di sera il nostro papà così presto. Tutti si misero a ridere e con aria pomposa, Andrea, guardò il figlio: - Ma parli veramente bene il francese, potrai aiutare la mamma quando andrà nei negozi. Una seconda risata riempì l’atrio dell’appartamento. Abbracciò i suoi cari, diede un bacio alla moglie e, tutti assieme entrarono in salotto. Prima di potersi sedere sul divano, Alessandro incalzò: - Sai, la mamma è stata bravissima, ci ha già consegnato tutti i giocattoli, sono di là in camera nostra. Vieni a giocare con noi, papà? - Volentieri, tra un poco, adesso lasciatemi sedere e prendere fiato. Vorrei scambiare due chiacchiere con la mamma e con voi. Vi racconto della mia nuova sistemazione e di come ho trovato l’ambiente di lavoro. Sono stati tutti gentilissimi con me, devo dire la verità, non avrei mai pensato che un nuovo “intruso” fosse così ben accettato, quasi con affetto. La stanza del mio ufficio è bellissima, sembra la stanza di un dirigente piuttosto che di un funzionario, cosa volete, qui in Francia, i funzionari sono meglio considerati che da noi. Ho anche una graziosa segretaria. Mi aiuterà nel mio lavoro. Angela sbottò: - Ah! Il signore ha anche la segretaria e magari sarà anche carina. Stai attento merlo, io vi terrò d’occhio. - Ma cosa dici! E’ una brava ragazza, laureata, molto riservata e veramente ben educata. Poi io amo voi, la mia famiglia. Nulla e nessuno potrebbe allontanarmi da voi, capito? Angela si alzò, abbracciò forte il marito e disse: - Venite bambini, diamo un bacio al papà! Lui sa essere unico ed impagabile. Come fosse un gioco per loro, i bambini si aggrapparono ai vestiti dei genitori per tentare la scalata ed arrivare in alto. - Attenti, state rompendo le maniche, aspettate, scendiamo noi giù da voi. Si misero in ginocchio ed iniziarono una piccola lotta rotolandosi sui tappeti. I bimbi erano al settimo cielo, non sembrava loro vero di poter giocare a quel modo con mamma e papà. 180 Il tempo passava velocemente e, ad un tratto, Angela si alzò: Continuate pure voi a giocare, io devo andare di là in cucina per preparare la cena. Vi preparo un buon minestrone di verdure. Oggi, andando a fare la spesa, dietro l’angolo, poco dopo l’ingresso del garage, ho scoperto un bellissimo negozio di frutta e verdure. Tra le tante cose, aveva pure un cesto con tanti tipi di verdure freschissime già tagliate e pronte per la minestra. Poi vi preparerò prosciutto e melone. Vado! Dopo cenato, i genitori permisero ai figlioli di guardare ancora mezz’ora la TV prima di andare a dormire. Angela ed Andrea rimasero in cucina a parlare mentre lei sparecchiava e metteva le stoviglie usate per il pasto nella lavastoviglie iniziando il ciclo di lavaggio. Lui le raccontò della conversazione avuta con il direttore Platinì, in mattinata e quella telefonica con Paganelli prima di uscire per tornare a casa. Anche Angela ebbe la sensazione che avessero voluto, velatamente, metterlo al corrente non dicendo praticamente nulla, ma facendo intendere quello che volevano lui capisse. Lo consigliò di non “sbottonarsi” e non farsi sfuggire nemmeno mezza parola per non far capire quanto sapeva della situazione reale. Forse lo avrebbero costantemente tenuto sotto pressione per vedere se sapeva stare al suo posto ed essere riservato. Decisero, di comune accordo, dall’indomani egli avrebbe svolto solamente il lavoro cui era ufficialmente chiamato a compiere e finché Paganelli o il presidente Zorzi non avessero dato precise istruzioni telefoniche. Non avrebbe preso alcuna iniziativa personale nel recepire dati se non da loro espressamente richiesti. CAPITOLO 5 Erano ormai trascorsi oltre due mesi dal suo primo giorno lavorativo in terra di Francia e tutto filava liscio come l’olio. Era riuscito a far rientrare alcuni clienti morosi, oramai considerati cronici, e reinserirli nei normali scadenzari della compagnia. Due o tre volte il dott. Platinì, visti i primi risultali, lo aveva fatto chiamare per congratularsi dei risultati. Anche Louise, non abituata a questi risultati, lavorava con maggiore lena cercando di scegliere accuratamente le pratiche da sottoporre al suo capo. Era ovvio, i buoni risultati ottenuti da Andrea avrebbero influito anche sulle sue “note caratteristiche” per le valutazioni che venivano stilate annualmente su tutto il personale. 181 Un venerdì di fine luglio, erano da poco trascorse le sedici, nel silenzio della stanza, rotto solo dal brusio proveniente dalla strada e dalla ventola di raffreddamento del computer, suonò improvvisamente il cellulare. Sembrò quasi una cannonata, che provocò un tuffo al cuore di Andrea. Non si trattava del suo cellulare personale, ma di quello satellitare fornitogli da Paganelli. Con la mano tremante l’afferrò, rispondendo alla chiamata, dopo aver controllato sul display se la chiamata provenisse da uno dei due nominativi autorizzati. - Pronto, buona sera dottore, cominciavo a pensare vi foste dimenticati di me. Quali novità? Cosa devo fare per voi? - Buona sera Geronti, il tempo trascorso è quello previsto perché la sua presenza nell’azienda venisse considerata oramai una normale routine. Ho saputo che tutto procede nei migliori dei modi. Come sempre, lei è riuscito ad avere degli ottimi risultati. Prima di tutto, volevo informarla che una terza persona avrà il suo numero ed è il dottor Platinì. Lei dovrà comunicare con lui mediante i soliti mezzi e solamente per i problemi inerenti l’attuale sua carica. Potrà essere solamente chiamato da lui e pertanto, se dovesse apparire sullo schermo questo terzo nominativo, dovrà rispondere e, come detto, a nessun altro. Le istruzioni che lui dovesse darle sono da considerarsi come provenienti da me o da Zorzi. Avrà già capito da tempo e, non avevo dubbi: una delle due persone che la seguiranno dal didentro è proprio lui. A tempo debito, avrà modo di conoscere anche la seconda. Come prima istruzione da sviluppare, prendendo come scusa la necessità di un indagine statistica, ci preparerà un diagramma delle acquisizioni e delle disdette dell’ultimo decennio. E’ ovvio: - a noi le disdette non interessano minimamente, ma fanno parte della ricerca statistica e serviranno a coprire i dati a noi necessari. Avremo così un quadro completo dell’incremento delle polizze, ma soprattutto i nominativi dei singoli, per tastarne il peso economico ed il ramo di attività, e se sono state acquisite dalla casa madre o dalle affiliate sparse nel mondo. Ponga particolare attenzione, la prego, sui dati provenienti dal sud est asiatico ora, sembra, in forte espansione. Non c’è alcuna premura, faccia con calma, nei ritagli di tempo in modo da non far scoprire il calo di rendimento del lavoro attualmente in corso. La sua segretaria oramai conosce i suoi ritmi e potrebbe notare la differenza. Le possibilità d’accesso, da parte sua, ai dati del calcolatore centrale, è stato elevato al massimo grado. Potrà così accedere anche ai dati altamente riservati che solamente quattro o cinque persone, in azienda, risultano autorizzate a farlo. I tabulati da sviluppare ed elaborare, li salvi su di un dischetto da custodire gelosamente nella tasca interna della giacca, cancellando, a fine lavoro, quanto contenuto nel suo computer personale. Per il prosieguo del lavoro, i giorni seguenti, prima di continuare, riprenderà i dati assunti e contenuti nel dischetto per aggiungere il nuovo lavoro e così via. Quando questo primo incarico sarà concluso, mi invii un SMS di “saluti”, seguito, a breve giro di posta, dell’invio del dischetto al mio indirizzo privato di casa a lei ben noto. Faccia copia del dischetto che, in caso di mancato recapito, invierà nuovamente. Ricevuta mia conferma potrà riformattare il dischetto in suo possesso in modo da azzerare quanto in esso contenuto e non 182 lasciare tracce, per la sua e nostra sicurezza. Tanti auguri di buon lavoro e, mi raccomando, lentamente, ha tutto il tempo a sua disposizione. Buona sera e buona cena. - Non dubiti direttore, nessuno si accorgerà di niente. Speriamo di poter unire tutti i pezzi del “mosaico” che sicuramente saranno frastagliati, sia per motivi di sicurezza, ma penso, soprattutto per motivi fiscali. Grazie degli auguri, penso di averne bisogno. Buona cena anche a lei. Erano le diciassette e qualche minuto quando udì bussare dalla porta della segreteria. – Avanti! – disse. – Capo, sono io, avrei finito, se non ha altri ordini, andrei a casa. Posso? - Ma certamente, vada pure, continueremo domani, anch’io metto in cassaforte queste pratiche e vado a casa dai miei marmocchi. - Bellissimo, beato lei. Un giorno li farà venire in ufficio in modo da farmeli vedere? Sono curiosa di conoscerli. - Volentieri, anzi, una sera via da qui, andremo direttamente a casa mia così conoscerà anche mia moglie e mangeremo un boccone tutti assieme. Le va? Mia moglie comincia a parlare solamente qualche parola di francese, pertanto non sarà una perfetta padrona di casa, ma spero la scuserà. - Molto volentieri, se non disturberò, sarà per me un onore oltre che un piacere. Per quanto riguarda sua moglie, sarò contenta se si sforzerà di parlare la mia lingua, ma in caso di difficoltà, per non metterla in imbarazzo, parlerò io l’italiano che conosco benissimo. Grazie ancora e buona sera. - Eh no! Un momento! Quante cose devo ancora scoprire? Quante cose mi tenete segrete qui dentro? Non mi aveva mai detto, né fatto capire, di parlare l’italiano. - Vede lei non mi aveva mai chiesto quale fosse la mia laurea, altrimenti l’avrebbe saputo. Sono laureata alla facoltà di lingue moderne, qui all’università di Parigi, con la specializzazione in traduzione simultanea. Oltre il francese, ovviamente, conosco l'italiano, il tedesco, l’inglese e abbastanza bene lo spagnolo. In questa ultima lingua non riuscirei a fare la traduzione simultanea, almeno credo. Proprio per questa mia laurea ho avuto la fortuna di entrare in questa azienda. In caso di necessità, il direttore Platinì, mi chiama per aiutarlo quando ci sono ospiti stranieri, anche se lui parla bene l’inglese. Quando nell’aula presidenziale vengono svolti gli stages con ospiti stranieri o c’è qualche conferenza tenuta dal relatore in una delle lingue da me conosciute, al microfono, faccio la traduzione simultanea per gli ascoltatori francesi. - Fantastico, se avrò qualche necessità, per il mio lavoro, saprò a chi rivolgermi. E’ veramente, per me, affascinante saper di gente che riesca a coordinare la mente in modo tale di pensare ed esprimersi nella lingua desiderata. - Guardi, rag. Geronti, è solo questione di applicazione e di pratica. Ma si è accorto, dopo poco più di due mesi, lei non traduce più le frasi pensate, come faceva agli inizi, ma si esprime direttamente in francese, quindi “ragionando” in francese? 183 - Forse ha ragione! Continueremo un’altra volta questo discorso, non voglio trattenerla tanto oltre l’orario. Buonasera Louise, a domani. - Fa piacere anche a me parlare di cultura, tanto non ho un gran da fare, essendo single, faccio due passi, poi prendo la metropolitana e vado a casa. Io abito in periferia. - Siccome lei avrà bisogno, quando ci arriveremo, di avere delle traduzioni per controllare pratiche estere, è questo uno dei motivi per cui sono stata assegnata a lei come segretaria. Per fortuna le pratiche provenienti dal sud est asiatico sono scritte o in inglese o in francese e non nella lingua originale, altrimenti non sarei stata io ad essere assegnata a lei. Ora basta veramente, buona notte! Richiuse la porta e sparì. Cosa ne sapeva lei del sud est asiatico? Anche lei aveva buttato lì la frase, come il pescatore butta un po’ d’esca nel mare per attirare i pesci? Fosse lei la seconda persona? Devo stare attento a non tradirmi e far finta di non aver recepito l’eventuale messaggio. Potrebbe essere anche un caso, vedremo come continuerà la cosa. Se non ci saranno altre allusioni, si sarà trattato veramente di una coincidenza, altrimenti vedremo. Andrea raccolse le pratiche giacenti sulla sua scrivania, le racchiuse in cassaforte, e si avvicinò al computer per chiudere le applicazioni, in quel momento, attive. Chiamò Angela a casa per chiederle se avesse avuto bisogno, strada facendo, di comperare qualche cosa mancante in casa. Ricevuta risposta negativa, promise di rientrare di lì a poco, il tempo di fare la strada. Uscì dall’edificio in un caldo torrido, come solo a fine luglio poteva esserci in una città continentale. Allentò il nodo della cravatta e slacciò il colletto della camicia. Lungo il tragitto si fermò in un bar per cercare refrigerio e spegnere la sete ordinando un Pernod con acqua e tanto ghiaccio. Gli piaceva questa bevanda dal fortissimo sapore di anice, comunemente chiamata mistral. Era una tipica bevanda francese la quale, grazie alla piccola dose d’alcool e alla grande quantità acqua e ghiaccio era molto gradevole risultando veramente molto dissetante. Entrato nel portone di casa, il portiere gli venne incontro con una busta in mano. Si trattava di una raccomandata proveniente dall’Italia. - Buona sera rag. Geronti, come avrà notato, qui da noi non ci sono le cassette par la posta. Infatti è compito della portineria ricevere la corrispondenza per tutto il palazzo, suddividerla e consegnarla ai destinatari. In caso di loro assenza, dobbiamo custodirla diligentemente fino al rientro del destinatario. Questa è giunta stamattina e, non avendo visto passare la sua signora, la consegno a lei. Venga l’accompagno all’ascensore. Andrea, istintivamente, girò la busta per vedere il mittente: Mario Rossi, Corso Sempione, Milano. Chi sarà mai questa persona, lui non ricordava di averla mai conosciuta, anche se di Mario Rossi a Milano ce ne saranno almeno duecento se non molti di più. Per non far vedere l’impazienza di aprirla se la mise nella tasca della giacca e, quando Philipe aprì la porta dell’ascensore, vi entrò salutando e ringraziando. 