un click qui - Famiglia Weiss

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un click qui - Famiglia Weiss
Realmente Accaduto
Antologia di tre storie vere
I racconti, che ho qui riportato, sono realmente
accaduti.
Ovviamente i fatti sono stati romanzati, i nomi dei
personaggi sono di fantasia e non quelli originali, le
località in cui si svolgono i racconti, sono quelle in cui
i fatti sono successi, ma i particolari di vie, piazze,
indirizzi, nomi di alberghi e/o negozi sono stati
modificati per non poter identificare i reali
protagonisti dei tre episodi.
Sono tre episodi, che in alcuni casi, sono avvenuti
prima che io nascessi o all’epoca della mia gioventù e,
che mi hanno fatto riflettere e, in certi casi, mi sono
stati di insegnamento e di monito lungo il cammino
della mia vita.
Nella speranza che condividiate questi miei pensieri,
ringraziando, vi auguro una buona lettura
Giorgio Weiss
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LE APPARENZE INGANNANO
Capitolo 1
Siamo agli inizi degli anni ’50 e la nostra storia ha inizio a
Livorno, città natale del nostro personaggio, mentre si
accinge a partire per uno dei suoi frequenti viaggi..
Eugenio Della Noce è un uomo d’affari di 31
anni, costretto a continui, brevi viaggi e trasferte in varie
città d’Italia, dal nord al sud in continui spostamenti in
diverse località con un massimo due o tre giorni di
permanenza e poi via a toccare altre città o paesi per
portare a conclusione i suoi affari. Dopo di che rientra
nella sua Livorno per un breve periodo di riposo, fare un
bilancio degli affari conclusi e programmare le prossime
tappe.
Bell’aspetto, modi gentili, sempre sorridente ed
elegantemente vestito, Eugenio è il classico tipo che ha
raggiunto una certa posizione sociale e che ispira fiducia a
chi lo incontra e deve trattare con lui.
Ha una voce calda, suadente e accattivante,
non è molto loquace, anzi, usa poche parole, misurate,
appropriate
che
fanno
capire
all’interlocutore
immediatamente il concetto, le necessità, i desideri,
espressi coerentemente e con precisione, senza giri di
parole inutili, egli sa andare subito al dunque mettendo,
nel contempo, a suo agio chi gli sta di fronte che non ha
nessun bisogno di interpretare i concetti tanto sono lineari
e limpidi.
Eravamo il 6 di Giugno dell’anno 1951, era un
mercoledì, ed Eugenio stava programmando una
capatina, per lavoro, a Trieste.
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In quell’epoca Trieste, pur essendo una città
italiana,
per
questioni
postbelliche,
di
accordi
internazionali relativi al “memorandum di Londra”, era
amministrata dalle truppe anglo-americane
che
sovrintendevano quella che era chiamata zona A del
“Territorio Libero di Trieste”; la zona B era amministrata
dalla Jugoslavia.
Il preventivo di permanenza nella città di Trieste
era di due o al massimo tre giorni, pertanto Eugenio tolse
dall’armadio una piccola valigia, poco più di una 24 ore, ci
ripose la biancheria necessaria, un paio di camicie, alcune
cravatte ed un vestito di ricambio in tessuto leggero di
fresco lana, tanto ormai la stagione era avanzata ed il
tepore dell’aria era confortevole e non necessitava
appesantire la valigia con maglie di lana.
Il mattino dopo, di buonora, Eugenio si recò alla
stazione ferroviaria di Livorno a prendere il treno locale
che lo avrebbe portato a Firenze per attendere la
coincidenza con il “rapido” proveniente da Roma, salito sul
quale sarebbe arrivato direttamente a Trieste.
Il primo tratto del viaggio, da Livorno a Firenze
con un treno “locale”, fu lungo ma piacevole, il finestrino
aperto lasciava entrare un’aria tiepida che recava con sé il
dolce profumo della campagna toscana, che lui conosceva
bene, ma che ogni volta guardava ammirato come fosse
la prima, inspirando a pieni polmoni l’aria di casa.
Giunto a Firenze, circa mezz’ora dopo, alle
11.22, avrebbe avuto la coincidenza con il rapido
proveniente da Roma che, guarda caso, sia i tabelloni
luminosi che la voce gracchiante degli altoparlanti
informavano in ritardo di venti minuti sull’orario previsto. Si
recò al bar della stazione per prendere un caffè ed
acquistare il Corriere della Sera e un settimanale illustrato
da leggere durante le sei ore di viaggio.
Quando Dio volle il “rapido” arrivò ed Eugenio
salì sulla vettura di prima classe per non fumatori, trovò
uno scompartimento occupato solamente da due persone.
Erano, un signore di mezza età di corporatura molto
robusta, con un paio di folti baffi che scendevano ai lati
della bocca, che sonnecchiava seduto nell’angolo vicino
alla porta d’ingresso allo scompartimento, nel senso di
marcia. Dalla parte opposta, vicino al finestrino, una
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ragazza, mora con i capelli lunghi e ricci, stava
attentamente leggendo un libro.
Aperta
la
porta
scorrevole
dello
scompartimento, Eugenio entrò.
- Buon giorno signori.
L’uomo grasso con i baffi accennò un mezzo
saluto da assonnato, mentre la signorina, alzando gli occhi
dal libro, con un sorriso, rispose:
- Buon giorno.
Eugenio sistemò la sua valigia sulla retina sopra il divano
e tenne con sé la borsa porta atti contenente i documenti
e dove aveva riposto i giornali. Si sedette vicino al
finestrino, di fronte alla signorina, anche se così viaggiava
con la schiena al senso di marcia, ma piuttosto di stare
seduto vicino al baffuto dormiente, preferì quel disagio
per trovarsi al cospetto di una visione più piacevole.
Tolse dalla borsa il Corriere della Sera e
cominciò a leggere la prima pagina, sbirciando ogni tanto
la bella moretta. Riuscì a leggere il titolo del libro
“Anatomia peritale nei casi di infortunio mortale”, non era
certo un romanzetto rosa. Calando il giornale si rivolse alla
ragazza, con voce dal tono abbassato per non disturbare il
baffuto:
- Permette signorina? Mi chiamo Eugenio
Della Noce, non ho potuto fare a meno di leggere il titolo
del libro che sta leggendo e ne sono rimasto allibito. Come
mai un argomento così inusuale?
- Piacere sig. Della Noce, io sono Rossella
Venturi, vengo da Arezzo e sono al quinto anno di
medicina a Padova e sto raccogliendo materiale per la
tesi che dovrò discutere nella prossima primavera. Essa
tratterà sullo studio delle cause più frequenti di incidenti
mortali sul lavoro.
- Cara signorina Rossella, permette che la chiami
Rossella? E io gradirei che mi chiamasse Eugenio... sono
esterrefatto che una così bella ragazza tratti argomenti
così macabri e lugubri che fanno venire in mente vecchie
megere vestite di nero con fare spettrale e non certamente
la vitalità, la gioventù, la gioia di vivere che il suo aspetto
dimostra.
- Sì, signor Eugenio, potrebbe sembrare così,
ma la mia ricerca tende a stabilire che molte volte, troppe
forse, gli incidenti sul lavoro vengono addebitati alla
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mancata osservanza delle norme antinfortunistiche,
incolpando così il responsabile del cantiere, della fabbrica,
della manifattura, dell’officina, ecc., ma al contrario
succede che la causa sia dovuta, ad esempio, ad
un’alterazione del soggetto causata da un giramento di
testa e temporanea perdita dei riflessi, causata dalla
pressione sanguigna troppo alta, oppure il caldo
canicolare o il freddo intenso che fanno rilassare per un
attimo l’attenzione dovuta all’espletamento delle proprie
mansioni. Di cause ce ne sono centinaia che non andrò,
sicuramente, ad elencare per non divenire monotona. Solo
l’autopsia può stabilire le vere cause del decesso.
- E’ vero - rispose Eugenio - non ci avevo pensato.
Tante volte si legge sul giornale: “Operaio edile precipita
dall’impalcatura e muore”. Non è detto infatti che
l’impalcatura fosse stata eretta in modo non corretto o
che le scarpe non fossero state quelle previste, come i
guanti, il casco, ecc., ma l’operaio può, effettivamente,
avere avuto un malore se non un infarto addirittura.
- Sì, macabro ma interessante. Auguri per i suoi
studi; non voglio distoglierla dai suoi doveri sembrando di
essere il solito “pappagallo” che cerca pretesti per iniziare
una conversazione.
- Non si preoccupi, signor Eugenio, un po’ di pausa
durante gli studi, serve a rilassare la tensione e
recuperare energie, e poi una persona gentile e cortese
come lei non può sicuramente essere un “pappagallo”,
anzi a guardarla ispira fiducia. Di cosa si occupa lei?
- Il mio lavoro è un po’ vario ed è inerente alla
redditività delle cose, delle merci, degli affari in genere.
Infatti in ogni città in cui vado, l’affare, il soggetto
commerciale, le persone interessate, variano da caso a
caso, secondo logiche di mercato del momento ed
esigenze dei contraenti. Oggi infatti mi sto recando a
Trieste, ma non ho ancora una visione ben chiara del
genere d’affare che mi verrà proposto, quando avrò
trovato i soggetti giusti deciderò il da farsi.
- Non ho capito molto - rispose Rossella incuriosita,
- ma sicuramente il suo dev’essere un lavoro assai vario
ed interessante .
Il treno continuava la sua corsa e Bologna era
vicina, mancavano circa dieci minuti per arrivarci. Il grasso
baffuto diede qualche segno di vita, si raddrizzò e sbirciò
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l’orologio. Guardando gli altri due viaggiatori esclamò, con
spiccato accento bolognese:
- Scusate se non sono stato molto di compagnia, ma
sono molto stanco, sono quattro giorni che viaggio da una
città all’altra del sud e centro Italia per mantenere fede a
degli appuntamenti con i miei clienti. Scusate, non mi sono
presentato, mi chiamo Giuseppe Nardi e possiedo un
piccolo salumificio alla periferia di Bologna, dove produco
con la mia famiglia ed alcuni dipendenti, insaccati di tutti i
tipi con il tradizionale sistema artigianale su antica ricetta
di famiglia.
Togliendo dal taschino del panciotto due biglietti da
visita, li porse a Rossella e ad Eugenio.
- Se passate dalle mie parti, venite a trovarmi che
sarò ben lieto di farvi assaggiare i miei prodotti e farvene
alcuni omaggi.
Si girò verso la reticella, tolse le sue due valige, aprì
la porta dello scompartimento ed uscì dicendo ancora,
rivolto ai due viaggiatori:
- Ci conto che veniate a trovarmi, buona giornata! - e
richiuse la porta.
I due giovani
lo videro uscire in silenzio e,
simultaneamente, si guardarono in viso e scoppiarono a
ridere, con una forza tale che alcune lacrime uscirono dai
loro occhi.
Eugenio, calmatosi un po’, disse a Rossella:
- Ha fatto tutto lui, noi non abbiamo detto una parola,
credo che se fa così con i suoi clienti, li lascia senza fiato
e gli ordini fioccano a decine. Potrebbe essere un
soggetto adatto alle sue ricerche, non le pare?
- No, non può essere adatto alle mie ricerche, è
ancora vivo. Anche lui gira le città d’Italia per fare affari
come lei, ma che differenza di classe!
- Devo dire la verità - replicò Eugenio - nelle mie
molteplici occasioni non ho mai trattato salumi ed affini,
ma non si sa mai nella vita, chissà che un giorno, magari
con industrie più grosse, non abbia anch'io qualche cosa
da trattare.
Finite le battute e le argomentazioni, Rossella si
concentrò nuovamente sul suo macabro libro ed Eugenio
riprese a leggere il Corriere della Sera.
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Il treno si rimise in moto, lasciando Bologna alle
spalle, quando si aprì la porta dello scompartimento ed
entrarono due militari in divisa con la loro brava sacca.
- Possiamo, non disturbiamo?, scendiamo presto, a
Verona dove prestiamo il servizio di leva.
- Prego, prego - risposero contemporaneamente
Eugenio e Rossella - accomodatevi pure, c’è posto.
Appoggiati i loro sacchi sulle retine sopra la testa, si
sedettero vicino alla porta d’ingresso; uno dove stava
seduto, fino a poco tempo prima, Nardi e uno di fronte
iniziando, nel contempo, a parlare di sport. Uno sosteneva
che il calcio era il più bello sport del mondo, seguito da
milioni di persone, che ogni domenica vivevano con la
squadra del cuore e con essa soffrivano, spasimavano,
trepidavano,
imprecavano,
gioivano,
esultavano,
andavano in visibilio a seconda se avesse perso o vinto.
L’altro invece era un appassionato del ciclismo e
decantava le doti fisiche che un atleta di quello sport
doveva avere per poter riuscire a sopportare le fatiche di
pedalate, veloci in pianura, possenti in montagna, sforzi
che un giocatore di calcio nemmeno si sognava di fare in
quell’ora e mezzo che dura una partita, nella quale
correva solamente se aveva la palla al piede, altrimenti si
riposava.
Divergenze di opinioni che, suffragate da mille altri
argomenti, facevano divenire la discussione sempre più
animata e vivace tanto da disturbare i compagni di
viaggio. Eugenio si rivolse loro pregandoli di parlare
sottovoce in quanto la signorina stava studiando e lui
stava cercando di leggere attentamente il giornale. I due
arrossirono e, scusandosi per il disturbo, si zittirono subito;
il sostenitore del calcio si mise a leggere, guarda caso, la
Gazzetta dello Sport mentre il ciclista, presa la Settimana
Enigmistica, si mise a risolvere i cruciverba. La pace e la
quiete ritornarono nello scompartimento.
Dopo qualche minuto la porta si aprì ed apparve il
controllore dicendo:
- Biglietti prego signori - guardando con l’occhio truce
i militari.
Rossella ed Eugenio porsero i loro biglietti, mentre i
soldati, alzatisi in piedi, frugavano nella sacca. Il
controllore restituì i biglietti punzonati a Rossella ed
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Eugenio e prendendo in mano i biglietti dei due militari,
esclamò:
- Sempre la solita storia con voi militari, avete il
biglietto di seconda classe e vi ritrovo in prima, comodo
eh?. O pagate il supplemento con la multa, o spostatevi
immediatamente nella carrozza di seconda classe!
I due ragazzi, rossi in viso per la vergogna, si
scusarono dicendo che non si erano accorti e che si
sarebbero spostati subito. Imbarazzati, presero i sacchi,
chiesero scusa, ed uscirono di corsa mentre il controllore
sbraitando li apostrofava:
- Se vi becco un’altra volta ve la faccio pagare cara!
Rossella disse di sentirsi un po’ a disagio ed imbarazzata
per quanto era successo e che il controllore avrebbe
potuto essere un poco più gentile e non urlare a quel
modo con dei poveri ragazzi. Eugenio annuì, ma precisò
che, viaggiando molto spesso in treno, queste scene, per
lui, erano all’ordine del giorno.
Poteva essere che in questo caso fossero in buona
fede, ma si sa che, per brevi tragitti, tentano di stare più
comodi nella speranza che non arrivi il controllore.
Rossella guardò dal finestrino e disse:
- Tra poco siamo a Verona, poi Vicenza e la fermata
seguente saremo a Padova dove dovrò scendere, mentre
lei ce l’avrà ancora lunga per arrivare a Trieste. Non la
invidio a dover viaggiare tanto in treno.
- No, non è vero - replicò Eugenio - i viaggi possono
essere noiosi ma anche piacevoli, come quello che sto
facendo, quando si ha la fortuna di avere una così
simpatica e bella compagna di viaggio. Non abbiamo
parlato molto è vero, però è stato molto piacevole e, per
me, istruttivo. Oggi ho appreso qualche cosa di nuovo
sugli infortuni e sono nozioni che potrebbero essere, per il
futuro, fonte di approfondimento forse per il mio lavoro.
- Già! Il suo lavoro, che in definitiva non ho ben
capito cosa sia e che non voglio approfondire, per carità,
ma non vedo assolutamente come delle autopsie possano
esserle d’aiuto nel campo degli affari.
- Vede, cara Rossella, il bagaglio di cultura di una
persona non deve fermarsi allo stretto necessario per
svolgere una determinata attività. Domani lei sarà un
medico e, mi auguro, di successo, ma la sua cultura, al di
fuori della medicina, vedrà, le servirà moltissimo per
capire e analizzare chi le sta di fronte. Capire le ansie, le
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emozioni, i sentimenti, i turbamenti, oppure il controllo,
l’autocontrollo forzato, le ragioni, gli interessi,
l’imperturbabilità possono aiutarla a formulare delle
diagnosi più rispondenti alla verità. Vede, io non ho
studiato medicina, ma sono convinto che la vera abilità e
professionalità di un medico consistano nel diagnosticare,
perché, una volta scoperto il male, il rimedio lo può trovare
anche un farmacista, non le pare? E poi non a caso,
quando ha fatto il liceo, pur sapendo che avrebbe scelto la
facoltà di medicina, ha dovuto studiare, storia, geografia,
storia dell’arte, mitologia, geometria e tante altre cose che
con i principi di Esculapio hanno poco a che vedere. Ma la
scuola italiana, anche se non molto apprezzata dagli
studenti, è forse una delle migliori del mondo come
preparazione alla vita.
Lei già prima di iniziare l’università sapeva chi fosse
Esculapio? Probabilmente no! Ma ha potuto appurare che
trattasi del nome latino del greco Asclepio, figlio di Apollo,
già venerato in Grecia come il dio della medicina. Il suo
culto, di tipo originariamente eroico in Grecia, solo
successivamente fu considerato divino e così, in questa
forma, fu trasmesso a Roma nel 293 a. C. mentre
infuriava una pestilenza. Al dio, cui si attribuiva il potere di
resuscitare i morti, fu subito dedicato un tempio nell’isola
Tiberina sostituito poi, dagli imperatori, con altro tempio
sull’Esquilino. Sua compagna o, a detta di alcuni studiosi
figlia, era la dea Igea. La figura di Esculapio era raffigurata
come un uomo imponente con folta barba ricciuta, avvolto
nell’ampio mantello che lasciava scoperta una spalla,
appoggiato ad un bastone attorno al quale si attorcigliava
il serpente sacro.
- Sì, certo, è vero - disse Rossella - anche se tanti
particolari, da lei citati, non li ricordavo affatto. Devo dire
che per essere un uomo d’affari conosce tante cose che
non siano solo fare soldi. Oh, mi scusi non volevo, sono
imperdonabile, me ne dolgo, scusi ancora.
- Niente scuse, è la verità, lo scopo del mio lavoro è
guadagnare, possibilmente bene, però quasi sempre
bisogna, prima di entrare nel merito dell’affare, fare
conversazione e, per non fare scena muta con
l’interlocutore, bisogna essere all’altezza di poter parlare
la “stessa lingua” cosa che di solito fa molto piacere.
Vede, anche lei è rimasta impressionata della mia
esposizione su Esculapio, ma, le assicuro, la mia cultura
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finisce là. Se lei avesse cominciato, restando nel campo
medico, a parlare di periartrite scapolo-omerale, sinusite,
laparatomia o paroloni del genere, avrebbe scoperto la
mia completa ignoranza. Così invece, impressionandola,
ho guadagnato dei punti. Ecco come, con poco, si può
avere successo.
Nel frattempo il treno stava entrando nella stazione di
Verona, quasi in perfetto orario. Certamente il macchinista
era riuscito a recuperare il ritardo con cui era entrato nella
stazione di Firenze. Aperto il finestrino, Eugenio cercò di
attirare l’attenzione dell’addetto alle bibite che con il
carretto transitava lungo la pensilina. Il carretto si avvicinò
al finestrino e lui chiese a Rossella cosa volesse bere.
Dopo la solite frasi di circostanza, Rossella accettò
un’aranciata, mentre egli prese un’acqua minerale.
Quando stava pagando le bibite, sul marciapiede
passarono i due militari giunti a destinazione che, vistolo,
abbassarono lo sguardo accelerando il passo.
Eugenio, richiuso il finestrino, mentre sorseggiava la
bibita, chiese a Rossella se conosceva Verona. Questa
rispose di no in quanto, essendo lungo il tragitto da Arezzo
a Padova, le impediva di andare a casa di sovente,
pertanto non poteva permettersi il lusso di lasciare, sia pur
brevemente, gli studi per fare la turista.
- Peccato - commentò Eugenio - io per motivi di
lavoro ci sono stato un paio di volte. E’ una città
veramente interessante posizionata alla convergenza di
importanti direttrici di traffico, anche con l’estero attraverso
il passo del Brennero. Verona è stata eretta sulle due rive
dell’Adige nel punto in cui il fiume forma una duplice ansa
che ha la sembianza di una stretta “esse”. Nel centro
storico è ancora facilmente rilevabile la regolare struttura a
scacchiera con lunghe vie rettilinee e ortogonali dell’antico
nucleo romano. In alcuni punti il tessuto urbano, invece,
ha conservato l’aspetto medioevale, come nelle piazze
delle Erbe e dei Signori. Discorso a parte è l’anfiteatro, la
cosiddetta Arena, uno dei massimi monumenti del genere
che risale al I° secolo dopo Cristo. Data la sua posizione,
negli ultimi decenni Verona ha conosciuto un sostanziale
mutamento nelle basi della sua economia, infatti è
divenuto un importante mercato dei prodotti agricoli e
zootecnici, tanto da essere la più importante Fiera
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Internazionale del settore in tutta Europa. Anche molte
industrie sono state create e sono in via di espansione nel
settore metalmeccanico, tessile, alimentare, calzaturiero,
del legno e dei materiali da costruzione. Sì, anche qui ho
concluso qualche eccellente affare, devo dire la verità.
Rossella stette ad ascoltare Eugenio che esponeva le
notizie guardando fuori dal finestrino, mentre il treno era
ripartito in direzione di Vicenza.
- Vede, Eugenio, lei è stato a Verona per motivi di
lavoro eppure ne parla come se ci fosse stato da turista.
Non mi dica che tutto ciò è normale, capisco l’interesse
per l’arte, anch’io ce l’avrei, ma se studio non posso
sviluppare questo desiderio e anche lavorando, credo, non
si abbia tempo.
- Vede Rossella, prima di andare in una città, cerco
di documentarmi un pochino per non essere un pesce fuor
d’acqua e fare brutta figura con i potenziali clienti. Devo
conoscere quali sono i buoni alberghi e i buoni ristoranti
perché, con il mio lavoro, non posso soggiornare in una
pensioncina modesta e se devo invitare al ristorante il
possibile cliente devo sapere dove portarlo in modo da
non cadere in una bettola. Quando siamo a tavola è mio
preciso intendimento che non si debba parlare di lavoro
per non imbarazzare il cliente, pertanto bisogna portare
l’argomento sulle bellezze che la città offre, sulla sua
storia, i suoi usi ed i suoi costumi, ecc., chiedere
informazioni e notizie sui principali palazzi, castelli,
cattedrali o semplici monumenti in modo da far vedere che
si conosce la città, ma che piacerebbe approfondire la
conoscenza. Funziona sempre!
A Trieste ci vado per la prima volta, ma nella mia
borsa ho l’ultima edizione della guida del Turing Club e
un’aggiornata Guida Michelin, nonché lo stradario della
città e quando, purtroppo, lei scenderà a Padova e non
avrò più il piacere di questa splendida conversazione, mi
dedicherò a rinfrescare le mie conoscenze apprese su
libri, opuscoli e depliants della città di S.Giusto anche per
potermi muovere con una certa sicurezza per le vie senza
dover stare sempre con la pianta della città in mano e
farmi notare come uno che non sa quello che cerca. La
sicurezza nei movimenti è alla base del mio lavoro.
Il treno correva veloce nella pianura assolata, si
potevano vedere estesi campi ben coltivati, casolari,
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villaggi, paesi, di tanto in tanto i binari correvano paralleli a
delle strade secondarie percorse da automobili che
sembravano fare una gara di velocità con il treno, tanti
motorini, ciclisti, ecc. Poi all’improvviso i percorsi si
dividevano ed il paesaggio perdeva vitalità per riacquistare
la pace della campagna.
Eugenio e Rossella si misero nuovamente a leggere,
quasi controvoglia, sarebbe stato
bello conversare
ancora, ma nessuno dei due osava riaprire il discorso con
nuovi argomenti generici. Eugenio sollevando di tanto in
tanto gli occhi dal giornale dava un’occhiatina a Rossella e
pensieri più intimi cominciarono a passargli per la testa.
Non era facile trovare un ragazza così a modo, riservata,
ben educata, colta, quella che si potrebbe dire una
ragazza di buona famiglia. Bisognava trovare il modo e la
maniera per riprendere un discorso più personale, ma il
tempo correva veloce come il treno e Vicenza si stava
avvicinando, poi Padova......pochi minuti.
Ad Eugenio sembrò che Rossella non attendesse
altro che lui ricominciasse a parlare, in quanto anche lei,
ogni tanto, con un leggero sorriso, sollevava gli occhi dal
libro per poi rituffarvisi immediatamente.
- Rossella, scusi, siamo presto a Vicenza e avrei
piacere di parlare ancora un po’ con lei, non le spiace
vero?
- No, tutt’altro, sinceramente speravo me lo
chiedesse, mi sento a mio agio nel parlare con lei, c’è una
certa affinità di pensiero che rende piacevole la
conversazione. Stiamo arrivando a Vicenza e lei che
conosce tutto cosa può dirmi di questa città?
- Ti prego Rossella, non farmi arrossire, scusi, non mi
faccia arrossire, so qualche cosa, magari sapessi tutto!
- Eugenio, niente scuse, mi farebbe piacere se ci
dessimo del tu senza tante formalità, d’accordo?
- Sì, grazie, ne sono felice. Dunque mi chiedevi di
Vicenza, ma non voglio annoiarti con sequenze di dati, ti
dirò solamente che è una città eretta in pianura ai piedi
del versante settentrionale dei Monti Berici ed è
attraversata da un fiume dal nome poco conosciuto, mi
sembra Baccarione o Baglione. Ah! no, ora ricordo, si
chiama Bacchiglione.
Le mura che la circondano si sviluppano per lunghi
tratti su possenti argini artificiali chiamati localmente
“mottoni”.
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A Vicenza l’industria è rappresentata da imprese di medie
e piccole dimensioni, operanti per lo più in settori
interstiziali ad alta densità di manodopera, scarsi
investimenti per addetto e a basso tenore tecnologico. Per
lo più nel campo del tessile, abbigliamento, legno e
mobile, pellami e meccanica minore. Ma ora basta con
queste storie cerchiamo di conoscerci meglio.
- Permetti mi presento prima io! Sono Eugenio Della
Noce, ho 35 anni, nato a Livorno il 18 Marzo 1920 dove
sono sempre vissuto con i miei fino a quando ho
frequentato e mi sono laureato in giurisprudenza presso
l’università di Firenze, ma non ho mai inteso esercitare la
professione in quanto avrei dovuto fare il tirocinio presso
qualche studio legale, praticamente senza paga, per tre
anni e poi tentare di dare l’esame per diventare avvocato.
Avevo già 26 anni e non intendevo diventare vecchio per
cominciare a guadagnare qualche cosa e, pertanto, mi
sono “buttato” nel campo degli affari. Ora vivo da solo, non
sono fidanzato e non ho legami sentimentali, il mio
indirizzo a Livorno è piazza Felice Cavallotti 26. Ora dimmi
di te, ma se vuoi altre notizie, non hai altro che chiedere.
- Io sono Rossella Venturi, ho 25 anni, sono nata il 7
gennaio del 1926 ad Arezzo, abito con i miei genitori e i
miei due fratelli, in via Fra le Torri 18. Sono laureanda in
medicina all’università di Padova, come sai. Anche per me
sarà dura agli inizi, dovrò fare la tirocinante presso
qualche ambulatorio medico o, se avrò capacità e fortuna,
presso qualche ospedale. Io voglio, a qualunque costo,
mettere a frutto quello che per tanti anni ho studiato. Mio
padre è farmacista ed ha una farmacia propria ad Arezzo,
chissà che un giorno non possa aprire uno studio nelle
vicinanze, sarebbe il massimo delle mie aspirazioni.
- Non porre limiti alla Provvidenza, cara Rossella,
perché limitarsi ad una vita monotona di medico della
mutua, con le tue capacità ed intelligenza puoi arrivare
ben più in alto, il campo della medicina è vastissimo, le
specializzazioni sono infinite, i campi di ricerca scientifica
ancor di più. Siamo in un periodo di grandi fermenti, la
guerra è finita da poco, c’è tanto spazio per nuovi giovani
talenti, la scienza fa passi da gigante, basta starle dietro e
saper cogliere il momento migliore per prendere il “treno”
giusto. Tra qualche anno, voglio vedere il tuo nome sulle
prime pagine dei giornali e, più in là chissà, forse,
candidata al premio Nobel.
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- Ti prego Eugenio, non correre con la fantasia, le tue
sono parole che fanno tanto bene al cuore, ma bisogna
rimanere con i piedi per terra. Anch’io, un giorno, potrei
leggere il tuo nome sulle prime pagine dei giornali quale
“mago” degli affari. Oh! guarda siamo a Vicenza, ancora
questa fermata e poi io dovrò prepararmi a scendere. Il
viaggio è stato bellissimo, è volato in un momento, in
cinque anni ho fatto tante volte il percorso di andata e
ritorno, ma non ricordo di aver mai incontrato un
compagno di viaggio così. Ti scrivo il mio indirizzo e
numero telefonico su di un pezzetto di carta in quanto
avrei tanto piacere che mi scrivessi o mi telefonassi
qualche volta per dirmi di te e, chissà che non ci si possa
anche rivedere, già tu viaggi tanto!
- Sì Rossella, da parte mia, è un impegno che accetto
volentieri e puoi stare sicura che tra un viaggio e l’altro
troverò il momento magico per scriverti e raccontarti
brevemente di me, ma quello che aspetterò con più ansia
saranno le tue notizie e quando le leggerò mi sembrerà di
esserti vicino mentre me le racconti con la tua dolce voce.
Altro impegno che prendo è quello di cercare di spostare i
miei prossimi affari il più possibile vicino a Padova in
modo da poterci vedere, magari per breve tempo. Ecco ti
do il mio biglietto da visita che ti farà ricordare quello che
già ti ho detto a voce.
- Grazie Eugenio, lo terrò da conto, ah! ecco, dott.
Eugenio Della Noce “Procacciatore d’affari e ProcuratoreMediatore”, che paroloni, dicono tutto, ma non specificano
niente, continuo a non coglierne il significato. Lascia
perdere, il tuo è un mondo a parte nel quale io non ci
capirei niente. Stiamo lasciando Vicenza, io raccolgo le
mie cose.
Eugenio si avvicinò a Rossella, le prese la mano,
gliela strinse gentilmente portandola alle labbra in un
semplice bacio d’affetto.
- Lascia, prendo io le valigie, queste potrebbero un
giorno essere le mani di un grande chirurgo che non
devono far sforzi per portare pesi. Non devi vivere nella
bambagia, ma devi riguardarti un pochino, come hai detto
tu prima, non puoi buttare al vento tanti anni di studi a
causa, magari, di un banale infortunio. Stai facendo la tesi
sugli infortuni, no?
Eugenio, per la prima volta, rise discretamente e con
signorilità mentre lei, presa da un impulso di gioia,
15
sorridendo, lo abbracciò leggermente dicendo: - Sei forte
Eugenio! Ancor di più spero di avere tue notizie e poterti
incontrare, ho bisogno di un buon angelo custode che mi
protegga e mi consigli.
Il treno, con il suo ritmico srotolare sui binari, correva
veloce, Padova era vicinissima e, pur non dandolo a
vedere, Eugenio e Rossella pregavano che il treno si
fermasse per ritardare il momento dei saluti. Stavano bene
insieme e, per un ragazzo, non è facile ispirare fiducia a
prima vista. Si erano conosciuti poche ore prima, ma loro
si sentivano come fossero vecchi amici o, chissà, anche
qualche cosa in più di vecchi amici.
Il treno cominciò a rallentare, lo stridio delle ruote in
ferro, frenate sui binari, riempì, con il suo lamento, le
orecchie di Rossella ed Eugenio che capirono che il
momento degli addii stava arrivando. Con uno scossone il
treno si fermò, Eugenio prese le valigie, aprì lo
scompartimento uscendo in corridoio, si avvicinò allo
sportello, lo aprì e scese sul marciapiede deponendo le
valigie. Rossella scese i tre gradini, si avvicinò ad
Eugenio, lo prese sulle braccia all’altezza dei gomiti, gli
diede un bacio sulla guancia sussurrando con voce rotta
dall’emozione:
- A presto caro.....”.
Afferrò le valigie e, di corsa, con la testa china scappò
verso l’uscita. Eugenio rimase di sasso, il tempo si era
fermato, solo la voce imperiosa che diceva: “ In carrozza
signori, in carrozza “ lo scosse e lo fece salire sul treno e
rientrare nello scompartimento.
Capitolo 2
16
Arrivato allo scompartimento, aprì la porta, entrò e
vide, sedute su uno dei due divani, due suore. Una delle
due alzò la testa:
- E’ suo lo scompartimento? Possiamo restare, non
disturbiamo?
- Ma prego sorelle, sono solo e non è uno
scompartimento riservato, ma adesso devo preparare il
materiale necessario per il mio lavoro che dovrò svolgere
a Trieste e programmarne i tempi di esecuzione , quindi
me ne starò buono buono nel mio angolo.
- Io sono suor Maria Assunta e la mia compagna è
Suor Gabriella. Noi scenderemo a Latisana in quanto, per
il momento, presteremo la nostra opera presso un centro
estivo per anziani a Bibione, ma io sono stata parecchi
anni a Trieste presso le Ancelle della Carità. Gran bella
città, Trieste, la gente è cordiale e la generosità della
popolazione verso chi soffre ed ha bisogno, credo, non
abbia riscontro in altre parti d’Italia. Conservo un bel
ricordo della mia permanenza in quella città, me la saluti,
la prego.
- Non mancherò sorella, per me sarà la prima volta
che vedrò la città, ma anch’io ne ho sentito parlare molto
bene e spero di concludere dei buoni affari.
Eugenio si sedette e tolse dalla borsa la pianta della
città di Trieste con lo stradario e, apertala sul tavolinetto
cercò prima di tutto dov’era posizionata la stazione
ferroviaria rispetto al centro città. Aiutandosi sia con la
guida del Touring Club che con la Guida Michelin
cominciò a cerchiare sulla mappa, la posizione dove erano
situati i migliori alberghi ed i migliori ristoranti.
Il viaggio continuò tranquillo, in silenzio, infatti le due
suore stavano sgranando il rosario in una mesta e silente
preghiera. Eugenio prestò attenzione e riuscì a sentire
solamente il ritmico andare del treno che con il suo rumore
riempiva il vuoto silenzio dello scompartimento. Solo di
tanto in tanto si sentivano delle risate giovanili provenire
da qualche scompartimento più avanti.
Presto il convoglio sarebbe arrivato a Mestre e
mancavano circa 2 ore e mezzo per la fine del viaggio.
L’arrivo a Trieste era previsto alle 19.30 circa. Eugenio
pensò come poteva essere intenso il viaggio, in così poco
tempo, aveva conosciuto Rossella, Nardi, i due militari,
ora le suore, quanti incontri, quante esperienze, quanti
17
differenti personaggi e situazioni! Come bagaglio
conoscitivo tutto era importante, Rossella però aveva
lasciato un solco più profondo nella sua mente e nei suoi
ricordi, tant’è che con un sorriso abbozzato sulle labbra e
lo sguardo perso nel vuoto, rivide il dolce volto di Rossella
e gli sembrò quasi di risentire il calore sulla guancia
lasciato dal casto bacio di commiato alla stazione di
Padova.
Suor Maria Assunta, che nel frattempo aveva finito di
recitare il rosario e teneva in mano il Vangelo, vide
l’espressione di Eugenio e rivolta a lui proferì:
– Che bei pensieri devono passare per la sua mente,
ha un’espressione così dolce e serena che fa capire il suo
stato d’animo e la bontà che c’è in lei.
Eugenio, sentendo queste parole, si scosse e rispose:
- Sì, effettivamente pensavo ad una persona cara, ad
una simpatica ragazza che ho conosciuto oggi e della
quale serbo un piacevole e dolce ricordo.
- Si vede, si vede - incalzò suor Maria Assunta oserei dire che questa ragazza le ha toccato il cuore. Era
un po’ che la stavo guardando, dopo aver finito di recitare
il rosario e mentre mi accingevo a leggere il Vangelo.
Prima era assorto nelle sue carte, pensieroso e
meditabondo, concentrato nel lavoro che stava
preparando con il volto serio e tirato, quando,
all’improvviso, ho notato il suo cambiamento sia nello
sguardo che nei lineamenti del volto. Sembrava che una
pace interiore si fosse sprigionata in lei e che vorrei
paragonare, il Signore mi perdoni, allo stato di grazia in
cui ho avuto, alle volte, l’occasione di vedere la qui
presente suor Gabriella quando ha le visioni della
Madonna.
Eugenio si ricompose e rivolto alla suora si schernì:
- Sorella cosa dice mai?! Potrò essere stato assorto
in pensieri piacevoli ricordando quella ragazza, ma quello
che ha la fortuna di vedere suor Gabriella è qualche cosa
di sacro, di mistico, di soprannaturale, qualche cosa che
nulla ha a che vedere con la vita terrena.
- Le vie ed i mezzi che il Signore usa per toccare il
cuore delle persone buone sono infinite e logicamente i
pensieri, le sensazioni, le emozioni, gli interessi di un laico
sono differenti da quelle di un ecclesiastico, ma il fine può
essere lo stesso ed appagare lo spirito di entrambi.
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Eugenio si tuffò nelle sue carte e le suore aprirono il
Vangelo ed iniziarono la lettura mentre il treno stava
rallentando per entrare nella stazione di Mestre.
Nei corridoi ci fu un viavai di gente, di valigie, di
pacchi; chi scendeva, chi saliva, il rumore era tanto
intenso che egli dovette sospendere il suo lavoro in attesa
di un po’ di pace. I viaggiatori si fermavano davanti allo
scompartimento che era semivuoto, ma viste le suore,
riprendevano il loro peregrinare in cerca di altra
sistemazione. Chissà perché questi preconcetti!
Si fermò davanti alla porta una giovane coppia con un
bel bambino; il padre aprì la porta:
– Buongiorno, è permesso?
Fece entrare la moglie ed il bambino che si
accomodarono nei posti disponibili. Ora lo scompartimento
era pieno. Eugenio raccolse le sue carte in modo da
rendere disponibile il sedile accanto a lui. Suor Maria
Assunta accarezzò i capelli del bambino, che si era seduto
vicino a lei, e con un ampio sorrise gli chiese: - Come ti
chiami bel bambino?
- Mi chiamo Mauro Candotti, - rispose con sicurezza
- ho presto cinque anni e abito a Trieste, in via Salem
numero 7.
Eugenio, sentita la risposta assennata del bambino,
alzò lo sguardo e sorridendo, si rivolse a lui:
- Che bravo bambino e che bravi i genitori che gli
hanno insegnato così bene a rispondere. Non si sa mai
cosa possa succedere, ma così non si perderebbe di certo
e in caso di bisogno si potrebbero rintracciare
immediatamente i genitori.
Mauro si rivolse a suor Maria Assunta e mostrando
con il ditino teso indicò: - Quella è la mia mamma Maria e
quello è il mio papà Antonio, siamo stati a trovare la nonna
ed ora ritorniamo a casa.
- Ma che bravo che sei - replicò la suora - ci hai
presentato la tua famiglia. Io sono Maria Assunta, lei è
suor Gabriella ed il signore che ti ha fatto i complimenti
prima, anche lui va a Trieste, però non conosco il suo
nome.
Eugenio si rivolse ai genitori di Mauro e porgendo la
mano si presentò:
- Permettete? Sono Eugenio Della Noce, sono nativo
di Livorno e vado a Trieste un paio di giorni per lavoro.
19
- Molto lieto - rispose Antonio - e grazie per le belle
parole che ha detto a Mauro, ma cosa vuole oggigiorno i
pericoli sono tanti e per quanto si stia attenti può sempre
succedere che il bambino si perda, così almeno speriamo
non subisca traumi e la polizia avrebbe la possibilità di
informarci rapidamente del ritrovamento. Pur essendo di
origini venete, anch’io, per lavoro, mi trasferii a Trieste
dove conobbi Maria, la sposai ed eccomi qua che, oramai,
mi sento triestino pure io. E’ una città splendida anche se
ora, causa motivi politici, è stata privata di tutto il suo
entroterra naturale.
- Sì, l’ho sentito dire - replicò Eugenio - ma mi sembra
che l’economia della città sia in forte sviluppo, anche se
c’è stato un ricambio con l’arrivo dei profughi istriani e
l’emigrazione, verso l’Australia, di parecchi Triestini.
- Cosa vuole, signor Della Noce, sembra, guardando
superficialmente, che Trieste sia una città florida. Sì, ci
sono, in centro, dei bei negozi, bar, ristoranti sempre pieni
di avventori, ma è solo apparenza in quanto sono gli
Inglesi, e soprattutto gli Americani, che li frequentano
perché hanno i mezzi finanziari per poterlo fare. La
popolazione ha ben altro a cui pensare che spassarsela a
mangiare e bere tutto il giorno, deve far quadrare lo
stipendio dal primo all'ultimo giorno del mese.
Eugenio rimase pensieroso dopo aver ascoltato
queste parole, tant’è che Antonio aggiunse:
- E’ rimasto perplesso su quello che le ho detto? o
non mi sono spiegato bene?
- No, no, ho capito benissimo, però riflettevo come
era possibile che un simile giro di soldi non facesse
decollare a tutti i livelli il benessere della città. Anche se
pochi negozianti incassano il grosso dei soldi, a loro volta
devono assumere del personale per le loro aziende,
acquistare merci dando lavoro a fabbriche che le
producono e che necessitano di dover acquistare materie
prime dai loro fornitori, ecc. Tutto ciò forma una catena di
nuove fonti di reddito che a loro volta vanno ad
incrementare l’economia.
- Il ragionamento fila - commentò Antonio - ma il
problema è ben più complesso. Trieste non ha grosse
industrie, i cantieri navali tirano avanti alla meno peggio, la
manodopera non è qualificata. A parte rari casi, gli esuli
istriani sono degli ex agricoltori, pieni di buona volontà, si
20
adattano a fare tutti i lavori pur di raggranellare il
necessario per il sostentamento della famiglia, ma
rimangono pur sempre dei manovali non specializzati.
- Vede, signor Della Noce, la grande aspirazione di
tutti è il “posto fisso”, magari come usciere, bidello,
operaio, ma che alla fine mese ci sia lo stipendio sicuro su
cui contare per gli impegni del mantenimento della
famiglia. Avere la certezza di possedere quanto necessita
per pagare la pigione o il mutuo, le varie bollette dei
servizi, la scuola dei figli, ecc., non importano i divertimenti
ed il superfluo, ma conta la sicurezza e la tranquillità.
La signora Maria, che stava ascoltando il
discorso, si rivolse verso le suore:
- Cosa volete sorelle ora non avremo più pace,
quando mio marito trova lo spunto per parlare di problemi
economico-finanziari e si imbatte in un valido interlocutore,
non si ferma più. D’altro canto lui lavora in banca e questo
è un argomento che lo tocca da vicino quotidianamente,
problemi con piccoli e grandi imprenditori, sempre alla
caccia di finanziamenti, o semplici cittadini che chiedono
aiuto per avere dei piccoli prestiti per soddisfare
improvvise ed urgenti necessità familiari.
- Comprendo - rispose suor Maria Assunta anche noi, nel nostro piccolo, ci troviamo a dover risolvere
i nostri quotidiani piccoli problemi, ma noi confidiamo nella
misericordia del Signore e sugli aiuti dei, per fortuna, tanti
benefattori, che con piccole o grandi elargizioni, ci
permettono di continuare le nostre opere di carità. Anche
adesso, noi andiamo a servire un gruppo di anziani
indigenti e bisognosi di cure salso-iodate, presso una casa
di accoglienza a Bibione. Tutto ciò, cure comprese, lo
dobbiamo alla generosità dei nostri benefattori. Sia lodato
il Signore!
Il treno correva veloce nella campagna veneta
con il suo ritmico andare intercalato, di tanto in tanto, dal
fischio lacerante che il macchinista lanciava all’avvicinarsi
dei tanti passaggi a livello custoditi e non. Nello
scompartimento i discorsi si intrecciavano pacati, ma fitti,
nei due gruppi di interlocutori finché il treno giunse a
Portogruaro.
A questo punto suor Maria Assunta e la
taciturna suor Gabriella, cominciarono a raccogliere le loro
21
poche e misere cose per prepararsi a scendere alla
successiva fermata.
Infatti tra Portogruaro e Latisana il percorso era
di una quindicina di minuti e bisognava preparasi per
tempo in quanto, essendo delle fermate intermedie, il
treno rimaneva in stazione pochi minuti. Salutarono
cordialmente la famiglia Candotti dando, nel contempo, un
bacino al piccolo Mauro e suor Maria Assunta si rivolse ad
Eugenio con voce semplice e suadente:
- Caro signor Eugenio, probabilmente noi non
avremo più occasione di incontrarci, ma mi permetta un
piccolo e modesto suggerimento, non dimentichi la
persona che è scesa a Padova, le telefoni, potrebbe
essere la svolta decisiva della sua vita, almeno così ho
letto nel suo sguardo. Tanti auguri e buona fortuna!
- Grazie sorella, chissà che non abbia ragione,
che il Signore l’ascolti e accompagni lei e suor Gabriella
nella vostra meravigliosa missione.
Le suore uscirono dallo scompartimento per
avviarsi accanto allo sportello del vagone, i signori
Candotti si accomodarono tutti e tre, con il bimbo in
mezzo, sul divano di fronte ad Eugenio che poté così,
sistemare meglio le sue carte e riprendere la lettura dei
suoi fascicoli.
Mancava oramai poco più di un’ora per
giungere alla fine del viaggio ed Eugenio doveva decidere
in che albergo avrebbe alloggiato. Dalla sua guida poté
rilevare che i migliori alberghi della città erano il “Savoia
Palace Hotel”, il “Grand Hotel e de la Ville” o l’albergo
“Regina”, anche l’albergo “al Corso” non era male, quale
scegliere?
Si rivolse allora al signor Candotti e gli chiese:
- Scusi, mi potrebbe aiutare nel scegliere, tra
questi quattro, l’albergo dove alloggiare, dato che lei vive
e conosce bene Trieste.
Mauro lesse i nomi sulla guida turistica e
sentenziò:
- Ha scelto i migliori alberghi della città, ma per
quanto mi riguarda i primi due sono i migliori, sulle rive, in
faccia al mare con una bellissima vista sul golfo. Il Savoia
è splendido, ma è un po’ più decentrato mentre l’Hotel de
la Ville, altrettanto di pregio, ha alle sue spalle tutto il
22
centro cittadino, infatti si trova tra le via Mazzini e Genova
ed è a due passi dalla stazione ferroviaria. I prezzi non
sono dei più economici, anzi, ma in essi vi risiedono, quasi
permanentemente, gli alti ufficiali dell’esercito angloamericano. di conseguenza il servizio e la cucina sono di
primissima qualità.
- Immaginavo - replicò Eugenio - ma d’altro
canto è tutto previsto e preventivato, per questione
d’immagine nel mio lavoro, devo risiedere in ambienti di
alto livello. Per quanto riguarda i ristoranti, oltre a quello
dell’hotel, cosa mi consiglia?
- Signor Della Noce, come le dicevo prima, per
quanto riguarda ristoranti e bar non ha che l’imbarazzo
della scelta. Alle spalle del suo hotel ci sono innumerevoli
ristoranti di alto livello, specializzati nel servire pesce o
carne, ma ci sono anche di quelli dove può gustare
entrambe le specialità. Le cito alcuni, il ristorante “Posta”
che si trova appunto nelle vicinanze della posta centrale, il
ristorante dell’hotel Vanoli che dà proprio sulla “piazza
dell’Unità” dove si affacciano pure i palazzi del Governo, il
Municipio ed il palazzo del Lloyd Triestino, poi nella
centralissima via Carducci c’è un rinomatissimo ristorante,
si chiama “Alle viole” frequentato dalla gente “bene” di
Trieste, ma dove vede un ristorante, ovviamente non una
trattoria, in centro può star sicuro che si troverà benissimo.
- Grazie signor Candotti, mi ha risparmiato un
bel po’ di lavoro nel leggere le mie guide che illustrano,
forse non sempre aggiornatissime, le caratteristiche dei
locali e degli hotels. Dallo stradario della città credo di
notare che le vie più importanti della città per i negozi di
un certo pregio siano la Contrada del Corso, la via Mazzini
e la via Carducci con alcune strade che le intersecano, o
sbaglio?
- No, ha perfettamente ragione, infatti sono le
vie più frequentate quando si fanno le passeggiate “in
centro” e si vanno ad ammirare le vetrine dei negozi di
abbigliamento, di scarpe e borsette, di gioiellerie, ecc..
Anche mia moglie ed io, la domenica, andiamo ad
accontentare la vista, unica cosa che noi ci possiamo
permettere, per poi scegliere i negozi di periferia dove si
possono trovare cose analoghe visivamente, ma
certamente non di quelle marche e soprattutto non di quel
prezzo.
23
Il treno entrò nella stazione di Monfalcone,
ultima tappa prima dell’arrivo a Trieste ed Eugenio
raccolse le sue carte, le riordinò e le sistemò nella sua
borsa. Gli capitò tra le mani il bigliettino scritto da
Rossella con l’indirizzo e i numeri telefonici di Padova e di
Arezzo. Lo guardò con un sorriso e rivide il suo bel visetto
acqua e sapone, sorridente e dolce. Rimase così alcuni
minuti poi lo piegò in due e lo ripose nel portafoglio che
rimise nella tasca interna della giacca sul lato sinistro,
vicino al cuore. Chiuse gli occhi ed appoggiò il capo sullo
schienale del divano, rivedendo ed analizzando la
situazione. Ma cosa gli stava succedendo? A lui che
vedeva solo gli affari, il lavoro, il correre da una città
all’altra senza quasi mai ritornarvici se non dopo lungo
tempo, un nuovo interesse lo affascinava: rivedere quanto
prima Rossella, poterle parlare e poterla toccare!
Bene, Eugenio si diede una scrollata, riaprì gli
occhi e pensò che ora doveva solo pensare al lavoro,
freddamente, senza emozioni, senza turbamenti che
avrebbero potuto compromettere l’esito del suo viaggio a
Trieste.
La signora Maria che aveva seguito il
comportamento di Eugenio negli ultimi minuti si rivolse a
lui dicendogli:
- Si sente bene signor Della Noce? Ha bisogno
di qualche cosa?
- No, no grazie, veramente molto gentile, mi
riposavo un momento. Sa tante ore di viaggio, anche se
seduti stancano. Arriveremo a Trieste alle 19.30, dovrò
andare in albergo, fare una doccia, cambiarmi, andare a
mangiare un boccone e poi mettermi a dormire in un
sonno ristoratore per essere in forma domani mattina.
Grazie ancora dell’interessamento.
Il treno, partito da Monfalcone, stava
viaggiando un po’ all’interno, dapprima lungo il Carso
Monfalconese e poi lungo quello Triestino. Giunto
all’altezza di Sistiana-Visogliano, la linea ferroviaria
avrebbe viaggiato a ridosso del ciglione prospiciente il
mare. D’un tratto una vista meravigliosa apparve ad
Eugenio che era seduto vicino al finestrino ed egli ne fu
affascinato.
Vide il golfo argenteo, con il sole che stava
abbassandosi in un’angolazione che lo faceva risplendere
24
in tutta la sua bellezza, alcune navi in navigazione, molte
barche a vela che veloci e silenziose andavano in tutte le
direzioni per rientrare, data l’ora, nei porticcioli di attracco.
Il golfo di Panzano, la laguna di Grado, di fronte la costa
istriana si stagliava nella sua maestosità con i sui colli e le
insenature frastagliati di gruppi di casette e piccole
cittadine, facevano da corona alla perla in fondo al golfo.
Quella perla era Trieste, anch’essa circondata dai suoi
colli, quasi a proteggerla.
Eugenio rimase incantato, si alzò in piedi quasi
che, così facendo, avesse potuto vedere di più. I suoi
occhi correvano da destra a sinistra velocemente, quasi
avesse paura di perdere qualche scorcio, qualche veduta,
qualche angolo di paesaggio.
- Bello eh! - disse la signora Maria - le piace il
nostro golfo e la vista della città? A chi ci viene per la
prima volta fa veramente una bella impressione, ma posso
assicurarle che anche per me che ci sono nata e mio
marito che ci vive da tanti anni, ogni volta è un’emozione
nuova, una sensazione che prende la bocca dello
stomaco e toglie il fiato. La costa è sempre là, la città
pure, il mare non si muove, eppure le sensazioni a tale
visione cambiano di volta in volta, vuoi per l’ora diversa
che fa cambiare i colori, vuoi per la stagione che, come un
pittore, pennella le colline nelle tinte che variano dal dolce
e tenero verde primaverile al rosso e giallo infuocati
dell’autunno. Ogni volta il quadro è diverso.
- Cari signori Candotti, come avrete sentito, io
viaggio molto, ma cose del genere non mi erano mai
capitate di vedere. Ho ammirato degli scorci stupendi sulle
coste, delle baie e delle insenature che facevano
paragonare le località a piccoli paradisi in terra, ma erano
piccoli scorci, qui invece quello che colpisce e stupisce
sono la vastità della bellezza, la completezza
dell’immagine che riempiono l’occhio e che non si riesce a
trattenere con uno solo sguardo.
Il treno procedeva veloce e, per un tratto,
apparve, proteso verso il mare, il bianco castello di
Miramare per subito nascondersi alla vista come fosse il
veloce scorrere di una diapositiva proiettato su di uno
schermo.
La velocità diminuì progressivamente, il treno
stava entrando lentamente nella stazione di Trieste. Il
convoglio procedeva molto lentamente in quanto si
25
trattava di una stazione terminale e non di transito dove il
treno non può permettersi il lusso di fermare un po’ prima
o un po’ dopo. I respingenti della motrice avrebbero
dovuto poggiare sui ceppi d’arrivo.
Non c’era bisogno di fare in fretta, tanto il treno
non ripartiva, ma sia i signori Candotti che Eugenio, prima
di raccogliere i loro bagagli, si salutarono ringraziandosi
reciprocamente per la conversazione che aveva fatto
passare in un lampo il viaggio.
- Buona permanenza nella nostra città - disse il
signor Candotti - vedrà che le piacerà tanto e sono sicuro,
ci ritornerà o prima o dopo. Trieste è una città nella quale
ci si lascia un pezzetto del proprio cuore. Di nuovo,
arrivederci.
Ringraziando, Eugenio porse la mano alla
signora Maria ed al signor Antonio e facendo un buffetto
sulla guancia del piccolo Mauro disse:
- Grazie di tutto e soprattutto delle preziose
informazioni sul come destreggiarmi nella città, grazie
ancora e arrivederci.
Presa la borsa e la valigia, Eugenio si avvicinò
all’uscita mentre, proprio in quell’istante, il treno si fermò in
mezzo ad un rumore assordante di valvole della pressione
che scaricavano i compressori del treno.
Capitolo 3
26
La pensilina era lunga da percorrere, infatti tra vagoni
tolti nelle varie stazioni e vagoni aggiunti in altre, la
carrozza del convoglio era diventata una delle ultime.
I portabagagli, con i loro carretti, andavano gridando:
- Valigie signori, facchino, pacchi, borse, bauli, prego
signori, prego.
Eugenio, avendo una piccola valigia ed una borsa,
rifiutò gentilmente e di buon passo si avviò all’uscita in
mezzo ad un folto numero di viaggiatori scesi da quel
treno.
Giunto all’uscita vide una fila di taxi in attesa e, pur
sapendo
che
l’albergo
era
vicino,
avendo
precedentemente studiato dettagliatamente la pianta della
città, preferì salire su uno di essi e farsi condurre all’hotel.
- Dove la porto signore? – chiese il tassista.
- Al Grand Hotel e de la Ville, grazie.
Il taxi partì lentamente ed imboccò la via Ghega
percorrendola tutta fino a piazza Oberdan, da lì proseguì
per la via Carducci, per poi svoltare nella piazza Goldoni
e scendere lungo Contrada del Corso fino a piazza della
Borsa. Presa la via del Canal Piccolo giunse in piazza
Tommaseo e svoltando a destra, sulle rive, giunse davanti
all’Hotel de la Ville e si fermò. Il tassista abbassò la
bandierina del contachilometri e chiese ad Eugenio il
prezzo della corsa.
Eugenio consegnò la somma richiesta, prese le
borse e scendendo commentò:
- Se un’altra volta vorrò fare un giro turistico glielo
chiederò, non occorreva lo facesse lei di sua iniziativa
dato che la stazione è laggiù in fondo. Se poi la corsa
aveva un prezzo minimo me lo comunicava e non mi
faceva perdere tempo.
Scese, sbattendo lo sportello e lasciando il
tassista ammutolito e rosso in volto.
Entrato nella lussuosa hall dell’albergo, si
diresse verso la reception dove un gallonato portiere lo
accolse con uno smagliante, ma discreto sorriso:
- Buona sera signore, in che cosa posso
esserle utile?
– Desidero una stanza, possibilmente in facciata con
vista sul golfo.
– Ma certamente, potrei darle la numero 316, al terzo
piano, dal quale godrà una amena vista sul mare e sentire
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una dolce brezza dall’odore salmastro del mare che le
allieterà il riposo notturno.
- Benissimo - concluse Eugenio consegnando i
documenti ed un biglietto da visita - mi fermerò due o al
massimo tre notti, le saprò dire. Data l’ora, salgo in stanze
per rinfrescarmi, vuole riservarmi un posto al ristorante per
la cena?
- Sarà mia premura, dottor Della Noce, faccia pure
con comodo - mentre con un cenno della mano chiamava
il facchino dell’albergo.
– Ragazzo, il bagaglio del dottor Della Noce alla 316,
e a lei dottore buona permanenza e per qualsiasi
necessità sono a sua completa disposizione, può contarci.
Seguendo il facchino verso l’ascensore, Eugenio
pensò:
- Che cosa si è costretti a fare per garantirsi una
buona mancia al momento della partenza!
Giunti al terzo piano si incamminarono attraverso un
lungo e ampio corridoio costellato di preziosi divanetti,
pregevoli specchi e tappeti persiani fino a giungere
davanti alla porta della stanza 316. Il facchino aprì la
porta, fece accomodare Eugenio, posò la valigia e la
borsa su di una panca vicino alla porta e consegnando le
chiavi fece un breve inchino.
Eugenio mise la mano nella tasca della giacca,
prelevò una banconota e la diede al facchino il quale con
un ulteriore inchino bisbigliò:
- Grazie mille, dottore!
La stanza era di notevoli dimensioni, in stile primi
ottocento con un bel lettone con copriletto in broccato, un
grande armadio, una cassettiera con uno specchio dalla
cornice dorata. In un angolo c’erano due poltrone con un
tavolinetto, mentre tra la finestra e la porta finestra che
dava su di un balconcino era posizionata una scrivania
con lo scrittoio e la carta e le buste intestate dell’hotel.
Eugenio scostò le tende ed aprì la porta finestra che
dischiuse una bellissima visione del porto con davanti il
molo Audace e leggermente sulla sinistra la Stazione
Marittima, mentre sulla destra era visibile quello che un
tempo fu l’idroscalo. Il sole era oramai calato e le prime
ombre della sera giocavano con gli ultimi riflessi dorati sul
mare, mentre alcune barche a vela, ormeggiate sulla riva,
si dondolavano pigramente facendo sentire il tintinnio delle
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sartie che battevano sull’albero lungo e proteso verso il
cielo. Il portiere aveva ragione, un delizioso profumo di
mare si espanse nella stanza, mentre la temperatura
diventava più fresca e gradevole.
Si tolse gli abiti stropicciati per il lungo viaggio e li
depose sull’apposita gruccia perché, il giorno dopo, il
personale lo portasse in lavanderia per essere rinfrescato
e stirato, Entrò nel bagno, notando che anch’esso era
all’altezza della fama dell’albergo, ampio, lindo, con luci
soffuse che dava un caldo senso di intimità. Su di un
mobiletto erano posizionati i flaconi sigillati di bagno
schiuma, sali da bagno, shampoo, lozioni per capelli ed
acqua di colonia oltre, s’intende, ad un set di asciugamani
e teli da bagno che avrebbero potuto far parte di un
corredo nuziale.
Per rilassarsi e riposare Eugenio decise di preparare
una bella vasca piena d’acqua, piuttosto calda, con i sali
ed immergersi per almeno una decina di minuti nella
speranza di non addormentarsi in quel dolce tepore.
Uscito dalla stanza da bagno, si rivestì con i ricambi
che aveva portato con sé e mise anche il vestito scuro che
non si era per niente stropicciato, anche se piegato nella
valigia.
Chiusa la stanza, ripercorse il corridoio, prese
l’ascensore e scese al piano terreno per recarsi al
ristorante. Il portiere lo vide, uscì da dietro il banco, gli si
avvicinò indicandogli la direzione che doveva prendere.
– Prego dottore, da questa parte, dopo il bar, sulla
sinistra c’è la sala ristorante.
– Grazie, credo che mangerò volentieri, ho un certo
appetito, è dalla colazione di stamattina che non metto
nulla di consistente sotto i denti.
Attraversò il bar dove alcune persone erano sedute ai
tavolini e conversavano tra di loro, o leggevano qualche
giornale. Si diresse quindi alla porta del ristorante che, al
suo arrivo, si aprì ed un ragazzo in giacca bianca lo
accolse:
- Buonasera signore, ha riservato un tavolo?
– Sì, ho chiesto al portiere di prenotare, sono Della
Noce.
– Ma certo dottore, l’accompagno.
Il ragazzo fece strada ed accompagnò Eugenio ad un
tavolo vicino alla finestra e, dopo l’immancabile mancia, si
29
sedette su di una comoda poltroncina. Immediatamente
giunse il maitre:
- Buona sera dottore, mi chiamo Osvaldo. Spero che
la sua permanenza presso l’hotel ed in città possa essere
gradevole.
Al che, ossequiosamente, chiese ad Eugenio se
avesse dei desideri particolari o potesse essere lui a
consigliare.
Eugenio disse solamente:
- Grazie per gli auguri Osvaldo. Essendo in una città
di mare, gradirei mangiare del buon pesce.
- Era quello che mi sarei permesso di suggerirle dottore
e per iniziare le consiglierei un paio di ostriche allo
champagne seguite da un antipastino di mare con salsine
varie. Per primo le proporrei dei tagliolini con l’astice ed un
assaggio di risotto dell’Adriatico, una delle specialità nel
nostro chef. Per secondo, le proporrei, un branzino al
sale con dell’insalatina di stagione. Per i vini mi permetta
di mandarle il somelier per i consigli del caso.
- Va bene Osvaldo, faccia lei, e mentre aspetto
gradirei un Martini cocktail ben ghiacciato.
– Ma certo dottore, le auguro buon pranzo, vado a
dare gli ordini in cucina, permesso.
Eugenio prese il giornale e continuò la sua lettura
tante volte interrotta durante il viaggio. Dopo qualche
minuto arrivò il ragazzo del bar con il cocktail su di un
vassoio corredato da salatini ed olive verdi. Al suo seguito
sopraggiunse il somelier con la sua brava cartella
contenente la lista dei vini ed il menù scelto da Eugenio.
- Buonasera signore, data l’ottima scelta del menù,
consiglierei dello campagne brut ghiacciatissimo per gli
antipasti, con il primo un po’ di tokaj sec del ’49, mentre,
per il secondo mi permetta di suggerirle del pinot grigio
novello della zona del Collio.
– Faccia lei, ma sappia che bevo pochissimo,
pertanto in me non troverà un appassionato intenditore,
comunque amo degustare del buon vino, altrimenti
preferisco l’acqua.
- Comprendo signore, lasci fare a me, vedrà che
rimarrà soddisfatto.
– Lo credo anch’io - pensò Eugenio - bevo poco, apre
tre bottiglie ed il conto sale. Non fa niente, il tutto fa parte
del gioco per crearsi un’immagine.
30
La cena venne servita con gran dispiego di personale
in una scenografia che solo un grand hotel come quello
poteva offrire, in un vorticare di cambi di posate, bicchieri,
piatti, carrelli che andavano e venivano in un turbinio che
solo la consolidata esperienza di Eugenio, in alberghi del
genere, evitava di fargli girare la testa.
Dopo poco più di un’ora di questo carosello, bevuto il
caffè, Eugenio si alzò dal tavolo e si diresse alla sua
stanza, ossequiato e riverito da tutto lo staff del ristorante.
La giornata era finita, bisognava fare un bel riposo
per essere arzilli ed iniziare la giornata di lavoro
preparatorio all’affare che Eugenio aveva in mente di
sviluppare.
Salito alla stanza 316, si affacciò alla finestra, che era
rimasta aperta, per ammirare la bellezza notturna del
golfo. Era una nottata senza la luna, pertanto il buio era
totale, reso suggestivo dai punti luminosi che sui piroscafi
all’ancora in rada disegnavano la sagoma pigra della
nave. Più in là le forti lampare delle barche dei pescatori,
che attiravano i pesci nelle reti tese tra di esse, davano la
sensazione dell’operosità notturna di quelle piccole
imbarcazioni che con pochi uomini a bordo stavano
procurando il pesce fresco per l’indomani da offrire ad una
città che al momento stava dormendo.
Eugenio inspirò a pieni polmoni la fresca aria dal
profumo salmastro, diede ancora un ultimo sguardo al
golfo, chiuse le persiane e si apprestò ad andare a letto.
Capitolo 4
Erano le 7.30 quando Eugenio aprì gli occhi
perfettamente soddisfatto della nottata trascorsa in un
31
sonno tranquillo e ristoratore. Si sentiva bene, si alzò e
andò alla finestra, che spalancò per aprire le persiane e
vedere come si sarebbe presentata la giornata.
Uno splendido cielo terso e un caldo sole di fine
primavera abbracciarono Eugenio quasi a dargli un
affettuoso benvenuto dalla città. La vita operosa si stava
risvegliando, la gente andava di fretta, vetture e furgoncini
passavano veloci lungo le rive, mentre sulla destra, nel
porto vecchio, si vedevano le gru già all’opera e si udiva,
in lontananza, il frastuono dello spostamento delle merci,
che venivano scaricate dalle navi per essere poste nei
magazzini.
Eugenio stette qualche minuto appoggiato al
davanzale ad osservare il movimento ed il viavai dei
veicoli ancora contenuto data l’ora, respirando la pura e
fragrante aria che la brezza mattutina, dolcemente,
portava a lui quando, improvvisamente, il paesaggio si
dissolse ed alla sua mente apparve il dolce e sorridente
viso di Rossella.
Rimase così per breve tempo, che a lui sembrò
lunghissimo, finché si scosse e pensò tra sé e sé:
- Ahi, Ahi Eugenio!! Ho paura che questa sia una
“cotta” per la laureanda in medicina. A lei, però, sarà
meglio pensarci dopo il lavoro, ora bisogna avere la mente
libera da pensieri per non essere distratti nel portare a
termine il lavoro che ti sei prefissato.
Si ritirò dalla finestra per entrare nel bagno, radersi e
fare tutte quelle cose che quotidianamente si devono
eseguire per affrontare al meglio la giornata.
Si vestì e scelse una cravatta chiara a pois adatta ad
una splendida giornata come quella. Scese al piano terra
e si recò nella sala, attigua la bar, per consumare la prima
colazione. C’era parecchia gente seduta ai tavoli tra cui si
potevano notare parecchi ufficiali in divisa; si sarebbe
capito che erano americani non solo dalla divisa, ma
anche dal tipo di alimenti e bevande che stavano
consumando: caffè lunghissimo in tazze grandissime,
cereali, pane tostato caldo, tre o quattro uova fritte con la
pancetta. Eugenio si sistemò in un angolino onde cercare
di non dover annusare, al mattino presto, l’odore di fritto
cui non era abituato e poter consumare un cappuccino
con brioche, colazione certamente più tipicamente italiana.
Un giornale locale, “Il Giornale di Trieste” era
collocato, piegato, sull’angolo destro del tavolo. Era
32
l’edizione di venerdì 8 Giugno 1951, Eugenio diede
un’occhiata ai titoli
In prima pagina il titolo dell’articolo di fondo, in
grassetto, era:
“MISTERIOSA SCOMPARSA DALL’INGHILTERRA DI
DUE ALTI FUNZIONARI DEL FOREIGN OFFICE”
L’articolo iniziava così: Un telegramma da Parigi li
conferma sani e salvi però risultano vane le ricerche della
polizia francese che sorveglia gli aeroporti e le frontiere.
Non è esclusa una fuga in Russia in quanto erano a
conoscenza di importanti segreti di Stato.
Nelle pagine interne, tra l’altro, veniva evidenziato il
problema della ricettività alberghiera di Trieste nel timore
di una scarsa capienza in vista della prossima
inaugurazione
della
locale
Fiera
Campionaria
Internazionale.
Ed ancora, il giro d’Italia, che aveva fatto tappa in
città alcuni giorni addietro, ieri era giunto a Cortina
d’Ampezzo con all’attacco Bobec e Fausto Coppi che
hanno preceduto sulla linea di traguardo Fiorenzo Magni.
Van Steenberger conserva la “maglia rosa”.
In città la segnaletica stradale è poco efficace e, più
che agevolare il traffico, lo complica. Denunciato l’eccesso
di zelo dei tutori dell’ordine.
Vasta eco per gli spettacoli in programma: Al Teatro
Verdi si replica “La figlia di Jorio”, al Politeama Rossetti
continua con successo gli spettacoli della Compagnia di
Wanda Osiris, alla Ginnastica Triestina si inaugura la
stagione teatrale estiva.
Nella pagina della cronaca politica si può leggere:
“Incomincia il sogno dell’unione dei paesi europei”, l’Italia
è rappresentata da Alcide De Gasperi che, in ottimo
tedesco, è intervenuto al dibattito evidenziando, tra l’altro,
il pericolo comunista per l’Europa, prospettando la
necessità di arginare questa avanzata.
Dopo la breve scorsa, ripose il giornale sul tavolo e,
alzatosi si avviò verso la hall.
Uscito dall’hotel, Eugenio fece un breve tratto di
strada e raggiunse la piazza del Tommaseo per poi salire
verso la Contrada del Corso. Bellissimi negozi si aprivano
da una parte e dall’altra della strada ed anche nelle tante
strade laterali e nelle vie parallele al Corso. Tutto il centro
cittadino era un susseguirsi di negozi le cui tende parasole
33
erano abbassate in modo che la merce esposta non
venisse danneggiata dai raggi del sole. Eravamo verso la
fine della settimana e la gente si affrettava per svolgere
sia le commissioni che gli ultimi acquisti.
Si soffermò, come fosse un turista, ad ammirare i capi
d’abbigliamento, le scarpe, le camicie, le cravatte, borse
ed oggetti in pelle di tutti i tipi, gli sfavillanti gioielli esposti
nelle oreficerie. Ogni tanto l’olfatto veniva stuzzicato dal
fragrante odore del pane e dei dolci appena sfornati da
alcune pasticcerie, molto rinomate, che incontrava lungo il
suo percorso. In altri punti del suo vagabondare, l’olfatto fu
colpito dall’acre odore dei crauti appena cotti e dalla carne
di maiale bollita assieme a salsicce, cotechini e zamponi
nelle caldaie dei caratteristici buffet, che solo a Trieste era
dato di incontrare; punti di riferimento e di sosta sia per
veloci spuntini di mezza mattina a base di panino e birretta
che di piatti misti più sostanziosi con contorno di fumanti
crauti, senape e kren (termine tedesco che si riferisce al
rafano forte) per una veloce colazione consumata da chi
non riusciva, per questioni di tempo, ad andare a casa a
mangiare
In tutto questo vario mondo del commercio triestino,
ad Eugenio interessavano di più due attività nel
complesso, avrebbe cercato la migliore pasticceria ed il
più rinomato gioielliere della zona per cercare di
concludere l’affare per cui era venuto a Trieste.
Dopo aver girato parecchio, ed essendosi fatto una
sua opinione personale, volle confrontare le sue
conclusioni con delle informazioni attinte chiedendo
consigli presso qualche bar.