184 - Ah sì, mi scusi ragioniere, volevo informarla, se poteva interessarla: questa sera, alle venti e trenta, presso l’oratorio parrocchiale, a duecento metri dietro il palazzo, ci sarà uno spettacolo di burattini per la gioia dei bambini. Forse ai suoi potrebbe interessare. L'ingresso è libero, eventualmente si può lasciare un’offerta per la chiesa. - Grazie, veramente interessante, ne parlerò con mia moglie. Per una volta in tanto, i bambini andranno a letto più tardi del solito, ma in cambio potrebbero divertirsi con uno spettacolo certamente più genuino della solita televisione. A casa propose ai suoi se fossero stati intenzionati di uscire, quella sera, per andare a vedere lo spettacolino segnalato dal portiere. I bambini si misero a saltellare dalla gioia: - Sì, sì papà andiamo, E’ vero mamma, ci andiamo? Sarà bellissimo! Angela sorrise dicendo: - Va bene andiamo. Per una volta andrete a letto più tardi, però domani farete i bravi. Promesso? Oggi siete stati alquanto disubbidienti, tant’è che non siamo nemmeno usciti a fare la spesa. Per fortuna avevo di tutto in casa. Andrea posò la borsa e, tolta dalla tasca la busta, l’aprì: Conteneva la conferma che il signor Mario Rossi aveva effettuato un versamento nel suo conto corrente di lire 42.000.000 con valuta 27/07 e la causale “pro primo trimestre”. Mario Rossi, leggasi Sergio Paganelli, o chi per lui. Era il conguaglio pattuito versato, come d’uso postecipatamente , con cadenza trimestrale. Si avvicinò alla moglie per farle vedere la bella sorpresa. Angela lesse attentamente e quando arrivò alla cifra, si soffermò, aprì la bocca e con un sussurro pronunciò: - Ventimila! Ma allora è tutto vero, è una cosa enorme, mi vien da piangere dalla felicità. - Sì cara, finalmente potremo guardare al futuro con serenità, per noi e i nostri figli. Bene, quando ceniamo?. Oggi pasteggeremo con lo champagne per festeggiare e poi, ci daremo alla pazza gioia con lo spettacolo dei burattini. - Quanto sei scemo! Per noi non tanto, ma per i bambini sarà veramente una grande festa. Essi non capiranno, ma sarà veramente una festa, se poi ci mangeremo anche un buon gelato……………..cosa ne dici scialacquiamo? Si misero a ridere guardandosi negli occhi. Con un istinto reciproco, le loro labbra si avvicinarono e si unirono in un bacio appassionato. Erano quasi le ventitré quando rientrarono; il portone era chiuso a chiave, Philipe e la moglie, giustamente, avevano finito il turno e riposavano anche loro. Marco più che camminare, trascinava i piedini, Alessandro già dormiva in braccio ad Andrea. Non erano abituati a stare alzati fin così tardi, ma anche per loro fu un’esperienza indimenticabile. Mamma e papà non li avevano mai sentiti ridere tanto come quella sera, anche se il dialogo non lo avevano capito, ma la mimica dei personaggi era talmente esauriente che le parole erano “un di più”. Messi i bambini a letto, si soffermarono un momento in salotto prima di ritirarsi pure loro. 185 – Se non avessi ricevuto l’ordine di chiamare solamente per cose veramente importanti, domani avrei telefonato a Paganelli per ringraziare. - Ma caro, capisco l’educazione, ma, per dire il vero, non c’è proprio nulla da ringraziare, hanno fatto solamente quanto era pattuito e nulla più. Avrei ben voluto vedere se non l’avessero fatto! - Sì, hai proprio ragione, ma cosa vuoi, mi sembra ancora una cosa irreale alla quale però, lentamente, mi sto abituando e sentirla nostra. Volevo dirti……. una di queste sere, inviterei a cena da noi, se non ti dispiace, la mia segretaria concordando con te, ovviamente, il giorno che ti sarà più comodo. Non sarà una cena ufficiale, ma una cosa semplice. Ha espresso il desiderio di conoscere i nostri bambini. Sai, Louise è una ragazza semplice, anche se ho saputo che è laureata in lingue. Oggi ho ricevuto la prima telefonata da Paganelli, con le prime istruzioni. Mi ha ufficialmente confermato di essere Platinì una delle due “talpe”, ma io devo far finta di nulla. A suo tempo mi sarà confermata anche la seconda persona dell’operazione. Parlando oggi con la segretaria sulle lingue da lei conosciute, le è sfuggita una mezza frase su di un argomento che ufficialmente non avrebbe dovuto conoscere. Mai più appropriato l’invito a cena. Conversando a tavola cercherò di far scivolare il discorso sull’argomento citato da Louise e così spero di riuscire a capire se la frase è stata un caso fortuito o un lapsus. Se i miei sospetti risulteranno fondati avrò individuato in anticipo la seconda persona in seno alla società inserita nei programmi e negli accordi di Paganelli. - Va benissimo, anch’io sarei contenta di conoscere questa signorina tanto indispensabile e tanto premurosa, purché mi avvisi qualche giorno prima, in modo che di organizzarmi, e faremo questa cenetta “a tre”. - Ah! Ah!, quanto sarcasmo o quanta gelosia nelle tue parole. Sappi e, tienilo bene a mente, che il nostro rapporto è e sarà sempre di puro lavoro e null’altro. Anche perché sarei un cretino integrale incrinare il nostro meraviglioso amore, la nostra stupenda famiglia e il nostro radioso futuro per un’avventura che, comunque, sarebbe fine a se stessa. Capito? Non parliamone più per favore! - Scusami, sono stata una cretina, ma sai, noi giovani mogli casalinghe, dobbiamo aspettare la sera per vedere il marito, sapendolo tutto il giorno accanto ad una splendida fanciulla. certi pensieri affiorano naturalmente. Io ho una fiducia illimitata in te e vorrei mordermi la lingua per punirmi delle stupidaggini dette. Credevo di fare una battuta spiritosa, invece non è stata nè spiritosa nè azzeccata. Potrai perdonarmi? - Guarda, a me è entrata da un orecchio ed è uscita dall’altro. Cancelliamo questo discorso come non fosse mai stato fatto. Dammi un bacio, stupidona! Le cinse la vita con un braccio e si avviarono verso la camera da letto, non prima di aver sbirciato se i bambini erano tranquilli e stessero dormendo. 186 Il giorno dopo, giunto in ufficio, passò attraverso la segreteria per salutare Louise. Ella si alzò prendendo in mano il blocco per gli appunti: Ha delle disposizioni per me? Posso rendermi utile? Le servono altre pratiche? - No, grazie, per oggi voglio rivedere le quattro pratiche messe ieri sera in cassaforte. Ci sono alcune cose che non mi convincono, pertanto voglio rivederle con calma ed attenzione. Per oggi penso di essere a posto, comunque se avrò bisogno, la chiamerò. Ah, sì, a proposito, mia moglie sarà felice di averla a cena da noi; magari ne parliamo dopo per fissare il giorno. - Mille grazie, veramente gentili, per me sarà una serata importante, adoro i bambini e, penso, che i suoi siano carini ed amabili. Andrea si chiuse nella sua stanza, predispose sulla scrivania le pratiche in sofferenza alle quali stava lavorando ed avviò il computer per poter iniziare a verificare quanto Paganelli gli aveva chiesto. Quasi subito squillò il cellulare satellitare, controllò il display, era Platinì. Rispose: - Buon giorno dottore, cosa posso fare per lei? - Buon giorno alcuni dei dati di cui avrà bisogno richiederanno la password, abbiamo inserito il suo nome come chiave di acceso. La chiave prevede infatti sei lettere o numeri ed il suo nome ha appunto sei caratteri. Buon lavoro. Andrea non riuscì nemmeno a rispondere; il direttore aveva sospeso la conversazione chiudendo il telefono. Dopo aver selezionato il tasto “start” e “programmi” fece apparire tramite le “risorse del computer” tutti i dati che erano inseriti nell’elaboratore centrale cui era collegato. Scelse, per cominciare a navigare nella marea di notizie, un dato che potesse essergli utile. I primi dati apparvero sullo schermo. Era cominciata l’avventura. Tante notizie risultarono irrilevanti, altre avrebbero potuto essere utili e, quest’ultime furono registrate sul dischetto. Dopo un’ora di ricerche decise di sospendere e si dedicò alle sue pratiche di recupero. Il lavoro non sarebbe stato facile, leggere, interpretare, vagliare e scegliere i dati da utilizzare in futuro avrebbe richiesto molto più tempo di quello supposto da Andrea. Forse, procedendo nella consultazione di quella miriade di notizie si sarebbe potuto selezionare ed assottigliare quanto trasmesso. La prima pratica presa in esame era stata quasi ultimata già il giorno prima. Chiamò con il citofono la segretaria e lei in pochi attimi, entrò nell’ufficio del principale. – Signorina, scriva la lettera, come d’uso, nei modi e nei termini indicati. La renda abbastanza piacevole, se piacevole può essere una lettera di sollecito, poi me la sottoponga per la firma. Grazie. - La scrivo subito, per farla partire con la posta di mezzogiorno. - Non occorre lei si precipiti. Ora più, ora meno, non risolve assolutamente niente. Lei sa come sono i clienti morosi, non si precipitano di certo a pagare. Se andrà bene, ci vorranno ancora un paio di contatti o di lettere prima di risolvere il problema. 187 Andrea riprese il suo lavoro esaminando un’altra pratica; doveva continuare così per non dare nell’occhio. CAPITOLO 6 Il tempo passò relativamente veloce nell’alternanza del suo normale lavoro e di quello commissionatogli da Paganelli. Il 3 dicembre ultimò la registrazione del primo dischetto e, dopo averne fatto una copia da tenere in tasca, come ordinatogli, mandò un SMS di “saluti” al direttore in Italia. Preparò un pacchetto con l’imbottitura interna in modo che, nella spedizione, il dischetto non subisse delle rotture e lo indirizzò a casa del suo capo. Si avvicinavano le Festività Natalizie e fu contento di aver ultimato entro l’anno quel primo incarico. I risultati, a suo giudizio, dovevano esser 188 parecchio importanti: le acquisizioni, in totale, erano aumentate realmente del 36,12% rispetto all’uguale periodo dell’anno precedente contro una media di circa il 23% annuo nell’ultimo decennio. Del 36,12 % oltre il 20% degli incrementi provenivano proprio dal sud est asiatico dove lo sviluppo industriale, grazie anche agli investimenti fatti da azionisti occidentali, era in forte espansione e con costante aumento che non accennava minimamente a stabilizzarsi. Non poteva durare a lungo questo boom, ma era il caso di approfittarne ora, finché il “ferro era caldo” e questo sia Paganelli sia Zorzi, da ottimi managers, lo avevano intuito. Ottenuta conferma dall’Italia del ricevimento del dischetto, si stava accingendo a resettarlo, quando gli venne un pensiero da farlo desistere di eseguire questa operazione. Tutto bene, tutto buono, ma la prudenza non è mai troppa con questi “pescecani”. Decise di conservare il dischetto in una cassetta di sicurezza, da prendere in affitto presso la sua banca, lì a Parigi. Distruggere i dischi lo si poteva fare anche in seguito, una volta terminata l’operazione. Se qualche cosa non fosse andata per il verso giusto e le promesse fatte a voce non fossero state mantenute, avrebbe avuto un’arma con cui difendersi e ricevere quanto spettante di diritto. Con l’interfono chiamò la sua segretaria. Poco dopo la porta si aprì ed entrò: - Prego, mi dica cosa posso fare per lei? - Prenda Louise, questa è una pratica di quelle che sto esaminando, dentro le ho messo una minuta della lettera da scrivere. Sia gentile nei termini, ma ferma nei concetti. Poi