In quel momento si trovava dalle parti della chiesa di
Sant’Antonio Taumaturgo e pensò di entrare per prendere
un caffè in un grande bar d’angolo. L’ambiente era in
classico stile austriaco con tavolini il cui piano, rotondo,
era di marmo bianco su basi metalliche, le cui gambe
terminavano con degli appoggi simboleggianti la zampa
del leone. Attorno ai tavolini c’erano sia delle poltroncine
in pelle che le mitiche sedie “Thonet” con il sedile in paglia
di Vienna e lo schienale a doppio arco in legno. Il bancone
del bar era un cesello con
medaglioni incastonati
contenenti stampe antiche che raffiguravano scene di
caccia, tenute, castelli. Al centro troneggiava un vecchio
registratore di cassa in ferro argentato sul quale erano
34
scolpite delle foglie di acanto e dei tralci di vite,
rigorosamente funzionante a manovella.
Oltre un tendaggio in pesante velluto rosso cupo
leggermente aperto, vide alcuni tavoli da biliardo sui quali,
chini, stavano cimentandosi con le stecche degli esperti
giocatori.
Eugenio , durante i primi approcci, aveva detto a
Rossella che a lui piaceva studiare un po' la città per non
fare la figura del turista che "vaga“ e viene notato da tutti,
ma in questo caso, non poté ostentare indifferenza e fare
a meno di non rimanere a bocca aperta di fronte a una
cosa, per lui, nuova e splendida.
Si ricompose immediatamente, si avvicinò al banco e
chiese al barista un caffè con un po’ di latte freddo a parte.
Eugenio sorbì il caffè apprezzandone la fragranza e
l’aroma, cose che solo a Napoli, poteva trovarne simili. Il
barista, nel frattempo, stava sistemando alcuni bicchieri su
di un tovagliolo sotto il banco ed egli approfittò per
chiedere:
- Mi scusi, avrebbe la compiacenza di indicarmi
un’ottima pasticceria qui, nei paraggi?
– Ma certamente - rispose il cameriere - proprio
all’altro lato della piazza c’è una delle migliori pasticcerie
di Trieste, se non la migliore.
Indicò con la mano la direzione che avrebbe dovuto
prendere per raggiungerla.
- Grazie molte, è stato davvero assai gentile, quanto
le devo?
Il banconiere incassò il prezzo del caffè ed Eugenio
lasciò accanto al piattino una buona mancia.
– Grazie signore, arrivederci e torni presto a trovarci.
Uscito dal bar, si avviò lentamente per andare a
vedere da vicino la pasticceria suggeritagli dal solerte
barista. Attraversò la piazza guardandosi in giro per
vedere quanto movimento ci fosse a quell’ora e in quel
punto. La pasticceria era veramente bella e nelle vetrinette
facevano bella mostra di sé tantissimi pasticcini, pastine e
torte di tutti i tipi. Il profumo che usciva in strada era
delicato e gradevole e sopra di tutto si sentiva la fragranza
del burro con cui i dolci erano stati preparati. All’interno,
due clienti stavano scegliendo alcune pastine da portare a
casa e la commessa le sistemava sapientemente su dei
piccoli vassoi di cartone. Eugenio pensò che l’ambiente
fosse sicuramente di una raffinatezza unica, ma non
35
faceva al caso suo per l’affare che avrebbe voluto
concludere.
Passando lungo il fianco della chiesa di Sant’Antonio,
si avviò verso la centralissima via Carducci, piena di vita e
di traffico e fatte poche decine di metri, vide una grande
panetteria-pasticceria dal cui ingresso si notava un
continuo viavai di gente che entrava ed usciva.
Avvicinatosi alla porta, sbirciò dentro e vide una cosa
quasi inverosimile: decine di persone assiepate vicino al
banco vendita che chiedevano a gran voce alle sei
commesse di essere servite. Una settima persona, un
omone grande e grosso con la giacca bianca da
panettiere stava alla cassa cercando di accelerare il lavoro
di incasso per far defluire le persone e lasciare il posto
alle tante altre che entravano.
Ecco, questa sì! Era la pasticceria che cercava, piena
di vita febbrile, di movimento, di animazione, di agitazione,
di folla, gente, viavai che facevano girare la testa e
stordivano.
All’esterno, a fianco della porta, c’era una targhetta
sulla quale, per ordine delle autorità, veniva inciso il nome
del depositario delle chiavi con il recapito telefonico.
Questa era una vecchia ordinanza della Pubblica
Sicurezza e serviva, in caso di necessità, durante le ore di
chiusura, per reperire il responsabile e poter aprire
l’esercizio se fosse stato necessario entrare per controlli
su eventuali principi d’incendio o tentativi di scasso e furti.
Il nome era Bonifacio!
Il tempo passava veloce e mezzogiorno era da poco
passato quando egli
si allontanò dalla pasticceria
Bonifacio dirigendosi nella vicina piazza Goldoni dove si
sedette ad un tavolino esterno di un bar d’angolo per
prendere un aperitivo.
Ordinò un aperitivo leggermente alcolico. Il sole era a
picco sulla piazza, ma il tavolino era sistemato sotto un
ombrellone e una leggera brezza rendeva piacevole il
luogo.
Ai tavoli vicini erano sedute parecchie persone, per lo
più anziane, che leggevano un giornale o chiacchieravano
tra di loro, qualche mamma lavorava a maglia o ricamava
mentre guardava il suo bambino giocare con i coetanei
sulla piazza, che centralmente era adibita a isola
pedonale, pertanto senza pericoli.
36
Il cameriere gli portò un bicchiere molto alto
contenente l’aperitivo di un colore rosato chiaro con
parecchi cubetti di ghiaccio ed una cannuccia. Sul vassoio
c’erano pure alcune ciotoline contenenti arachidi tostati ,
olive verdi, patatine e alcuni biscottini salati. Osservò il
cameriere che era bassissimo di statura, poco più di un
nano. Infatti in piedi era alto poco di più dei clienti seduti,
ma si destreggiava con abilità ed eleganza a posizionare
sul tavolo l’aperitivo e gli accessori.
Terminato di servire il cameriere si rivolse ad
Eugenio:
- Spero che sia di suo gradimento l’aperitivo, lo
assaggi altrimenti le faccio preparare qualche cosa d’altro.
Rimase colpito dalla gentilezza di quell’ometto e
rispose:
- Andrà bene di sicuro, io non conosco molti tipi di
aperitivi e ad ora di colazione preferisco qualche cosa di
leggero e dissetante come sembra, essere questo che mi
ha servito. Grazie comunque della sua premura. Come si
chiama?
Il cameriere assunse un’aria afflitta:
- Vede, egregio signore, la sorte alle volte si
accanisce in modo particolare con le persone e nel mio
caso ha fatto il massimo. Sono basso di statura, ho un
metro e sessanta centimetri, ed è già una disgrazia in una
città dove la media dell’altezza degli uomini supera il
metro e settantacinque centimetri, ma quello che completa
la mia disgrazia è il nome. I miei genitori mi hanno
chiamato Ercole, comprende la mia pena?
- Suvvia non si abbatta - replicò Eugenio - se tutti i
mali fossero questi........la statura ha un’importanza
relativa ed il nome di Ercole è sinonimo di forza e di
potenza che, non è detto sia solo fisica, può essere anche
forza morale. Cosa dovrei dire io che mi chiamo Eugenio,
nome portato da un vescovo di Cartagine, da un grande
ammiraglio e letterato siciliano, dal viceré d'Italia figlio di
Giuseppina, la prima moglie di Napoleone, e persino da
quattro Papi. Io invece che, molto più semplicemente,
sono un uomo d’affari?
- La ringrazio signore per le belle parole, ma sono
una magra consolazione di fronte agli scherzi e ai lazzi dei
ragazzi che passano per la piazza e da lontano mi
gridano:
37
- A che fatica sei arrivato oggi Ercole? Ora mi
perdoni, devo andare, altri clienti mi reclamano.
Eugenio rimase pensieroso e perplesso, sì
effettivamente era una bella disgrazia, povero Ercole e le
comparazioni col proprio nome non furono sicuramente
un’uscita né felice né tantomeno consolatrice.
Sorseggiò l’aperitivo, molto gradevole, il cui
sottofondo aveva il gusto di albicocca che si combinava
molto bene con gli stuzzicchini salati.
Assorto nei suoi pensieri, non si accorse che oramai
era rimasto quasi solo seduto ai tavolini, infatti un orologio
posto su di un palazzo di fronte batté in quel momento i
suoi tredici rintocchi e la gente era rincasata per la
colazione. Chiamò il cameriere per poter pagare, Ercole si
avvicinò, prese la banconota dal tavolo e vi pose il resto
che non era molto. Eugenio si alzò, lasciando il resto, e
chiese al cameriere dove si potesse fare uno spuntino
veloce lì vicino.
- Se le fa piacere, c’è un luogo caratteristico, dove si
possono mangiare anche dei piatti singoli, ma tutti
genuinamente appartenenti alla cucina tradizionale
triestina. Attraversi la piazza e, laggiù, sotto quel portico,
c’è una famosa “Taverna”, vedrà si troverà bene. Ercole
prese la mancia, ringraziò, tolse il vassoio e rientrò
all’interno del bar per depositare i vuoti.
Eugenio attraversò la piazza, ormai vuota, senza i
bimbi festanti che giocavano, poche persone ritardatarie
sostavano alle numerose fermate delle filovie, degli
autobus e dei tram per far ritorno a casa. I negozi e gli
uffici erano chiusi per la pausa meridiana e la città
sembrava essersi fermata, i rumori erano limitati ed
ovattati, tanto che Eugenio riuscì a sentire quello dei suoi
passi sulle lastre di pietra arenaria che ricoprivano la
piazza.
Arrivò davanti all’arco indicatogli da Ercole che era
l’inizio di un passaggio sotto la casa conducente al cortile
interno ricoperto da una pergola di uva fragola sotto la
quale erano sistemati alcuni tavoli pieghevoli in legno,
caratteristici delle trattorie di campagna. Dietro alla
pergola si apriva la porta d’ingresso della taverna vera e
propria. Era veramente un locale caratteristico, molto
modesto, ma sul banco di mescita vide una gran varietà di
pietanze poste su dei piatti da portata sistemati l’uno
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accanto all’altro in un insieme di colori e forme che mai
aveva visto in altri posti d’Italia. L’aspetto era invitante e
cominciò a guardare nel tentativo di capire cosa vi fosse
esposto.
Visto l’imbarazzo di Eugenio un cameriere gli si
avvicinò:
- Permette signore, immagino lei sia forestiero, posso
illustrarle le nostre specialità?
– Sì, certo, anzi gliene sarei grato.
- Allora incominciamo: quelli sono chiamati “gnocchi
di pane” e sono fatti con del pane raffermo messo a mollo
ed impastati con della pancetta affumicata tagliata a
dadini, pezzetti di formaggio, aglio e prezzemolo e
vengono lessati e conditi con il ragù di carne di maiale.
- Lì abbiamo il “rodolo de spinaze” che sarebbe una
sfoglia fatta con l’impasto degli gnocchi di patate riempita
di spinaci al burro e parmigiano, viene arrotolato su se
stesso, messo in un canovaccio e fatto bollire in brodo
bollente. Viene servito a fettine condite con del burro fuso
con salvia e una spolverata di grana.
Il cameriere indica un altro piatto:
– Quelli sono i “nervetti” che sono i tendini attorno al
ginocchio e nella parte bassa delle zampe anteriori del
vitello, tagliati a pezzetti, lessati e conditi con olio, tanta
cipolla cruda, sale e pepe.
- Quelle sono delle melanzane e degli zucchini
tagliati a fette ed impanate, vengono servite tiepide o
fredde, mai calde.
- Quelle che vede lì sono una delle nostre specialità,
sono semplici polpette fritte, ma il nostro cuoco ha una
ricetta segreta nella quale mescola in proporzioni giuste
vari tipi di carne, so che ci mette del prosciutto e chissà
quante spezie ed aromi. L’impasto lo fa il mattino presto
quando non c’è nessuno tanto è geloso della sua ricetta e
delle sue proporzioni. Le garantisco che vengono qui da
tutta Trieste per mangiarle e ne friggiamo circa duecento e
cinquanta pezzi, che non arrivano mai alla sera. Infine
abbiamo la classica caldaia con le specialità di carni di
maiale ed insaccati.
Eugenio fissò tutti questi piatti indeciso su cosa
prendere per soddisfare le sue curiosità, fu allora che
azzardò una richiesta:
- Sarebbe possibile avere degli assaggini di un po’ di
tutto?
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– Ma certamente signore, posso proporle il nostro
piatto tipico denominato “I sapori di Trieste” che è
composto appunto da una serie di piccoli assaggi di tutte
le nostre specialità. Se mi permette le suggerisco di
accompagnarlo con del vino Terrano, tipica produzione del
Carso, che bene si accompagna con i gusti forti.
- Bene mi siedo a quel tavolo d’angolo e attendo
fiducioso e curioso di assaggiare tante cose, per me,
nuove. Sembra quasi di essere all’estero!
Si sedette al tavolo prescelto, si guardò in giro e vide
un arredamento molto modesto, anche se pulitissimo, ben
differente dai locali che normalmente era uso frequentare,
ma il folklore vuole anche queste varianti e sacrifici per
rendere la vita piacevole e varia.
Mentre stava aspettando impaziente il piatto ordinato,
cominciò a pensare a dove si sarebbe recato il pomeriggio
alla riapertura dei negozi e presa la sua inseparabile guida
iniziò a sfogliare le pagine sulle quali erano elencati i vari
negozi dei diversi settori merceologici. Scorrendo le righe
vide menzionata pure la “premiata pasticceria Bonifacio”
che reclamizzava le sue famose paste creme, i cannoli, le
francesine e i krapfen indiani. Il suo sguardo si fermò su di
un elenco di orologerie-oreficerie. Alcune vantavano
marchi di fabbrica di alto prestigio in concessione
esclusiva per il territorio di Trieste, altri proponevano
gioielli creati da maestri olandesi, specialisti nel taglio dei
brillanti. Mentre leggeva gli indirizzi di gioiellieri del centro
cittadino, arrivò il cameriere con un gigantesco piatto
ovale fumante e pieno di ogni ben di Dio.
Il cameriere posò il piatto dinanzi a lui, stappò la
bottiglia di vino e dopo aver annusato il tappo, per
controllare che il vino si fosse ben conservato, versò un
goccio di vino sul fondo del bicchiere invitando il
commensale a provarlo per vedere se era di suo
gradimento.
Eugenio, controllò contro luce il colore del vino in
trasparenza e notò che era molto corposo e lasciava,
facendolo roteare all’interno del bicchiere, un alone
intenso. Lo assaggiò, rimase un momento perplesso per
quel nuovo gusto che lui non conosceva, così forte, un po’
asprigno, ma che una volta lasciato scivolare in gola,
lasciava sul palato una fragranza inaspettata ed un
marcato gusto d'uva.
40
– Sì, un gusto nuovo ma piacevole, penso che sarà
adatto per far digerire questa pantagruelica portata. Meno
male che avevo deciso di fare un leggero spuntino!!!
- Mangi con calma, signore, assapori pian piano tutti i
gusti e vedrà che, alla fine, non avrà alcun problema di
digestione. Al massimo, semmai, una buona grappa
dell’Istria in chiusura la farà uscire come non avesse
nemmeno pranzato. Buon appetito!
Eugenio si destreggiò con coltello e forchetta per
prendere dei piccoli pezzi delle varie specialità ed
assaggiarli. Tutto favoloso, gusti nuovi, intensi, fragranti,
sapori inusitati, ma piacevoli: il rotolo di spinaci con burro
fuso leggermente tostato, aromatizzato con la salvia,
delicato e intenso nello stesso tempo, gli gnocchi di pane,
al primo impatto quasi dolci per poi variare di sapore
quando la pancetta affumicata, l’aglio ed il prezzemolo li
rendevano gustosi unitamente al ragù alquanto piccante.
La battaglia con il piatto fu dura, ma alla fine, come
sempre, vinse Eugenio, sorseggiò il vino rimasto nel
bicchiere pensando che, per uno che era quasi astemio,
bere più di mezza bottiglia, era davvero molto.
Anche in questo, Trieste era riuscita ad incantare e
far cambiare abitudini al forestiero, tant’è che per un
momento, pensò di essere in città da una vita e non da
poco più di mezza giornata. Ordinò un caffè, rifiutando
cortesemente la grappa dato che aveva ecceduto con il
vino e riprese a consultare la sua guida.
Quando ci si trova bene, il tempo passa veloce e
data una rapida occhiata all’orologio, vide che erano le 15
e 30, ora di riprendere il suo giro di perlustrazione ai
negozi del centro che a quell’ora avrebbero riaperto i
battenti. Pagato il conto e ringraziato il cameriere per
l’ottimo suggerimento, uscì all’aria aperta e provenendo da
un ambiente oscuro e fresco, l’intensità di luce solare che
colpì i suoi occhi, gli diede un attimo di sofferenza.
In piazza Goldoni il viavai di persone e mezzi era
ricominciato, la gente ritornava al lavoro dopo la pausa per
il pranzo, magari qualcuno s’era attardato e correva un po’
di più per non giungere fuori orario al lavoro.
Eugenio imboccò
via Mazzini che percorse
lentamente osservando superficialmente le vetrine dei
numerosi negozi che vi si affacciavano. Giunse davanti
alla vetrina di una piccola oreficeria ed osservò la merce
41
esposta, alcune catenine, un paio di bracciali, una serie di
anelli di modesto valore, per lo più con pietre incastonate
di bassa qualità e costo.
Imboccò alcune strade laterali dove, grazie alla guida
che prima aveva consultato, sapeva fossero ubicate delle
gioiellerie di più alta levatura. Infatti nella seconda laterale
a destra vide un negozietto delle stesse dimensioni di
quello di via Mazzini, ma nella sua vetrina spiccavano
gioielli di ben altra fattezza, bracciali a maglia con
splendidi rubini incastonati, orologi di prestigiose marche
svizzere con la cassa in oro, alcuni anelli con delle
montature di brillanti di buon taglio.
Scese in direzione del mare zigzagando tra le strade
principali e le vie laterali, finché giunse davanti ad un
negozio che nulla aveva da invidiare ai famosi gioiellieri di
Parigi o Londra. Le ricche vetrine presentavano i loro
gioielli singolarmente per non essere confusi con quelli
vicini, evidenziati su panni di velluto di colori intensi e scuri
per far ancor di più risplendere quelle meraviglie, frutto di
paziente lavoro di maestri orafi e cesellatori.
I prezzi, ovviamente, non erano esposti onde evitare
degli infarti ai possibili acquirenti. Eugenio decise che
quello era sicuramente il negozio a cui si sarebbe rivolto.
Finito il giro di ricognizione che si era prefissato, risalì
la contrada del Corso per andare alla pasticceria Bonifacio
individuata in mattinata. Procedette a passo lento, assorto
nei suoi pensieri, quando all’improvviso gli apparve
nuovamente il viso sorridente di Rossella. Pensò a lei con
nostalgia ed il desiderio di rivederla quanto prima lo
pervase tanto che decise di accelerare i tempi della
permanenza a Trieste in modo che, al rientro, avrebbe
potuto fare una fermata a Padova, magari per un paio
d'ore, per poter incontrare nuovamente di persona e
prendere per mano quella ragazza che ormai si era
insinuata nei suoi più intimi pensieri e che, quasi a sua
insaputa, aveva preso posto nel suo cuore. Che fosse
amore? Pareva proprio di sì, il classico colpo di fulmine!
Erano ormai le 17 e 30 ed Eugenio si ritrovò davanti
alla pasticceria Bonifacio, la ressa della mattina era finita,
c’erano solamente due commesse, un cliente e l’omone
alla cassa. Entrò nel negozio, si rivolse al cassiere nella
speranza che fosse il titolare:
- Buon pomeriggio!...... il signor Bonifacio?
- Sono io, in che cosa posso esserle utile?
– Ah! ho avuto fortuna, non sono di Trieste e dei miei
buoni conoscenti mi hanno indicato la sua pasticceria
42
perché avrei bisogno di acquistare un bel po’ di pastine
assortite.
- Grazie della fiducia - rispose il signor Bonifacio effettivamente la nostra produzione è artigianale e la
faccio preparare con i migliori ingredienti che si possano
trovare da un abile pasticcere che lavora tutta la notte per
sfornare al mattino la produzione calda e fragrante. Spero
che non le servano per oggi in quanto sono rimaste
solamente quelle poche invendute di stamattina.
- No, no volevo appunto ordinarle per domani, verso
la fine della mattinata. Domani, sabato, infatti faremo una
bella festa per il mio fidanzamento nel giardino della villa
della mia promessa sposa. Saremo almeno duecento
persone e desidererei prenotare cinquecento pastine,
magari di dimensioni un po’ ridotte, ma varie e ben
assortite.
- Bene signore, dato il numero, le farò preparare una
fornitura a lei riservata che potrebbe essere pronta,
diciamo alle 11 e 30, le andrebbe bene?
- Perfetto, il tempo di ritirarle e darle alla servitù che le
disponga opportunamente, per il dessert, alla fine del
rinfresco. Mi va benissimo, quanto le devo?
– Lasci stare, rispose il signor Bonifacio, le pagherà
domani, per un signore distinto come lei non è il caso.
- No - replicò Eugenio - sono passato già stamattina
e ho visto la mole di lavoro che ha e io non avrò tempo di
aspettare il mio turno non volendo nel contempo attirami le
ire dei suoi clienti nello scavalcarli. Le pago volentieri
adesso.
- Come crede, dato la fornitura elevata le farò una
piccola riduzione di prezzo. I costi sono leggermente
differenti a secondo del tipo delle pastine, le farò un valore
unificato di venticinque lire cadauna. Il totale è 12.500 lire.
Eugenio trasse dalla tasca interna della giacca
il suo bel portafoglio di coccodrillo, prese alcune
banconote che consegnò. Il pasticcere prese un
blocchetto sul quale scrisse “500 pastine lusso, assortite,
tutte e 12 le nostre specialità” consegna ore 11 e 30 al
sig.........che nome devo mettere?
- Ennio Rossi - rispose. e ritirato il resto del contante,
salutò il titolare della pasticceria ed uscì.
Eugenio si ritrovò nel traffico convulso del venerdì
sera e si diresse, lungo la via Carducci, in direzione verso
la stazione ferroviaria. Giunto al primo incrocio, con il
semaforo rosso, si fermò e vide un taxi libero, fermo
43
anche lui. Fece un cenno al conducente, il quale annuì e
lui salì mentre il semaforo passava al verde.
- Buona sera signore dove la debbo portare?
– Faccia lei - replicò Eugenio - ho avuto una giornata
pesante e prima di rientrare all’albergo vorrei sostare in un
luogo tranquillo.
– Se le va bene, io proporrei di accompagnarla sul
lungomare di Barcola, dove ci sono parecchi bar dai quali,
seduto al tavolino tranquillamente, può ammirare la
bellezza del golfo e in distanza lo stagliarsi splendido del
bianco castello di Miramare verso l’azzurro del mare.
- Ottima idea, vada pure!
Giunti che furono sul lungomare, l’autista fermò il taxi
davanti ad un bar gelateria e disse:
- Ecco signore, per rientrare in città farà una
passeggiatina lungo il mare di circa 600 metri e si troverà
al capolinea del tram numero 6 o se preferisce, lì accanto,
c’è pure il posteggio fisso dei tassametri.
Eugenio pagò la corsa, ringraziò e salutò l’autista
scendendo dalla macchina chiuse la portiera.
Il sole stava calando verso il crepuscolo, illuminava
di riflessi argentei e dorati le creste di piccole onde che
increspavano dolcemente il mare mosso da una leggera
brezza da ovest.
Parecchia gente sostava ancora ai tavoli del bar,
tranquilla, senza far rumore, parlando sottovoce quasi a
non voler turbare la pace e la bellezza di quella scena.
Sedette ad un tavolo laterale per poter godere ancora
di più la tranquillità del posto, ma si accorse di avere la
gola secca e il desiderio di bere una bella birra fresca,
pensò che, forse, il lauto pasto meridiano non fosse stato
così digeribile come reclamizzato, fece cenno al cameriere
che si avvicinò.
- Buona sera signore, cosa posse servirle?
- Una bella birra fresca di buona marca, grazie. –
- Non ci sono problemi, qui a Trieste abbiamo una
delle migliori fabbriche di birra d’Europa, la Dreher, che
nulla ha da imparare dalle fabbriche di birra germaniche,
gliela porto subito, con permesso.
Alcuni minuti dopo il cameriere gli portò la birra in
uno strano bicchiere a forma di stivale, bella, dorata e
spumeggiante.
– Ecco signore, con questo bicchiere si ha il modo
migliore per gustare la birra. Lei è forestiero vero?, stia
attento che la punta dello stivale deve essere rivolta
sempre verso il basso, quando beve, altrimenti, se la
44
punta è rivolta verso l’alto, per caduta fuoriesce e si bagna
tutta la camicia.
- Grazie del suggerimento, io non ci avrei pensato e
quasi d’istinto avrei messo la punta verso l’alto. Giusto!
per la legge dei vasi comunicanti il livello si sarebbe
unificato e la fuoruscita di birra sarebbe stata maggiore.
Se si vuole, si può fare veramente un tiro mancino agli
ignari amici.
Prese con avidità il bicchiere e si dissetò con due bei
sorsi di birra, poi fissò lo sguardo sulle crestine delle onde
argentee e mosse che, come fossero la moneta fatta
dondolare da un ipnotizzatore, ebbero il potere di
concentrare la sua attenzione e l’ondeggiare argenteo si
avvicinò sempre più fino a farlo entrare in un mondo
nuovo, evanescente, etereo, celestiale, incorporeo.
In questa strana luce da lontano udì una voce che lo
chiamava: - Eugeniooooo.... . Poi una figura si concretizzò
quasi si materializzò, vide Rossella con le braccia protese
in avanti che gli correva incontro e, raggiuntolo, lo
abbracciò forte poggiando la guancia sulla sua spalla. Lui
la strinse a sé dolcemente, avrebbe voluto darle un bacio,
ma ebbe paura che staccandola da lui, quella
meravigliosa sensazione cessasse e non voleva
assolutamente che quell’attimo meraviglioso finisse.
Quanto tempo fosse passato non si sa, ma venne
riportato alla realtà dalla voce del cameriere che diceva:
- Si sente bene signore? Ha bisogno di qualche
cosa?
- No, grazie, scusi ma sono in po’ stanco, ho avuto
una giornata pesante e, rilassandomi, qui al fresco,
probabilmente mi sono appisolato.
Finì di bere la birra, pagò e si alzò dal tavolo
salutando e dirigendosi verso il tram che l’avrebbe
riportato in città.
Strada facendo, a mente lucida, ripensò a quello che
gli stava succedendo. Rossella era proprio entrata
prepotentemente nella sua vita, ma lei si ricordava ancora
di lui? o era stato solo un incontro fugace, una breve
conoscenza di viaggio. Però.............quel bacio innocente
alla stazione di Padova, quella fuga a testa bassa, il non
voltarsi a salutarlo, potevano avere un significato? Quel
visetto acqua e sapone avrebbe cambiato la sua vita
disordinata di eterno vagabondo? Che fosse giunto il
momento di voltare pagina, mettere la testa a posto e
ricominciare daccapo e crearsi un avvenire sereno,
tranquillo, sicuro, una vita in due da percorrere
parallelamente in sintonia, armonia, dialogo, simpatia e
amore?
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- Sarebbe bello - pensò - però non corriamo troppo
con la fantasia, Rossella sarebbe il traguardo, il sogno che
si avvera, la serenità per il futuro.
Queste sono speranze non certezze, una
conoscenza di un paio d’ore, anche se intense con una
persona che pensa e ragiona allo stesso modo è
certamente un buon inizio, ma che bisogna sviluppare e
approfondire.
– Bisogna che mi sbrighi qua a Trieste, potrei
telefonare questa sera a Rossella, per poi correre a
Padova domani pomeriggio e rivederla.
Nel frattempo era giunto al capolinea del tram numero
6. Vide una motrice coperta e un rimorchio tutto aperto,
con le panche in legno. Decise di non prendere il taxi e di
rientrare con il mezzo pubblico anche se mancavano
pochi minuti alle 20. Salì sul rimorchio.
Non aveva molto appetito, i crauti, le salsicce ed il
ragù piccante si facevano ancora sentire, avrebbe preso,
al ristorante dell’albergo, qualche cosa di molto leggero.
Lo sferragliante tram cominciò il suo viaggio di rientro
verso la città. C’erano poco più di una decina di viaggiatori
seduti che, sballottati sui sedili, ondeggiavano con il
veloce procedere del mezzo nella sua corsia riservata.
Lungo il percorso, alle fermate intermedie, nessuno
doveva scendere e passeggeri in attesa non ce n’erano,
pertanto tutto il viale Miramare fu percorso in breve tempo.
Apprestandosi ad arrivare nella piazza della stazione,
si alzò avvicinandosi all’uscita per schiacciare in tempo il
pulsante di richiesta di fermata.
Sceso nel piazzale antistante la stazione si avviò
verso il corso Cavour per raggiungere in breve tempo
l’Hotel de la Ville.
Erano le 20 e 30 da poco trascorse quando entrò
nella hall dell’albergo dirigendosi alla reception per
prendere la chiave della stanza 316.
- Buona sera dott. Della Noce - disse il portiere
porgendo la chiave della stanza - trascorsa bene la
giornata? Le è piaciuta Trieste? Scende per il pranzo?
- Grazie, tutto bene, giornata lunga e faticosa, ma
anche piacevole, ho trascorso anche un paio d’ore,
stasera, a Barcola a rilassarmi. Salgo a rinfrescarmi e a
cambiarmi poi scendo per il pranzo. Il tavolo di ieri se
possibile, grazie.
Certamente
dottore,
do
immediatamente
disposizione per il tavolo e se dopo pranzo ha piacere nel
nostro piccolo night, riservato solamente agli ospiti
dell’albergo, ci sarà una serata danzante con un trio, molto
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noto in città, che intratterrà gli ospiti con musica soft e
rilassante.
- Mi lasci pensare, ma credo che andrò preso a letto
in quanto domani mattina devo concludere un importante
affare e voglio essere lucido e ben sveglio.
Entrato nella stanza, notò immediatamente che il
vestito lasciato sulla gruccia la sera prima, era stato pulito
e perfettamente stirato, come pure tutta la biancheria
profumata e sistemata in modo ineccepibile nei cassetti
dell’armadio. La camicia inamidata in modo impeccabile.
Si svestì, entrò nel bagno e dopo una veloce doccia
riempì la vasca di acqua calda, vi sciolse una buona
quantità di sali rilassanti e rivitalizzanti e vi si immerse per
una quindicina di minuti in assoluto relax.
Caso volle che in quello stato di abbandono, la mente
ritornasse imperiosa e prepotente a pensare a Rossella
mentre correva libera, spensierata e felice su di un prato
d’erbetta verde chiaro con tanti fiori gialli e tante
margherite. Vestiva un ampio e leggero vestito rosa che
la rendeva ancora più leggiadra e piacevole alla vista.
Immaginò di essere seduto, appoggiato al tronco d’un
albero e canticchiando aspettava che lei si avvicinasse per
sedersi accanto a lui. Il timer dei 15 minuti suonò ed uscì
dalla vasca, si avvolse nell’accappatoio asciugandosi
velocemente. Si rivestì con gli abiti rimessi a nuovo dal
servizio dell’albergo e scese al ristorante.
- Buona sera dottor Della Noce - così il maitre
Osvaldo lo accolse, con un largo sorriso e un mezzo
inchino - il suo tavolo è pronto, s’accomodi prego,
l’accompagno.
Eugenio ringraziò e si avviò lentamente verso il tavolo
sempre seguito da Osvaldo. Giuntovi, si sedette e
anticipando il maitre disse:
- Stasera, Osvaldo, voglio mangiare leggero, mi sono
appesantito troppo a colazione, desidererei un consommé
e poi un bel filetto di manzo al pepe verde con una
insalatina, un po’ di frutta fresca e basta.
- Ma certamente dottore, ai suoi ordini, permette,
vado a dare disposizioni.
Nell’attesa, si guardò in giro e vide la sala da pranzo
abbastanza vuota rispetto alla sera precedente, chissà se
era così perché l’ora di pranzo era già passata o gli ospiti
dell’hotel erano meno numerosi essendo venerdì sera e
gli uomini d’affari avevano fatto ritorno a casa, in famiglia,
nelle loro città d’origine.
Egli sarebbe rientrato l’indomani dopo aver fatto,
forse, una fermata a Padova.
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- A proposito di Padova - pensò Eugenio - devo
assolutamente telefonare a Rossella per vedere se
domani avrà piacere di incontrarmi. Fece cenno ad uno
dei ragazzi di sala al quale chiese se fosse possibile avere
un telefono.
- Ma sicuramente dottore - rispose il ragazzo - mi
faccio premura di procurarglielo.
Dopo pochi minuti il ragazzo rientrò con un telefono
che poggiò sul tavolo ed allacciò ad una presa telefonica
posizionata sulla parete lì a fianco.
– Ecco la linea è a sua disposizione - si girò e si
allontanò velocemente.
Eugenio trasse dal suo portafoglio il bigliettino sul
quale aveva scritto il numero telefonico di Rossella e,
sollevata la cornetta, chiese al centralinista di passargli il
numero desiderato.
Appoggiata la cornetta sulla forcella restò in attesa
dello squillo, le mani cominciarono a sudare e una strana
sensazione si impadronì di lui, una sensazione di panico,
d’ansia, di impazienza, che mai aveva provato prima
d’allora.
Arrivò il cameriere e gli porse una fumante tazza di
consommé. Ci aggiunse un po’ di parmigiano ed iniziò a
mescolare con il cucchiaio d’argento il brodo in modo che,
evaporando, si raffreddasse un po’, ma con l’orecchio teso
al telefono pronto a mollare tutto e rispondere al primo
squillo.
L’attesa non fu molto lunga, udì il trillo discreto del
telefono ed alzò di scatto la cornetta:
- Pronto...... Il cuore in gola nell’attesa di sentire la dolce voce di
Rossella, invece la roca voce maschile del centralinista
scandì:
– Padova in linea, signore.
Il telefono dava il segnale di linea libera, 1, 2 , 3 , 4
squilli......
– Oh! Dio non è in casa, forse è uscita con un’amica
o magari con un amico.
Un senso di gelosia si impossessò dei suoi
sentimenti, quando al quinto trillo si udì lo scatto della
cornetta sollevata e una debole voce, sommessa, timida,
incuriosita disse:
- Pronto!
Un attimo che sembrò un secolo trascorse prima che
Eugenio, con un nodo in gola, riuscisse a proferire parola:
- Rosella sei tu?
All’altro capo del filo la voce prese corpo, anima,
sonorità e quasi con un urlo gridò:
48
- Eugenio, che bella sorpresa, che bel regalo, che
gioia risentirti, dove sei? Come stai? Cosa fai? Da dove
chiami?
- Piano, piano, quante domande, non ci corre dietro
nessuno. Sentire la tua voce è una gioia intensa per me,
mi sembra di vederti, immagino il tuo dolce viso, il tuo
sorriso, il tuo timido atteggiamento che fa di te un simbolo
unico, una dolce immagine, fragile, pura e indifesa.
- Adesso rispondo alle tue numerose domande.
Sono, come sai, a Trieste, sono seduto al tavolo del
ristorante per il pranzo, sto bene, grazie, ma starei meglio
se fossi vicino te.
- Eugenio, che gioia sentirti e che belle parole che sai
dire, mi confondi, non merito tanto! Come va con il tuo
lavoro?
Quando
parti?
Quando
rientri
a
casa?..........Quando ci vedremo?
Quest’ultima piccola frase la disse con voce
sommessa, quasi schiva, come non volesse far capire
che, in fondo in fondo, anche lei aveva desiderio di
incontrarlo.
Tirato un sospiro profondo per aver rotto il ghiaccio,
Eugenio rispose volentieri alle ultime domande:
- Domani, in mattinata, se tutto va bene, dovrei
concludere i miei affari, prendere il treno e.........se ti
facesse piacere, mi fermerei per qualche ora a Padova
per la gioia di rivederti.
- Che bello, sì, sì, dimmi a che ora arriverai in modo
da venire alla stazione ad aspettarti.
- Non ho l’orario ferroviario qui con me, ma il treno
parte dalla stazione centrale di Trieste alle 13.02 e penso
che dovrebbe essere a Padova subito dopo le 15 e 30,
magari guardi sugli arrivi, in stazione, a che ora è prevista
la fermata del treno proveniente da Trieste. Ciao Rossella,
spero che queste ore passino in fretta, che io sia puntuale
nel prendere il treno, perché non vedo l’ora di
abbracciarti..........credo di amarti!
Eugenio chiuse immediatamente il telefono e rimase
fermo a fissarlo. Cosa avrebbe risposto Rossella! Aveva
paura di saperlo, forse avrebbe detto “ma sei matto?”
Forse sarebbe rimasta senza parole, forse, peggio, si
sarebbe messa a ridere. Chi lo sa! In cuor suo sperava di
vedere il volto di Rossella arrossire, abbassare il capo
quasi a proteggersi da una cosa più grande di lei che le
stava capitando, ma anche poter vedere un piccolo cenno
del capo che fosse un assenso.
La sentenza a tutto questo era rimandata di 15 ore,
se sceso a Padova avesse visto la sua Rossella
attenderlo, sarebbe stato l’uomo più felice del mondo,
49
pronto a cambiare vita, a scegliere un lavoro che lo
avesse fatto rientrare ogni sera a casa; in fondo aveva o
non aveva una laurea in giurisprudenza? Servirà a
qualche cosa sì o no?!
Si sentiva pronto a soddisfare, proteggere, difendere
e amare quella creatura che il destino gli aveva fatto
incontrare per caso.
Altrimenti, se non fosse stata lì ad attenderlo, sarebbe
risalito sul prossimo treno con il castello di sogni e di
speranze distrutto, pronto a ricominciare la sua vita
errante e riprendere un lavoro che cominciava a non
piacergli più.
Chinò lo sguardo verso la tazza del consommé e
constatato che era poco più che tiepido, lo sorbì
direttamente dalla ciotola.
Osvaldo, da debita distanza, teneva d’occhio, con
discrezione, quello che Eugenio stava facendo. Visto che
aveva bevuto tutto il consommé, si affrettò a mandare il
ragazzo a togliere la tazza vuota e poter portare la carne
con l’insalata.
- Ecco dottore, il suo filetto al pepe verde.
- Grazie Osvaldo, uhm! bello ed appetitoso; credo
che lo mangerò molto volentieri.
Finito che ebbe di pranzare chiese gli portassero un
caffè ed un buon Cognac.
Anche questa tumultuosa giornata volgeva alla fine.
Quanti fatti, quanti posti, quanti pensieri, quante cose
erano successe e anche riassumendole, era difficile
scorrere la giornata nelle sua complessa interezza.
Si alzò dal tavolo e decise di fermarsi un po’ nella
sala di lettura per scorrere qualche giornale illustrato e
attendere l’ora per andare a dormire.
Il maitre ed i ragazzi di sala lo salutarono, ormai era
rimasto l’ultimo commensale a lasciare la sala.
Uscito dalla sala da pranzo, tra il bar e la hall, sulla
sinistra, c’era appunto la sala di lettura con alcuni divani e
delle poltrone in pelle, oltre ad alcuni tavoli e seggiole. Su
di un tavolo, a lato, erano disposti parecchi quotidiani in
diverse lingue oltre a molti giornali illustrati. Prese la
vecchia, ma sempre valida “Domenica del Corriere” e si
sedette sul comodo divano.
Nella sala c’erano un paio di persone che,
silenziosamente, sfogliavano e leggevano i loro giornali,
sembravano annoiate e stessero lì solo per aspettare l’ora
di andare a dormire. Del resto anche lui era lì per lo stesso
motivo. Non aveva nessuna voglia di andare nel dancing
dell’hotel come offertogli dal portiere.
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Ma perché non ne aveva voglia? Come mai? E si
soffermò ad analizzare questo rifiuto. Il primo pensiero che
gli venne in testa fu che, essendo un night, ci sarebbero
state anche delle signore e forse anche delle signorine.
No! non poteva e non voleva! Rossella.......
- Ahi, vecchio mio – disse tra sé e sé – ma allora sei
proprio cotto, stai già rifiutando altre compagnie femminili
per essere “fedele” a lei?
- Lascia stare, non è ancora detto che lei ti voglia e
poi domani mattina devi essere lucido per concludere
l’affare.
Si immerse nella lettura del giornale nella speranza di
liberare la sua testa da quel chiodo fisso....però che bel
chiodo!
Dopo una ventina di minuti, mancavano dieci minuti
alle 23, Eugenio decise di andate a letto, nella speranza di
riuscire a dormire serenamente. Depose il giornale sul
tavolo, dove l’aveva preso e si diresse verso il bar per
prendere una bella camomilla doppia e concentrata che
l’aiutasse a riposare meglio.
Ritirata la chiave della sua stanza, salì ed aprì un
attimo le finestre per dare un’ultima occhiata notturna al
golfo, che chissà quando avrebbe rivisto. Dopo aver
riempito i polmoni d’aria iodata, aspirando con forza,
richiuse le finestre e si sistemò nel comodo lettone.
Contrariamente a quello che temeva, probabilmente causa
la stanchezza, si addormentò immediatamente in un
sonno ristoratore.
51
Capitolo 5
Il sabato 9 giugno era arrivato, si svegliò riposato e
ritemprato, scese dal letto, aprì le finestre per far entrare
l’aria del mattino e vide che la giornata era splendida. Il
mare, calmo come fosse d’olio, era illuminato dal sole e le
ultime barche ritardatarie dei pescatori stavano rientrando.
Altre stavano ormeggiando lungo i moli e scaricavano le
casse con il pesce fresco pescato durante la notte.
Entrò nel bagno con calma per fare una doccia
fresca, sferzante e rivitalizzante, per svegliarsi
completamente e cancellare ogni possibile residua traccia
di stanchezza. Si sentiva bene ed era pronto ad affrontare
la mattinata impegnativa.
Si vestì, preparò la valigia e la borsa in modo da
essere pronto a partire. Scese al piano terra per
consumare la prima colazione e passando davanti al
bureau si rivolse al portiere di turno che non aveva mai
visto prima:
- Sono Della Noce, mi può preparare il conto, per
favore, dopo colazione ritiro il bagaglio e parto.
- Certamente, vediamo, ah sì! stanza 316. Bene glielo
preparo subito!
Dovendo partire alle 13.02, probabilmente, non
sarebbe stato possibile fare un pasto decente a
mezzogiorno, pertanto decise di fare una prima colazione
più abbondante e non il solito cappuccino e cornetto.
Certamente non avrebbe preso la colazione all’americana
con uova e pancetta, ma semplicemente del pane, burro e
marmellata e magari un toast, quello sì!
Finita la prima colazione, prese ancora un caffè
espresso ristretto e si alzò per andare alla reception.
- Il suo conto è pronto dottor Della Noce, ecco a lei!
- Grazie, nel frattempo, mandi a prendere nella
stanza la mia valigia e la mia borsa, per favore.
- Ma senz’altro dottore.
Il portiere chiamò il facchino e diede ordine di
prendere il bagaglio della 316.
Eugenio controllò il conto, un po’ salato, ma d’altro
canto l’ambiente e il servizio erano di prim’ordine e non
aveva nulla da recriminare. Trasse dal portafoglio un bel
po’ di soldi che mise sul piattino:
- Tenga il resto per il personale.
52
- Grazie dottor Della Noce, veramente gentile, spero
che tutto sia stato di suo gradimento e che possa rivederla
presto nel nostro hotel. Buongiorno e buon viaggio.
Eugenio si allontanò dal bureau e si sedette, in
attesa del bagaglio, su di una poltroncina nella hall
dell’albergo.
Alcuni minuti dopo il facchino gli si avvicinò e
consegnandogli la valigia e la borse, disse:
- Ecco dottore il suo bagaglio e grazie ancora a nome
del personale tutto. Buon viaggio!
Si alzò dalla poltroncina, prese il bagaglio e si diresse
all’uscita:
- Mi sono trovato bene, se sarò di passaggio
nuovamente per Trieste, mi ricorderò di questo hotel.
Buongiorno.
Uscito, girò a destra e si diresse verso la stazione
ferroviaria, laggiù in fondo al lungomare.
Pur essendo appena le nove e mezzo, la giornata
era già calda. Si avviò a passo lento per non sudare; una
breve passeggiata e giunse alla stazione. Appena entrato,
andò alla ricerca del deposito bagagli, dove avrebbe
lasciato in custodia la valigia.
Lo trovò, infilò la valigia nell’armadietto e chiusa la
porta, ritirò la chiave dalla serratura e lo scontrino per
pagare poi, alla cassa, il tempo di custodia.
Non volendo ritornare a piedi in centro città, prese un
taxi e si fece portare davanti alla gioielleria che la mattina
prima aveva visto.
- Alla gioielleria Huber, per favore.
- Certo signore!
Il tassametrista abbassò la “bandierina” del
contachilometri, mise in moto la macchina e inserendosi
nel traffico veicolare, si diresse verso l’indirizzo richiesto.
Erano quasi le dieci quando il tassametro si fermò
davanti alla gioielleria, Eugenio pagò la corsa, ringraziò e
scese dalla vettura chiudendo lo sportello.
Con la sua fida cartella in mano si avvicinò alle
vetrine e dopo aver dato una sommaria occhiata, entrò nel
negozio.
Dietro agli eleganti banchetti di vendita in cristallo
c’erano una bella signora bionda, elegantemente vestita
che “portava” alcuni gioielli, probabilmente allo scopo di
invogliare l’acquirente sull’eleganza di alcuni autentici
capolavori e un signore molto distinto, di mezza età, che
con un accenno d’inchino si rivolse ad Eugenio:
- Buongiorno signore, sono il signor Huber, il titolare e
questa è mia moglie. Come posso esserle utile? cercava
53
qualche cosa in particolare? o desiderava solamente farsi
un’idea di che cosa potremmo offrirle?
- Avrei intenzione di acquistare un anello con
brillante. Sa, oggi, in serata, mi fidanzo e vorrei un oggetto
all’altezza della mia splendida ragazza. Un anello che
possa renderla felice e la lasci ammirata dalla lucentezza
della pietra.
- Come lei saprà il brillante può avere tanti pregi e
tanti difetti, può essere di pochi grani o di alcuni carati a
seconda se sarà il primario o il secondario dopo il taglio
del diamante originale.
- Non sono tanto esperto in materia ed è per questo
che sono venuto in questo negozio che ritengo in grado di
aiutarmi nella scelta.
- Grazie signore, spero di poterla annoverare tra i
nostri clienti. Le farò vedere alcuni anelli di varie
dimensioni, purezza e valore, comunque tutti con taglio
triplo moderno detto anche taglio classico da cui derivano
particolari modellature come il taglio americano, a stella o
del Cairo, Anversa. Amsterdam, eccetera. Permetta che
prenda dalla cassaforte alcuni modelli.
Si girò per aprire la cassaforte mentre la moglie gli si
avvicinò per aiutarlo nella scelta di cosa far vedere al
cliente. Presero alcuni piccoli espositori in velluto blu
scuro che posero su di un vassoio d’argento, richiudendo
nel contempo la cassaforte.
- Ecco signore, per cominciare le faccio vedere
alcune creazioni di buona fattura con un discreto indice di
rifrazione e quindi con un buon gioco di luci. I nostri
brillanti sono, comunque, tutti a 57 facce e con certificato
di garanzia. Ci sono alcuni, come questo ad esempio con
taglio americano che ha circa un grano e tre quarti, quindi
poco meno di mezzo carato, il cui valore, montatura
compresa, varia dalle centocinquanta alle duecento mila
lire. Cosa ne dice?
- Belli sicuramente e anche di un certo valore, ma a
vederli sembrano piccoli, si nota solo una parte del
brillante e pertanto all’effetto ottico sembrano
microscopici.
- Lei ha centrato il problema signore, infatti il
padiglione viene inserito nella montatura e resta visibile
solamente la corona che è pari a circa il sedici per cento di
tutto il brillante.
Intervenne allora anche la moglie del signor Huber:
- Vede signore, esistono delle montature a soli
quattro gancetti che fanno vedere quasi interamente il
brillante e quindi le sue reali dimensioni, ma non sono per
niente sicuri. Basta che uno dei gancetti venga allentato,
54
anche accidentalmente, che la gemma esce dal castone e
va perduta, sarebbe un peccato. Se ha piacere che la
corona sia più visibile bisogna optare per delle pietre che
si avvicinino al carato.
- Me ne fa vedere qualcuno, magari solo per
accontentare l'occhio in quanto, immagino, il prezzo salirà
in modo esponenziale.
- No! non è proprio così – interloquì il signor Huber –
però certamente il prezzo sale in quanto anche la parte in
oro bianco deve essere di maggior spessore per
contenere saldamente la pietra di dimensioni più grandi.
Le faccio vedere questo da tre grani e tredici sedicesimi,
quindi quasi in carato. E’ un oggetto di ottima fattura con
taglio tipo Anversa ad alto indice di rifrazione e splendidi
giochi di luci. La prego osservi, muovendolo, che miriade
di luci colorate, sembra di vedere dei fuochi d’artificio. Il
valore di questo si aggira sulle trecento cinquantamila lire.
Il prezzo è impegnativo ma l’effetto è garantito.
Eugenio prese l’anello in mano, lo rigirò tra le dita per
vedere, sotto la luce di un faretto, il gioco di luci che
rifletteva sul cristallo del banchetto.
- Stupendo, questo sì che è un anello, la pietra si
vede bene e ci si può rendere conto della sua reale
dimensione anche da parte di un profano come me.
Il signor Huber, visto che il cliente non aveva battuto
ciglio sul prezzo, si sbilanciò tentando la possibile migliore
vendita del mese.
- Se permette, dato che le piacciono le cose belle,
vorrei farle vedere un pezzo raro, quasi unico, un solitario.
Ovviamente per essere considerato solitario, deve essere
un brillante molto pregiato e che abbia una dimensione
considerevole, l’indice di rifrazione deve essere perfetto, lo
splendore e il gioco di luci ineccepibile.
Il gioielliere si girò nuovamente verso la cassaforte,
l’aprì, vi ripose i gioielli che aveva fatto vedere al cliente su
di un pianale, mentre la moglie apriva un’altra piccola
porta blindata di un contenitore interno togliendo da esso
un gioiello che già a quella distanza toglieva il fiato.
Nell’oscurità dell’armadio blindato sembrava essersi
accesa una luce ad illuminarlo, era il brillante che già con
la poca luce che lo circondava riusciva a mandare lampi di
luce stupenda.
- Ecco, questo è il nostro fiore all’occhiello – disse la
signora Huber - è il più bel solitario che abbiamo nella
nostra collezione. Ce ne sono anche di più grandi e più
belli, ma per Trieste, credo sia il più importante che si
possa trovare di questi tempi. D’altro canto per far fede al
55
nostro nome l’abbiamo preso e lo conserviamo
gelosamente.
Il marito prese dal piccolo vassoio l’anello con
delicatezza, come fosse un oggetto sacro e sollevatolo dal
suo supporto, lo infilò parzialmente sul dito della moglie.
- Vede signore, il massimo del suo splendore lo si
può apprezzare ponendolo al dito di una signora. Il
contatto con la pelle, il movimento della mano sono due
cose che fanno esaltare la bellezza di questo brillante.
Questo è un brillante purissimo tagliato con il modello
Amsterdam. La riflessione e quindi lo splendore e il gioco
di luci non temono confronti e rivali.
- Vedo, vedo – annuì Eugenio – effettivamente toglie
il fiato; la corona è grandiosa ed in rapporto a quelli che mi
ha fatto vedere questo deve avere almeno un carato e
mezzo. La montatura e favolosamente ricca ed esalta la
bellezza di questo gioiello. Adesso sentiamo le dolenti
note, il prezzo!
- Il cerchietto dell’anello è in platino, mentre il punto
dove viene incastonata la pietra è in oro bianco, molto più
duro e sicuro del platino. Il brillante è esattamente di un
carato e mezzo e proviene direttamente dal mercato di
Amsterdam dove è stato tagliato, molato e confezionato
da uno dei più noti e rinomati laboratori della città dei
diamanti.
- Se al signore potesse andar bene questo gioiello –
intervenne la signora Huber – cerca di vedere e fargli un
buon prezzo e così, in qualche modo, partecipiamo anche
noi al bellissimo avvenimento cui l’anello è destinato.
- Lo sai cara che il mercato è in continua crescita e i
prezzi volano, ma comunque cercheremo di venire
incontro al signore. Penso che potremmo proporre questa
meraviglia, tirando, tirando, al prezzo di 485.000 lire. Lo
so che è un prezzo impegnativo, ma anche il prezioso è
una cosa impegnativa, la sua unicità lo fa paragonare ad
un dipinto di famoso autore del settecento! Cosa ne dice
signore?
- Cerco di tirare il fiato, volevo qualche cosa di bello
per la mia futura sposa, ma non credevo costasse tanto.
Io sono esperto in materie dolciarie e conosco tutti i prezzi
di quei prodotti e dei suoi ingredienti, non certamente del
prezzo dei gioielli. Il valore di questo splendido anello lo
posso calcolare in più di un anno del mio lavoro!
- Sì indubbiamente è una grossa spesa, però deve
tener presente che oltre a fare oggi una splendida figura, è
pure un investimento. Il valore dell’anello cammina con
l’andare dei tempi e degli aumenti. La cifra che lei spende
oggi, mantiene nel tempo il suo potere d’acquisto in
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quanto segue il mercato e non si svaluta come fanno le
banconote. In fondo sarà un bene di famiglia, una volta
sposi, e l’investimento di capitale è e sarà garantito. Ci
pensi!
Eugenio sembrava indeciso, il suo sguardo correva
dall’anello posto al dito della signora Huber a quei tre
anelli dell’esposizione precedente, che erano rimasti sul
banco. Si vedeva che lo sguardo si fermava sempre più di
sovente e per più tempo ad ammirare il solitario. C’è poco
da fare le cose belle piacciono a tutti, e si fanno notare!
- Senta signor Huber, ho intenzione di fare un colpo di
testa, opterei per il solitario.
Guardando l’orologio notò che il tempo era volato,
erano infatti oramai le undici ed alzando gli occhi verso il
signor Huber disse:
- Ovviamente non dispongo in tasca di una simile
somma, però alle undici e trenta ho l’appuntamento con il
signor Bonifacio, dell’omonima pasticceria, che deve
saldarmi una grossa fornitura effettuata dalla Ditta per cui
lavoro ai suoi laboratori. Se viene con me le faccio dare il
corrispettivo da lui. Che ne dice?
- Non ci sono problemi, il signor Bonifacio lo conosco
di fama, anche se non di persona, e so che la sua
solvibilità è indiscutibile. Cara, sistema l’anello in un
bell’astuccio e prepara la confezione per il signor.........a
sì a proposito non conosco nemmeno il suo nome e mi
serve per la compilazione del certificato di garanzia!
- Mi scusi nell’emozione del momento non mi sono
neanche presentato. Sono Ennio Rossi, ecco qui il mio
biglietto da visita.
Il signor Huber lo prese e lo lesse: BOTTA – Industria
Dolciaria – Milano – dott. Ennio Rossi – Direttore
Responsabile Amministrativo.
- Piacere dottor Rossi, ora capisco i suoi rapporti con
il signor Bonifacio, ma non ci sono problemi può passare
nel pomeriggio a ritirare la confezione e a saldare, con
comodo suo.
- Veramente andrei di fretta, nel primo pomeriggio ho
tanti impegni ancora qui in città e poi devo correre a
prendere il treno per rientrare a Venezia dove mi aspetta
la mia futura sposa, lei è nata e risiede a Venezia, e non
vorrei far tardi proprio oggi!
- Se è così, vengo ben volentieri con lei, facciamo
due passi e saremo puntuali al suo appuntamento con il
Signor Bonifacio. Prenda il pacchetto, le compilo il
certificato di garanzia ed andiamo. Tu cara rimani qui,
chiudi la porta dall’interno mi raccomando, stai attenta che
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non entri qualche male intenzionato. Sa dottore, di questi
tempi non si sa mai!
- Fa bene a dare questi consigli, d’altro canto anch’io
potrei essere un lestofante, per quel che ne sa.
- Dottor Rossi, cosa dice, le persone per bene si
vedono a prima vista, tant’è vero che mi ha dato pure il
suo biglietto!
- Mi fa piacere che la pensi così, anch’io devo stare
attento, perché i nostri rappresentanti pur di fare copie
commissioni e incassare le provvigioni, danno forniture,
anche rilevanti, a commercianti disonesti. Poi mi devo dar
da fare per recuperare i crediti! Per esempio, quando il
rappresentante di zona, otto mesi fa, mi presentò il primo
ordine del signor Bonifacio che consisteva, per avere un
ulteriore sconto sulla quantità, di una fornitura, con
consegne mensili, per un totale di cinquecentomila lire da
pagarsi alla fine del periodo, rimasi un po’ perplesso.
Assunte informazioni commerciali, presso i nostri istituti di
credito, mi assicurarono che la ditta era solida e
solvibilissima. Tant'è vero che oggi salda per intero la
fornitura!
Giunti in piazza Goldoni, l’attraversarono e atteso il
segnale di via libera da parte del vigile, passarono sul
marciapiedi opposto della via Carducci e giunsero davanti
alla porta della pasticceria.
Solita ressa, i clienti disposti su tre file che si
sbracciavano per essere serviti, il signor Bonifacio che
incassava velocemente per cercare di smaltire il più
possibile il lavoro. Essi erano vicino alla porta d’ingresso,
quando il pasticcere sollevò lo sguardo e vedendoli
esclamò a voce alta:
- Signor Rossi, le ho preparato tutto, un attimo solo
che finisco con queste clienti e le consegno
immediatamente quanto le devo.
- Grazie signor Bonifacio, io devo scappare, ma di
quelle cinquecento che mi deve, quattrocento e ottanta
cinque, le dia al signore che è qui con me. Nel primo
pomeriggio, quando riapre, passo a prendere il resto.
Grazie di tutto e spero che lei sia rimasto soddisfatto, ci
vediamo quanto prima per ulteriori ordinazioni. Buon
pranzo!
- OK! va bene! faccio subito e grazie a lei signor
Rossi, a ben presto rivederci.
- Faccia con comodo, signor Bonifacio, non ho fretta
– replicò il gioielliere – posso attendere, sono cose
delicate si sa!
- Signor Huber ancora grazie, soprattutto per la sua
competenza e le sue preziose informazioni. Mi ricordi
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ancora alla sua gentile signora e spero di ben presto
rivedervi.
Eugenio mise il pacchetto nella sua inseparabile
borsa, porse la mano al felice e sorridente gioielliere in un
saluto di commiato ed uscì.
Erano le dodici e quindici minuti e a passo normale si
diresse lungo la via Carducci affollatissima e si confuse tra
la gente che andava avanti e indietro, da destra a sinistra
e viceversa come fossero delle formiche operaie attorno al
loro formicaio.
Giunse alla stazione, giusto in tempo per prendere il
biglietto per Padova, andare alla cassa del deposito
bagagli per pagare il sevizio, ritirare la valigia e salire sul
rapido che tra pochi minuti sarebbe partito in direzione di
Padova.
Questi ultimi minuti furono tremendi, nella
spasmodica attesa che il treno partisse, i minuti
sembravano ore e non passavano mai. La valigia sulla
retina e la borsa ben stretta al suo fianco, stava pensando
se il raggiro fosse già stato scoperto e cercava di
immaginare la faccia del signor Huber quando si era visto
consegnare quattrocento e ottantacinque pastine
assortite. La polizia era già stata chiamata? La denuncia e
le deposizioni erano già state redatte o gli interrogatori
erano ancora in corso? Queste le domande che
assillarono Eugenio.
Proprio in quel momento si udì la voce stentorea del
capostazione che diceva:
- In carrozza, signori, in carrozza. E’ in partenza dal
binario quattro il rapido per Monfalcone, Portogruaro,
Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Milano e Torino. In
carrozza, si parte!
Sbatterono gli ultimo sportelli ed il convoglio si mise in
moto
acquistando
pian
piano
velocità.....
Miramare.....Grignano.....Sistiana.....e via! Era fatta!
Eugenio sentì il bisogno di rilassarsi un momento, era
solo nello scompartimento, e chiusi gli occhi ripensò
all’ennesimo “affare” che aveva messo a segno. Tutto
liscio come l’olio, toccata, elaborazione improvvisa, e fuga,
questo era il suo segreto. Quanto poteva ancora andare
avanti così? Quante città rimanevano ancora da visitare?
Quante idee potevano ancora scaturire?
Era ora di finirla! Bisognava mettere la testa a posto!
Adesso c’era Rossella che era entrata prepotentemente
nella sua vita. Con lei non c’era posto per l’inganno, per i
raggiri, per le truffe. Ella era purezza, candore, onestà.
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Ennio Rossi doveva sparire, finire di esistere,
cancellarlo dalla faccia della terra, Rossella non lo
meritava.
Eugenio Dalla Noce avrebbe, forse, potuto sperare di
meritarla, mettendo a frutto la sua laurea, trovare un
lavoro onesto, agli inizi anche mal pagato, ma che fosse
un trampolino di lancio per futuri miglioramenti. Anche
Eugenio era intelligente e avrebbe potuto mettere a buon
frutto la versatilità, l’estro, l’eclettismo, la poliedricità di
Ennio, ma a fin di bene, per farsi notare ed apprezzare dai
superiori sul posto di lavoro in modo da avere sempre più
responsabilità e fiducia.
Ennio Rossi sarebbe morto sicuramente e
definitivamente se alla stazione di Padova, Eugenio
avesse trovato Rossella ad attenderlo.
Il treno correva veloce, con il suo ritmico incedere che
sembrava voler cadenzare i secondi, i minuti, le ore del
viaggio.
Il passato si allontanava ed il futuro si avvicinava? Il
conflitto interno era intenso, Eugenio era fermamente
convinto di cacciare Ennio, ma quest’ultimo, ghignando,
ripeteva:
- Già non la troverai in stazione a Padova! Lei non ti
aspetta! Non si ricorderà neppure più di te! Ma chi è
Rossella? Cosa sai di lei? Ma cosa vuoi?
Ella deve studiare, laurearsi, andare a fare il medico
condotto vicino alla farmacia del padre.
E tu? Perché vuoi rinunciare ai grandi alberghi, ai
buoni ristoranti, ai posti di lusso che sei uso frequentare?
Perché? Per chi? Per cosa? Ma fammi il piacere ritorna in
te, non rammollirti.
- No Ennio! Io l’amo, ormai è tutto per me, voglio
cambiare, voglio essere una persona normale, anche
mediocre magari, ma poterle stare vicino e guardarla fissa
nei suoi splendidi occhi senza dovermi vergognare! Il
passato è tuo Ennio, il futuro è mio! Me lo merito e lo
voglio. Non voglio più fuggire. Spero di aver trovato lo
scopo della mia vita – ed incalzò - facciamo una cosa, una
scommessa, un patto tra di noi: se Rossella sarà a
Padova ad aspettarmi, capirà ed accetterà il mio amore, tu
te ne andrai per sempre, sparirai dalla mia vita e non ti
vorrò più vedere né sentire. Se il mio amore non si farà
vedere, allora tornerai a convivere con me, per dannarmi e
portarmi in quell’inferno che tu rappresenti.
- Ci sto! Lo so, come sempre vinco io e la tua anima
mi apparterrà ancora. Tu sei fatto ormai della mia pasta e
nulla e nessuno riuscirà a redimerti.......nemmeno
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“l’amore”. E scomparve dalla mente di Eugenio
sghignazzando.
Quando riaprì gli occhi, venne ferito dalla luce del
sole che entrava dal finestrino. Probabilmente era rimasto
parecchio tempo con le palpebre abbassate. Guardò
l’orologio e vide che erano le quattordici e dieci minuti. Tra
pochi minuti avrebbe dovuto esserci la fermata alla
stazione di Portogruaro.
Aprì la sua borsa, vide il pacchetto della gioielleria in
fondo ad essa, lo toccò e ripensò allo splendore che esso
conteneva. Tolse dalla borsa un giornale di Enigmistica
che era solito tenere per usarlo quando aveva voglia di
impegnare la mente con qualche cosa che non l’avesse
fatto pensare ad altro. Prese dalla tasca interna della
giacca una penna e, aperto il giornale incominciò a
leggere le definizioni del primo cruciverba che gli era
capitato sotto gli occhi.
Il destino continuava a giocare con lui ed i suoi
sentimenti. Dopo aver risolto alcuni incroci orizzontali e
verticali, al sette verticale, formata da sei lettere, trovò la
definizione “Città veneta il cui Santo Patrono è Antonio”
Padova naturalmente! e più avanti “Il nome della O’Hara,
protagonista di via col Vento” Guarda caso, “Rossella”.
Sembrava che tutto si mettesse a complottare con lui o
contro di lui, che tutto cercasse di pungolare la sua
sensibilità o ferire le sue emozioni. La cosa lo lasciò in uno
stato di prostrazione, sembrava quasi che le forze lo
avessero abbandonato, si sentiva un sacco vuoto. Un solo
pensiero lo sosteneva, il dolce volto di Rossella
unitamente alla speranza di poterla abbracciare per urlarle
il suo represso amore, che voleva, prepotentemente
uscire all’aperto e manifestarsi in tutta la sua pienezza e
grandezza alla sua amata.
Erano le tre, quando il treno ripartì dalla stazione di
Mestre, ultima tappa prima di Padova, ultima tappa verso
il tanto desiderato cambio di vita, ultima tappa verso la
felicità, ultima tappa per chiudere l’oscuro oggi e riaprire
un radioso domani.
Eugenio si sentì addosso una serenità e una calma
che non riusciva a comprendere. Avrebbe dovuto essere
ansioso, fremente, agitato nel dubbio e nell’incertezza del
suo incontro con Rossella. Avrebbe o non avrebbe scorto
dal finestrino del treno che si fermava la sua amata. Forse
non sarebbe stato facile distinguerla tra la massa di
viaggiatori che si sarebbero assiepati sulla pensilina.
Invece no! il suo inconscio lo stava rassicurando, gli
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infondeva non la speranza, ma la certezza di
quell’incontro. Una volta nella vita sarebbe dovuto
giungere anche per lui il momento felice. A 31 anni
avrebbe iniziato tutto da capo, onestamente, a fronte alta,
una vita meno agiata sicuramente, ma più vera, più pura,
abbandonando le falsità, le futili e frivole apparenze che
l’avevano sino ad ora accompagnato.
Cosa aveva costruito sinora? Nulla, solo soldi,
parecchi anche, ma, come venivano così se ne andavano.
La vita lussuosa e le apparenze di facciata costano care!
Ora si trattava di cercare un lavoro, non sarebbe stato
facile, data l’età ed il non poter vantare precedenti
lavorativi, ma la sua laurea e, comunque, la sua
esperienza, avrebbero sopperito alla carenza.
Milano, sì Milano! ecco il posto giusto per
ricominciare, chi ha voglia di lavorare sodo e non ha paura
delle fatiche, trova sempre la sua giusta collocazione e la
possibilità, in breve tempo, di avanzare, di migliorare, di
crearsi spazi sempre più grandi sia in ambito lavorativo
che nella scala sociale. Milano, tra l’altro, era una città che
non aveva mai visitato nei suoi precedenti “lavori” e
pertanto non avrebbe avuto l’assillo e la paura di essere
riconosciuto da qualche suo “cliente”.
Guardò l’orologio, erano le 15.38 minuti, il treno
probabilmente stava per arrivare alla stazione di Padova.
Si alzò, tolse dalla retina la sua valigetta che sistemò
accanto alla borsa ed abbassò il finestrino per vedere se
si vedesse la città in lontananza.
Padova era abbastanza vicina, un paio di minuti e il
treno sarebbe entrato nella stazione. La calma che lo
aveva accompagnato durante il viaggio cominciava ad
abbandonarlo, una stretta allo stomaco si faceva sentire,
quasi,dolorosa.
- Rossella ci sarai o non ci sarai? Riuscirò a
scorgerti subito oppure dovrò cercarti ansiosamente tra la
folla?
Il treno si avvicinava e l’ansia saliva, aveva già
raggiunto la gola, un nodo gliela serrava.
La corsa del treno rallentò ed Eugenio, chiuso il
finestrino, uscì con il suo bagaglio nel corridoio e, vicino
allo sportello del vagone, aprì nuovamente il finestrino. Si
affacciò.
Il treno stava entrando e si notava, ancora in
distanza, la gente assiepata sulla pensilina. Egli cominciò
a scrutare alla spasmodica ricerca di un qualche cosa che
gli facesse riconoscere Rossella.
- Il destino, le premonizioni, le visioni, i sogni esistono
– disse tra sé e sé.
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Dalla massa di persone vide stagliarsi, quasi ad
uscire da essa, la silhouette di una ragazza..............
vestita con un vaporoso, leggero vestito rosa.................se
la folla fosse stato un prato di tenera erbetta verde e lui
fosse stato appoggiato al tronco di un albero e non al
finestrino di un treno, avrebbe rivissuto il suo sogno di
venerdì sera mentre si stava rilassando nella vasca da
bagno dell’Hotel de la Ville.
Il treno si avvicinò, sempre più lentamente. I suoi
occhi rimasero fissi su quella figuretta rosa.
- Sì, sì. sì è lei!
Cominciò ad agitare il braccio a mo’ di richiamo, vide
lo sguardo della ragazza che, ansiosa, cercava tra le
decine di braccia ondeggianti, di rintracciarlo. Il treno si
fermò, gli sguardi si intrecciarono, lei sorrise, lui scese e
un altro sogno si stava avverando, quello fatto al tavolino
del bar di Barcola..........
Rossella
gli
corse
incontro
gridando:
–
Eugeniooooo....... . Con le braccia tese, lo raggiunse, lo
strinse ed appoggiò la guancia sulla sua spalla.
Questa volta non era un sogno, ma una stupenda
realtà ed egli non ebbe paura di staccarla da sé per timore
di vederla svanire. Lo fece, lentamente, e fissandola diritto
negli occhi, appoggiò le labbra sulle sue, dolcemente,
cercando di trasmettere quel profondo sentimento che
scaturiva dal suo cuore.
Rossella si abbandonò, stringendo ancor di più le
spalle di Eugenio. Il bacio durò a lungo, fintanto ché le due
guance si unirono in una calorosa testimonianza d’affetto.
Ella gli sussurrò all’orecchio: - La sera scorsa sei
stato cattivo! Perché dopo avermi detto che credevi di
amarmi. hai chiuso il telefono?
- Rossella, amore mio, ho avuto paura della tua
risposta, mi sembrava impossibile che una cosa così bella
potesse capitare a me.......invece....
- Stupidone, non ti eri accorto che giovedì, quando ci
siamo lasciati in questa stessa stazione, ero scappata via
piangendo...........Ho passato, fino alla tua telefonata, dei
momenti terribili, ero certa che per te fosse solo un
diversivo ai tuoi continui viaggi in treno e basta, invece per
me..........
- Certo che sì! mi ero accorto! Però anch’io ho avuto
le tue stesse paure. Ma tutto ciò non ha più importanza,
ora siamo qui, uno accanto all’altra per non lasciarci più!
Si staccarono dall’abbraccio, egli la prese sotto
braccio e con il bagaglio nell’altra mano si avviarono verso
l’uscita. Fatti due passi, Eugenio si fermò, si girò verso un
gruppo di persone e disse:
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- Ciao Ennio, buona fortuna a te, io ne ho avuta tanta,
non ci rivedremo più!
- Con chi stai parlando? Chi saluti?
- Oh! niente, è stato un mio compagno di viaggio,
abbiamo tanto parlato e discusso, opinioni divergenti,
succede, ed ora ognuno per la sua strada. Io la mia l’ho
trovata, accanto a te! Adesso usciamo e tu mi farai da
Cicerone. Andiamo, prima di tutto, in un bar a prendere
qualche cosa per celebrare e festeggiare questo splendido
momento. Mi sento felice, sono al settimo cielo!
- Oh! caro, sono tanto felice anch’io. Non so chi sia
questo Ennio che hai salutato, ma se non la pensa come
te, hai fatto bene! I tuoi modi, i tuoi gesti, i tuoi pensieri, i
tuoi sentimenti sono così buoni e gentili che chi non ha le
tue prerogative non può aspirare ad esserci amico.
64
Capitolo 6
Uscirono dalla stazione, sempre a braccetto,
lentamente quasi a voler fermare il tempo e rimanere così
in questa prima, dolce realtà.
Egli tolse il braccio da quello di Rossella per
prenderla delicatamente e affettuosamente, cingendole le
spalle. Automaticamente lei, con il braccio liberato, prese
lui intorno alla vita. Il contatto era migliore e loro si
sentirono bene, tant’è che lei chinò leggermente il capo
sino ad appoggiarlo sulla sua spalla.
Camminarono in silenzio, con i loro pensieri, con i
loro sogni, quasi timorosi di rompere quell’incantesimo.
Fatta alcune centinaia di metri arrivarono davanti ad un
bar dove, all’esterno, contornato di fioriere con piante
verdi piuttosto alte, c’era un delizioso angolino con dei
tavolini.
Si sedettero, uno accanto all’altra, ed Eugenio chiese:
- Cosa prendi cara?
- Non so, e tu di che cosa hai desiderio?
- Sono ormai le 16.20 ed io, a parte la colazione di
stamattina, non ho preso nulla. Credo che prenderò, se ce
l’hanno, un buon toast o un panino ed una birra. E tu hai
fame?
Sorridendo Rossella confermò: - Sì adesso ho fame
anch’io. Per l’emozione, la paura di far tardi in stazione,
tutta la situazione insomma, al cibo non ci ho nemmeno
pensato ed anch’io sono praticamente digiuna da
stamattina.
Il cameriere arrivò, salutò i due piccioncini e con un
blocchetto in mano si rivolse loro:
- Prego signori, cosa posso servire?
- Si potrebbe mangiare qualche cosa? Non abbiamo
fatto colazione ed abbiamo un po’ di appetito. Magari dei
toast o dei panini..........
- Abbiamo anche il servizio di cucina, ma a quest’ora,
per quanto riguarda i primi piatti, è chiusa. Comunque oltre ai
toasts ed ai panini, se avete piacere, posso servirvi una
bistecca con insalatina, una milanese con patate fritte oppure
dell’arrosto di vitello con i piselli, oltre, s’intende, il dessert.
- Ottimo, allora cosa prederesti Rossella?
- Mi è venuta una gran fame, gradirei una bella
bistecca ai ferri.
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- Benissimo, allora ci porti due grosse bistecche ai
ferri con l’insalatina, un po’ di vino rosso e dell’acqua
minerale. Grazie!
- Grazie a lei signore, il tempo di accendere la piastra
e le bistecche sono pronte. Le preferiscono al sangue, cotte
o ben cotte? Le gradiscono con qualche salsetta
d’accompagnamento?
- Per me leggermente al sangue e se ci sono delle
salsette piccanti le gradirei. Tu Rossella come vuoi la carne?
- Anche per me uguale, grazie.
- Vado e torno, con permesso, signori.
Eugenio prese le mani di Rossella e le strinse
dolcemente tra le sue:
- Devo toccarti perché temo di essere ancora in un
sogno. Da quando ci siamo salutati a Padova prima che io
andassi a Trieste, quattro o cinque volte ti ho rivista nei miei
pensieri, anche di giorno, per strada, seduto al tavolino di un
bar. Dapprima apparizioni fugaci del tuo volto sorridente, poi
sempre più lunghe ed insistenti ed è li che ho capito che tu
ormai facevi parte di me, che non dovevo e non volevo
perderti, che eri diventata lo scopo della mia vita. Ho giurato
che se oggi ti avessi ritrovata alla stazione, come grazie a
Dio è avvenuto, avrei cambiato tipo di vita e di lavoro. Ho
giurato che non avrei più fatto l’uomo d’affari in giro per
l’Italia, ma che avrei trovato un lavoro fisso in modo da
poterti stare vicino.
Eugenio vide i begli occhioni di Rossella lucidi lucidi e
dall’angolo uscire una lacrima che, lentamente, scendeva
lungo la guancia.
- Io pure da quando ci siamo lasciati, non ho più
toccato un libro, ho pianto tanto dalla paura di non rivederti
più. Le mie due compagne d’appartamento, hanno cercato di
consolarmi dicendomi che se tu fossi stato solamente la
metà di quello che io ti avevo descritto loro, entro brevissimo
tempo ti avrei rivisto, altrimenti voleva dire che non mi
meritavi.
La ragazza scoppiò in un pianto liberatore che era
pure di gioia, ritrasse le mani per prendere dalla borsetta un
fazzolettino. Eugenio la prese per le spalle e l’avvicinò a lui e
facendole appoggiare la fronte sulla sua spalla, cominciò ad
accarezzarle i capelli lentamente e dolcemente in un gesto
d’affetto, liberatorio e di conforto.
Arrivò il cameriere con il vino, l’acqua minerale e le
insalate, si fermò un attimo:
- Posso?........ Su signorina si vede tre ore lontano
che sono lacrime d’amore, forza, tiri un bel sospiro e coccoli
questo fortunato giovanotto. Dopo aver mangiato la bistecca
66
il mondo lo vedrà sotto un’altra luce e scapperete via verso la
felicità. Tanti auguri!
Rossella, si asciugò gli occhi e accennò un sorriso al
cameriere guardando, con gli occhi rossi, il suo
bell’innamorato.
- Basta piangere! D’ora in poi solo allegria e risate, il
brutto è passato, il temporale è finito, la tempesta è stata
breve. D’ora in poi il sole radioso illuminerà la nostra vita.
OK? Promesso?
- Quanto sei dolce e comprensivo, mi sento
veramente felice e soddisfatta, oggi è un giorno che rimarrà
scolpito nel mio cuore come il giorno più importante della mia
vita. Il giorno in cui ho capito e scoperto che il Vero Amore,
quello con la “A” maiuscola esiste veramente, ed io mi sono
sentita pervasa da questa grande felicità, per questa gioia
immensa.
Si avvicinò a lui e gli diede un dolce bacio, ricambiato
con la stessa dolcezza.
Eugenio versò un po’ d’acqua minerale nei due
bicchieri:
- Beviamo un sorso, ci tirerà su lo spirito, dopo di che
un sorso di vino ci metterà addosso la giusta allegria per
finire bene la giornata.
In quel momento giunse il cameriere con le due belle
bistecche fumanti e nel servirle disse:
- Mi sono permesso di aggiungere sopra la bistecca
un croccante uovo “all’occhio di bue”. Vedrete dopo questo
pasto avrò il piacere di leggere la serenità sui vostri volti.
Veramente........ buon appetito!
- Grazie – risposero all’unisono – che belle, che
bell’aspetto, che invitanti, senti che profumo........all’attacco!
Quando la fame, unita all’emozione e alla felicità si
sommano, il mondo circostante sparisce e la battaglia
ingaggiata con la forchetta ed il coltello affondati nello
spessore della carne diventa la cosa principale in quel
momento e assaporare il cibo in una lenta masticazione
diventa un rito.
Giunti che furono a metà della bistecca, si guardarono
negli occhi e in un sol colpo si misero a ridere, sempre più
intensamente e simultaneamente in un crescendo che
terminò con un grosso sospiro e un rilassamento di tutto il
corpo adagiato sullo schienale delle seggiole. Il ghiaccio era
rotto, le ansie erano passate, i tormenti ed i crucci pure. La
serenità e la gioia, finalmente, si erano impadronite dei due
giovani amanti che, riprendendo la conversazione, finirono il
loro pasto pomeridiano tra sorrisi e battute scherzose.
- Che cosa hai deciso di fare Eugenio, riparti oggi o ti
fermi per un po’?
67
- Veramente pensavo di ripartire oggi, però essendo
domani domenica, anche se andassi a casa, non potrei
sbrigare le mie incombenze. Partirò domani pomeriggio, sei
contenta?
- Non contenta, felice, così potremo stare insieme
ancora una giornata.
- OK! approvato, adesso pago il conto e andiamo a
cercare un piccolo albergo dove sistemarmi per questa notte,
che sia relativamente vicino alla tua abitazione così domani
ci potremo vedere presto.
- Ma che albergo, ti prego! Nell’appartamento, che
divido con le altre due ragazze, in soggiorno c’è un divano
letto che, alternativamente, usiamo quando vengono a
trovarci i rispettivi genitori. Ora è libero perché non abbiamo
nessuno. Parlo io con le ragazze, così avrò anche il piacere
di presentarti alle mie compagne di studi.
- Non vorrei disturbare, in primo luogo, e poi non
vorrei che le male lingue dei vicini avessero a dire che porti
un uomo in casa, per la tua reputazione e quella delle tue
amiche.
- Non pensarci minimamente, se alle mie amiche va
bene, deve andare bene a tutti.
Pagato il conto, con i ringraziamenti e gli auguri del
cameriere, Rossella ed Eugenio ripresero il cammino lungo
le vie di Padova per recarsi all’abitazione di lei. Strada
facendo, passarono dinanzi allo storico “caffè Pedrocchi” e
Rossella glielo fece notare.
- Ne avevo tanto sentito parlare, ma non ho mai avuto
l’occasione di visitarlo, vuol dire che domani andremo a
prendere l'aperitivo prima di pranzo e così l’ammirerò.
Girato l’angolo, fecero alcune centinaia di metri ed
arrivarono davanti la casa in cui le ragazze avevano affittato
l’appartamento. Via Mantica n° 3. Un bel palazzo d’epoca,
una casa signorile in centro. Di fronte sorgeva l’imponente
palazzo della Sede Centrale della Cassa di Risparmio di
Padova.
- Eccoci arrivati, noi abitiamo al terzo piano. Suono il
campanello per annunciare, se sono in casa, che stiamo
arrivando.
Preso l’ascensore giunsero al pianerottolo e una bella
brunetta era sulla soglia aperta dell’appartamento che li
attendeva.
- Ciao Gisella, siamo noi! Eugenio, questa è la mia
compagna Gisella Moro, che fa il quarto anno di architettura
e questo è il mio........ amico, Eugenio Della Noce che fa
l’uomo d’affari. Entrando nell’appartamento Rossella chiese:
- C’è anche Fulvia?
68
- No, non ancora, ma dovrebbe rientrare tra poco.
Molto lieta Eugenio, Rossella ci ha parlato tanto di lei che mi
sembra di conoscerla da una vita. Però, complimenti
Rossella, è veramente un bel ragazzo, avevi ragione!
Eugenio, sorridendo, disse: - Mi sarebbe piaciuto
poter sentire cosa vi raccontava di me la mia Rossella,
certamente avrà esagerato.
- Ah! ma allora è vero – incalzò Gisella - ....la mia
Rossella......allora ci siamo! Le speranze, i desideri, i sospiri,
le ore insonni di Rossella hanno funzionato. E’ sbocciato, è
nato, è fiorito il grande amore.
Gisella, corse incontro a Rossella, l’abbracciò forte
forte, quasi gridando esclamò:
- Sono felice per te, tanti e tanti auguri, che tutto
possa filare liscio per entrambi e che l’amore non vi
abbandoni mai. Venga Eugenio, venga qui, che possa
abbracciare tutti e due.
Quando Eugenio si avvicinò e tutti e tre commossi
erano abbracciati, si aprì la porta ed apparve Fulvia, che
restò immobile e attonita sulla soglia, a quella vista.
- Cosa succede qui? Cosa si festeggia? Chi è quel bel
ragazzo? Perché vedo occhi lucidi? Volete spiegarlo anche
a me?
- Fulvia, cara amica mia, ti presento Eugenio, il mio
ragazzo, avevi ragione tu! E’ venuto da me e mi vuole tanto
bene........anche di più!
- Ohhh! finalmente, se non veniva lei qui a Padova,
sarei venuta io a cercarla, non ne potevamo più........Eugenio
di qua, Eugenio di là, tutto il giorno, ieri, non parlava che di
lei, di com’era, di come parlava, della sua cultura, della sua
eleganza, del suo aspetto, degli occhi, delle mani.......
sembrava che nell’appartamento fossimo in quattro, come
adesso. Comunque, devo dire che Rossella aveva ragione,
l’ha descritta perfettamente e ne sono contenta per la mia
amica e anche per lei Eugenio, Rossella è una gran brava
ragazza!
- Ragazze mie, mi sento imbarazzato! Nel lavoro che
facevo ho dovuto affrontare situazioni impreviste di tutti i tipi,
ma mai mi sono trovato così, assalito da lodi e complimenti
che, in fondo in fondo non credo di meritare.
Rossella stringendosi al braccio di Eugenio si rivolse
alle sue amiche:
- Sapete, lui ha deciso di cambiare lavoro per potermi
stare più vicino e non assentarsi in viaggi per l’Italia che,
anche se per un paio di giorni, l’avrebbero tenuto lontano da
me. Anche questo è amore! Ma hai deciso cosa farai?
- Sì, lunedì mattina, dopo sistemate alcune cose a
Livorno, partirò per Milano dove mi attendono alcuni colloqui
69
di lavoro per scegliere quello che più si adatterebbe al mio
carattere ed al mio modo di pensare e, perché no, anche al
migliore dal punto di vista economico. Tutto questo avverrà
se Rossella mi promette formalmente di riprendere lunedì gli
studi e laurearsi nei tempi previsti. Dopo di che si potrà
pensare e decidere la data del matrimonio ed il suo
trasferimento nella città in cui prenderò servizio che non è
detto debba essere necessariamente Milano.......... Ah!
sempre che lei voglia sposarmi, ben inteso!
Rossella rimase muta, con la bocca semi aperta, con
gli occhi sgranati e lucidi dall’emozione, quasi incredula nel
sentire una dichiarazione pronunciata dinanzi a delle
estranee, anche se amiche, come fosse una cosa scontata e
già nota al mondo intero.
- Evviva, evviva – gridarono Gisella e Fulvia – noi
vogliamo essere le damigelle di Rossella e tenerle ben
sollevato il lungo velo a strascico accompagnandola
all’altare.
Fulvia, presa dall’eccitazione, si rivolse agli
innamorati:
- Su, datevi un bacio d’impegno, di vincolo, di patto e
di promessa che sancisca la vostra unione!
Rossella si volse lentamente verso Eugenio con un
sorriso radioso, un po’ rossa in viso, trattenendo il respiro si
fece abbracciare e baciare dal suo uomo.
Il bacio durò a lungo, tanto che le amiche si girarono
per non invadere la privacy dei due innamorati e si
allontanarono dirigendosi verso le rispettive stanze, quando
la voce di Eugenio, leggermente affannata le chiamò:
- No! vi prego non andatevene, il momento è solenne
e come tutti i momenti solenni deve essere ufficializzato in
tutti i suoi aspetti, anche con i testimoni.
Le ragazze si fermarono, si girarono, pur rimanendo
stupite e distanti, mentre lui si rivolse alla sua amata
prendendole teneramente il viso tra le mani:
- Rossella vuoi sposarmi?
- Certo che sì! Lo voglio con tutto il mio cuore e tutta me
stessa!
Eugenio le diede un leggero bacio, l’allontanò da lui e
andò vicino al divano dove aveva appoggiato la valigia e la
borsa. Presa quest’ultima, l’aprì, vi infilò la mano e trasse la
scatoletta finemente confezionata dalla signora Huber.
Sciolse il fiocchetto, tolse la carta ed aprì la scatoletta:
- Rossella, accetta questo anello in pegno del mio
amore con la promessa che mai ti deluderò, mai ti
abbandonerò e che cercherò, nel limite delle mie possibilità,
di non farti mancare nulla, per tutta la vita.
70
Aprì l’astuccio ed apparve quella meraviglia d’anello
che esso conteneva. Rossella si mise a piangere senza
freno non riuscendo ad emettere alcun suono dalla gola
strozzata dalla sorpresa, dall’emozione, dalla gioia. Le
amiche lanciarono un urlo:
- Dio mio! – gridò più forte Fulvia - Rossella, guarda, è
pazzesco, è immenso, è di uno splendore, una lucentezza,
una luminosità, un fulgore grandioso. E’ l’anello per una
regina!!!
Eugenio prese l’anello e delicatamente lo infilò
all’anulare della mano tremante di Rossella che, dopo averlo
ammirato al dito per qualche istante si avvinghiò al collo di lui
sussurrando:
- Matto! pazzo! che cosa hai fatto! avrai speso una
fortuna!
Non
dovevi,
..........bastava
un
piccolo
segno,............. per me sarebbe già stato una cosa
grande........ma questo è un anello principesco! Devo
chiamare i miei genitori e raccontare loro cosa è successo,
così all’improvviso.......... Mia madre, alla notizia, o andrà in
svenimento o farà salti di gioia, chissà? Comunque vorranno
conoscerti!
- Sicuramente, è logico, ma con calma ti prego. Ora tu
devi pensare a finire gli studi, io devo sistemare parecchie
cose, dopo di ché farò volentieri la loro conoscenza, magari
durante una bella festa in famiglia per ufficializzare il
fidanzamento e decidere assieme la data delle nozze. Va
bene così?
- Sì, sì, va bene, sono ancora tutta agitata, non posso
credere che sia io la fortunata. Ma pensate, amiche mie, che
fortuna essere andata a casa ed essere rientrata proprio quel
giorno che Eugenio era in viaggio nella stessa direzione. Il
destino, c’è poco da dire, ha un ruolo importante nella vita di
ognuno di noi.
L’atmosfera, da tesa ed emotiva che era, si stava
rasserenando. Bisogna dire la verità, Gisella e Fulvia erano
veramente delle amiche sincere che avevano partecipato
affettuosamente e con gioia alla felicità della loro compagna
Rossella. Si sedettero nel soggiorno mentre Eugenio rivolto
alle tre fanciulle disse:
- Ci vorrebbe dello champagne per brindare, ma in
mancanza, anche un bel bicchierone di acqua minerale
andrebbe bene, forse anche meglio perché l’alcol non
sempre aiuta. Ne avete?
- Sì, ma c’è anche Coca Cola e aranciata,– disse
scherzando e ridendo Gisella – vado di là a prendere le
bottiglie ed i bicchieri.
Ritornata che fu con le bibite, Fulvia si alzò in piedi
esclamando:
71
- Non accetto discussioni! Ormai è ora di cena.
Scendo dabbasso in pizzeria, a prendere quattro belle pizze
e quattro dolci ché dobbiamo festeggiare.
- Ma Fulvia, sempre così generosa tu – rispose
Rossella - semmai dovremmo essere noi ad offrire. Piuttosto
ragazze volevo chiedervi una cosa, posso far restare
Eugenio, solo per questa notte, sul divano dato che è libero?
- Ci mancherebbe altro! – esclamò Gisella – se non lo
chiedevi tu, te l’avrei proposto io. Voi non offrite nulla, siete i
festeggiati, gli ospiti d’onore, anche se tu Rossella paghi la
quota di pigione di questo appartamento! Poi ci vuole un
uomo che protegga e sorvegli quel tesoro che porti al dito –
disse sorridendo.
La serata passò in allegria e le ore trascorsero in men
che non si dica, allorquando udirono in distanza i rintocchi di
un orologio di qualche campanile che scandivano le 23.
Controllando l’orologio da polso, Eugenio confermò
l’ora e propose di andare a riposare. Chiese riscontro ad un
suo programma per l’indomani:
- Dopo colazione, domani mattina, Rossella ed io
potremmo andare un po’ a zonzo per Padova. Appuntamento
con voi ragazze alle 12.45 al Caffè Pedrocchi per prendere
l’aperitivo e potervi salutare con a un ben presto rivederci.
Poi nel primo pomeriggio prenderò il treno per Firenze e da lì
a Livorno. OK? approvato?
In un consenso generale si scambiarono la buona
notte e andarono a dormire.
La domenica mattina trascorse fin troppo velocemente
per i due innamorati. Dopo aver bevuto, assieme a Gisella e
Fulvia, l’aperitivo promesso, Eugenio salutò cordialmente le
amiche e con Rossella si avviò lentamente verso la stazione
per prendere quello stesso treno rapido che, il giorno prima,
l’aveva condotto al punto di partenza della sua nuova vita.
Per i due innamorati il tempo passava tanto
velocemente che le 15.45 giunsero in battibaleno. Un ultimo
bacio appassionato sul fischio del treno che stava
muovendosi, un salto sul vagone con il suo bagaglio urlando:
- Domani ti chiamo e ti so dire come prosegue il tutto.
Studia mi raccomando!
- Te lo giuro! Voglio fare una bella laurea, per te! Te lo
meriti! A presto amore!
Il treno prese velocità mentre gli occhi, sempre più
lontani, si cercavano in un disperato tentativo di non perdere
l’immagine.
Eugenio s’incamminò lungo il corridoio alla ricerca di
uno scompartimento vuoto. Aveva bisogno di pensare, di
72
riflettere, di progettare, di programmare e non voleva essere
disturbato da qualche viaggiatore chiacchierone.
In uno scompartimento vide seduto un prete da solo
che leggeva un grosso volume con la copertina nera, entrò:
Buongiorno reverendo, posso?
- Good morning, sir, sit down please.
- Thank you very much, but J am sorry, my English is
not so good. Is scholastich English!
- Never mind! J am reading!
- Ottimamente - pensò Eugenio – ha detto che non
importa, che sta leggendo. Potrò chiudere gli occhi e
riflettere sui miei programmi, in silenzio ed avere la mente
concentrata.
Si sedette comodamente, dopo aver sistemato la
valigia e la borsa sulla retina. Per un attimo guardò fuori dal
finestrino lo scorrere veloce dello stesso paesaggio visto
quattro giorni prima ma nell’altro senso di marcia.
Appoggiata la testa sullo schienate, chiuse gli occhi.
Per un momento pensò che doveva essere come Giuseppe
Nardi, il fabbricante di salumi, che dormiva nell’angolino della
carrozza.
Solamente che Nardi dormiva perché era stanco del
lavoro, mentre Eugenio non dormiva affatto, teneva gli occhi
chiusi per riflettere meglio e non essere distratto dalle visioni
che lo circondavano.
La prima cosa da farsi, l’indomani mattina, era
regolarizzare la sua posizione con il sig. Huber! Non poteva
assolutamente cominciare la nuova vita con un raggiro.
L’anello che aveva donato a Rossella doveva essere puro e
onesto e non frutto della passata vita. Dell’esistenza di Ennio
che aveva allontanato, anzi, cacciato da lui definitivamente
non doveva restarne traccia!
L’unica cosa da fare era andare nella sua banca,
prelevare il prezzo pattuito per l’anello, andare in un ufficio
postale e fare un vaglia telegrafico a favore dell’Oreficeria
Huber di Trieste e quale mittente indicare Ennio Rossi –
Milano – e nello spazio riservato alle comunicazioni del
mittente avrebbe scritto: Saldo fornitura anello. Erano buone
le pastine? Scusi l’accaduto! Ennio Rossi (oggi morto)
Prelevando le 485.000 lire, poco contante gli sarebbe
rimasto, avrebbe quasi prosciugato il conto corrente. Meglio
così, d’ora in poi i soldi versati sarebbero stati soldi onesti,
frutto di un lavoro che lo avrebbe impegnato
quotidianamente, faticosamente: pranzi nella mensa
aziendale; spostamenti in tram o al massimo in macchina;
niente più abiti di grandi sarti e biancheria d’alta moda con
scarpe rigorosamente di Varese, cravatte in pura seta. Non
73
più Grand’hotels, ristoranti con maitre e sommelier. Senza
rimpianti! Finalmente una vita serena! Una famiglia, uno
scopo nella vita, una moglie affettuosa da amare e
proteggere e, chissà ............. dei figli da crescere!
Viva l’onestà, viva la vita , viva la felicità e l’amore.
Con questa frase, ben stampata in mente, Eugenio cedette
al sonno ristoratore e rivitalizzante che l’avrebbe condotto, al
suo risveglio, ad intraprendere assieme alla sua Rossella il
duro, ma felice ed onesto cammino della vita:
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Capitolo 7 – la conclusione
Siamo il 7 Giugno 1985, sono trascorsi 34 anni dal
giorno in cui Eugenio conobbe Rossella e poco più di 31 anni
dal loro matrimonio. Eugenio ha 65 anni e Rossella 59, sono
sposi felici, genitori altrettanto felici e da tre mesi anche
nonni, ancor più felici!
Eugenio, tra un paio di mesi, andrà in pensione per
raggiunti limiti di età.
La sua visita a Milano del 11 giugno del 1951 ebbe
esito positivo e, guarda caso fu assunto in un’industria
dolciaria che non era la Botta, di cui Ennio presentava i
biglietti da visita, ma una altrettanto importante in campo sia
nazionale che mondiale. Essendo laureato in giurisprudenza,
iniziò presso l’ufficio legale della Ditta quale responsabile del
recupero crediti, ma ben presto date le sue doti innate per il
mondo degli affari, passò nell’amministrazione e salendo la
scala
gerarchica oggi è
“Direttore Responsabile
Amministrativo”.
Chissà se il destino gli aveva riservato questo
privilegio quale premio per la sua abilità o a monito e ricordo
di un passato che Eugenio era stato capace di ripudiare per
amore della sua Rossella. Non lo sapremo mai!
Rossella, aveva presentato la sua tesi nei tempi
prefissati e si era laureata a pieni voti tra i complimenti del
relatore e del corpo accademico che ritenne di assegnare la
“menzione” all’opera trattata sia per la perfezione della
ricerca sia per l’argomento impegnativo.
Verso la fine del 1953 si unirono in matrimonio nel
duomo di Arezzo e Rossella si trasferì a Milano. Data la sua
particolare tesi di laurea, ebbe facilità di entrare nel locale
policlinico dove, ora, ricopre la carica di aiuto primario.
75
Nacquero due figli di cui uno, il maggiore, nel 1982
convolò a giuste nozze ed ora ha fatto diventare nonni i due
innamorati del 1951.
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Questa storia vuol far evidenziare come “le
apparenze ingannano”. Apparentemente Ennio era una
persona per bene, in realtà era un lestofante. L’episodio
raccontato, di cui tratta la parte centrale di questo
racconto, è realmente accaduta anche se i nomi dei
personaggi, i luoghi e i tempi sono stati parzialmente e
volutamente distorti per romanzare l’episodio. In realtà il
colpo messo a segno è stato fine a sé stesso e
certamente il povero gioielliere fu abilmente raggirato e
non fu certamente risarcito da un Eugenio ravveduto. E’
bello pensare però e sperare che anche tanti altri Ennio
vengano sostituiti da tanti altri Eugenio e che il bene e
l’amore trionfino sul male.
Prendiamo tutti come impegno che “le apparenze
non devono più ingannare” e il domani per i nostri figli,
nipoti e pronipoti e così via per secoli e secoli, sia sereno,
felice, fulgido, e che il “Male”, scusate, Ennio non possa
mai più dominare l’Eugenio del momento.
LA REALTA’ E’ EUGENIO
L’APPARENZA.......ERA ENNIO
76
MA CHI E’ SALVO?
CAPITOLO 1
Il dottor Luigi Barberini era titolare di un noto studio commercialista di
Padova dove appunto lavorava e risiedeva con la moglie Giulia
Favarato, anche lei laureata, ma in chimica.
La signora non aveva messo a frutto i suoi studi in quanto non
aveva mai lavorato in campo farmaceutico, ma saltuariamente dava
una mano al marito, nei periodi più burrascosi in prossimità delle
scadenze fiscali, quando tutto lo studio, che vantava una decina di
collaboratori, non ce la faceva a seguire la mole di lavoro
accumulatosi.
Si erano sposati poco più di un anno dopo il conseguimento da
parte di Luigi della laurea e a Giulia mancavano ancora tre esami e
la discussione della tesi, avvenuta poi regolarmente nei tempi
previsti.
Per loro la situazione era stata abbastanza favorevole poiché
anche il padre di Luigi era un commercialista ed aveva uno studio
molto ben avviato. Il padre l’aveva assunto e avviato alla carriera
con l’intenzione di cedergli lo studio dopo aver superato l’esame di
stato e conseguita l’abilitazione. Si potrebbe affermare che, a parte
l’abilità e l’intelligenza di Luigi, aveva avuto la strada spianata per
poter raggiungere, alla sua età, una posizione sociale così elevata.
Per scelta, non avevano ancora avuto figli, essendo entrambi
relativamente giovani, infatti lui aveva da poco compiuto i trentatre
anni, mentre Giulia ne aveva trentuno. Avevano ancora voglia, nei
pochi momenti liberi che la professione concedeva loro, di divertirsi
con brevi vacanze sia da soli che con gli amici di sempre.
Essi erano l’ingegner Mario Galeazzo, titolare di una
consolidata ed affermata impresa di costruzioni e sua moglie Maria
Luisa Cerutti.
Mario e Maria Luisa erano coetanei e solamente un paio d’anni
più anziani di Luigi e Giulia. Avevano un bel maschietto di quattro
anni e spronavano gli amici di continuo affinché dessero un
amichetto al loro Sergio
Maria Luisa era l’unica non laureata del gruppo. Dopo aver
conseguito il diploma di geometra, si era iscritta all’università, aveva
conosciuto Mario e il classico amore a prima vista o colpo di fulmine
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che si voglia dire, aveva contribuito ad accelerare i tempi delle
nozze. Essendo Mario, ancora studente, Maria Luisa, oltre ad
accudire la casa, era andata a lavorare presso uno studio di
progettazione con un contratto di formazione lavoro. Lo stipendio non
era certamente sufficiente a garantire un decoroso tenore di vita, ma
con l’aiuto dei rispettivi genitori, che in un primo tempo avevano
disapprovato un matrimonio così precipitoso, anche perché non si
trattava di un matrimonio riparatore, le cose erano andate
abbastanza bene.
Studiando intensamente di giorno e gran parte della notte,
Mario aveva conseguito la laurea in ingegneria con il massimo dei
voti e con sei mesi d’anticipo sul piano degli studi.
Questo risultato aveva fatto sì che alcuni studi professionali
avessero richiesto immediatamente la sua collaborazione. Mario
aveva accettato l’offerta sembratagli
migliore, anche perché,
correttamente, aveva messo al corrente i datori di lavoro della sua
intenzione, una volta terminato il praticantato, di sostenere l’esame
per esercitare la libera professione, iscrivendosi all’albo degli
ingegneri e creare un impresa di costruzioni onde permettergli di
mettere a frutto i suoi studi.
Con una certa periodicità, le due coppie si riunivano a casa di
uno o dell’altro, per passare alcune ore assieme. Erano tanto
affiatati, solo raramente estendevano gli inviti ad altre persone se
proprio non erano costretti da doveri di società o di rappresentanza
inerente le rispettive professioni.
Era una domenica pomeriggio di gennaio quando i quattro
amici, con il piccolo Sergio, si ritrovarono in casa Barberini. Maria
Luisa, come sempre, stava pungolando l’amica Giulia, spronandola
perché si decidesse ad avere un bambino. Questa volta, in un primo
momento ci rimase quasi male, per poi passare con dei gridolini ad
una gioia immensa, quando Giulia le confermò la loro decisione nel
pensare ad una sua prossima gravidanza.
Gli abbracci, i baci e le lacrime si sprecarono tanto da far
spuntare i fazzoletti per soffiare il naso ed asciugare gli occhi.
- Bravi, bravi, era ora! - disse Mario - la famiglia senza figli è un
famiglia vuota. Anche noi pensiamo di “regalare” un fratellino od una
sorellina a Sergio. Egli ha infatti l’età giusta, essendo già abbastanza
indipendente, non impegnerebbe troppo Maria Luisa nel difficile
compito di madre.
Mentre Luigi stappava una bottiglia di champagne, per
festeggiare, propose agli amici di programmare, come sempre, per
febbraio, una settimana sulla neve.
Luigi doveva scegliere quel periodo essendo al di fuori delle
scadenze fiscali, importanti per il suo lavoro. Quest’anno avrebbero
potuto sciare parecchio assieme perché Sergio aveva l’età giusta per
iniziare la scuola sci, così tra giochi e lezioni, avrebbe occupato tutta
la mattinata.
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Poiché l’anno prima si erano trovati molto bene a Madonna di
Campiglio, sia come località sciistica che come albergo, decisero di
ritornarci, nella speranza di trovare due stanze libere.
- Ci saranno, ci saranno, stai tranquillo – replicò Mario –
l’albergo è un quattro stelle e con i prezzi praticati , sarà più facile
trovare posto lì piuttosto che in una pensione familiare. Per noi va
bene, te ne occupi tu o preferisci faccia io la telefonata?
- Chiama pure Mario, l’avevi contattato e prenotato tu l’anno
scorso, quindi si ricorderanno più facilmente del tuo nome, il mio
potrebbero non rammentarlo.
Per il mio lavoro preferirei, se
possibile, la settimana che va da sabato 14 a sabato 21 febbraio,
dopo, avrei delle difficoltà perché incominciano le incombenze di
marzo.
Il pomeriggio trascorse in allegria, elaborando progetti,
ricordando le varie discese già provate e quelle nuove da fare sulle
piste. Studiarne la difficoltà, che per degli sciatori occasionali come
loro, i quali riducono la loro esperienza sulle nevi a soli sette giorni
all’anno, era una grossa impresa.
Sergio era incollato al televisore per guardare i cartoni animati
trasmessi dal Disney Channel, ma nel frattempo era arrivata l’ora di
salutare gli amici e fare rientro a casa. Mario guardò l’orologio e
sentenziò: - Maria Luisa, Sergio, su andiamo è ora di rientrare a casa
per cenare.
- Se avete piacere - disse Giulia - avrei preparato del brasato. Il
tempo di preparare la polenta così mangiamo un boccone assieme,
che ne dite?
- Ottima idea - confermò Luigi - ho un Dolcetto d’Alba per
accompagnare il brasato. Fa proprio al caso nostro! Stiamo ancora
un po’ assieme, vedrete, non faremo tardi.
- Tra di noi non facciamo certamente dei complimenti - replicò
Maria Luisa - se, come vedo, avevi tutto predisposto, ci fermiamo
volentieri………poi il brasato con il Dolcetto è un invito troppo
allettante.
Scoppiarono tutti in una sonora risata che fece trasalire e
distogliere dalla sua concentrazione pure il piccolo Sergio.
Mentre la padrona di casa si ritirava in cucina per le
incombenze del caso, Luigi si avvicinò all’angolo bar per cimentarsi
nel preparare l’aperitivo non molto alcolico, ovviamente, in quanto le
signore non l’avrebbero gradito. Preparò uno “champagne cocktail”
accompagnato da qualche salatino.
Terminata l’improvvisata cena, gli uomini bevvero il caffè
accompagnato da una buona grappa e gli amici scambiarono alcune
opinioni sui fatti del giorno appena appresi dal telegiornale. Sergio,
non avendo più i cartoni animati, si stava annoiando e cominciava ad
accennare i primi sintomi del sonno.
Maria Luisa e Mario, si congedarono dagli amici ospiti,
ringraziando per lo splendido pomeriggio trascorso e rinnovando le
congratulazioni per la decisione presa di avere un bambino.
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Rimasti soli, Luigi aiutò la moglie a sparecchiare portando piatti,
bicchieri e stoviglie in cucina e dando una sistemata alla camera da
pranzo e al salotto. Dal salotto, parlando a voce alta verso la cucina,
il marito si rivolse alla moglie: - Forse hanno ragione loro, ci manca
qualche cosa, ci mancano i bambini da mettere a letto per
concludere la giornata.
- Piano,….. calma,……. i bambini! Pensiamo per intanto al figlio
che verrà, poi si vedrà, non parlare già al plurale. Dovrò prima
vedere come sarò e se sarò una buona e brava madre. E’ un
compito difficile anche se è innato in ognuna di noi lo spirito materno,
però si sentono tante brutte cose alla televisione o si leggono sui
giornali. E’ naturale avere dei timori.
- Ma cosa dici mai, buona come sei, con lo spirito nobile che ti
ritrovi, sarai una madre meravigliosa, ne sono proprio certo. Del resto
gli stessi tuoi timori , palesano in te una persona responsabile la
quale sa e capisce cosa vuol dire mettere al mondo dei bambini,
cosa vuol dire essere mamma e la responsabilità che tutto ciò
comporta.
Nel frattempo Giulia era rientrata in salotto e si era seduta sul
divano, accanto al marito, - Ti ringrazio per la fiducia riposta in me ed
in cuor mio spero e voglio essere una buona moglie prima e una
buona madre poi. Certamente, già da subito, insegnerò ai miei figli
la rettitudine, la bontà, l’onestà ed il rispetto per il prossimo dando
loro tutto il mio amore e facendoli crescere in un ambiente sano e
sereno.
- Tu prima mi avevi rimproverato quando avevo parlato di
bambini, avevi detto piano, piano, ma ti sei accorta? Anche tu parli
al plurale! Del resto viene naturale, io sono convinto che il figlio
unico, possa essere un figlio infelice, pertanto, a mio avviso, meglio
averne tre piuttosto di uno solo.
I loro sguardi si fissarono sul televisore acceso, ma nessuno dei
due, sicuramente, seguiva la trasmissione, la loro mente era rivolta
altrove, in pensieri ben più profondi ed impegnativi destinati a
segnare e programmare il loro futuro.
Il mattino seguente, dopo colazione, Luigi salutò
affettuosamente la moglie e si diresse in centro dove aveva l’ufficio.
La vita, il solito tran-tran riprendeva, bisognava concentrarsi sul
lavoro che, tra l’altro, non ammetteva errori. Entrato nello studio, i
suoi dipendenti erano già al lavoro. La segretaria lo seguì nel suo
ufficio per informarlo della richiesta del signor Fulvio Aquilante per
avere un appuntamento ed ella glielo aveva fissato per le ore11.
Luigi cercò di ricordare chi fosse questa persona il cui nome non gli
diceva nulla e chiese: - Gioia, non ricordo proprio questo nome, chi
è?
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- Pensavo lo sapesse lei dottore! Era così sicuro nel chiedere
l’appuntamento e nel dare il suo nome … pensavo avesse già avuto
un abboccamento con lei.
- No, assolutamente no, mai sentito nominare. Speriamo non
sia una persona abituata a far perdere solo tempo con dei problemi
di impossibile soluzione. Se saranno situazioni difficili da risolvere,
per me va bene, ciò mi stuzzica e mi piace, altrimenti educatamente
lo inviterò a rivolgersi altrove. Altre cose per oggi?
- Al momento no. Se riceverò delle telefonate, come al solito, le
filtrerò e se interessanti gliele passerò. Se non c’è altro dottore, torno
di là.
- Vada, grazie, se avrò bisogno la chiamerò. Ah sì! Se dovesse
chiamare l’ingegner Galeazzo, me lo passi subito.
Il tempo passò velocemente, quando l’interfono emise il suo
segnale di chiamata. – Sì mi dica!
- Dott. Barberini, sono le 11 e c’è qui il signor Aquilante, lo
faccio passare?
- Certamente! Venga pure!
Si alzò dalla sua poltroncina per ricevere il visitatore. Gioia aprì
la porta e fece passare il cliente.
- Buon giorno signor Aquilante, sono Barberini, cosa posso fare
per lei? Ma la prego si accomodi, mi dica tutto!
- Buon giorno a lei dottore. Il suo studio mi è stato consigliato
da un mio carissimo amico e suo cliente, il professor Eugenio Rossi, il
notovioloncellista.
- Ma certo! Il professor Rossi sì, cara persona. Ha avuto
qualche problema fiscale, causa il suo lavoro, ma lo abbiamo
brillantemente risolto con reciproca soddisfazione.
- Ecco, vede dottore, anch’io ho un problemino da risolvere. Da
solo non saprei venirne a capo. Ma è bene cominciare dall’inizio per
spiegarle un po’ tutto, così avrà una visione, spero, più chiara della
situazione.
Posseggo una fabbrichetta per la confezione di abiti da donna e
per bambini. Alle mie dipendenze ho sette ragazze con la qualifica di
sarte e sono destinate alla rifinitura degli abiti. Essendo la
manodopera, come lei sa, molto costosa, faccio confezionare gli abiti
in Romania dove si riescono ancora a spuntare dei buoni prezzi sui
manufatti.
Io mando a Bucarest le pezze di stoffa con i modelli delle varie
taglie, lì vengono lavorati e rispediti alla mia fabbrica. Il grado di
esattezza nel taglio e nel cucito e le relative rifiniture lasciano un po’
a desiderare. Ecco perché ho le mie dipendenti per sistemare bene
le imprecisioni originali in modo da proporre ai negozianti un prodotto
finito di buona qualità. Questo lavoro con l’estero è perfettamente
disciplinato da regole valutarie e fiscali in modo tale che ad
eventuale verifica, tutto risulti perfettamente documentato.
E qui nasce il problema. Oggi come oggi non si riesce vendere
ai negozianti la merce, se parte di essa non viene ceduta senza
81
fattura, di conseguenza mi ritrovo con un carico dell’IVA risultante
sempre a credito. Sull’acquisto della materia prima viene applicata la
dovuta aliquota IVA come pure sul confezionamento. Se poi devo
vendere metà prodotto senza fattura, mi ritrovo l’accredito di imposta
sempre più rilevante ed ho paura di finire nell’occhio di un
accertamento.
Io non vorrei vendere ai negozianti “in nero” ma sono costretto
a farlo per poter lavorare.
Situazioni analoghe si verificano anche presso altre fabbriche
d’abbigliamento, anche molto più grosse della mia, ma non sono mai
riuscito a capire come riescano a risolvere questo inghippo.
- Il problema non è semplice - replicò il dottor Barberini - questo
è un semplice calcolo matematico dove il ricavo deve essere
necessariamente maggiore del costo. Nel caso suo risulta essere
esattamente l’opposto e ne convengo che non possa essere
credibile.
Deve lasciarmi un po’ di tempo per riflettere. Comunque avrò
bisogno dei dati e delle cifre reali. Me le farà avere il più presto
possibile. I dati fornitimi saranno trattati solamente da me e quindi
nella massima riservatezza. Se riuscirò a risolvere il suo problema ne
parleremo, altrimenti sarà mia cura restituirle tutti i dati e gli
incartamenti.
- D’accordo, le farò avere quanto prima copia fotostatica di tutto
quanto in mio possesso. Le invierò la documentazione degli ultimi tre
anni in modo da ricavarne un quadro il più completo possibile della
mia situazione patrimoniale. Quando rileverà la somma a credito
delle imposte, probabilmente si preoccuperà anche lei. Ho tanta
fiducia nella sua esperienza e nel suo operato. Mi rimetto
completamente nelle sue mani. Cerchi di risolvermi questo assillante
problema. Ora me ne vado, non le rubo altro tempo e la ringrazio
anticipatamente per quanto vorrà e potrà fare. Buon giorno e grazie
ancora.
Il signor Aquilante si alzò dalla sedia e così pure Barberini, si
scambiarono una stretta di mano mentre Luigi cercando di rincuorare
il nuovo cliente disse: - Vedrà, qualche cosa salterà fuori, almeno
per limitare il danno se non proprio per eliminarlo. Mi dia un po' di
tempo per studiare il problema dopo il recapito della
documentazione.
Uscito il cliente, Luigi pensò tra sé e sé: - effettivamente mi
sono preso una bella gatta da pelare - D’altro canto lui era fatto per
risolvere situazioni difficili e non per tenere la contabilità di qualche
piccolo artigiano, professionista o pensionato, solamente per
redigere loro la dichiarazione del redditi.
Mentre mentalmente cercava di gettare le basi di una possibile
soluzione, squillò il telefono, alzò la cornetta e la segretaria
annunciò:
- C’è l’ingegner Galeazzo al telefono per lei!
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- Grazie, me lo passi pure. Pronto, Mario, dimmi tutto. Ci
sono novità? A casa tutto bene?
- Bene grazie tutto OK. Volevo avvisarti di aver chiamato
l’albergo di Madonna di Campiglio e ci riservano due stanze per il
periodo richiesto, cioè dal 14 al 21 di febbraio, come volevi tu. Mi
hanno confermato lo stesso prezzo dell’anno scorso, anche se
hanno apportato ulteriori migliorie per quanto riguarda il confort
dell’albergo.
- Ottimo, Giulia ne sarà felice e anche se manca ancora un
mese alla partenza, comincerà già a pensare ai preparativi.
Sicuramente si iscriverà in qualche palestra per iniziare la ginnastica
pre sciistica in modo da essere in forma ed essere fisicamente più
preparata. Grazie dell’interessamento, ma spero ci si veda prima
della partenza. Ciao, salutami Maria Luisa ed il piccolo Sergio, buon
lavoro e grazie ancora.
Chiuse il telefono e si immerse nel suo lavoro. Era meglio non
pensare né allo sci né ad Aquilante, altrimenti non avrebbe
combinato nulla di buono. Per lo sci era tutto a posto e per Aquilante,
finché non avesse mandato la documentazione, non avrebbe potuto
predisporre niente di costruttivo.
Le giornate passavano veloci e la pressione del lavoro si faceva
sentire sempre più gravosa. Ogni giorno il rientro a casa avveniva
sempre più tardi, con il conseguente risultato di non riuscire
nemmeno a cenare assieme alla moglie. Non poteva pretendere lei
lo attendesse per cenare insieme ed il più delle volte la chiamava
telefonicamente pregandola di anticiparlo. Non era una situazione di
certo piacevole e si ripromise di cercare una soluzione per
permettergli di avere una vita familiare più consona a questo nome.
CAPITOLO 2
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Arrivò finalmente il 14 febbraio, e gli amici si ritrovarono per
partire e percorrere la strada assieme verso le brevi ma tanto
sospirate vacanze sulla neve. Le automobili piene di valigie, buste
con gli scarponi e dopo sci, gli sci con i bastoncini sul tetto della
vettura ben chiusi negli alloggiamenti del porta sci. Sembrava
dovessero assentarsi per tutto l’inverno e non solamente per una
settimana, d’altro canto non era come partire per il mare, con vestitini
e semplici costumi, scarpe leggere e sandali, bisognava avere
indumenti pesanti molto voluminosi. Solamente le quattro tute da sci
di Giulia e Luigi occupavano un voluminosissimo borsone,
immaginarsi tutto il resto.
Partirono di buonora, per evitare il grosso traffico. Nel caso si
sarebbero fermati, per il pranzo, nelle vicinanze della meta per
arrivare in albergo alle prime ore del pomeriggio.
Quando giunsero a Pinzolo, ormai a pochi chilometri da
Madonna di Campiglio, si fermarono in un buon ristorante per il
pranzo. Gustarono una delle specialità locali chiamati gli “strozza
preti”, sorta di gnocchetti verdi agli spinaci, conditi con burro fuso,
salvia e tanto parmigiano.
Il pomeriggio passò in un baleno. Arrivati in albergo ed
espletate le formalità burocratiche presso il bureau, salirono nelle
rispettive stanze dove il facchino dell’hotel aveva già depositato le
valigie.
Sistemato il vestiario negli armadi, fatta la doccia e cambiatisi
per la cena, era giunta l’ora per scendere nella sala restaurant. Luigi
prese la cornetta del telefono e compose il numero della stanza 217,
quella dei coniugi Galeazzo, per avvisarli che sarebbero scesi al bar
per prendere l’aperitivo.
Mario confermò: - Finiamo di vestire Sergio e vi raggiungiamo al
bar. L’aperitivo non sarebbe necessario, mi ritrovo una fame da lupo,
quasi non avessimo pranzato. Sarà l’emozione o l’aria fine della
montagna, ma non vedo l’ora di sedermi a tavola.
Il bar era gremito di gente in attesa dell’apertura della sala
restaurant prevista per le 19,30. Osservarono la gente, la quale con
fare indifferente sbirciava, di tanto in tanto, la porta chiusa. Quando
si fosse aperta sarebbe scattata certamente all’assalto quasi non ci
fosse posto a sedere per tutti. I tavoli, ovviamente, erano già
assegnati, si trattava, per la prima volta, di vedere quale fosse il
proprio. La sala era molto grande, i tavoli erano ben disposti, non
addossati l’uno all’altro. Bisognava solamente individuare quello
riservato alle stanze 215 e 217.
All’ora fatidica, Luigi e Mario con le rispettive mogli, si
attardarono un pochettino per avere una visione più chiara dei posti
rimasti liberi, tra i quali ci sarebbero stati i loro.
La sala ristorante offriva uno spettacolare colpo d’occhio. Gli
addobbi furono oggetto di attenzioni particolari da parte dei quattro
amici. Alle pareti qualche quadro che riproduceva paesaggi montani,
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piatti in ceramica finemente decorati e delle sculture lignee
armoniose nei tratti da renderle leggere e gradevoli da ammirare.
Nella sala, oltre ai tavoli dei commensali, erano sistemati, in posizioni
strategiche,
numerosi tavolinetti di servizio accanto ai quali
impeccabili camerieri aspettavano di poter servire la cena.
Il loro tavolo, con cinque coperti, era posizionato a destra del
salone, vicino ad un tavolo con dodici coperti sistemato
parallelamente alla parete e non ancora occupato. Il loro tavolo era
spazioso e notarono la prima delle migliorie annunciate ed apportate
all’albergo. Erano state cambiate le seggiole, erano diventate delle
comode poltroncine con la base ferma ed un perno al centro per far
ruotare il sedile su di esso. Per accomodarsi non era più necessario
spostare la seggiola, ma bastava sedersi e girare il sedile per essere
perfettamente sistemati a tavola.
Al centro della sala c’era un grande tavolo rotondo, sul quale
era sistemato il buffet delle verdure. Partendo da un punto del
tavolo, la gente, con la ciotola in mano, si serviva a volontà di tutto
quel ben di Dio. C’era il reparto con un’innumerevole varietà di
verdura fresca e quello a seguire della verdura cotta, inoltre,
ovviamente, sul finire erano sistemati i più svariati tipi di condimento.
Quando la moltitudine iniziale andò scemando, i nostri amici,
seguiti dal piccolo Sergio, si servirono a loro piacimento. Ritornati al
tavolo, notarono che i loro vicini non erano ancora arrivati. Si
sedettero e Mario, presa la lista dei vini, cominciò a leggerla,
chiedendo consiglio a Luigi sul tipo di vino da scegliere. L’amico
propose di prendere dapprima un vino bianco mosso per l’antipasto
ed il primo piatto e un rosso per il secondo. Se non l’avessero bevuto
tutto, come d’uso, sarebbe stato accantonato, con il numero della
stanza, per la sera dopo. Decisero di prendere un Prosecco di
Valdobbiadene e del Teroldego.
Si avvicinò il cameriere per prendere le ordinazioni per la cena.
C’era una certa varietà di scelta ed ognuno scelse quanto di più
apprezzato, per lui, offriva il menù.
Il cameriere se n’era andato da poco, il vociare della sala era
alquanto intenso; per riuscire a sentire o per capire cosa diceva il
proprio dirimpettaio bisognava tirare l’orecchio. Erano nel bel mezzo
di una conversazione, quando Luigi vide entrare un gruppo compatto
di persone: Undici uomini e una donna!
Si avvicinarono in silenzio, si disposero attorno al tavolo, al
centro del quale, con le spalle rivolte alla parete, si sistemò una
persona di una cinquantina d’anni con a fianco una bella signora di
poco più giovane, almeno all’apparenza, di lui. L’uomo volse lo
sguardo al tavolo dei coniugi Barberini e Galeazzo accennando un
saluto, ricambiato in ugual misura.
85
Quando la coppia si sedette, gli altri fecero altrettanto. Erano
tutti elegantemente vestiti, in giacca e cravatta, e presero a
conversare tra di loro, sommessamente, senza disturbare.
L’uomo sulla cinquantina, era leggermente stempiato, con
capelli scuri ondulati ed impeccabilmente pettinati, gli occhi scuri
attenti e vivi, un leggero sorriso sulle labbra. Teneva dolcemente per
mano la sua compagna, ancora molto piacente, anche se non più
giovanissima. Aveva capelli corvini ben curati morbidamente
adagiati sulle spalle; un trucco discreto ornava il volto e le dava un
tocco di signorilità. Portava un tailleur grigio chiaro con una
camicetta slacciata abbondantemente ed una catena d’oro bianco
con un brillante come pendente al collo.
Luigi osservò il gruppo e poi si rivolse agli amici: - Strano
gruppo, non vi pare. Sembra quasi un manager d’industria con la
moglie e con al suo seguito tutto il consiglio di amministrazione.
Mario sbottò con una sommessa risata: - Sì, magari adesso si
collegheranno con piazza affari per vedere l’andamento della borsa.
Ognuno si diverte come può. Noi per una settimana penseremo solo
a sciare e divertirci ed il lavoro lo lasceremo per il ritorno.
Arrivarono le portate ed il silenzio scese sulla sala, appena in
qua e in là qualche sommesso parlottio contrastato dal rumore delle
posate sui piatti. In quel momento tutti pensavano a mangiare, tanto
a parlare ci avrebbero pensato dopo.
Luigi e Mario ogni tanto volgevano lo sguardo verso i loro vicini
mentre stavano mangiando, quando Luigi esclamò: - Avete notato,
nessuno di loro è passato al banco delle verdure ed i camerieri
portano loro da mangiare senza essere prima passati per le
ordinazioni.
Mario replicò: - Si vede che hanno concordato
precedentemente il menù poiché sono in tanti. Al contrario avete
osservato invece, beve vino solamente la coppia mentre gli altri, pur
essendo degli aitanti e baldi giovani, bevono acqua minerale?
Giulia intervenne: - Non saranno mica una squadra sportiva in
ritiro con il loro dirigente? Ed ecco perché il menù deve essere
rigorosamente vagliato prima per bilanciare i carboidrati con le
proteine, le vitamine, eccetera. Cosa ne dite?
Maria Luisa, prima di sposare aveva praticato alcuni sport,
anche a livello agonistico e si sentì autorizzata a sentenziare
perplessa: - Sono dei giovani atletici, è vero, ma non li vedo quali
sportivi di un’unica disciplina, sono troppo differenti di stazza per
praticare lo stesso sport.
Mario incalzò: - Settimana bianca avvolta nel mistero. Vedremo
domani se usciranno per sciare o meno. Mi sento molto 007.
- Stupido che non sei altro - riprese Maria Luisa - saranno affari
loro se sono venuti a sciare o a fare solamente delle passeggiate o
più semplicemente a riposarsi? Perché devi sempre vedere misteri
dappertutto?
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Scoppiarono tutti in una risata, la quale sembrava più uno
scaricare la tensione che un’espressione di allegria.
La cena, veramente squisita, era terminata ed i nostri amici si
alzarono per andare a prendere i caffè al bar. I loro vicini erano
ancora seduti al tavolo quando, Luigi e Mario accennarono: - Buona
serata, signori!
Il saluto venne ricambiato dal “capo” e dalla sua signora,
mentre gli altri fecero un breve cenno con la testa
Entrati nel soggiorno dove si trovava pure il bar dell’hotel, si
sedettero nuovamente ad un tavolo d’angolo circondato da una
comoda panca imbottita.
Al cameriere chiesero due caffè, le signore non lo presero per
paura di non dormire, due buone grappe alla pera per gli uomini,
due chine per le signore e una spremuta d’arancia per il piccolo
Sergio.
Gli ospiti dell’albergo, non usciti per una passeggiata serale,
soggiornavano anche loro ai vari tavoli o sui divani e poltrone.
Alcuni chiacchieravano, altri si erano messi a giocare a carte,
mentre due assorti contendenti si sfidavano in una partita agli
scacchi.
Erano da poco passate le ventuno, quando Maria Luisa si
congedò dagli amici per portare il bambino a letto. Infatti, dopo aver
bevuto poco più di mezza spremuta, si era appoggiato alla spalla
della mamma e si era addormentato.
Luigi, Giulia e Mario decisero di rimanere ancora un poco a
chiacchierare, se non altro per cercare di digerire la cena e finire di
centellinare la grappa. Augurarono la buona notte a Maria Luisa
mentre si allontanava con il piccolo Sergio addormentato tra le
braccia. Stavano programmando la giornata sciistica del giorno
dopo, quando videro il folto gruppo dei loro vicini uscire dalla sala da
pranzo. Due persone si avvicinarono al bar, due si sedettero ad un
tavolo proprio vicino alla sala da pranzo, due vicino alla porta
d’ingresso, due presero l’ascensore per salire mentre gli ultimi due,
indossato il cappotto, uscirono dall’albergo. Quello che sembrava
essere “il principale” assieme alla moglie, lentamente, si diressero
verso i nostri amici. Quando giunsero accanto a loro, lui esclamò: Disturbiamo se ci accomodiamo al tavolo vicino?
- Assolutamente no - replicò Luigi - ma, se avete piacere, la
nostra amica ha portato il piccolo a dormire e al nostro tavolo c’è
tanto spazio, accomodatevi pure!
- Veramente gentili, siamo rimasti soli e sapete tra marito e
moglie gli argomenti di conversazione scarseggiano, se non
disturbiamo, ci fermiamo una diecina di minuti prima di salire.
- Prego, accomodatevi, permettete che mi presenti? Sono Luigi
Barberini, mia moglie Giulia ed il mio amico l’ingegner Mario
Galeazzo. Sua moglie, Maria Luisa, la conoscerete domani a
colazione. Veniamo da Padova e siamo qui per passare una
87
settimana sulla neve a sciare. Sappiamo purtroppo, il tempo volerà,
ci vorrebbero almeno quindici giorni per fare delle vere vacanze, ma
il mio lavoro di commercialista non mi permette di stare di qui più a
lungo e così pure il mio amico ingegnere.
I due ospiti si sedettero, mentre lui diceva: - Onorato di fare la
vostra conoscenza. Io sono Salvatore Arcuri, questa è mia moglie
Emma. Noi veniamo da Palermo dove esercito la professione di
avvocato. Vi sarete chiesti come mai siamo in tanti. Vedete, oltre a
fare l’avvocato, sono docente all’università di Palermo e tra gli
studenti frequentanti la facoltà, scelgo alcuni, da me ritenuti i più
validi e meritevoli, facendo loro svolgere il praticantato presso il mio
studio. Adesso siamo in ferie e avendo chiuso l’ufficio, ho offerto loro
una vacanza sulla neve. Per noi siciliani, abituati al gran caldo, al
sole e al mare, le Alpi hanno un fascino particolare. La neve, le piste
di sci, gli impianti di risalita, l’atmosfera incantata ed ovattata delle
cime incontaminate, ci fanno vivere in un mondo inusuale per noi,
sembra quasi irreale.
La capisco - intervenne Mario - ma almeno voi avete il mare.
Noi invece siamo in una città interna, in pianura e non abbiamo né
mare né monte. D’inverno riusciamo a malapena trascorrere una
settimana in montagna. L’estate, per fortuna, riusciamo a trascorrere
due o tre settimane al mare. Per questo in Italia non abbiamo
problemi, abbiamo le più belle montagne del mondo e per quanto
riguarda i luoghi di villeggiatura al mare, c’è solo l’imbarazzo della
scelta. D’estate ogni anno cambiamo località per poter vedere
sempre luoghi nuovi, spiagge sabbiose, insenature rocciose,
spiaggette discrete ed accoglienti, isole…….penso, non basterebbe
una vita per visitarle tutte. In Sicilia non siamo mai arrivati, però è un
nostro chiodo fisso, dovremo trovare il modo di poter programmare
un mesetto di vacanze in quanto tra il viaggio di andata e quello di
ritorno in automobile ci vogliono circa quattro giorni.
- Ma da Padova si viene in Sicilia in aereo non in macchina! In
un paio d’ore, comodamente seduti, si arriva a Palermo e non
occorre percorrere mille chilometri d’autostrada, prendere il traghetto
e fermarsi una notte per dormire.
- Il suo ragionamento non fa una grinza - sentenziò Luigi - non
abbiamo mai preso in considerazione questo modo di viaggiare
anche perché con tanti bagagli ci sembrava alquanto problematica la
trasferta. Inoltre a Padova non abbiamo un aeroporto civile con linee
a lunga percorrenza, dovremmo andare o a Venezia o a Verona. Con
le valigie da casa alla stazione ferroviaria di partenza, da quella
d‘arrivo all’aeroporto di partenza e da quello d’arrivo all’albergo è un
po’ un problema specialmente per Mario. Sa!
Ha un bambino
piccolo.
- Tutto si risolve, egregio dottore, ma non è questo il momento
di pensare all’estate. Cosa fate domani, andate a sciare? Dove?
- L’amico Mario porterà il bambino alla scuola di sci a Campo
Carlo Magno, poi noi quattro, per il primo giorno, saliremo sul Grostè
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e ci fermeremo su quei campi di sci fino all’ora in cui il bimbo finirà la
scuola e i giochi programmati per loro. Ma voi cosa avete deciso?
Sciate? Siete in tanti! Se avete piacere potremmo sciare insieme.
- Grazie, è veramente gentile! Solo quattro dei miei ospiti
sciano, gli altri trascorrono soltanto un periodo di riposo, anche se si
sono portati i libri per preparare i vari esami che li aspetteranno al
rientro. Grazie ancora per l’invito, ma non vorremmo essere
d’impaccio, cosa vuole, noi siamo siciliani e per noi lo sci è una rara
occasione; andiamo piano e le piste nere ci sono un po’ ostiche.
Uno dei quattro ospiti per sciare è veramente molto bravo, ha molta
pazienza e ci fa da maestro. Ha quasi venticinque anni ed è
laureando. E’ quel ragazzo alto, a destra, vicino al banco del bar, il
suo nome è Rosario Cuffàro e quando ha un po’ di tempo libero, lo
dedica al suo sport preferito sui pochi campi di sci esistenti al sud.
Ecco perché lo abbiamo nominato nostro maestro.
La moglie dell’avvocato,
rimasta sempre in silenzio ad
ascoltare, intervenne dicendo: - Salvo, scusa, vorrei andare a
riposare per essere in forma domattina. Chiedo scusa anche a lor
signori, spero di rivedervi domani a colazione e poi magari sui campi
di sci. Buona notte!
Anche Giulia, approfittando dell’intervento della signora Emma,
prese la palla al balzo per proporre di ritirarsi tutti, data la giornata
faticosa dovuta al viaggio e al carico e allo scarico dei bagagli.
Erano da poco passate le ventidue, quando si alzarono dal tavolo per
salire nelle rispettive stanze dopo una calorosa stretta di mano.
Il “maestro di sci” con il suo compagno si staccarono dal banco
del bar e a breve distanza seguirono i signori Arcuri. I due ospiti,
seduti vicino alla sala da pranzo, alzatisi repentinamente, salirono le
scale a piedi, mentre i due seduti vicino alla porta d’ingresso
sgusciarono dall’hotel per rientrare quasi immediatamente seguiti da
quei due, precedentemente usciti con il cappotto.
Luigi e Mario rallentarono l’andatura assieme a Giulia e, senza
dare nell’occhio, osservarono la scena dei movimenti dei componenti
il gruppo dei loro vicini di tavolo. Situazione alquanto strana, quasi
coordinata da uno schema ben preciso e prestabilito.
Luigi commentò: - Uhm! Quelli non mi persuadono! Certamente,
usi e costumi sono ben differenti tra nord e sud, ma questa storia
degli studenti ospiti mi persuade poco. Se così fosse penso, i
giovani siano essi settentrionali o meridionali, dovrebbero essere più
indipendenti e liberi di divertirsi e non spostarsi all’unisono con i loro
“benefattori”. Bah! Dormiamoci sopra e domani vedremo come
proseguirà la vicenda.
Saliti, con l’ascensore, al secondo piano si avviarono alle loro
rispettive stanze dandosi appuntamento per l’indomani mattina alle
otto per la colazione.
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CAPITOLO 3
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Alle ore sette della mattina di domenica 15, squillò la sveglia
telefonica preimpostata da Luigi la sera prima.
- Ciao cara, buon giorno, dormito bene? Io ho dormito come un
ghiro tutta la notte anche se siamo andati letto relativamente presto,
ieri sera. Vado di là in bagno a radermi mentre tu puoi fare ancora
un poco la pigrona.
- No, no, assolutamente, mi alzo anch’io perché devo preparare
l’equipaggiamento per poter uscire. Preparo i dopo sci per andare
fino alla telecabina a piedi o indossiamo direttamente gli scarponi,
giù nel deposito degli sci e prendiamo lo skybus?
- La seconda soluzione credo sia la migliore. Non ho voglia di
camminare né tanto meno di spostare l’auto, ne parliamo a colazione
con Mario e Maria Luisa e vediamo di decidere insieme.
Luigi uscì dal bagno per lasciare il posto alla moglie, aprì gli
scuretti per osservare il cielo e vedere le condizioni atmosferiche.
Accese pure il televisore per ascoltare le previsioni del tempo. Fuori
il cielo era terso e di un azzurro intenso, si vedeva il bagliore del sole
mentre stava per spuntare da dietro una montagna, l’aria era
frizzante e secca. La televisione preannunciava una splendida
giornata e così pure le previsioni per i giorni futuri erano favorevoli.
Luigi informò la moglie, attraverso la porta del bagno, sulle belle
notizie riguardanti il tempo. Giulia ne fu felice ed esclamò : - Bene,
stamattina sciamo ed il pomeriggio, dopo aver pranzato, mi stenderò
su di una sedia a sdraio per prendere il sole. Voglio tornare in città,
con un’abbronzatura da fare invidia.
- Facile per te - rispose Luigi - che ti abbronzi anche con la luce
di una lampadina, immaginarsi con il sole d’alta montagna. Mi
raccomando però, stai attenta, mettiti una buona protezione, almeno
i primi giorni, per non prendere delle brutte scottature.
Incominciò a vestirsi preparandosi per scendere e consumare la
colazione. Aperta la porta della stanza, ritirò dall’apposito contenitore
situato fuori dall’uscio, i due quotidiani che la direzione faceva
trovare: un giornale nazionale e quello locale della città da cui
provenivano gli ospiti. Anche questa era una delle nuove comodità
offerte dall’albergo a quattro stelle. Si sedette sul divanetto per
sfogliarli pensando: - Chissà se l’avv. Arcuri avrà trovato “Il Giornale
di Sicilia”? Probabilmente si!
In quel mentre Giulia uscì dalla stanza da bagno pronta per
vestirsi con abiti comodi e scendere dabbasso. Il discreto cicalino del
telefono emise il suo ronzio, Luigi alzò la cornetta : - Pronto?
- Buon giorno, ben alzati, come va? Sono Mario, noi siamo
quasi pronti per scendere, ci vediamo giù o vi aspettiamo e
scendiamo assieme?
- Olà Mario, abbiamo dormito sodo come due massi, se non ci
fosse stata la sveglia saremmo andati avanti. Anche noi siamo quasi
pronti, ci troviamo davanti all’ascensore e scendiamo assieme. Ciao.
La sala per la colazione era sistemata praticamente dietro al
banco del bar, era molto ampia, quasi come la sala da pranzo ed i
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tavoli erano sistemati allo stesso modo affinché possano essere
individuati subito. Il buffet era pieno di ogni ben di Dio, dalle brioches
a vari tipi di torta, panini piccoli e croccanti vicino ai contenitori per il
burro, la marmellata, il miele, ecc.
Caraffe di succhi di frutta,
yogurth di vari gusti, formaggi e salumi di tutti i tipi. La voglia e la
gola avrebbero deciso di prendere un po’ di tutto, ma la ragione, per
fortuna, ebbe il sopravvento e decisero di mangiar bene sì, ma con
moderazione per poter sciare senza essere appesantiti.
Si sedettero al loro tavolo per consumare quanto avevano
disposto sul piatto di portata, mentre Sergio era tutto elettrizzato e
chiedeva, di continuo, quanto tempo doveva ancora passare per
recarsi alla scuola di sci. Non stava nella pelle dalla gioia di provare
per la prima volta gli sci nuovi acquistatigli dai genitori, gli scarponi e
tutta l’attrezzatura, come gli adulti!
Aveva voluto vestirsi subito con la sua bella tutina nuova e
portare con sé pure i guanti, gli occhiali ed il casco. Maria Luisa
dovette lottare ed insistere per fargli bere il latte e mangiare un paio
di biscotti. Egli pensava solamente allo sci e non sentiva neanche la
fame ed il desiderio di mangiare.
Erano quasi le nove, quando gli amici si alzarono da tavola per
salire nelle rispettive stanze e completare la vestizione ed uscire per
recarsi sulle piste innevate.
Dell’avvocato e tutta “la banda” non c’era nemmeno l’ombra.
Preso lo skybus, scesero proprio davanti alla stazione di
partenza del nuovissimo impianto di risalita che porta alla cima del
Grostè. Lì c’era pure il punto d’incontro degli allievi dei vari corsi di
sci con i rispettivi maestri.
Maria Luisa e Mario consegnarono il piccolo Sergio alla
maestra di sci, che lo accolse con un sorriso esclamando: - Ecco qui
il nostro nuovo campione, speriamo divenga una promessa per una
futura “valanga azzurra”. Avremmo tanto bisogno di nuovi giovani
talenti! Vieni Sergio, ci divertiremo, scieremo e giocheremo. Vedi
quei pupazzi laggiù? Vedrai quanto è bello, ci saranno tanti giochi di
abilità con gli sci.
Saluta mamma e papa’, loro verranno a prenderti qui alle
tredici. Buon giorno signori Galeazzo, a dopo!
- Grazie maestra, tra due anni, dopo aver frequentato i corsi di
sci con voi, sarà veramente duro per noi poterlo seguire nelle
discese! Beato lui, noi abbiamo incominciato da adulti e purtroppo
non è la stessa cosa. Così piccoli sono come le spugne, assorbono
tutto. Grazie di tutto! Ci vediamo alle tredici.
La mattinata trascorse in un lampo sciando su di una neve
perfetta e piste ben battute. Gli sci facevano quel dolce rumore
sollevando un po’ di neve nell’affrontare le curve. Erano le dodici e
trenta minuti quando Maria Luisa decise di scendere giù, fino a
Campo Carlo Magno, per prelevare Sergio. Mentre gli amici
avrebbero potuto sciare ancor, diede loro appuntamento per le
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quattordici, al rifugio Montagnoli dove avrebbero mangiato qualche
cosa insieme e poi lei si sarebbe fermata a prendere il sole fino
all’ora del rientro.
- Ottimamente - esclamò Giulia - poi mi fermerò anch’io ed
avremo modo di chiacchierare prendendo il sole. Gli uomini, se lo
vorranno, potranno continuare a sciare.
- Penso proprio di no - replicò Mario - per il primo giorno è bene
non esagerare, non siamo abituati, potremmo stancarci troppo e non
avere le forze per sciare domani.
- Sono d’accordo - concluse Luigi - prenderemo un po’ il sole
anche noi, magari oltre a mettere la crema protettiva sul viso,
ungeremo anche l’interno con una buona grappa.
I quattro si misero a ridere a quest’ultima battuta. Giulia,
essendo quasi astemia, non perse l’occasione per pungolare il
marito: - Sempre le solite scuse, basta ci sia da bere e tu non ti tiri
indietro, anzi, coinvolgi anche gli altri per crearti un alibi.
- Cosa vuoi che sia per una grappetta. Pensa agli sciatori,
quando hanno finito la giornata e ritornano giù in paese, prima di
rientrare in albergo per ingannare il tempo e giungere così all’ora di
cena vanno in certi locali specializzati nella somministrazione di
grappe di tutti i tipi per farsi “il metro”.
- “Il metro”? cos’è il metro - chiese Maria Luisa - ma dimmelo
presto, devo scendere, altrimenti faccio tardi.
- Hanno delle tavolette a forma di sci, lunghe appunto un metro,
nelle quali sono praticati dei fori del diametro di alcuni centimetri in
cui vengono alloggiati dieci bicchierini di grappa. Essi possono
contenere tutti un stesso tipo di grappa, oppure due, tre, fino a dieci
gusti differenti, secondo il desiderio di chi ordina “il metro”.
- Ha ragione Giulia, tutte scuse, di voi uomini, per scolarsi la
grappa in quantità industriale, con il pretesto degli assaggini. Vado,
corro giù, ci vediamo al Montagnoli.
I tre componenti rimasti, presero una seggiovia, risalirono in
cima per effettuare altre discese. Seduti comodamente, mentre
salivano, espressero la loro soddisfazione per la splendida giornata
e per quelle future della settimana appena iniziata.
Luigi intervenne: - Cosa ne dite, ora Maria Luisa deve
scendere, aspettare Sergio, scambiare sicuramente due parole con
la maestra e risalire al Montagnoli, abbiamo tutto il tempo, dalla cima,
di scendere sulla pista di sinistra in modo da prendere il raccordo per
arrivare sullo Spinale, scendere su quella splendida ed impegnativa
pista e rientrare anche noi al luogo dell’appuntamento. Vi va l’idea?