me la riporti per il controllo e la spedizione. Appena uscita dalla stanza, squillò il cellulare: monsieur Alphonse lo invitava a passare nel suo ufficio. Passò dall’uscita diretta, dopo aver bussato alla porta del direttore generale, entrò: - Buongiorno dottore, mi cercava? - Certo! Si accomodi. Ho visto, ha fatto un gran buon lavoro. Per il momento si dedichi solamente al lavoro per cui è stato assunto. Siamo oramai alle festività natalizie e non è il caso di frazionare il lavoro ancora da svolgere, ne riparleremo dopo la prima quindicina di gennaio. Ora si goda questo periodo con la sua famiglia. Devo dire la verità, sono stato favorevolmente impressionato da come ha saputo gestire le due cose in maniera che nessuno se ne accorgesse. Si sarà chiesto come mai quel lavoro particolare non fosse stato eseguito da uno di noi avente, comunque, accesso ai dati riservati, senza spendere la cifra rilevante per il suo compenso. Ebbene, la cosa è semplice. Lei è stato assunto per avere, casomai, un capro espiatorio. Di questo era al corrente, si era assunto il rischio, ma le fu anche corrisposto il particolare compenso per coprire gli eventuali disagi. Io sono convinto e ringrazio Paganelli per la sua felice ed oculata scelta, in quanto il progetto sarà portato a buon fine grazie alla sua 189 competenza e, come pattuito, lei verrà inserito nel futuro staff dirigenziale e l’attuale esborso diverrà normale compenso. Ho notato che è riuscito a risolvere alcuni casi di insolvenza particolarmente ostici. Un giorno lei dovrà spiegarmi quale metodo usa. Le nostre lettere di sollecito, ancorché pesanti come tono, non hanno avuto nemmeno riscontro, mentre lei è riuscito a recuperare delle cifre anche di una certa importanza. Riuscendo a svolgere in modo impeccabilissimo il suo lavoro in azienda, è riuscito a mettere un velo di copertura all’altra attività. Ottimamente, veramente un buon lavoro. Bravo! Ma passiamo a cose più piacevoli, lasciamo da parte il lavoro. Volevo dirle che il giorno 26 dicembre, mia moglie ed io usiamo fare un festicciola nella nostra villa, dove sono invitati tutti i dirigenti con, ovviamente, il coniuge. Sarei felice se lei e la sua Signora volessero prendervi parte. - E’ un onore e un privilegio per noi, la ringrazio sentitamente, verremo molto volentieri. Ancora una cosa riguardo il lavoro e poi vado a cercare di metterla in pratica. Sono a buon punto su due pratiche piuttosto ostiche e, se riuscissimo ad andare a buon fine, recupereremmo circa 148.000,00 euro. - Non sia modesto e non metta il plurale, se ci riuscirà sarà esclusivamente merito suo. Ci dia sotto, perché come aveva fatto a Milano, ridarebbe più credibilità e fiducia alla nostra compagnia. - La ringrazio per l’invito ed ora mi ritiro a finire i lavori intrapresi. Buona serata. Uscì dal mega studio del direttore e si diresse al suo ufficio pensando che forse non erano tanto “pescecani” come lui aveva timore oppure erano dei perfetti attori sapendo mascherare abilmente le loro intenzioni. Forse era meglio cominciare ad aver un po’ di fiducia in più. Stava rientrando quando udì il gracchiare della cicalina dell’interfono: - Sì, mi dica. - C’è una chiamata dall’Italia per lei, è suo padre. Glielo passo sulla linea due. - Ciao papà, quale piacere risentirti dopo tanto tempo, come va? - Ciao figliolo, con la mamma eravamo alquanto preoccupati non sentendovi. Anche poco fa, per non disturbarti in ufficio, ho chiamato a casa, ma non rispondeva nessuno. Probabilmente Angela sarà uscita con i bambini, ma dimmi come state? Vi siete ambientati? Con il lavoro come va? - Grazie papà, tutto bene, anzi a meraviglia. Come vedi non sono più un “travet”, ho la mia segretaria personale e puoi chiamare quando e quanto vuoi, non disturbi affatto. Angela e i bambini si sono ambientati benissimo. Lei parla discretamente il francese, almeno per l’uso quotidiano, i bambini invece, lo sai, sono come spugne, assorbono tutto. Da pochi mesi sono alla scuola materna francese, proprio vicino a casa, e giocando tutto il giorno con i coetanei hanno già imparato moltissime parole e frasi. 190 - Mi fa molto piacere sentire queste belle notizie, abbiamo tanta voglia di vedervi, ma siete in capo al mondo. Chissà, i bambini forse non si ricorderanno più di noi. - Cosa dici mai, la sera andando a dormire, vi salutano. Nella loro cameretta sono appesi alla parete i quattro ritratti dei nonni. Ma senti, facciamo una bella cosa, venite da noi a passare le Feste di Natale e Capodanno. Per dormire, lo sai, non ci sono problemi, abbiamo un divanoletto matrimoniale molto comodo in salotto . Poi, casomai, a Pasqua, faremo venire gli altri nonni. Io sono assunto da poco e non me la sento di prendere già ferie, anche se potrei farlo. - Ne parlerò con mamma e vedremo di affrontare questo viaggio. La voglia di abbracciarvi è tanta che la distanza non mi spaventa più. Domani saprò dirti qualche cosa. - Dai papà venite! Poi non occorre tu stia lì a guidare, prendi l’aereo, da Milano a Parigi in poco più di un’ora sei arrivato senza stancarti. Oggi ci sono tante di quelle offerte, puoi trovare il biglietto a prezzi stracciati. Guarda che ci conto, non trovare scuse in quanto non ce ne sono. Quando sarete qui, Angela e i bambini vi faranno vedere le bellezze della città. Un bacio a mamma e un forte abbraccio a te. Natale è alle porte! Chiuse la comunicazione con un sorriso sulle labbra. Egoisticamente gli sarebbe piaciuto se fossero venuti perché così il giorno 26 non avrebbero avuto problemi di baby sitter per andare al ricevimento. Si immerse nuovamente nel lavoro aprendo contemporaneamente i due fascicoli cui aveva accennato al direttore. Disse a Luoise di chiamare, uno alla volta, al telefono i signori Antoine Russel e Gérard Fontaine e di passarglieli appena rintracciati. Erano trascorsi solamente dieci minuti quando la sua segretaria, dopo averlo contattato telefonicamente, gli passò il signor Gérard Fontaine, dell’omonima ditta di pellami. - Signor Fontaine, buona sera, mi chiamo Andrea Geronti. Stavo esaminando la sua posizione per quanto riguarda la polizza stipulata alcuni anni addietro e che, attualmente, ha delle pendenze arretrate. Saprebbe dirmi cosa è successo e la motivazione di queste pendenze? - Oh, finalmente! Qualcuno si è deciso a chiamarmi. A me interessa parecchio quel tipo di polizza, altrimenti non l’avrei stipulata. Solamente gli accordi erano differenti ed ora le spiego tutto. La conversazione durò a lungo, i motivi vennero sviscerati, discussi e ridiscussi. Alla fine Andrea, con l’abilità che lo contraddistingueva e attingendo al bagaglio di passate esperienze, riuscì a ricucire il rapporto interrotto, facendo notare gli errori interpretativi da parte del cliente e riconoscendo alcune mancanze da parte della compagnia, tanto per farlo contento. Sia pur rateizzando il debito pregresso, in uno con le prossime rate, fino al suo esaurimento, aveva ottenuto un altro successo per l’azienda. Analogo risultato lo ottenne pure con Antoine Russel, capo contabile di una nota fabbrica di bevande analcoliche con un fatturato annuo di svariate centinaia di migliaia di euro. 191 Avrebbe voluto rendere edotto del risultato il direttore generale, ma egli si trovava in una riunione con l’intero consiglio di amministrazione. Certamente avrebbe fatto molto tardi quella sera. Decise allora chiamare per informarlo l’indomani mattina. Sbirciato l’orologio, vide essere ormai le 17.25 ed allora chiamò Louise. – Ha visto l’ora, cosa ci fa ancora qui? - Lei stava lavorando e avrebbe potuto avere ancora bisogno di me. Se non riusciva a concludere verbalmente, avrebbe potuto aver bisogno di dettare qualche lettera da inoltrare l’indomani. Ed eccomi qua a sua disposizione. Se è tutto finito allora metto via le mie cose e vado a casa. - Grazie, è veramente zelante! Però, la prego, è già la seconda volta che succede in questo scorcio di mese. Segni, oggi, sul libro delle ore straordinarie un’ora in più. Adesso scappi. Vado via anch’io, contento di aver risolto altre due situazioni pesanti. Ci vediamo domani. I giorni seguenti, trascorsero veloci, ma senza grossi problemi, non era il caso di cercare di recuperare crediti, non sarebbe stato il momento opportuno e, per quanto riguardava l’altra ricerca avrebbe dovuto attendere la seconda metà di gennaio per ricevere disposizioni in merito. Nel pomeriggio inoltrato del giorno 20 dicembre, arrivarono in aereo da Milano i genitori di Andrea, nonna Silvia e nonno Francesco. Andarono tutti e quattro a riceverli all’aeroporto Le Bourget, dove arrivavano i voli internazionali. All’aeroporto di Orly facevano capo i voli nazionali, mentre al Charles de Gaulle arrivavano e partivano i voli intercontinentali. Erano le 18.50 quando puntualmente l’aereo atterrò. Lo speaker annunciò che i passeggeri provenienti da Milano sarebbero usciti al cancello sei. Le operazioni di controllo bagagli durarono pochissimo ed ecco apparire con il carrello delle valigie i tanto attesi nonni. Marco e Alessandro cominciarono a gridare: - Nonni, nonni, siamo qui, venite presto. I bimbi cominciarono a strattonare per correre loro incontro. Francesco, con le braccia allargate, si abbassò per cingere in un forte abbraccio i due nipotini, mentre la nonna, con gli occhi lucidi per l’emozione, andò loro vicino per baciarli con tanto affetto. Marco l’afferrò intorno al collo, divincolandosi dalla stretta del nonno, - Nonna, finalmente sei venuta a trovarci, ti voglio tanto bene, a casa giocheremo come facevamo a Milano. Anche Alessandro non vede l’ora! Le effusioni tra nonni, figli e nipoti, durarono alcuni minuti finché Andrea, prendendo le valigie esclamò: - Non stiamo qui, andiamo a casa, abbiamo tante cose da raccontarci. Prima vi rinfrescate, poi andremo a tavola, ceneremo, poi in salotto faremo quattro chiacchiere, come ai vecchi tempi. La distanza dal cancello sei fino all’automobile richiese una lunga passeggiata e, anche se Andrea vi giunse stanco per il peso delle valigie, non di meno lo furono i nonni che si fecero il tragitto ognuno con un nipote appeso al collo. 192 Entrata nell’appartamento, con un’aria di meraviglia dipinta sul volto, Silvia sbottò: - Mamma mia che lusso, non so se nemmeno in via Monte Napoleone noi abbiamo palazzi così prestigiosi. Deve costare una cifra abitare qui! - Dai mamma! E’ bello, è completo, ha tutto, ma anche a Milano ci sono stupendi e signorili palazzi ad alto livello. Certamente Parigi è sempre Parigi. A suo tempo si poteva chiamare la capitale d’Europa, ma ora i tempi sono cambiati e città importanti, in tutti i settori, ce ne sono moltissime. Parigi ha ancora delle prerogative, sicuramente, in campo assicurativo. Intervenne nonno Francesco: - Lasciate perdere, figlioli, sono veramente felice per voi, non è da tutti vivere in palazzi simili. Però, siccome nessuno regala niente, vuol dire che tu ti meritavi qualcosa del genere! Hai fatto bene a cambiare lavoro e scegliere Parigi piuttosto di Roma, è evidente, qui sei più apprezzato che nella compagnia dove lavoravi prima. Povero papà, pensò tra sé e sé Andrea, se avesse saputo e, non lo saprà mai, tutto quanto c’era dietro, le meraviglie non sarebbero state tante. - Sono appena agli inizi, qui a Parigi, sembrerebbe che vada tutto bene, ma lasciamo al tempo decidere se ho fatto bene o no. Io spero di sì, tutto sembrerebbe confermarlo per il momento. - Per me va benissimo e sono felice della sua decisione – intervenne Angela – finalmente ho un marito e Marco ed Alessandro hanno un padre. Non ci sembra vero di averlo a casa nel tardo pomeriggio, poter stare insieme prima di cena, magari andare a fare due passi o fare degli acquisti assieme e non aver sempre io la responsabilità sulle decisioni. Siamo distanti, ma avete visto che con l’aereo venire qui a Parigi siete stati poco più che venirci a trovare con la metropolitana a Milano. Scoppiarono tutti in una risata mentre nonna Silvia commentava argutamente: - Solo che il biglietto dell’aereo costa un po’ di più di quello della metropolitana! Altra risata. I giorni passarono veloci, in ufficio si tirava ad arrivare alla sera con quel poco che c’era da fare. Gli ultimi due giorni, prima della Vigilia, furono dedicati allo scambio di auguri tra colleghi. I “grossi papaveri” dell’azienda erano in ferie e quindi irraggiungibili di persona. Andrea si dedicò a scrivere dei biglietti da inviare ai rispettivi indirizzi privati degli alti dirigenti, meno Platinì, che avrebbe avuto occasione di vedere sicuramente il giorno 26. La Vigilia di Natale, l’orario di lavoro era ridotto, avrebbero smesso di lavorare alle dodici e trenta. Nei giorni precedenti Angela ed Andrea acquistarono i regali da mettere sotto l’albero, per i bambini, per i genitori e per loro. Egli, con il consiglio della moglie, acquistò pure un piccolo presente per la sua segretaria. Erano le dieci del mattino, quando, con l’interfono chiamò Louise. Ella accorse immediatamente con in mano il suo fido blocchetto degli appunti: Eccomi, mi dica. 193 - No, Louise, oggi non si lavora. Se permette, mia moglie ed io vorremmo farle un piccolo regalino per Natale. Non so esattamente se a Parigi si usa, ma da noi, per la festa ci si scambia dei doni ben auguranti. Ecco questo è per lei. La segretaria si avvicinò, con un sorriso prese il pacchetto elegantemente incartato ed infiocchettato: - Sig. Geronti, in tutto il mondo cristiano, credo, si festeggi allo stesso modo il Santo Natale. Oltre alle cerimonie religiose, ci sono pure le feste in famiglia con lo scambio dei doni dopo il cenone. Vi ringrazio molto per il gentile pensiero. La curiosità mi spingerebbe ad aprirlo, ma lo farò a mezzanotte dopo averlo deposto sotto il mio alberetto. Così, nella mia solitudine, avrò pure io un momento di emozione. La mia famiglia risiede a Marsiglia e, non riuscendo a fare il ponte con il Capodanno, non me la sentivo di fare un viaggio così lungo per rimanere a casa poco più di un giorno. Io mi ero permessa di scegliere un regalino per i suoi bambini, vado al piano di sotto, nello spogliatoio delle impiegate a prenderlo, così lo porta loro a casa. Ritorno quanto prima, con permesso. Andrea rimase molto scosso nel pensare alla ragazza da sola a Parigi per Natale che è una festa da passare in famiglia, con i propri cari, essere da soli deve essere veramente triste. Si parla tanto di aggregazione e di comunicazione sociale, ma alla fine sono solo parole se non si fa qualche cosa per metterle in atto. Prima che Louise ritornasse, chiamò telefonicamente la moglie. Quando Angela rispose, si premurò a raccontare, per sommi capi, quanto appreso sulla realtà di Louise. Di getto, senza neanche ragionarci sopra, la moglie suggerì: - Fà venire anche lei stasera, non sarei in pace con me stessa se la sapessi sola. Così, tra l’altro, prendiamo due piccioni con una fava, facciamo l’invito programmato e pure un’opera pia, degna della Festa di Natale. - Hai il cuore d’oro, tesoro mio! Non ringrazierò mai abbastanza il Signore di averti sposato! Ciao, a tra poco. Passarono alcuni minuti e Louise, dopo aver bussato, entrò con sottobraccio un pacco voluminoso. – Ecco, questo è per i bambini. Per tutti e due in quanto, in più si gioca, più divertente è. No, signorina, anzi mi restituisca il pacchetto che le ho dato. Lei rimase di sasso, con la bocca aperta, pensando di aver fatto qualcosa di sconveniente tanto da offendere il suo superiore. – Il nostro pacchetto lo troverà sotto il nostro albero e lei ci depositerà il suo per i bambini. La aspettiamo questa sera per le sette, per l’aperitivo, così le presenterò la mia famiglia. Ci sono anche i miei genitori, i nonni, venuti dall’Italia a trovarci. Speriamo così, anche se non è la sua, possa sentirsi in famiglia in questo santo giorno. Gli occhi di Louise si riempirono di lacrime che scesero copiose sulle guance e un leggero singhiozzare uscì dalla sua gola non permettendole di proferire parola. - Su, non faccia così! Le ho detto una cosa tanto triste da farla piangere? 194 Appoggiò lo scatolone e preso un fazzolettino si asciugò gli occhi accennando ad un sorriso. – Sono lacrime di gioia, le mie, la felicità mi serra la gola. Se fossi stata sola a mezzanotte, quelle sì, sarebbero state lacrime vere. Non so come ringraziarla, ma sua moglie cosa dirà di avere un’estranea in casa? - Quando si era assentata per scendere di sotto, io ho solo esposto telefonicamente la situazione ad Angela ed è stata proprio lei a proporre l’invito per questa sera. Sono ormai le undici ed io, per oggi, me ne vado. Alle dodici e trenta la voglio fuori dal portone dell’ufficio! Ci vediamo questa sera alle diciannove. Andrea uscì dal palazzo e si diresse verso casa. Strada facendo, si fermò in una bottiglieria dove acquistò una confezione di vini pregiati da regalare a Philipe, il portiere. Se la meritava per tutte le sue gentilezze che, secondo lui, superavano il dovuto dal suo contratto di lavoro. La serata trascorse serena ed in allegria. Louise dimostrò una tale dolcezza verso i bambini che Angela commentò sottovoce, rivolta al marito: - Quanto bisogno di affetto ha quella ragazza, l’istinto materno le sprizza da tutti i pori. Poverina, speriamo venga pure per lei un giorno magico come quello che ha fatto incontrare noi. - Tu sei magica e, non solo oggi perché è Natale, questi sentimenti accompagnano quotidianamente il tuo vivere. Quanto tempo ho perso a Milano lontano da te per stare in Amministrazione! Questo è il primo Natale in terra di Francia, il primo della nostra nuova vita, il primo di tanti altri sempre più sereni…….magari con un altro bebè. - Ah, ma ci risiamo, è un chiodo fisso il tuo, non te lo puoi proprio togliere dalla mente! Già in Italia, quando siamo partiti, l’avevi proposto. Abbi pazienza cosa credi che fare un figlio, per noi donne, sia proprio un gioco? Aspetta ancora questi sette mesi e mezzo e poi l’avrai. Al momento Andrea non fece caso alle parole della moglie, si diresse verso la cucina per andare a prendere in frigo le bottiglie di Champagne per festeggiare e fare un brindisi, prima dell’apertura dei pacchi dei regali. Fatti tre passi, si bloccò, rimase fermo immobile in mezzo alla stanza come fosse diventato di pietra. Nonno Francesco lo notò e disse: - Cosa succede Andrea, ti senti poco bene? Che cos’hai? Perché ti sei fermato così? Anche Silvia posò il bicchiere che aveva in mano e si avvicinò al figlio. Lo vide con gli occhi fissi, sembrava non respirasse. Erano passati pochi attimi, ma per loro erano sembrati un’eternità. La mamma lo prese per un braccio cercando di avvicinarlo ad un a sedia perché si sedesse. Louise, giocando con i bambini, i quali non si erano accorti di nulla, e cercando di non spaventarli, chiese: - Signor Geronti ha bisogno di qualche cosa? Cosa posso fare? Andrea, lentamente cominciò a muoversi, sembrava fosse il personaggio di una scena al rallentatore, con un filo di voce sospirò: Sette mesi e mezzo……ma allora…..Angela? - Sì, stupidone, doveva essere il mio regalo sotto l’albero, ma lo hai scoperto prima, anche se ormai manca poco a mezzanotte. 195 - Yuuuuuu!, bambini venite subito qua, una meravigliosa notizia, avrete un nuovo fratellino per giocare, la mamma lo sta preparando. - Potrebbe essere una sorellina, non si sa ancora, comunque è in arrivo il bimbo “francese” tanto desiderato da vostro padre. Tutti saltarono in piedi e corsero attorno ad Angela per festeggiarla. Nonno Francesco, andò lui a prendere lo Champagne: - Ecco, ora con questa notizia la festa è completa, possiamo brindare ed aprire gli altri regali. Prendete i calici, stappo la bottiglia. Con un botto, il tappo partì ed andò a colpire la parete di fronte tra gli applausi di tutti. Fecero il brindisi nella commozione generale, si scambiarono gli auguri, particolari per Angela, e si sedettero al loro posto per permettere ai bambini di consegnare i regali. Per loro divenne un piacevolissimo gioco. Il 25, giorno di Natale, si alzarono con comodo, fecero una buona colazione e andarono alla Messa solenne nella bellissima chiesa vicino a casa. La stessa, nel cui oratorio, avevano assistito allo spettacolo dei burattini. Il pranzo lo fecero a casa e, come d’uso, fu leggero perché il cenone della sera prima si faceva ancora sentire. Essendo una splendida giornata di sole, anche se freddina, decisero di passare alcune ore del pomeriggio in uno dei grandi parchi periferici e scelsero i Bois de Boulogne. Presero la metropolitana e in poco più di mezz’ora vi giunsero. Pur data la grande vastità, trovarono tantissima gente che passeggiava lungo i viali, mentre i bambini, felici, correvano e giocavano in quei prati , privi di aiuole ed aperti a tutti. Gli avevano raccontato che, durante l’estate, si potevano vedere gruppi familiari mentre stavano facendo il pic nic all’ombra dei giganteschi alberi, nel contempo i bambini giocavano spensierati senza alcun pericolo. Si fermarono in uno dei tanti bar aperti, data la bella giornata festiva e si sedettero ad un tavolo all’interno di una veranda rivolta al sole. I bambini, visto il frigo dei gelati, espressero il desiderio di prendere un cono. Se non fosse stato il 25 dicembre, sembrava fosse Pasqua. Purtroppo il sole cominciò a calare all’orizzonte troppo presto, ma data la stagione, si poteva solo ringraziare il cielo di aver avuto una così bella giornata. Erano le quindici e trenta, quando le prime ombre della sera cominciarono a scendere. Quando, al termine del percorso in metrò, arrivarono alla fermata vicino a casa, erano circa le sedici e quindici, usciti all’aria aperta era già buio pesto. Giunse anche il giorno tanto atteso ed importante per Andrea; il giorno del ricevimento al quale il direttore Platinì e la sua signora avevano chiesto loro di partecipare. I bambini sarebbero stati in buone mani con i nonni che non vedevano l’ora di essere soli con i nipoti, per lasciar fare loro quanto volevano senza i rimproveri di mamma e papà. La villa del direttore sorgeva in una nuovissima zona di riqualificazione della parte est che in base al Plan-Programme de l’Est de Paris del 1983 veniva inserita tra gli elementi strutturali, spazi pubblici e 196 nuovi quartieri residenziali intorno alla “Città della Musica” nel Parc de la Villette. Dalla loro abitazione, per giungere a destinazione, bisognava praticamente attraversare Parigi e non conoscendo la situazione dei parcheggi nella zona, decisero di prendere un taxi. La vettura entrò attraverso un cancello aperto e, percorse alcune centinaia di metri nel viale del parco, curatissimo ed abbellito da meravigliose aiuole fiorite nonché da alberi ad alto fusto e per finire, prima di arrivare allo spiazzo davanti all’ingresso principale della villa, due enormi salici piangenti chiudevano il viale d’accesso, mentre al centro troneggiava una bellissima fontana zampillante. Si fermarono davanti al monumentale ingresso principale quando due persone in livrea si avvicinarono. Una si affiancò all’autista per pagare la corsa, mentre l’altra aprì la portiera e con un inchino fece scendere Angela: - Prego signora, prego signore, chi devo annunciare? - Andrea Geronti e signora – rispose lui. Il valletto si avviò lungo il tappeto rosso, posto sopra la ghiaia, precedendo di un paio di metri i due ospiti e, attraversato l’atrio, si avvicinò al maggiordomo posto all’ingresso del salone. gli bisbigliò qualcosa all’orecchio ritirandosi immediatamente. Si udì una voce stentorea, dopo aver dato uno sguardo ad una lista in suo possesso e battendo a terra una lunga asta con pomello fronzuto in cima, disse: - Ragionier Geronti e signora. Entrarono lentamente e videro una marea di gente in piccoli gruppi che stava chiacchierando. Alcune persone girarono la testa per osservare i nuovi venuti mentre dal centro del salone il dottor Platinì si avvicinò loro, sorridente e, giunto davanti ad Angela si protese in un elegante nonché perfetto baciamano, subito seguito da un caloroso ringraziamento di essere intervenuti: - Venite, permettete che vi presento agli ospiti? Questa è mia moglie Olga, le nostre figlie e via di seguito un sacco di personalità che obbligarono Andrea ad un’infinita serie di baciamano ed Angela ad un’altrettanta serie di piccoli inchini. Non c’erano solo dirigenti della compagnia, ma pure tante autorità sia civili che militari, dal sindaco al comandante militare del presidio di Parigi, della gendarmeria, dei vigili del fuoco, giudici, magistrati nonché anche dei prelati. - Scusate, devo andare a ricevere altri ospiti, mettetevi a vostro agio, i camerieri vi serviranno subito. Si ritirarono in mezzo ad altre persone sorseggianti dello Champagne. Immediatamente arrivò un cameriere col vassoio e porse loro due coppe. Una persona, al fianco di Angela, con un sorriso ed un perfetto italiano si presentò: - Buona sera signori, permettete che mi presenti sono il professor Maurice Bogarde e questa è mia moglie Giselle. Esauriti i soliti convenevoli, baciamano e strette di mano, Andrea si rivolse al professore: - Complimenti per il suo italiano che denota, tra l’altro, una dizione quasi perfetta. Normalmente, per quanto ben parlato, porta sempre dietro la caratteristica cadenza francese. 