- OK! ci stiamo. Oggi, però per il primo giorno, ci limitiamo a
prendere “la diretta”, essendo già abbastanza impegnativa per noi e
lasciamo “la direttissima” per i prossimi giorni.
D’accordo, però dovremo trovare il modo, un giorno, di
affrontare anche l’altro versante e spingerci fino a Marileva e
Folgarida. Al ritorno potremmo prendere la pista dei “Cinque laghi” e
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la “Tre Tre”. Per fare ciò però necessiterebbe tutta la giornata e non
solo il mattino. Questo è un problema!
Pur essendo domenica, le piste erano scorrevoli e anche agli
impianti di risalita le code erano ridotte. Percorsero il tragitto
prefissato giungendo al rifugio, luogo d’incontro, quasi
contemporaneamente a Maria Luisa e Sergio.
Sergio era al settimo cielo, non riusciva a stare zitto un
momento, raccontava le sue ripetute esperienze nello sciare a
spazzaneve avendo percorso una piccola discesa parecchie volte.
C’era una corda bassa con degli appigli in legno per salire. Le prime
volte era salito con la maestra e poi da solo. L’indomani avrebbe
avuto pure l’opportunità di provare ad usare lo sky-lift, prima con
l’aiuto della maestra e, forse dopo, da solo. Era entusiasta perché
la pista era molto lunga e con lo sky-lift si andava tanto in alto.
Beata innocenza! E’ proprio vero, le difficoltà sono individuali e
proporzionali alla capacità. Per un bimbo piccolo, 50 o 60 metri di
leggerissima discesa possono sembrare una pista olimpica.
Avendo mangiato una buona colazione, a pranzo decisero di
prendere qualche cosa di leggero, perché poi la cena sarebbe stata
nuovamente abbondante.
Le ore passarono serenamente ed il sole stava inesorabilmente
e rapidamente scendendo. I raggi del sole non più perpendicolari ma
bassi all’orizzonte, portarono la temperatura gradatamente a
parecchi gradi sotto lo zero.
Era ora di rientrare. Luigi, Giulia e Mario avrebbero potuto
scendere con gli sci fino alla fine della pista giù in paese, ma
essendosi oramai rilassati, non ne ebbero voglia e decisero di
scendere assieme a Maria Luisa e Sergio con la cabinovia.
Erano le 17 quando giunsero in albergo, tolti gli scarponi e
depositati gli sci negli armadietti riscaldati, salirono al secondo piano
per riposarsi un poco. Si deliziarono sotto una doccia ristoratrice e si
prepararono per la cena.
Luigi, tolta la tuta, si distese sul letto e accese il televisore.
Giulia, in bagno, spazzolava i capelli per farli rinvenire dallo
schiacciamento del berretto. La televisione trasmetteva uno dei tanti
telefilm polizieschi, tutti uguali tra loro, ma piacevoli da vedere
perché, alla fine, il bene trionfa sempre ed il cattivo viene catturato o
muore.
Il telefilm doveva essere tanto interessante, ma quando Giulia
rientrò nella stanza vide il marito con gli occhi chiusi che dormiva.
Cercò di muoversi piano con passi felpati, ma qualche rumore
inconsueto destò Luigi.
– Scusa, ho cercato di muovermi piano per non svegliarti.
- No, no non è niente, mi ero assopito solo un momento,
adesso mi preparo anch’io e usciamo a fare due passi per vedere le
vetrine dei negozi. Ti va l’idea?
- Non è male come idea, prova chiedere ai nostri amici se
vengono con noi? Così prenderemmo l’aperitivo in qualche bar fuori
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dall’albergo, magari in quel bellissimo bar rotondo vicino alla bottega
di Cesare Maestri.
Luigi prese la cornetta del telefono e chiamò gli amici.
Immediatamente Mario rispose alla chiamata e dopo essere stato
informato del progetto, declinando l’invito rispose: - No, grazie,
Sergio si è addormentato come un sasso. Lo lasciamo riposare
almeno un’oretta, altrimenti a cena sarebbe fastidioso. Andate pure,
ci vediamo a tavola, buona passeggiata.
- Grazie, ciao, a dopo.
Uscirono dall’hotel, l’aria era piuttosto fredda. Dove, durante il
giorno, la neve si era sciolta, ora cominciava a formarsi una lastra di
ghiaccio rendendo insidioso il procedere. Bisognava stare attenti e
camminare cauti e prudenti. La strada principale era gremita di
gente con il suo andirivieni. I negozi di abbigliamento, di articoli
sportive, quelli di souvenir e gli alimentari, avevano molti visitatori più
che clienti. Probabilmente non tutti comperavano, ma passavano il
tempo curiosando ed aspettando l’ora di cena. Giunti sulla piazza
principale, dopo aver curiosato alle illuminatissime vetrine che
esponevano ogni ben di Dio si rifugiarono nel famoso bar, luogo
d’incontro di numerosissime persone intente a programmare il
dopocena. Infatti la rinomata località sciistica era meta pure di coloro
che sul tetto dell’automobile portavano gli sci solamente per poter
sfoggiare l’ultimo modello di prestigiose marche e non certamente
per sciare. Era impensabile poter sciare dopo aver trascorso le notti
nelle varie discoteche, night o luoghi di intrattenimento, ma era molto
“in” il poter dire: - Sono andato a “sciare” a Madonna di Campiglio!
Si avviarono verso il banco del bar quando si udirono una voce:
- Buona sera signori Barberini……siamo qua.
Luigi si girò e vide, seduti ad un tavolo laterale, i coniugi Arcuri
con uno dei loro ragazzi.
– Buona sera signora, buonasera avvocato, anche voi qui?
- Prego, se avete piacere, accomodatevi al nostro tavolo.
Permettete, posso offrirvi qualche cosa, una bibita, un aperitivo?
- Grazie, se non disturbiamo. Si avvicinarono mentre l’avvocato
si alzava e, prendendo la mano di Giulia ed accostandola alle labbra
in un impeccabile baciamano, l’aiutò ad accomodarsi su di una
poltroncina. Luigi si accostò alla signora Arcuri e cercò pure lui di
cimentarsi in un baciamano, la qual cosa non era uso fare.
Il cameriere si approssimò all’avvocato mentre stava chiedendo
ai nuovi ospiti: - Cosa ne dite di una coppa di champagne per
celebrare l’incontro?
Tutti annuirono, ringraziando: - Cameriere cinque “Cordon
rouge” per favore. E voi come avete passato la giornata? Non ci
siamo incontrati sulle piste!
- No, effettivamente non ci siamo visti, ma noi ci alziamo presto
al mattino per andare a sciare. Infatti, finita la colazione, non vi
avevamo visti ancora scendere, pensavamo che essendo oggi
domenica, preferivate fare un giorno di ambientamento e di relax.
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- Intanto, chiedo scusa, non vi ho presentato il nostro maestro
di sci, Rosario Cuffàro.
- Molto piacere - dissero Giulia e Luigi - è bello poter avere con
sè il maestro di sci privato.
- Non creda a quanto e dice l’avvocato, ci vuole ben altro per
essere maestro di sci. A me piace molto sciare, forse sono anche
portato per questo tipo di sport, me la cavo benino e mi piace
mostrare agli altri il modo migliore per scendere le piste in scioltezza
e senza timore, ma tra questo ed essere maestro ce ne vuole. L’ho
detto tante volte all’avvocato di non chiamarmi così perché un vero
maestro di sci potrebbe avere qualche cosa da ridire.
Salvatore intervenne: - Non ho mai detto sia un “maestro”, ma
semplicemente il “nostro maestro”. Essendo molto più bravo, ci
insegna sempre qualche cosa di nuovo e pertanto per noi è “il nostro
maestro”. Ma ecco lo champagne, prego signori, cin cin, al piacere
di avervi conosciuti. E i vostri amici dove sono?
- Cosa vuole - incalzò Giulia - il piccolino è crollato dal sonno e
lo fanno riposare un’oretta. Ci rivedremo a cena.
Noi comunque, mentre il bambino era alla scuola di sci, siamo
rimasti sul Grostè con una sola puntatina finale sullo Spinale.
Abbiamo sciato quattro ore continue e alle due del pomeriggio ci
siamo fermati, sia per riposare sia per abbronzarci.
- Siete stati più bravi di noi - sentenziò la signora Emma abbiamo cominciato a sciare in tarda mattinata, ma comunque per un
paio d’orette abbiamo sciato anche noi. C’era una neve splendida.
Noi siamo stati ai “Cinque laghi” ed ecco perché non ci siamo visti.
Magari per domani ci metteremo d’accordo sulla zona da scegliere
così ci incontreremo sicuramente.
Luigi prese la parola per spiegare: - Per noi non c’è molto da
scegliere, il piccolo Sergio ha la scuola di sci dalle 9.30 alle 13 e a
quell’ora bisogna passare a prenderlo. Era nostra intenzione, uno dei
prossimi giorni, di provare l’altro versante, dove eravate voi oggi,
spingendoci fino a Marileva e Folgarida, oltre ai Cinque Laghi e la
Tre Tre, ma in mezza giornata non si riesce a portare a termine tutto
il percorso e a noi spiace lasciare gli amici a causa del bambino.
Dobbiamo necessariamente rimanere dalla parte del Grostè.
- Bene - replicò l’avvocato Salvatore - adesso è ora di andare a
cena, ma ritorneremo sull’argomento;
vedrete
troveremo la
soluzione!
Tutti si alzarono e si diressero verso la porta del bar. Non
avendo assistito al pagamento delle consumazioni, Luigi si attardò
nel gesto di fare il cenno per chiedere il conto.
- Cosa fa, dottor Barberini, venga, è già stato saldato. Noi qui
siamo di casa e regoliamo a fine settimana prima di partire.
Siamo in tanti e gli amici che non sciano passano anche
durante il giorno a consumare.
- Capisco, bene, allora devo solamente porgere i miei
ringraziamenti e…… a buon rendere.
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Il tempo era passato velocemente e quando giunsero al loro
tavolo, dopo essere saliti per togliersi il cappotto e la pelliccia, gli
amici erano già seduti a tavola ed avevano pure già preso la verdura.
Si salutarono velocemente mentre pure loro prepararono la ciotola
d’insalata prima di sedersi.
- Come è andata? - chiese Maria Luisa.
- Bene, rispose Giulia - abbiamo incontrato i nostri vicini di
tavolo e scambiato due parole al bar, su in piazza, cordiali come
sempre e una parola tira l’altra abbiamo fatto un po’ tardi, scusateci.
Intervenne Mario: - Nessuna scusa e poi, come vedete, il
cameriere non è ancora passato. La sala è mezza vuota, ci vorrà
ancora del tempo. Avete deciso, cosa facciamo domani? Dove
andiamo?
- Dove vuoi andare se Sergio finisce all’una, ben poco distanti
possiamo spingerci!
- Facciamo così - intervenne Maria Luisa - io e Giulia restiamo
qui a sciare, così poi ci stenderemo al sole e voi uomini fate le
vostre escursioni fin dove volete.
- Non mi sembra una buona idea - sbottò Luigi - siamo venuti
per sciare assieme e assieme rimarremo! D’altro canto è il nostro
destino, se l’anno prossimo avremo anche noi un bambino piccolo,
dovremo alternarci con Maria Luisa per tenere il neonato, sempre se
non sarà ancora in dolce attesa e potrà solamente stare sdraiata a
prendere il sole, mentre voi avrete Sergio più grande e più bravo
così potrete, casomai, spostarvi un po’ di più.
- Eh sì! E se a Sergio arriva il fratellino - replicò Mario - come
la metteremmo?. Tutti si misero a ridere gioiosamente e quasi
contemporaneamente i due uomini esclamarono: - Per ritornare a
fare le nostre belle sciate, dovremo aspettare parecchi anni.
Dopo cena si ritrovarono nella sala dell’albergo seduti sui
divani e furono raggiunti dall’avvocato Arcuri e signora, mentre i suoi
ospiti a gruppetti si accomodarono in altri punti della sala, quasi in
punti strategici.
Salvatore esclamò: - Per domani possiamo aggregarci a voi o
avete programmi particolari?
- Ne stavamo giusto parlando, come vi avevamo accennato
prima di cena, siamo vincolati al bambino con gli orari.
Intervenne la signora Emma: - Scusate se mi permetto di
suggerire una soluzione; noi tre signore sciamo nel periodo di tempo
concessoci dalla scuola di Sergio, mentre voi uomini, e siete in tanti,
andate a divertirvi con Rosario il quale vi porterà su piste un po’
impegnative per farvi migliorare lo stile di discesa.
- Anche noi la pensavamo così - confermò Giulia - per noi
sciare, è sì un diversivo, ma sdraiarci per abbronzarci è il massimo
del piacere.
- Allora è fatta - incalzò l’avvocato . le signore sono contente e
noi pure. Potremmo adottare il vostro programma preventivato ed
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arrivare fino a Folgarida. Mi sembra proprio un bel programmino! Per
concludere e festeggiare la giornata e celebrare la nostra
conoscenza, se permettete, sarete miei ospiti per la serata.
Avvisiamo qui in albergo di non prepararci la cena e prenoto per tutti
una serata al Montagnoli. Ci siete mai stati, la sera?
I quattro amici si guardarono con un cenno di meraviglia
dicendo di non saperne nulla.
Vedete, la sera, quando le piste sono ormai chiuse, il
personale del rifugio lo trasforma in un bellissimo e rustico ristorante,
con il caminetto scoppiettante al centro della sala. Bisogna appunto
prenotare perché un gatto delle nevi coperto, con 24 posti a sedere
viene a prendere i clienti sul piazzale accanto alla cabinovia del
Grostè e attraverso i boschi, sale su sino al rifugio. A cena finita
riporta la gente a valle. Vi garantisco, a parte il menù caratteristico e
appetitoso, il viaggio d’andata e ritorno è qualche cosa di
indimenticabile, specialmente se non c’è la luna a illuminare lo
scenario, il viaggiare alla luce dei fari in mezzo agli alberi provoca
una sensazione unica e suggestiva. Al contrario se la luna illumina
lo scenario con la sua romantica luce, sembra di viaggiare al polo ed
il gioco dei chiaro-scuri tra le piante crea un paesaggio fiabesco e ci
si aspetta momento per momento di veder spuntare un orso ritto
sulle zampo posteriori.
- Stupendo, non lo sapevamo! O noi siamo poco attenti o non
è sufficientemente reclamizzato - esclamò Luigi.
- Verremo
sicuramente molto volentieri, ma lei avvocato, ci mette in imbarazzo
essere sempre vostri ospiti.
Ci permetta di chiedere una
prenotazione separata, non ti pare Mario?
- Certamente sì. Voi siete già in tanti e aggiungere altre cinque
persone mi sembra eccessivo.
- Intanto quattro persone e mezzo e non cinque - disse
sorridendo Salvatore - poi a me fa piacere veramente, altrimenti non
ve l’avrei proposto. Vado subito a telefonare perché non è facile
trovare posti liberi, poi per sedici………..Ah sì, a proposito, basta con
“avvocato, dottore, ingegnere”, non vi pare potrebbe essere l’ora di
darci del tu? Io sono Salvatore, Salvo per gli amici, mia moglie
Emma, Rosario lo conoscete già e gli altri man mano quando ve ne
capiterà l’occasione.
- Mi pare un’ottima idea, in montagna, sulla neve, si diventa
tutti amici. Come sai, io sono Luigi, mia moglie si chiama Giulia, lei è
Maria Luisa ed il marito Mario. Mi sento particolarmente euforico,
penso e spero di trascorrere una splendida settimana assieme a tutti
voi.
Mentre Salvo andava a telefonare, Luigi approfittò per
chiamare il cameriere e farsi portare una bottiglia di Primitivo di
Manduria, un gran vino da “fine pasto”, prodotto nella zona tra
Taranto e Brindisi e con i suoi 14 gradi alcolici nulla ha da invidiare il
più noto vino di Porto.
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Salvo era tornato al tavolo confermando la prenotazione. Pur
essendo tutto esaurito, era riuscito ad avere un tavolo per l’indomani
sera come desiderato. Giunse il cameriere con un vassoio sul quale
era sistemato il portabottiglie con la bottiglia coricata a 45 gradi e con
il tappo tolto per consentire l’ossigenazione del vino. Pose i sei
bicchieri ed iniziò a versare con circospezione il vino per non agitarlo
e muoverne gli eventuali depositi che ci fossero stati.
- Cosa hai ordinato di buono, mia cara?
- Io, niente - rispose lei - ha pensato a tutto Luigi!
- Ci facciamo un goccetto per concludere la cena - interruppe
Luigi - e spero vi piaccia. Secondo il mio gusto, trovo questo tipo di
vino veramente una cosa eccezionale. Speriamo che anche questa
bottiglia sia all’altezza della sua fama.
Salvo prese la bottiglia per leggerne l’etichetta e quando vide il
nome del vino esclamò: - Capperi! Questo sì è una vera bontà! Noi
in Sicilia, abbiamo qualcosa di simile nel “corvo di Salaparuta”,
prodotto nella nostra provincia di Palermo. E’ forse uno dei migliori
vini italiani, uno o due gradi di meno del Manduria; viene vinificato
mescolando tre uve pregiate: il nerello mascalese, il perricone e il
nero d’Avola ed ha una spiccata capacità d’invecchiare.
Emma esclamò sentenziando: - Signore, siamo finite, adesso
cominciano a parlare di vini e vedrete non la finiranno più. Noi
intanto assaggiamo questo vino, sento il suo profumo sta già
diffondendosi nell’aria e se il sapore sarà simile alla fragranza
emanata, bisognerà centellinarlo per gustarne l’aroma.
- Luigi, ma anche Mario, devo dire la verità, non bevono molto
vino, ma quello scelto e bevuto deve essere di qualità, altrimenti
preferiscono bere acqua. Poco ma buono, insomma!
- Non preoccupatevi - concluse Mario - adesso con
l’argomento vino abbiamo finito, casomai riprenderemo il discorso in
altra sede, in modo da non tediarvi e trattare ora un argomento di
comune interesse.
Salvo prese la palla al balzo e disse: - Ieri ci avete detto di non
essere mai venuti al mare, d’estate, in Sicilia. Quest’anno potrebbe
essere la volta buona. Avreste noi come punto di riferimento per
consigli su eventuali escursioni ed inoltre ci rivedremmo e potremmo
passare qualche tempo assieme.
Maria Luisa continuò: - Sarebbe veramente bello, ho sentito
tanto parlare delle bellezze della Sicilia, del clima, dei paesaggi, dei
reperti archeologici e dei monumenti pertanto non vedo l’ora di
visitarla con Mario e gli amici.
- Non è perché è la mia terra natia - intervenne Emma - e
potrei essere legata da affetti sentimentali, ma è veramente molto
bella e con paesaggi vari dati dalla sua prevalenza montuosa e
collinare, specialmente nella sua parte nord orientale mentre invece
a sud-est si erge un vasto altopiano tabulare, le zone collinari del
centro, con ampie vallate, creano un’atmosfera da sogno. Infine ci
sono tantissime isole minori da visitare con il battello come le Egadi,
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oppure Ustica, le Eolie e Pantelleria, prevalentemente vulcaniche.
Per vedere tutto, ovviamente, non bastano un paio di settimane di
vacanze, immaginatevi nemmeno io stessa, vastissime zone non le
conosco ancora.
Luigi concluse: - Una volta di più ho avuto conferma della mia
teoria, abbiamo tante cose belle da vedere nella nostra Italia, che
non serve intraprendere viaggi intercontinentali per visitare paesi
esotici. Non per niente i turisti vengono da tutto il mondo per visitarla
e forse neanche sappiamo l’immenso patrimonio da noi posseduto.
Mario, guardando l’orologio confermò essere l’ora di andare a
dormire, infatti Sergio, appoggiato alla spalla della mamma, era già
da un bel pezzo addormentato. – Emma, Salvo, ci vediamo domani
mattina alle otto per la colazione e poi ci avventuriamo sulle piste con
mete differenti. Buona notte a tutti.
- Buona notte, saliremo anche noi, così sarà più facile essere
svegli domani mattina presto. Grazie Luigi dell’ottimo vino, anche se
più di vino si dovrebbe parlare di nettare.
La sera del lunedì, stanchi dell’impegnativa giornata di sci al
seguito di Rosario che aveva fatto far loro un sacco di piste e quelle
più belle anche due volte, se non avessero prenotato la cena al
rifugio, disdicendo quella all’hotel, certamente sarebbero andati a
letto presto per riposare le stanche membra, ma tutto ciò non fu
possibile.
Dopo essersi cambiati indossando un abbigliamento sportivo,
ma elegante, il gruppo si ritrovò al bar dell’albergo. Quando tutti
furono presenti, Salvo invitò tutti ad uscire per andare al luogo
dell’appuntamento con il gatto delle nevi.
Gli “studenti” precedevano, affiancavano e seguivano il gruppo
degli “anziani” che con passo lesto si avviarono al piazzale della
cabinovia. Giunti al punto di ritrovo, trovarono “il gatto” che li stava
aspettando e pur essendo loro in 16, una volta saliti a bordo, partì
immediatamente senza attendere di completare il numero di posti a
sedere.
L’ambiente aveva completamente cambiato aspetto rispetto al
giorno, era completamente cambiato e ripulito, i tavoli erano
predisposti con candide tovaglie ed erano apparecchiati con tripla
posateria e bicchieri.
Al centro della sala uno scoppiettante
caminetto dava un senso di allegria e di calore emanando nell’aria un
buonissimo odore di resina di pino.
Ancora un paio di viaggi del gatto delle nevi e l’ambiente
sarebbe stato completo di commensali. In mezzo ai tavoli era
sistemato un contenitore con il ghiaccio nel quale era immersa una
bottiglia di Prosecco mentre alcune ciotole di olive verdi, di salatini e
di involtini di pasta frolla contenenti i più svariati ripieni, erano
disposte vicino al secchiello dello spumante. Sul tavolo riservato da
Arcuri al margine della sala di fronte all’ingresso, i secchielli erano
tre.
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Una persona, che dall’aspetto doveva essere il titolare o il
gestore, appena furono tutti seduti, si precipitò accanto all’avvocato
e con un perfetto e deferente inchino rivolto ai coniugi disse: - Quale
onore, Don Salvatore, avervi ancora ospite in questo nostro modesto
ristorante, spero rimarrà soddisfatto, ma per qualsiasi cosa mi ritenga
a sua più completa disposizione. Servo vostro. Camerieri…….
Luigi e Mario si guardarono di sottecchi con un accenno di
meraviglia dipinto in volto, mentre, per non far notare l’espressione,
presero una busta di grissini dall’apposito contenitore. Tre camerieri
si avvicinarono, presero in mano le bottiglie, ma solo uno l’aprì
discretamente, senza il botto, versando una piccola quantità nel
bicchiere dell’avvocato. Dopo averlo appena assaggiato e fatto un
cenno d’assenso con la testa, gli altri due camerieri aprirono a loro
volta le bottiglie e cominciarono a versare.
Salvo prese nuovamente il flùte in mano e alzandolo
leggermente, con un sorriso disse: - Alla nostra salute ed in
particolare a quella dei nostri amici che ci hanno onorato con la loro
presenza, qui questa sera, e con l’augurio di poter passare un’ottima
settimana assieme in sincera e cordiale amicizia.
Mentre sorseggiavano il Prosecco e mangiavano gli
stuzzichini, giunse il maitre di sala che si pose al centro del tavolo di
fronte ai coniugi Arcuri: - Buona sera madame, buona sera don
Salvatore, buona sera signori, questa sera potrei offrirvi……..
Solo d’antipasti propose circa dieci varietà tra calde e fredde. I
primi ed i secondi spaziavano in una varietà di prelibatezze da avere
solo l’imbarazzo della scelta su cosa scegliere, non potendo
mangiare tutto quanto offerto. Le loro specialità erano tutti i tipi di
selvaggina, i funghi porcini e i misti di bosco nonché la “polenta
concia” dove la polenta serviva solo a tener amalgamata la quantità
e la varietà dei formaggi contenuti in essa mentre, al calore,
fondevano.
Fatte le ordinazioni, vennero serviti a ciascuno i vini abbinati
alle pietanze scelte. Molti degli studenti, rifiutarono il vino per
passare piuttosto a bibite analcoliche o all’acqua minerale. Come da
copione, ogni signora sedeva accanto al marito dell’altra,
intrecciando la conversazione in attesa di vedere servita la cena.
A Luigi fu abbinata Emma che si rivelò essere una buona
commensale anche se, come d’uso per gran parte delle donne del
sud, teneva lo sguardo abbassato e la voce era flebile, tanto da
essere un problema seguire il discorso nel brusio abbastanza forte
della sala.
In un angolo, diametralmente opposto al loro tavolo, c’era un
giovane che intratteneva i commensali suonando, molto
discretamente, una tastiera elettronica creando un sottofondo
piacevole al conversare e al consumare le pietanze.
Il tempo passò gradevolmente tra una prelibatezza e l’altra
fino a giungere al dessert.
101
Esso fu un vero capolavoro di alta pasticceria. Su di un piatto
piano, più grande dei normali, al centro troneggiava una crepe
Susette flambé, circondata da tre bignè alla crema ricoperti con
cioccolato fuso caldo e spruzzati di zucchero velo e tre piccole
palline di gelato racchiuse in altrettante coppette di zucchero
caramellato.
Era quasi mezzanotte quando decisero di scendere a valle per
rientrare in albergo. L’indomani sarebbero andati a sciare un po’ più
tardi, ma ne era valsa veramente la pena.
Il gruppo si alzò da tavola e si avviò verso l’uscita. Come la
sera precedente al bar, nessuno si avvicinò a Salvo per porgere il
conto ed anzi il titolare si diresse verso la porta per aprirla ed
inchinarsi nuovamente al passaggio dei signori Arcuri. Il gatto delle
nevi era pronto ad aspettarli, con il motore acceso, per riportarli a
valle. Solamente loro, anche se quattro persone attendevano
pazientemente di scendere ed erano lì prima del gruppo. Avrebbero
dovuto attendere che “il gatto” ritornasse a prenderli.
Grazie all’affiatata compagnia, la settimana volò in un lampo e
venne il sabato mattina, giorno di fine vacanze e di rientro per le
famiglie Barberini e Galeazzo. Non così invece per gli Arcuri e il loro
seguito i quali si sarebbero fermati ancora una settimana.
Dopo colazione le tre famiglie si diressero verso la hall per i
saluti e gli abbracci di rito.
Questa volta però erano veramente
sentiti, da tutti e sei.
I tre uomini si scambiarono il biglietto da visita ed Emma e
Salvo si fecero promettere solennemente che l’estate prossima gli
amici sarebbero scesi in Sicilia.
- Voi dovete solamente prendere l’aereo ed arrivare
all’aeroporto di Punta Raisi. Mi dite l’ora dell’arrivo e personalmente
verrò a ricevervi per condurvi alla vostra sistemazione. Non dovete
preoccuparvi di nulla, penso a tutto io, oramai conosco i vostri gusti e
le vostre esigenze, mentre per voi sarebbe un problema e dovreste
appoggiarvi a qualche agenzia di viaggio, la quale, non saprebbe
nemmeno in che ambiente vi sistemerebbero.
Loro fanno tutto per corrispondenza e si fidano delle
dichiarazioni degli albergatori, per me che sono del luogo, la cosa è
più semplice decisamente. Qualche volta, per gli ospiti, la realtà è
ben lontana da quanto visto su depliants e locandine varie.
- Grazie Salvo - disse Luigi - mentre Mario annuiva stringendo
forte la mano dell’amico, ho sempre saputo che il cuore e la
generosità dei Siciliani sono proverbiali, ma mai avrei pensato a
tanto. Capisco, con la tua posizione sociale e le probabili molteplici
conoscenze, ti sarà più semplice che ad altra persona, comunque il
disturbo sarà veramente notevole e pertanto ti ringraziamo di cuore.
Penso di passare un periodo bellissimo e nell’attesa ci
documenteremo sulle bellezze dell’isola in modo da arrivare almeno
un poco preparati a gustare quanto avremo occasione di vedere.
102
- Non preoccuparti Luigi - intervenne Emma - nessun disturbo
per Salvo, fa tutto telefonicamente, per lui basta mezza parola ed è
tutto sistemato. In teoria potreste andare domani mattina a Palermo
e, anche se noi siamo qui, trovereste tutto pronto e sistemato,
figuriamoci per agosto, perché è ad agosto che avete detto di venire,
vero?
- Sì! Altri periodi purtroppo non ci sono concessi con il lavoro
di Luigi - interferì Giulia - ma anche per Mario la questione non
cambia, anche lui chiude i cantieri di lavoro ad agosto quando i
fornitori delle materie prime sono pure in ferie e non consegnano la
merce. Poi parlano di ferie intelligenti e diluite!
Maria Luisa intervenne: - Peccato che il tempo passato
piacevolmente passi così presto, ma ora, scusatemi, dobbiamo salire
in camera per ultimare la preparazione dei bagagli. Si avvicinò ad
Emma, l’abbracciò, e quando si sciolsero entrambe avevano gli occhi
lucidi ed un sorrisetto stentato sulle labbra.
- Su, su, bando alle tristezze - interruppe Salvo - non
dobbiamo commuoverci, ma essere felici perché quest’estate ci
rivedremo.
E’ vero, ci sono ancora quasi sei mesi, ma allora
staremo assieme un mese e non solamente una settimana. Buon
viaggio amici, buon rientro e buon lavoro. Vedrete, l’attesa delle
ferie estive non sarà poi così lunga.
Nel frattempo alcuni degli studenti, Rosario compreso, si
avvicinarono per salutare, anche a nome degli altri compagni
impegnati altrove.
Saluti, incroci di mani che si stringevano, frasi più o meno di
circostanza impegnarono per alcuni minuti il piccolo gruppo.
I nostri cinque amici entrarono nell’ascensore in silenzio per
salire al secondo piano. Ognuno aveva lo sguardo fisso ed assorto e
pensava, in vario modo, a quanto era accaduto in così poco tempo.
Luigi, il più diffidente e sospettoso di tutti, ripensava a certe
situazioni, piccoli atteggiamenti, comportamento di terze persone
estranee, frasi ed insinuazioni, vissuti nell’arco di una settimana le
quali conducevano alla stessa domanda: - Chi è veramente Salvo?
L’ascensore si fermò al piano e tutti ebbero come un piccolo
sussulto, che stessero pensando tutti la stessa cosa?
Probabilmente nessuno avrebbe avuto l’intenzione di sollevare
l’argomento per non sembrare sospettoso. Quando si pensa alla
Sicilia ed ai Siciliani, per luogo comune, si pensa alla mafia e a “cosa
nostra”, sicuramente sbagliando, perché la stragrande maggioranza
delle persone è gente normale, anche se con una mentalità, delle
usanze e tradizioni che differiscono dalla popolazione del nord.
Quando uscirono sul corridoio, si diressero alle rispettive
camere silenziosamente dicendo solo: - Ci vediamo tra un’oretta
nella hall, pronti per partire. – Va bene, a tra poco.
Il viaggio di ritorno avvenne in modo tranquillo, il traffico era
abbastanza scorrevole nel loro senso di marcia anche perché il
grosso dei partenti avrebbero intrapreso il viaggio al pomeriggio per
103
guadagnare mezza giornata. In direzione opposta, al contrario, il
traffico era intenso.
Giunsero a Padova a metà pomeriggio e a piazza delle Erbe si
fermarono un attimo per salutarsi in quanto in quel punto le strade
prendevano direzioni opposte per giungere alle rispettive abitazioni.
- Grazie della bellissima settimana trascorsa assieme - disse
Mario - la prossima volta verrete a casa nostra per vedere le
diapositive scattate a Madonna di Campiglio. Nel frattempo saranno
state sviluppate ed intelaiate. Speriamo siano riuscite bene, ma con
quel tempo splendido che abbiamo avuto, devono essere riuscite per
forza.
- Ciao Maria Luisa, ciao Mario, statemi bene, buon lavoro per
lunedì. Sarà duro vestirci bene, con la giacca e la cravatta, piuttosto
che con la tuta da sci, ma sarà solamente il primo impatto, poi tutto
diventerà cosa normale. Per le nostre mogli sarà anche una
giornatina di quelle mica male con tutti gli indumenti da lavare e
riporre negli armadi per il prossimo anno.
Giulia intervenne nel discorso: - Meno male! Hai capito che il
nostro lavoro di donne di casa è pure oneroso, anzi, domani
dovrebbe essere domenica, giornata di riposo ed invece comincerò
già fare delle lavatrici e mettere ad asciugare. Per noi donne le
giornate festive spesso si rivelano giorni lavorativi.
Di rimando, senza perdere occasione, l’amica incalzò: - Sì,
hai proprio ragione perché, comunque bisogna rifare il letto,
spolverare, far da mangiare, lavare i piatti e quant’altro una casa
richiede sia lunedì o domenica, sette giorni su sette.
- Ta. ta. taaaaaa…. - fece il verso Mario, - eccole le
femministe che insorgono!
Non andiamo avanti su questo
argomento perché altrimenti rimaniamo qui in piazza per tre giorni a
discutere e non avremmo, comunque, concluso nulla. Ciao ragazzi,
buon rientro e ci sentiamo la settimana prossima.
Ognuno montò sulla propria autovettura e si allontanarono per
raggiungere la propria abitazione.
CAPITOLO 4
Il solito ritmo di vita era ricominciato, i giorni trascorsi in
allegria su, in montagna, erano ormai un bel ricordo e si andava
offuscando. Solamente, ogni tanto, a Luigi venivano in mente i
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coniugi Arcuri con il loro seguito e si concedeva qualche minuto per
pensare e fantasticare sull’ambiente in cui loro vivevano in Sicilia.
Lo studio legale era situato in via Principe di Villafranca, in una via
centrale dove era possibile trovare numerosissimi altri studi.
Probabilmente era una via relativamente vicina al Tribunale di
Palermo e pertanto molto ambita dagli avvocati.
Controllando l’indirizzo della loro abitazione, la stessa era
sistemata alla periferia di Palermo, nella Conca d’Oro, che si estende
attorno alla città ed è digradante dolcemente verso il mare. Così
almeno dicevano alcuni scritti d’informazione turistica che Luigi
aveva cominciato a comperare per prepararsi alla vacanza estiva.
Seduto alla sua scrivania aveva sottomano alcuni incartamenti
da controllare quando, dopo aver bussato, entrò la sua segretaria
Gioia.
- Mi scusi dottore, ieri sera ha telefonato il signor Aquilante
chiedendo se ci fossero delle novità per lui. Non sapendo quale era
stato il motivo della sua visita, prima delle sue vacanze invernali, ho
riferito che l’avrei informata e poi lo avrebbe chiamato lei. Inoltre ha
lasciato, in quella settimana, un plico abbastanza grosso e io l’ho
inserito nel suo cassetto della posta in arrivo.
- Giusto, è vero! – esclamò Luigi – l’avevo visto ma non ho
avuto tempo ancora di esaminarlo, cosa vuole sono bilanci e
documentazione varia e per interpretarli ci vorrà del tempo. Adesso
è ora di dedicarsi a quel problema. Lo chiami lei, per favore, e gli
dica che sono a buon punto e a giorni lo inviterò a passare da noi per
prospettare una possibile soluzione. Dopo essersi fatta firmare
alcune pratiche ed alcune deleghe bancarie, Gioia uscì dallo studio
per rientrare nel suo ufficio.
Aperta la busta e riletti gli appunti fattisi durante la prima visita
di Aquilante, cominciò a verificare quanto effettivamente, nell’ultimo
triennio, era costantemente in credito d’imposta IVA, ma il risultato
più preoccupante e più grave, era l’essere in aumento esponenziale,
cosa assolutamente improbabile ed impossibile. Si trattava di
trovare un escamotage che potesse essere plausibile e potesse
giustificare la situazione esistente.
La cosa era di difficile soluzione, ma fu proprio questo a
pungolare l’orgoglio professionale del dottor Barberini, riuscire dove,
forse, altri non sarebbero riusciti. Gli si prospettava un periodo di
intenso lavoro in quanto non poteva abbandonare tutto il resto per
seguire solamente quel problema.
Voleva dire, contrariamente a quanto si pensa, pure lui, come
si lamentavano le “donne di casa”, avrebbe dovuto lavorare la
domenica sperando che Mario e Maria Luisa non li invitassero tanto
presto per vedere le diapositive.
Alcuni giorni Luigi avrebbe voluto il tempo si fermasse,
l’orologio non scandisse più le ore con ritmo incessante, perché
arrivava la sera e praticamente non aveva combinato niente di
concreto, aveva solamente buttato giù delle bozze di progetti da
105
rivedere, controllare e forse, alla fine, cestinare perché impossibili da
realizzare.
Giulia si accorse di questo stress che stava opprimendo il
marito e una sera, dopo cenato, cercò di giocherellare con lui sul
divano in salotto, nella speranza di vedergli spuntare un sorriso sulle
labbra.
Luigi si rilassò e stette al gioco della moglie, trovandone
beneficio soprattutto mentale.
Si misero a stuzzicarsi, farsi
reciprocamente solletico, rincorrendosi per la casa nel tentativo di
catturare il coniuge che stava scappando, sembravano dei bambini.
La spensieratezza era tornata tra quelle mura, l’allegria era di nuovo
spuntata come nei primi tempi del matrimonio. Scappando di qua e
di la, la corsa finì in camera da letto, la luce era spenta,
inciamparono entrambi sul scendiletto ed aggrappandosi l’un l’altro
caddero pesantemente sul lettone.
Forse Sergio avrebbe avuto un amichetto!
Erano passati poco più di trenta giorni dal loro rientro, era un
giovedì di fine mese, quando Luigi sperò di aver risolto il difficile
problema di Aquilante. Schiacciò l’interfono per comunicare con
Gioia, quando rispose gli disse: - Può chiamare Aquilante e fissare
un appuntamento per lunedì mattina o pomeriggio come preferisce
lui.
- Bene dottore, provvedo immediatamente. Stavo per
chiamarla per avvisarla che sulla linea due c’è l’ingegner Galeazzo
per lei.
- Grazie, la prendo subito. Pronto? Mario….qual buon vento,
come stai, anzi come state?
- Bene, grazie, molto bene, anche se si stava meglio a
Madonna di Campiglio, ma come già detto e ridetto le cose belle
finiscono presto, sono quelle brutte a durare a lungo. Ma tra di noi
parliamo sempre e solo di cose belle, venite domenica da noi? Ho
sviluppato le diapositive, le ho selezionate e riordinate nei caricatori
pronte per proiettarle.
- Domenica saremo al primo di aprile! Penso proprio di sì,
potremmo vederci, perché poi è presto Pasqua e ci saranno altri
problemi, raduni con i parenti e tutto quello conseguente alle festività.
Chiamo immediatamente Giulia perché telefoni a Maria Luisa e si
mettano d’accordo tra di loro sull’orario e tutto il resto. Ehi, adesso
mi viene in mente, non sarà mica uno scherzo, saremo al primo di
aprile!
Scoppiarono in una risata: - Non ci avevo pensato al pesce
d’aprile, no stai tranquillo è tutto vero. Poi, figurati, è quasi un mese
mezzo che non ci vediamo. Io sono stato oberato di lavoro e, non
avendoti sentito, ho pensato che anche tu lo fossi stato.
- Eccome!
Pensa, sono dovuto venire in ufficio due
domeniche di seguito per risolvere un grosso problema di un cliente.
Non mi dava pace e mi faceva star male anche di notte. Poverino,
106
ho partecipato anch’io ai suoi problemi! Spero però di aver raggiunto
una soluzione possibile e abbastanza indolore.
- Ne sono convinto! Per queste cose tu sei un mago. Bene ti
saluto, ti lascio al tuo lavoro e ci vediamo domenica pomeriggio.
Salutami Giulia.
- Non mancherò ed altrettanto ti prego di salutare Maria Luisa
e dare un bacino a Sergio.
Ciao e grazie della telefonata e
dell’invito.
La settimana lavorativa si concluse e Luigi, avendo forse
risolto il problema di Aquilante, era più sereno tanto da rientrare a
casa relativamente presto.
Quando Giulia gli venne in contro lungo il corridoio, come
sempre, Luigi l’abbracciò le diede un bacio e le propose di vestirsi ed
uscire per andare a cena fuori.
- Come mai sei rientrato così presto? Era tempo che non
avevo questo regalo di vederti il tardo pomeriggio e poi a cena fuori
cosa è successo? Cosa festeggiamo?
- Mi sono tolto, almeno spero, un grosso dilemma con un
cliente; penso di aver risolto i suoi problemi. E’ stato impegnativo, ti
ricordi che due domeniche sono dovuto andare a lavorare e forse
quelle, nel silenzio dell’ufficio chiuso, mi hanno aiutato a ragionare
senza essere interrotto continuamente. Voglio festeggiare, anche
per scaramanzia, l’esito positivo dell’operazione.
- Ma bene! Auguri! Esco volentieri. Da quando siamo ritornati
dalla montagna non passiamo una serata completa insieme. Dove
mi porti?
- Pensavo a due ristoranti, completamente diversi l’uno
dall’altro, non li conosco, non ci siamo mai stati, ma ho inteso parlar
bene da alcuni miei clienti. Uno è il “Cubita”, è un po’ fuori, in Riva
dei Ponti Romani e la loro specialità sono appunto i cibi cubani.
L’altro, più vicino, in via Milano e si chiama “Ristorante Antico Brolo”
e la loro specialità è di proporre ogni giorno delle novità dell’arte
culinaria, con cibi sfiziosi e ricercati sia per gli ingredienti, sia per
l’esecuzione e la presentazione. Cosa scegli?
- Quale impegno mi dai, è difficile. Sarei curiosa di provare la
cucina cubana, ma anche una cena ricercata mi attira. Dei buoni
antipasti caldi, primi piatti a sorpresa ….mmmm, mi viene l’acquolina
in bocca.
- Per quanto riguarda la cucina cubana, di cui mi sembra non
abbiamo mai sentito parlare, ho chiesto informazioni ad un mio
cliente il quale mi aveva accennato di esserci stato. Di base hanno
la carne suina preparata in tutte le forme e in tutti i modi, il pesce e in
particolare i crostacei. La loro cucina principalmente deriva da quella
creola ed africana, come il “congri” che viene preparato con fagioli
neri e riso insaporiti con moltissime spezie e accompagnato dai
“viandas”, sorta di tuberi cotti ed aromatizzati. Poi usano frutta
esotica come le banane, la papaya e mille altri. Da bere offrono
107
“succo di canna” e “succo di melassa” oltre, ovviamente a birra, rhum
e caffè che sono le bevande più diffuse a Cuba.
- Da quanto propostomi , quello da cui sarei più attratta,
sarebbero i crostacei, però per il resto ho delle riserve. Potremmo
andarci un’altra volta, magari con i nostri amici, per fare una cosa
nuova ed improvvisata. Se lasci scegliere me, per questa sera,
andrei sul sicuro: andiamo all’Antico Brolo!
- Bene, approvato! Per dire il vero anch’io desideravo provare
delle novità restando però nella cucina tradizionale. Dai cubani
andremo, se ne avranno voglia, con Maria Luisa e Mario. A
proposito, hai parlato con l’amica per domenica? Intanto vado a
telefonare per prenotare un tavolo.
- Sì, andremo da loro verso le 15.30/16.00, quando Sergio si
sarà svegliato dal pisolo pomeridiano. Vado a vestirmi e a truccarmi
un po’. Quando usciamo?
- Io penso un po’ prima delle otto, già il ristorante è
relativamente vicino e in circa 20 minuti a piedi dovremmo esserci,
senza dover spostare la macchina.
Arrivarono in via Milano e scorsero l’insegna del ristorante.
Entrarono prima in una veranda, molto ben riscaldata, dove erano
sistemati una decina di tavoli. Solamente un paio erano occupati, ma
sugli altri c’era il cartellino della prenotazione. Una gentilissima
persona, probabilmente il proprietario, si avvicinò chiedendo: Buona sera signori, avete prenotato?
- Sì certamente – rispose Luigi – siamo Barberini ed abbiamo
prenotato per due.
- Ma certamente, accomodatevi prego, vi ho preparato un
tavolo all’interno, in un angolo, dove starete tranquilli. E’ veramente
un piacere per me averlo per la prima volta nel mio ristorante,
dottore.
- Grazie mille – incalzò Luigi prendendo sottobraccio Giulia ed
entrando nella prima delle sale interne – ma da come si è espresso
sembrerebbe quasi mi conoscesse. Come mai.
Erano giunti al tavolo e mentre il proprietario scostava la
seggiola per far sedere Luisa, rivolto a Luigi intervenne: - Lei non si
ricorderà di me, ma un paio d’anni addietro ho avuto bisogno di una
sua consulenza per un problema fiscale, egregio dottor Barberini.
- Effettivamente no – si giustificò Luigi – la fisionomia non mi è
nuova, ma, al momento, mi sfugge l’occasione del nostro incontro.
Con tanti problemi e tante persone incontrate, non sempre ricordo
tutto. Lei invece, ne vede tante più di me, ma riesce a memorizzare
le loro sembianze. Complimenti!
- Signori vi auguro una buona serata. Vi mando subito il capo
cameriere per le ordinazioni ed il sommelier per i vini. Buon appetito
e spero di rivedervi al più presto.
Passarono una serata piacevole e, bisogna dire il vero, il
ristorante era all’altezza della fama goduta in città anche per
108
l’arredamento e l’ambientazione. Furono felici di non aver ordinato
anticipatamente tutte le portate! A prima vista, il primo piattino con
l’antipasto fece rimanere un po’ delusi Giulia e Luigi, infatti, per
quanto ben disposto ed ornato con ciuffetti di prezzemolo, alcune
foglie di rucola e fili di carote, al centro del piatto c’era una “formina”
somigliante a un creme-caramel. Una volta in più fu dimostrato che
le apparenze possono ingannare, si trattava invece di un
deliziosissimo suofflé di formaggio Montasio accompagnato da una
salsina leggermente piccante. Una delizia! A questo primo piattino
d’antipasto ne seguirono altri due, variamente e squisitamente
assortiti e decorati. Poi venne servito un tris di primi piatti, con degli
accostamenti di sapori tali da lasciare favorevolmente impressionati
Giulia e Luigi. Il tutto venne accompagnato da un gradevolissimo e
ben fresco “Prosecco di Valdobbiadene”. Il secondo consisteva in un
filetto di manzo al pepe verde circondato da numerosi piccoli
contorni, dalle spinaci al burro e patatine al forno, a funghi porcini e
frittatina al tartufo, accompagnato da un Refosco dal peduncolo
rosso del Collio Goriziano. L’abbinamento era perfetto!
La cena fu così completa, deliziosa ed abbondante, dal far
desistere Giulia a farsi portare il carrello dei dolci. Per una golosona
come lei, il rinunciare al dolce voleva dire essere veramente sazia.
Prima di rientrare a casa sostarono ancora un’oretta ad un
vicino piano bar. Luigi sapeva che avrebbe fatto felice la moglie
concludendo la serata facendo alcuni balli, calmi e tranquilli, con
musiche degli anni ’50 e ’60. Piano bar, per modo di dire, infatti il
pianista aveva una di quelle tastiere elettroniche e, pur essendo da
solo, sembrava ci fosse un complessino di almeno tre o quattro
persone a suonare.
Arrivò anche la domenica pomeriggio e si recarono, come
d’accordo, a casa Galeazzo. Mario aveva già preparato tutto per
effettuare la proiezione delle diapositive. Vide i due caricatori inseriti
nei due proiettori abbinati per effettuare le dissolvenze incrociate ed
altri due da inserire successivamente. Lo schermo era già
posizionato vicino alla parete.
- Ma che bravo, tutto già pronto, - disse Giulia – sono
veramente curiosa di visionarle, in quella zona ci sono degli sfondi
con i monti innevati che sono una meraviglia…..poi ci siamo noi…..
A questa battuta, scoppiarono a ridere.
- E’ tutto pronto non perché abbia fretta, ma perché per tirare
fuori tutto l’armamentario, fare i collegamenti elettrici, provare se i
meccanismi automatici per la dissolvenza funzionino, porta via
parecchi tempo e non era il caso di farlo con voi presenti.
- Hai fatto bene, intervenne Luigi, anche perché sono molto
curioso e, se fosse possibile, mi piacerebbe vederle subito.
- Certo! Accomodatevi, cominciamo immediatamente. Ah sì!
Beviamo qualcosa subito o dopo la proiezione? Dura circa 40 minuti.
109
- Dopo, dopo, per quello che ci riguarda, abbiamo da poco
preso l’ultimo caffè che ci concediamo nella giornata per non avere
difficoltà ad addormentarci stasera.
Presero posto comodamente sulle poltrone o sul divano,
anche Sergio andò in braccio della “zia” Giulia perché ci teneva in
modo particolare rivedersi vestito da sciatore.
La proiezione iniziò con la diapositiva che portava il titolo:
“Settimana bianca a Madonna di Campiglio – 14 – 21 febbraio”. Sul
nastro dove erano incisi gli impulsi per il cambio automatico delle
diapositive con tempi di visione più o meno lunghi a seconda
dell’interesse dell’immagine, c’era incisa pure una musica
d’accompagnamento veramente deliziosa ed appropriata.
Proiettata la centoquarantesima diapositiva essa recava la
scritta: “FINE e alla prossima volta”. Gli amici applaudirono
esclamando: - Bellissime, sei veramente bravo nell’inquadrare
l’essenziale, poi la qualità dell’immagine, la luce, i colori, tutto
splendido. Sarà bravo il fotografo, è vero, ma hai anche una
macchina buonissima!
Luigi intervenne: - Scusa Mario, sarebbe troppo difficoltoso
farmi rivedere le foto di gruppo del giorno dove eravamo noi soli
uomini in quell’escursione fino a Folgarida, non ci sono tante,
solamente una decina, puoi farlo?
- Si! Certo, magari tolgo l’automatismo e le faccio avanzare
manualmente, non ci sarà nemmeno la musica. Per te va bene lo
stesso?
- Nessun problema, vorrei rivedere, magari un po’ più a lungo,
alcune inquadrature. Ho notato alcune cose, ma nella velocità della
sequenza programmata, non sono riuscito a metterle bene a fuoco.
- Mentre preparo i proiettori, Maria Luisa ti prego, fai gli onori
di casa, offri qualche cosa ai nostri amici.
- Grazie, mi è venuta un po’ di sete, disse Giulia, una bibita
fresca la gradirei volentieri, magari anche solo acqua minerale.
- Vado a prendere aranciata, Coca Cola, pompelmo, dimmi tu.
Voi uomini prendete una bella birra fresca?
- Questa si è una bella idea, confermò Mario. Siamo ancora
lontani dalla cena, possiamo bere una birra e lasciare passare il
tempo necessario per non mescolarla con il vino.
- Berrò volentieri una birra. Ma da come ti sei espresso, avete
organizzato anche la cena.
- Per voi è più facile rimanere, non avete “ancora” bambini
piccoli da portare a nanna. Anzi, se vi va, dopo cena, messo a letto
Sergio potremmo fare una bella partita di carte. Scala quaranta o
Machiavelli o quello che preferite.
- Quell’ancora suona molto da rimprovero, anche se messo lì
velatamente in mezzo al discorso - confermò Giulia -. Comunque
mai lasciare limiti alla Provvidenza.
Nessuno ci fece caso a quell’esclamazione, ma Luigi si voltò
verso la moglie con aria interrogativa, ella lo vide e abbassò gli occhi
110
come per guardare Sergio che le stava in braccio, ma con un
sorrisetto appena appena accennato. Quando se ne fossero andati e
fossero rimasti soli avrebbe chiesto spiegazioni su quella frase.
- Ecco Luigi, tutto pronto, quando vuoi possiamo partire con le
immagini. Se hai piacere che mi soffermi su qualcuna in particolare
non hai altro che chiedermelo.
La luce venne di nuovo spenta e partì la prima immagine. Si
vedeva Salvo, Luigi e Rosario con altri tre degli allievi dell’avvocato
alla partenza di una seggiovia. La seconda raffigurava gli stessi
personaggi in altre posizioni con alle spalle una pista di sci. Nella
seguente erano seduti al tavolo esterno di un rifugio mentre
prendevano delle bevande calde. L’ultima raffigurava il gruppo
mentre era fermo per la pausa pranzo, all’interno di una bella baita,
in alto, probabilmente a Marileva.
In quest’ultima, fatta con
l’autoscatto c’era pure Mario. I tre amici, seduti su di una panca, si
erano tolti la giacca della tuta perché all’interno faceva veramente
caldo, mentre i loro quattro accompagnatori, pur essendosi tolti i
berretti ed i guanti avevano tenuto addosso le giacche. Rosario, da
buon “maestro” aveva una tuta e poteva essere plausibile, ma gli altri
no. Qualche cosa aveva colpito l’attenzione di Luigi, ma non riusciva
a vederne il nesso, a parte il non essersi tolta la giacca.
- Mario, ti prego, anche se le immagini non saranno tanto
nitide, avendo i
tuoi
proiettori lo zoom, potresti avvicinare
l’immagine in modo da portare in primo piano un personaggio?
- Volentieri, ma cosa cerchi?
- Non lo so neanch’io, però c’è sicuramente qualche cosa la
quale non mi pare del tutto normale. Essa mi disturba la vista e non
riesco ad individuarla. Proviamo come t’ho detto, ti prego.
La figura di Salvo apparve in primo piano e, benché meno
chiara, sembrava normale. Poi apparve Rosario, poi Luigi ed infine
uno degli studenti. La sequenza venne ripetuta su tutte e quattro le
foto compresa l’ultima dove c’era pure Mario.
- Ho trovato! - gridò Luigi - fammi rivedere solo l’ultima dove
siamo noi tre senza giacca e gli altri vestiti. Sì! Ecco cos’è che non
va! Sarà magari una mia fisima, ma osserva anche tu. Noi tre
siamo “normali” mentre gli altri quattro, che non si sono spogliati,
hanno un rigonfiamento sotto la spalla sinistra. Cosa dici sia Mario,
dimmelo, dimmelo se hai il mio stesso sospetto.
- Per dire la verità sembrerebbe il rigonfiamento causato dal
portare sotto l’ascella una pistola. Ma perché dovrebbero essere
armati? Saranno forse delle guardie del corpo? Ma allora chi è
Salvo? Non fare venire anche a me brutti pensieri, sai che sono
impressionabile.
- Non pensiamo subito male - placò la tensione Luigi -. Noi lo
sappiamo essere avvocato, almeno così ce l’ha detto lui, ma
potrebbe essere, per quanto ne so, anche un deputato al Parlamento
siciliano o al Governo nazionale addirittura e sai che loro hanno
sempre la scorta. Potrebbe essere un Pubblico Ministero, il quale è
111
pur sempre un avvocato, e che abbia fatto condannare dei
personaggi scomodi che l’abbiano minacciato e lui si difende.
Potrebbe essere un avvocato di grido che abbia difeso male
qualcuno e per un errore suo, l’abbia fatto condannare. Non lo so,
ma la mia prima impressione, anche su in montagna, mi dava
qualche sospetto: marito e moglie con dieci “studenti”! Grazie di
avermi accontentato con le foto, ora permettimi di aiutarti a smontare
il tutto. Non pensiamoci più e finiamo in bellezza la giornata.
- Non sarà facile, oramai mi hai messo una pulce nell’orecchio
e, sapendo come sono fatto io, di tanto in tanto mi torneranno in
mente le foto che mi hai fatto notare e ci fantasticherò sopra.
Si sedettero in salotto e si misero a sorseggiare le bibite,
chiacchierarono, cenarono e finirono la serata con una bella ed
impegnativa partita di bridge.
Anche
Luigi, ogni tanto, ripensava alle immagini delle
diapositive e la sua mente fantasticava in una miriade di ipotesi. Egli
sempre tanto attento nel gioco del bridge, quella sera commise
parecchi errori, delle dichiarazioni sbagliate fecero perdere alcune
partite anche a Maria Luisa, la sua compagna di gioco. Si scusò
adducendo la sua disattenzione allo stress accumulato sul lavoro
durante le passate settimane. Ma ebbe paura di non essere creduto.
Erano ormai passate da una decina di minuti le 23, quando si
accomiatarono dai coniugi Galeazzo per rientrare a casa loro.
Augurarono una buona settimana agli amici ripromettendosi di
sentirsi senz’altro prima di Pasqua.
Usciti dal portone, si avviarono verso l’automobile posteggiata
poco distante e, strada facendo, Luigi chiese alla moglie: - Oggi
pomeriggio, nel contesto di un discorso, parlando di bambini, tu hai
detto: “mai lasciare limiti alla provvidenza”, cosa volevi dire, cosa
intendevi con quelle parole?
- Mi sono accorta che sei un po’ trasalito a quella frase, e
volevo appunto vedere la tua reazione. Non ti ho detto ancora nulla,
perché non ne ho la certezza, ma potrei essere in attesa di un bimbo.
Ho l’appuntamento per mercoledì con il ginecologo e a quel punto
avremo la risposta definitiva.
- Ma è meraviglioso! Io desidererei veramente fosse vero e
non solo un falso allarme. Ma pensa, un bambino, noi, una vera
famiglia. Che bello! Sono tutto emozionato. Adesso l’attesa sarà
lunga ed i mesi non passeranno mai. Secondo te quando dovrebbe
nascere se oggi siamo, ancora per poco, il primo di aprile?
- Se non sbaglio, ma il medico sarà di certo più preciso
nell’ipotizzare, dovrebbe nascere verso la fine di novembre. Avremo
tempo di andare anche in villeggiatura in Sicilia il mese di agosto,
magari con il pancione!
Si misero a ridere, mentre salivano in auto per far rientro a
casa. A quel punto Luigi si accorse quanto era emozionato, fece
difficoltà ad inserire le chiavi nell’accensione situata sul piantone
112
dello sterzo, infatti gli tremavano un poco le mani. Tirò un profondo
sospiro per stabilizzarsi, poi l’automobile partì lungo il viale.
Arrivò pure il lunedì mattina dove, verso le 11,00 sarebbe
venuto allo studio il signor Aquilante. Luigi tolse dalla cassaforte la
pratica del probabile nuovo cliente per rileggere i punti essenziali
della risoluzione ipotizzata e da illustrare al signor Fulvio.
Quando la segretaria annunciò il suo arrivo, Luigi stava
leggendo on-line via internet le ultime notizie pubblicate sul “Sole 24
ore” riguardanti la sua professione.
Dopo i soliti convenevoli, i due si sedettero al tavolo delle
riunioni, a lato della stanza, per essere più comodi con il tavolo libero
da pratiche e incartamenti vari.
Luigi aprì il fascicolo di Aquilante ed incominciò: - La situazione
è davvero ingarbugliata e presenta parecchi punti di difficile
risoluzione. Io avrei trovato una soluzione, però sarebbe sul filo del
rasoio quanto a credibilità, ma potrebbe essere abbastanza
facilmente sostenibile, almeno a difesa del proprio operato.
- Dottore, lei mi tiene sulle spine - replicò il cliente - sono
impaziente di sentire i risultati delle sue ricerche.
- Allora partiamo dall’acquisto da parte sua della materia prima,
sia essa seta, lana, cotone o materiali sintetici, la quale viene
totalmente fatturata dai vari produttori e fornitori. Una volta creati i
modelli e gli stampi nelle varie taglie essi vengono spediti,
unitamente alle pezze di stoffe, alla ditta esecutrice materiale dei
manufatti in Romania. Fino a qui tutto corretto?
- Sì! Perfetto. E poi?
- A questo punto dobbiamo cercare di far “sparire” un po’ di
merce. Innanzi tutto, data la scarsa professionalità della manodopera
estera, circa il 10% del prodotto originale viene scartato come “parti
inutilizzabili”, ma il grosso della perdita risulta nella seconda fase,
quando i capi vengono rivisti e migliorati dalle sue dipendenti. Circa
un 30% deve venir scartato perché non “rimediabile”. A questo
punto la merce inutilizzata dovrebbe essere ceduta a delle società di
recupero che dovrebbero riciclare il prodotto, magari, una volta
lavorato, rivenduto in pezze, in tinta unita, di altro colore, come
avviene in tutti i prodotti riconvertiti.
Per cedere questa sua merce di scarto, dovrebbe fatturarla
ed il ciclo sarebbe perfettamente chiuso. In realtà lei non scarta
nulla, ma rivende questa parte come richiesto dai sui negozianti.
L’unica scappatoia da me ipotizzata, è che lei dichiari di non
distruggere i capi confezionati, in quanto non vendibili al livello dei
suoi clienti, essendo in gran parte
boutiques, ma essendo
certamente “portabili”, confeziona dei pacchi da inserire nei
cassonetti della “Caritas” posizionati in vari punti della città,
pensando così di fare della beneficenza. Così facendo un 10% che
rimane in Romania, più un 30% in beneficenza da il risultato del 40%
da lei ceduto in modo, diciamolo pure, irregolare.
113
La cosa è un po’ tirata per i capelli, fiscalmente inaccettabile e
non credibile, ma potrebbe cercare giustificazione nella soluzione
morale e umana. Ad un controllo, che io reputo inevitabile, potrebbe
costituire un’attenuante e limitare al minimo il danno. Non sono
riuscito a trovare altre soluzioni, se non quella di regolarizzare la sua
posizione perdendo magari qualche cliente irremovibile. L’unica cosa
che potrebbe mantenere e sarebbe di difficile controllo, è il 10% di
scarto nel paese estero. Se lei volesse, oltre alla consulenza, che io
mi occupassi in seguito anche della pregressa situazione nel
tentativo di sanarla come detto, potrei accettarla solamente se da
domani in poi lei regolarizzasse fiscalmente il suo operato. Potrebbe
essere una soluzione, infatti sarebbe dimostrabile con le date, di
averla io ammonita sull’irregolarità del suo precedente stato di cose,
anche se giustificabile dal punto di vista umano. Per eliminare il 30%
di inutilizzo, dovrebbe cambiare la ditta romena esecutrice,
adducendo a motivo della sostituzione, appunto questo suo grado di
imperfezione e sostituendola con altra. Penso non ci sia, per lei,
difficoltà a trovare altra manodopera in loco. Veda lei, ci pensi pure
quanto vuole e mi sappia dire le sue decisioni in merito. Immagino lei
sia, ora, un po’ frastornato, ma sappia che è meglio vendere qualche
cosa in meno piuttosto di finire nelle grinfie di chi sappiamo noi.
Potrebbe essere anche una cosa positiva il cercare di sviluppare
nuovi mercati, magari con un campionario dedicato anche a negozi
normali oltre che a boutiques.
Il signor Aquilante rimase immobile, assorto, si intuiva stesse
ripetendo a se stesso quanto appena udito, quando con un filo di
voce, immediatamente poi schiaritasi, affermò: - La situazione è
proprio grave, ancor più di quanto immaginassi. Lei non mi da molte
possibilità a soluzioni alternative.
E’ come nelle trattative
commerciali o prendere o lasciare, ma anche prendendo c’è sempre
il pericolo di future sanzioni. Certo meno pesanti! Io sono fautore
essere i proverbi la saggezza delle genti, infatti qui ci sta proprio
bene quello che recita: “Bisogna scegliere il male minore”. Mi lasci
pensare un paio di giorni, devo parlare anche con mia moglie. Le
decisioni le prendiamo sempre assieme, anche se lei con la fabbrica
non c’entra niente, desidero avere il suo conforto.
- Mi sembra giusto, replicò Barberini, quando si ha una famiglia
bisogna coinvolgerla in tutti i problemi, siano essi belli o brutti, la vita
deve continuare in armonia ed essere sereni anche affrontando
momenti difficili ed impensabili.
- Grazie dottore, anche di queste belle parole. Mercoledì o
giovedì, al massimo, le darò una risposta ufficiale, ma penso lei
possa attivarsi già da ora e prendere in mano la situazione. Io mi
darò da fare per sostituire la ditta di confezioni romena, come
stabilito.
Si alzarono dal tavolo e Luigi accompagnò Aquilante fuori dallo
studio, fino alla porta d’ingresso dove, con una stretta di mano, si
salutarono con l’impegno si sentirsi i prossimi giorni.
114
Rientrando nel suo ufficio, passò accanto alla segretaria
dicendo: - Gioia, probabilmente avremo un nuovo cliente al 99%, il
signor Aquilante. Cominci ad aprire una posizione nuova, venga nel
mio studio così le passo i bilanci degli anni scorsi, oltre ai dati
personali e quant’altro in nostro possesso. Per le cose mancanti,
man mano ci saranno necessarie c’informeremo.
Il tempo passava inesorabile, le giornate si susseguirono, tra il
lavoro e casa, Aquilante aveva confermato la sua decisione di
avvalersi dei servizi dello studio Barberini. Giulia aveva avuto, nel
frattempo, conferma del suo stato di gravidanza e tutto stava
andando nel migliore dei modi. Maria Luisa e Mario, avuta la notizia,
erano esplosi in una gioia immensa sommergendoli di
congratulazioni ed auguri. Pasqua era passata nel miglior modo
possibile, tra visite ai genitori, parenti ed amici. Quando ci si
incontrava a casa di qualcuno, si trovava sempre la tavola imbandita
a festa e venivano offerte pietanze su pietanze come fossero tre
mesi che nessuno avesse toccato cibo. Alla fine la bilancia dette il
suo responso e costrinse Giulia e Luigi ad una dieta rigorosa per
smaltire le calorie incamerate durante i giorni festivi.
Venerdì, 8 giugno, mentre Luigi era indaffarato ed immerso nel
suo lavoro, Gioia gli annunciò una telefonata dalla Sicilia di un certo
avvocato Arcuri.
- Ah sì! L’amico Salvatore, me lo passi signorina. Pronto, Salvo
qual piacere sentirti, quali buone nuove?
- Ciao Luigi, poiché non ti sei fatto vivo tu, ho chiamato io.
Avete deciso? Venite giù in Sicilia ad agosto? O sono quelle
promesse fatte e poi vengono disattese, tanto il tempo passa e non
ci si ricorda più.
- No, non è così, ma ti pare, solamente mancano ancora quasi
due mesi e pensavamo con Mario di chiamarti verso fine mese. Poi
ci sono novità, mia moglie, Giulia, aspetta un bambino e fare
previsioni a lunga scadenza possono essere avventate. Per ora tutto
procede molto bene, ma non volevamo impegnarci ed impegnarti
nelle ricerche e nelle prenotazioni con tanto anticipo. Se poi qualche
cosa fosse andata storta, avremmo fatto brutta figura e fatto perdere
tempo a te.
- Non pensarlo neanche. Io mi sarei mosso pochi giorni prima
del vostro arrivo, mi era più che sufficiente, ma dovrei sapere con
buona approssimazione il giorno in cui sareste atterrati all’aeroporto
di Palermo, poi per l’ora esatta sarebbe bastato avvisarmi il giorno
prima. Piuttosto fai tante congratulazioni alla tua signora oltre a te,
s’intende, futuro padre felice. Com’è il clima su da voi? Qui è già
iniziata la stagione balneare, le giornate sono splendide e durante le
ore centrali della giornata fa veramente caldo come fosse estate.
- Per dire il vero ne abbiamo già parlato con gli amici a Pasqua
ed in linea di massima avremmo pensato di prendere l’aereo, sabato
115
28 luglio e ripartire sabato 1 settembre. Sarebbero 5 settimane, un
sogno! Come sempre però i sogni, forse, non sono realizzabili e
dovremo ben studiare entrambi se ci fosse possibile assentarci tanto
tempo dai rispettivi lavori. Che bello, per voi l’estate è già arrivata,
qui da noi invece, come temperatura non c’è male, ma le giornate
sono ancora un poco umide ed il cielo è coperto. La prossima
settimana, ti prometto, ti sapremo dire le decisioni finali sulla nostra
venuta a Palermo ed abbastanza approssimativamente i tempi
d'arrivo e di soggiorno. Ti prego di salutare caramente Emma e dille
che serbiamo un caro ricordo della settimana passata assieme.
- Aspetto una tua chiamata! Ci conto, guarda, anzi ci contiamo.
Anch’io chiudo lo studio in quel periodo, tanto i tribunali fanno le ferie
e non ci sono processi importanti. Vedrete, passeremo un altro bel
periodo di vacanze.
Chiusa la comunicazione, Luigi rimase a riflettere sul colloquio
avuto e si chiese come mai Salvatore avesse tutto questo desiderio
di rivederci. Forse perché potrebbe non avere tanti amici; figli, per
quanto ne sappiamo non dovrebbero esserci! Non ne avevano mai
parlato. Forse sarà l’innato senso di ospitalità dei Siciliani oppure il
dover mantenere gli impegni proposti essendo uomo d’onore! La
differenza di carattere tra la gente veneta e quella siciliana era
enorme, due mondi diametralmente opposti. Gli uni bonaccioni,
gioviali, pronti agli scherzi ed abituati a divertirsi e far baldoria, gli altri
più compiti, formali, quasi sempre seri in volto, morigerati. Chissà,
forse gli eravamo simpatici proprio per questa diversità alla quale
pure lui piacerebbe appartenere, ma né la società né il mondo in cui
vive gli permettono di attuare e vivere.
CAPITOLO 5
I due mesi passarono in un baleno. Come promesso avevano
avvisato i coniugi Arcuri della loro venuta, confermando le date
prestabilite. Il preparativo dei bagagli occupò almeno due settimane
e le due amiche spesso si consultarono telefonicamente per chiedere
consigli su cosa portare. Non si poteva esagerare in quanto il peso
concesso per le valigie in aereo era limitato. D’altro canto non si
sapeva a cosa si andava incontro e qualche vestito elegante
bisognava pure portare ed i volumi aumentarono.
Alla fine
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rinunciando a qualche vestito considerato superfluo, il peso e il
numero delle valigie divenne ragionevole.
Erano le sette e trenta minuti del 28 luglio quando gli amici si
ritrovarono all’aeroporto di Venezia per espletare le operazioni
d’imbarco, dopo aver fatto una levataccia per partire da Padova ed
arrivare in tempo. La partenza dell’aereo era fissata per le nove e,
un quarto d’ora prima, salirono a bordo del velivolo accomodandosi
ai posti loro assegnati. il tempo di percorrenza era di poco più di 2
ore compreso lo scalo a Roma e relativa sosta. Sergio era la prima
volta che saliva su di un aeroplano e la meraviglia era dipinta sul suo
volto, si guardava intorno con gli occhi attenti e vispi. Quando si
avvicinò al finestrino e vide l’ala sinistra con i relativi motori, chiamò
la mamma dicendo: - Quando si parte? Voglio vedere il fumo che
esce dal motore.
Ma no caro, i motori non fanno fumo. Quando tu, da terra, vedi
l’aereo alto in cielo lasciare delle scie bianche è solamente la
condensa dell’aria riscaldata.
Maria Luisa si accorse che la spiegazione poteva essere
incomprensibile per un bambino piccolo, ma invece non c’è niente da
fare, oggi anche i bambini di quattro anni ne sanno una più del
diavolo.
- Ho capito mamma, è come quando fischia la pentola atomica
e manda fuori il fumo.
I quattro adulti si guardarono allibiti nel constatare il paragone
fatto dal bambino. Non era proprio così ma la comparazione calzava
benissimo. Sergio era incollato con il nasino premuto sul vetro
nell’attesa di vedere l’accensione dei reattori.
Il viaggio fu brevissimo, tra gli annunci del comandante ai
passeggeri, le bibite offerte dalle hostess e la lettura dei quotidiani, si
ritrovarono all’aeroporto di Punta Raisi in un batter d’occhio. Dopo
l’annuncio di allacciare le cinture di sicurezza, l’atterraggio fu
talmente morbido che non si accorsero nemmeno avesse già toccato
terra, solamente l’ultimo colpetto ai freni fece abbassare il velivolo un
poco in avanti così capirono di essere arrivati.
Scesero dall’aereo e si avviarono al punto dove avveniva la
riconsegna dei bagagli.
L’attesa fu brevissima, tutto era
perfettamente organizzato.
Raccolte le valige si avviarono
lentamente verso il cancello d’uscita dove, ad attenderli c’era
Salvatore. Quando lo videro si avviarono sorridenti verso di lui
mentre veniva loro incontro con le braccia tese ed allargate pronte
per l’abbraccio. Tre persone lo seguirono e si affiancarono al gruppo
per prendere le valigie e le borse.