197 - Per motivi di lavoro, ho vissuto parecchio in Italia, tenendo lezioni e conferenze un po’ dappertutto, così ho cercato di togliere la erre moscia il più possibile ed evitare di mettere l’accento sull’ultima vocale dei cognomi. Infatti lei qui, per tutti, sarebbe Gerontì e non Geronti. Ma piuttosto l’ho sentita parlare un ottimo francese. - E’ sempre stato un mio pallino, dopo averlo studiato per otto anni a scuola, non l’ho mai abbandonato. Mi tenevo in esercizio leggendo, ad alta voce, quotidiani francesi che trovavo a Milano. Mia moglie, piuttosto, non avendo mai studiato a scuola la lingua ed essendo solamente da sette mesi, qui a Parigi, se la cava discretamente. Riesce a seguire tutti i discorsi e, anche con piccole frasi, prenderne parte. - Complimenti signora, questo è il destino di voi mogli di girovaghi come noi. Mia moglie, avendomi seguito parecchie volte nei miei spostamenti italiani, capisce tutto quello che diciamo, trova solo un po’ di difficoltà ad inserirsi in un discorso. - Come capisco la sua signora professore, io sono nelle stesse condizioni - rispose Angela - finché si tratta di andare per negozi, va ancora bene, ma se il discorso diventa profondo, mi perdo. Come mai tante volte in Italia? - Sono un medico, sono primario della divisione di chirurgia toracica presso la clinica annessa all’ “école de médicine” che ospita la facoltà di medicina dell’università. Essendo una clinica universitaria vengono continuamente studiati, sviluppati ed elaborati nuovi sistemi di interventi chirurgici. Ecco perché presentiamo, presso dei seminari appositamente studiati, le nostre esperienze e le nostre nuove scoperte. La stessa cosa, ovviamente, la fanno altri medici di altre nazioni in tutta Europa e nel mondo. Le due signore cominciarono, con difficoltà, a parlare di cose riguardanti le rispettive famiglie, di moda, di fatti di cronaca quotidiana. Man mano che passava il tempo si trovarono sempre più a loro agio, sembra impossibile, ma se devono parlare tra di loro, le donne, trovano sempre il modo di farlo e la difficoltà della lingua viene agevolmente superata. Venne servito un ricco buffet, esso spaziava dalla carne, ai salumi, al pesce, ai formaggi. Era quasi impossibile che qualcuno non trovasse quanto cercava. Il tavolo dei dolci sembrava fosse l’esposizione delle opere di una gara di alta pasticceria e quello dei vini era un’enoteca favolosa. Se qualcuno avesse voluto fare il furbo e chiedere un vino quasi impossibile, ci sarebbe rimasto male sicuramente; glielo avrebbero servito. Il ricevimento continuò in perfetta armonia. I tavoli del buffet erano sempre pieni di ogni ben di Dio, sembrava quasi che la gente non gradisse quanto offerto. Era esattamente il contrario, data l’ora e la qualità delle pietanze servite gli invitati ne approfittavano, ma il continuo ricambio di piatti pieni con quelli vuoti dava quella impressione. Anche le bottiglie di vino venivano vuotate generosamente perché ci saranno stati certamente più di duecento invitati. Erano arrivati quasi alla mezzanotte quando il dott. Platinì chiese un attimo di silenzio: - Gentilissimi ospiti, signore e signori, a nome di mia 198 moglie e mio personale, desidero ringraziarvi tutti per la gentilezza di averci voluto onorare della graditissima presenza. Un grazie particolare mi sia concesso di porgere al signor Sindaco che, nonostante i numerosi e pressanti impegni di carattere istituzionale, ha voluto onorarci della sua presenza. Grazie al signor Vescovo e a tutte le autorità intervenute qui questa sera. Non voglio tediarvi ancora con discorsi. Speriamo sinceramente di avervi qui anche l’anno venturo in questo ormai tradizionale convivio di fine anno. Ora, a sinistra, verrà aperta la sala delle danze per chi volesse partecipare al ballo. Spero, sia propiziatorio di sempre migliori fortune per tutti noi e per la nostra amata Nazione. Uno scrosciante applauso suggellò il breve discorso, mentre da un lato, prima sommessamente, poi sempre più forte e con maggior partecipazione, venne intonata la Marsigliese. Aperte le porte della sala da ballo, l’orchestrina accompagnò il canto degli intervenuti. Il professor Bogard invitò Angela per il ballo di apertura mentre Andrea chiese a Giselle se poteva avere l’onore di quel ballo. Le note di un valzer lento, deliziosamente suonato, si espansero per la sala. L’ambiente era molto grande con un colonnato che seguiva il perimetro della stanza e, dietro al quale, erano sistemati moltissimi divanetti e poltroncine formanti tanti salottini per potersi accomodare tra un ballo e l’altro. I camerieri continuavano a girare con grandi vassoi, di bibite fresche e coppe di Champagne, molto gradite per calmare la sete che il ballo procurava. Alle una e trenta, Andrea ed Angela, salutarono i loro occasionali e nuovi amici, ripromettendosi di rivedersi quanto prima. Giselle ebbe delle espressioni di elogio e complimenti all’indirizzo di Angela che aveva avuto la bontà di dialogare con lei. Anche quest’ultima ringraziò, perché sicuramente quella sera aveva imparato qualche cosa in più della lingua francese. Si promisero, reciprocamente, di rivedersi per aiutarsi l’un l’altra a migliorare le rispettive dizioni. Dopo essersi accomiatati dai coniugi Platinì e ritirati i cappotti dal guardaroba, uscirono dalla villa dove il gallonato portiere li stava spettando con la porta aperta di un taxi. Ovviamente la corsa fu gratuita. 199 CAPITOLO 7 Oramai le feste erano terminate. Subito dopo Capodanno i nonni Geronti ritornarono a Milano ed anche l’Epifania passò quasi del tutto inosservata non essendo una festa da loro molto sentita. Qualche dolcetto per i bambini e basta. Rincominciò la vita d’ufficio con le pratiche da evadere, Louise non finiva mai di ringraziare per il bel Natale trascorso e chiedeva continuamente notizie di Angela. - Guardi che può chiamare mia moglie quando vuole e parlare con lei, le farebbe certamente piacere. Poi, tra di voi donne, vi intendete meglio 200 che non chiedere a me. Comunque siamo agli inizi, pertanto non ci si accorge neanche della gravidanza. Alla prima ecografia, speriamo di riuscire a sapere il sesso del nascituro. Vedo al computer un nominativo che mi interesserebbe controllare. Mi prende, per favore, il supporto cartaceo? Dovrebbe trattarsi di un certo Antoine Tessier. Veda se lo trova, dovrebbe essere abbastanza recente, non più di sei mesi fa è entrato in sofferenza. - Vado subito a prenderla, però il nome non mi dice niente, strano, me li ricordo quasi tutti. Vado e torno. Dai pochi dati riportati al computer non riuscì a capire quale ramo di copertura stesse trattando, anche se il premio annuo era molto alto. Sull’ultima riga era riportata una strana dicitura: riferimento DG “pbsea” 90/m. Passò più di mezz’ora prima che Louise tornasse. Con il capo chinato e l'aria mesta sussurrò: - Mi dispiace, non riesco a trovare niente, non capisco. Ho ripassato l’archivio due volte e la cartella non esiste. Cosa posso fare? - Niente, stia tranquilla. Trattandosi ancora di una situazione recente, potrebbe essere sul tavolo di qualche dirigente che tenta il recupero. Ha già inserito i dati in computer, ma la pratica non è stata ancora archiviata. Me ne occupo io, vedrà, la troveremo. Uscita la segretaria, si inserì nell’elaboratore centrale per vedere se fosse stato possibile rintracciare qualche notizia in più. Dopo un’infinità di tentativi senza esito, qualche cosa apparve sullo schermo e la frase “informazioni non accessibili senza autorizzazione D.G.” lo incuriosì parecchio. Volle vedere se la famosa password fornitagli, era veramente la chiave magica per aprire tutte le porte. Partendo dal presupposto che le lettere D.G. stessero per Directeur Général, cercò di aprire quel file. In esso erano contenute molte cartelle, ma nessuna di esse era contrassegnata con “pbsea 90/m. Più la cosa si faceva difficile, più Andrea vi ci si accaniva, infatti voleva dimostrare a se stesso che se le notizie c’erano, era suo compito estrappolarle in qualche modo. Passarono i giorni e la fiducia sulla sua abilità cominciò a vacillare, quando, quasi per caso, intraprese un altro percorso nella successione dei collegamenti tra i vari files, quando apparve, in basso a destra, un piccolo riquadro con sopra scritto: “pbsea/90m” – inserire password – . Fu preso da una forte emozione quando si accorse che chi aveva inserito quei dati doveva essere un grosso mago dell’informatica. Chi l’aveva inserito, volutamente, aveva riportato una variazione sul nome del file; visibile per tanti, non per tutti, c’era la “/” tra il 90 e m. Aprendo così il file risultava bianco e quindi come non fosse mai stato scritto. Per accedere al vero file la “/” bisogna metterla, senza spazi, tra la “a” e il 9. Inserita la password, apparvero sullo schermo una diecina di pagine dattiloscritte che si affrettò a stampare. Ultimata la stampa, chiuse il collegamento e si accinse a leggere e studiare quanto in essa contenuto. Era veramente una bomba. Il signor Tessier aveva ottenuto una fidejussione da parte di una compagnia assicurativa locale, controllata 201 dalla compagnia francese, per un ammontare di dieci milioni di dollari, corrispondenti appunto a cento milioni di franchi, a garanzia di un prestito da parte di una grossa banca di Hong Kong. Il cliente aveva chiesto la somma per poter completare la costruzione di un grattacielo a Victoria, capoluogo dell’isola di Hong Kong. Il grattacielo avrebbe dovuto essere la sede direzionale di una fabbrica tessile con tre stabilimenti, Hong Kong, Taiwan e Singapore. Il premio annuo da pagare da parte del cliente avrebbe dovuto essere di cinquecentoventiduemila franchi. Il motivo della sofferenza era che la fidejussione era stata presentata alla banca e pertanto operante, ma non avendo ancora ottenuto il finanziamento, il signor Tessier si sentiva esonerato dal pagare un premio per un qualche cosa non ancora impegnativo per la compagnia assicurativa. Dal momento dell’erogazione del prestito egli avrebbe regolarmente iniziato a pagare quanto dovuto. In punto di diritto, la teoria del cliente era profondamente errata, anche se moralmente condivisibile, in quanto dal momento che l’istituto bancario aveva accettato la fidejussione, era da quel momento che la compagnia assicurativa era esposta in prima persona con il capitale. Sono quelle cose che, in caso di giudizio, fanno crescere le parcelle di noti, nonché esosi principi del foro. Andrea pensò non fosse stato il caso di arrivare a tanto ed era meglio addivenire ad un accordo amichevole. Chiamò Louise sulla linea interna, pregandola di cercare di contattare telefonicamente il signor Antoine Tessier: - Veda se lo rintraccia qui all’indirizzo di Parigi oppure si faccia dire dove è reperibile, in quanto avrei una certa urgenza di parlare con lui. Ah, sì venga un momento da me a prendere il nome di una compagnia assicurativa di Hong Kong da rintracciare e passarmela al telefono prima del nostro cliente. Prima di tutto controlli i fusi orari per non fare telefonate per nulla. -Vede signor Geronti, adesso cercherò i numeri telefonici necessari, ma le telefonate dovremo farle domani mattina subito. Infatti, essendo verso est, Hong Kong è avanti di otto ore rispetto a noi. Se chiamiamo alle nove, domani mattina, loro avranno le diciassette e forse riusciamo a prenderli prima che escano dagli uffici. - Mi faccia un favore, se le è possibile, io cercherò di essere in ufficio già alle otto, se ci fosse anche lei potremmo guadagnare un’ora ed avere miglior probabilità di riuscita. - Ci conti pure, sarò puntuale per tentare di prenotare la linea telefonica internazionale non essendoci teleselezione con quei paesi. Andrea prese i fogli, li mise in un raccoglitore e li sistemò in cassaforte pensando: - Ecco, questa è una delle compagnie assicurative del sud est asiatico cui Paganelli ci teneva. Devo cominciare a tenere buona nota dei dati raccolti che, quando richiesto, sappia dirgli qualche cosa di concreto. Per pesare la portata della compagnia di Hong Kong dovrò appurare se il rischio è unico o se, come d’uso, è stato riassicurato. Dieci milioni di dollari è una cifra di tutto rispetto e potrebbe mettere in ginocchio più di una compagnia in caso di sinistro. 202 Si dedicò ad altri lavori quando squillò il cellulare riservato, era Platinì. – Buon giorno, direttore, cosa posso fare per lei? - E’ riuscito ad avere accesso alla pratica Tessier. Bravo, complimenti, è più in gamba di quanto avessi pensato. Ero certo di aver trovato una chiave d’accesso inespugnabile ed invece lei ce l’ha fatta egualmente! Cosa ne dice? Pensa di riuscire a ricucire lo strappo con il cliente? - Io penso di sì, domani mattina vengo presto in ufficio, assieme alla mia segretaria, in modo da contattare telefonicamente Hong Konk dove ci sarà già metà pomeriggio. - Stia attento che la signorina Basset non cominci a chiedersi come mai contatta il sud est asiatico. Non vorrei cominciasse a sospettare qualche cosa. - Direttore, si tratta di una pratica in sofferenza al computer, pertanto rientra nel mio normale lavoro. Potrebbe essere un caso che il nostro cliente lavori e risieda laggiù. Presumo la segretaria sia al corrente che la nostra compagnia ne controlla altre nel resto del mondo. - Sì, è vero, comunque la prudenza non è mai troppa. Buon lavoro ed ancora congratulazioni. Vada avanti così e si ritroverà presto Paganelli da quasi collega. Si riaffacciò al suo computer perché voleva controllare un’altra cosa. Alla luce dei recenti avvenimenti ebbe dei sospetti. Essi, con un po’ di fortuna e di abilità, avrebbe potuto essere mettere in evidenza. Inserì la richiesta perché venissero stampati i bilanci dell’azienda dell’ultimo decennio. Quanto stava facendo era perfettamente corretto in quanto i bilanci erano un documento ufficiale e pubblicati sulla stampa nazionale. Da buon ragioniere, lesse le singole voci formanti le attività, le passività e la chiusura a pareggio del bilancio stesso; lo stato patrimoniale e quello economico. Gli utili erano in costante aumento anno dopo anno, forse, percentualmente troppo simili. Ma non fu questo il motivo che lo indusse ad approfondire le indagini, bensì la curiosità del perché non risultavano iscritti gli utili delle compartecipazioni estere. A poco meno di un anno dalla sua venuta, la carne al fuoco cominciò ad aumentare ed i fascicoli da chiudere nella sua cassaforte cominciavano a svilupparsi. Erano le sedici e trenta e decise che per quel giorno poteva bastare, avrebbe ripreso con la mente più fresca l’indomani dopo aver fatto le due telefonate prenotate a Louise. - Signorina, andiamo a casa a riposare, domani ci troveremo prima del solito. Se le rimanesse qualche cosa da ultimare, lo rimandi pure, non è urgente. Buona serata. - Grazie, questo è veramente un bel regalo, avevo un appuntamento questa sera e avrei dovuto fare tutto di corsa, così invece potrò prepararmi con calma. Buona sera e grazie. - Buon divertimento e a domani. Infilò il cappotto ed uscì dalla porta diretta pensando, contrariamente a quanto promesso, che non aveva ancora sentito telefonicamente Paganelli. 203 - Ora basta, penseremo domani al lavoro, adesso vado a casa dai miei. Mi staranno certamente aspettando, Angela per farsi un poco coccolare e i bambini per giocare. L’indomani si era giunti al diciotto di gennaio, quando, alle sette e quarantacinque, Andrea giunse in ufficio, trovò la segretaria che stava già armeggiando con i telefoni. - Buon giorno Louise, già qui! Come va, si riesce a prendere la linea con Hong Kong? Essendo, per loro, pomeriggio le linee saranno sature. - Forse no, il centralino mi ha promesso di riuscire ad inserirci al massimo tra mezz’ora. Il sud est asiatico è molto trafficato e d’ora in poi avremo spesso questo problema. - Bene, appena stabilito il contatto mi passi di là la comunicazione. Cerchi di farsi dare l’ufficio preposto alle fidejussioni. Ed ecco di nuovo, Luoise fa insinuazioni sul sud est, Platinì raccomanda riservatezza in modo che la segretaria non capisca, ma a che gioco stiamo giocando? Non importa, facciano come credono, giochino pure a fare gli 007, io tiro avanti per la mia strada e, se mai, renderò conto a Paganelli solamente. Aperta la cassaforte, tolse i due fascicoli riposti la sera precedente e, mentre si accingeva ad aprire quello relativo ai bilanci, squillò il telefono. Alzò la cornetta: - Hong Kong in linea, l’ufficio fidejussioni, parlano bene in francese. Grazie Luoise. Hallo? Sono Geronti, da Parigi, con chi parlo? - Sono Jusuf Wahid, indonesiano di nascita, ma vivo e lavoro qui da oltre vent’anni. Sono il responsabile dell’ufficio concessioni fidejussorie, in cosa posso aiutarla? - Anch’io sono italiano di nascita ma lavoro qui a Parigi. Volevo chiederle a che punto si trova, per voi, la pratica Tessier, Antoine Tessier, al quale avete concesso una grossa fidejussione, però non ancora utilizzata, per mancata concessione del finanziamento. - Non è esatto, signor Geronti, la pratica è operante, infatti, prima di portare in consiglio la concessione o meno del finanziamento, la banca pretendeva fosse in essere la garanzia. Pertanto la decorrenza del premio polizza parte dal momento in cui la banca ha avuto la nostra lettera e non dalla concessione del finanziamento. Questi erano i rischi di cui il signor Tessier era pienamente cosciente e deve anzi ringraziare se la fidejussione non è stata ancora revocata. Comunque è cosa di pochi giorni ormai. - Sì lo avevo capito. Legalmente è ineccepibile, però per non perdere un buon cliente, si potrebbe venirgli incontro con qualche abbattimento del premio iniziale fino a suo utilizzo reale, oppure proporgli una rateizzazione del debito. Se permette, ho già fatto la prenotazione telefonica per parlare con lui, potrei vedere di venire a un accomodamento “indolore” per entrambi. Cosa ne dice? - Faccia pure, anzi, io ho tentato di parlare con lui parecchie volte, ma quando sente il mio nome non accetta la telefonata. Provi lei, forse, non conoscendola, riuscirà a parlarci. La preavviso, è una persona difficilissima 204 da trattare, come lo sono, quasi sempre, i grossi managers d’industria. Le auguro buona fortuna e la prego di tenermi informato. - Signor Wahid, è stato un piacere parlare con lei. Vedrò cosa si può fare e, dopo aver interpellato il dott. Platinì le comunicherò come le cose dovranno procedere. Buon giorno e grazie ancora. Le cose andarono come Andrea aveva predisposto e anche questo caso fu risolto brillantemente. Ora bisognava concentrarsi sullo studio dei bilanci. Riposta la pratica Tessier si dedicò interamente al controllo delle varie cifre componenti le voci del bilancio. Evidentemente ogni voce aveva a monte l’insieme degli utili o delle perdite che ne davano l’ammontare. Non fu una cosa semplice data l’enormità dei dati che formavano ogni singola voce. Eravamo intanto giunti alla fine di gennaio, prima che Andrea avesse una visione abbastanza chiara della situazione. Ad un attento esame risultò che gli utili di compartecipazione alle controllate, erano stati inseriti tra le riserve patrimoniali in beni immobiliari all’estero. Facendo il topo d’archivio, riuscì a scoprire che la compagnia assicurativa francese, oltre ad avere una rilevante quota azionaria nella più importante banca di Hong Kong, uno dei consiglieri d’amministrazione era il nostro Platinì. Non ultimo, come mistero, era la stessa banca che tergiversava nel concedere il finanziamento al cliente al quale la compagnia di assicurazioni della stessa città aveva concesso la grossa fidejussione. La faccenda si stava ingarbugliando, Andrea non riuscì a capire quali erano i giochi sotto sotto. Un giro a tre nell’immobilismo più completo. Strano! Paganelli era al corrente o no della situazione? Platinì certamente sì! I due erano sempre in stretto contatto telefonico, pertanto sembrò impossibile, data l’operazione originaria messa in piedi e per la quale egli era stato mandato a Parigi che i due non fossero al corrente di tutto. A cosa serviva il suo lavoro quando sapevano benissimo gli utili enormi prodotti dal sud est asiatico e pertanto la scalata al pacchetto azionario francese, era senz’altro da fare. Acquisito quello, automaticamente si controllava, ad Hong Kong, un potere bancario ed assicurativo tra i più grossi al mondo. Decise di giocare a carte scoperte con i due, per cercare di capire quale era, nelle loro teste, il ruolo operativo a lui assegnato in seno al progetto. Quanto gli avevano fatto fare fino ad ora non era servito a nulla, erano cose già risapute. Essendo entrambi dei volponi non avrebbero aspettato certamente il suo parere, favorevole o sfavorevole quale esso fosse, per decidere sulla bontà dell’affare. Andrea si sentì, per un momento amareggiato, si sentì uno strumento o meglio un giocattolo in mano a gente che lo usava a loro piacimento. Ma quale era lo scopo? Quali erano i fini? Erano le prime ore del pomeriggio quando decise di andare a far due chiacchiere con il direttore generale: dott. Alphonse Platinì! 205 Chiamò la segretaria all’interfono: - Louise, vado da Platinì, sperando che sia libero. Ho un paio di cosucce da mettere in chiaro. - OK! vuole che annunci la sua visita? - No, preferisco di no. Voglio sia una sorpresa non annunciata, in modo da non permettergli un’azione difensiva pre organizzata. - Capisco, ci siamo, ha scoperto tutto! Ma non creda, il direttore stava aspettando questo momento, forse non così presto ma lo aspettava. Congratulazioni, ha battuto tutto e tutti sul tempo. Ciò dimostra che Paganelli aveva ragione. Io continuerò ad essere la sua segretaria e, sono la prima ad esserne felice. Lavorare per una persona capace come lei, è il massimo a cui una segretaria possa aspirare. Vada pure, per il momento il direttore Platinì è libero. Ecco la conferma! Louise era il “quarto uomo”, anzi nel caso specifico, la quarta pedina dello scacchiere, quella ufficialmente mancante. Avrebbe dovuto mangiare ancora tanto pane prima di essere all’altezza di quegli “attori”. Riuscire a far fare ad una persona ciò che era nei loro progetti, dandogli in realtà un altro incarico fuorviante, era un qualche cosa da lasciarlo incredulo ed allibito. Lentamente, cercando di non far trapelare la sua emozione, si diresse verso il mega galattico ufficio di monsieur Paltinì. Riuscì a battere un solo colpetto alla porta quando dall’interno, molto ovattata dato l’imbottitura della porta, udì la forte voce del direttore dire:Venga, venga Geronti, entri pure. Ecco! Louise l’ha informato, pensò Andrea, questi probabilmente erano gli ordini di scuderia e lei non poteva certamente esimersi dal farlo. -Buona sera direttore, vorrei conferire con lei e mettere in chiaro alcune cose, che mi sono oscure. Mi piacerebbe avere una visione chiara ed onesta della situazione. -Prego si sieda. Ho perso la scommessa fatta a suo tempo con Paganelli e dovrò pagare una cena. Mi costerà salata! Ah sì! A proposito l’ho chiamato al telefono ed ho inserito il “viva voce” così potremo parlare tutti e tre assieme. Si udì dall’apparecchio venire la voce di Paganelli: - Olà Geronti, come va? Avevo detto già dal principio di aver puntato bene sul cavallo vincente. Alphonse non ci credeva ed ecco il perché della scommessa, vinta ovviamente! Ora, senza gridare al telefono per farmi sentire, sarà lui a svelarle, come lei giustamente pretende, tutta la situazione. - Buona sera dottore, sì, mi sento un po’ un giocattolo usato a piacimento ora da uno ora dall’altro. Se penso al nostro discorso iniziale, quando l’anno scorso, velatamente, mi propose e mi indicò le mie mansioni, ora trovo che il discorso non regga e mi sembra di aver buttato all’aria un anno di lavoro. Platinì riprese in mano le redini del discorso:- Giusto, caro Andrea! Noi decidemmo di fare l’operazione a lei ben nota, cioè il controllo totale della compagnia francese da parte di quella italiana, con gli annessi e connessi del sud est asiatico. Ora l’operazione non era possibile farla in due, poiché i poli saranno tre: Milano, Parigi, Hong Kong. Ci serviva una terza persona capace e soprattutto intuitiva, che avesse chiara la visione 206 dell’operazione e sapesse afferrare al volo le varie problematiche, a colpo sicuro senza tanti tentennamenti e dubbi. Io dissi a Sergio che non sarebbe stato facile recepire sul mercato una persona la quale, oltre ad essere veramente capace, fosse anche fidata e diventasse un alleato in tutti i sensi. Egli mi obiettò di avere alle sue dipendenze una persona la quale avrebbe potuto sicuramente diventare, dopo noi due, la terza pedina vincente nell’operazione. Senza star lì a tessere tutte le lodi, volle lei qui a Parigi in modo da poter anch’io toccare con mano le sue doti. L’aspettativa è stata molto lusinghiera! In meno di un anno, lei ha scoperto tutto, scavando nel computer delle notizie che solamente un “mezzo mago” sarebbe riuscito a trovare, ha risolto il nostro