- Qual piacere avervi qui finalmente. Lasciate, i ragazzi si
occuperanno del vostro bagaglio e lo sistemino nelle automobili che
ci attendono. Come avete fatto il viaggio? Presumo bene in quanto
il volo è giunto in perfetto orario. D’altro canto in questa stagione non
ci sono temporali e turbolenze, quindi il volo fila via liscio.
117
- Grazie Salvo - rispose Luigi - mentre l’amico faceva il solito ed
impeccabile baciamano alle due signore, vieni qui che ti abbraccio,
sei stupendo come sempre. Non voglio nemmeno pensare al
disturbo che ti abbiamo dato, a cominciare dall’accoglienza fattaci.
- Sappi, caro Luigi, per noi l’ospite è una persona sacra, o ci si
comporta come si deve oppure non si fanno inviti. Mario, ti trovo
bene, forse un po’ stanco, ma vedrai, un mese al sole di Sicilia ti
darà la carica per affrontare come un leone l’autunno e l’inverno. Il
sole, l’aria ed il mare di Sicilia sono medicine impagabili e vedrete,
quando s’impara ad apprezzare la mia terra, ci si innamora e si è
costretti, di tanto in tanto, a ritornarci. Si può paragonare a quello,
che per gli esploratori, è detto il “mal d’Africa”.
Mario, nel salutare calorosamente l’amico disse:
- E’
veramente bello sentire una persona innamorata della sua terra
natale come sei tu, ma penso, sia una cosa innata nei Siciliani e
nella gente del sud in genere.
S’incamminarono
verso
l’uscita.
L’aeroporto
aveva
un’estensione considerevole e ci misero alcuni minuti ad arrivare al
terminal dove c’erano i posteggi, i bus e i taxi. Una grossa berlina
nera, una Lancia Thema, si avvicinò e dopo aver accostato, l’autista
in divisa, scese per aprire le porte posteriori e far accomodare i
passeggeri. Si trattava di una vettura modificata, dove c’era il solito
divano a tre posti con di fronte due poltroncine a 45 gradi che
formavano come un salottino. Maria Luisa prese i braccio il bambino
e tutti si accomodarono in quell’ambiente confortevole e climatizzato.
Quando l’auto si scostò dal marciapiede per avviarsi, l’autista o
Salvo non si sa, schiacciato qualche pulsante, fece uscire tra le due
poltroncine un mobiletto in radica di noce contenente un piccolo, ma
fornitissimo, bar.
- Posso offrirvi una bibita fresca? Oggi fa caldo e avrete sete
probabilmente. Sergio, vuoi un’aranciata o una Coca Cola? E voi
una bibita, un birra o un bicchiere di spumante? Per arrivare a
destinazione, ci vorrà circa un’oretta, senza correre, e tra una
chiacchiera e l’altra, sorseggiamo qualche cosa.
Normalmente si sarebbe detto: - No grazie, abbiamo bevuto
poco fa. In quell’occasione e avendo di fronte quell’eccezionale
ospite, un rifiuto avrebbe potuto essere scambiato per un’offesa,
pertanto tutti bevvero qualcosa.
La vettura, lasciata lo zona aeroportuale, si avviò dapprima
lungo una superstrada, poi svoltò a destra su di una strada
costeggiante il mare in direzione di Palermo. Il paesaggio era
bellissimo, un arenile punteggiato in qua e in la da splendide ville e
piccoli hotels molto ben inseriti nell’ambiente. Queste costruzioni
erano intercalate da piccoli spazi con serie di ombrelloni, capanni e
sdraio. Erano probabilmente dei piccoli stabilimenti balneari ad uso
esclusivo degli abitanti di quel pezzo di costa.
118
La vettura svoltò ancora una volta allontanandosi dalla costa e
dirigendosi verso un’ampia zona collinare a semicerchio, molto
ampia e soleggiata.
- Dove ci troviamo Salvo, verso dove ci dirigiamo? - domandò
Luigi -. Abbiamo lasciato il mare e ci stiamo addentrando all’interno,
verso le colline.
- Vedete da qui comincia la “Conca d’Oro”, considerata una
perla ed essendo ben irrigata, è rigogliosa di culture di agrumi e di
ortaggi. I migliori agrumi di Sicilia escono da questa zona ed è
considerata una zona altamente pregiata, come indica lo stesso
toponimo. Questa “conca” attornia la città di Palermo come una
corona ed ha quattro colli importanti che pomposamente vengono
chiamati monti, ma hanno un’altitudine dai 560 metri del monte Gallo
ai 1.000 metri del monte Cuccio. Noi abitiamo a mezza costa del
Monte Pellegrino a circa 300 metri sul livello del mare. La zona è
soleggiatissima, ma nello stesso tempo una brezza costante,
proveniente dal mare, le fa avere un clima delizioso.
- E’ veramente una zona incantevole - proferirono all’unisono
Giulia e Maria Luisa -, guardate gli aranceti come sono belli
rigogliosi, guarda lì, sul pendio, i filari delle viti, hanno già l’uva
matura e siamo appena a fine Luglio. Che terra fertile! Essa rende
rigogliose tutte le culture.
L’automonile proseguì il suo cammino ancor più lentamente per
dare modo agli ospiti di osservare bene i particolari della zona.
Rallentò ancora ed imboccò una strada sulla destra dove
campeggiava un grande cartellone con su scritto: “Qui inizia la tenuta
Arcuri”. A destra e a sinistra si estendevano filari e filari di alberi di
arance, limoni, mandarini e pompelmi, curatissimi e in mezzo alle
piante si intravedevano i contadini mentre le curavano e
mantenevano il terreno sgombro da erbacce. Dopo alcune centinaia
di metri di questo spettacolo, la strada cominciò a salire con dei
leggeri e dolci tornanti, mentre gli agrumeti avevano lasciato il posto
alle vigne con grossi grappoli turgidi. Altri contadini si aggiravano tra i
filari e sembrava avessero iniziato la vendemmia.
Luigi esclamò: - Salvo, ma hai una tenuta enorme!
A
proposito, dove ci stai portando? Non era meglio che andassimo
prima all’albergo a scaricare i bagagli prima di visitare la proprietà?
Sono pieno di domande, come mai un avvocato ha anche questa
passione?
- No! Non è una passione venuta “all’avvocato” - rispose
Salvatore - questa era ed è la tenuta della mia famiglia. Mio nonno
aveva cominciato con un piccolo podere preso a mezzadria che,
dopo anni, rilevò e ne divenne proprietario. Pian piano la proprietà si
allargò passando, alla sua morte, a mio padre il quale la sviluppò
considerevolmente fino ad avere gli attuali 400 ettari. Il papà non
volle che suoi figli vivessero esclusivamente con i proventi della terra
perché, alle volte sono cospicui, mentre molte altre volte sono grami,
vuoi per la siccità, voi per le tempeste che rovinano il raccolto. Io
119
sono diventato avvocato, mio fratello è un ingegnere elettronico e
lavora a Milano, mentre mia sorella è docente di storia dell’arte
all’università di Catania.
Dopo aver fatto ancora una decina di tornanti, l’auto arrivò
davanti ad un cancello chiuso. All’interno, a lato, da una piccola
costruzione in muratura, uscì un guardiano e, vista l’automobile,
azionò il meccanismo d’apertura. Era in divisa ed armato, doveva
essere una guardia giurata di qualche istituto di sorveglianza.
Dopo entrati, il cancello venne nuovamente chiuso e la guardia
rientrò nell’edificio. Proseguirono ancora per alcune centinaia di metri
lungo viali contornati da splendide aiuole fiorite sistemate attorno ad
imponenti alberi d’alto fusto e curate da almeno sette od otto
giardinieri chini su di esse. Quando arrivarono ad un pianoro sul
quale era eretta un’enorme villa costruita in uno stile tra il moresco
ed il mediterraneo. Al centro si ergeva una grande fontana
zampillante con dei bellissimi giochi d’acqua in una vasca di almeno
quindici metri di diametro.
- Ecco questa è casa mia - intervenne Salvo -. Spero non vi
offenderete se Emma ed io vi ospiteremo nell’ala ovest, quella
dedicata alla foresteria. Perché andare in albergo quando qui c’è
tanto spazio? Avrete, ognuno di voi, il vostro appartamento per la
notte. Per la prima colazione, il pranzo e la cena, se lo vorrete, ci
troveremo nella sala da pranzo centrale, altrimenti ognuno è libero di
muoversi come crede e mantenere le sue abitudini quotidiane. Vi ho
fatto preparare due autovetture da usare se vorrete fare delle
escursioni. Tengo a precisare, a noi farà piacere se sarete
totalmente nostri ospiti, ma la vostra libertà di movimento e d’azione
è imprescindibile. Se avete dei programmi di escursione, visite a
monumenti, luoghi d’arte, rovine romane, greche e moresche, ecc.
voi m’informate ed io provvederò a farvi avere il materiale e le
eventuali guide per le visite.
Mario si guardò in giro ammirato da tanta grandiosità: - Non
finisci mai di stupirmi, sia per quello che vedo che per la tua
generosità ed ospitalità. Penso di parlare anche a nome degli altri nel
ringraziati, anzi nel ringraziarvi, per tutto quello che state facendo. Ci
sentiamo onorati dalle attenzioni, ma anche imbarazzati da questa
grandiosità cui non siamo abituati.
Scesero dall’automobile e Salvo fece strada verso l’ingresso
della villa. Luigi e Mario si attardarono presso il bagagliaio della
vettura per prendere le valige, quando l’autista li informò che il
bagaglio era già sistemato nei rispettivi appartamenti. I due amici,
increduli, accelerarono il passo per raggiungere gli altri.
Si aprì il portone della villa ed Emma, sorridente, accolse gli
ospiti abbracciando le due amiche ed ossequiando i due amici.
- Prego entrate, sarete stanchi del viaggio, beviamo una bella
spremuta d’arancia fresca e poi vi faccio accompagnare ai vostri
alloggi. Vorrete certamente rinfrescarvi prima del pranzo. Se avete
120
piacere, sul retro, abbiamo la piscina, così potreste fare una
nuotatina ristoratrice.
L’atrio della villa era enorme fatto a semicerchio. Due
monumentali scalinate salivano al piano superiore. Alle pareti
affreschi allegorici simboleggianti la vita agreste, mentre quattro
colonne di marmo sostenevano il soffitto centrale fatto a cupola e
decorato come un firmamento di stelle e di costellazioni.
Si diressero a destra entrando in una sala soggiorno dove
erano sistemati quattro salotti completi di diverse dimensioni, da
quello a sei posti fino al più grande che era formato da tre divani e
una decina di poltrone.
Si accomodarono in uno di medie
dimensioni, mentre stava entrando una persona di mezza età vestita
di nero, molto compunta, seguito da una cameriera, giovane e
carina, mentre reggeva un vassoio con sette bicchieri ed una grossa
caraffa con l’aranciata. Era ghiacciatissima, infatti, all’esterno, era
tutta opaca e gocciolante. Doveva essere il maggiordomo con una
cameriera.
- Signora posso far servire la bibita? - disse con voce
compassata e professionale il maggiordomo -.
- Ma certamente - confermò Emma - serva pure e, a proposito,
dopo esserci dissetati, la prego Guglielmo, accompagni i signori ai
loro alloggi.
- Sarà mia premura, madame, e lor signori possono disporre di
me per qualsiasi necessità, a qualsiasi ora, sono a loro completa
disposizione.
Dopo una ventina di minuti di conversazione, tutti si alzarono
mentre Emma suonava il campanello per chiamare Guglielmo.
Il maggiordomo accompagnò gli ospiti ai loro alloggi per poi
allontanarsi con un inchino informandoli: - Il pranzo sarà servito alle
13, nella sala grande. Potrete suonare e sarete accompagnati.
Luigi e Giulia aprirono la porta dell’alloggio entrando in un
soggiorno nel quale era sistemato un salotto in broccato con un
tavolinetto di marmo rosa, mentre a lato c’era un tavolo in mogano
con quattro seggiole. Di fronte si apriva la porta della stanza da letto,
arredata in stile antico, il cui letto aveva un baldacchino con le tende
a velo tutt’attorno. Meravigliosi tappeti creavano un contrasto
cromatico ed infondevano un calore confortevole all’ambiente. Al di
là della stanza si aprivano le doppie porte che permettevano di uscire
sull’ampio terrazzo corredato di due poltrone sdraio. Giulia aprì
l’uscio era ai piedi del letto e dopo aver sbirciato dentro emanò un
gridolino contenuto di meraviglia.
- Luigi vieni a vedere, questo non è un bagno, è un ambiente
degno di una regina.
Entrarono entrambi guardandosi attorno. In un angolo era
posizionata la vasca con l’idromassaggio di dimensioni tali da poter
comodamente stare in due senza toccarsi. Tutti i sanitari erano di
gran pregio con la rubinetteria dorata. Le piastrelle alle pareti erano
deliziosamente decorate e a firma “Valentino” e così pure i pavimenti,
121
su di una serpentina termica, erano sistemati due set di asciugamani,
mentre sull’attaccapanni
a stelo c’erano due accappatoi con
cappuccio, candidi. Le valige erano sistemate su di una panca lungo
la parete.
Giulia si avvicinò ad esse nell’intento di cominciare a sistemare
gli indumenti nell’armadio, ma Luigi intervenne dicendo: - Non mi
pare il caso di aprirle adesso, manca poco alle 13 e dovremmo
prepararci per il pranzo.
- E’ appunto quello che volevo fare, prendere fuori qualche
cosa di pulito da sostituire agli indumenti del viaggio essendo essi un
po’ sgualciti.
Mentre la moglie apriva la valigia in cui sapeva aver riposto le
camicie pulite, lui uscì sul terrazzo per ammirare il paesaggio. Dopo
aver spaziato l’orizzonte abbassò lo sguardo e vide la preannunciata
piscina. Era enorme, almeno 25 metri, a forma di pera e tutto intorno
erano sistemati dei lettini alternati ad ombrelloni e tavolinetti. La
profondità doveva essere variabile, più bassa nella parte stretta e più
alta al termine della parte larga, essendo in quel punto sistemati due
trampolini, da uno e da tre metri. Chiamò la moglie e gliela fece
ammirare.
Cambiati gli abiti, uscirono per bussare alla porta dei Galeazzo
essendo arrivata l’ora di andare a pranzo. Maria Luisa e Mario con
Sergio in braccio, uscirono dalla stanza e tutti si guardarono negli
occhi interrogandosi sulle impressioni avute. – Avete visto che roba?
Noi abbiamo un vero appartamento con due stanze, il soggiorno ed il
bagno oltre il balcone s’intende. L’arredamento è favoloso, tutto di
gran pregio!
- Sì, è veramente una cosa grande, noi abbiamo una stanza
sola, essendo in due, voi, avendo il bimbo, avete una stanza in più.
Hai visto dal terrazzo la piscina?
- No, non siamo usciti, è bella?
- Non vi dico niente, non vi descrivo quanto abbiamo visto,
voglio lasciarvi la sorpresa e la gioia di scoprirlo da soli. Adesso
scendiamo alla ricerca della sala da pranzo, speriamo di trovarla
senza dover suonare al maggiordomo ed arrivare in orario.
Giunti all’ingresso si guardarono intorno cercando di indovinare
quale delle tante porte poteva essere quella giusta. Sopraggiunse una
cameriera pregandoli di seguirla. Entrarono in una sala da pranzo
mentre Mario, da buon ingegnere, calcolò avesse non meno di 60
metri quadri con al centro un tavolo che avrebbe potuto far
accomodare almeno 24 persone. Le pareti avevano una ricchezza di
stucchi dorati, di quadri e di arazzi da sembrare essere nella sala di un
castello. La tavola era parzialmente imbandita da un solo lato con 7
coperti. Una serie di bicchieri di cristallo facevano da corona a piatti di
porcellana decorata e posateria d’argento. Al centro un grosso vaso
contenente due dozzine di rose rosse.
Stavano in silenzio ammirando la bellezza dell’ambiente,
quando entrarono i coniugi Arcuri.
– Oh cari amici, prego
122
accomodatevi, scusate se siamo noi un poco in ritardo, ma ho avuto
una telefonata importante protrattasi più del previsto e non potevo
interrompere.
Si erano appena seduti a tavola, quando si aprì una porta non
notata prima perché mimetizzata in mezzo agli stucchi. Entrò il
maggiordomo seguito da due camerieri e due cameriere che si
affrettarono ad accostarsi ai commensali versando l’aperitivo, alcolico
o analcolico, come desiderato, mentre un cameriere stappava alcune
bottiglie di vino.
Il pranzo proseguì con un rituale da non invidiare il ristorante di
un grand’Hotel fino a finire con il caffè ed il digestivo. Il servizio fu
impeccabile seguito e controllato dal maggiordomo, il quale con brevi
cenni impartiva le disposizioni di rito.
Quando le due coppie padovane si accomiatarono dai padroni
di casa, si soffermarono per decidere e stabilire che era piacevole
essere ospiti in casa Arcuri, ma non sarebbe stato possibile
proseguire con quel ritmo pranzo e cena per un mese. Decisero di
comune accordo, a parte le escursioni nei numerosi luoghi da visitare,
avrebbero fatto vita da “spiaggia” mangiando, a pranzo, un panino, un
toast od una pizza e tanta frutta. Non era loro intenzione ritornare a
casa con dieci chili in più.
I giorni passarono felici e spensierati tra lunghe permanenze
sulla sabbia dorata ed immersioni in acque limpide e fresche e visite
alla città di Palermo con le guide predisposte da Salvo. Esse furono di
estrema importanza ed istruttive.
Pur essendo un insediamento antichissimo, scarsissimi sono i
resti dell’urbanistica antica, in quanto su di esse si innestò la vita
medioevale e moderna della città. In base ad avanzi delle mura e a
fonti soprattutto arabe fu ricostruita l’estensione. La città punicoromana era divisa in due nuclei, quella antica e quella nuova verso il
mare. Una cosa di particolare interesse, fatta notare dalla guida agli
amici, fu la testimonianza lasciata dai Normanni i quali utilizzarono
largamente le forme tradizionali musulmane esemplate sul tipo della
sala a cupola con ambienti laterali. Ciò fece tornare loro in mente
l’ingresso della villa Arcuri e gli spazi a lato. Probabilmente era
protetta dalle belle arti e forse era magari un monumento nazionale?
Questo stile era impresso, in particolare, nei motivi decorativi della
Cappella Palatina del Palazzo Reale di re Ruggero II°, considerato
l’esempio più cospicuo e interessante di architettura arabo-normanna
di Palermo.
Particolare attenzione fu fatta notare agli ospiti relativamente
alla chiesa detta del Vespero, eretta nel 1178, nella quale appunto
iniziò la storica rivolta per poi continuare nella visita di quel grandioso
complesso architettonico della cattedrale del 1185.
Se avessero visitato da soli la città, probabilmente, tante
sfumature sarebbero passate oltre senza essere notate, quali lo stile
gotico-catalano con influssi rinascimentali di parecchi palazzi cittadini
123
come descritti, con dovizia di particolari, dalle guide in modo tale da
assumere, agli occhi dei visitatori, sembianze affascinanti.
La storia della Sicilia in generale fu segnata e incisa
profondamente a cominciare dal periodo Greco a quello Romano, dal
Bizantino all’Arabo, dalla riconquista normanna agli Svevi, dagli
Angioini agli Aragonesi fino a giungere all’unione allo Stato Italiano.
Una storia millenaria
ha scavato solchi profondi e influito
notevolmente sul modo di vivere e pensare del popolo Siciliano.
Il periodo di vacanze passò in modo piacevole, tra escursioni e
visite in modo da accrescere il bagaglio culturale degli ospiti padovani,
periodi di relax balneare e di aggregazione con i coniugi Arcuri
rivelatisi degli ospiti meravigliosi, pieni di premure ed attenzioni,
simbolo di quella definibile, senza ombra di dubbio, un’ospitalità
perfetta.
L’entrare ed uscire dalla villa, anche se costantemente
controllati dalle guardie al cancello, non furono un problema. Salvo
durante il giorno si assentava per seguire, probabilmente, la sua
professione d’avvocato e la sera era sempre presente per intrattenere
gli amici. Estendendo gli inviti ad un sacco di personalità locali, dal
sindaco all’arcivescovo, medici, colleghi avvocati e chissà quanti altri
personaggi in vista, onde rendere i festeggiamenti per gli ospiti
provenienti dal nord molto importanti, aveva organizzato alcune serate
folcloristiche con gruppi di ballerini vestiti nei variopinti ed antichi
costumi, una serata dedicata al caratteristico teatrino delle marionette,
i famosi pupi. I burattini fecero impazzire dalla gioia il piccolo Sergio,
una serata dedicata ai giochi pirotecnici, in cui i Siciliani sono maestri
e tante altre cose.
CAPITOLO 6
124
A metà del loro soggiorno, in un fine settimana, Salvo organizzò
un’escursione alle isole a bordo di un grosso aliscafo da crociera
riservato solo alle tre famiglie e ad alcuni dei “praticanti” dello studio.
Partirono il mercoledì sera con il proposito di visitare, entro la
domenica sera le isole Eolie, le Egadi, Ustica e Pantelleria. Dopo aver
cenato a bordo andarono a dormire nelle rispettive cabine in modo che
il mattino presto del giovedì, dopo una notte di navigazione, si
svegliarono nel porto di Lipari, sull’omonima isola dell’arcipelago delle
Eòlie.
Un’esperienza unica! Quattro giorni e mezzo di crociera da
sogno su di un mare che si sperava restasse calmissimo e di un
azzurro intenso segnato solamente dalle scie bianche lasciate
dall’aliscafo lanciato a gran velocità per ridurre i tempi di percorrenza
aumentando la presenza a terra per visitare le Isole.
Fatta una lauta colazione, decisero di scendere sull’isola per
visitare la cittadina ed i dintorni.
Tutto l’arcipelago è formato dalla parte emersa di edifici
vulcanici cenozoici. Il clima, prettamente mediterraneo è caratterizzato
da inverni miti ed estati molto calde. La scarsità d’acqua contribuisce
alla scarsa vegetazione arborea che si limita a pochi olivi, castagni,
carrubi, mandorli, fichi e salici che necessitano per la loro
sopravvivenza di poca irrigazione.
Il paesaggio brullo e vulcanico dà una sensazione di asperità e
di durezza tanto da trasmettersi nel temperamento della popolazione
che vi abita
La cittadina, turisticamente può esser apprezzata, ma in sé non
ha nulla di particolare. Le case bianche tutte uguali rispecchiano il
livello medio-basso di redditività della sua popolazione dedita
principalmente a scarsa agricoltura, la pesca e la lavorazione della
pomice. L’isola, avendo poco più di 35 Km quadrati, con pochissime
strade praticabili, la si può visitare in mezza giornata.
Salvo aveva procurato una guida per illustrare quel poco che
c’era da vedere. Comunque, interessante fu la descrizione di piazza
Monfalcone dove è stata scavata una necropoli con rito misto (a
inumazione e a incinerazione). Anche nel Castello furono trovati resti
di villaggi risalenti all’antica Età del Bronzo. Sull’acropoli si individuano
avanzi di fortificazioni dell’età greca ed ellenica-romana.
Dopo aver pranzato in una caratteristica trattoria, gestita da
pescatori locali, ed aver assaporato delle prelibatezze ittiche le quali,
certamente, non si sarebbero potute gustare in raffinati ristoranti, sia
per la loro freschezza, sia per il modo genuino e non sofisticato di
preparazione e presentazione, per intenderci solo “arrosto” e niente
“fumo”, risalirono a bordo dell’aliscafo. Ogni qualvolta lo rivedevano
sembrava più grande e lussuoso, anche a confronto delle povere
barche dei pescatori ormeggiate accanto. Per il piccolo Sergio era
quasi un gioco, infatti a metà passerella faceva il saluto militare come
125
aveva visto fare tante volte nei films di guerra quando i marinai e gli
ufficiali presentavano il saluto alla bandiera.
L’orologio segnava le quindici e trenta minuti quando si
accomodarono su delle poltrone a sdraio all’ombra di un grande telo
parasole a poppa dell’imbarcazione. Dopo un quarto d’ora circa, si udì
il rombo sommesso dei motori mentre venivano avviati, ciò significava
che si sarebbe lasciata l’isola per la nuova destinazione.
Questa volta l’aliscafo filò via liscio a velocità decisamente più
moderata in modo da permetter loro di ammirare, dal mare, a distanza
ravvicinata, le altre isole dell’arcipelago. Incrociarono Panarea che fu
costeggiata sul lato nord in modo che, con l’aiuto di potenti binocoli,
riuscirono a vedere, verso nord-est, Stromboli nella sua maestosa
possenza. Salvo si scusò di non riuscire a visitare anche quell’isola,
ma era troppo fuori rotta ed avrebbe fatto perdere troppo tempo per
raggiungerla. Le isole minori sono talmente tante ed in così poco
tempo era impensabile visitarle tutte. Proseguendo, incrociarono
Salina, Filicudi ed infine, più distante, la piccolissima Isola di Alicudi .
Vista dal mare con i suoi 675 metri d’altezza a forma di cono, dava la
netta sensazione della cima di un vulcano emerso.
La direzione era quella per raggiungere Ustica. Luigi fece
notare agli amici: - Guardate c’è il mare tutt’intorno a noi, non si vede
nemmeno con il binocolo alcun segno di terraferma, l’acqua circonda
l’imbarcazione in tutti i 360 gradi.
Questo particolare, fatto notare, mise un po’ a disagio Giulia e
Maria Luisa e così si espressero: - La nave è grande, ma
nell’immensità che ci circonda è un granellino, per fortuna il mare è
calmo e tutto sembra più tranquillo.
Intervenne Emma affermando: - Non abbiate alcun timore, è
rarissimo in questa stagione il mare sia mosso e comunque l’aliscafo,
per la sua particolare struttura, è l’ultimo tipo di imbarcazione a non
poter navigare. Ho chiesto al comandante, il quale mi ha detto che
arriveremo a destinazione in tarda serata. Beviamo qualche cosa per
ingannare il tempo.
Emma fece cenno al cameriere, il quale evidentemente istruito
in precedenza, entrò nel salone e dopo una decina di minuti uscì con
un carrello sul quale erano posizionati dei piatti contenenti stuzzichini
di ogni genere, sia caldi che freddi, a base di pesce o di verdure. I
secchielli con il ghiaccio contenevano le bibite alcoliche sia quelle
analcoliche, per accompagnare quanto contenuto nei piatti di portata.
Mario, visto il ben di Dio, esclamò: - Ma Emma vuoi farci
scoppiare, vuoi farci ritornare a Padova con dieci chili in più?
- Non c’è pericolo, intervenne Salvo, per quanto vi siete mossi e
vi muoverete ancora, brucerete le calorie in eccesso senza
accorgervi. Poi, cosa volete, in ferie non si tira la cinghia, la dieta la
si comincerà quando riprenderemo a lavorare.
- Buona scusa - sbottarono all’unisono i coniugi Barberini e
Galeazzo - ma d’altro canto come si possono rifiutare le prelibatezze
caratteristiche che ci fai assaggiare? Sembra impossibile, ma in
126
questa terra di Sicilia, quanto si mangia dà la sensazione di essere
appena colto o pescato. Luigi incalzò: - Alcune sere fa abbiamo
mangiato quello stupendo pollo allo spiedo, in fondo si trattava di un
semplice pollo, ma vuoi mettere la carne soda e ben attaccata
all’osso che esso aveva, non certo come i nostri polli di batteria i
quali si possono mangiare anche con il coltello e la forchetta, tanto
l’osso si sfila, pulito pulito. dalla carne. Il vostro era sicuramente un
pollo ruspante, vagante tutto il giorno per l’aia a scegliere lui cosa
mangiare, e non venir rimpinzato di mangime industriale chiuso in
un’angusta gabbia.
- Hai ragione - concluse Salvo - qui da noi le tradizioni
gastronomiche sono ancora genuine, gli animali vengono allevati
come ai tempi dei nostri avi e la frutta, le verdure, gli ortaggi,
eccetera vengono coltivati con concimi naturali e senza tanti additivi
chimici per far migliorare e salvaguardare la produzione. Ho paura,
però, anche qui le cose stiano cambiando.
I grossi produttori
d’agrumi hanno adottato il sistema della cultura intensiva,
selezionata, protetta e quant’altro le moderne tecnologie hanno
inventato, aumentando la quantità, ma certamente a discapito della
qualità. Se Madre Natura ha creato le arance, i mandarini, i limoni
ed i pompelmi come sono, non si può pensare di creare
artificialmente arance senza semi, incrociare i mandarini con le
arance, inventare i pompelmi rosa e tante altre diavolerie moderne.
Tanto vale, e sarebbe più comodo, prendere una pastiglietta creata
in laboratorio per non perdere tempo a sbucciare e pulire la frutta.
Tutti rimasero, per alcuni istanti, muti e meditabondi a queste
parole, finché Mario esclamò: - Quanta amarezza e tristezza nelle
tue parole, ma è la verità sacrosanta, la moderna tecnologia ci sta
lentamente portando a disaffezionarci alla Natura per lottare contro il
tempo che è sempre più tiranno. Si corre, ci si affanna, si guarda
costantemente l’orologio cercando di recuperare tempo prezioso.
Ma prezioso per chi, per cosa, per accorciarci la vita la quale corre
via veloce senza rendercene conto in cerca di una meta che forse
mai si raggiungerà. Ora basta! Lasciamo questi discorsi, altrimenti
diveniamo tristi e ci roviniamo questa meravigliosa crociera. Sentite
piuttosto il profumo intenso della salsedine e dello iodio, inspiriamo
con forza questo toccasana, purifichiamo i polmoni dallo smog
immagazzinato che ci assilla e distrugge. Questa sì è vita! E noi
non finiremo mai di ringraziare i nostri ospiti per tutto quello che
fanno per noi, ma soprattutto ringraziare il Signore il quale ci ha fatto
conoscere dei veri amici sinceri quali sono Emma e Salvo.
Un attimo di silenzio calò a queste affermazioni, mentre Emma,
alzandosi dalla poltrona per avviarsi all’interno del panfilo per dare
disposizioni per la cena, suggerì: - Mario, lascia stare i Santi, hanno
cose ben più importanti a cui pensare. La nostra è una bella amicizia
nata così, quasi per caso, sulle nevi di Madonna di Campiglio.
Permesso vado un momento di là, ma voi prendete qualcosa di
fresco da bere per dissipare tutti questi discorsi filosofici e tornare in
127
allegria come sempre. Ustica è ormai a poche ore di navigazione,
vedrete quanto è bella!
Il sole stava calando all’orizzonte facendo cambiare il colore al
mare, che divenne di un rosso fuoco intenso, tant’è che Sergio, nella
sua immensa innocenza disse: - Mamma guarda, il mare brucia!
Le luci a bordo si accesero, mentre la navigazione continuava e
un maestoso silenzio circondava e avvolgeva i naviganti, rotto
appena dal rumore, peraltro ovattato, dei motori non essendo essi
spinti al massimo della potenza.
Nell’interno del salone,
deliziosamente climatizzato, venne servita una delicata cena, molto
leggera, con un brodo di pesce squisito seguito da una sogliola alla
mugnaia e della fresca insalatina di stagione e per finire delle
favolose crepes suzette cosparse di grand Marnier fiammeggiante ed
un gelato per il bambino.
Avendo iniziato la cena un po’ più tardi del normale, erano già
quasi le ventitre, quando udirono il rumore dei motori passare al
minimo ed alzato lo sguardo sbirciando dagli oblò, videro che
stavano entrando nel porto di Ustica.
Mentre i marinai effettuavano le manovre d’attracco, il gruppo
salì sul ponte superiore per ammirare il paesaggio notturno della
cittadina. Le luci stradali illuminavano il porto e le vie d’accesso ad
esso, le finestre delle case erano come tanti occhi di gatto nella
notte, mandavano un alone di chiaro in modo da rendere suggestiva
e quasi irreale la visione di quella piccola baia.
Data l’ora, si ripromisero di scendere a terra il mattino dopo,
appena fatta colazione. Saluti, abbracci, baci e strette di mano
conclusero la giornata e tutti si ritirarono nelle loro cabine.
Giulia e Luigi, chiusa la porta, si attardarono ancora un po’ per
ammirare nuovamente l’alloggio. Sì, perché più che di cabina si
poteva parlare di alloggio. La stanza era corredata da un letto
matrimoniale di dimensioni normali con un armadio a due ante, c’era
pure un mini salottino, l’angolo TV con il frigo bar ed il bagno. La
cabina non aveva il solito oblò, ma una porta che dava su di un
piccolo e stretto terrazzino panoramico, aperto sul mare. Giulia si
rivolse a Luigi: - Non oso pensare cosa possa costare, al giorno, il
noleggio di questa imbarcazione. Secondo te, quanti metri potrebbe
avere?
- Lo chiederemo domani a Mario. Con il suo l’occhio più
esercitato sulle misure saprà darci la dimensione giusta, ma non
penso di sbagliare di molto se dico dovrebbe avere almeno trenta
metri di lunghezza e sei o sette di larghezza. Pensa, solo noi
abbiamo potuto contare almeno sei persone d’equipaggio: il
comandante, il timoniere, due marinai sul ponte e due camerieri.
Pensa al personale nascosto nel locale macchine, cuochi, inservienti
per il riassetto delle cabine e la pulizia della nave. E’ una vera nave
da crociera riservata a noi sei e ai tre “studenti praticanti”.
Certamente ci saranno più persone d’equipaggio di quanti sono i
passeggeri.
128
Dopo una bella doccia si coricarono ed il sonno li prese quasi
subito, anche perché un leggero dondolio e lo sciabordio del mare
conciliarono ed agevolarono il riposo.
Il mattino successivo, poco dopo le sette e mezzo, Giulia e Luigi
salirono sul ponte. Erano i primi, la nave era ancora avvolta dal
silenzio e loro appoggiati al parapetto godevano della leggera brezza
proveniente dal mare, ammirando nel contempo il profilo dell’isola.
Anche questa, come le precedenti, è un’isola vulcanica, montuosa,
specialmente nel suo settore centrale dove si erge il monte Guardia
dei Turchi. Il nome del monte, essendo un toponimo, rispecchia la
sua antica funzione di vedetta per dare l’allarme su possibili
invasioni, che in quell’epoca erano parecchio frequenti. Le coste
dell’isola alte e scoscese, con piccolissime baie ed insenature dove
c’erano delle mini spiaggette, raggiungibili quasi esclusivamente dal
mare. La cittadina è collocata sulla sponda orientale dell’isola e la
popolazione è dedita soprattutto alla pesca, all’agricoltura, artigianato
e turismo.
Giulia e Luigi furono raggiunti dagli amici e dai coniugi Arcuri i
quali si rivolsero loro: - Che mattinieri! Avete dormito sul ponte? Su,
forza, andiamo a fare colazione, io ho una fame da lupo. Sarà il non
far niente, sarà l’aria, sarà certamente la bella compagnia, ma a me
ed a Emma, in questi due giorni è venuto un appetito da non
credere. E voi come vi sentite?
Luigi intervenne: - Cosa volete, proprio ieri sera ne parlavamo
io e Giulia, ci sembra tutto così irreale, una cosa molto più grande di
noi, un mondo a noi sconosciuto non essendo il nostro. Voi ci
coccolate, ci viziate, ci fate sentire come dei principi, come potremo
mai ringraziarvi e ricambiare, almeno in minima parte, queste
attenzioni.
- E’ vero - affermò Mario - qui il tempo passa e non ci si
accorge del suo trascorrere, anzi, passa talmente in fretta e
piacevolmente che sembra di essere arrivati ieri e nel contempo
sembra una vita che siamo in questi luoghi. Un misto tra realtà e
fantasia, tra sogno e concretezza. Non voglio, ma credo di parlare
anche a nome degli altri, non vogliamo nemmeno pensare di
riprendere la normale vita di tutti i giorni a Padova! Non bastava tutto
quanto ci avevi offerto, anche questa crociera, il prendere questo
panfilo con i suoi costi spropositati, per farci visitare le isole minori
penso sia la ciliegina sulla torta.
- Ma vi prego, cari amici, per noi è un piacere! Dovete pensare
che da noi, vita di società si fa pochissima, solamente qualche volta
durante l’anno si partecipa a dei ricevimenti ufficiali e, per dire la
verità, sono una noia mortale. Pensate a quelle due feste
organizzate da Emma in vostro onore, tutti compunti, brevi saluti,
sterili frasi di circostanza, ammiccamenti e forzati sorrisi. Quanto
invidio i vostri pomeriggi festivi trascorsi in allegria con qualche
coppia di amici. Qui da noi non esistono, viene considerata, dalla
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buona società dell’isola, un’usanza plebea ed allora rimaniamo in
casa aspettando il passare delle ore, leggendo un libro, facendo una
partita a carte ed è quasi una liberazione quando arriva l’ora di
andare a dormire. Inoltre per noi non c’è stata e non c’è, la gaia
allegria di un bimbo scorrazzante per casa e renda viva l’esistenza.
Per noi questo mese sarà un meraviglioso ricordo di vitalità, di
allegria e spensieratezza; che bello! E’ voi che fate un regalo a noi!
Voi ritornerete a quella da voi chiamata “la vita di tutti i giorni”, ma
sarà almeno dinamismo, per noi ritornerà la noia e la solitudine,
dorata fin che si vuole, ma solitudine rimane. Infine per noi è un
piacere passare questi quattro giorni in mare con voi, cosa volete se
la barca rimane in porto o navighi, a parte il carburante, il costo del
mantenimento è uguale.
I coniugi Barberini e Galeazzo si scambiarono una breve
occhiata nella quale era possibile riscontrare sorpresa e meraviglia!
Un pensiero comune, probabilmente, attraversò le loro menti: - E’
sua! Altro che noleggio! All’anima dell’avvocato!
- Andiamo a fare colazione, finché le brioches sono calde,
disse Emma e poi scendiamo a terra. Vedrete quant’è graziosa la
cittadina di Ustica.
Dopo consumata la colazione, si avviarono verso la passerella
che dalla nave conduceva al molo, dove un marinaio aiutò le signore
a salire il gradino ed augurando a tutti una buona escursione
dell’isola. I sei amici, Sergio e due degli studenti, percorso il molo, si
affacciarono alla piazzetta la quale cominciava a movimentarsi con
andirivieni di massaie, bambini e qualche uomo. Si addentrarono
nelle strette viuzze dove qua e là si aprivano delle belle botteghe
artigiane che esponevano souvenirs di chiaro stampo marinaresco.
Alcuni negozietti di frutta e verdura esponevano, su delle ceste lungo
il muro delle case, i loro prodotti freschissimi, evidentemente appena
raccolti.
In questo loro lento incedere da una bottega all’altra, Luigi si
accorse, e con discrezione lo fece notare a Mario, che un ragazzino
precedeva di corsa il gruppo entrando brevemente nei negozi e nei
portoni delle case. Man mano il gruppo avanzava, uomini e donne
sulle soglie si inchinavano al passaggio di Salvo il quale faceva finta
di niente e procedeva per la sua strada. Quando giunsero in un altro
slargo, Salvo disse: - Cari amici, mi è venuta un’idea, Ustica non è
grande, ma è veramente delizioso fare il suo periplo, vedete, ci sono
queste piccole vetturette elettriche. Esse fungono da taxi ed in paio
d’ore ci faranno visitare, in un sali scendi continuo, la costa partendo
dal qui vicino Capo Falconara, poi alla Punta Gorgo Salato e via via
fino a Capo San Paolo per poi rientrare in città.
- Deve essere bellissimo - esclamò Maria Luisa - cui fece
seguito la conferma di Giulia, bello perché procederemo in silenzio
con i motori elettrici per non rompere l’incanto della natura.
Stavano per salire sulle tre vetture scoperte, quando un signore
vestito di nero, affiancato da un graduato dei Vigili Urbani, uscito dal
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palazzetto del Comune, si avvicino all’avv. Arcuri e con un deferente
inchino disse: - Don Salvatore, baciamo le mani, servo Vostro sono.
- Grazie Sindaco, rimanga comodo, sono con degli amici e
siamo solamente in visita turistica; stiamo apprezzando la bellezza
della sua isola.
- Troppo buono, vo’ scienza, ritenetemi a Vostra disposizione e
disponga di noi.
Salirono sulle vetture. Silenziosamente, si avviarono mentre il
sindaco rimaneva chino in segno di saluto ed il graduato era
sull’attenti in un impeccabile saluto militare.
- Anche il sindaco ed il comandante dei vigili urbani di
un’isoletta lontana lo conoscevano e lo riverivano come e più di
un’autorità - pensò tra sé e sé Luigi -. Le conclusioni cui giunse di
primo acchito se le tenne dentro cercando, nel contempo, di
scacciarle .
Il giro cominciò in una stupenda sequenza di scorci panoramici
mozzafiato e quando giunsero a Punta Gorgo Salato, Salvo mostrò
ai suoi ospiti, al largo, un tratto di mare che invece di avere il solito
colore blu scuro, presentava le caratteristiche di una estesa macchia
verde prato. Quella macchia era la Secca Colombara, zona
pescosissima, paradiso dei subacquei.
Da soli o in gruppi
organizzavano delle battute di pesca. Essendo talmente vasta la
fauna ittica, la zona era meta pure di persone appassionate le quali
organizzavano safari fotografici o era frequentata da studiosi per
controllare il migrare delle specie, la loro riproduzione e le abitudini.
L’escursione continuò serenamente con Mario, il fotografo per
antonomasia della compagnia, il quale faceva scattare in
continuazione la sua macchina.
Giunsero a Punta dell’Arpa e Salvo fece cenno all’autista della
sua vetturetta di svoltare a destra e dirigersi verso una bassa
costruzione a picco sul mare. Si trattava di una locanda con
annesso ristorante ed aveva una terrazza prospiciente il mare e
sembrava quasi si librasse su di esso.
Tra il lento incedere delle vetturette elettriche e le brevi soste
per ammirare il panorama, era giunta così l’ora di pranzo.
Si
diressero alla terrazza passando per l’interno del ristorante dove,
presumibilmente la padrona, accolse i visitatori con calore
reverenziale.
- Ben venuto don Salvatore, benvenuti lor signori, prego
accomodatevi. E’ un onore ed un privilegio per me, don Salvatore,
lei abbia scelto la mia modesta locanda. Se volete rinfrescarvi i
bagni sono lì a sinistra, poi farò servire qualcosa di fresco per
iniziare.
Tutti si avviarono verso i bagni. Al rientro, sotto la tettoia della
terrazza, era stata imbandita una tavola sulla quale c’erano due
grosse caraffe gelate, una di spremuta d’arancia ed una di limone. A
fianco c’erano due bottiglie, una di cognac francese e l’altra gin
originale inglese per accompagnare, chi lo desiderasse le due
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spremute. Faceva veramente tanto caldo, pertanto tutti gradirono le
spremute senza l’aggiunta d’alcol. Si sedettero al tavolo sistemato
proprio lungo il parapetto della terrazza in modo da permettere la
visione completa del mare protetti dai raggi del sole da ampi
ombrelloni.
Il pranzo preparato dalla proprietaria della locanda era un
qualche cosa di così sublime che, anche Salvo avvezzo alla buona
cucina siciliana, apprezzò in modo particolare e facendo un cenno
d’assenso alla locandiera, le aveva fatto il più bel regalo possibile.
Ricordare il menù era quasi impossibile, essendoci tante
piccole portate. Andavano dai totanini dorati, all’astice, dalle ostriche
ai granchi, dalle alici al pesce spada, il tutto innaffiato da generosi
vini e contornato da verdure di tutti i tipi. Per finire, come bomba
finale, furono serviti i cannoli siciliani, fatti al momento ed ancora
tiepidi, accompagnati dal vin passito.
La conversazione, la compagnia, il lauto pasto avevano fatto
trascorrere in modo piacevole oltre tre ore e nessuno provava il
desiderio di alzarsi ed andarsene. Per fortuna erano al termine del
periplo dell’isola e mancava poco al rientro ad Ustica.
Le vetturette li portarono alla radice del molo in modo da far
pochi passi per giungere all’imbarcazione.
Questa volta Luigi pensò, ma non esternò né alla moglie né ai
Galeazzo la sua meditazione: Né Salvo, né “gli studenti” avevano
tirato fuori una lira! Né alla locanda né ai tre autisti delle vetturette!
Mah!
Erano quasi le venti quando salirono a bordo.
All’unisono
decisero di non cenare, ma di sdraiarsi sui lettini in coperta e bere
solamente qualche cosa di fresco.
Salvo consigliò un buon
Prosecco, come quello bevuto a Madonna di Campiglio. Oltre a
dissetare avrebbe agevolato anche la digestione.
Una dolce musichetta soffusa proveniva dagli altoparlanti di
bordo, tra un sorso di Prosecco e il ricordare la splendida giornata
appena conclusa, si giunse all’ora in cui decisero di andare a
dormire. Sergio era già da parecchio tempo addormentato in
braccio della mamma.
Appena si ritirarono nelle loro cabine, si udirono gli ordini e i
rumori caratteristici dati per togliere gli ormeggi e ricominciare la
navigazione. Questa volta si sarebbe puntato a sud ovest in
direzione della città di Trapani al cui largo, appunto, si trovavano le
isole Egadi.
La notte passò tranquillamente e quando i coniugi Barberini si
svegliarono si accorsero che forse, questa volta, erano gli ultimi
anche se la nave si stava ancora muovendo. Infatti le voci degli
amici provenivano ovattate dal ponte superiore. Quando salirono
anche loro in coperta, salutarono i presenti e videro, verso prua, si
stava avvicinando un porticciolo, probabilmente stavano entrando a
Levanzo.
132
Salvo intervenne dicendo: - Andiamo a fare colazione, ci
vorranno ancora una ventina di minuti perché la barca attracchi al
molo nel punto designato. Poi scenderemo a terra per una breve
visita al villaggio. Infatti non si può chiamare cittadina avendo essa
meno di 200 abitanti, ma è molto importante turisticamente parlando.
Non voglio anticiparvi nulla dovrà essere una sorpresa!
Tutti erano molto curiosi ed erano impazienti di scoprire il
segreto tenuto in serbo da Salvatore.
Alla fine del molo la classica piazzetta di tutti i posti di mare si
apriva a semicerchio per ricevere gli ospiti provenienti dal mare.
Case piccole, accostate l’una all’altra, poco movimento in un luogo
già inondato di sole e di silenzio.
Tre piccole imbarcazioni aspettavano l’arrivo dei turisti. Salvo
venne ossequiato dai barcaioli, come sempre, con rispetto e segni di
sottomissione.
- Prego amici, salite ed accomodatevi, ora questi tre barcaioli ci
porteranno a visitare alcune delle tante grotte che aperte sul mare in
questa zona, ma soprattutto ci soffermeremo alla grotta detta “dei
Genovesi” sulle cui pareti potremo ammirare chiari segni rinvenuti a
testimoniare due cicli: uno naturalistico, riferibile alla fine del
Paleolitico superiore, con rappresentazioni grafiche di animali, e uno
costituito da una serie di figure monocrome di stile schematico,
attribuibili al Neolitico.
Le imbarcazioni si allontanarono dal porticciolo e molto
lentamente, una dietro l’altra costeggiando le alte pareti rocciose,
questa volta calcaree e non vulcaniche. Attraversarono degli archi di
roccia, come delle piccole gallerie sul mare, per giungere dapprima a
delle grotte appena accennate, corredate da piccole spiaggette di
pochi metri quadrati sulle quali si sarebbe potuto attraccare, per poi
giungere a delle grotte più profonde dove non si intravedeva, per il
buio, la parte terminale. Non essendo di particolare attrattiva
turistica vennero sorpassate senza sostare o addentrarsi ad
esplorarle.
Passato un enorme scoglio appoggiato alla parete rocciosa,
come fosse stato lì posto dalla gigantesca mano di un Ciclope,
intravidero una grotta molto ampia la cui volta era particolarmente
alta e vi entrarono per esplorarla. Emma, rivolgendosi agli amici,
parlò loro ad alta voce, per superare il rumore dei tre motori delle
imbarcazioni: - Questa è forse la più grande grotta dell’isola, ma non
ha grosso interesse turistico anche se si pensa fosse stato rifugio di
pirati e corsari vista la possibilità di entrare anche con navi di una
certa dimensione. Sulla spiaggia, in fondo, furono rinvenuti parecchi
utensili ed armi e fecero pensare ad un insediamento umano, magari
temporaneo, dovuto al fatto di doversi riparare da fortunali e
tempeste o per sfuggire ad inseguimenti navali nemiche.
Giunsero dopo un’altra mezz’ora di navigazione alla grotta dei
Genovesi. Qui le tre imbarcazioni si fermarono all’ingresso dove era
stato eretto una specie piccolo attracco per poter sbarcare.
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Proseguendo a piedi poterono notare quanto accennato da Salvo e
cioè le rappresentazioni di animali e delle figure schematiche.
Certamente per gli studiosi doveva essere qualcosa di cui bearsi, ma
per i comuni mortali doversi sforzare di interpretare quei segni che
potevano avere delle sembianze note, era una cosa non proprio
affascinante e lasciava il dubbio sulla loro importanza. Comunque la
passeggiata sugli scogli lungo la costa interna alla grotta fu piacevole
e l’addentrarsi in essa dava una sensazione di mistero e di
incertezza, tant’è vero che il piccolo Sergio si strinse di più alla
mamma probabilmente preso da un po’ di senso di paura. Ad ogni
passo la luce cambiava e così pure il colore della roccia e del mare.
Esso diventava sempre più scuro. La grotta doveva essere
profonda almeno duecento metri e la sensazione provata dai
visitatori, giunti in fondo, dopo essersi voltati verso l’ingresso, fu
qualche cosa di indescrivibile. La volta dell’ingresso era come una
cornice e si poteva percepire chiaramente l’affievolirsi della luce ed il
suo graduale indebolimento, dal bianco abbacinante agli aloni interni
dove l’aria cambiava di colore in una sequenza tale da ricordava
l’arcobaleno.
Rimasero fermi una decina di minuti per poter ammirare ed
immagazzinare nella memoria questa sensazione unica.
Percorso a ritroso il tragitto, chiacchierando, risalirono sulle
piccole imbarcazioni per rientrare dove la nave di Salvo era
ormeggiata. Fu veramente una piacevole gita ed una nuova
esperienza.
Con i coniugi Arcuri non ci si poteva certamente
annoiare, tanto erano pieni di risorse e di voglia di far apprezzare e
gustare la loro terra.
Vi fu un breve trasferimento, via mare, per giungere alla vicina
isola di Favignana, la più grande delle Egadi, dove si ergeva
l’omonima cittadina sede dell’unico Comune facente parte della
provincia di Trapani.
Breve visita a terra per scegliere qualche
oggetto prodotto dall’artigianato locale e dove Maria Luisa trovò e si
innamorò di uno splendido scialle in cotone tutto lavorato ad
uncinetto. Mario accondiscese volentieri a regalare a sua moglie il
capo che tanto le stava a cuore. Il prezzo, ovviamente, era
proporzionato alla ricchezza del ricamo e alle dimensioni dello
scialle.
Rientrarono a bordo del panfilo dove, dopo essersi rinfrescati, si
apprestarono a cenare sul ponte inferiore, all’uscita del salone,
accarezzati da una leggera brezza rinvigoratrice e grazie alla quale
Maria Luisa poté sfoggiare il nuovo regalo. Nel prosieguo della cena
e durante il tempo in cui bevvero il caffè ed il digestivo, accomodati
in un salottino in vimini vicino al parapetto della nave, anche gli altri
avrebbero avuto piacere di avere un qualche indumento da
appoggiare sulle spalle per proteggersi dall’arietta e dall’umidità della
sera, ma nessuno volle attuare la prima mossa per andare a
prendere qualcosa, in quanto gli altri avrebbero preso al balzo
l’occasione per ritirarsi nelle rispettive cabine.
134
L’occasione venne quando videro i marinai apprestarsi a
togliere gli ormeggi per iniziare l’attraversamento dell’ultimo lungo
tratto di mare del viaggio d’andata. La navigazione li avrebbe portati
all’ultima meta da visitare; l’isola di Pantelleria. Essa si trova a metà
strada tra la costa siciliana, distante 100 chilometri, e l’isola di
Lampedusa.
Già in partenza era stato deciso di non arrivare a quest’ultima
isola, l’estrema propaggine a sud dell’Italia, in quanto sarebbero stati
necessari altri due giorni e mezzo tra navigazione e visita.
La notte trascorse velocemente, anche se il viaggio fu
caratterizzato da un più spiccato rollio dell’imbarcazione, dovuto alle
forti correnti marine che si sviluppano in quel tratto di mare. Al
momento del risveglio non si era ancora giunti in vista dell'isola, ma
probabilmente dopo colazione sarebbero arrivati al porto di
Pantelleria.
Certamente fu la più bella meta tra quelle delle isole minori
visitate, anche grazie alle sue caratteristiche ed alla sua storia,
splendidamente illustrate dalla guida ingaggiata da Salvo.
La cittadina di Pantelleria, sede dell’omonimo comune, si
sviluppa sul versante nordoccidentale in un’insenatura della sponda
settentrionale e presenta uno stupendo colpo d’occhio per chi
proviene dal mare, tutta circondata da impervie pareti rocciose che le
fanno da corona.
Quando attraccarono al molo, la guida era già lì ad attenderli e
gli accolse con un caloroso saluto di benvenuto rivolto,
principalmente, a Salvo ed Emma.
La visita all’isola cominciò dal capoluogo, con le vie che
partendo dal porto si aprivano a raggiera ed intercalate, a fine degli
isolati, da lunghe strade ed essendo parallele al porto formavano
altrettanti semicerchi.
La guida fece notare ai turisti le particolari caratteristiche degli
edifici. Essi rispecchiavano gli stili lasciati dai numerosi popoli che
avevano dominato l’isola.
L’isola fu colonizzata dapprima dai Fenici e dai Cartaginesi per
passare poi ai Romani. Vi giunsero pure i Vandali, Bizantini e
Saraceni per essere occupata poi da Ruggero II° di Sicilia il quale la
cedette a Federico di Aragona. Passata poi a vari signorotti per brevi
periodi fino al XVI secolo dove venne più volte saccheggiata dai
Turchi e dai corsari. Su tutta l’isola si possono ancora notare i resti
delle fortificazioni del sistema difensivo italiano, erette nel 1935.
Durante la seconda guerra mondiale, sia le difese come l’isola
stessa, furono sottoposte a violenti bombardamenti aeronavali da
parte degli Alleati fino alla sua resa risalente all’11 giugno 1943.
Usciti dall’abitato a bordo di un pulmino, il gruppo si diresse
verso zone pressoché disabitate, dove la guida incominciò ad
illustrare le caratteristiche strutturali dell’isola. Di natura vulcanica,
principalmente basaltica, con coste alte e rocciose, ricorda l’ultima
eruzione avvenuta nel 1891. L’attuale situazione postvulcanica,
135
presenta svariate forme di manifestazioni, quali getti di vapore
acqueo che qua e la si possono notare sulla superficie disarticolata
del paesaggio circostante, emanazioni di vapore alla temperatura di
circa 33°C invece, sono localizzate nelle numerose grotte formatesi
tutt’intorno.
Si poteva capire dal modo di esprimersi ed illustrare i fenomeni
circostanti, quanto la guida cercasse di trasmettere l’amore per la
sua terra. Questo amore usciva dalla sua pelle come i getti di vapore
che stava spiegando. Ma quando si soffermò, in modo particolare, a
delucidare le esalazioni di anidride carbonica provenienti dal
sottosuolo e soprattutto le sorgenti termali contenenti silice e
carbonato sodico, si poté notare la sua tristezza ed insoddisfazione
perché tanta ricchezza non fosse sfruttata a fini sanitari e di
conseguenza turistici ed economici per l’isola. La creazione di centri
per le cure termali, porterebbero molta più ricchezza all’isola
piuttosto della breve visita turistica.
Si sviluppò a questo punto una vivace ed interessantissima
conversazione imperniata sui perché, imprenditori locali o provenienti
dalla Sicilia o dal continente o infine le autorità civili reggenti il
Comune, la Provincia o la Regione non fossero intervenute e non
avessero visto la necessità o il desiderio di sviluppare questa
immensa ricchezza naturale. Dopo le impressioni espresse dalla
guida, ed i commenti un po’ marginali di Luigi e Mario non
conoscendo a fondo il problema, intervenne Salvo il quale
drasticamente sentenziò: - Amici miei, voi non potete saperlo, ma la
guida sì! Pertanto mi meraviglia questo suo atteggiamento un po’
retorico, critico e disfattista. L’isola non ha acqua potabile!
Gli oltre 7.500 abitanti dell’isola che stabilmente risiedono ed ai
quali dobbiamo aggiungere i turisti occasionali, quali siamo noi,
devono dissetarsi, lavare, irrigare, cucinare e quant’altro con l’acqua
quotidianamente portata con navi cisterna a riempire i serbatoi
dell’isola. Vi sembra possibile sviluppare il sistema alberghiero con
le necessità idriche che esso comporta? Non ultima cosa da
considerare è: l’ospite soggiornante in un albergo magari a quattro
stelle, con il caldo del luogo e la disidratazione provocata dalle cure
termali, è sacrosanto possa desiderare di fare frequenti docce
ristoratrici se non addirittura un tuffo in una comoda piscina.
E’ facile criticare, ma bisogna sempre guardare a monte cosa
c’è ed essere obiettivi nei commenti e nei giudizi. Tanto per farvi
capire l’importanza dell’acqua in quest’isola, al primo casolare dove
dovessimo fermarci per chiedere un bicchiere d’acqua da bere, il
contadino ben volentieri ci offrirebbe un litro di vino piuttosto di un
bicchiere d’acqua.
La visita all’isola terminò con il rientro a Pantelleria, mentre la
guida si allontanò in sordina e mestamente salutando, si ritirò. Dopo
i rimproveri di Salvo, peraltro corretti e precisi, la poverina si sarà
sentita piccola, piccola.
136
Risalirono a bordo dell’imbarcazione ed Emma chiese: - Vi è
piaciuta questa mini crociera? Vi siete divertiti? Penso senz’altro
avete avuto modo di scoprire nuove realtà alle quali non eravate
abituati. Purtroppo le cose belle finiscono in fretta, ma per voi c’è
ancora un breve periodo di vacanza prima del rientro.
- Grazie è una parola troppo piccola ed insignificante per poter
esprimere la nostra gioia e riconoscenza - disse Luigi - mentre Giulia,
Maria Luisa e Mario annuivano commossi.
Uno spontaneo abbraccio unì i sei amici in una manifestazione
di simpatia ed affetto. Il piccolo Sergio, seduto su di una poltroncina,
guardava un po’ sorpreso questa scena di cui non capiva il
significato.
- Su ragazzi - esclamò Salvo beviamoci sopra e
rilassiamoci, per favore!
Dopo alcuni istanti necessari per riprendere il normale tono di
conversazione, Luigi rivolse una domanda a Salvo: - Si capisce,
quando si è così presi dalle visite, dai pranzi, dalle cene e dal dolce far
niente, del tempo si abbia una cognizione particolare e distorta, ma
pensandoci bene tu ci avevi proposto una crociera di quattro giorni e
mezzo. Siamo quasi alla domenica sera e siamo distanti da Palermo
parecchie centinaia di miglia. Non credo possibile, anche partendo
subito, di poter rientrare in tempo come previsto. Per noi, ovviamente,
non ci sono problemi, ma tu probabilmente avrai i tuoi impegni.
- Avevamo detto una crociera di quattro giorni e mezzo e così è
stato, non vi pare? Questa notte dormiremo nei nostri letti a Palermo!
Sapevo benissimo che non ce l’avremmo fatta a percorrere il viaggio,
via mare, andata e ritorno, nel tempo programmato. Adesso abbiamo
tutto il tempo per raccogliere il poco bagaglio portato con noi e con il
taxi ci faremo condurre all’aeroporto internazionale di Pantelleria dove
un bireattore privato ci condurrà in un’oretta a Punta Raisi e da lì a
casa. La barca tornerà con calma alla marina di Palermo dove è
abitualmente ormeggiata.
- Non ho parole, esclamò Mario, sei l’uomo dalle mille sorprese.
Sembra impossibile, ma per te è tutto facile, tutto previsto, tutto
programmato, nulla viene lasciato al caso. Tu programmi tutto da solo
mentre io penso, se non avessi la segretaria, i miei impegni ed affari
sarebbero alquanto discutibili come risultato.
- Non elogiarmi troppo, ti prego, non pensare faccia tutto io.
Lancio l’idea del programma a dei miei collaboratori ed essi lo
sviluppano, lo preordinano e lo coordinano, tenendomi costantemente
informato via telefono sulle mosse e sui programmi successivi. Ecco il
risultato, io faccio la bella figura, mentre gli altri, nell’ombra, lavorano
per me. Come avremmo potuto trovare guide, barche, taxi, ristoranti e
tutto il resto se non fossero stati avvisati prima. Mi piace e pretendo
tutto vada per il meglio e pertanto dispongo che ciò avvenga.
Dopo aver preso qualche bevanda fresca, rientrarono nelle
cabine per rifare le valigie. Luigi, il quale dal bell’inizio ebbe degli
strani pensieri e sensazioni nei riguardi di Salvo, pensò tra sé e sé: -
137
La spiegazione era stata ben esposta e poteva anche essere
convincente, ma è ben vero se ristoranti, taxi e barche si possono
prenotare, ma sindaci ossequiosi o semplici commercianti e cittadini
che si inchinino al suo passaggio non possono essere “prenotati”.
CAPITOLO 7
Il rientro a Palermo avvenne come previsto ed i coniugi
Barberini e Galeazzo continuarono a trascorrere l’ultima settimana
rimasta prima della partenza, dedicandola ad un relax completo sulla
spiaggia in riva al mare. Gli ultimi giorni passarono in un crescendo di
138
attenzioni da parte degli Arcuri per culminare il 30 agosto dove, verso
sera, gli ospiti siciliani organizzarono una serata di gala per salutare gli
amici in quanto il giorno 1 settembre, ultimate le vacanze, sarebbero
partiti.
C’era una marea di gente assiepata nel grande giardino, dietro
la casa, tutt’intorno alla piscina illuminata con giochi di luci particolari.
Un’infinità di camerieri vagavano tra i gruppi di persone, recando
vassoi pieni di ogni ben di Dio, mentre altrettanti offrivano coppe di
campagne gelato, vini e bibite di ogni genere.
Il tempo passava in una compunta allegria, mentre in un angolo
Maria Luisa si complimentava con Giulia per come portava avanti la
gravidanza e, pur essendo ormai ben evidente, non le aveva
ostacolato minimamente la permanenza in Sicilia con tutte le
escursioni fatte ne tantomeno la crociera.
Erano arrivate le ventidue quando Salvo, su di un piccolo palco
improvvisato, prese un microfono portogli da uno dei componenti
l’orchestrina che sommessamente suonava in un angolo e chiese
l’attenzione dei presenti.
Il brusio delle voci pian piano si affievolì fino quasi a giungere
ad un silenzio totale.
- Grazie della vostra attenzione, signor sindaco, signor prefetto,
eminenze, signore e signori. E’ con immensa gioia e commozione
che, mia moglie ed io, ci apprestiamo ad accomiatarci da questi nostri
amici in cui onore voi tutti, e vi sono particolarmente grato per questo,
avete voluto fare da degna cornice a questa festa. La nostra
conoscenza è avvenuta pochi mesi fa, ma la nostra amicizia è come
fosse sbocciata anni e anni addietro. Il tempo per questa amicizia non
conta e sono fermamente convinto, essa durerà in eterno. La sincerità
e la spontaneità portata da queste persone nella nostra vita è un
qualche cosa di impagabile. Non ha prezzo, ma ha tanto valore; più
valore di tutti i tesori del mondo. Giulia, Maria Luisa, Luigi e Mario ed il
piccolo Sergio, vi prego, venite qui da noi in quanto vogliamo
pubblicamente abbracciarvi e ricordarvi che, anche siete veneti, d’ora
in poi potrete sentirvi, se lo vorrete, anche siciliani a tutti gli effetti.
State tranquilli; le famiglie Barberini e Galeazzo, qui nella nostra terra
di Sicilia avranno sempre le porte aperte da parte di tutti e saranno i
benvenuti quando e quanto lo vorranno. Prego vorrei avervi qui!
Attoniti, sconcertati e perfino un po’ spaventati i cinque si
avvicinarono ad Emma e Salvo. Avevano gli occhi lucidi per la
commozione e forse anche per l’imbarazzo. S’incontrarono, si
abbracciarono mentre gli oltre duecento invitati scoppiarono in un
fragoroso e lunghissimo applauso.
Luigi prese il coraggio a due mani e con un groppo in gola si
staccò dal gruppo per salire sulla pedana. L’applauso cessò mentre
egli prese il microfono accostandolo alle labbra: - Cercherò, se il
groppo in gola scenderà, di parlare anche a nome di mia moglie e
degli amici. Abbiamo sempre saputo quanto il senso d’ospitalità,
l’onore, il rispetto per gli amici e la generosità sono cose intrinseche in
139
ogni siciliano, ma un simile tributo d’affetto ci sia stato riservato è una
cosa che va al di la di ogni immaginazione. Le settimana trascorse
assieme alla signora Emma e all’avvocato Arcuri sono passate in un
lampo, il tempo di un fuoco d’artificio! Una meraviglia, stupisce e fa
gioire, frastorna e rende irreale il mondo che ci circonda. Non saprei
cosa dire, ma un concetto posso affermarlo con convinzione, ci sono
voluti parecchi anni perché noi veneti avessimo l’opportunità di visitare
questa vostra meravigliosa terra e ciò è avvenuto grazie alle
insistenze dei coniugi Arcuri. Infine voglio e amo ricordare una frase
proferita dall’avvocato il giorno del nostro arrivo all’aeroporto e cioè
quando si viene una volta in Sicilia si sente dentro qualche cosa
paragonabile al famoso “mal d’Africa”. Infatti noi sentiamo dentro di
noi qualche cosa di grande, di inspiegabile, una sensazione di gioia e
di felicità definibile con una parola sola: Amore! Amore per una terra,
un popolo, una civiltà, una cultura che porteremo sempre con noi e
certamente ci farà ritornare, anche grazie al vostro caloroso e
spontaneo applauso di prima. Grazie, grazie ancora.
Come un botto immenso, scoppiò nuovamente l’applauso degli
ospiti. Esso durò a lungo e sembrava non finire mai. Ci volle un altro
personaggio, salito sulla pedana, perché la gente smettesse di battere
le mani.
- Gentilissimi nostri anfitrioni, ospiti illustri, signore e signori,
permettete solamente alcune doverose parole.
Per gli ospiti
continentali dei padroni di casa i quali non mi conoscono, voglio
presentami, sono Di Giovanni, sindaco di Palermo e con i poteri
conferitimi dalla mia carica ho il piacere di conferire la cittadinanza
onoraria alle famiglie Barberini e Galeazzo.
Un fragoroso applauso bloccò il discorso del sindaco il quale,
alzando la mano destra, fece cenno alla gente di lasciarlo continuare.
Ottenuto il silenzio riprese: - Non è facile trovare, gente del
nord, che abbia questi sentimenti per noi isolani, e siano talmente
innamorati della nostra terra come, con brevi e toccanti parole il dott.
Barberini ha esposto, sentimenti suffragati e garantiti da don
Salvatore ed è anche per fare cosa gradita a lui che ho preso questa
decisione, per altro avvallata dal vostro precedente applauso. I nuovi
neo concittadini lo sappiano,
in qualsiasi momento avessero
desiderio di ritornare nella “loro” città, saranno i benvenuti ospiti
d’onore dell’Amministrazione Comunale. Ancora un applauso ai
cinque nuovi Palermitani.
Lentamente tutti i presenti sfilarono davanti ai festeggiati
porgendo la mano esclamando a voce bassa parole di circostanza
come “benvenuti fra di noi”, “congratulazioni”, “per noi è un
onore”……………
Sergio, frastornato, stentava a capire cosa stesse succedendo
attorno a loro, ma anche i suoi genitori e gli amici, rimasero attoniti a
tanta manifestazione.
Tranquillamente, gli invitati abbandonarono la villa Arcuri, finché
nell’immenso giardino, che portava i segni della festa appena finita,
140
rimasero solamente Salvo, Emma, Luigi, Giulia e Mario. Maria Luisa
era già salita a mettere a letto il piccolo Sergio il quale nel frattempo
si era addormentato sulla spalla della mamma.
Salvo esclamò: - Contenti? Vi è piaciuta la festa? Come ci si
sente ad essere Siciliani d’adozione?
Mario interloquì: - Questo è stato il tocco finale, la sorpresa più
grossa! Sono sicuro che avevi già predisposto tutto.
- No, questo no - contrappose Emma - è stata una sorpresa
anche per noi la decisione di Di Giovanni! E’ vero che Salvo gli ha
parlato tanto di voi magnificando la vostra gioia per essere qui,
l’ammirazione per la Sicilia e comunque le decisioni e le impressioni
di Salvo vengono sempre prese in attenta considerazione da tutti,
data la sua posizione ed il suo potere.
- Ma cosa dici Emma! Ti prego! Sono un semplice avvocato e
possiedo una tenuta agricola ricevuta in eredità. Adesso andiamo a
dormire. Domani dedicheremo la giornata ai preparativi per la vostra
partenza ed a un assoluto relax magari intorno alla piscina.
Gli amici si accomiatarono e si diressero verso le loro stanza.
Come sempre Luigi cominciò essere assalito da pensieri che lo
fecero meditare per cercare di dipanare situazioni poco chiare. La
festa poteva essere una festa di commiato e invece si è trasformata
in una cerimonia ufficiale. Un discorso iniziato da Emma, spintasi,
forse, un po’ oltre con certe frasi. Salvo la zittisce e chiude la
giornata velocemente perché il discorso non vada oltre. Alcune
parole pronunciate dal sindaco: “per compiacere don Salvatore”. La
ridda di pensieri aveva trasformata la faccia, piuttosto scura, a Luigi,
tant’è che Giulia se ne accorse e chiese al marito: - Cosa stai
pensando, ti vedo così silenzioso e corrucciato?
- Ah, lascia perdere, i soliti miei interrogativi cui non so dare una
spiegazione logica o meglio, forse, non voglio darla. Lasciamo
perdere, è stata una magnifica festa, ci siamo divertiti, siamo stati
festeggiati, ma cosa voglio di più? Andiamo a dormire, domani
avremo una giornata intensa, anche se rifare le valigie porta via
meno tempo di quello impiegato a casa per farle.
Il giorno 31 si svegliarono con comodo, erano le otto e mezzo
quando Luigi apri le persiane ed uscì sul terrazzo inondato dal sole,
in un’atmosfera di fine estate, ancora calda, ma non più afosa. Era
un piacere respirare l’aria tersa, aveva il profumo misto della
campagna e della salsedine proveniente dal mare. Disse alla moglie:
- Vieni, cara, vieni a vedere e sentire quanto bello! Immagazziniamo
nei polmoni questo toccasana perché da domani sera, a Padova,
respireremo smog ed aria inquinata.
La giornata trascorse in tutta serenità, sempre intorno alla
piscina, dalla colazione fino alle prime ombre della sera, in assoluta
libertà, con il costume da bagno e gli zoccoli. Frequenti immersioni
nell’acqua, deliziosamente fresca, scherzi e tuffi accompagnarono il
lento trascorrere delle ore.
141
Emma pregò gli amici, se avessero avuto voglia di andarsi a
cambiare, in quanto la cena sarebbe stata servita alle venti,
all’interno, nella sala da pranzo. Tutti annuirono e promisero di
essere puntuali.
La cena fu qualche cosa di sublime, il cuoco aveva dato il
meglio di sé, in una sequenza di delicate prelibatezze servite
inappuntabilmente dai camerieri sotto lo sguardo vigile del
maggiordomo. Il caffè ed il digestivo furono serviti in salotto mentre,
le donne da una parte e gli uomini dall’altra discorrevano su
argomenti di differente natura.
Salvo intervenne dicendo: - Il vostro aereo parte domattina alle
nove e trenta minuti; verso le otto sarà bene completare il pulmino
con i bagagli mentre noi con la macchina ci avvieremo perché i
preparativi burocratici d’imbarco portano via del tempo.
- Certamente - annuirono Luigi e Mario - ci alzeremo per tempo
in modo da consumare una fugace e breve colazione e non come ci
hai abituato in queste cinque settimane.