problema. Posso annunciarle ufficialmente: da questo momento, se la cosa non la spaventa, lei non è più il funzionario addetto al recupero crediti, anche se la cosa mi dispiace perché è riuscito a recuperare quanto io ritenevo irrecuperabile, ma il nuovo direttore generale responsabile del sud est asiatico. Io rimango a Parigi e Sergio a Milano. Lei non dovrà obbligatoriamente trasferirsi a Hong Kong! Ci andrà di tanto in tanto quando lo riterrà opportuno e necessario. A suo piacimento potrà avere la residenza, con la sua famiglia, qui a Parigi, ritornare a Milano o dove meglio crederà. Le condizioni economiche le conosce già, sono quelle preannunciatele e propostole da Sergio al momento dei primi contatti. In più, ogni anno a presentazione di bilancio, se i risultati del proprio settore saranno mediocri, buoni od ottimi, in proporzione verrà definito un premio di produzione da incassare in unica soluzione. Personalmente, ma penso anche a nome di Sergio, voglio porgerle le scuse sul come è stata condotta tutta l’operazione. Sono convinto, e me ne dispiace sinceramente, che lei si sia sentito un po’ disorientato su come sono avvenuti i fatti, ma deve convenire con noi, la cosa era talmente tanto delicata che la deve considerare come un esame abilitativo da lei superato brillantemente e, se ci fosse un voto, lei avrebbe ricevuto cento dieci e tre lodi. Mi permetta di congratularmi con lei, indipendentemente se accetterà o meno l’incarico. Anche, se non dovesse accettarlo, ci metterebbe nelle condizioni di ricominciare tutto da capo con tutti i disagi del caso. Le ho presentato la situazione in modo sintetico ed essenziale, senza ricami e fioretti, a noi piace essere concreti e stringati, meno si parla meglio è, sono i fatti quelli che contano, non le pare? Allora cosa mi dice, anzi cosa ci dice, visto che Sergio sta sempre ascoltando? - Una volta di più siete riusciti a stupirmi; il dott. Paganelli mi fece sentire uno 007 pronto per una missione impossibile, lei sornionamente mi scrutava e teneva d’occhio il mio operato, la segretaria Louise pure lei reggeva abilmente il moccolo. A questo punto mi viene da pensare che pure Lucia Mancini, segretaria a Milano, sapesse tutto e si prendesse gioco di me. - No, no Andrea, intervenne Paganelli, Lucia non c’entra, la scena che preparammo per lei era tutta vera. Non vorremmo darle fretta per la risposta, io so, come a Milano, le decisioni le prende assieme a sua 207 moglie. Ne parli e ci sappia dire con una certa urgenza, in quanto, alla sua risposta affermativa, parte immediatamente la scalata azionaria. I nostri agenti di borsa sono in preallarme. - Fossi solo, non ci penserei due volte, ma con la famiglia, in crescita numerica, bisogna ragionarci un momento. Mia moglie è un angelo, l’altra volta è stata quasi lei a spronarmi ad accettare, ma questa volta, come avrete capito è in arrivo un altro bambino. All’unisono i due esclamarono: - Complimenti, tanti, tanti auguri. Platinì continuò: - Ecco un buon motivo per rimanere a Parigi e non affrontare altri spostamenti. In azienda avrebbe un altro ufficio, appropriato al nuovo ruolo con Louise che continuerebbe ad essere alle sue dipendenze. Io confido molto nella signora Angela e nella sua capacità di scegliere per il meglio. Intervenne ancora Paganelli: - Bene ora chiudo non prima di salutarvi e ringraziarvi per la bella chiacchierata sicuramente franca e costruttiva. Ah sì! Andrea oramai, io sono sicuro, siamo colleghi e siamo parte integrante dello stesso programma, pertanto dobbiamo abolire il “lei” e usare il “tu”. Io sono Sergio e il collega è Alphonse, OK? Ciao Andrea, salutami tua moglie e dai un bacio ai bambini, ci sentiamo quanto prima. Il “click” dello scatto di chiusura telefonica sembrò una cannonata, lasciando nel silenzio il grande ufficio il quale sembrò ancora più grande data l’atmosfera creatasi. Platinì sentenziò: - Allora Andrea, ci siamo, sono sicuro che pure tua moglie ne sarà felice, ora parte la grande avventura. Se, come certamente tutto avrà buon esito, tutti e tre verremo proiettati nell’alto mondo della finanza privata, con tutto quello che ne seguirà, sia socialmente sia materialmente parlando. Faremo venire Sergio, qui a Parigi, e organizzeremo la cena che devo pagare, ma ti giuro, sono felicissimo di offrirla, mai un’occasione migliore per festeggiare assieme un così importante risultato. - D’accordo Alphonse, mi suona così strano non chiamarti più direttore o dottor Platinì, ma vedrai, mi abituerò presto. Le cose belle si imparano in fretta. All’improvviso mi è venuta un’idea. Gli agenti di borsa sono in preallarme, ma se la scalata fosse troppo massiccia da parte di una sola fonte, non potrebbe insospettire e creare delle contromisure da parte della compagnia francese, magari con un blocco delle contrattazioni? Penso sarebbe il caso di trovare tanti piccoli prestanome e, dopo aver acquistato dei piccoli pacchetti, li tratterrebbero per un breve periodo e poi li rivenderebbero a noi. - E bravo il nostro Andrea! Sei già ben inserito nel mondo della finanza. Abbiamo preso parecchi agenti di borsa proprio per questo motivo. L’azione sarà lenta, dovrebbe infatti durare parecchi mesi con l’acquisto di piccole tranches in modo da non influenzare le borse e far lievitare, con una corsa all’accaparramento, il prezzo unitario. L’azione verrà sviluppata non solo sulla borsa di Parigi, ma in tutte le altre dove il nostro titolo è quotato in modo che quando il nostro consiglio di 208 amministrazione si accorgerà di cosa sta accadendo, sarà ormai troppo tardi per correre ai ripari. Dai, corri a casa, và dalla mogliettina a dare la buona notizia. Ormai non hai più l’obbligo di rispettare l’orario anche se, vedrai, ti toccherà lavorare tante ore in più ora che sei un “numero uno”! Ritornò nel suo ufficio ancora frastornato per quanto era successo in un paio d’ore. Aperta la porta, si avviò alla scrivania per sedersi e cercare di raccogliere le idee che, per quanto lusinghiere, affollavano disordinatamente la sua mente. Si aprì pure la porta dell’ufficio della segretaria e Louise entrò quasi in punta di pedi: - Ben arrivato signor direttore, mi permetta di essere la prima a congratularmi per il meritato raggiungimento di tanto ambito traguardo. - Venga cara, la ringrazio tanto, ma sono anche un po’ irritato. Lei sapeva una cosa che io nemmeno immaginavo ed è stata capace di nasconderla abilmente. Mi vien da pensare: cosa mi nasconde ancora? - Niente, le giuro, assolutamente niente. Io fremevo nel non poterle rivelare la verità, ma, comprenderà certamente, che ne andava del mio posto di lavoro. Quando si riceve un ordine preciso dall’alto, bisogna rispettarlo ed il mio ordine era di assecondarla in tutto senza però farle capire nulla. Se avesse preso una strada sbagliata nelle sue indagini, io non avrei minimamente dovuto intervenire pena, ovviamente, il mio licenziamento. Oggi finalmente sono felice, per lei, per sua moglie, per i suoi bambini e perché no, anche per me, avrò il privilegio di starle così vicino anche in futuro. - Venga qui Louise, mi permetta di abbracciarla e ringraziarla per il passato e soprattutto per il futuro. Mentre sorridendo le mise le mani sulle spalle, piano, piano soggiunse: - Io parlo come avessi già accettato e lei pure, ma devo prima fare il consulto familiare per decidere. - Ho conosciuto da poco tempo sua moglie, ma le posso assicurare “è una donna eccezionale”, anche se lo sa già benissimo. Vedrà, la signora afferrerà al volo questa opportunità capitatavi, ma lei, con il suo talento, se l’è caparbiamente conquistata. Domani, come primo impegno, se non avrà altri ordini per me, vorrei occuparmi personalmente della sua nuova sistemazione ambientale, cercando lo spazio adatto al suo nuovo incarico, dovendo essere di rappresentanza. - La ringrazio, ma faccia con tanta calma. Infatti, credo, fino a quando la nuova fusione non sarà ufficializzata, io rimarrò al mio posto con le solite mansioni per non creare dei sospetti in seno all’azienda. Non ne abbiamo parlato con Platinì e Paganelli, ma penso sia ovvio. Bene ora vado a casa e ci vediamo domani. Grazie ancora di tutto. Tra una chiacchierata e l’altra il pomeriggio se n’era andato quasi totalmente e Andrea uscì dall’ufficio sì e no venti minuti prima del normale, quando vide sopraggiungere il bus che non aveva mai preso per andare a casa. Quel giorno l’afferrò al volo; non aveva proprio voglia di camminare, 209 voleva arrivare a casa prima possibile per svuotare l’enorme peso che si portava dentro. Appena entrato nell’appartamento, Angela lo vide dal salotto ed esclamò: - Come mai così presto a casa? Quale altra e improvvisa sorpresa mi riservi? Ecco nuovamente il sesto senso delle mogli! Non chiese se stesse poco bene o se avesse finito prima perché doveva o voleva andare da qualche parte, per lavoro o per piacere. No! “Quale sorpresa mi riservi?” Cosa poteva saperne lei mai di sorprese. - Dove sono i bambini? Non li vedo. Anche tu mi fai delle sorprese, dove li hai portati? - Sono qui accanto dai vicini, la signora è venuta a chiedermi di mandarli da lei a giocare con il suo bambino di quasi sette anni che, non avendo fratelli, è sempre solo in casa e si annoia. Io ho accondisceso purché la prossima volta sia il suo bambino e venire da noi. Sono contenta per lei e suo figlio ed anch’io ho potuto così prendermi un po’ di riposo, vedi sono tranquilla qui in salotto e sto guardando una tele novella in francese. Ora sai comincio a capire abbastanza e seguo quasi tutto il dialogo? Ma sì, a proposito, non hai ancora risposto alla mia domanda. Come mai così presto a casa? - Appoggio la borsa, mi tolgo il cappotto e sono da te. Eccomi, la storia si ripete, mi sembra di essere ritornato indietro di un anno circa. Anche oggi devo darti una notizia, anche se piacevolissima, un tantino inaspettata, prematura, e perfino sconvolgente. Andrea narrò dettagliatamente dapprima le sensazioni avute nello sviluppo del lavoro, la determinazione di chiederne spiegazioni ed infine il colloquio a tre nell’ufficio di Platinì, con tutto quello che ne era seguito. Ci volle un’oretta per esporre tutto. Angela non lo interruppe mai cambiando però continuamente espressioni del viso che significavano più delle parole lo stato d’animo in cui, nei vari momenti del racconto, veniva a trovarsi. Quando Andrea concluse il racconto, il viso della moglie era un misto tra l’incredulo, il gioioso, il preoccupato, ma più di tutto esprimeva l’orgoglio di avere un marito così splendido. Lo abbracciò fortemente, lo strinse a sé dicendo: - Quanto sono fortunati i nostri figli ad avere un simile padre ed io mai avrei sperato tanto dalla Divina Provvidenza. Ma ti rendi conto, tu a poco più di 33 anni, direttore generale di un colosso ed io a poco più di 30, moglie di un simile personaggio! Se poi abbiamo anche la possibilità di scegliere la residenza, io da qui non mi muoverei più, mi trovo troppo bene ed i bambini anche. Abbiamo ben socializzato, siamo andati a vedere la scuola per Marco, qui vicino, infatti lui vorrebbe andare alla scuola pubblica francese e non in quella italiana privata. Vuole assolutamente imparare bene il francese e cosa di meglio se non frequentare i coetanei francesi? Anche Alessandro andrebbe all’equivalente della nostra scuola materna che si trova nello stesso edificio della scuola elementare. Per te, ovviamente, la residenza ad Hong Kong sarebbe più comoda. Decidi tu. - Angela, sei splendida, siamo da tanti anni assieme e non finisci mai di stupirmi. Anche questa volta, come a Milano, hai deciso per me, non hai 210 fatto la minima opposizione, hai già predisposto tutto come lo avessi saputo da tempo. No! Hong Kong sarà la mia direzione, ma non ho pensato neanche per un attimo di trasferirmi in quei posti con climi non confacenti al nostro modo di vivere. Da quello che mi è stato dato di capire, la mia presenza in quella città sarebbe necessaria al massimo due giorni al mese, per il resto opererei qui, da Parigi. Con l’aereo, tra andata e ritorno e la permanenza potrei assentarmi tre o al massimo quattro giorni per volta. Io sai, io vado avanti con i pensieri e mi creo dei problemi che però, questa volta, penso siano reali. Non dobbiamo nasconderci dietro ad un palo. Avremo un terzo bambino, avremo degli obblighi di società non indifferenti, ti ricordi il Natale da Platinì? Non dico una villa come quella, la quale è un punto d’arrivo, ma questo appartamento diventa strettino per qualsiasi tipo di ricevimento che non sia