Luigi incalzò: - Sono
sicuro, quando rientrerò a casa e salirò sulla mia bilancia parlante
essa dirà “non salite in due, non salite in due”.
Salvo e Mario scoppiarono in una sonora risata e mentre le
signore, sospendendo i loro discorsi, Emma chiese: - Fate ridere
anche a noi, cosa vi siete detti di così divertente?
- Sicuramente avranno incominciato a raccontare barzellette
sconce, sentenziò Maria Luisa.
Quando Salvo raccontò la battuta di Luigi, anche le donne
sorrisero ed i due gruppi si unirono per continuare la conversazione
Ovviamente, prima di ritirarsi, ci fu il brindisi finale ed il
maggiordomo entrò con un carrello su cui era sistemato un
secchiello con il ghiaccio e due bottiglie di spumante. Alcuni piattini
di tartine con il caviale vennero sistemati sul tavolino del salotto.
Presa la coppa in mano, Salvo si alzò e disse: - I discorsi seri
sono stati fatti ieri, oggi voglio solo brindare a questa nostra
stupenda amicizia, suggellando l’impegno che ci si debba ritrovare
ancora tante e tante volte, indipendente dove, ma non si può scalfire
questo saldo sentimento. Saprete certamente, quando un Siciliano
fa una promessa e prende un impegno, nulla e nessuno, può farlo
disattendere. Cin, cin Amici!
Tutti in piedi, meno il piccolo Sergio in quanto stava già
dormendo, toccarono le coppe in un tintinnio di cristallo. Voleva
essere una firma di avvallo alle parole di don Salvatore.
Alle otto in punto, con tutta la servitù schierata sulla gradinata
della villa, e salutati pure, con un breve cenno della mano, da alcuni
degli “studenti” che sostavano nei pressi della fontana, le vetture si
mossero verso l’aeroporto di Punta Raisi.
Entrarono nel salone dell’aeroporto dove si doveva procedere
alle operazioni d’imbarco, quando si fermarono di colpo. Un
142
enormità di gente agitata parlava a voce alta in direzione degli
sportelli, i cui addetti non riuscivano a calmare e tacitare la folla.
Altra gente, con fare rassegnato, era seduta sulle poltroncine
della sala d’attesa accanto ad un’enormità di valigie e borse
ammassate.
Cosa era successo? Informatisi da alcuni astanti, la risposta fu
che improvvisamente era stato indetto uno sciopero dei piloti da
alcune sigle sindacali e pertanto decine e decine di voli erano stati
cancellati. Quei pochi rimasti in partenza erano completi e pertanto
bisognava attendere la fine delle agitazioni per poter ripristinare i voli
regolari e smaltire quelli cancellati.
Il volo delle 9 e 30 minuti era stato soppresso! Il volo
successivo sarebbe partito alle 10 e 45, ma era al completo. Il turno
d’imbarco per le due famiglie padovane era stato spostato alle 9 e 30
dell’indomani. I viaggiatori sarebbero stati sistemati in alcuni alberghi
cittadini a cura e spese delle compagnie aeree.
Luigi e Mario commentarono che per loro era impossibile, dopo
cinque settimane d’assenza dal lavoro, ritardare ancora la partenza e
pertanto la loro presenza nei rispettivi uffici.
Luigi sentenziò: Salvo sarà così gentile di accompagnarci con le automobili alla
stazione ferroviaria e prenderemo quel mezzo per rientrare a costo di
viaggiare tutta la notte.
- Certo - annuì Mario - non possiamo fare altro. Certamente un
treno diretto non esiste e chissà quanti cambi dovremo fare, ma non
abbiamo scelta.
Giulia e Maria Luisa si guardarono sconsolate e rabbrividirono
solo al pensiero di salire e scendere dai treni con il bagaglio ed il
piccolo Sergio, quando a Giulia venne un’idea: - E se noleggiassimo
un’auto, piuttosto grande, di quelle “rent a car” ed alternandoci alla
guida entro domani mattina dovremmo essere a casa.
- Un momento amici - intervenne Salvo - stiamo calmi, non
precipitiamo! Voi rimanete qui mentre io vado a vedere cosa si può
fare. Chissà quanti uffici e quanti funzionari aeroportuali dovrò
visitare, ma ne può valere la pena; se ci riesco non occorrerà
prendere provvedimenti alternativi, altrimenti un’ora in più o un’ora in
meno poco cambia. La soluzione dell’automobile a noleggio mi
sembra la migliore o, perlomeno, io la adotterei. Noi ci salutiamo qui
perché, se mi allontano, con questo marasma che ci circonda,
difficilmente ci potremmo rivedere. Appena arriverete a Padova, in
un modo o nell’altro, vi prego di telefonarmi per tranquillizzarci,
Emma e me.
Si abbracciarono ed in fretta, seguito dai due uomini che
avevano trasportato il bagaglio, si allontanò e sparì alla vista
nascosto dalla folla.
Era da poco passata l’ora in cui sarebbero dovuti partire e
l’aereo successivo era già completo. Tentarono di leggere sul
cartellone luminoso quali voli diretti a Venezia, o con scalo a
Venezia, non fossero stati annullati. I dati cambiavano in
143
continuazione e la speranza di vedere qualche aereo di qualche
compagnia straniera avesse dei posti liberi si affievoliva sempre più,
anche perché loro erano in cinque. Diciamo pure quattro, Sergio
sarebbe stato tenuto in braccio alternativamente, l’importante era
partire.
Decisero, visto che con Salvo non avrebbero avuto più contatti,
di attendere ancora un’ora e mezzo al massimo e poi predisporre la
partenza con il mezzo alternativo preventivato.
Il tempo passava con una lentezza esasperante, il malcontento
tra i viaggiatori aumentava di minuto in minuto ed i commenti,
alquanto pesanti, si susseguivano ed accavallavano in un crescendo
continuo. Erano le 10 e 25 minuti quando decisero, era inutile
aspettare oltre! Il tempo passava in un’inutile attesa; era meglio
raccogliere i bagagli ed avviarsi verso l’atrio dell’aeroporto dove
risiedevano gli uffici delle varie ditte, a valenza nazionale, di
autonoleggi.
Una voce metallica proveniente dagli altoparlanti sovrastò il
brusio della folla dicendo: - Il dott. Berberini e signora e la famiglia
Galeazzo sono pregati di presentarsi, con urgenza, al cancello
d’imbarco numero quattro. Ripeto…………
I quattro amici si guardarono con un’espressione mista tra la
meraviglia e la gioia, raccolsero in fretta i bagagli, mentre Maria
Luisa prendeva in braccio Sergio, e si diressero a passo veloce,
fendendo la marea di gente, verso il punto indicato.
Giuntivi, una hostess aprì il cordone che negava l’accesso e li
pregò di seguirla con una certa sollecitudine. A passo veloce
raggiunsero la scaletta d’imbarco di un DC9, mentre le valigie
venivano prese in consegna da un addetto il quale le avrebbe
sistemate assieme agli altri bagagli dei passeggeri. Salirono, quasi di
corsa, la scala. Sembrava non finisse mai. Entrarono nell’aereo dove
un’altra hostess li prese in consegna per accompagnarli ai loro posti.
Giunsero così nella business class e l’accompagnatrice indicò loro i
cinque posti dove potersi accomodare, un breve cenno e s’allontanò.
Sbigottiti, ma finalmente rasserenati e tranquilli si sedettero,
pronti ad allacciare le cinture di sicurezza quando, tramite
l’altoparlante, fosse stato loro richiesto. Alle 10 e 45 minuti, l’aereo
iniziò la manovra di decollo con breve rullaggio su di una pista
secondaria per immettersi poi nella principale ed acquistando velocità,
si staccò dal suolo.
Finalmente, dopo tanta tensione e silenzio, Luigi disse: - E’
fatta! Si ritorna a casa. Non riesco ancora a capire come ciò possa
essere avvenuto. L’aereo era al completo, non c’erano posti fino a
domani ed invece eccoci qua. E’ evidente, cinque persone, al posto
nostro, sono rimaste a terra, ma come e perché, quali poteri e sistemi
li hanno convinti a lasciare liberi i posti a degli sconosciuti?
Mario intervenne: - Questa sicuramente è opera di Salvo!
Come abbia potuto fare una cosa del genere non saprei rispondere,
ma comincio a pensare e convincermi che tutti gli interrogativi ci siamo
144
posti a suo tempo ed anche recentemente, da Luigi non siano delle
mere fantasie e , senza romanzarle e avvolgerle nel mistero, una base
di verità sulla quale meditare ci sia. Un migliaio di persone inferocite
nell’atrio dell’aeroporto devono rinunciare a volare, cinque persone
già sistemate sull’aereo, pronte a partire, e tutto ciò viene stravolto,
non si sa come e non si sa perché, per far posto e sistemare per la
partenza altre cinque persone, per lo più insignificanti come possiamo
essere noi.
- Certamente cosa sia successo non lo sapremo mai - replicò
Luigi - e se anche lo chiedessimo, Salvo troverebbe un motivo
plausibile, anche se irreale, per giustificare il suo intervento,
sminuendo il tutto e giustificandolo come un momento di incredibile
fortuna.
Maria Luisa si rivolse a Giulia commentando: - Effettivamente,
anche se non in tutta la Sicilia, ma almeno a Palermo, Salvo deve
essere una persona importante a cui non si può negare nulla, a
nessun suo desiderio od ordine.
Giulia rimase un po’ pensierosa, con un attimo di silenzio,
sull’affermazione dell’amica ed intervenne: - Non è proprio così - cara
Maria Luisa - se andiamo indietro con i ricordi, da Madonna di
Campiglio ad altri luoghi, qui in Sicilia, pur non essendo stati Palermo,
abbiamo avuto parecchi episodi i quali ci possono confermare quanto
Salvo sia conosciuto, rispettato e riverito un po’ dappertutto. Non so
quali siano le idee in merito di Luigi, non ne abbiamo mai parlato, in
quanto pensavo fossero frutto della sua innata fantasia e, sospettoso
com’è di solito dato il suo lavoro, lasciavo vagasse con la mente e,
forse, ne sorridevo. Ora non sorrido più e non ne sono più tanto
sicura in quanto questo ultimo episodio ha veramente dell’incredibile.
Ho quasi paura!
Breve sosta tecnica a Roma e poi via, in perfetto orario l’aereo
giunse all’aeroporto di Venezia. Anche qui migliaia di persone
gremivano l’aerostazione affannandosi a chiedere informazioni sui voli
cancellati e su quando avrebbero potuto ripartire. Poverini, loro non
avevano Salvo!
Sbrigate le pratiche, attesero la consegna del bagaglio per far
ritorno a Padova nelle rispettive abitazioni.
Il bel viaggio e
l’indimenticabile soggiorno in Sicilia, erano terminati. L’indomani si
ricominciava a lavorare, gli uomini nei rispettivi uffici e le donne, a
casa, per rimettere a posto tutto il bagaglio, lavare e stirare quanto di
usato avevano riportato dalle ferie.
Gli anni passarono, il bimbo di Giulia era nato, un bel
maschietto sano e vispo. Sergio era ormai un ometto che frequentava
le scuole elementari, Luigi continuava a cercare di risolvere i problemi
che assillavano i suoi clienti, mentre Mario contribuiva ad espandere la
provincia di Padova costruendo case, condomini e ville. L’amicizia
145
con Emma e Salvo era rimasta intensa, ma a livello epistolare e
telefonico, continui inviti da una e dall’altra parte e promesse di futuri
incontri si intrecciavano ad ogni contatto, ma, per momento, la cosa
era rimasta a quel livello.
Ogni tanto gli amici padovani, come d’uso, si trovavano la
domenica o nelle rispettive abitazioni per trascorrere in allegria alcune
orette o a programmare brevi escursioni “fuori porta” nelle belle
giornate soleggiate, approfittando di portare i bimbi all’aria aperta in
campagna dove potevano correre al di fuori dei pericoli, oltre,
s’intende, alla classica settimana bianca per la quale decisero di
variare annualmente la località. Tutte le volte in cui avevano
occasione di stare assieme, durante gli incontri, o prima o dopo il
discorso cadeva sugli amici siciliani e dopo aver rievocato vari
momenti felici, varie situazioni, varie località, visite fatte ed incontri
particolari il discorso finiva immancabilmente con la stessa ed univoca
domanda:
ma chi è Salvo?
146
I CASI DELLA VITA
CAPITOLO 1
Alle volte i casi della vita possono, senza preavviso, modificare gli
eventi e lo scorrere regolare del menage familiare, stravolgendo le
abitudini, le consuetudini ed il cammino che ci era prefissato.
Qualcosa del genere successe al protagonista di questo episodio,
leggermente romanzato, cui viene dato un nome di fantasia, come a tutti
gli altri personaggi, perché non possa essere riconosciuto e così nemmeno
verranno citati i nomi delle aziende e gli esatti luoghi dove esse risiedono.
Il rag. Andrea Geronti, 32 anni, da 11 stava svolgendo
tranquillamente il suo lavoro di capo reparto dell’ufficio recupero crediti e
sofferenze presso una nota compagnia di assicurazione di valenza
nazionale ed internazionale, felicemente coniugato da 7 anni con Angela,
che era una meravigliosa ragazza di 29 anni e, padre felice di due
splendidi maschietti rispettivamente di cinque e tre anni. Aveva un fisico
atletico ed asciutto, era il classico esempio del ragazzo sportivo anche se
ultimamente poteva dedicare a ciò ben poco tempo, limitando le attività
sportive a qualche ora il sabato o la domenica.
Il mattino usciva presto da casa per recarsi al lavoro, anche se
grazie alla metropolitana, i tempi di percorrenza tra casa ed il lavoro si
riducevano notevolmente. In una città come Milano era impensabile
spostarsi con l’automobile soprattutto per recarsi in centro. Con
l'abbonamento mensile ai servizi pubblici, anche il lato economico del
problema, aveva il suo tornaconto.
Essendo l'unica fonte di reddito per la famiglia, anche se lo
stipendio non era certamente dei più bassi, arrivare alla fine del mese, con
i continui aumenti dei costi della vita, era sempre più problematico. Per
questo Andrea, sacrificando il tempo libero da dedicare allo svago ed alla
famiglia, al pomeriggio, terminato il lavoro alle 16.45, si recava presso lo
studio di un suo amico, amministratore di stabili, per dargli una mano nella
147
conduzione del complesso apparato gestionale. Infatti egli curava la
stesura dei verbali delle assemblee da inviare ai condomini; parecchie
volte presiedeva le assemblee stesse in vece dell'amministratore
impegnato altrove. Estrapolava le decisioni dell'assemblea per quanto
riguardava eventuali lavori straordinari deliberati preparando le gare
d'appalto, scrivendo i capitolati da dare ai possibili esecutori dei lavori
stessi. Tutto ciò, che esulava dalla parte contabile amministrativa, gli
impegnava parecchie ore, tant'è che alla sera rientrava a casa non prima
delle ventuno. Il più delle volte i figli erano già crollati dal sonno e
dormivano, mentre la moglie, pazientemente, lo aspettava per poter
cenare assieme e conversare un pochino fino al momento di andare a letto
per il meritato riposo.
Questo sacrificio era ben remunerato, permettendo alla famiglia
Geronti di guardare serenamente al futuro, mantenendo un discreto
tenore di vita e concedendosi pure un periodo di vacanze al mare d'estate
senza creare troppi problemi economici.
Come in tante aziende, anche in quella di Andrea, l'informatica aveva
preso il posto dei contatti umani per recepire nuovi ordini di servizio,
informazioni operative e disposizioni sulle gestioni aziendali.
Quel lunedì, 7 aprile, come ogni mattina, Andrea si sedette alla sua
scrivania, accese il terminal del computer per vedere le novità inserite in
rete durante il week-end. Erano state introdotte alcune piccole varianti sul
modus operandi nella gestione del portafoglio clienti per quanto riguardava
il controllo delle scadenze annuali dei premi di polizza nonché degli ordini
di servizio che interessavano altre sezioni della compagnia.
Messo lì, in mezzo alle altre notizie, quasi inserita per non essere
notato, c'era una nota di servizio, indirizzata con E-mail privata e
personalizzata al rag. Andrea Geronti, con la quale lo si invitava, con
comodo quando avesse avuto un momento di tempo, di presentarsi, anche
senza appuntamento, dal dott. Sergio Paganelli, condirettore generale
della compagnia.
Andrea ebbe un sussulto, cosa poteva essere successo?
Probabilmente niente di grave, altrimenti l'ordine sarebbe stato perentorio
e non un semplice invito. Però il condirettore generale?!……nella scala
gerarchica, quanti quadri intermedi lo avrebbero potuto contattare prima di
giungere così in alto!
Andrea fu preso dal dubbio se recarsi subito dal dott. Paganelli,
senza preavviso, o telefonare alla segretaria per un appuntamento. La
segretaria del condirettore era Lucia Mancini, sua ex compagna di scuola,
assunta direttamente con quelle mansioni un paio d'anni prima. Questa
seconda soluzione gli parve la migliore ed optò per essa.
- Pronto, Lucia cara, sono Andrea Geronti, ho letto stamattina al
computer che il dott. Paganelli vorrebbe parlarmi… C'è? Mi fissi un
appuntamento per quando è libero? Sai forse dirmi cosa vuole da me,
piccolo capo reparto, un papavero così grosso?
- Ciao Andrea, ho scritto io quel testo che Paganelli mi ha passato, ma
non so altro. Adesso è nel suo ufficio, ma ha alcuni ospiti venuti dalla
148
Francia, quindi sicuramente non ti riceverebbe. Se vuoi ti metto in lista per
domani mattina alle dieci, come primo appuntamento. Non conoscendo
l'argomento, non so dirti quanto tempo dovrai rimanere da lui, ti conviene,
pertanto, avvisare il tuo diretto superiore che sarai assente dall'ufficio per
questo motivo e per un tempo imprecisato.
- Sì, certamente, farò così, ok! Va bene per le dieci domani mattina e
speriamo bene!
- Stai tranquillo Andrea, conoscendolo da un paio d'anni, posso dire
che, se ti invita e non ti ordina, può essere solamente una cosa positiva
per te. Auguri e ci vediamo domani.
- Grazie Lucia, mi rincuori, però che ansia fino a domani! Ciao e
arrivederci, grazie ancora, ciao.
Si immerse nel suo lavoro per non stare ad arrovellarsi il cervello sul
motivo e sulle possibili conseguenze della chiamata. Nella pausa pranzo,
durante il tragitto dall'ufficio all'amministrazione e da essa a casa, il suo
pensiero era fisso su quel messaggio di posta elettronica. La sua mente
vagava e spaziava in mille pensieri, possibili argomenti e motivi, ma nulla
affiorava che potesse far luce sul mistero. Il suo lavoro era talmente di
routine che non poteva interessare le alte sfere e se si fosse trattato di un
cambiamento o un trasferimento gli stessi sarebbero avvenuti con un
semplice ordine di servizio. A parte i vertici della compagnia, tutti gli altri,
con gli attuali sistemi di gestione aziendale, sono dei numeri e non delle
persone, che vengono mossi sulla scacchiera senza essere interpellati,
senza comunicazione diretta verbale, ma con semplice nota scritta nella
posta elettronica interna.
Giunto a casa che fu, salutò la moglie come al solito, ma lei, con il
sesto senso di tutte le mogli, si accorse che c'era qualche cosa di nuovo
nell'aria e disse: - Qualche cosa non va? Ti senti male? Ti vedo strano,
non sei del solito umore.
- Nulla di grave - rispose Andrea - stamattina ho ricevuto una
convocazione dal condirettore generale e, per quanto abbia la coscienza a
posto sul mio lavoro, sono un po' preoccupato, cosa vuoi, con questi chiari
di luna che aleggiano in azienda, non si sa mai. Domani mattina alle 10 ho
fissato l'appuntamento con Paganelli e sapremo cosa vuole da me.
- Fossi in te non mi preoccuperei troppo - rispose Angela - potrebbe
invece essere qualche cosa di positivo e, forse, finalmente la direzione si
è accorta della tua dedizione al lavoro e, per ciò, ti premia in qualche
modo.
Andrea, scrollò le spalle e disse: - Speriamo - pur sapendo, dentro di
sé che se avessero voluto dargli una promozione, sicuramente non a
livello dirigenziale, essa gli sarebbe stata comunicata dal suo diretto
superiore.
Dopo cena si sedette, assieme alla moglie, davanti alla televisione
per vedere un telefilm, di una serie che a loro piaceva molto, non
prestando però la dovuta attenzione perché continuava a pensare
all'indomani mattina e ciò era il chiodo fisso che lo manteneva in ansia.
149
Come Dio volle la notte passò e, fatta la colazione, si preparò per
recarsi al lavoro nei tempi e nei modi consueti in modo da non far
preoccupare la moglie, anche se lui sarebbe scappato di corsa via da
casa, come se così facendo, le dieci sarebbero arrivate prima.
Entrato nel palazzo, passò il tesserino magnetico personale che
serviva per registrare l'ora di entrata e l'ora d'uscita e, preso l'ascensore,
salì al secondo piano dove era situato il suo ufficio. Appena entrato accese
il computer per vedere se ci fossero ulteriori novità che lo riguardassero.
Trovò solamente la conferma da parte di Lucia Mancini: il dott. Paganelli lo
attendeva alle dieci in punto.
A quel punto, sedutosi alla scrivania, avviò il programma in cui
erano registrati tutti gli atti in sospeso e sui quali stava lavorando, nel
timore di non aver notato qualche pratica vecchia non ancora riscontrata.
Tutto era a posto ed i ritardi erano nella norma, anche perché,
ultimamente, con alcune mosse ben assestate, era riuscito a recuperare
dei crediti all’apparenza inesigibili. Controllò pure che i nominativi in
sofferenza non fossero di gente nota o di società di una certa importanza.
Tutto era nella norma, anche se Andrea non era uso guardare in faccia
nessuno quando si trattava di lavoro usando lo stesso metro di recupero,
sia per la persona importante come per qualsiasi altra persona o ditta.
Cercò di memorizzare, il più possibile, le pratiche in sospeso in modo da
essere pronto a rispondere a qualsiasi domanda.
Lo sguardo correva sovente sul quadrante dell'orologio ed il tempo
non passava mai. Alle 9.45 telefonicamente avvisò il suo dirigente che il
dott. Paganelli lo aveva convocato per le dieci e pertanto sarebbe stato
assente dall'ufficio. Il superiore chiese ad Andrea se fosse al corrente della
motivazione dell'incontro e, ottenuta risposta negativa, raccomandò ad
Andrea di tenerlo informato sugli sviluppi della situazione.
Preso l'ascensore, Andrea salì al quarto piano, dove risiedevano i
prestigiosi uffici della direzione generale, si trovò, all'uscita dell'ascensore,
in una bussola vetrata con le porte chiuse ed un campanello con citofono
sul quale era scritto: "Suonare ed annunciarsi". Premette il campanello,
silenzioso per altro, ed alcuni istanti dopo apparve una graziosa ragazza
sorridente, era Lucia!
Aprì la porta dall'interno dicendo: - Entra, entra Andrea, il dott.
Paganelli ti sta aspettando e, posso assicurarti, è di ottimo umore, cosa
piuttosto rara.
Si avviarono lungo i tappeti rossi fino davanti ad una doppia porta in
mogano massiccio, Lucia bussò, aprì il battente ed esclamò: - dottor
Paganelli, c'è qui il rag. Andrea Geronti da lei convocato, lo faccio
passare?
Il condirettore si alzò dalla sua splendida scrivania ed avviandosi
verso la porta per andare incontro ad Andrea disse: - Ma ci mancherebbe,
venga, venga, caro Geronti, si accomodi pure, entri.
Lucia si fece in parte per lasciare passare Andrea, chiudendo
immediatamente alle sue spalle la porta.
150
Entrò in un ufficio di dimensioni tali da poter contenere un
appartamento, arredato con tappeti, poltrone, divani, tavoli, seggiole,
mobili, quadri d'autore alle pareti e tutto quanto di più pregevole si possa
immaginare. Vide la mano tesa del condirettore che avanzava verso di lui
con un sorriso smagliante a trentadue denti, gliela strinse, mentre lo
faceva accomodare su di una poltrona in pelle, nell'angolo dove era
posizionato il salotto per intrattenere gli ospiti.
Strana situazione: un condirettore generale che si alza dalla sua
scrivania per andare incontro ad un sottoposto, porgendogli la mano e
trattandolo come fosse un'autorità. Certamente c'era qualche cosa sotto
sotto da dover indorare prima di essere esposta.
- Che piacere vederla rag. Geronti, non abbiamo mai avuto
l'occasione di incontrarci ma ho sentito molto parlare di lei e del suo zelo
nell'esecuzione delle mansioni assegnatele. Vedrà, d'ora in poi le
occasioni di vederci non mancheranno, sempre se troveremo un punto
d'intesa su quello che andrò a proporle. Lo so felicemente sposato con la
signora Angela, padre di due cari frugoletti, Marco ed Alessandro.
Purtroppo mantenere decorosamente, oggidì, una famiglia con un
monoreddito è pressoché impossibile, forse per questo lei deve
collaborare con l'amministrazione stabili, sacrificando il suo tempo libero
altrimenti dedicabile alla famiglia e certamente con più gioia.
Andrea rimase senza fiato, ammutolito, nel sentire che sapeva tutto
di lui, della sua famiglia e del secondo lavoro.
- Sì, direttore, è tutto giusto e tutto vero, ma come mai tanto interesse
per la mia modesta persona? Mi lusinga il suo apprezzamento il mio lavoro
in seno all'azienda che io, doverosamente, cerco di svolgere nel miglior
modo possibile, ma ho capito che deve propormi qualcosa, di lavorativo
immagino. L'ascolto con molto piacere.
- Quello che andrò a proporle lo deve giudicare lei e, stia
assolutamente tranquillo, se non fosse di suo gradimento e dovesse
rifiutare, non comprometterebbe in alcun modo i rapporti tra di lei e la
Compagnia.
Ma veniamo al dunque, caro Andrea , non le dispiace se la chiamo
Andrea senza tanti formalismi e titoli?
- Certo che no, direttore, anzi mi lusinga, sono tutto orecchi ed
ansioso di sentire quanto deve dirmi.
- Da un po' di tempo eravamo alla ricerca di una persona in seno alla
nostra compagnia, la quale avesse delle caratteristiche e delle doti
specifiche per dar corso ad un progetto di espansione aziendale. La cosa
non è semplice, anzi, e la sua buona riuscita dipende appunto dalla scelta
della persona cui dovremmo affidare l'incarico e dai risultati che riuscirà ad
ottenere. La scelta è caduta su di lei proprio grazie alla sua innata
predisposizione a trovare forme e modi per ottenere successi importanti.
Mi spiego: a lei sono affidate mansioni per tentare di recuperare
crediti pressoché persi, con scarsa possibilità di rientro dei premi in
sofferenza.
151
Facile sarebbe recuperarli con forme intimidatorie e con l'aiuto di
esattori gorilla pronti a picchiare ed a sfasciare tutto, come si vede in certi
films di gansters americani, ma questa non è certo la politica della nostra
azienda. Eppure lei, ultimamente, solo con la persuasione e le parole è
riuscito a far rientrare nelle casse della compagnia una cifra abbastanza
considerevole. Bravo, me ne, anzi ce ne compiacciamo sinceramente, non
tanto per l'ammontare delle somme recuperate, certamente cospicue, ma
in caso contrario, non avrebbero intaccato il bilancio dell'azienda, ma
perché così facendo la nostra immagine, presso le concorrenti, è sinonimo
di efficienza e di coesione, simbolo di una sana gestione.
- Direttore, lei mi confonde, mi fa quasi arrossire, forse non merito
tanta considerazione, in fondo ho cercato di far bene il mio lavoro e per il
quale voi mi date uno stipendio; devo pur cercare di guadagnarmelo!
- Anche la modestia è una sua virtù, pensi quanti in questa
situazione si sarebbero approfittati e avrebbero cercato di trarne utili motivi
per "vendere" la loro immagine e per poter ottenere futuri miglioramenti.
Ed ecco la nostra richiesta: sarebbe intenzione del consiglio di
amministrazione, su suggerimento dell'azionariato, di dare la scalata, per
poter controllare con la maggioranza azionaria, ad una grossa compagnia
di assicurazione francese che a sua volta controlla buona parte del
mercato assicurativo del sud est asiatico. Ieri ho avuto degli abboccamenti
con dei grossi rappresentanti di questa compagnia, che farebbero in modo
di farla assumere presso di loro con mansioni quasi analoghe a quelle
ricoperte presso di noi, con la conseguenza di poter accedere agli archivi
generali della società. Lo scopo è quello di scoprire tutti i retroscena, la
solidità reale, la forma gestionale e la consistenza del portafoglio clienti.
Questi dati ci servirebbero per poter valutare appieno la convenienza o
meno di questa grossa operazione.
- Una specie di spionaggio industriale - replicò Andrea - cosa, se
scoperta, produrrebbe una denuncia penale che mi rovinerebbe per
sempre. Non è certo una cosa da poco quella richiestami, ho anche una
famiglia a cui pensare. Sono d'accordo, che se non risica non si rosica, ma
il gioco vale la candela? Sa, alla mia età, trovarsi in mezzo ad una strada
con la crisi di posti di lavoro attuale e con un curriculum “macchiato”, non è
proprio il massimo. Dovrei comunque pensarci, ma la contropartita quale
sarebbe? Se non ho capito male, questa compagnia di assicurazione
francese mi assumerebbe e pertanto io dovrei dare le dimissioni qui da
noi. Quale sarebbe la località in cui dovrei prendere il nuovo servizio?
- Domande più che lecite alle quali devo risponderle con assoluta
franchezza sia dal punto di vista economico come di sicurezza lavorativa replicò il dott. Paganelli - e vedrà, da questo lato ci sarebbero solamente
dei vantaggi per lei, molti ed invitanti.
Ecco le condizioni: Località di lavoro, Parigi, remunerazione
234.000.000 di lire l’anno, un appartamento molto decoroso a totale carico
nostro. Il periodo che lei dovrebbe risiedere e rimanere a Parigi dovrebbe
aggirarsi sui due o al massimo tre anni. Al termine, ottenuti i risultati
prefissati lei ritornerebbe nella nostra azienda con una qualifica
152
dirigenziale e lo stesso stipendio parigino. Anche in questo caso noi le
faremmo una proposta scritta per convincerla a tornare alle nostre
dipendenze ufficializzando il nuovo stipendio con tutti gli annessi e
connessi derivanti dalle nuove contribuzioni per quanto riguarda la futura
quiescenza.
Andrea rimase per un istante ammutolito nel ripensare a quanto il
dott. Paganelli aveva esposto, cercando di vagliare la percentuale di
riuscita di questo progetto. Come un lampo un dubbio lo assalì e decise di
esporlo al direttore.
- Signor direttore, il concetto base l'ho capito e sembrerebbe
abbastanza semplice avendo i dati a disposizione, però, rimanendo pur
sempre vostra la decisione finale in base ai dati che vi esporrò, il giudizio e
l'elaborazione delle conclusioni da sottoporvi sarebbero demandate alla
mia discrezionalità in base alle opinioni che io ne trarrei. Mi sembra una
grossa responsabilità! Sinceramente la cosa mi stuzzica, sia dal punto di
vista lavorativo, con l'apprendimento di nuove tecniche lavorative e sistemi
operativi, sia dal punto di vista economico è inutile negarlo. Potrei essere
giunto alla svolta decisiva della mia vita. La prego di lasciarmi almeno
ventiquattro ore per pensarci e darle una risposta definitiva, vorrei
discuterne anche con mia moglie. Cambiare città, nazione, con due
bambini in età prescolastica e le relative problematiche linguistiche per
loro. Io con il francese me la cavo benissimo avendolo studiato a scuola
per otto anni ed avendo continuato a coltivarlo leggendo settimanalmente,
la domenica, uno o due quotidiani francesi. Resta ancora un punto da
chiarire, se qualcosa andasse storto e venissi “scoperto”, come sarebbe
vostra intenzione proteggermi?
- Anche la questione della lingua, oltre a quanto già esposto, è uno
dei motivi per cui la scelta è caduta su di lei caro Andrea, per quanto
riguarda la scuola dei bambini non si preoccupi, a Parigi esistono delle
scuole private italiane, sono come le nostre scuole a tempo pieno dove i
bambini fanno le loro ore di lezione, viene loro servito il pasto di
mezzogiorno, c'è un breve periodo di riposo e poi al pomeriggio, con altri
insegnanti, preparano i compiti per il giorno dopo e studiano. Anche questo
costo, ovviamente, sarebbe a carico nostro. Il suo dubbio, che io presumo
infondato, sull’essere allontanato dalla compagnia francese, è comunque
un aspetto da valutare. Se ciò dovesse avvenire, diverrebbe operativa la
sua riassunzione alla filiale di Roma, dove nessuno la conosce, con il
grado di funzionario di direzione, e con conseguente miglioramento,
essendo lo stipendio analogo a quello “ufficiale” francese.
Però ci sono alcune altre condizioni base che dobbiamo porre.
L'operazione dovrà avere una segretezza totale, lei dovrebbe dire a sua
moglie, di aver ricevuto direttamente l'offerta dalla compagnia francese. Io
ho qui una lettera dattiloscritta su carta intestata e spedita da Parigi, per
posta prioritaria, a suo nome con tutte le specifiche dell'offerta.
Ovviamente la lettera è un falso, in realtà lei verrebbe assunto in base a
una sua personale richiesta di lavoro spedita alcuni mesi fa alla compagnia
francese. Anche quanto riguarda gli emolumenti sarebbero un normale
stipendio sindacale da funzionario, il resto della cifra pattuita verrebbe da
153
noi mensilmente bonificata in un conto corrente da lei indicatoci. Per
giustificare l'accettazione, potrebbe dire a sua moglie che lo stipendio
percepito sarebbe leggermente più alto del reddito ottenuto attualmente
con il doppio lavoro e con il vantaggio di poter dedicare tanto più tempo
alla famiglia.
Ci pensi bene, vagli tutte le opportunità, da parte mia e dalla nostra
azienda avrà tutti gli aiuti del caso, glielo garantisco, e se, come spero,
deciderà per il sì, mi faccia avere per domani la sua lettera di dimissioni
con il consueto preavviso di trenta giorni. Questa è la lettera con cui la
compagnia francese accetta la sua richiesta di lavoro, il mansionario ed il
trattamento economico da far vedere alla sua signora.
Ah sì, a proposito, bisogna trovare una motivazione della sua visita
qui da me da riferire a Lucia, la mia segretaria. Essendo voi amici, le
chiederà certamente con ansia una spiegazione.
Pensavo di dire di averla chiamata per proporle un trasferimento a
Roma, con la qualifica di funzionario e lei mi abbia risposto che se avesse
dovuto andare a Roma per diventare funzionario, avrebbe preferito
accettare un'offerta avuta da una Compagnia di Assicurazioni francese con
sede a Parigi e alla quale era, fino ad ora, era indeciso se accettare o
meno. Vista e valutata la situazione preferiva sicuramente Parigi a Roma.
- Ha pensato proprio a tutto, non le sfugge proprio nulla. Vista la
risposta che da dare a Lucia, lei si è fatta la convinzione che io accetterò
sicuramente la sua richiesta. Sono abbastanza convinto, ma voglio
pensarci ancora un pochino. Se domani mattina le presenterò le mie
dimissioni, significherà l’accettazione della proposta, altrimenti vorrà dire
che rimarrò al mio solito posto di modesto capo reparto. Grazie comunque
della fiducia direttore, l'aver pensato alla mia persona mi fa molto piacere.
Andrea si alzò dalla poltrona e così pure il dott. Paganelli, si strinsero
la mano, e salutando si avviò verso la grande porta di mogano imbottita
all’interno con la stessa pelle del divano e delle poltrone. Aprì la porta e
mentre stava per uscire udì la voce del direttore esclamare ad alta voce: Eh si, Roma è proprio una gran bella città, ci pensi.
Perché aveva detto quella frase? Era una velata minaccia per farlo
convincere o lo aveva detto pensando che Lucia avesse potuto essere
vicino alla porta e pertanto metteva solamente in atto la commedia? Non lo
avrebbe saputo mai.
154
CAPITOLO 2
Si incamminò lungo il tappeto rosso fino all'ascensore non
incontrando nessuno, nemmeno la sua amica Lucia. Tanto meglio, non
avrebbe dovuto dare spiegazioni di alcun genere
Rientrato nel suo ufficio, per prima cosa aprì la busta contenente la
lettera di assunzione presso la compagnia francese, nella quale si
evidenziava l'incarico cui era destinato che, con qualche piccola aggiunta,
poco si discostava dalle sua attuali mansioni. Per quanto riguardava la
155
parte economica, la sua retribuzione sarebbe stata di lire 66.000.000 oltre
ad una cifra variabile di anno in anno, quale "premio di produzione",
agganciato all'andamento degli utili aziendali nell'anno di erogazione. Non
male, ma niente in confronto alla reale retribuzione.
Mille pensieri affollarono la sua testa, prendere una decisione del
genere senza il conforto della moglie non era cosa da poco anche perché
non avrebbe potuto raccontarle il vero ammontare della retribuzione che,
sicuramente, avrebbe dato il giusto imput ad una risposta affermativa . Per
giustificare l'eventuale aumentato tenore di vita avrebbe potuto inventare
degli acconti sul premio di produzione. La cosa non li piaceva molto
avendo improntato la sua vita coniugale sul massimo della lealtà e
sincerità.
Poi c’era da conciliare la chiamata della direzione, cosa di cui Angela
era al corrente, con l’arrivo della lettera. Avrebbe potuto raccontare la
storia inventata da Paganelli per Lucia, ma perché non aveva raccontato
prima alla moglie l’esistenza della lettera della compagnia francese?
La sera avrebbe mostrato alla moglie la "lettera francese"
spiegandole i vantaggi sia professionali, per lui, come economici per tutta
la famiglia, ottenibili accettando questa proposta piovuta dal cielo.
Per prima cosa prese il telefono per chiamare il suo dirigente il quale
attendeva notizie riguardanti il colloquio con Paganelli. Al terzo squillo udì:
- Castaldi, buon giorno, chi parla?
– Sono Geronti, buon giorno, sono rientrato ora dalla visita al
condirettore generale che le avevo preannunciato.
- Ah sì, mi dica di che cosa si trattava, in cosa verteva la questione
dato che io, suo diretto superiore, non ne sapevo niente.
- Il dott. Paganelli mi ha proposto un trasferimento alla nostra sede di
Roma, cosa delle quale non sono molto convinto e mi sono riservato di
dargli una risposta in breve tempo; ne devo parlare, ovviamente, in
famiglia.
- Com’è cambiato tutto il sistema all’interno della nostra azienda. –
replicò Castaldi - Quando mai un dipendente veniva trasferito senza prima
interpellare il responsabile del reparto, proponendogli l’eventuale sostituto!
Facevano lo stesso a modo loro, ma almeno la forma era salva. Cosa
vuole che le dica Geronti, faccia come meglio crede, io però, se se ne va,
ne sarò dispiaciuto, era veramente un valido elemento su cui potevo
contare. Auguri e ci sentiamo.
- Direttore, non è ancora sicura la mia accettazione, ma se così
fosse, lei sarà il primo a saperlo. Grazie e buon lavoro.
Fece ancora una telefonata privata, prima di riprendere il suo lavoro
interrotto, chiamò infatti l’amministrazione stabili per informarli che quella
sera non sarebbe potuto andare da loro per degli improvvisi ed
improrogabili impegni personali.
Dopo una giornata di lavoro, non molto costruttiva, dati gli assillanti
pensieri, Andrea prese la metropolitana per far subito ritorno a casa, aveva
deciso di tenere, con Angela, una linea di condotta improntata alla solita
sincerità.
156
Erano le diciassette e trenta quando infilò la chiave nella toppa ed
aprì la porta. – Ciao cari, sono io, oggi sono venuto direttamente a casa,
dove siete?
La porta della cameretta dei bambini si aprì ed apparvero i due
figlioletti, con uno sguardo tra il meravigliato ed il felice. Con le braccine
allargate gli corsero incontro e si aggrapparono a lui stringendolo forte,
forte gridando “papà, papà mio”.
Un groppo alla gola prese Andrea, non abituato a queste effusioni
d’affetto data l’ora alla quale, normalmente, era abituato giungere a casa.
Fu questo un punto a favore nel dubbio se accettare o no.
Anche la porta della cucina si aprì ed Angela ne uscì pure lei
meravigliata per l’ora in cui il marito era rientrato ed orgogliosa nello stesso
tempo di vedere i bambini aggrappati al collo del papà.
– Come mai a casa a quest’ora Andrea, cosa succede, c’è forse
sciopero delle amministrazioni? ma vieni qui dammi un bacio.
Egli, con i bambini appesi al collo, attraversò l’atrio e cinse in un
abbraccio collettivo la moglie. Aveva gli occhi lucidi. Angela se ne accorse
ed improvvisamente divenne seria temendo per qualche cosa di brutto.
Andrea si accorse subito del cambiamento d’umore della moglie e si
affrettò a dire: - Niente, niente cara, sono lacrime di felicità e gioia. Adesso
tutto deve correre normalmente, ceneremo finalmente tutti assieme e
quando i bambini andranno a letto, io e te ce ne andremo in salotto. Ho
qualche novità da raccontarti. Speriamo che tu ne sia contenta e felice
come lo sono io.
Posò la borsa, si tolse la giacca e disse: - Bambini, vengo in camera
vostra a giocare, quale bel gioco mi fate fare?
Uno per parte, presero la mano al papà e lo trascinarono nella loro
cameretta. Angela si affacciò, nuovamente sorridente, e richiudendo la
porta rimarcò: - Mi raccomando non buttate tutto all’aria altrimenti mi
arrabbio con tutti e tre!
Andrea giocò con le macchinine, con i soldatini e fece pure una
partita di “memory”, un gioco che sviluppa lo spirito d’osservazione e la
memoria dei bambini. Si trattava della versione ridotta per bambini piccoli,
ma Marco ed Alessandro erano talmente pronti ed attenti che vinsero, ora
uno ora l’altro, tutte le partite disputate, la cosa li rese felici e corsero dalla
mamma dicendo: - Mamma, mamma, siamo stati più bravi di papà a
memory, abbiamo vinto noi.
La mamma stava finendo di apparecchiare la tavola in cucina, come
era abituata fare quando dava da mangiare ai bambini, mentre il marito era
ancora al lavoro ed esclamò: - Di corsa a lavarsi le mani, tutti e tre, la cena
è quasi pronta e si va a tavola.
I tre si guardarono negli occhi sorridendo e corsero in bagno ad
eseguire l’ordine perentorio ricevuto. Tenendosi per mano si diressero
verso la cucina ed Andrea esclamò: - Eccoci, arriviamo puliti, puliti, siamo
affamati, cosa si mangia di buono? L’odorino è invitante e siamo pronti a
“distruggere” il contenuto dei piatti.
Angela stava finendo di sistemare nei piatti alcune fette fumanti di
arrosto di vitello arrotolato e farcito ed il contorno di purè di patate.
157
Il papà ordinò: - All’attacco miei prodi il nemico ci aspetta, dobbiamo
distruggerlo. Ridendo i bambini si sedettero a tavola e Marco commentò:
Questa sì, è una bella battaglia, speriamo sia anche buona.
Papà e mamma si guardarono felici e pieni di gioia nel constatare
quanta assennatezza c’era nei loro bambini sia pur così piccoli. Si
sedettero a tavola ed iniziarono a consumare la cena. Dopo il formaggio e
la frutta, Andrea si rivolse ai suoi figlioli: - Potete alzarvi ed andare di là in
salotto a vedere un po’ di televisione, se volete, però poi bisogna andare a
nanna.
- Si papà, andiamo, ma vieni anche tu ed anche tu mamma. A
quest’ora ci sono i cartoni animati di Braccio di Ferro. Ci fanno tanto ridere.
- Andate avanti voi - disse Angela, - io vi raggiungo dopo aver
sparecchiato, messo i piatti nella lavastoviglie e riassettata, almeno in
parte, la cucina.
Si sedettero sul divano per vedere il programma iniziato da poco.
Alle prime scene i bambini iniziarono a ridere delle gag proposte , mentre
Andrea, pur guardando lo schermo, pensava alle parole da dire alla moglie
quando sarebbero rimasti soli dopo aver messo a letto i bambini. Avrebbe
esposto la grossa novità che, come una bomba era pronta ad esplodere e
a stento riusciva a tenere dentro di sè.
I bambini guardavano e ridevano. Ad un tratto Alessandro si rivolse al
papà: - Non ti piace, perché non ridi papà?
Andrea trasalì e non sapendo quale scusa trovare, imbarazzato
incalzò: - Sì, mi piace, ma l’ho già visto. Conosco tutta la trama, ecco
perché non mi fa tanto ridere, però mi piace moltissimo. E’ forse uno dei
più bei cartoni animati di Braccio di Ferro.
Finito quel cartone animato, girando per i canali con il telecomando,
Marco ne trovò un altro e si misero a guardarlo. Nel frattempo arrivò
Angela. Braccio di Ferro era finito, erano passate, da alcuni minuti, le
venti e trenta perciò lei intimò ai bambini: - Ancora cinque minuti e poi
senza capricci, indossare il pigiamino, lavarsi i denti e correre a nanna, va
bene?
– Si mamma, vediamo solo un po’ di questo cartone e poi andiamo.
Andrea batté la mano, due o tre volte, sul divano dicendo: - Vieni qui,
siediti accanto a me, riposati un po’, sarai stanca.
Era una scenetta da immortalare, infatti era raro vedere tutti e quattro
seduti in salotto, la famiglia riunita nel tepore che solo la serenità della
propria casa sa dare.
- Bambini, sono passati quasi dieci minuti, andate di la preparatevi e
quando sarete a letto chiamateci e noi verremo a darvi la buonanotte. Mi
raccomando lavare bene i denti con il dentifricio e non solo una passatina
veloce, perché se i denti sono puliti, sono anche sani e non occorre andare
dal dentista
Un po’ a malincuore, Marco ed Alessandro si alzarono dal divano e,
lentamente, con la testa girata verso il televisore a carpire le ultime scene,
uscirono dal salotto per andare in camera loro.
158
Angela prese la mano di Andrea e gliela strinse un poco guardandolo
fisso e muta negli occhi, un po’ in ansia, un po’ curiosa, desiderosa di
ascoltarlo per sentire le, certamente, grandi novità che le avrebbe rivelato.
La cinse intorno alle spalle e la avvicinò a sé: - Aspettiamo che i
bambini si siano addormentati e poi ti racconterò tutto, ma proprio tutto,
quello che è successo oggi. La visita a Paganelli è stata di un’importanza e
di una concretezza inimmaginabile. Ho riflettuto ad una frase dettami tanto
tempo fa e che mai come ora, nel mio caso, ma anche nel nostro caso,
suona perfetta: “Per avere dei risultati nella vita, bisogna trovarsi nel punto
giusto al momento giusto”.
- Sono veramente in ansia di sentire perché, mi viene da pensare,
come intuivo io, c’è una promozione in vista per te, ma non solo quella
perché, se così fosse, me lo avresti semplicemente detto senza tanti
misteri.
Alzò la voce: Bambini a che punto siete, avete lavato i denti?
Si mamma, stiamo andando a letto, venite a salutarci?
Certo - disse Andrea – ora veniamo a darvi la buonanotte.
Dopo una carezza sui capelli dei bambini, un bacino sulla fronte e
un sorridente “buon riposo”, spensero la luce principale lasciando accesa
solo
la lucetta notturna. Uscirono dalla stanza socchiudendo la porta per sentire
se si fossero lamentati o avessero chiamato durante la notte.
I coniugi Geronti fecero ritorno in salotto. Dopo aver fatto sedere
Angela sul divano, Andrea sedette sulla poltrona di fronte in modo da poter
conversare guardandosi in viso senza dover torcere il collo.
- La cosa è veramente seria. Se fosse una semplice conversazione
saremmo seduti uno accanto all’altra, così invece ha una forma ufficiale; ti
prego non lasciarmi ancora in ansia, spiegami tutto.
- Vedi, cara Angela, forse siamo giunti alla svolta decisiva della
nostra vita, una di quelle svolte che cambiano tutto e che spingono in alto,
ma tanto in alto. Stamattina il condirettore generale Paganelli, come tu sai,
mi ha ricevuto e mi ha fatto una proposta di lavoro che, però, secondo lui,
non dovrei rivelarti. Tra di noi non ci sono mai stati segreti e pertanto se tu
mi assicuri che, per nessun motivo, quanto ti dirò andrà fuori da questa
stanza, ti racconto tutto.
- Non devi neanche dirlo o avere dubbi, queste sono cose nostre di
famiglia e come tali non escono da queste mura. Come potrei essere così
vile da mettere in gioco il nostro futuro dopo che tu, pur avendo avuto il
divieto di rivelarmi i retroscena, lo fai egualmente dimostrando una non
comune fiducia in me. Adesso io sto zitta ed ascolto il tuo racconto.
Andrea prese le mani di Angela e le strinse nelle sue cercando di
ricevere ed infondere allo stesso tempo fiducia e speranza di buona
riuscita di tutta la vicenda.
- Vedi cara, io dovrei andare a lavorare in Francia, presso altra
compagnia, la quale nei progetti della nostra azienda dovrebbe essere
annessa. E’ già tutto organizzato, l’ufficio personale di quella compagnia
ha una mia lettera di richiesta d’assunzione datata alcuni mesi fa, cosa di
159
cui io non sapevo niente ovviamente ed io, oggi, ho in mano una lettera
con la quale vengo assunto con delle condizioni discretamente favorevoli.
In realtà lo stipendio non sarebbe di 66.000.000. di lire all’anno, offerto
dalla direzione francese, come puoi leggere nella lettera, ma in realtà esso
sarebbe di 234.000.000 di lire. La differenza verrebbe accreditata nel
nostro conto, mensilmente, con bonifico bancario. Il mio compito sarebbe
di tastare il vero peso di questa compagnia e non quello, non sempre
esatto, che risulta dai bilanci. Passare i dati a Milano, sul come dobbiamo
ancora accordarci, e ricevere le conseguenti istruzione per proseguire
nella mia indagine. Bisogna dire che loro hanno pianificato tutto, sia sulla
nostra sistemazione in appartamento, la scuola per i bambini, ma
soprattutto il domani. Finito con soddisfazione il periodo di lavoro a Parigi,
riassunzione immediata a Milano con la qualifica di dirigente e lo stipendio,
quello massimo, percepito in Francia. In caso di qualche intoppo o
malfunzionamento della missione e conseguente abbandono anticipato
della sede parigina, il mio lavoro proseguirebbe nella filiale di Roma della
nostra compagnia, con lo stipendio sindacale di funzionario di 66.000.000
di lire. In tutti e due i casi la cifra è da considerarsi al netto delle trattenute
previdenziali. Non abbiamo tempo per pensarci, se domani mattina
consegno la lettera di dimissioni al direttore Paganelli, vuol dire
l’accettazione della proposta, in caso contrario vuol dire che la cosa non è
di mio gradimento e pertanto rinuncio all’offerta. Ecco ti ho detto, per
sommi capi, tutto. Cosa ne pensi, cosa mi consigli di fare, come
cambierebbe la tua e la nostra vita? Se vuoi ragioniamo punto per punto e
decidiamo di comune accordo, come abbiamo sempre fatto.
Angela rimase in silenzio, pensosa, lo sguardo fisso sulle loro mani
intrecciate, sembrava impietrita, respirava lentamente, ma con
un’inspirazione profonda e ritmica. Andrea la guardò, le strinse ancor più
fortemente le mani sia pure con dolcezza nel tentativo di scuoterla e farla
reagire, non l’aveva mai vista in quello stato.
Sentendo la stretta di mano, alzò gli occhi e con lo sguardo che
esprimeva sorpresa e sbigottimento proferì con un filo di voce: - Ma è una
cosa enorme!
- Sì cara è veramente una grande cosa, io ancora non mi capacito
come abbiano pensato a me, anche se Paganelli ha avuto parole di elogio
per il mio operato in azienda. Doveva essere parecchio tempo che mi e ci
tenevano d’occhio, sapeva tutto di noi. Mancava solamente che sapessero
il numero di scarpe che portiamo ed il quadro era completo.
- Cosa ne dici, ce la possiamo fare? Ci sacrifichiamo tre anni per poi
stare bene tutta la vita? Oppure la cosa ti spaventa e rinunciamo a questa
manna piovuta dal cielo?
- Lasciami riprendere fiato, in questo momento non sto pensando al
futuro ma al presente, penso a tutti i preparativi per il trasloco, penso alla
difficoltà, per me, della lingua, il cambiare abitudini, sistema di vita, la
lontananza dai miei genitori e dai tuoi, che bene o male qualche piccolo
aiuto ce lo danno quando abbiamo bisogno per i bambini, dagli amici e dal
cambiato tenore di vita con, magari, obblighi di società derivanti dal tuo
nuovo incarico.
160
- Di questo non ti devi preoccupare perché in Francia sarei un
funzionario non un dirigente come quando, tra tre anni, ritorneremo in
Italia. Dai nostri genitori avremmo meno bisogno d’aiuto in quanto, come
oggi, sarei a casa presto il pomeriggio. Chiederemo che l’appartamento
fornitoci sia abbastanza vicino al posto di lavoro. In quanto alla lingua,
vedrai, in poco tempo riuscirai a sbrigartela per quanto riguarda il
linguaggio comune di tutti i giorni inerente agli acquisti nei negozi. Il
francese non è semplice scriverlo e leggerlo correttamente ma è
abbastanza facile per le piccole conversazioni quotidiane. Quando una
persona conosce 250 o 300 vocaboli può vivere in un’altra nazione. Non
certo per fare conferenze.
- Mi sento addosso una strana sensazione, è come se avessi già
saputo che mi avresti proposto una cosa del genere, non mi meraviglia il
dover partire, ne sono quasi contenta. Con la fantasia vedo già la casa di
Parigi, mi sembra di vedere i negozi, i tram, il traffico, la metropolitana. In
fondo che differenza c’è con Milano, sono entrambe due grandi città, una
abitata da milanesi, l’altra abitata da parigini, e con ciò? Sarà incoscienza
la mia? Mi sento quasi euforica ed elettrizzata all’idea di partire per
un’avventura forse più grande di me. Ma sì! Se sei contento tu, per te e
per la tua carriera, andiamo. Fai quello che devi fare e non pensarci più.
Andrea rimase interdetto, mai più avrebbe sperato in cuor suo che
Angela l’avesse presa così bene. Per naturale reazione dello spirito di
conservazione e di prudenza, ora, sembrava essere lui il reticente ed il
dubbioso, ma la sicurezza e lo spirito d’avventura di Angela lo fecero
ritornare sulle sue posizioni iniziali e, in cuor suo, era già proiettato al
nuovo incarico.
- Bene cara, allora adesso si tratta di scrivere una breve lettera di
dimissioni da consegnare domani mattina al dott. Sergio Paganelli. Poi
avremo un mese di tempo, il preavviso, per preparare il trasloco, trovare
un buon trasportatore internazionale che si occupi pure degli imballaggi.
Loro sono assicurati e qualsiasi danno verrà risarcito.
Ella si alzò dal divano, gli si avvicinò, si sedette sulle sua ginocchia e
prendendogli il viso tra le mani gli diede un bacio lungo e appassionato.
Sempre tenendo una mano sulla guancia sussurrò: - Sono orgogliosa
di te, amore mio, con le tua capacità sei riuscito a farti notare dalla
direzione e, oggi come oggi, se permetti, non è cosa da poco. Il modo,
come mi hai raccontato, e sul come il dott. Paganelli ti ha accolto,
effettivamente, è un po’ ruffianesco, ma alla fin fine quella propostati è una
cosa di grande responsabilità che non tutti sarebbero all’altezza di
affrontarla.
- Sì, è vero, però sarò io capace di essere all’altezza? D’altro canto
finché non provo non lo saprò mai. Certo è che loro mi daranno le direttive
sul come muovermi e cosa effettivamente stanno cercando. Mi consola il
fatto di sapere, evidentemente, nell’ambito della compagnia francese ci
siano delle persone già infiltrate che cercheranno di proteggere il mio
lavoro.
Andrea si alzò, si avvicinò al tavolo dove aveva appoggiato il suo
computer portatile, lo aprì e si mise a scrivere il testo della lettera di
161
dimissioni. La cosa non fu del tutto facile, trovare le parole giuste ed i
termini appropriati, ma soprattutto le motivazioni della sua decisione. Fece
leggere il testo alla moglie che espresse il suo parere favorevole.
Trasferì il testo su di un dischetto in quanto l’indomani mattina
l’avrebbe inserito nel suo computer d’ufficio per poterlo stampare e, dopo
aver apposto la firma, l’avrebbe portato, in busta chiusa, direttamente alla
sua amica Lucia per consegnarlo al dott. Paganelli. A quel punto avrebbe
dovuto aspettare gli eventi. Sicuramente avrebbe dovuto contattare
telefonicamente l’ufficio personale della nuova azienda e concordare con
loro i tempi e i modi del trasferimento.
Andrea tirò un profondo sospiro liberatorio sentendosi spossato nel
fisico, dopo una giornata così intensa di avvenimenti. Anche la moglie era
silenziosa e sembrava, pure lei, denotare una certa stanchezza. Stava
accanto al marito ed in un modo o nell’altro teneva una mano appoggiata
su di lui, quasi cercasse una conferma per tutto quello era successo, che
fosse una realtà e non fosse, al contrario, un sogno.
- Sono le ventitré, cara, andiamo a letto e cerchiamo di dormire; ne
abbiamo bisogno tutti e due. Domani è il giorno in cui volteremo pagina e
ci proietteremo nel futuro. Dapprima, potrà essere vorticoso e caotico, ma
vedrai, con il passare del tempo tutto si calmerà e ci ritroveremo in un
mondo nuovo, più consono alle nostre esigenze con la serenità del
domani, soprattutto per i nostri figli. Potremmo pensare di avere ancora un
figlio………parigino, cosa ne dici?
- Stupido! Con tutto quello che abbiamo da fare ora, tu pensi ad un
figlio da far nascere a Parigi…..Certamente un altro bambino non mi
dispiacerebbe, ma non è il momento ora di parlarne, andiamo a dormire,
sperando di prendere sonno nonostante il vortice di pensieri che abbiamo
in testa.
Il mattino seguente la sveglia suonò alla solita ora e Andrea fece le
consuete cose a cui era abituato ormai da tanti anni. Sembrava una
mattina come tutte le altre anche se, in realtà, l’attenzione non era rivolta
come al solito ad ascoltare le prime notizie del giornale radio, le previsioni
del tempo, onda verde e tutte quelle cose a cui era abituato mentre, in
bagno, si radeva e faceva la doccia. Fatta una veloce colazione si avviò,
con in tasca il dischetto del computer, verso la metropolitana per andare in
ufficio.
Finita di stampare la lettera, la imbustò, la chiuse e salì al quarto
piano. Incontrò subito Lucia alla quale diede il messaggio pregandola di
portarlo a Paganelli il quale, probabilmente lo stava aspettando.
- Non è ancora arrivato, ma dovrebbe essere qui a momenti, intanto
io metto la tua lettera sulla sua scrivania, ma tu non te ne andare, mi devi
raccontare della conversazione avuta ieri. Immagino probabilmente questa
lettera è la diretta conseguenza. Torno subito.
Lucia, girò l’angolo e si avviò velocemente lungo il corridoio.
Riapparve in meno di un minuto; doveva aver fatto veramente tutto di
corsa.
162
- Dimmi allora, cosa è successo? Cosa vi siete detti? Ti ascolto, sono
impaziente di sentire le novità.
- Il direttore mi ha proposto una promozione per un mio trasferimento
alla nostra sede di Roma. Io, circa un mesetto fa avevo ricevutoi una
proposta di lavoro da parte di una compagnia di assicurazioni francese,
con sede a Parigi e con un, veramente interessante, compenso annuo.
Con mia moglie si stava vagliando l’opportunità o meno di questa offerta
temendo le conseguenze di un trasferimento in terra straniera e comunque
lontano dalle normali abitudini. Ora, poiché l’abbandono di Milano è cosa
certa, abbiamo deciso di scegliere Parigi dove il disagio sarà senz’altro
meglio ricompensato. Per dire il vero avevo chiesto a Paganelli se avessi
potuto essere trasferito in qualche sede lombarda alle stesse condizioni.
Avrei fatto il pendolare, magari settimanale, ma rimanevo in zona. Il
direttore è stato irremovibile, o Roma o niente e, anzi, mi ha fatto
velatamente capire: o Roma o, probabilmente non avrebbero avuto più
bisogno della mia presenza in azienda. Ecco il perché della lettera di
dimissioni portata nel suo ufficio.
- Quanto mi dispiace, non avremo più modo di vederci, ma del resto
avete perfettamente ragione, le buone occasioni nella vita capitano di rado
e bisogna coglierle al volo, siete giovani e dovete crearvi un futuro
migliore. Mi raccomando scrivimi della tua nuova esperienza e, se come
spero sarà positiva, potresti ricordarti di me ed assumermi come tua
segretaria.
Si guardarono in faccia e scoppiarono in una risata forse più per
scaricare la tensione che per la battuta in se stessa. Si diedero la mano, si
abbracciarono e con un “buona fortuna” Lucia congedò l’amico.
Andrea si voltò per andarsene e ritornare al suo ufficio, quando
l’ascensore si fermò al piano, si aprirono le porte e ne uscì il dott.
Paganelli.
Si fermò e visto Andrea lo bloccò: – Allora Geronti era venuto per
me? Ci ha pensato al nostro colloquio di ieri? Cosa ha deciso?
- Buon giorno direttore, la sua segretaria le ha messo sulla scrivania
la mia lettera di dimissioni.
- Ah, così ci lascia! Venga, venga da me un momento, ne riparliamo
e forse riuscirò a convincerla a ripensarci.
Entrati nell’ufficio e chiusa la porta imbottita antirumore, il direttore
posò la borsa esclamando: - Mi compiaccio con lei, ha fatto la scelta
giusta, vedrà, non se ne pentirà. Forse non si è ancora reso conto di
quanto le è stato offerto, un salto da piccolo dipendente ad alto dirigente
con un intervallo di tre anni, chiamiamolo di rodaggio.
- Ora mi servono alcune informazioni per perfezionare il tutto e
poiché il tempo non è molto, dobbiamo muoverci subito. Immagino che a
lei serva un appartamento con due stanze da letto, una stanza da pranzo,
un salotto, cucina e bagno, ottanta o novanta metri quadri circa. I mobili li
ha già tutti o necessita qualche integrazione? Domani le manderò a casa
lo spedizioniere il quale si occuperà di controllare cosa deve predisporre
per l’imballaggio ed il trasloco. Oggi stesso, o domani al massimo, chiami
l’ufficio personale di Parigi per confermare il suo arrivo in capo ad un
163
mese. Ora le consegnerò un telefono cellulare con un numero che
sapremo solo io ed il nostro presidente, l’avvocato Giuseppe Zorzi. Se per
caso dovesse ricevere delle telefonate a quel numero da altre persone,
sarà presumibile abbiano sbagliato il numero, rifiuterà la chiamata e non
farà nemmeno sentire la sua voce. Solo se sul display appariranno il mio
nome o quello del presidente, quali chiamanti, allora potrà rispondere. Le
informazioni le chiederemo di volta in volta e dovrà fornircele registrate su
di un dischetto e spedirle con lettera assicurata a uno di noi due
richiedenti. Per il momento penso basti, casomai ci sentiremo per telefono.
Ah sì, ecco il telefono cellulare di cui le avevo accennato, lo prenda, se
dovrò conferire con lei d’ora in poi lo chiamerò con questo mezzo. Esso
non può essere intercettato essendo la trasmissione codificata. In memoria
ci sono solamente il mio numero e quello di Zorzi. Non usi questo telefono
per nessun altro tipo di chiamate, né d’ufficio né personali.
Andrea, di nuovo, rimase allibito, tutto era previsto, per il direttore
tutto era chiaro e sicuro. Lo spedizioniere, l’appartamento a Parigi, gli
eventuali mobili mancanti, il telefonino…….e cosa ancora?
Si riebbe e rispose alle domande specifiche: - Si, senz’altro, la
grandezza dell’appartamento è ottima. Attualmente abbiamo il salotto e la
camera da pranzo in un unico ambiente, se a Parigi gli ambienti saranno
due, i mobili potrebbero essere molto comodi e quindi insufficienti. Avevo
già pensato anch’io di chiamare l’ufficio di Parigi per confermare la mia
partenza per quella località al termine del periodo di preavviso dato a voi.
Prese il telefonino propostogli dal dott. Paganelli e lo guardò con
attenzione.
- E’ l’ultimo modello di telefono satellitare. Il suo utilizzo è un po’ più
costoso, ma in compenso non ci sono zone d’ombra, roaming non
accettato perché TIM non ha l’accordo commerciale con quel gestore, ed
altre cose impedenti il collegamento. Lei non si deve preoccupare in
quanto il contratto, pur essendo a suo nome, è domiciliato presso di noi e
cureremo noi il pagamento delle relative bollette. Lei lo potrà usare per
tutto il tempo necessario alla conversazione senza patemi d’animo per il
costo. Per quanto riguarda i mobili li integreremo con una o due poltrone,
oppure un divano, si potrebbe riempire qualche angolo con un tavolo da
gioco e quattro o sei seggiole. Non si preoccupi ci penserà l’arredatore
una volta avuta la piantina dell’appartamento e l’insieme del suo mobilio.
- Bene, per momento è tutto, torni pure al suo lavoro e se Castaldi
dovesse dire qualche cosa per il ritardo gli dica di chiamarmi per
confermare la sua presenza qui da me. Ovviamente quando sentirà il mio
nome non si permetterà di dubitare delle sue affermazioni. Bene, Geronti,
l’accompagno e grazie ancora di aver accettato, vedrà ne faremo di strada
insieme!
164
CAPITOLO 3
Il tempo passava, i giorni correvano veloci uno dopo l’altro, in casa
Geronti regnava il caos. Scatoloni dappertutto, mobili non smontabili
accuratamente protetti con angolari e profili di poliuretano espanso e tutti
avvolti in fogli di spesso nylon trasparente, valigie e bauli semi aperti e
semi pieni, per gli indumenti, bicchieri, bottiglie, piatti e stoviglie di plastica
per l’uso quotidiano per sostituire i servizi oramai imballati.
165
Marco ed Alessandro si aggiravano sgomenti, non riuscivano a capire
cosa stesse succedendo. Le loro biciclette ed i giocattoli più grandi non
erano più disponibili poiché imballati in grossi scatoloni, a loro rimanevano
solo quelli piccoli che sarebbero stati messi, all’ultimo momento, in borse
di plastica da posizionare nel bagagliaio della macchina. Papà, ma
soprattutto mamma, cercavano, con parole semplici, di far capire ai bimbi
che sarebbero andati a vivere in un'altra casa, più bella, così loro
avrebbero avuto più spazio per giocare. Non sembrava fossero molto
convinti, non riuscendo a capire il motivo di questo cambio, ma da bravi
bambini accettarono le spiegazioni dei loro genitori.
Nei rari momenti in cui Angela e Andrea riuscivano a starsene seduti,
cercavano di documentarsi sulla loro destinazione. L’indirizzo della nuova
abitazione era stato loro fornito direttamente dall’Agenzia Immobiliare che
l’aveva procurata. Rue de la communauté, (via della comunità)
controllando su di uno stradario della capitale, si trovava vicinissimo
all’asse in cui era collocato gran parte del terziario parigino e pertanto
anche la sede della Compagnia in cui lui avrebbe prestato servizio, e cioè
dalla Défense al nuovo centro Marne-La Vallée. Almeno sulla carta, la
zona sembrava vastissima, ma non poteva essere diversamente, essendo
Parigi uno tra i maggiori centri del mondo nel campo finanziario e
assicurativo. Cercarono di identificare il tragitto stradale migliore per
arrivare alla nuova casa. C’era da perdersi! Le vie d’accesso alla
metropoli, erano costituite da tre autostrade e ventitré strade nazionali,
confluenti da tutte le direzioni e, con sensi rotatori o perpendicolari,
arrivavano al centro della capitale.
Tutte queste novità cominciarono ad emozionare i due sposini, i quali
non vedevano l’ora di partire per incominciare una nuova, grande e,
speravano, meravigliosa esperienza.
- Pensa cara, mentre io sarò al lavoro ed i bimbi all’asilo o a scuola,
tu potrai fare la turista e visitare tutti i musei e i luoghi d’arte della città
considerata da sempre il centro culturale ed artistico più brillante del nostro
continente. Ti farai un bagaglio di nozioni sinceramente invidiabile.
Finalmente arrivò venerdì 9 maggio, il giorno della partenza. Il mobilio
e tutto il resto erano già stati caricati sui camions il mercoledì ed erano
partiti alla volta di Parigi. Infatti sabato dieci, loro avrebbero dovuto trovare
già tutto sistemato nella nuova casa con stoviglie e suppellettili varie lavate
e riposte negli stessi spazi da cui erano state tolte. Lo spedizioniere al
momento dell’imballaggio aveva numerato gli spazi ed il loro contenuto in
modo da non sbagliare nel riposizionare.gli oggetti. Anche questa era
professionalità, ma sicuramente sarà stata doverosamente remunerata.
Caricate le ultime cose personali nell’automobile erano giunte le nove
e trenta del mattino ed il viaggio di trasferimento incominciò. Da Milano a
Parigi bisognava percorrere ottocentocinquanta chilometri e pertanto
decisero di farlo in due tappe anche per non far soffrire troppo i bambini
con un viaggio così lungo. Si sarebbero fermati il pomeriggio, con il
conseguente pernottamento, uscendo dall’autostrada a Digione dopo circa
166
quattrocentocinquanta chilometri dalla partenza. Una bella giornata di sole
sembrava salutare la famiglia Geronti ed essere ben augurante per il
futuro. Dopo aver imboccato viale Certosa si diressero all’autostrada A4
per Torino. Il traffico era abbastanza intenso, ma regolare, l’autoradio
diffondeva una musichetta gradevole in sottofondo mentre i bambini
stavano giocando, sul sedile posteriore, con le loro carte in una specie di
“ruba mazzetto”.
Angela stava silenziosa per non distrarre Andrea dalla guida ed era
immersa in una sorta di pensieri che sembrava l’affliggessero. Egli se ne
accorse ed iniziò a conversare per distrarla e fare in modo di rendere il
viaggio il più possibile piacevole. Non trovando, al momento, argomenti
interessanti, Andrea chiese alla moglie: - E’ forse il caso di pensare per
domani, quando giunti a Parigi, dovremo comperare qualcosa per la cena
di sabato e per la domenica?
Angela rispose: - Dovremo comperare parecchie provviste in quanto,
a parte i generi alimentari non deperibili che erano stati spediti con i
bagagli, tutto il resto sarà necessario acquistarlo, dal latte al burro, uova,
frutta……….
Decise allora, anche per ingannare il tempo di prendere dalla
borsetta un foglio di carta e cominciare a fare la “lista della spesa”.
Una volta compilato insieme un lungo elenco, Angela sospirò: - Per
fortuna domani ci sarai anche tu, ma se non ti dispiace vorrei scrivere
accanto alle parole italiane la traduzione francese, così incomincio ad
imparare i vocaboli per me più importanti. Per il momento io me li scriverò
come si pronunciano e poi pian piano imparerò anche la loro grafia.
Così facendo il tempo passava ed i chilometri correvano sotto le
ruote della macchina. Avevano già passato Torino ed Aosta e stavano
imboccando il “Tunnel du Mont Blanc”. Avevano già percorso
duecentoventi chilometri quasi senza accorgersene. Alessandro, si era
appisolato in un angolino del sedile posteriore, mentre Marco “leggeva” un
giornalino di Topolino.
Erano le tredici quando giunsero ad una stazione di servizio vicino a
Viry. Decisero di fermarsi per mangiare qualcosa; avevano percorso circa
trecentotrenta chilometri. Scesero volentieri e mentre la mamma
accompagnava i bambini al bagno, il papà si avvicinò al self-service per
vedere cosa la cucina offriva. Il menù era vario ed assortito e lasciava
ampio spazio al desiderio di cose buone.