familiare. C’è tempo, ma è una cosa da prendere in considerazione per un prossimo, non tanto lontano, futuro. - Tra circa sei mesi nascerà il bambino. Prima che la tua situazione diventi ufficiale, da quanto mi hai detto, passeranno almeno dai tre ai cinque mesi, quindi avremo tutto il tempo necessario per predisporre i due eventi. Per la casa, mi darò da fare, a tempo perso, con qualche agenzia immobiliare. Pensi di prendere qualche cosa in locazione o vorresti acquistassimo, con un mutuo ovviamente, un appartamento più grande? - Di questo non si è parlato, ma probabilmente gli accordi fatti a Milano, dopo la nomina ufficiale, cadranno e le spese dell’appartamento attuale non ce le concederanno più. Gli affitti per appartamenti di un certo livello, qui a Parigi, saranno probabilmente proibitivi. Visto , mi sembra, che non ci muoveremo da questa città, conviene impegnare i soldi della locazione per pagare le rate del mutuo e avere, alla fine, un capitale immobiliare tutto nostro. La loro conversazione si interruppe in quanto i bambini rientrarono dalla visita al vicino: - Ciao papà, se avessimo saputo che eri a casa saremmo rientrati prima, anche se è stato bellissimo giocare con Pierre, il bambino qui accanto. - No, non importa, intanto la mamma ed io abbiamo parlato tranquillamente seduti qui in salotto. Ora deve andare a preparare la cena e chi la vede più. Raccontatemi, è stato bello giocare con questo nuovo amichetto? - Sì è molto simpatico, ha dei bei giochi e abbiamo parlato molto. Egli ci ha chiesto se potevamo insegnargli alcune parole in italiano per poter cercare di formare qualche piccola frase e lui avrebbe cercato di migliorare il nostro francese. - Ottimo, questo si può definire “imparare giocando”. Non diventa pesante per nessuno ed è il miglior veicolo per imparare una lingua straniera. La mamma, poi, mi ha raccontato che voi vorreste frequentare la scuola francese, questo vi fa onore e mi lusinga. Non sarà facilissimo, ma per voi bambini, dopo il primo scoglio iniziale, diventerà una cosa normalissima. Avviseremo le insegnanti della vostra origine italiana perché, per i primi tempi, siano più indulgenti e comprensive. Meglio così, 211 perché la mamma ed io abbiamo deciso di rimanere ancora per tanti anni a Parigi. - Che bello papà, a noi piace stare qui. Se restiamo allora ci porterai a vedere la torre Eiffel. Pierre ci ha raccontato, con l’aiuto della sua enciclopedia, che la torre è alta trecento metri e dall’alto si vede tutta Parigi come se si fosse su di un aereo. E’ fatta tutta di ferro e sulla cima ci sono le antenne della televisione. Poi ci ha detto pure tante cose sul signore che l’ha costruita, ma non ricordiamo più. - Certo, ci andremo, un sabato o una domenica, così potremo starci tutto il giorno e anche pranzare in uno dei ristoranti panoramici. Comunque, ricordate, che Eiffel non era un “signore” ma un grande ingegnere il quale, in precedenza, aveva già realizzato importantissime opere sia qui in Francia sia in Portogallo. Vedrete, a scuola, non nei primi anni certamente, studierete la vita di questo grande personaggio della storia francese. CAPITOLO 8 E CONCLUSIONE Passarono gli anni, tutte le cose più belle, per la famiglia Geronti, si realizzarono. Era nato il terzo figlio, maschio anche quello. Dapprima, in omaggio alla terra francese che li ospitava, avrebbero voluto chiamarlo Jean, ma poi decisero di chiamarlo Gianni perché, anche se nato in Francia, era italiano in tutto, quindi doveva esserlo anche nel nome e così lo battezzarono proprio con il nome di Gianni e non Giovanni. Marco aveva ormai quasi 12 anni e stava frequentando la sesta classe, corrispondente alla prima media in Italia. E’ sempre stato bravissimo a scuola ottenendo anche, i primi anni, i complimenti da parte degli insegnanti per la costanza e l’applicazione dimostrata, tanto da non 212 notare più le sue origini italiane nello svolgimento dei temi in lingua francese. Alessandro, 10 anni, stava facendo la quarta classe. Anche lui non dava grosse preoccupazioni con la scuola. Era molto più portato per le materie tecniche, infatti in matematica era bravissimo, riusciva a risolvere con estrema facilità i problemi che venivano loro assegnati, tant’è vero, la sua insegnante, l’aveva preso in considerazione proponendogli dei quesiti molto più avanzati rispetto la sua età. Alessandro, con caparbietà e grande forza di volontà e ragionamento, riusciva a risolverli. Gianni, cinque anni e mezzo, si accingeva, lasciata la scuola materna, a frequentare la prima classe elementare. Era di un’intelligenza che si sarebbe potuto definire precoce, anche se, in realtà, era data dall’essere continuamente a contatto con i fratelli maggiori. Stando loro vicino ad osservare quando facevano i compiti e a rubare con gli occhi alcune nozioni. Infatti era già capace di scrivere il suo nome e cognome e conosceva tutte le lettere dell’alfabeto riuscendo, singolarmente, pure a scriverle. Angela, finalmente, aveva un aiuto costante in casa e poteva così dedicare parte del suo tempo anche ai suoi hobby preferiti, oltre al compito di seguire ed educare i figli. Una ragazza filippina dalle nove alle diciassette, per cinque giorni alla settimana, accudiva ai lavori domestici ed era riuscita, con la guida di Angela, a diventare anche una buona cuoca. Si era fatta una cerchia di amicizie tra le mogli di persone conosciute ai vari ricevimenti cui, dato il livello sociale ormai raggiunto, erano usi partecipare quasi settimanalmente. Aveva scelto di essere in relazione con chi amava in particolare la musica e la pittura. Parigi, in questo campo, era una città simbolo. Quotidianamente avrebbe potuto visitare mostre pittoriche o ascoltare concerti di musica classica nei moltissimi auditorium, sia grandi sia piccoli, sparsi nella metropoli. Tra amiche decidevano dove o se andare. Se non trovavano nulla di particolarmente interessante, alternativamente a casa di una o dell’altra si riunivano il pomeriggio per il the e per parlare degli argomenti loro graditi. Andrea era fortemente inserito nel tessuto dirigenziale della nuova realtà che si era formata dopo la riuscita scalata della compagnia italiana. L’acquisto del 63% del pacchetto azionario francese era riuscito in tempi ragionevoli e con il giusto esborso anche grazie alla perizia dimostrata dagli agenti di borsa. Quando la notizia divenne di dominio pubblico ci fu un momento di panico in tutte le borse mondiali per la nascita di questo nuovo grosso colosso. L’incertezza durò una settimana, ma alla fine fu gioco forza accettare questa nuova realtà anche perché venne deciso un aumento del capitale sociale con l’emissione di un nuovo consistente pacchetto azionario dando, come d'uso, la prelazione agli azionisti di acquistare proporzionalmente al pacchetto posseduto. Era ovvio, così facendo chi possedeva il pacchetto di maggioranza, diveniva ancora più forte e potente. 213 L’apporto finanziario delle compagnie del sud est asiatico, che Andrea doveva amministrare, era considerevole anche e soprattutto perché, il controllare una delle banche più potenti al mondo, permetteva di gestire il comparto assicurativo con una certa serenità e sicurezza. I primi tempi per organizzare il suo comparto, Andrea fu costretto a recarsi più volte del previsto ad Hong Kong, anche per un’intera settimana, ma ora tutto filava liscio sui binari ben predisposti; la sua presenza a Victoria si era ridotta, al massimo, tre volte al mese, ma normalmente due o anche una sola volta. Nell’appartamento di Rue de la Communauté, rimasero ancora un anno dopo la nomina in quanto Angela era riuscita a trovare il nuovo appartamento che però abbisognava di un radicale restauro. Parigi, nel suo espandersi nell’arco dei secoli, ha conservato tutt’oggi le caratteristiche dei vari periodi. Angela nel suo peregrinare, alla ricerca dell’appartamento, visitò praticamente tutte queste zone ben definite urbanisticamente. Rimase particolarmente colpita da una zona che ebbe il suo splendore nella tarda metà del settecento quando avvenne la ristrutturazione del Faubourg Saint-Germain, l’apertura di Place Louis XV, oggi ribattezzata Place de la Concorde e l’urbanizzazione della zona del Faubourg Saint-Honoré. Il palazzo scelto da Angela, si trovava immediatamente alle spalle di Place de la Concorde. Era una costruzione in puro stile impero, risalente ai primi tre decenni del XIX secolo, con evidenti influssi neoclassici, in alcune componenti essenziali. Essendo l’edificio vincolato alla sorveglianza e al controllo delle belle arti, era appena stato restaurato totalmente nelle parti comuni e riportato, perciò, agli antichi splendori. L’appartamento propostogli dall’agenzia immobiliare consisteva in tutto il secondo piano, detto “piano nobile”, e, comunicante internamente, con la parte centrale del terzo piano. Approssimativamente, lo sviluppo totale dell’appartamento raggiungeva i 450 metri quadrati. Anche gli interni, per quanto non vincolati, avrebbero dovuto mantenere le caratteristiche architettoniche originarie ed attrezzare l’alloggio con impianti elettrici, idrici e di riscaldamento moderni, ma soprattutto a norma, avrebbe comportato un notevole esborso di capitale. Angela era al settimo cielo e Andrea non ebbe il coraggio di deluderla. Il prezzo dell’appartamento, trattandosi di un edificio di pregio, ma essendoci da spendere cifre considerevoli per portarlo ad una abitabilità consona al suo stato, dopo diverse contrattazioni si venne ad un compromesso, di pagarlo a corpo e non a misura, forfettizzando la cifra in € 600.000,00. Eh si! Erravamo arrivati ormai nell’epoca Euro e non più franchi o lire. Anche il proprietario accettò di buon grado, la somma pattuita, in quanto si rese conto che vendere un appartamento di quelle dimensioni non sarebbe stato facile e, anche se dovette pagare un cifra rilevante per il restauro dell’edificio, convenne essere equo il prezzo offerto. Data la complessità dei lavori da eseguire, ottenute le dovute autorizzazioni dal Comune, dalle Belle Arti e dalla Gendarmeria, i lavori 214 vennero affidati ad una grossa impresa di costruzioni ben nota per aver eseguito parecchi lavori anche presso la sua compagnia di assicurazioni. Mentre i lavori andavano avanti speditamente, con l’aiuto di un abile arredatore, Angela scelse il mobilio, i tendaggi e tutto quanto era necessario per portare la casa all’altezza del suo splendore. Si giunse alla fine dell’inverno e all’inizio della primavera quando, dopo poco più di otto anni, dall’arrivo a Parigi, i coniugi Geronti inaugurarono la nuova casa con uno splendido ricevimento che nulla aveva da invidiare quello, cui per la prima volta, avevano partecipato nella villa di Platinì. Per ufficializzare l’evento venne invitato pure il Cardinale Yves Florence, delegato apostolico a Parigi, perché benedicesse la casa e tutti i presenti in essa convenuti. I segni di stima ed ammirazione dei presenti, furono un grosso premio per Angela ed Andrea costretti, per i prossimi quindici anni a rimborsare le rate di un grosso mutuo contratto, a tasso di favore, con la banca di Hong Kong. Sergio e Alphonse, con le rispettive consorti, presenti per primi a questa festa, gioirono all’unisono con i padroni di casa, per la splendida scelta fatta e per la decisione di rimanere a Parigi. Con una battuta di spirito Sergio disse: - Se vuoi, facciamo un patto! Io vengo qui e tu torni a Milano, ci scambiamo i ruoli, cosa ne dici? Tutti si misero a ridere mentre Andrea rispondeva: - Scusa Sergio, sei forse riuscito a leggere sulla mia fronte la scritta “Joe Condor”? Ossia “Giocondo”? Io penso di no! Ho voluto raccontare, falsando i nomi e non indicando volutamente, neanche con ragioni sociali di fantasia, le varie Aziende coinvolte, un fatto per dimostrare che “I casi della vita” possono sconvolgere l’esistenza di una persona e di una famiglia. Questa volta, i casi, hanno avuto esito altamente positivo, baciando in fronte delle persone, per quanto meritevoli, ma che il destino ha prescelto per essere beneficiati. Io, personalmente, aggiungo quello che è sempre stato il mio “Credo” e cioè: nella vita bisogna sempre trovarsi nel momento giusto al posto giusto, altrimenti per quanto ci si affanni, ci si dia da fare, si sia capaci, ci si proponga, si cerchi di mettersi in evidenza per onestà, esperienza, perizia, abilità e quant’altro se ci si trova nel momento sbagliato nel posto sbagliato si dovrà tirare avanti mediocremente e si rimarrà poco più che niente………………… I CASI DELLA VITA!!!! 215 216