Tutti scelsero delle crepes, con la base di formaggio, ma chi con il
prosciutto, chi con gli asparagi, chi con il salmone affumicato e
rigorosamente acqua minerale. La mamma ed i bambini mangiarono
anche una fetta di crostata di mele, mentre Andrea bevve un caffè. Non
voleva appesantire lo stomaco per essere ben sveglio ed attento alla
guida.
Erano circa le quattordici quando ripersero il viaggio in direzione di
Lione che avrebbero raggiunto dopo una cinquantina di chilometri. A quel
punto avrebbero deviato a destra imboccando un’altra autostrada in
direzione di Parigi. L’arrivo a Digione era previsto intorno alle quindici e
trenta. Avrebbero avuto tutto il pomeriggio, dopo essersi sistemati in
167
albergo, per visitare la città, fare magari un po’ di shopping, andare a cena
e sistemarsi per la notte.
Sabato mattina, dopo aver fatto una buona colazione, risalirono in
macchina per accingersi a percorrere l’ultima tappa verso Parigi.
Mancavano da coprire ancora circa quattrocento chilometri, quasi tutti in
autostrada, pertanto si potevano ipotizzare quattro ore di viaggio. Intorno
alle quattordici sarebbero dovuti arrivare alle porte della città.
Andrea chiese alla moglie di cercare di vedere sullo stradario della
città la direzione che avrebbero dovuto prendere una volta arrivati alle
porte della capitale, la sequenza di viali e strade per giungere nelle
vicinanze di rue de la communauté.
- C’è da perdersi, dovremo seguire le indicazioni una volta giunti sul
posto. Qui vedo, usciti dall’autostrada e pagato il pedaggio, bisogna
prendere per la Porte d'Orleans, poi girare a destra per la Avenue Du
Général Leclerc poi diritti per la Place Denfert Rochereau.
A questo punto direi di chiedere conferma a qualche passante se,
come vedo sulla carta, bisogna veramente girare a sinistra per l’omonima
Avenue, poi ancora a sinistra sulla Avenue De L’Observatoire e ancora
Boulevard Saint Michel, Boulevard du Palais au Change da seguire fino al
centro.
Da qui non dovrebbe essere difficile arrivare a casa nostra, salvo
eventuali sensi unici e direzioni obbligatorie.
Andrea sorrise, girando per un attimo lo sguardo verso Angela, le
sussurrò: - Per trovare la strada ci penseremo quando saremo giunti sul
posto, ma non so se ti sei accorta, hai detto una cosa che mi ha riempito di
felicità!
- Un elenco di strade e viali ti ha fatto tanto felice? Non capisco cosa
vuoi dire.
- Hai detto “arrivare a casa nostra”, a me è sembrata una cosa
meravigliosa, come fossimo andati a fare una scampagnata e stessimo
rientrando a casa.
- Ma è la verità, quella sarà, anzi è, casa nostra. Con il passato
bisogna chiudere, non possiamo vivere di ricordi e di nostalgie, altrimenti
staremmo sempre lì a fare il confronto e magari sentirsi male. Questa sarà
la nostra nuova casa, il nostro nuovo mondo, il nostro nuovo nido, non
dobbiamo sentirlo freddo e distaccato, è una cosa nostra e come tale deve
darci calore come e più, se possibile, della casa precedente! Non vedo
l’ora di aggirarmi ed ambientarmi nei nuovi spazi, anche perché gli arredi
sono i nostri, cambia solo il contenitore, poca cosa.
- Quanta saggezza c’è in te, sinceramente non ti conoscevo sotto
questa veste, ma ne sono felice ed orgoglioso. Orgoglioso che tu sia la
madre dei nostri figli e certamente con questi sentimenti li stai crescendo
in modo stupendo. Fino ad ora, con le mie prolungate assenze da casa,
non potevo e forse non avrei saputo fare altrettanto.
Erano le quattordici e trenta quando in distanza intravidero il casello
d’uscita dell’autostrada con le barriere del pedaggio. Andrea si chiese se il
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tempo di percorrenza urbano sarebbe stato altrettanto lungo di quello
autostradale.
Per fortuna si stava sbagliando, forse perché era sabato pomeriggio
e perché era ancora presto, il traffico si presentò relativamente scorrevole.
I viali e le piazze filarono via lisce mentre Angela cercava di leggere le
targhe indicanti il nome dando indicazioni al marito sul come procedere e
dove doveva cambiare direzione. In meno di un’ora di percorso cittadino
giunsero a Rue de la communauté 115. Fermata la macchina nelle
vicinanze del portone, scese e si accinse a comporre sul cellulare il
numero di telefono dell’Agenzia, per comunicare il loro arrivo, quando si
sentì chiamare, in uno stentato italiano - E’ forse lei, il signor Geronti?
- Sì – rispose - sono Geronti, ma parli pure francese, lo capisco
abbastanza bene e dovrò sforzarmi di parlarlo sempre meglio.
- Stia tranquillo, non ci sono problemi, dalle poche parole che mi ha
detto, capisco che sicuramente il suo francese è al di lunga migliore del
mio scarso italiano. Chiami la signora ed i bambini, vi farò strada. Proprio
questa mattina la ditta di trasporti ha ultimato la sistemazione del mobilio
e, soprattutto di tutte le stoviglie. Tre donne sono state impegnate per ore
ed hanno lavato, asciugato e riposto tutto negli armadi seguendo la
traccia fornita loro dall’addetto. Veramente un gran bel lavoro, la sua
signora troverà tutto sistemato.
- Grazie delle informazioni. Mia moglie ne sarà contenta.
Cara, prendi i bambini, ora saliamo a vedere l’appartamento, la
signorina dell’Agenzia è qui ad attenderci.
La costruzione non era moderna, era un palazzo d’epoca con un atrio
ampio e signorile, la guardiola del portiere, alcune porte si aprivano ai
fianchi ed in fondo c’era l’ascensore.
Il portiere uscì, si tolse il berretto gallonato, e salutando con un
inchino si diresse all’ascensore per farlo scendere ed aprire le porte.
Angela si guardò in giro, compiaciuta; teneva i bambini per mano, i quali, a
loro volta, con la bocca aperta per la sorpresa osservavano la vastità del
portone, gli stucchi e gli affreschi alle pareti.
Salirono al terzo piano, in realtà un quarto piano, poiché c’era pure
l’ammezzato raggiungibile con due rampe di scale. Sul pianerottolo si
aprivano tre porte di altrettanti appartamenti, la signorina si avviò verso la
porta di destra, inserì la chiave nella toppa ed aprì la pesante porta
d’ingresso all’appartamento.
- Prego accomodatevi, vi faccio strada e vi mostro alcune cosucce
inerenti il funzionamento degli impianti.
La signorina fece vedere loro il quadro generale dell’impianto
elettrico, con i relativi interruttori di sicurezza da 10 e 16 ampere, il
salvavita, e l’interruttore che comandava l’accensione del boiller, la
chiavetta centralizzata della chiusura gas e la saracinesca principale di
chiusura dell’impianto idrico. Mostrò pure il funzionamento dell’apparato,
che elettricamente, faceva salire e scendere le tapparelle di chiusura delle
finestre. Tutto il resto era già sistemato, televisioni e radio comprese.
Chiese ancora se avessero delle domande da fare ed ottenuta
risposta negativa, consegnò loro copia del contratto di locazione, già
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sottoscritto, facendosi firmare, per ricevuta su documento analogo. Porse
la mano ai coniugi Geronti, con un sorriso fece una carezza ai due
bambini e, salutando, uscì dall’appartamento.
Andrea prese i figli in braccio, si avvicinò ad Angela, ed in un unico
abbraccio, baciando tutti a turno disse: - Eccoci qua! Vogliamo visitare la
casa? Cosa ne dite? Per intanto abbiamo visto l’atrio e gli impianti
racchiusi nella nicchia. Se l’ingresso è così, figuriamoci il resto. Rimise i
bimbi a terra e si diresse a destra dove, aperta la porta, si trovarono nel
salotto, luminosissimo. Alle pareti una bellissima carta da parati si intonava
perfettamente con i loro mobili che occupavano parte dello spazio.
L’ambiente era stato completato, probabilmente dall’arredatore, con un
bellissimo tavolino da gioco rotondo contornato da sei seggiole con lo
schienale alto ed il sedile imbottito e ricoperto di broccato, inoltre, a
riempire parzialmente una parete, era stata inserita pure una bella libreria.
La stanza seguente era la camera da pranzo, alla quale si accedeva sia
dal salotto direttamente, che dall’atrio. Era leggermente più piccola del
salotto, le pareti erano occupate dalle due porte nonché da due finestre
ed essendo i loro mobili abbastanza ingombranti, era rimasta tale e quale
senza l’aggiunta di altri mobili. Era veramente carina e sicuramente era più
valorizzata di come l’avevano a Milano, unita al salotto. Usciti nuovamente
nell’atrio, videro sulla parete di fronte alla porta d’ingresso, c’era una
bellissima consolle sormontata da un imponente specchio. Ai lati si
aprivano due porte scorrevoli a scomparsa.
Aprirono quella di destra e si trovarono in un bel disimpegno. A
sinistra era posizionato un bagno, completo, con un lussuoso box doccia.
Le piastrelle, i sanitari e la rubinetteria erano veramente di classe e così
pure l’illuminazione, non accecante ma intensa. Non c’era la finestra ma
un veramente buon impianto di aspirazione forzata faceva il suo dovere.
Sul fondo del disimpegno, di seguito al salotto e alla camera da pranzo, si
apriva la cucina, abbastanza ampia e soleggiata. Le sue dimensioni
ricordavano la loro cucina precedente. Tutti i mobili e gli elettrodomestici,
erano stati sistemati quasi come prima, non sembrava neanche di aver
cambiato casa. Per la moglie ciò fu veramente molto importante, non notò
alcuna difformità che l’avrebbe disorientata, si trovò subito perfettamente a
suo agio. All’esterno c’era pure un balcone, sufficientemente ampio per
poter stendere i panni ad asciugare. La parte terminale del disimpegno
comprendeva un ripostiglio, non molto grande, ma funzionale.
Ripercorsero a ritroso il disimpegno uscendo nuovamente nell’atrio e
si diressero dalla parte opposta dove si apriva, sempre con porta a
scomparsa, l’altro disimpegno conducente alle due stanze da letto a
sinistra ed al secondo bagno sulla destra, in fondo. Questo bagno era
leggermente più grande perché conteneva una vasca da bagno con
l’idromassaggio, c’era pure il doppio lavabo oltre al resto dei sanitari.
Questo bagno era munito di finestra che dava su di un cortiletto interno. Le
due stanze da letto erano veramente molto grandi, essendo esattamente
di fronte ai tre ambienti: salotto, camera da pranzo e cucina, avevano
pertanto la stessa superficie.
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La stanza dei bambini, oltre ai mobili portati da Milano, su di un lato
erano state posizionate due scrivanie con la struttura metallica ed il piano
in cristallo in modo da non stonare con i mobili preesistenti. Inoltre, in un
angolo, era stata creata una piccola palestra ginnica per bambini.
Ultimo ambiente visitato, fu la loro stanza da letto, molto grande. Ai
piedi del letto e prima dell’armadio era stato sistemato un salottino in pelle
sopra un bellissimo tappeto persiano. Sull’angolo di sinistra c’erano
posizionate due porte-finestra che si aprivano su di un terrazzo d’angolo
che dava sulla via principale e su di una laterale.
Ultimata la visita, Andrea chiese ai suoi cari: - Cosa ne dite? Vi
piace? – I bimbi emisero dei gridolini di gioia – Molto bella la nostra stanza,
ci sono tante più cose. Angela, un po’ emozionata, replicò: - E’ bellissima,
completa, confortevole, tutto è a posto, ma non dirmi che questa casa ha
solo ottanta metri quadri! Andiamo a prendere quei pochi bagagli, giù
inautomobile, poi comincerò a disfare i bauli, posti di la, con il vestiario.
- Lascia, vado io, rimani qui con i bambini. Fate un altro giro per la
casa. Credo anch’io, la casa ha senz’altro ben oltre i cento metri.
Preso l’ascensore, ridiscese al piano terra. Il portiere lo informò:
- Dietro l’angolo c’è l’ingresso al parcheggio privato del condominio.
Le consegno il telecomando e la informo che il suo posto macchina è il
numero dieci, come il numero dell’appartamento.
Gli fece vedere anche come dal garage si accedeva, attraverso una
delle porte ai fianchi dell’atrio, direttamente senza uscire in strada. Molto
comodo per quando pioveva!
Si avvicinò all’auto e, mentre stava per salire, udì due vocine che
dall’alto lo chiamavano: - Papà, papà, siamo qui, ciao. Alzò gli occhi e vide
Angela mentre teneva ben stretti sotto braccio Marco ed Alessandro. I
bimbi agitavano le braccia cercando di farsi notare.
– Ciao bambini, vi ho visto, scendete, è pericoloso, ci vediamo tra
poco.
Salito in auto, mise in moto. Girato l’angolo azionò il telecomando e la
porta basculante si aprì lentamente. Entrato nel garage la luce ambientale
si accese automaticamente, probabilmente messa in funzione da una
cellula fotoelettrica; cercò il parcheggio numero dieci, era relativamente
vicino. In fondo sulla destra notò una porta che probabilmente era quella
dalla quale si accedeva all’atrio del portone. Così fu e iniziò il trasporto
delle tre valigie e delle varie borse contenute nel bagagliaio.
Quando aprì la porta dell’atrio, il portiere gli corse incontro per
aiutarlo, dicendogli: - Rag. Geronti, lei avrebbe dovuto chiamare per
essere aiutato, questo è anche uno dei miei compiti.
Prese tutte e tre le valigie e si diresse all’ascensore seguito da
Andrea. Egli teneva in mano le borse in plastica con gli ultimi giocattoli dei
bambini. Salirono al terzo piano, il portiere suonò il campanello con il naso.
Angela aprì la porta, egli depositò i bagagli subito all’interno. Stava per
uscire e, rivolto ai coniugi Geronti, disse: - Vi prego, sono a vostra
disposizione, non esitate a chiamare per qualsiasi cosa compreso la
riparazione di piccoli guasti sia elettrici come pure idrici. Buona serata e al
piacere di potervi essere utile.
171
Salutarono, ringraziando, e quando la porta fu chiusa lui esclamò:
- Ma guarda la gentilezza di quest’uomo! Deve essere questo un palazzo
altamente prestigioso. Non credo che in tutte la case, qui a Parigi, ci sia un
trattamento simile da parte dei portieri, quando ci sono! Lunedì chiederò
informazioni, anche perché avere il portiere può essere abbastanza
normale, ma vestito con un’impeccabile divisa, quasi fosse il portiere di un
Grand Hotel, e così servizievole, non deve essere del tutto normale.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Andrea propose alla moglie di
non mettersi a svuotare i bauli, perché tutti assieme, sarebbero andati a
fare un po’ di compere in qualche supermarket delle vicinanze per creare
una dispensa alimentare almeno per le prime necessità del sabato e della
domenica.
Ella rispose: - Ma guarda, hai proprio ragione, nell’eccitazione della
novità mi ero completamente scordata di non avere nulla da mangiare.
Sistemo i bambini, li pettino ed usciamo.
Nell’atrio incontrarono il portiere al quale Andrea, prima di tutto,
chiese quale fosse il suo nome e qualche informazione per sapere dove
fosse collocato un super mercato nelle vicinanze.
- Il mio nome è Philipe, Philipe Dupont, per servirla. Al prossimo
isolato, verso sinistra, troverete un ben fornito supermarket dove, oltre il
vastissimo reparto alimentare, ci sono altri piccoli reparti, casalinghi, capi
di abbigliamento, soprattutto per bambini, tovaglie e tante altre cose.
Volevo informarla inoltre, se la sua signora avrà piacere, basterà chiamare
con il citofono interno e dopo aver preparato una lista della spesa, io la
passerò a mia moglie Renèe, la quale vi provvederà per vostro conto,
recapitando gli acquisti direttamente a casa. E’ una cosa in uso nel nostro
condominio ed è gradita a tutti i condomini ed inquilini. Buona passeggiata
e buoni acquisti, signori Gerontì.
Tenendo i bambini per mano, scesero in strada e si avviarono verso il
super mercato e lui commentò: - Ecco, questa è una caratteristica
francese cara, dovrai abituarti, tutti i cognomi, quando finiscono con una
vocale, essa è accentata. Hai sentito, ci ha chiamati Gerontì e non Geronti
e non serve farglielo notare, continuerebbe a mettere l’accento in fondo.
Entrarono nel grande negozio sfarzoso di luci. Verso l’uscita, erano
allineate ben dodici casse, al momento non tutte funzionanti. Presero un
carrello molto grande e, nell’apposito spazio, fecero sedere Alessandro, un
po’ perché non sia stancasse, un po’ perché non sfuggisse di mano e si
perdesse mentre, tra gli scaffali facevano incetta di provviste. Marco,
essendo più grande, aiutò la mamma a spingere il carrello.
Il reparto alimentare, era veramente immenso. Oltre le solite
scaffalature piene di ogni ben di Dio, c’era un vasto reparto di ortofrutta, la
pescheria, un lunghissimo banco di salumeria al taglio con una decina di
addetti e un bel reparto di macelleria. In un angolo c’era pure il banco della
gastronomia.
- Cosa ne dici, cara, per questa sera, senza star lì a cucinare vuoi
provare cosa c’è di pronto? I manicaretti comincerai a prepararli domani.
- Buona idea – rispose – pensiamo a cosa prendere per domani e
prima di uscire, passiamo al reparto gastronomia.
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Il carrello si riempiva inesorabilmente, bisognava prendere tutto.
Tutto per le colazioni del mattino, pranzi, cene, dolcetti e merendine per i
bambini, acqua minerale, bibite, vino, detersivi, saponi, ecc. Passando
davanti agli espositori le braccia, quasi automaticamente, prendevano ogni
cosa necessaria e quello che sarebbe potuto diventare utile per la vita
quotidiana. Alla fine, Andrea dovette aiutare a spingere il carrello, tanto era
pesante. Sarebbe stato meglio prenderne due subito all’inizio! Alla fine,
avendo certamente dimenticato di prendere qualche cosa, si avvicinarono
al banco della gastronomia. C’era solo l’imbarazzo della scelta. Optarono
per delle crépes agli asparagi da scaldare nel forno a microonde, un po’ di
vitello tonnato, quello si poteva mangiare anche freddo e una mezza torta
alle mele. Formaggi ed eventuale frutta erano già nel carrello.
Si avviarono ad una delle casse libere. Quando la cassiera li vide
arrivare con quell’enorme quantità di prodotti ebbe un attimo di
scoramento, ma la professionalità ebbe il sopravvento e, con un sorriso,
cominciò a passare i codici a barre dei vari prodotti sul lettore ottico della
cassa. Il nastro di carta usciva dal registratore e si allungò fino a toccare
quasi terra, alla fine l’addetta batté il totale: 1.924,65 franchi. Andrea prese
dal portafoglio la carta di credito, la porse alla cassiera ed espletate le
consuete formalità, si affrettò ad aiutare la moglie a riempire le borse di
plastica fornite dal supermercato. Con una certa difficoltà, tre borse e due
figli, rientrarono a casa concedendosi, finalmente, un po’ di meritato
riposo.
Cenarono e, grazie al ricevitore satellitare, riuscirono a vedere il
telegiornale in italiano trasmesso dalla RAI. Finita la visione, volutamente,
Andrea sintonizzò un’emittente francese che trasmettesse pure un
telegiornale. Le notizie internazionali essendo comuni a tutti i paesi, le
fece ascoltare alla moglie consigliandole di recepire le notizie in francese
e, conoscendo già gli argomenti, sforzarsi di capire la versione in lingua
francese.
La giornata era stata veramente intensa; messi a letto i bambini,
questi crollarono immediatamente in un profondo sonno e pure loro
decisero di andare a riposare.
L’indomani, domenica, dopo fatta colazione sarebbero andati a
messa e avrebbero fatto pure una breve passeggiata per prendere visione
della zona dove abitavano. Avrebbero trascorso la giornata festiva, tutti
assieme, per abituarsi e pregustare la nuova vita e le nuove abitudini che
la città offriva loro.
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CAPITOLO 4
Arrivò il lunedì mattina, il fatidico giorno del cambiamento per Andrea.
L’ufficio distava due fermate d’autobus dalla loro abitazione, pertanto
decise di provare a fare il tragitto a piedi per vedere quanto ci avrebbe
impiegato e, se la distanza da percorrere non avesse richiesto troppo
tempo, e le condizioni climatiche non fossero state avverse, avrebbe
preferito andare a piedi per fare un po’ di moto prima di chiudersi in ufficio.
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Ci mise poco più di quindici minuti per giungere dinanzi al maestoso
edificio, sede della Compagnia di Assicurazioni. Un palazzo stile ottocento
pieno di fregi decorativi alle facciate, con la parte bassa in pietra bugnata
e mezze colonne ornamentali che arrivavano sino al primo piano le cui
finestre erano in alternanza delle bifore e delle trifore. Al secondo piano,
c’era una serie di balconcini in pietra che si estendevano su tutta la
facciata principale.
Entrò nel vastissimo atrio, sembrava essere più un salone delle feste
di qualche antica dimora dell’epoca imperiale, che l’atrio di un ufficio.
C’era un andirivieni di persone le quali raggiungevano le tre scalinate
sistemate ai tre lati, di fronte all’ingresso, oppure i vari ascensori. Sulla
sinistra trovò la portineria e gli sportelli che fornivano le tessere
magnetiche provvisorie, agli occasionali visitatori che si sarebbero recati
negli uffici non aperti al pubblico. Si avvicinò ad un portiere e chiese: Dovrei recarmi dalla signorina Armagnac, segretaria del direttore Platinì,
saprebbe indicarmi la strada, per favore? – E’ forse lei il rag. Geronti? –
incalzò il portiere.
Ricevuta risposta affermativa, incaricò un suo collega, di
accompagnare Andrea presso la direzione generale dell’istituto. Preso
l’ascensore, salirono al quarto piano. Quarto piano! Ciò lo fece riflettere e
pensare in quanto doveva essere una consuetudine o una coincidenza che
le direzioni fossero tutte a quel piano. Usciti dall’ascensore il suo
accompagnatore si diresse verso la seconda porta a destra e, dopo aver
bussato, annunciò alla segretaria l’arrivo del rag. Geronti.
La signorina Nicole Arnagnac lo accolse con un sorriso dicendo: - E’
un vero piacere conoscerla, è la prima volta che mi capita di vedere in
questi uffici un funzionario italiano. Benvenuto tra di noi!
- Il piacere è tutto mio, gentile signorina Nicole, per i primi tempi mi
troverò un po’ spaesato, ma spero di abituarmi quanto prima ai vostri
sistemi operativi.
- Complimenti per il suo francese, in queste condizioni non avrà
sicuramente problemi linguistici. Con il suo curriculum e il suo bagaglio di
esperienze maturato in Italia anche l’inserimento nel nostro sistema, per
lei, sarà un gioco da ragazzi. Comunque ad aiutarla per qualsiasi esigenza
ed informazione ci sarà la sua segretaria, la dottoressa Louise Basset, che
adesso chiamerò, in modo che sia proprio lei a presentarla al nostro
direttore generale, il dott. Alphonse Platinì.
Prese il telefono e, facendo un breve numero interno, annunciò a
Louise l’arrivo del nuovo funzionario Geronti, pregandola di venirlo a
ricevere.
- Vedrà che bella ragazza è la sua segretaria, ma, oltre che bella, è
veramente brava ed efficiente, ne sarà soddisfatto!
- Anche la bellezza ha la sua importanza, ma sul lavoro io preferisco
l’efficienza e la serietà. Sono felicemente sposato e con due meravigliosi
bambini che mi riempiono la vita.
- Certamente, non mi fraintenda la prego, Louise è qui in direzione
proprio per la sua bravura e perché è una ragazza seria e pensa
prettamente al lavoro, ma, lei mi capisce, quando riceverà dei clienti, è
175
meglio che ad accoglierli ci sia una bella ragazza e non una vecchia zitella
inacidita. Essi si troveranno a loro agio dopo aver soddisfatto anche la
vista, non le pare?
- Presa sotto questo punto di vista, lei ha perfettamente ragione
Nicole, Infatti i miei clienti, se così si possono chiamare, non vengono
certamente volentieri da me, in un modo o nell’altro devo cercare di
convincerli a rientrare e mettersi in regola con le rate scadute e in
sofferenza.
In quel momento si aprì la porta ed apparve una ragazza bionda,
veramente bella. Vestiva una camicetta bianca con una generosa
scollatura la quale poco lasciava all’immaginazione e un paio di pantaloni
giallo senape dove l’aria trovava difficoltà a esistere tra la pelle e la stoffa.
Un paio di sandaletti neri con il tacco a spillo completavano il quadro.
Chiusa la porta e salutato Nicole, si diresse verso Andrea con un
smagliante sorriso: - Sono veramente lieta di fare la sua conoscenza,
spero di essere all’altezza per esaudire le sue richieste e che lei rimanga
soddisfatto del mio operato. Lavoro presso la direzione da un paio d’anni e
credo di conoscere abbastanza bene tutte le pratiche, anche perché, chi
mi aveva preceduto, era riuscito ad archiviare correttamente e con metodo
tutto il lavoro.
- Non ci sono dubbi, andremo d’accordo, tra l’altro io non ho molte
esigenze. Però una segretaria efficace, che mi rammenti gli impegni è
meglio di qualsiasi agenda, ancorché elettronica.
Nicole e Louise scoppiarono a ridere e la prima disse: - Avevo
ragione, commentò, parla bene il francese, riesce anche a fare le battute e
spiritose soprattutto. Fammi un favore, cara, accompagna il rag. Geronti
dal direttore annunciandogli l’arrivo e l’inizio del suo rapporto presso di noi,
cosa della quale è a perfetta conoscenza.
- Volentieri, solamente oggi arriverà un po’ in ritardo. Nel frattempo gli
farò vedere il suo nuovo ufficio e dove sono sistemati i suoi colleghi e i
reparti ai quali sono preposti. Andiamo prego, l’accompagno.
Entrambi salutarono Nicole, Andrea con una stretta di mano, e si
avviarono lungo il corridoio dove, svoltato un angolo, Luoise aprì una porta
ed entrarono in un grazioso ufficio, non molto grande, ma decorosamente
arredato. – Ecco questo è il mio ufficio, la segreteria, dalla quale si accede
al suo ufficio attraverso la porta, lì a sinistra.
Vi si diressero e, aperto l’uscio, si trovarono in un ambiente che nulla
aveva da invidiare l’ufficio del dott. Paganelli di Milano. La stanza era
d’angolo, quattro finestre rendevano l’ambiente fin troppo luminoso, in
una giornata di sole come quella.
Andrea si avvicinò alla scrivania, ma più di un piano di lavoro
sembrava avere le dimensioni di un campo di tennis da tavolo. Era
completamente arredata con scrittoio, accessori di vario tipo contenenti un
po’ di tutto, dalle penne biro, stilografica, matite, foglietti per appunti,
tagliacarte, forbici, ecc.
C’erano dei mobili bassi, un frigo bar, un salottino, tappeti, piante
ornamentali e quadri alle pareti. Louise mostrò il funzionamento delle linee
telefoniche, l’uso del viva voce e del sistema interfonico per collegarsi a lei.
176
Accese pure il computer e gli fece vedere l’attuale password per collegarsi
sia in internet che in intranet, funzione che a lui sarebbe stata più utile per
accedere al calcolatore centrale e trarne i dati necessari per il suo lavoro.
Gli fece vedere pure come avrebbe potuto cambiare la password e
sostituirla con quella da lui ritenuta più opportuna in modo da rendere il
computer accessibile solo a lui.
La segretaria gli fece vedere una rubrica telefonica interna dove
erano segnati tutti i numeri generici dei vari uffici e quelli personali dei
funzionari e dei dirigenti. La aprì alla lettera P per trovare e formare il
numero del dott. Platinì. Dopo un paio di squilli, il direttore rispose e Louise
lo informò, se fosse stato libero, avrebbe accompagnato da lui il rag.
Andrea Geronti, il nuovo funzionario, proveniente dall’Italia, il quale
prendeva servizio oggi.
Louise affermò: - Andiamo, è ansioso di conoscerla. Usciamo da qui.
Quest’altra porta rende il suo ufficio indipendente se non vuole passare
attraverso la segreteria.
Di fronte, dopo pochi metri, sulla destra c’era la porta del direttore
generale. Louise l’aprì senza bussare e si trovarono in una specie di
anticamera di fronte ad un’altra porta e questa volta bussò delicatamente.
Dall’altra parte si udì una voce stentorea: - Avanti!
Entrarono in un ambiente che sembrava la sala delle udienze del
Presidente della Repubblica. Il soffitto, a volta, tutto affrescato, avrà avuto
un’altezza di almeno cinque metri, la stanza non aveva meno di ottanta
metri quadri. Colonne, statue, arazzi, quadri e lampadari in cristallo di
Boemia completavano lo scenario. Tra due finestre, davanti ad un enorme
caminetto in marmo, era sistemata la scrivania del direttore.
- Prego, si accomodi, venga pure avanti. Grazie signorina, può
andare. Mi fa molto piacere che lei abbia deciso di trasferirsi presso la
nostra compagnia. Il mio amico Paganelli, al quale ho chiesto informazioni
dopo la sua domanda di essere assunto qui da noi, mi ha tanto ben parlato
di lei e delle sue capacità operative. Noi, attualmente, siamo carenti in quel
reparto e le pratiche in sofferenza sono più numerose del dovuto. Conto
molto su di lei per risolvere questo problema. Mi dica, si è sistemato bene
con la famiglia? Il condominio dove risiede è veramente uno dei più
rinomati e prestigiosi di Parigi.
Ad Andrea squillò un campanello d’allarme. L’amico di Paganelli,
come poteva sapere tutto sull’appartamento, sulla famiglia…..Che fosse
una delle “talpe” di tutta l’operazione? Per il momento era meglio non
indagare.
- Grazie direttore, tutto bene! Anche se siamo qui da solo due giorni,
ci siamo ben ambientati. Per prendere visione di questa parte della città
oggi, sono venuto a lavorare a piedi. Volevo fare pure un po’ di moto. Il
percorso è stato piacevole. Se non ci saranno delle condizioni climatiche
avverse, continuerò con questo sistema. Poi il sabato e la domenica, con
la famiglia, faremo i turisti, ma ci vorrà del tempo per visitare tutta queste
enorme e meravigliosa città. Per quanto riguarda il lavoro, oggi stesso,
inizierò a prendere visione delle pratiche più lontane nel tempo. Studierò i
sistemi migliori per cercare di recuperare i crediti.
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- Vada con calma! Quanto zelo! E’ appena arrivato, faccia un giro per
gli uffici con la sua segretaria, si presenti agli altri colleghi, familiarizzi.
Bisogna riconoscere, contrariamente ad altre realtà lavorative, qui da noi la
socializzazione e l’intercambiabilità sono
elementi fondamentali ed
intrinseco in tutti i collaboratori, di ogni ordine e grado. Per quanto riguarda
la visita della città, avrà tempo di farlo. Forse non tanto, perché, temo, date
le sue doti, tra qualche anno volerà ad altri lidi, o no?
Pensò: - Sì! E’ quasi certo, egli c’entra in qualche modo in tutta la
faccenda. Quest’ultima allusione non è buttata lì per caso, è frutto di un
disegno ben preciso. Voleva vedere se ci fossi cascato e mi fossi
contraddetto in qualche modo.
- Grazie direttore, farò come lei mi suggerisce. Oggi inizierò un giro
per i vari uffici e, in quanto alla visita della città e al periodo di mia
appartenenza a questa società, se mi troverò bene e non sarete voi a
licenziarmi chissà che, lei ed io, non si continui a collaborare per tanti anni
ancora. La ringrazio e la saluto, non vorrei farle perdere del tempo
prezioso. Rientro provvisoriamente nel mio ufficio per poi fare le visite
programmate. Grazie ancora e buona giornata.
- Buon giorno a lei e buon lavoro, vedrà, in un modo o nell’altro
collaboreremo per tanti anni ancora. Arrivederci e porga i miei omaggi alla
sua Signora.
Andrea uscì dal salone fermamente
convinto, dopo l’ultima
affermazione, che le frasi del colloquio fossero tutte imperniate sul dire ed
il non dire e per far capire di essere nella stessa barca.
Per la prima volta provò ad usare l’interfono con la segretaria.
Schiacciò il pulsante: - Signorina, può venire un momento da me, per
favore?
- Certo, sono subito da lei.
La porta interna si aprì e Luoise si informò: - In cosa posso esserle
utile?
- Su suggerimento del dott. Platinì, dovremmo fare un giro per i vari
uffici e reparti in modo da presentarmi ai colleghi. Siccome non basterà
questo scorcio di mattinata, nell’intervallo per la colazione, potremmo
andare a mangiare un boccone assieme, così mi farà vedere dove si può
prendere qualche cosa cucinata bene e facilmente digeribile.
- A sua disposizione, l’accompagnerò volentieri. Per quanto riguarda
la colazione, qui all’interno dell’edificio, abbiamo, al secondo piano, la
mensa aziendale. Io ci vado sempre e mi trovo benissimo. I cibi sono ben
cucinati, gustosi e leggeri nello stesso tempo, inoltre, se necessita, hanno
pure il menù dietetico preparato con primi piatti al burro o all’olio e secondi
di carni bianche ai ferri con verdura sia cotta che cruda. Si trova sempre
un po’ di tutto, ma gradiscono se si prenota il menù per il giorno dopo su
degli appositi foglietti ritirati alla cassa e si riconsegnano compilati e
portanti il proprio nome. L’indomani, ci si presenta al bancone e si ritira il
vassoio già preparato.
- Ottimo! Faremo così, oggi mi farà da guida anche in questo. Bene
andiamo, la seguo e cercherò di memorizzare, almeno in parte, dove si
trovano i vari uffici ed il nome dei responsabili. So già che questa sera avrò
178
una grande confusione in testa, ma speriamo che pian piano, alla bisogna,
saprò ricordare e identificare i vari reparti.
La giornata passò tra una di stretta di mano e frasi di cortesia, solite
frasi convenzionali, reciproci auguri di buon lavoro e convenevoli scontati.
Unico intervallo piacevole e rilassante fu la pausa pranzo. Lousie ebbe
ragione, il cibo era ottimo, gradevolissimo al palato, ed il prezzo veramente
contenuto. Bisogna riconoscere, la cucina francese non si smentisce mai,
fin anche nelle mense.
Alle cinque meno un quarto, rientrarono in ufficio, Andrea ringraziò la
sua segretaria per la disponibilità e prima di entrare nella sua stanza le
augurò una buona serata.
– Io devo fare un paio di telefonate, per oggi non ho più bisogno di
lei; alle diciassette può andare via tranquillamente. Domani inizieremo il
lavoro e avrò bisogno di lei per rintracciare le prime pratiche da esaminare.
Buona serata e grazie! E’ stata gentilissima.
- Dovere, sig. Geronti, ci vediamo domani. Vedrà che rimarrà
contento di me. Buona sera.
Andrea si chiuse nel suo ufficio, aprì una finestra per far entrare un
po’ d’aria fresca, si sedette alla scrivania e preso il telefono, chiamò casa
sua. Anche per confermare, come detto, le telefonate preannunciate.
- Ciao cara, come va? Come hai passato la prima giornata da sola a
Parigi? Lascia, non dirmi niente, alle diciassette esco e vengo subito a
casa così fino ad ora di cena avremo da raccontarci le reciproche
esperienze. Un bacione, ci vediamo tra poco
Chiuse il telefono, si alzò e si diresse verso la finestra dalla quale
entrava, anche se non molto forte, il rumore del traffico cittadino. Era però
sufficiente per poter prendere il telefono cellulare dalla tasca interna della
giacca e chiamare il dott. Paganelli, senza essere udito da orecchie
indiscrete, e potergli raccontare delle prime esperienze e delle prime
impressioni provate nella nuova sede.
- Dottore, buon pomeriggio, sono Geronti, sta per finire il mio primo
giorno di presenza nella nuova realtà, non ho ancora preso visione di
niente, perché tra una visita e l’altra e la presentazione ai nuovi colleghi, la
giornata è volata via. La chiamo anche per sapere se ha delle disposizioni
da darmi.
- Oh Geronti, sono molto contento di sentirla. Si ricorda ancora
parlare l’italiano? Scherzavo suvvia. Lo sapevo, oggi era in giro per uffici,
mi ha chiamato a mezzogiorno Platinì per ringraziarmi delle referenze
fornitegli su di lei e dire, che la realtà è stata migliore della descrizione.
Complimenti, mi congratulo con lei, sapevo di aver puntato sul “cavallo”
giusto! Per quanto riguarda il lavoro, non si preoccupi, lei inizi a fare quello
per cui è stato da loro assunto come ha sempre fatto ottimamente da noi.
Lasciamo passare del tempo in modo da inserirsi bene nella nuova realtà,
poi quando, chi lei sa o lo immagina, me lo dirà potremo iniziare la nostra
operazione. La chiamerò io per proporle i primi quesiti da svelare e, ah sì,
non faccia capire di sapere di chi si tratta. Mi darà il via per i contatti.
Intesi? Buona sera e, speriamo, a presto, mi ricordi alla sua signora.
179
- Ok direttore, recepito il messaggio, non si preoccupi, le tre
scimmiette saranno il mio emblema qui dentro nel nuovo ufficio.
Erano le diciassette e qualche minuto quando uscì dal suo studio
attraverso la porta diretta. Non voleva far credere di controllare se Louise
c’era ancora, tanto…..la sentiva muoversi nella segreteria.
Entrò nel portone di casa, erano da poco passate le diciassette e
trenta, non gli sembrava vero di rientrare in famiglia con il sole ancora alto
nel cielo. Il portiere lo vide e si precipitò a chiamare l’ascensore. Aprendo
la porta, con un mezzo inchino esclamò: - Buona sera rag. Geronti, ben
rientrato, ha passato una buona giornatata?
- Grazie Philipe, molto gentile. Sì, per essere il primo giorno di lavoro
qui a Parigi, la giornata è volata via piacevolmente. Adesso vado a casa e
passo la serata in famiglia.
La festa fattagli da Angela, Marco ed Alessandro quando Andrea aprì
la porta fu enorme. I bimbi si strinsero forte alle gambe del papà e Marco,
alzando gli occhi, forse un pochettino lucidi, gridò: - Vive la France! Se ci
farà avere a casa di sera il nostro papà così presto.
Tutti si misero a ridere e con aria pomposa, Andrea, guardò il figlio:
- Ma parli veramente bene il francese, potrai aiutare la mamma quando
andrà nei negozi. Una seconda risata riempì l’atrio dell’appartamento.
Abbracciò i suoi cari, diede un bacio alla moglie e, tutti assieme entrarono
in salotto.
Prima di potersi sedere sul divano, Alessandro incalzò: - Sai, la
mamma è stata bravissima, ci ha già consegnato tutti i giocattoli, sono di là
in camera nostra. Vieni a giocare con noi, papà?
- Volentieri, tra un poco, adesso lasciatemi sedere e prendere fiato.
Vorrei scambiare due chiacchiere con la mamma e con voi. Vi racconto
della mia nuova sistemazione e di come ho trovato l’ambiente di lavoro.
Sono stati tutti gentilissimi con me, devo dire la verità, non avrei mai
pensato che un nuovo “intruso” fosse così ben accettato, quasi con affetto.
La stanza del mio ufficio è bellissima, sembra la stanza di un dirigente
piuttosto che di un funzionario, cosa volete, qui in Francia, i funzionari sono
meglio considerati che da noi. Ho anche una graziosa segretaria. Mi aiuterà
nel mio lavoro.
Angela sbottò: - Ah! Il signore ha anche la segretaria e magari sarà
anche carina. Stai attento merlo, io vi terrò d’occhio.
- Ma cosa dici! E’ una brava ragazza, laureata, molto riservata e
veramente ben educata. Poi io amo voi, la mia famiglia. Nulla e nessuno
potrebbe allontanarmi da voi, capito?
Angela si alzò, abbracciò forte il marito e disse: - Venite bambini,
diamo un bacio al papà! Lui sa essere unico ed impagabile.
Come fosse un gioco per loro, i bambini si aggrapparono ai vestiti dei
genitori per tentare la scalata ed arrivare in alto.
- Attenti, state rompendo le maniche, aspettate, scendiamo noi giù da
voi. Si misero in ginocchio ed iniziarono una piccola lotta rotolandosi sui
tappeti. I bimbi erano al settimo cielo, non sembrava loro vero di poter
giocare a quel modo con mamma e papà.
180
Il tempo passava velocemente e, ad un tratto, Angela si alzò: Continuate pure voi a giocare, io devo andare di là in cucina per preparare
la cena. Vi preparo un buon minestrone di verdure. Oggi, andando a fare
la spesa, dietro l’angolo, poco dopo l’ingresso del garage, ho scoperto un
bellissimo negozio di frutta e verdure. Tra le tante cose, aveva pure un
cesto con tanti tipi di verdure freschissime già tagliate e pronte per la
minestra. Poi vi preparerò prosciutto e melone. Vado!
Dopo cenato, i genitori permisero ai figlioli di guardare ancora
mezz’ora la TV prima di andare a dormire. Angela ed Andrea rimasero in
cucina a parlare mentre lei sparecchiava e metteva le stoviglie usate per il
pasto nella lavastoviglie iniziando il ciclo di lavaggio.
Lui le raccontò della conversazione avuta con il direttore Platinì, in
mattinata e quella telefonica con Paganelli prima di uscire per tornare a
casa. Anche Angela ebbe la sensazione che avessero voluto,
velatamente, metterlo al corrente non dicendo praticamente nulla, ma
facendo intendere quello che volevano lui capisse. Lo consigliò di non
“sbottonarsi” e non farsi sfuggire nemmeno mezza parola per non far
capire quanto sapeva della situazione reale. Forse lo avrebbero
costantemente tenuto sotto pressione per vedere se sapeva stare al suo
posto ed essere riservato.
Decisero, di comune accordo, dall’indomani egli avrebbe svolto
solamente il lavoro cui era ufficialmente chiamato a compiere e finché
Paganelli o il presidente Zorzi non avessero dato precise istruzioni
telefoniche. Non avrebbe preso alcuna iniziativa personale nel recepire
dati se non da loro espressamente richiesti.
CAPITOLO 5
Erano ormai trascorsi oltre due mesi dal suo primo giorno lavorativo
in terra di Francia e tutto filava liscio come l’olio. Era riuscito a far rientrare
alcuni clienti morosi, oramai considerati cronici, e reinserirli nei normali
scadenzari della compagnia. Due o tre volte il dott. Platinì, visti i primi
risultali, lo aveva fatto chiamare per congratularsi dei risultati. Anche
Louise, non abituata a questi risultati, lavorava con maggiore lena
cercando di scegliere accuratamente le pratiche da sottoporre al suo capo.
Era ovvio, i buoni risultati ottenuti da Andrea avrebbero influito anche sulle
sue “note caratteristiche” per le
valutazioni che venivano stilate
annualmente su tutto il personale.
181
Un venerdì di fine luglio, erano da poco trascorse le sedici, nel
silenzio della stanza, rotto solo dal brusio proveniente dalla strada e dalla
ventola di raffreddamento del computer, suonò improvvisamente il
cellulare. Sembrò quasi una cannonata, che provocò un tuffo al cuore di
Andrea. Non si trattava del suo cellulare personale, ma di quello satellitare
fornitogli da Paganelli. Con la mano tremante l’afferrò, rispondendo alla
chiamata, dopo aver controllato sul display se la chiamata provenisse da
uno dei due nominativi autorizzati.
- Pronto, buona sera dottore, cominciavo a pensare vi foste
dimenticati di me. Quali novità? Cosa devo fare per voi?
- Buona sera Geronti, il tempo trascorso è quello previsto perché la
sua presenza nell’azienda venisse considerata oramai una normale
routine. Ho saputo che tutto procede nei migliori dei modi. Come sempre,
lei è riuscito ad avere degli ottimi risultati. Prima di tutto, volevo informarla
che una terza persona avrà il suo numero ed è il dottor Platinì. Lei dovrà
comunicare con lui mediante i soliti mezzi e solamente per i problemi
inerenti l’attuale sua carica. Potrà essere solamente chiamato da lui e
pertanto, se dovesse apparire sullo schermo questo terzo nominativo,
dovrà rispondere e, come detto, a nessun altro. Le istruzioni che lui
dovesse darle sono da considerarsi come provenienti da me o da Zorzi.
Avrà già capito da tempo e, non avevo dubbi: una delle due persone che
la seguiranno dal didentro è proprio lui. A tempo debito, avrà modo di
conoscere anche la seconda. Come prima istruzione da sviluppare,
prendendo come scusa la necessità di un indagine statistica, ci preparerà
un diagramma delle acquisizioni e delle disdette dell’ultimo decennio. E’
ovvio: - a noi le disdette non interessano minimamente, ma fanno parte
della ricerca statistica e serviranno a coprire i dati a noi necessari. Avremo
così un quadro completo dell’incremento delle polizze, ma soprattutto i
nominativi dei singoli, per tastarne il peso economico ed il ramo di attività,
e se sono state acquisite dalla casa madre o dalle affiliate sparse nel
mondo. Ponga particolare attenzione, la prego, sui dati provenienti dal sud
est asiatico ora, sembra, in forte espansione. Non c’è alcuna premura,
faccia con calma, nei ritagli di tempo in modo da non far scoprire il calo di
rendimento del lavoro attualmente in corso. La sua segretaria oramai
conosce i suoi ritmi e potrebbe notare la differenza. Le possibilità
d’accesso, da parte sua, ai dati del calcolatore centrale, è stato elevato al
massimo grado. Potrà così accedere anche ai dati altamente riservati che
solamente quattro o cinque persone, in azienda, risultano autorizzate a
farlo. I tabulati da sviluppare ed elaborare, li salvi su di un dischetto da
custodire gelosamente nella tasca interna della giacca, cancellando, a fine
lavoro, quanto contenuto nel suo computer personale. Per il prosieguo del
lavoro, i giorni seguenti, prima di continuare, riprenderà i dati assunti e
contenuti nel dischetto per aggiungere il nuovo lavoro e così via. Quando
questo primo incarico sarà concluso, mi invii un SMS di “saluti”, seguito, a
breve giro di posta, dell’invio del dischetto al mio indirizzo privato di casa a
lei ben noto. Faccia copia del dischetto che, in caso di mancato recapito,
invierà nuovamente. Ricevuta mia conferma potrà riformattare il dischetto
in suo possesso in modo da azzerare quanto in esso contenuto e non
182
lasciare tracce, per la sua e nostra sicurezza. Tanti auguri di buon lavoro
e, mi raccomando, lentamente, ha tutto il tempo a sua disposizione. Buona
sera e buona cena.
- Non dubiti direttore, nessuno si accorgerà di niente. Speriamo di
poter unire tutti i pezzi del “mosaico” che sicuramente saranno frastagliati,
sia per motivi di sicurezza, ma penso, soprattutto per motivi fiscali. Grazie
degli auguri, penso di averne bisogno. Buona cena anche a lei.
Erano le diciassette e qualche minuto quando udì bussare dalla porta
della segreteria. – Avanti! – disse. – Capo, sono io, avrei finito, se non ha
altri ordini, andrei a casa. Posso?
- Ma certamente, vada pure, continueremo domani, anch’io metto in
cassaforte queste pratiche e vado a casa dai miei marmocchi.
- Bellissimo, beato lei. Un giorno li farà venire in ufficio in modo da
farmeli vedere? Sono curiosa di conoscerli.
- Volentieri, anzi, una sera via da qui, andremo direttamente a casa
mia così conoscerà anche mia moglie e mangeremo un boccone tutti
assieme. Le va? Mia moglie comincia a parlare solamente qualche parola
di francese, pertanto non sarà una perfetta padrona di casa, ma spero la
scuserà.
- Molto volentieri, se non disturberò, sarà per me un onore oltre che
un piacere. Per quanto riguarda sua moglie, sarò contenta se si sforzerà di
parlare la mia lingua, ma in caso di difficoltà, per non metterla in
imbarazzo, parlerò io l’italiano che conosco benissimo. Grazie ancora e
buona sera.
- Eh no! Un momento! Quante cose devo ancora scoprire? Quante
cose mi tenete segrete qui dentro? Non mi aveva mai detto, né fatto
capire, di parlare l’italiano.
- Vede lei non mi aveva mai chiesto quale fosse la mia laurea,
altrimenti l’avrebbe saputo. Sono laureata alla facoltà di lingue moderne,
qui all’università di Parigi, con la specializzazione in traduzione simultanea.
Oltre il francese, ovviamente, conosco l'italiano, il tedesco, l’inglese e
abbastanza bene lo spagnolo. In questa ultima lingua non riuscirei a fare la
traduzione simultanea, almeno credo. Proprio per questa mia laurea ho
avuto la fortuna di entrare in questa azienda.
In caso di necessità, il direttore Platinì, mi chiama per aiutarlo quando
ci sono ospiti stranieri, anche se lui parla bene l’inglese. Quando nell’aula
presidenziale vengono svolti gli stages con ospiti stranieri o c’è qualche
conferenza tenuta dal relatore in una delle lingue da me conosciute, al
microfono, faccio la traduzione simultanea per gli ascoltatori francesi.
- Fantastico, se avrò qualche necessità, per il mio lavoro, saprò a chi
rivolgermi. E’ veramente, per me, affascinante saper di gente che riesca a
coordinare la mente in modo tale di pensare ed esprimersi nella lingua
desiderata.
- Guardi, rag. Geronti, è solo questione di applicazione e di pratica.
Ma si è accorto, dopo poco più di due mesi, lei non traduce più le frasi
pensate, come faceva agli inizi, ma si esprime direttamente in francese,
quindi “ragionando” in francese?
183
- Forse ha ragione! Continueremo un’altra volta questo discorso, non
voglio trattenerla tanto oltre l’orario. Buonasera Louise, a domani.
- Fa piacere anche a me parlare di cultura, tanto non ho un gran da
fare, essendo single, faccio due passi, poi prendo la metropolitana e vado
a casa. Io abito in periferia.
- Siccome lei avrà bisogno, quando ci arriveremo, di avere delle
traduzioni per controllare pratiche estere, è questo uno dei motivi per cui
sono stata assegnata a lei come segretaria. Per fortuna le pratiche
provenienti dal sud est asiatico sono scritte o in inglese o in francese e non
nella lingua originale, altrimenti non sarei stata io ad essere assegnata a
lei. Ora basta veramente, buona notte!
Richiuse la porta e sparì. Cosa ne sapeva lei del sud est asiatico?
Anche lei aveva buttato lì la frase, come il pescatore butta un po’ d’esca
nel mare per attirare i pesci? Fosse lei la seconda persona? Devo stare
attento a non tradirmi e far finta di non aver recepito l’eventuale
messaggio. Potrebbe essere anche un caso, vedremo come continuerà la
cosa. Se non ci saranno altre allusioni, si sarà trattato veramente di una
coincidenza, altrimenti vedremo.
Andrea raccolse le pratiche giacenti sulla sua scrivania, le racchiuse
in cassaforte, e si avvicinò al computer per chiudere le applicazioni, in quel
momento, attive.
Chiamò Angela a casa per chiederle se avesse avuto bisogno, strada
facendo, di comperare qualche cosa mancante in casa. Ricevuta risposta
negativa, promise di rientrare di lì a poco, il tempo di fare la strada.
Uscì dall’edificio in un caldo torrido, come solo a fine luglio poteva
esserci in una città continentale. Allentò il nodo della cravatta e slacciò il
colletto della camicia. Lungo il tragitto si fermò in un bar per cercare
refrigerio e spegnere la sete ordinando un Pernod con acqua e tanto
ghiaccio. Gli piaceva questa bevanda dal fortissimo sapore di anice,
comunemente chiamata mistral. Era una tipica bevanda francese la quale,
grazie alla piccola dose d’alcool e alla grande quantità acqua e ghiaccio
era molto gradevole risultando veramente molto dissetante.
Entrato nel portone di casa, il portiere gli venne incontro con una
busta in mano. Si trattava di una raccomandata proveniente dall’Italia.
- Buona sera rag. Geronti, come avrà notato, qui da noi non ci sono
le cassette par la posta. Infatti è compito della portineria ricevere la
corrispondenza per tutto il palazzo, suddividerla e consegnarla ai
destinatari. In caso di loro assenza, dobbiamo custodirla diligentemente
fino al rientro del destinatario. Questa è giunta stamattina e, non avendo
visto passare la sua signora, la consegno a lei. Venga l’accompagno
all’ascensore.
Andrea, istintivamente, girò la busta per vedere il mittente: Mario
Rossi, Corso Sempione, Milano. Chi sarà mai questa persona, lui non
ricordava di averla mai conosciuta, anche se di Mario Rossi a Milano ce ne
saranno almeno duecento se non molti di più. Per non far vedere
l’impazienza di aprirla se la mise nella tasca della giacca e, quando Philipe
aprì la porta dell’ascensore, vi entrò salutando e ringraziando.
184
- Ah sì, mi scusi ragioniere, volevo informarla, se poteva interessarla:
questa sera, alle venti e trenta, presso l’oratorio parrocchiale, a duecento
metri dietro il palazzo, ci sarà uno spettacolo di burattini per la gioia dei
bambini. Forse ai suoi potrebbe interessare. L'ingresso è libero,
eventualmente si può lasciare un’offerta per la chiesa.
- Grazie, veramente interessante, ne parlerò con mia moglie. Per una
volta in tanto, i bambini andranno a letto più tardi del solito, ma in cambio
potrebbero divertirsi con uno spettacolo certamente più genuino della
solita televisione.
A casa propose ai suoi se fossero stati intenzionati di uscire, quella
sera, per andare a vedere lo spettacolino segnalato dal portiere.
I bambini si misero a saltellare dalla gioia: - Sì, sì papà andiamo, E’
vero mamma, ci andiamo? Sarà bellissimo!
Angela sorrise dicendo: - Va bene andiamo. Per una volta andrete a
letto più tardi, però domani farete i bravi. Promesso? Oggi siete stati
alquanto disubbidienti, tant’è che non siamo nemmeno usciti a fare la
spesa. Per fortuna avevo di tutto in casa.
Andrea posò la borsa e, tolta dalla tasca la busta, l’aprì: Conteneva la
conferma che il signor Mario Rossi aveva effettuato un versamento nel suo
conto corrente di lire 42.000.000 con valuta 27/07 e la causale “pro primo
trimestre”. Mario Rossi, leggasi Sergio Paganelli, o chi per lui. Era il
conguaglio pattuito versato, come d’uso postecipatamente , con cadenza
trimestrale.
Si avvicinò alla moglie per farle vedere la bella sorpresa. Angela
lesse attentamente e quando arrivò alla cifra, si soffermò, aprì la bocca e
con un sussurro pronunciò: - Ventimila! Ma allora è tutto vero, è una cosa
enorme, mi vien da piangere dalla felicità.
- Sì cara, finalmente potremo guardare al futuro con serenità, per noi
e i nostri figli. Bene, quando ceniamo?. Oggi pasteggeremo con lo
champagne per festeggiare e poi, ci daremo alla pazza gioia con lo
spettacolo dei burattini.
- Quanto sei scemo! Per noi non tanto, ma per i bambini sarà
veramente una grande festa. Essi non capiranno, ma sarà veramente una
festa, se poi ci mangeremo anche un buon gelato……………..cosa ne dici
scialacquiamo?
Si misero a ridere guardandosi negli occhi. Con un istinto reciproco,
le loro labbra si avvicinarono e si unirono in un bacio appassionato.
Erano quasi le ventitré quando rientrarono; il portone era chiuso a
chiave, Philipe e la moglie, giustamente, avevano finito il turno e
riposavano anche loro. Marco più che camminare, trascinava i piedini,
Alessandro già dormiva in braccio ad Andrea. Non erano abituati a stare
alzati fin così tardi, ma anche per loro fu un’esperienza indimenticabile.
Mamma e papà non li avevano mai sentiti ridere tanto come quella sera,
anche se il dialogo non lo avevano capito, ma la mimica dei personaggi
era talmente esauriente che le parole erano “un di più”.
Messi i bambini a letto, si soffermarono un momento in salotto prima
di ritirarsi pure loro.
185
– Se non avessi ricevuto l’ordine di chiamare solamente per cose
veramente importanti, domani avrei telefonato a Paganelli per ringraziare.
- Ma caro, capisco l’educazione, ma, per dire il vero, non c’è proprio nulla
da ringraziare, hanno fatto solamente quanto era pattuito e nulla più. Avrei
ben voluto vedere se non l’avessero fatto!
- Sì, hai proprio ragione, ma cosa vuoi, mi sembra ancora una cosa
irreale alla quale però, lentamente, mi sto abituando e sentirla nostra.
Volevo dirti……. una di queste sere, inviterei a cena da noi, se non ti
dispiace, la mia segretaria concordando con te, ovviamente, il giorno che
ti sarà più comodo. Non sarà una cena ufficiale, ma una cosa semplice.
Ha espresso il desiderio di conoscere i nostri bambini. Sai, Louise è una
ragazza semplice, anche se ho saputo che è laureata in lingue.
Oggi ho ricevuto la prima telefonata da Paganelli, con le prime
istruzioni. Mi ha ufficialmente confermato di essere Platinì una delle due
“talpe”, ma io devo far finta di nulla. A suo tempo mi sarà confermata
anche la seconda persona dell’operazione.
Parlando oggi con la segretaria sulle lingue da lei conosciute, le è
sfuggita una mezza frase su di un argomento che ufficialmente non
avrebbe dovuto conoscere.
Mai più appropriato l’invito a cena. Conversando a tavola cercherò di
far scivolare il discorso sull’argomento citato da Louise e così spero di
riuscire a capire se la frase è stata un caso fortuito o un lapsus. Se i miei
sospetti risulteranno fondati avrò individuato in anticipo la seconda
persona in seno alla società inserita nei programmi e negli accordi di
Paganelli.
- Va benissimo, anch’io sarei contenta di conoscere questa signorina
tanto indispensabile e tanto premurosa, purché mi avvisi qualche giorno
prima, in modo che di organizzarmi, e faremo questa cenetta “a tre”.
- Ah! Ah!, quanto sarcasmo o quanta gelosia nelle tue parole. Sappi
e, tienilo bene a mente, che il nostro rapporto è e sarà sempre di puro
lavoro e null’altro. Anche perché sarei un cretino integrale incrinare il
nostro meraviglioso amore, la nostra stupenda famiglia e il nostro radioso
futuro per un’avventura che, comunque, sarebbe fine a se stessa. Capito?
Non parliamone più per favore!
- Scusami, sono stata una cretina, ma sai, noi giovani mogli
casalinghe, dobbiamo aspettare la sera per vedere il marito, sapendolo
tutto il giorno accanto ad una splendida fanciulla. certi pensieri affiorano
naturalmente.
Io ho una fiducia illimitata in te e vorrei mordermi la lingua per punirmi
delle stupidaggini dette. Credevo di fare una battuta spiritosa, invece non è
stata nè spiritosa nè azzeccata. Potrai perdonarmi?
- Guarda, a me è entrata da un orecchio ed è uscita dall’altro.
Cancelliamo questo discorso come non fosse mai stato fatto. Dammi un
bacio, stupidona!
Le cinse la vita con un braccio e si avviarono verso la camera da
letto, non prima di aver sbirciato se i bambini erano tranquilli e stessero
dormendo.
186
Il giorno dopo, giunto in ufficio, passò attraverso la segreteria per
salutare Louise. Ella si alzò prendendo in mano il blocco per gli appunti: Ha delle disposizioni per me? Posso rendermi utile? Le servono altre
pratiche?
- No, grazie, per oggi voglio rivedere le quattro pratiche messe ieri
sera in cassaforte. Ci sono alcune cose che non mi convincono, pertanto
voglio rivederle con calma ed attenzione. Per oggi penso di essere a
posto, comunque se avrò bisogno, la chiamerò.
Ah, sì, a proposito, mia moglie sarà felice di averla a cena da noi;
magari ne parliamo dopo per fissare il giorno.
- Mille grazie, veramente gentili, per me sarà una serata importante,
adoro i bambini e, penso, che i suoi siano carini ed amabili.
Andrea si chiuse nella sua stanza, predispose sulla scrivania le
pratiche in sofferenza alle quali stava lavorando ed avviò il computer per
poter iniziare a verificare quanto Paganelli gli aveva chiesto.
Quasi subito squillò il cellulare satellitare, controllò il display, era
Platinì. Rispose: - Buon giorno dottore, cosa posso fare per lei?
- Buon giorno alcuni dei dati di cui avrà bisogno richiederanno la
password, abbiamo inserito il suo nome come chiave di acceso. La chiave
prevede infatti sei lettere o numeri ed il suo nome ha appunto sei caratteri.
Buon lavoro.
Andrea non riuscì nemmeno a rispondere; il direttore aveva sospeso
la conversazione chiudendo il telefono.
Dopo aver selezionato il tasto “start” e “programmi” fece apparire
tramite le “risorse del computer” tutti i dati che erano inseriti
nell’elaboratore centrale cui era collegato. Scelse, per cominciare a
navigare nella marea di notizie, un dato che potesse essergli utile. I primi
dati apparvero sullo schermo. Era cominciata l’avventura. Tante notizie
risultarono irrilevanti, altre avrebbero potuto essere utili e, quest’ultime
furono registrate sul dischetto.
Dopo un’ora di ricerche decise di sospendere e si dedicò alle sue
pratiche di recupero. Il lavoro non sarebbe stato facile, leggere,
interpretare, vagliare e scegliere i dati da utilizzare in futuro avrebbe
richiesto molto più tempo di quello supposto da Andrea. Forse,
procedendo nella consultazione di quella miriade di notizie si sarebbe
potuto selezionare ed assottigliare quanto trasmesso.
La prima pratica presa in esame era stata quasi ultimata già il giorno
prima. Chiamò con il citofono la segretaria e lei in pochi attimi, entrò
nell’ufficio del principale.
– Signorina, scriva la lettera, come d’uso, nei modi e nei termini
indicati. La renda abbastanza piacevole, se piacevole può essere una
lettera di sollecito, poi me la sottoponga per la firma. Grazie.
- La scrivo subito, per farla partire con la posta di mezzogiorno.
- Non occorre lei si precipiti. Ora più, ora meno, non risolve
assolutamente niente. Lei sa come sono i clienti morosi, non si precipitano
di certo a pagare. Se andrà bene, ci vorranno ancora un paio di contatti o
di lettere prima di risolvere il problema.
187
Andrea riprese il suo lavoro esaminando un’altra pratica; doveva
continuare così per non dare nell’occhio.
CAPITOLO 6
Il tempo passò relativamente veloce nell’alternanza del suo normale
lavoro e di quello commissionatogli da Paganelli. Il 3 dicembre ultimò la
registrazione del primo dischetto e, dopo averne fatto una copia da tenere
in tasca, come ordinatogli, mandò un SMS di “saluti” al direttore in Italia.
Preparò un pacchetto con l’imbottitura interna in modo che, nella
spedizione, il dischetto non subisse delle rotture e lo indirizzò a casa del
suo capo.
Si avvicinavano le Festività Natalizie e fu contento di aver ultimato
entro l’anno quel primo incarico. I risultati, a suo giudizio, dovevano esser
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parecchio importanti: le acquisizioni, in totale, erano aumentate realmente
del 36,12% rispetto all’uguale periodo dell’anno precedente contro una
media di circa il 23% annuo nell’ultimo decennio.
Del 36,12 % oltre il 20% degli incrementi provenivano proprio dal sud
est asiatico dove lo sviluppo industriale, grazie anche agli investimenti fatti
da azionisti occidentali, era in forte espansione e con costante aumento
che non accennava minimamente a stabilizzarsi.
Non poteva durare a lungo questo boom, ma era il caso di
approfittarne ora, finché il “ferro era caldo” e questo sia Paganelli sia Zorzi,
da ottimi managers, lo avevano intuito.
Ottenuta conferma dall’Italia del ricevimento del dischetto, si stava
accingendo a resettarlo, quando gli venne un pensiero da farlo desistere di
eseguire questa operazione.
Tutto bene, tutto buono, ma la prudenza non è mai troppa con questi
“pescecani”. Decise di conservare il dischetto in una cassetta di sicurezza,
da prendere in affitto presso la sua banca, lì a Parigi. Distruggere i dischi
lo si poteva fare anche in seguito, una volta terminata l’operazione.
Se qualche cosa non fosse andata per il verso giusto e le promesse
fatte a voce non fossero state mantenute, avrebbe avuto un’arma con cui
difendersi e ricevere quanto spettante di diritto.
Con l’interfono chiamò la sua segretaria. Poco dopo la porta si aprì
ed entrò: - Prego, mi dica cosa posso fare per lei?
- Prenda Louise, questa è una pratica di quelle che sto esaminando,
dentro le ho messo una minuta della lettera da scrivere. Sia gentile nei
termini, ma ferma nei concetti. Poi me la riporti per il controllo e la
spedizione.
Appena uscita dalla stanza, squillò il cellulare: monsieur Alphonse lo
invitava a passare nel suo ufficio.
Passò dall’uscita diretta, dopo aver bussato alla porta del direttore
generale, entrò: - Buongiorno dottore, mi cercava?
- Certo! Si accomodi. Ho visto, ha fatto un gran buon lavoro. Per il
momento si dedichi solamente al lavoro per cui è stato assunto.
Siamo oramai alle festività natalizie e non è il caso di frazionare il
lavoro ancora da svolgere, ne riparleremo dopo la prima quindicina di
gennaio. Ora si goda questo periodo con la sua famiglia.
Devo dire la verità, sono stato favorevolmente impressionato da
come ha saputo gestire le due cose in maniera che nessuno se ne
accorgesse. Si sarà chiesto come mai quel lavoro particolare non fosse
stato eseguito da uno di noi avente, comunque, accesso ai dati riservati,
senza spendere la cifra rilevante per il suo compenso.
Ebbene, la cosa è semplice. Lei è stato assunto per avere, casomai,
un capro espiatorio. Di questo era al corrente, si era assunto il rischio, ma
le fu anche corrisposto il particolare compenso per coprire gli eventuali
disagi.
Io sono convinto e ringrazio Paganelli per la sua felice ed oculata
scelta, in quanto il progetto sarà portato a buon fine grazie alla sua
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competenza e, come pattuito, lei verrà inserito nel futuro staff dirigenziale
e l’attuale esborso diverrà normale compenso.
Ho notato che è riuscito a risolvere alcuni casi di insolvenza
particolarmente ostici. Un giorno lei dovrà spiegarmi quale metodo usa. Le
nostre lettere di sollecito, ancorché pesanti come tono, non hanno avuto
nemmeno riscontro, mentre lei è riuscito a recuperare delle cifre anche di
una certa importanza.
Riuscendo a svolgere in modo impeccabilissimo il suo lavoro in
azienda, è riuscito a mettere un velo di copertura all’altra attività.
Ottimamente, veramente un buon lavoro. Bravo!
Ma passiamo a cose più piacevoli, lasciamo da parte il lavoro. Volevo
dirle che il giorno 26 dicembre, mia moglie ed io usiamo fare un
festicciola nella nostra villa, dove sono invitati tutti i dirigenti con,
ovviamente, il coniuge. Sarei felice se lei e la sua Signora volessero
prendervi parte.
- E’ un onore e un privilegio per noi, la ringrazio sentitamente,
verremo molto volentieri. Ancora una cosa riguardo il lavoro e poi vado a
cercare di metterla in pratica. Sono a buon punto su due pratiche piuttosto
ostiche e, se riuscissimo ad andare a buon fine, recupereremmo circa
148.000,00 euro.
- Non sia modesto e non metta il plurale, se ci riuscirà sarà
esclusivamente merito suo. Ci dia sotto, perché come aveva fatto a
Milano, ridarebbe più credibilità e fiducia alla nostra compagnia.
- La ringrazio per l’invito ed ora mi ritiro a finire i lavori intrapresi.
Buona serata.
Uscì dal mega studio del direttore e si diresse al suo ufficio pensando
che forse non erano tanto “pescecani” come lui aveva timore oppure erano
dei perfetti attori sapendo mascherare abilmente le loro intenzioni. Forse
era meglio cominciare ad aver un po’ di fiducia in più.
Stava rientrando quando udì il gracchiare della cicalina dell’interfono:
- Sì, mi dica.
- C’è una chiamata dall’Italia per lei, è suo padre. Glielo passo sulla
linea due.
- Ciao papà, quale piacere risentirti dopo tanto tempo, come va?
- Ciao figliolo, con la mamma eravamo alquanto preoccupati non
sentendovi. Anche poco fa, per non disturbarti in ufficio, ho chiamato a
casa, ma non rispondeva nessuno. Probabilmente Angela sarà uscita con i
bambini, ma dimmi come state? Vi siete ambientati? Con il lavoro come
va?
- Grazie papà, tutto bene, anzi a meraviglia. Come vedi non sono più
un “travet”, ho la mia segretaria personale e puoi chiamare quando e
quanto vuoi, non disturbi affatto. Angela e i bambini si sono ambientati
benissimo. Lei parla discretamente il francese, almeno per l’uso
quotidiano, i bambini invece, lo sai, sono come spugne, assorbono tutto.
Da pochi mesi sono alla scuola materna francese, proprio vicino a casa, e
giocando tutto il giorno con i coetanei hanno già imparato moltissime
parole e frasi.
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- Mi fa molto piacere sentire queste belle notizie, abbiamo tanta
voglia di vedervi, ma siete in capo al mondo. Chissà, i bambini forse non si
ricorderanno più di noi.
- Cosa dici mai, la sera andando a dormire, vi salutano. Nella loro
cameretta sono appesi alla parete i quattro ritratti dei nonni. Ma senti,
facciamo una bella cosa, venite da noi a passare le Feste di Natale e
Capodanno. Per dormire, lo sai, non ci sono problemi, abbiamo un divanoletto matrimoniale molto comodo in salotto . Poi, casomai, a Pasqua,
faremo venire gli altri nonni. Io sono assunto da poco e non me la sento di
prendere già ferie, anche se potrei farlo.
- Ne parlerò con mamma e vedremo di affrontare questo viaggio. La
voglia di abbracciarvi è tanta che la distanza non mi spaventa più. Domani
saprò dirti qualche cosa.
- Dai papà venite! Poi non occorre tu stia lì a guidare, prendi l’aereo,
da Milano a Parigi in poco più di un’ora sei arrivato senza stancarti. Oggi ci
sono tante di quelle offerte, puoi trovare il biglietto a prezzi stracciati.
Guarda che ci conto, non trovare scuse in quanto non ce ne sono. Quando
sarete qui, Angela e i bambini vi faranno vedere le bellezze della città. Un
bacio a mamma e un forte abbraccio a te. Natale è alle porte!
Chiuse la comunicazione con un sorriso sulle labbra. Egoisticamente
gli sarebbe piaciuto se fossero venuti perché così il giorno 26 non
avrebbero avuto problemi di baby sitter per andare al ricevimento.
Si immerse nuovamente nel lavoro aprendo contemporaneamente i
due fascicoli cui aveva accennato al direttore. Disse a Luoise di chiamare,
uno alla volta, al telefono i signori Antoine Russel e Gérard Fontaine e di
passarglieli appena rintracciati.
Erano trascorsi solamente dieci minuti quando la sua segretaria,
dopo averlo contattato telefonicamente, gli passò il signor Gérard
Fontaine, dell’omonima ditta di pellami.
- Signor Fontaine, buona sera, mi chiamo Andrea Geronti. Stavo
esaminando la sua posizione per quanto riguarda la polizza stipulata
alcuni anni addietro e che, attualmente, ha delle pendenze arretrate.
Saprebbe dirmi cosa è successo e la motivazione di queste pendenze?
- Oh, finalmente! Qualcuno si è deciso a chiamarmi. A me interessa
parecchio quel tipo di polizza, altrimenti non l’avrei stipulata. Solamente gli
accordi erano differenti ed ora le spiego tutto.
La conversazione durò a lungo, i motivi vennero sviscerati, discussi e
ridiscussi. Alla fine Andrea, con l’abilità che lo contraddistingueva e
attingendo al bagaglio di passate esperienze, riuscì a ricucire il rapporto
interrotto, facendo notare gli errori interpretativi da parte del cliente e
riconoscendo alcune mancanze da parte della compagnia, tanto per farlo
contento. Sia pur rateizzando il debito pregresso, in uno con le prossime
rate, fino al suo esaurimento, aveva ottenuto un altro successo per
l’azienda.
Analogo risultato lo ottenne pure con Antoine Russel, capo contabile
di una nota fabbrica di bevande analcoliche con un fatturato annuo di
svariate centinaia di migliaia di euro.
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Avrebbe voluto rendere edotto del risultato il direttore generale, ma
egli si trovava in una riunione con l’intero consiglio di amministrazione.
Certamente avrebbe fatto molto tardi quella sera. Decise allora chiamare
per informarlo l’indomani mattina.
Sbirciato l’orologio, vide essere ormai le 17.25 ed allora chiamò
Louise.
– Ha visto l’ora, cosa ci fa ancora qui?
- Lei stava lavorando e avrebbe potuto avere ancora bisogno di me.
Se non riusciva a concludere verbalmente, avrebbe potuto aver bisogno di
dettare qualche lettera da inoltrare l’indomani. Ed eccomi qua a sua
disposizione. Se è tutto finito allora metto via le mie cose e vado a casa.
- Grazie, è veramente zelante! Però, la prego, è già la seconda volta
che succede in questo scorcio di mese. Segni, oggi, sul libro delle ore
straordinarie un’ora in più. Adesso scappi. Vado via anch’io, contento di
aver risolto altre due situazioni pesanti. Ci vediamo domani.
I giorni seguenti, trascorsero veloci, ma senza grossi problemi, non
era il caso di cercare di recuperare crediti, non sarebbe stato il momento
opportuno e, per quanto riguardava l’altra ricerca avrebbe dovuto
attendere la seconda metà di gennaio per ricevere disposizioni in merito.
Nel pomeriggio inoltrato del giorno 20 dicembre, arrivarono in aereo
da Milano i genitori di Andrea, nonna Silvia e nonno Francesco. Andarono
tutti e quattro a riceverli all’aeroporto Le Bourget, dove arrivavano i voli
internazionali. All’aeroporto di Orly facevano capo i voli nazionali, mentre
al Charles de Gaulle arrivavano e partivano i voli intercontinentali.
Erano le 18.50 quando puntualmente l’aereo atterrò. Lo speaker
annunciò che i passeggeri provenienti da Milano sarebbero usciti al
cancello sei. Le operazioni di controllo bagagli durarono pochissimo ed
ecco apparire con il carrello delle valigie i tanto attesi nonni.
Marco e Alessandro cominciarono a gridare: - Nonni, nonni, siamo
qui, venite presto.
I bimbi cominciarono a strattonare per correre loro incontro.
Francesco, con le braccia allargate, si abbassò per cingere in un forte
abbraccio i due nipotini, mentre la nonna, con gli occhi lucidi per
l’emozione, andò loro vicino per baciarli con tanto affetto. Marco l’afferrò
intorno al collo, divincolandosi dalla stretta del nonno,
- Nonna, finalmente sei venuta a trovarci, ti voglio tanto bene, a casa
giocheremo come facevamo a Milano. Anche Alessandro non vede l’ora!
Le effusioni tra nonni, figli e nipoti, durarono alcuni minuti finché
Andrea, prendendo le valigie esclamò: - Non stiamo qui, andiamo a casa,
abbiamo tante cose da raccontarci. Prima vi rinfrescate, poi andremo a
tavola, ceneremo, poi in salotto faremo quattro chiacchiere, come ai vecchi
tempi.
La distanza dal cancello sei fino all’automobile richiese una lunga
passeggiata e, anche se Andrea vi giunse stanco per il peso delle valigie,
non di meno lo furono i nonni che si fecero il tragitto ognuno con un nipote
appeso al collo.
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Entrata nell’appartamento, con un’aria di meraviglia dipinta sul volto,
Silvia sbottò: - Mamma mia che lusso, non so se nemmeno in via Monte
Napoleone noi abbiamo palazzi così prestigiosi. Deve costare una cifra
abitare qui!
- Dai mamma! E’ bello, è completo, ha tutto, ma anche a Milano ci
sono stupendi e signorili palazzi ad alto livello. Certamente Parigi è
sempre Parigi. A suo tempo si poteva chiamare la capitale d’Europa, ma
ora i tempi sono cambiati e città importanti, in tutti i settori, ce ne sono
moltissime. Parigi ha ancora delle prerogative, sicuramente, in campo
assicurativo.
Intervenne nonno Francesco: - Lasciate perdere, figlioli, sono
veramente felice per voi, non è da tutti vivere in palazzi simili. Però,
siccome nessuno regala niente, vuol dire che tu ti meritavi qualcosa del
genere! Hai fatto bene a cambiare lavoro e scegliere Parigi piuttosto di
Roma, è evidente, qui sei più apprezzato che nella compagnia dove
lavoravi prima.
Povero papà, pensò tra sé e sé Andrea, se avesse saputo e, non lo
saprà mai, tutto quanto c’era dietro, le meraviglie non sarebbero state
tante.
- Sono appena agli inizi, qui a Parigi, sembrerebbe che vada tutto
bene, ma lasciamo al tempo decidere se ho fatto bene o no. Io spero di sì,
tutto sembrerebbe confermarlo per il momento.
- Per me va benissimo e sono felice della sua decisione – intervenne
Angela – finalmente ho un marito e Marco ed Alessandro hanno un padre.
Non ci sembra vero di averlo a casa nel tardo pomeriggio, poter stare
insieme prima di cena, magari andare a fare due passi o fare degli
acquisti assieme e non aver sempre io la responsabilità sulle decisioni.
Siamo distanti, ma avete visto che con l’aereo venire qui a Parigi siete stati
poco più che venirci a trovare con la metropolitana a Milano.
Scoppiarono tutti in una risata mentre nonna Silvia commentava
argutamente: - Solo che il biglietto dell’aereo costa un po’ di più di quello
della metropolitana! Altra risata.
I giorni passarono veloci, in ufficio si tirava ad arrivare alla sera con
quel poco che c’era da fare. Gli ultimi due giorni, prima della Vigilia, furono
dedicati allo scambio di auguri tra colleghi. I “grossi papaveri” dell’azienda
erano in ferie e quindi irraggiungibili di persona. Andrea si dedicò a
scrivere dei biglietti da inviare ai rispettivi indirizzi privati degli alti dirigenti,
meno Platinì, che avrebbe avuto occasione di vedere sicuramente il
giorno 26.
La Vigilia di Natale, l’orario di lavoro era ridotto, avrebbero smesso di
lavorare alle dodici e trenta. Nei giorni precedenti Angela ed Andrea
acquistarono i regali da mettere sotto l’albero, per i bambini, per i genitori e
per loro. Egli, con il consiglio della moglie, acquistò pure un piccolo
presente per la sua segretaria.
Erano le dieci del mattino, quando, con l’interfono chiamò Louise. Ella
accorse immediatamente con in mano il suo fido blocchetto degli appunti: Eccomi, mi dica.
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- No, Louise, oggi non si lavora. Se permette, mia moglie ed io
vorremmo farle un piccolo regalino per Natale. Non so esattamente se a
Parigi si usa, ma da noi, per la festa ci si scambia dei doni ben auguranti.
Ecco questo è per lei.
La segretaria si avvicinò, con un sorriso prese il pacchetto
elegantemente incartato ed infiocchettato: - Sig. Geronti, in tutto il mondo
cristiano, credo, si festeggi allo stesso modo il Santo Natale. Oltre alle
cerimonie religiose, ci sono pure le feste in famiglia con lo scambio dei
doni dopo il cenone. Vi ringrazio molto per il gentile pensiero. La curiosità
mi spingerebbe ad aprirlo, ma lo farò a mezzanotte dopo averlo deposto
sotto il mio alberetto. Così, nella mia solitudine, avrò pure io un momento
di emozione. La mia famiglia risiede a Marsiglia e, non riuscendo a fare il
ponte con il Capodanno, non me la sentivo di fare un viaggio così lungo
per rimanere a casa poco più di un giorno.
Io mi ero permessa di scegliere un regalino per i suoi bambini, vado
al piano di sotto, nello spogliatoio delle impiegate a prenderlo, così lo porta
loro a casa. Ritorno quanto prima, con permesso.
Andrea rimase molto scosso nel pensare alla ragazza da sola a
Parigi per Natale che è una festa da passare in famiglia, con i propri cari,
essere da soli deve essere veramente triste. Si parla tanto di aggregazione
e di comunicazione sociale, ma alla fine sono solo parole se non si fa
qualche cosa per metterle in atto. Prima che Louise ritornasse, chiamò
telefonicamente la moglie. Quando Angela rispose, si premurò a
raccontare, per sommi capi, quanto appreso sulla realtà di Louise.
Di getto, senza neanche ragionarci sopra, la moglie suggerì: - Fà
venire anche lei stasera, non sarei in pace con me stessa se la sapessi
sola. Così, tra l’altro, prendiamo due piccioni con una fava, facciamo
l’invito programmato e pure un’opera pia, degna della Festa di Natale.
- Hai il cuore d’oro, tesoro mio! Non ringrazierò mai abbastanza il
Signore di averti sposato! Ciao, a tra poco.
Passarono alcuni minuti e Louise, dopo aver bussato, entrò con
sottobraccio un pacco voluminoso.
– Ecco, questo è per i bambini. Per tutti e due in quanto, in più si
gioca, più divertente è.
No, signorina, anzi mi restituisca il pacchetto che le ho dato.
Lei rimase di sasso, con la bocca aperta, pensando di aver fatto
qualcosa di sconveniente tanto da offendere il suo superiore.
– Il nostro pacchetto lo troverà sotto il nostro albero e lei ci depositerà
il suo per i bambini. La aspettiamo questa sera per le sette, per l’aperitivo,
così le presenterò la mia famiglia. Ci sono anche i miei genitori, i nonni,
venuti dall’Italia a trovarci. Speriamo così, anche se non è la sua, possa
sentirsi in famiglia in questo santo giorno.
Gli occhi di Louise si riempirono di lacrime che scesero copiose sulle
guance e un leggero singhiozzare uscì dalla sua gola non permettendole
di proferire parola.
- Su, non faccia così! Le ho detto una cosa tanto triste da farla
piangere?
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Appoggiò lo scatolone e preso un fazzolettino si asciugò gli occhi
accennando ad un sorriso.
– Sono lacrime di gioia, le mie, la felicità mi serra la gola. Se fossi
stata sola a mezzanotte, quelle sì, sarebbero state lacrime vere. Non so
come ringraziarla, ma sua moglie cosa dirà di avere un’estranea in casa?
- Quando si era assentata per scendere di sotto, io ho solo esposto
telefonicamente la situazione ad Angela ed è stata proprio lei a proporre
l’invito per questa sera. Sono ormai le undici ed io, per oggi, me ne vado.
Alle dodici e trenta la voglio fuori dal portone dell’ufficio! Ci vediamo questa
sera alle diciannove.
Andrea uscì dal palazzo e si diresse verso casa. Strada facendo, si
fermò in una bottiglieria dove acquistò una confezione di vini pregiati da
regalare a Philipe, il portiere. Se la meritava per tutte le sue gentilezze
che, secondo lui, superavano il dovuto dal suo contratto di lavoro.
La serata trascorse serena ed in allegria. Louise dimostrò una tale
dolcezza verso i bambini che Angela commentò sottovoce, rivolta al
marito: - Quanto bisogno di affetto ha quella ragazza, l’istinto materno le
sprizza da tutti i pori. Poverina, speriamo venga pure per lei un giorno
magico come quello che ha fatto incontrare noi.
- Tu sei magica e, non solo oggi perché è Natale, questi sentimenti
accompagnano quotidianamente il tuo vivere. Quanto tempo ho perso a
Milano lontano da te per stare in Amministrazione! Questo è il primo
Natale in terra di Francia, il primo della nostra nuova vita, il primo di tanti
altri sempre più sereni…….magari con un altro bebè.
- Ah, ma ci risiamo, è un chiodo fisso il tuo, non te lo puoi proprio
togliere dalla mente! Già in Italia, quando siamo partiti, l’avevi proposto.
Abbi pazienza cosa credi che fare un figlio, per noi donne, sia proprio un
gioco? Aspetta ancora questi sette mesi e mezzo e poi l’avrai.
Al momento Andrea non fece caso alle parole della moglie, si diresse
verso la cucina per andare a prendere in frigo le bottiglie di Champagne
per festeggiare e fare un brindisi, prima dell’apertura dei pacchi dei regali.
Fatti tre passi, si bloccò, rimase fermo immobile in mezzo alla stanza come
fosse diventato di pietra. Nonno Francesco lo notò e disse: - Cosa
succede Andrea, ti senti poco bene? Che cos’hai? Perché ti sei fermato
così?
Anche Silvia posò il bicchiere che aveva in mano e si avvicinò al
figlio. Lo vide con gli occhi fissi, sembrava non respirasse. Erano passati
pochi attimi, ma per loro erano sembrati un’eternità. La mamma lo prese
per un braccio cercando di avvicinarlo ad un a sedia perché si sedesse.
Louise, giocando con i bambini, i quali non si erano accorti di nulla, e
cercando di non spaventarli, chiese: - Signor Geronti ha bisogno di
qualche cosa? Cosa posso fare?
Andrea, lentamente cominciò a muoversi, sembrava fosse il
personaggio di una scena al rallentatore, con un filo di voce sospirò: Sette mesi e mezzo……ma allora…..Angela?
- Sì, stupidone, doveva essere il mio regalo sotto l’albero, ma lo hai
scoperto prima, anche se ormai manca poco a mezzanotte.
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- Yuuuuuu!, bambini venite subito qua, una meravigliosa notizia,
avrete un nuovo fratellino per giocare, la mamma lo sta preparando.
- Potrebbe essere una sorellina, non si sa ancora, comunque è in
arrivo il bimbo “francese” tanto desiderato da vostro padre.
Tutti saltarono in piedi e corsero attorno ad Angela per festeggiarla.
Nonno Francesco, andò lui a prendere lo Champagne: - Ecco, ora con
questa notizia la festa è completa, possiamo brindare ed aprire gli altri
regali. Prendete i calici, stappo la bottiglia.
Con un botto, il tappo partì ed andò a colpire la parete di fronte tra gli
applausi di tutti. Fecero il brindisi nella commozione generale, si
scambiarono gli auguri, particolari per Angela, e si sedettero al loro posto
per permettere ai bambini di consegnare i regali. Per loro divenne un
piacevolissimo gioco.
Il 25, giorno di Natale, si alzarono con comodo, fecero una buona
colazione e andarono alla Messa solenne nella bellissima chiesa vicino a
casa. La stessa, nel cui oratorio, avevano assistito allo spettacolo dei
burattini. Il pranzo lo fecero a casa e, come d’uso, fu leggero perché il
cenone della sera prima si faceva ancora sentire.
Essendo una splendida giornata di sole, anche se freddina, decisero
di passare alcune ore del pomeriggio in uno dei grandi parchi periferici e
scelsero i Bois de Boulogne. Presero la metropolitana e in poco più di
mezz’ora vi giunsero. Pur data la grande vastità, trovarono tantissima
gente che passeggiava lungo i viali, mentre i bambini, felici, correvano e
giocavano in quei prati , privi di aiuole ed aperti a tutti. Gli avevano
raccontato che, durante l’estate, si potevano vedere gruppi familiari mentre
stavano facendo il pic nic all’ombra dei giganteschi alberi, nel contempo i
bambini giocavano spensierati senza alcun pericolo.
Si fermarono in uno dei tanti bar aperti, data la bella giornata festiva e
si sedettero ad un tavolo all’interno di una veranda rivolta al sole. I
bambini, visto il frigo dei gelati, espressero il desiderio di prendere un
cono. Se non fosse stato il 25 dicembre, sembrava fosse Pasqua.
Purtroppo il sole cominciò a calare all’orizzonte troppo presto, ma
data la stagione, si poteva solo ringraziare il cielo di aver avuto una così
bella giornata. Erano le quindici e trenta, quando le prime ombre della sera
cominciarono a scendere. Quando, al termine del percorso in metrò,
arrivarono alla fermata vicino a casa, erano circa le sedici e quindici, usciti
all’aria aperta era già buio pesto.
Giunse anche il giorno tanto atteso ed importante per Andrea; il
giorno del ricevimento al quale il direttore Platinì e la sua signora avevano
chiesto loro di partecipare. I bambini sarebbero stati in buone mani con i
nonni che non vedevano l’ora di essere soli con i nipoti, per lasciar fare
loro quanto volevano senza i rimproveri di mamma e papà.
La villa del direttore sorgeva in una nuovissima zona di
riqualificazione della parte est che in base al Plan-Programme de l’Est de
Paris del 1983 veniva inserita tra gli elementi strutturali, spazi pubblici e
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nuovi quartieri residenziali intorno alla “Città della Musica” nel Parc de la
Villette.
Dalla loro abitazione, per giungere a destinazione, bisognava
praticamente attraversare Parigi e non conoscendo la situazione dei
parcheggi nella zona, decisero di prendere un taxi.
La vettura entrò attraverso un cancello aperto e, percorse alcune
centinaia di metri nel viale del parco, curatissimo ed abbellito da
meravigliose aiuole fiorite nonché da alberi ad alto fusto e per finire, prima
di arrivare allo spiazzo davanti all’ingresso principale della villa, due
enormi salici piangenti chiudevano il viale d’accesso, mentre al centro
troneggiava una bellissima fontana zampillante.
Si fermarono davanti al monumentale ingresso principale quando due
persone in livrea si avvicinarono. Una si affiancò all’autista per pagare la
corsa, mentre l’altra aprì la portiera e con un inchino fece scendere
Angela: - Prego signora, prego signore, chi devo annunciare?
- Andrea Geronti e signora – rispose lui.
Il valletto si avviò lungo il tappeto rosso, posto sopra la ghiaia,
precedendo di un paio di metri i due ospiti e, attraversato l’atrio, si avvicinò
al maggiordomo posto all’ingresso del salone. gli bisbigliò qualcosa
all’orecchio ritirandosi immediatamente.
Si udì una voce stentorea, dopo aver dato uno sguardo ad una lista in
suo possesso e battendo a terra una lunga asta con pomello fronzuto in
cima, disse: - Ragionier Geronti e signora.
Entrarono lentamente e videro una marea di gente in piccoli gruppi
che stava chiacchierando. Alcune persone girarono la testa per osservare i
nuovi venuti mentre dal centro del salone il dottor Platinì si avvicinò loro,
sorridente e, giunto davanti ad Angela si protese in un elegante nonché
perfetto baciamano, subito seguito da un caloroso ringraziamento di
essere intervenuti: - Venite, permettete che vi presento agli ospiti? Questa
è mia moglie Olga, le nostre figlie e via di seguito un sacco di personalità
che obbligarono Andrea ad un’infinita serie di baciamano ed Angela ad
un’altrettanta serie di piccoli inchini.
Non c’erano solo dirigenti della compagnia, ma pure tante autorità sia
civili che militari, dal sindaco al comandante militare del presidio di Parigi,
della gendarmeria, dei vigili del fuoco, giudici, magistrati nonché anche dei
prelati.
- Scusate, devo andare a ricevere altri ospiti, mettetevi a vostro agio, i
camerieri vi serviranno subito.
Si ritirarono in mezzo ad altre persone sorseggianti dello
Champagne. Immediatamente arrivò un cameriere col vassoio e porse loro
due coppe. Una persona, al fianco di Angela, con un sorriso ed un perfetto
italiano si presentò: - Buona sera signori, permettete che mi presenti sono
il professor Maurice Bogarde e questa è mia moglie Giselle.
Esauriti i soliti convenevoli, baciamano e strette di mano, Andrea si
rivolse al professore: - Complimenti per il suo italiano che denota, tra
l’altro, una dizione quasi perfetta. Normalmente, per quanto ben parlato,
porta sempre dietro la caratteristica cadenza francese.
197
- Per motivi di lavoro, ho vissuto parecchio in Italia, tenendo lezioni e
conferenze un po’ dappertutto, così ho cercato di togliere la erre moscia il
più possibile ed evitare di mettere l’accento sull’ultima vocale dei cognomi.
Infatti lei qui, per tutti, sarebbe Gerontì e non Geronti. Ma piuttosto l’ho
sentita parlare un ottimo francese.
- E’ sempre stato un mio pallino, dopo averlo studiato per otto anni a
scuola, non l’ho mai abbandonato. Mi tenevo in esercizio leggendo, ad alta
voce, quotidiani francesi che trovavo a Milano. Mia moglie, piuttosto, non
avendo mai studiato a scuola la lingua ed essendo solamente da sette
mesi, qui a Parigi, se la cava discretamente. Riesce a seguire tutti i
discorsi e, anche con piccole frasi, prenderne parte.
- Complimenti signora, questo è il destino di voi mogli di girovaghi
come noi. Mia moglie, avendomi seguito parecchie volte nei miei
spostamenti italiani, capisce tutto quello che diciamo, trova solo un po’ di
difficoltà ad inserirsi in un discorso.
- Come capisco la sua signora professore, io sono nelle stesse
condizioni - rispose Angela - finché si tratta di andare per negozi, va
ancora bene, ma se il discorso diventa profondo, mi perdo. Come mai
tante volte in Italia?
- Sono un medico, sono primario della divisione di chirurgia toracica
presso la clinica annessa all’ “école de médicine” che ospita la facoltà di
medicina dell’università. Essendo una clinica universitaria vengono
continuamente studiati, sviluppati ed elaborati nuovi sistemi di interventi
chirurgici. Ecco perché presentiamo, presso dei seminari appositamente
studiati, le nostre esperienze e le nostre nuove scoperte. La stessa cosa,
ovviamente, la fanno altri medici di altre nazioni in tutta Europa e nel
mondo.
Le due signore cominciarono, con difficoltà, a parlare di cose
riguardanti le rispettive famiglie, di moda, di fatti di cronaca quotidiana.
Man mano che passava il tempo si trovarono sempre più a loro agio,
sembra impossibile, ma se devono parlare tra di loro, le donne, trovano
sempre il modo di farlo e la difficoltà della lingua viene agevolmente
superata.
Venne servito un ricco buffet, esso spaziava dalla carne, ai salumi, al
pesce, ai formaggi. Era quasi impossibile che qualcuno non trovasse
quanto cercava. Il tavolo dei dolci sembrava fosse l’esposizione delle
opere di una gara di alta pasticceria e quello dei vini era un’enoteca
favolosa. Se qualcuno avesse voluto fare il furbo e chiedere un vino quasi
impossibile, ci sarebbe rimasto male sicuramente; glielo avrebbero servito.
Il ricevimento continuò in perfetta armonia. I tavoli del buffet erano
sempre pieni di ogni ben di Dio, sembrava quasi che la gente non gradisse
quanto offerto. Era esattamente il contrario, data l’ora e la qualità delle
pietanze servite gli invitati ne approfittavano, ma il continuo ricambio di
piatti pieni con quelli vuoti dava quella impressione. Anche le bottiglie di
vino venivano vuotate generosamente perché ci saranno stati certamente
più di duecento invitati.
Erano arrivati quasi alla mezzanotte quando il dott. Platinì chiese un
attimo di silenzio: - Gentilissimi ospiti, signore e signori, a nome di mia
198
moglie e mio personale, desidero ringraziarvi tutti per la gentilezza di
averci voluto onorare della graditissima presenza. Un grazie particolare mi
sia concesso di porgere al signor Sindaco che, nonostante i numerosi e
pressanti impegni di carattere istituzionale, ha voluto onorarci della sua
presenza. Grazie al signor Vescovo e a tutte le autorità intervenute qui
questa sera. Non voglio tediarvi ancora con discorsi. Speriamo
sinceramente di avervi qui anche l’anno venturo in questo ormai
tradizionale convivio di fine anno. Ora, a sinistra, verrà aperta la sala delle
danze per chi volesse partecipare al ballo. Spero, sia propiziatorio di
sempre migliori fortune per tutti noi e per la nostra amata Nazione.
Uno scrosciante applauso suggellò il breve discorso, mentre da un
lato, prima sommessamente, poi sempre più forte e con maggior
partecipazione, venne intonata la Marsigliese.
Aperte le porte della sala da ballo, l’orchestrina accompagnò il canto
degli intervenuti.
Il professor Bogard invitò Angela per il ballo di apertura mentre
Andrea chiese a Giselle se poteva avere l’onore di quel ballo. Le note di un
valzer lento, deliziosamente suonato, si espansero per la sala. L’ambiente
era molto grande con un colonnato che seguiva il perimetro della stanza e,
dietro al quale, erano sistemati moltissimi divanetti e poltroncine formanti
tanti salottini per potersi accomodare tra un ballo e l’altro.
I camerieri continuavano a girare con grandi vassoi, di bibite fresche
e coppe di Champagne, molto gradite per calmare la sete che il ballo
procurava.
Alle una e trenta, Andrea ed Angela, salutarono i loro occasionali e
nuovi amici, ripromettendosi di rivedersi quanto prima. Giselle ebbe delle
espressioni di elogio e complimenti all’indirizzo di Angela che aveva avuto
la bontà di dialogare con lei. Anche quest’ultima ringraziò, perché
sicuramente quella sera aveva imparato qualche cosa in più della lingua
francese. Si promisero, reciprocamente, di rivedersi per aiutarsi l’un l’altra
a migliorare le rispettive dizioni.
Dopo essersi accomiatati dai coniugi Platinì e ritirati i cappotti dal
guardaroba, uscirono dalla villa dove il gallonato portiere li stava spettando
con la porta aperta di un taxi. Ovviamente la corsa fu gratuita.
199
CAPITOLO 7
Oramai le feste erano terminate. Subito dopo Capodanno i nonni
Geronti ritornarono a Milano ed anche l’Epifania passò quasi del tutto
inosservata non essendo una festa da loro molto sentita. Qualche dolcetto
per i bambini e basta.
Rincominciò la vita d’ufficio con le pratiche da evadere, Louise non
finiva mai di ringraziare per il bel Natale trascorso e chiedeva
continuamente notizie di Angela.
- Guardi che può chiamare mia moglie quando vuole e parlare con
lei, le farebbe certamente piacere. Poi, tra di voi donne, vi intendete meglio
200
che non chiedere a me. Comunque siamo agli inizi, pertanto non ci si
accorge neanche della gravidanza. Alla prima ecografia, speriamo di
riuscire a sapere il sesso del nascituro.
Vedo al computer un nominativo che mi interesserebbe controllare.
Mi prende, per favore, il supporto cartaceo? Dovrebbe trattarsi di un certo
Antoine Tessier. Veda se lo trova, dovrebbe essere abbastanza recente,
non più di sei mesi fa è entrato in sofferenza.
- Vado subito a prenderla, però il nome non mi dice niente, strano,
me li ricordo quasi tutti. Vado e torno.
Dai pochi dati riportati al computer non riuscì a capire quale ramo di
copertura stesse trattando, anche se il premio annuo era molto alto.
Sull’ultima riga era riportata una strana dicitura: riferimento DG “pbsea”
90/m.
Passò più di mezz’ora prima che Louise tornasse. Con il capo chinato
e l'aria mesta sussurrò: - Mi dispiace, non riesco a trovare niente, non
capisco. Ho ripassato l’archivio due volte e la cartella non esiste. Cosa
posso fare?
- Niente, stia tranquilla. Trattandosi ancora di una situazione recente,
potrebbe essere sul tavolo di qualche dirigente che tenta il recupero. Ha
già inserito i dati in computer, ma la pratica non è stata ancora archiviata.
Me ne occupo io, vedrà, la troveremo.
Uscita la segretaria, si inserì nell’elaboratore centrale per vedere se
fosse stato possibile rintracciare qualche notizia in più. Dopo un’infinità di
tentativi senza esito, qualche cosa apparve sullo schermo e la frase
“informazioni non accessibili senza autorizzazione D.G.” lo incuriosì
parecchio. Volle vedere se la famosa password fornitagli, era veramente la
chiave magica per aprire tutte le porte.
Partendo dal presupposto che le lettere D.G. stessero per Directeur
Général, cercò di aprire quel file. In esso erano contenute molte cartelle,
ma nessuna di esse era contrassegnata con “pbsea 90/m.
Più la cosa si faceva difficile, più Andrea vi ci si accaniva, infatti
voleva dimostrare a se stesso che se le notizie c’erano, era suo compito
estrappolarle in qualche modo. Passarono i giorni e la fiducia sulla sua
abilità cominciò a vacillare, quando, quasi per caso, intraprese un altro
percorso nella successione dei collegamenti tra i vari files, quando
apparve, in basso a destra, un piccolo riquadro con sopra scritto:
“pbsea/90m” – inserire password – .
Fu preso da una forte emozione quando si accorse che chi aveva
inserito quei dati doveva essere un grosso mago dell’informatica. Chi
l’aveva inserito, volutamente, aveva riportato una variazione sul nome del
file; visibile per tanti, non per tutti, c’era la “/” tra il 90 e m. Aprendo così il
file risultava bianco e quindi come non fosse mai stato scritto. Per
accedere al vero file la “/” bisogna metterla, senza spazi, tra la “a” e il 9.
Inserita la password, apparvero sullo schermo una diecina di pagine
dattiloscritte che si affrettò a stampare. Ultimata la stampa, chiuse il
collegamento e si accinse a leggere e studiare quanto in essa contenuto.
Era veramente una bomba. Il signor Tessier aveva ottenuto una
fidejussione da parte di una compagnia assicurativa locale, controllata
201
dalla compagnia francese, per un ammontare di dieci milioni di dollari,
corrispondenti appunto a cento milioni di franchi, a garanzia di un prestito
da parte di una grossa banca di Hong Kong.
Il cliente aveva chiesto la somma per poter completare la costruzione
di un grattacielo a Victoria, capoluogo dell’isola di Hong Kong. Il grattacielo
avrebbe dovuto essere la sede direzionale di una fabbrica tessile con tre
stabilimenti, Hong Kong, Taiwan e Singapore.
Il premio annuo da pagare da parte del cliente avrebbe dovuto
essere di cinquecentoventiduemila franchi.
Il motivo della sofferenza era che la fidejussione era stata presentata
alla banca e pertanto operante, ma non avendo ancora ottenuto il
finanziamento, il signor Tessier si sentiva esonerato dal pagare un premio
per un qualche cosa non ancora impegnativo per la compagnia
assicurativa. Dal momento dell’erogazione del prestito egli avrebbe
regolarmente iniziato a pagare quanto dovuto.
In punto di diritto, la teoria del cliente era profondamente errata,
anche se moralmente condivisibile, in quanto dal momento che l’istituto
bancario aveva accettato la fidejussione, era da quel momento che la
compagnia assicurativa era esposta in prima persona con il capitale.
Sono quelle cose che, in caso di giudizio, fanno crescere le parcelle
di noti, nonché esosi principi del foro. Andrea pensò non fosse stato il caso
di arrivare a tanto ed era meglio addivenire ad un accordo amichevole.
Chiamò Louise sulla linea interna, pregandola di cercare di contattare
telefonicamente il signor Antoine Tessier: - Veda se lo rintraccia qui
all’indirizzo di Parigi oppure si faccia dire dove è reperibile, in quanto avrei
una certa urgenza di parlare con lui. Ah, sì venga un momento da me a
prendere il nome di una compagnia assicurativa di Hong Kong da
rintracciare e passarmela al telefono prima del nostro cliente. Prima di tutto
controlli i fusi orari per non fare telefonate per nulla.
-Vede signor Geronti, adesso cercherò i numeri telefonici necessari,
ma le telefonate dovremo farle domani mattina subito. Infatti, essendo
verso est, Hong Kong è avanti di otto ore rispetto a noi. Se chiamiamo alle
nove, domani mattina, loro avranno le diciassette e forse riusciamo a
prenderli prima che escano dagli uffici.
- Mi faccia un favore, se le è possibile, io cercherò di essere in ufficio
già alle otto, se ci fosse anche lei potremmo guadagnare un’ora ed avere
miglior probabilità di riuscita.
- Ci conti pure, sarò puntuale per tentare di prenotare la linea
telefonica internazionale non essendoci teleselezione con quei paesi.
Andrea prese i fogli, li mise in un raccoglitore e li sistemò in
cassaforte pensando: - Ecco, questa è una delle compagnie assicurative
del sud est asiatico cui Paganelli ci teneva. Devo cominciare a tenere
buona nota dei dati raccolti che, quando richiesto, sappia dirgli qualche
cosa di concreto. Per pesare la portata della compagnia di Hong Kong
dovrò appurare se il rischio è unico o se, come d’uso, è stato riassicurato.
Dieci milioni di dollari è una cifra di tutto rispetto e potrebbe mettere in
ginocchio più di una compagnia in caso di sinistro.
202
Si dedicò ad altri lavori quando squillò il cellulare riservato, era
Platinì. – Buon giorno, direttore, cosa posso fare per lei?
- E’ riuscito ad avere accesso alla pratica Tessier. Bravo,
complimenti, è più in gamba di quanto avessi pensato. Ero certo di aver
trovato una chiave d’accesso inespugnabile ed invece lei ce l’ha fatta
egualmente! Cosa ne dice? Pensa di riuscire a ricucire lo strappo con il
cliente?
- Io penso di sì, domani mattina vengo presto in ufficio, assieme alla
mia segretaria, in modo da contattare telefonicamente Hong Konk dove ci
sarà già metà pomeriggio.
- Stia attento che la signorina Basset non cominci a chiedersi come
mai contatta il sud est asiatico. Non vorrei cominciasse a sospettare
qualche cosa.
- Direttore, si tratta di una pratica in sofferenza al computer, pertanto
rientra nel mio normale lavoro. Potrebbe essere un caso che il nostro
cliente lavori e risieda laggiù. Presumo la segretaria sia al corrente che la
nostra compagnia ne controlla altre nel resto del mondo.
- Sì, è vero, comunque la prudenza non è mai troppa. Buon lavoro ed
ancora congratulazioni. Vada avanti così e si ritroverà presto Paganelli da
quasi collega.
Si riaffacciò al suo computer perché voleva controllare un’altra cosa.
Alla luce dei recenti avvenimenti ebbe dei sospetti. Essi, con un po’ di
fortuna e di abilità, avrebbe potuto essere mettere in evidenza.
Inserì la richiesta perché venissero stampati i bilanci dell’azienda
dell’ultimo decennio. Quanto stava facendo era perfettamente corretto in
quanto i bilanci erano un documento ufficiale e pubblicati sulla stampa
nazionale.
Da buon ragioniere, lesse le singole voci formanti le attività, le
passività e la chiusura a pareggio del bilancio stesso; lo stato patrimoniale
e quello economico. Gli utili erano in costante aumento anno dopo anno,
forse, percentualmente troppo simili. Ma non fu questo il motivo che lo
indusse ad approfondire le indagini, bensì la curiosità del perché non
risultavano iscritti gli utili delle compartecipazioni estere.
A poco meno di un anno dalla sua venuta, la carne al fuoco cominciò
ad aumentare ed i fascicoli da chiudere nella sua cassaforte cominciavano
a svilupparsi. Erano le sedici e trenta e decise che per quel giorno poteva
bastare, avrebbe ripreso con la mente più fresca l’indomani dopo aver fatto
le due telefonate prenotate a Louise.
- Signorina, andiamo a casa a riposare, domani ci troveremo prima
del solito. Se le rimanesse qualche cosa da ultimare, lo rimandi pure, non
è urgente. Buona serata.
- Grazie, questo è veramente un bel regalo, avevo un appuntamento
questa sera e avrei dovuto fare tutto di corsa, così invece potrò prepararmi
con calma. Buona sera e grazie.
- Buon divertimento e a domani.
Infilò il cappotto ed uscì dalla porta diretta pensando, contrariamente
a quanto promesso, che non aveva ancora sentito telefonicamente
Paganelli.
203
- Ora basta, penseremo domani al lavoro, adesso vado a casa dai
miei. Mi staranno certamente aspettando, Angela per farsi un poco
coccolare e i bambini per giocare.
L’indomani si era giunti al diciotto di gennaio, quando, alle sette e
quarantacinque, Andrea giunse in ufficio, trovò la segretaria che stava già
armeggiando con i telefoni.
- Buon giorno Louise, già qui! Come va, si riesce a prendere la linea
con Hong Kong? Essendo, per loro, pomeriggio le linee saranno sature.
- Forse no, il centralino mi ha promesso di riuscire ad inserirci al
massimo tra mezz’ora. Il sud est asiatico è molto trafficato e d’ora in poi
avremo spesso questo problema.
- Bene, appena stabilito il contatto mi passi di là la comunicazione.
Cerchi di farsi dare l’ufficio preposto alle fidejussioni.
Ed ecco di nuovo, Luoise fa insinuazioni sul sud est, Platinì
raccomanda riservatezza in modo che la segretaria non capisca, ma a che
gioco stiamo giocando? Non importa, facciano come credono, giochino
pure a fare gli 007, io tiro avanti per la mia strada e, se mai, renderò conto
a Paganelli solamente.
Aperta la cassaforte, tolse i due fascicoli riposti la sera precedente e,
mentre si accingeva ad aprire quello relativo ai bilanci, squillò il telefono.
Alzò la cornetta: - Hong Kong in linea, l’ufficio fidejussioni, parlano bene in
francese.
Grazie Luoise. Hallo? Sono Geronti, da Parigi, con chi parlo?
- Sono Jusuf Wahid, indonesiano di nascita, ma vivo e lavoro qui da
oltre vent’anni. Sono il responsabile dell’ufficio concessioni fidejussorie, in
cosa posso aiutarla?
- Anch’io sono italiano di nascita ma lavoro qui a Parigi. Volevo
chiederle a che punto si trova, per voi, la pratica Tessier, Antoine Tessier,
al quale avete concesso una grossa fidejussione, però non ancora
utilizzata, per mancata concessione del finanziamento.
- Non è esatto, signor Geronti, la pratica è operante, infatti, prima di
portare in consiglio la concessione o meno del finanziamento, la banca
pretendeva fosse in essere la garanzia. Pertanto la decorrenza del premio
polizza parte dal momento in cui la banca ha avuto la nostra lettera e non
dalla concessione del finanziamento. Questi erano i rischi di cui il signor
Tessier era pienamente cosciente e deve anzi ringraziare se la
fidejussione non è stata ancora revocata. Comunque è cosa di pochi giorni
ormai.
- Sì lo avevo capito. Legalmente è ineccepibile, però per non perdere
un buon cliente, si potrebbe venirgli incontro con qualche abbattimento del
premio iniziale fino a suo utilizzo reale, oppure proporgli una rateizzazione
del debito. Se permette, ho già fatto la prenotazione telefonica per parlare
con lui, potrei vedere di venire a un accomodamento “indolore” per
entrambi. Cosa ne dice?
- Faccia pure, anzi, io ho tentato di parlare con lui parecchie volte, ma
quando sente il mio nome non accetta la telefonata. Provi lei, forse, non
conoscendola, riuscirà a parlarci. La preavviso, è una persona difficilissima
204
da trattare, come lo sono, quasi sempre, i grossi managers d’industria. Le
auguro buona fortuna e la prego di tenermi informato.
- Signor Wahid, è stato un piacere parlare con lei. Vedrò cosa si può
fare e, dopo aver interpellato il dott. Platinì le comunicherò come le cose
dovranno procedere. Buon giorno e grazie ancora.
Le cose andarono come Andrea aveva predisposto e anche questo
caso fu risolto brillantemente. Ora bisognava concentrarsi sullo studio dei
bilanci. Riposta la pratica Tessier si dedicò interamente al controllo delle
varie cifre componenti le voci del bilancio. Evidentemente ogni voce aveva
a monte l’insieme degli utili o delle perdite che ne davano l’ammontare.
Non fu una cosa semplice data l’enormità dei dati che formavano ogni
singola voce. Eravamo intanto giunti alla fine di gennaio, prima che Andrea
avesse una visione abbastanza chiara della situazione. Ad un attento
esame risultò che gli utili di compartecipazione alle controllate, erano stati
inseriti tra le riserve patrimoniali in beni immobiliari all’estero.
Facendo il topo d’archivio, riuscì a scoprire che la compagnia
assicurativa francese, oltre ad avere una rilevante quota azionaria nella più
importante banca di Hong Kong, uno dei consiglieri d’amministrazione era
il nostro Platinì. Non ultimo, come mistero, era la stessa banca che
tergiversava nel concedere il finanziamento al cliente al quale la
compagnia di assicurazioni della stessa città aveva concesso la grossa
fidejussione.
La faccenda si stava ingarbugliando, Andrea non riuscì a capire quali
erano i giochi sotto sotto. Un giro a tre nell’immobilismo più completo.
Strano!
Paganelli era al corrente o no della situazione? Platinì certamente sì!
I due erano sempre in stretto contatto telefonico, pertanto sembrò
impossibile, data l’operazione originaria messa in piedi e per la quale egli
era stato mandato a Parigi che i due non fossero al corrente di tutto.
A cosa serviva il suo lavoro quando sapevano benissimo gli utili
enormi prodotti dal sud est asiatico e pertanto la scalata al pacchetto
azionario francese, era senz’altro da fare. Acquisito quello,
automaticamente si controllava, ad Hong Kong, un potere bancario ed
assicurativo tra i più grossi al mondo.
Decise di giocare a carte scoperte con i due, per cercare di capire
quale era, nelle loro teste, il ruolo operativo a lui assegnato in seno al
progetto. Quanto gli avevano fatto fare fino ad ora non era servito a nulla,
erano cose già risapute. Essendo entrambi dei volponi non avrebbero
aspettato certamente il suo parere, favorevole o sfavorevole quale esso
fosse, per decidere sulla bontà dell’affare.
Andrea si sentì, per un momento amareggiato, si sentì uno strumento
o meglio un giocattolo in mano a gente che lo usava a loro piacimento. Ma
quale era lo scopo? Quali erano i fini?
Erano le prime ore del pomeriggio quando decise di andare a far due
chiacchiere con il direttore generale: dott. Alphonse Platinì!
205
Chiamò la segretaria all’interfono: - Louise, vado da Platinì, sperando
che sia libero. Ho un paio di cosucce da mettere in chiaro.
- OK! vuole che annunci la sua visita?
- No, preferisco di no. Voglio sia una sorpresa non annunciata, in
modo da non permettergli un’azione difensiva pre organizzata.
- Capisco, ci siamo, ha scoperto tutto! Ma non creda, il direttore stava
aspettando questo momento, forse non così presto ma lo aspettava.
Congratulazioni, ha battuto tutto e tutti sul tempo. Ciò dimostra che
Paganelli aveva ragione. Io continuerò ad essere la sua segretaria e, sono
la prima ad esserne felice. Lavorare per una persona capace come lei, è il
massimo a cui una segretaria possa aspirare. Vada pure, per il momento il
direttore Platinì è libero.
Ecco la conferma! Louise era il “quarto uomo”, anzi nel caso
specifico, la quarta pedina dello scacchiere, quella ufficialmente mancante.
Avrebbe dovuto mangiare ancora tanto pane prima di essere all’altezza di
quegli “attori”. Riuscire a far fare ad una persona ciò che era nei loro
progetti, dandogli in realtà un altro incarico fuorviante, era un qualche cosa
da lasciarlo incredulo ed allibito.
Lentamente, cercando di non far trapelare la sua emozione, si
diresse verso il mega galattico ufficio di monsieur Paltinì.
Riuscì a battere un solo colpetto alla porta quando dall’interno, molto
ovattata dato l’imbottitura della porta, udì la forte voce del direttore dire:Venga, venga Geronti, entri pure.
Ecco! Louise l’ha informato, pensò Andrea, questi probabilmente
erano gli ordini di scuderia e lei non poteva certamente esimersi dal farlo.
-Buona sera direttore, vorrei conferire con lei e mettere in chiaro
alcune cose, che mi sono oscure. Mi piacerebbe avere una visione chiara
ed onesta della situazione.
-Prego si sieda. Ho perso la scommessa fatta a suo tempo con
Paganelli e dovrò pagare una cena. Mi costerà salata! Ah sì! A proposito
l’ho chiamato al telefono ed ho inserito il “viva voce” così potremo parlare
tutti e tre assieme.
Si udì dall’apparecchio venire la voce di Paganelli: - Olà Geronti,
come va? Avevo detto già dal principio di aver puntato bene sul cavallo
vincente. Alphonse non ci credeva ed ecco il perché della scommessa,
vinta ovviamente! Ora, senza gridare al telefono per farmi sentire, sarà lui
a svelarle, come lei giustamente pretende, tutta la situazione.
- Buona sera dottore, sì, mi sento un po’ un giocattolo usato a
piacimento ora da uno ora dall’altro. Se penso al nostro discorso iniziale,
quando l’anno scorso, velatamente, mi propose e mi indicò le mie
mansioni, ora trovo che il discorso non regga e mi sembra di aver buttato
all’aria un anno di lavoro.
Platinì riprese in mano le redini del discorso:- Giusto, caro Andrea!
Noi decidemmo di fare l’operazione a lei ben nota, cioè il controllo totale
della compagnia francese da parte di quella italiana, con gli annessi e
connessi del sud est asiatico. Ora l’operazione non era possibile farla in
due, poiché i poli saranno tre: Milano, Parigi, Hong Kong. Ci serviva una
terza persona capace e soprattutto intuitiva, che avesse chiara la visione
206
dell’operazione e sapesse afferrare al volo le varie problematiche, a colpo
sicuro senza tanti tentennamenti e dubbi.
Io dissi a Sergio che non sarebbe stato facile recepire sul mercato
una persona la quale, oltre ad essere veramente capace, fosse anche
fidata e diventasse un alleato in tutti i sensi.
Egli mi obiettò di avere alle sue dipendenze una persona la quale
avrebbe potuto sicuramente diventare, dopo noi due, la terza pedina
vincente nell’operazione. Senza star lì a tessere tutte le lodi, volle lei qui a
Parigi in modo da poter anch’io toccare con mano le sue doti.
L’aspettativa è stata molto lusinghiera! In meno di un anno, lei ha
scoperto tutto, scavando nel computer delle notizie che solamente un
“mezzo mago” sarebbe riuscito a trovare, ha risolto il nostro problema.
Posso annunciarle ufficialmente: da questo momento, se la cosa non
la spaventa, lei non è più il funzionario addetto al recupero crediti, anche
se la cosa mi dispiace perché è riuscito a recuperare quanto io ritenevo
irrecuperabile, ma il nuovo direttore generale responsabile del sud est
asiatico. Io rimango a Parigi e Sergio a Milano.
Lei non dovrà obbligatoriamente trasferirsi a Hong Kong! Ci andrà di
tanto in tanto quando lo riterrà opportuno e necessario. A suo piacimento
potrà avere la residenza, con la sua famiglia, qui a Parigi, ritornare a
Milano o dove meglio crederà. Le condizioni economiche le conosce già,
sono quelle preannunciatele e propostole da Sergio al momento dei primi
contatti. In più, ogni anno a presentazione di bilancio, se i risultati del
proprio settore saranno mediocri, buoni od ottimi, in proporzione verrà
definito un premio di produzione da incassare in unica soluzione.
Personalmente, ma penso anche a nome di Sergio, voglio porgerle le
scuse sul come è stata condotta tutta l’operazione. Sono convinto, e me
ne dispiace sinceramente, che lei si sia sentito un po’ disorientato su come
sono avvenuti i fatti, ma deve convenire con noi, la cosa era talmente tanto
delicata che la deve considerare come un esame abilitativo da lei
superato brillantemente e, se ci fosse un voto, lei avrebbe ricevuto cento
dieci e tre lodi. Mi permetta di congratularmi con lei, indipendentemente se
accetterà o meno l’incarico. Anche, se non dovesse accettarlo, ci
metterebbe nelle condizioni di ricominciare tutto da capo con tutti i disagi
del caso.
Le ho presentato la situazione in modo sintetico ed essenziale, senza
ricami e fioretti, a noi piace essere concreti e stringati, meno si parla
meglio è, sono i fatti quelli che contano, non le pare? Allora cosa mi dice,
anzi cosa ci dice, visto che Sergio sta sempre ascoltando?
- Una volta di più siete riusciti a stupirmi; il dott. Paganelli mi fece
sentire uno 007 pronto per una missione impossibile, lei sornionamente mi
scrutava e teneva d’occhio il mio operato, la segretaria Louise pure lei
reggeva abilmente il moccolo. A questo punto mi viene da pensare che
pure Lucia Mancini, segretaria a Milano, sapesse tutto e si prendesse
gioco di me.
- No, no Andrea, intervenne Paganelli, Lucia non c’entra, la scena
che preparammo per lei era tutta vera. Non vorremmo darle fretta per la
risposta, io so, come a Milano, le decisioni le prende assieme a sua
207
moglie. Ne parli e ci sappia dire con una certa urgenza, in quanto, alla sua
risposta affermativa, parte immediatamente la scalata azionaria. I nostri
agenti di borsa sono in preallarme.
- Fossi solo, non ci penserei due volte, ma con la famiglia, in crescita
numerica, bisogna ragionarci un momento. Mia moglie è un angelo, l’altra
volta è stata quasi lei a spronarmi ad accettare, ma questa volta, come
avrete capito è in arrivo un altro bambino.
All’unisono i due esclamarono: - Complimenti, tanti, tanti auguri.
Platinì continuò: - Ecco un buon motivo per rimanere a Parigi e non
affrontare altri spostamenti. In azienda avrebbe un altro ufficio, appropriato
al nuovo ruolo con Louise che continuerebbe ad essere alle sue
dipendenze. Io confido molto nella signora Angela e nella sua capacità di
scegliere per il meglio.
Intervenne ancora Paganelli: - Bene ora chiudo non prima di salutarvi
e ringraziarvi per la bella chiacchierata sicuramente franca e costruttiva.
Ah sì! Andrea oramai, io sono sicuro, siamo colleghi e siamo parte
integrante dello stesso programma, pertanto dobbiamo abolire il “lei” e
usare il “tu”. Io sono Sergio e il collega è Alphonse, OK?
Ciao Andrea, salutami tua moglie e dai un bacio ai bambini, ci
sentiamo quanto prima.
Il “click” dello scatto di chiusura telefonica sembrò una cannonata,
lasciando nel silenzio il grande ufficio il quale sembrò ancora più grande
data l’atmosfera creatasi.
Platinì sentenziò: - Allora Andrea, ci siamo, sono sicuro che pure tua
moglie ne sarà felice, ora parte la grande avventura. Se, come certamente
tutto avrà buon esito, tutti e tre verremo proiettati nell’alto mondo della
finanza privata, con tutto quello che ne seguirà, sia socialmente sia
materialmente parlando.
Faremo venire Sergio, qui a Parigi, e organizzeremo la cena che
devo pagare, ma ti giuro, sono felicissimo di offrirla, mai un’occasione
migliore per festeggiare assieme un così importante risultato.
- D’accordo Alphonse, mi suona così strano non chiamarti più
direttore o dottor Platinì, ma vedrai, mi abituerò presto. Le cose belle si
imparano in fretta.
All’improvviso mi è venuta un’idea. Gli agenti di borsa sono in
preallarme, ma se la scalata fosse troppo massiccia da parte di una sola
fonte, non potrebbe insospettire e creare delle contromisure da parte della
compagnia francese, magari con un blocco delle contrattazioni? Penso
sarebbe il caso di trovare tanti piccoli prestanome e, dopo aver acquistato
dei piccoli pacchetti, li tratterrebbero per un breve periodo e poi li
rivenderebbero a noi.
- E bravo il nostro Andrea! Sei già ben inserito nel mondo della
finanza. Abbiamo preso parecchi agenti di borsa proprio per questo
motivo. L’azione sarà lenta, dovrebbe infatti durare parecchi mesi con
l’acquisto di piccole tranches in modo da non influenzare le borse e far
lievitare, con una corsa all’accaparramento, il prezzo unitario. L’azione
verrà sviluppata non solo sulla borsa di Parigi, ma in tutte le altre dove il
nostro titolo è quotato in modo che quando il nostro consiglio di
208
amministrazione si accorgerà di cosa sta accadendo, sarà ormai troppo
tardi per correre ai ripari.
Dai, corri a casa, và dalla mogliettina a dare la buona notizia. Ormai
non hai più l’obbligo di rispettare l’orario anche se, vedrai, ti toccherà
lavorare tante ore in più ora che sei un “numero uno”!
Ritornò nel suo ufficio ancora frastornato per quanto era successo in
un paio d’ore. Aperta la porta, si avviò alla scrivania per sedersi e cercare
di raccogliere le idee che, per quanto lusinghiere, affollavano
disordinatamente la sua mente. Si aprì pure la porta dell’ufficio della
segretaria e Louise entrò quasi in punta di pedi: - Ben arrivato signor
direttore, mi permetta di essere la prima a congratularmi per il meritato
raggiungimento di tanto ambito traguardo.
- Venga cara, la ringrazio tanto, ma sono anche un po’ irritato. Lei
sapeva una cosa che io nemmeno immaginavo ed è stata capace di
nasconderla abilmente. Mi vien da pensare: cosa mi nasconde ancora?
- Niente, le giuro, assolutamente niente. Io fremevo nel non poterle
rivelare la verità, ma, comprenderà certamente, che ne andava del mio
posto di lavoro. Quando si riceve un ordine preciso dall’alto, bisogna
rispettarlo ed il mio ordine era di assecondarla in tutto senza però farle
capire nulla. Se avesse preso una strada sbagliata nelle sue indagini, io
non avrei minimamente dovuto intervenire pena, ovviamente, il mio
licenziamento. Oggi finalmente sono felice, per lei, per sua moglie, per i
suoi bambini e perché no, anche per me, avrò il privilegio di starle così
vicino anche in futuro.
- Venga qui Louise, mi permetta di abbracciarla e ringraziarla per il
passato e soprattutto per il futuro.
Mentre sorridendo le mise le mani sulle spalle, piano, piano
soggiunse: - Io parlo come avessi già accettato e lei pure, ma devo prima
fare il consulto familiare per decidere.
- Ho conosciuto da poco tempo sua moglie, ma le posso assicurare
“è una donna eccezionale”, anche se lo sa già benissimo. Vedrà, la
signora afferrerà al volo questa opportunità capitatavi, ma lei, con il suo
talento, se l’è caparbiamente conquistata. Domani, come primo impegno,
se non avrà altri ordini per me, vorrei occuparmi personalmente della sua
nuova sistemazione ambientale, cercando lo spazio adatto al suo nuovo
incarico, dovendo essere di rappresentanza.
- La ringrazio, ma faccia con tanta calma. Infatti, credo, fino a
quando la nuova fusione non sarà ufficializzata, io rimarrò al mio posto con
le solite mansioni per non creare dei sospetti in seno all’azienda. Non ne
abbiamo parlato con Platinì e Paganelli, ma penso sia ovvio. Bene ora
vado a casa e ci vediamo domani. Grazie ancora di tutto.
Tra una chiacchierata e l’altra il pomeriggio se n’era andato quasi
totalmente e Andrea uscì dall’ufficio sì e no venti minuti prima del normale,
quando vide sopraggiungere il bus che non aveva mai preso per andare a
casa. Quel giorno l’afferrò al volo; non aveva proprio voglia di camminare,
209
voleva arrivare a casa prima possibile per svuotare l’enorme peso che si
portava dentro.
Appena entrato nell’appartamento, Angela lo vide dal salotto ed
esclamò: - Come mai così presto a casa? Quale altra e improvvisa
sorpresa mi riservi?
Ecco nuovamente il sesto senso delle mogli! Non chiese se stesse
poco bene o se avesse finito prima perché doveva o voleva andare da
qualche parte, per lavoro o per piacere. No! “Quale sorpresa mi riservi?”
Cosa poteva saperne lei mai di sorprese.
- Dove sono i bambini? Non li vedo. Anche tu mi fai delle sorprese,
dove li hai portati?
- Sono qui accanto dai vicini, la signora è venuta a chiedermi di
mandarli da lei a giocare con il suo bambino di quasi sette anni che, non
avendo fratelli, è sempre solo in casa e si annoia. Io ho accondisceso
purché la prossima volta sia il suo bambino e venire da noi. Sono contenta
per lei e suo figlio ed anch’io ho potuto così prendermi un po’ di riposo,
vedi sono tranquilla qui in salotto e sto guardando una tele novella in
francese. Ora sai comincio a capire abbastanza e seguo quasi tutto il
dialogo? Ma sì, a proposito, non hai ancora risposto alla mia domanda.
Come mai così presto a casa?
- Appoggio la borsa, mi tolgo il cappotto e sono da te. Eccomi, la
storia si ripete, mi sembra di essere ritornato indietro di un anno circa.
Anche oggi devo darti una notizia, anche se piacevolissima, un tantino
inaspettata, prematura, e perfino sconvolgente.
Andrea narrò dettagliatamente dapprima le sensazioni avute nello
sviluppo del lavoro, la determinazione di chiederne spiegazioni ed infine il
colloquio a tre nell’ufficio di Platinì, con tutto quello che ne era seguito.
Ci volle un’oretta per esporre tutto. Angela non lo interruppe mai
cambiando però continuamente espressioni del viso che significavano più
delle parole lo stato d’animo in cui, nei vari momenti del racconto, veniva
a trovarsi. Quando Andrea concluse il racconto, il viso della moglie era un
misto tra l’incredulo, il gioioso, il preoccupato, ma più di tutto esprimeva
l’orgoglio di avere un marito così splendido. Lo abbracciò fortemente, lo
strinse a sé dicendo: - Quanto sono fortunati i nostri figli ad avere un simile
padre ed io mai avrei sperato tanto dalla Divina Provvidenza. Ma ti rendi
conto, tu a poco più di 33 anni, direttore generale di un colosso ed io a
poco più di 30, moglie di un simile personaggio!
Se poi abbiamo anche la possibilità di scegliere la residenza, io da
qui non mi muoverei più, mi trovo troppo bene ed i bambini anche.
Abbiamo ben socializzato, siamo andati a vedere la scuola per Marco, qui
vicino, infatti lui vorrebbe andare alla scuola pubblica francese e non in
quella italiana privata. Vuole assolutamente imparare bene il francese e
cosa di meglio se non frequentare i coetanei francesi? Anche Alessandro
andrebbe all’equivalente della nostra scuola materna che si trova nello
stesso edificio della scuola elementare. Per te, ovviamente, la residenza
ad Hong Kong sarebbe più comoda. Decidi tu.
- Angela, sei splendida, siamo da tanti anni assieme e non finisci mai
di stupirmi. Anche questa volta, come a Milano, hai deciso per me, non hai
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fatto la minima opposizione, hai già predisposto tutto come lo avessi
saputo da tempo. No! Hong Kong sarà la mia direzione, ma non ho
pensato neanche per un attimo di trasferirmi in quei posti con climi non
confacenti al nostro modo di vivere. Da quello che mi è stato dato di
capire, la mia presenza in quella città sarebbe necessaria al massimo due
giorni al mese, per il resto opererei qui, da Parigi. Con l’aereo, tra andata e
ritorno e la permanenza potrei assentarmi tre o al massimo quattro giorni
per volta.
Io sai, io vado avanti con i pensieri e mi creo dei problemi che però,
questa volta, penso siano reali. Non dobbiamo nasconderci dietro ad un
palo. Avremo un terzo bambino, avremo degli obblighi di società non
indifferenti, ti ricordi il Natale da Platinì? Non dico una villa come quella, la
quale è un punto d’arrivo, ma questo appartamento diventa strettino per
qualsiasi tipo di ricevimento che non sia familiare. C’è tempo, ma è una
cosa da prendere in considerazione per un prossimo, non tanto lontano,
futuro.
- Tra circa sei mesi nascerà il bambino. Prima che la tua situazione
diventi ufficiale, da quanto mi hai detto, passeranno almeno dai tre ai
cinque mesi, quindi avremo tutto il tempo necessario per predisporre i due
eventi. Per la casa, mi darò da fare, a tempo perso, con qualche agenzia
immobiliare. Pensi di prendere qualche cosa in locazione o vorresti
acquistassimo, con un mutuo ovviamente, un appartamento più grande?
- Di questo non si è parlato, ma probabilmente gli accordi fatti a
Milano, dopo la nomina ufficiale, cadranno e le spese dell’appartamento
attuale non ce le concederanno più. Gli affitti per appartamenti di un certo
livello, qui a Parigi, saranno probabilmente proibitivi. Visto , mi sembra,
che non ci muoveremo da questa città, conviene impegnare i soldi della
locazione per pagare le rate del mutuo e avere, alla fine, un capitale
immobiliare tutto nostro.
La loro conversazione si interruppe in quanto i bambini rientrarono
dalla visita al vicino: - Ciao papà, se avessimo saputo che eri a casa
saremmo rientrati prima, anche se è stato bellissimo giocare con Pierre, il
bambino qui accanto.
- No, non importa, intanto la mamma ed io abbiamo parlato
tranquillamente seduti qui in salotto. Ora deve andare a preparare la cena
e chi la vede più. Raccontatemi, è stato bello giocare con questo nuovo
amichetto?
- Sì è molto simpatico, ha dei bei giochi e abbiamo parlato molto. Egli
ci ha chiesto se potevamo insegnargli alcune parole in italiano per poter
cercare di formare qualche piccola frase e lui avrebbe cercato di migliorare
il nostro francese.
- Ottimo, questo si può definire “imparare giocando”. Non diventa
pesante per nessuno ed è il miglior veicolo per imparare una lingua
straniera. La mamma, poi, mi ha raccontato che voi vorreste frequentare la
scuola francese, questo vi fa onore e mi lusinga. Non sarà facilissimo, ma
per voi bambini, dopo il primo scoglio iniziale, diventerà una cosa
normalissima. Avviseremo le insegnanti della vostra origine italiana
perché, per i primi tempi, siano più indulgenti e comprensive. Meglio così,
211
perché la mamma ed io abbiamo deciso di rimanere ancora per tanti anni
a Parigi.
- Che bello papà, a noi piace stare qui. Se restiamo allora ci porterai
a vedere la torre Eiffel. Pierre ci ha raccontato, con l’aiuto della sua
enciclopedia, che la torre è alta trecento metri e dall’alto si vede tutta
Parigi come se si fosse su di un aereo. E’ fatta tutta di ferro e sulla cima ci
sono le antenne della televisione. Poi ci ha detto pure tante cose sul
signore che l’ha costruita, ma non ricordiamo più.
- Certo, ci andremo, un sabato o una domenica, così potremo starci
tutto il giorno e anche pranzare in uno dei ristoranti panoramici.
Comunque, ricordate, che Eiffel non era un “signore” ma un grande
ingegnere il quale, in precedenza, aveva già realizzato importantissime
opere sia qui in Francia sia in Portogallo. Vedrete, a scuola, non nei primi
anni certamente, studierete la vita di questo grande personaggio della
storia francese.
CAPITOLO 8
E CONCLUSIONE
Passarono gli anni, tutte le cose più belle, per la famiglia Geronti, si
realizzarono. Era nato il terzo figlio, maschio anche quello. Dapprima, in
omaggio alla terra francese che li ospitava, avrebbero voluto chiamarlo
Jean, ma poi decisero di chiamarlo Gianni perché, anche se nato in
Francia, era italiano in tutto, quindi doveva esserlo anche nel nome e così
lo battezzarono proprio con il nome di Gianni e non Giovanni.
Marco aveva ormai quasi 12 anni e stava frequentando la sesta
classe, corrispondente alla prima media in Italia. E’ sempre stato
bravissimo a scuola ottenendo anche, i primi anni, i complimenti da parte
degli insegnanti per la costanza e l’applicazione dimostrata, tanto da non
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notare più le sue origini italiane nello svolgimento dei temi in lingua
francese.
Alessandro, 10 anni, stava facendo la quarta classe. Anche lui non
dava grosse preoccupazioni con la scuola. Era molto più portato per le
materie tecniche, infatti in matematica era bravissimo, riusciva a risolvere
con estrema facilità i problemi che venivano loro assegnati, tant’è vero, la
sua insegnante, l’aveva preso in considerazione proponendogli dei quesiti
molto più avanzati rispetto la sua età. Alessandro, con caparbietà e grande
forza di volontà e ragionamento, riusciva a risolverli.
Gianni, cinque anni e mezzo, si accingeva, lasciata la scuola
materna, a frequentare la prima classe elementare. Era di un’intelligenza
che si sarebbe potuto definire precoce, anche se, in realtà, era data
dall’essere continuamente a contatto con i fratelli maggiori. Stando loro
vicino ad osservare quando facevano i compiti e a rubare con gli occhi
alcune nozioni. Infatti era già capace di scrivere il suo nome e cognome e
conosceva tutte le lettere dell’alfabeto riuscendo, singolarmente, pure a
scriverle.
Angela, finalmente, aveva un aiuto costante in casa e poteva così
dedicare parte del suo tempo anche ai suoi hobby preferiti, oltre al compito
di seguire ed educare i figli. Una ragazza filippina dalle nove alle
diciassette, per cinque giorni alla settimana, accudiva ai lavori domestici
ed era riuscita, con la guida di Angela, a diventare anche una buona
cuoca.
Si era fatta una cerchia di amicizie tra le mogli di persone conosciute
ai vari ricevimenti cui, dato il livello sociale ormai raggiunto, erano usi
partecipare quasi settimanalmente. Aveva scelto di essere in relazione con
chi amava in particolare la musica e la pittura. Parigi, in questo campo, era
una città simbolo. Quotidianamente avrebbe potuto visitare mostre
pittoriche o ascoltare concerti di musica classica nei moltissimi auditorium,
sia grandi sia piccoli, sparsi nella metropoli. Tra amiche decidevano dove
o se andare. Se non trovavano nulla di particolarmente interessante,
alternativamente a casa di una o dell’altra si riunivano il pomeriggio per il
the e per parlare degli argomenti loro graditi.
Andrea era fortemente inserito nel tessuto dirigenziale della nuova
realtà che si era formata dopo la riuscita scalata della compagnia italiana.
L’acquisto del 63% del pacchetto azionario francese era riuscito in tempi
ragionevoli e con il giusto esborso anche grazie alla perizia dimostrata
dagli agenti di borsa.
Quando la notizia divenne di dominio pubblico ci fu un momento di
panico in tutte le borse mondiali per la nascita di questo nuovo grosso
colosso. L’incertezza durò una settimana, ma alla fine fu gioco forza
accettare questa nuova realtà anche perché venne deciso un aumento del
capitale sociale con l’emissione di un nuovo consistente pacchetto
azionario dando, come d'uso, la prelazione agli azionisti di acquistare
proporzionalmente al pacchetto posseduto. Era ovvio, così facendo chi
possedeva il pacchetto di maggioranza, diveniva ancora più forte e
potente.
213
L’apporto finanziario delle compagnie del sud est asiatico, che
Andrea doveva amministrare, era considerevole anche e soprattutto
perché, il controllare una delle banche più potenti al mondo, permetteva di
gestire il comparto assicurativo con una certa serenità e sicurezza.
I primi tempi per organizzare il suo comparto, Andrea fu costretto a
recarsi più volte del previsto ad Hong Kong, anche per un’intera settimana,
ma ora tutto filava liscio sui binari ben predisposti; la sua presenza a
Victoria si era ridotta, al massimo, tre volte al mese, ma normalmente due
o anche una sola volta.
Nell’appartamento di Rue de la Communauté, rimasero ancora un
anno dopo la nomina in quanto Angela era riuscita a trovare il nuovo
appartamento che però abbisognava di un radicale restauro.
Parigi, nel suo espandersi nell’arco dei secoli, ha conservato tutt’oggi
le caratteristiche dei vari periodi. Angela nel suo peregrinare, alla ricerca
dell’appartamento, visitò praticamente tutte queste zone ben definite
urbanisticamente. Rimase particolarmente colpita da una zona che ebbe il
suo splendore nella tarda metà del settecento quando avvenne la
ristrutturazione del Faubourg Saint-Germain, l’apertura di Place Louis XV,
oggi ribattezzata Place de la Concorde e l’urbanizzazione della zona del
Faubourg Saint-Honoré.
Il palazzo scelto da Angela, si trovava immediatamente alle spalle di
Place de la Concorde. Era una costruzione in puro stile impero, risalente ai
primi tre decenni del XIX secolo, con evidenti influssi neoclassici, in alcune
componenti essenziali. Essendo l’edificio vincolato alla sorveglianza e al
controllo delle belle arti, era appena stato restaurato totalmente nelle parti
comuni e riportato, perciò, agli antichi splendori. L’appartamento
propostogli dall’agenzia immobiliare consisteva in tutto il secondo piano,
detto “piano nobile”, e, comunicante internamente, con la parte centrale
del terzo piano.
Approssimativamente,
lo
sviluppo
totale
dell’appartamento
raggiungeva i 450 metri quadrati. Anche gli interni, per quanto non
vincolati, avrebbero dovuto mantenere le caratteristiche architettoniche
originarie ed attrezzare l’alloggio con impianti elettrici, idrici e di
riscaldamento moderni, ma soprattutto a norma, avrebbe comportato un
notevole esborso di capitale.
Angela era al settimo cielo e Andrea non ebbe il coraggio di
deluderla. Il prezzo dell’appartamento, trattandosi di un edificio di pregio,
ma essendoci da spendere cifre considerevoli per portarlo ad una
abitabilità consona al suo stato, dopo diverse contrattazioni si venne ad un
compromesso, di pagarlo a corpo e non a misura, forfettizzando la cifra in
€ 600.000,00. Eh si! Erravamo arrivati ormai nell’epoca Euro e non più
franchi o lire. Anche il proprietario accettò di buon grado, la somma
pattuita, in quanto si rese conto che vendere un appartamento di quelle
dimensioni non sarebbe stato facile e, anche se dovette pagare un cifra
rilevante per il restauro dell’edificio, convenne essere equo il prezzo
offerto.
Data la complessità dei lavori da eseguire, ottenute le dovute
autorizzazioni dal Comune, dalle Belle Arti e dalla Gendarmeria, i lavori
214
vennero affidati ad una grossa impresa di costruzioni ben nota per aver
eseguito parecchi lavori anche presso la sua compagnia di assicurazioni.
Mentre i lavori andavano avanti speditamente, con l’aiuto di un abile
arredatore, Angela scelse il mobilio, i tendaggi e tutto quanto era
necessario per portare la casa all’altezza del suo splendore.
Si giunse alla fine dell’inverno e all’inizio della primavera quando,
dopo poco più di otto anni, dall’arrivo a Parigi, i coniugi Geronti
inaugurarono la nuova casa con uno splendido ricevimento che nulla
aveva da invidiare quello, cui per la prima volta, avevano partecipato nella
villa di Platinì. Per ufficializzare l’evento venne invitato pure il Cardinale
Yves Florence, delegato apostolico a Parigi, perché benedicesse la casa e
tutti i presenti in essa convenuti.
I segni di stima ed ammirazione dei presenti, furono un grosso
premio per Angela ed Andrea costretti, per i prossimi quindici anni a
rimborsare le rate di un grosso mutuo contratto, a tasso di favore, con la
banca di Hong Kong.
Sergio e Alphonse, con le rispettive consorti, presenti per primi a
questa festa, gioirono all’unisono con i padroni di casa, per la splendida
scelta fatta e per la decisione di rimanere a Parigi. Con una battuta di
spirito Sergio disse: - Se vuoi, facciamo un patto! Io vengo qui e tu torni a
Milano, ci scambiamo i ruoli, cosa ne dici?
Tutti si misero a ridere mentre Andrea rispondeva: - Scusa Sergio,
sei forse riuscito a leggere sulla mia fronte la scritta “Joe Condor”? Ossia
“Giocondo”? Io penso di no!
Ho voluto raccontare, falsando i nomi e non indicando volutamente,
neanche con ragioni sociali di fantasia, le varie Aziende coinvolte, un fatto
per dimostrare che “I casi della vita” possono sconvolgere l’esistenza di
una persona e di una famiglia. Questa volta, i casi, hanno avuto esito
altamente positivo, baciando in fronte delle persone, per quanto meritevoli,
ma che il destino ha prescelto per essere beneficiati.
Io, personalmente, aggiungo quello che è sempre stato il mio “Credo”
e cioè: nella vita bisogna sempre trovarsi nel momento giusto al posto
giusto, altrimenti per quanto ci si affanni, ci si dia da fare, si sia capaci, ci si
proponga, si cerchi di mettersi in evidenza per onestà, esperienza, perizia,
abilità e quant’altro se ci si trova nel momento sbagliato nel posto sbagliato
si dovrà tirare avanti mediocremente e si rimarrà poco più che
niente…………………
I CASI DELLA VITA!!!!
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