articolo di Porta la sporta

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articolo di Porta la sporta
S E R V I Z I
Tecnologia
e approccio
di sistema
guidano
in Uk e in Usa
la progettazione
sostenibile
nell’abbigliamento
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di Silvia Ricci
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i moltiplicano le iniziative da parte di brand internazionali della
moda per rendere il settore maggiormente sostenibile, a partire
dalla fase di design e di scelta dei materiali. Assente purtroppo nel nostro paese
una cabina di regia che riunisca e coordini tutti gli stakeholder della filiera come
avviene in alcune esperienze pilota attive
all’estero, come il modello inglese che
punta sull’azione collettiva coinvolgendo
gli stakeholder. È il programma Waste &
Resources Action Plan Wrapcon (Wrap)
con il progetto Sustainable Clothing Action Plan (Scap) a riunire nel Regno Unito
industria, governo e terzo settore in un
approccio di sistema allo scopo di ridurre
l’impatto ambientale del settore dell’abbigliamento migliorandone la sostenibilità in tutto il suo ciclo di vita.
Infatti, del comitato direttivo di Scap fanno parte i marchi più noti, le maggiori
insegne del retail, i riciclatori, enti governativi, ong e associazioni di beneficenza.
Il lavoro viene portato avanti da quattro
gruppi di lavoro impegnati su vari livelli.
Secondo il Waste & Resources Action
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14 ottobre 2013
Plan il settore dell’abbigliamento è responsabile del 5% delle emissioni totali
di carbonio e tra il 6% e 8% del consumo
di acqua di tutto il settore di produzione
di beni e servizi nel Regno Unito. Inoltre,
l’abbigliamento contribuisce alla produzione di rifiuti con più di un milione di tonnellate di materiale di scarto. Questi dati
rendono il settore uno dei più impattanti
dopo quelli della produzione di alimenti
e bevande, del comparto abitativo e dei
trasporti.
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Per mettere in condizione il settore della moda di misurare la propria impronta
ecologica in termini di emissioni di CO2,
consumo d’acqua e produzione di rifiuti,
Wrap mette a disposizione degli aderenti al programma uno strumento che permette di misurare gli impatti totali delle
produzioni in corso. Sulla base dei dati
rilevati dalla misurazione degli impatti attuali i firmatari saranno in grado di fissare quindi gli obiettivi di riduzione per tutte
tre le aree entro il 2020 e oltre.
Le aree di azione del programma includo-
no l’utilizzo preferenziale di fibre tessili a
basso impatto e lo sviluppo di iniziative
volte a: allungare la vita dei capi di abbigliamento, intercettare materiale tessile
riciclabile che attualmente viene buttato
e fornire maggiori informazioni ai consumatori per metterli in grado di fare scelte
consapevoli.
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Altra realtà di grande interesse per quanto si svolge su questo fronte è quella degli Stati Uniti. Infatti, negli Usa è stata
creata una coalizione per la sostenibilità
che riunisce i marchi dell’abbigliamento e
delle calzature. Si chiama The Sustainable Apparel Coalition, ed è una coalizione
fondata nel 2011 da un gruppo di manager responsabili delle politiche di sostenibilità di aziende del settore dell’abbigliamento e calzaturiero, che oggi raggruppa
oltre 80 aziende leader del settore della
moda, rivenditori, fornitori, organizzazioni
non profit e non governative per ridurre
l’impatto ambientale e sociale del settore della moda. Obiettivo principale della
coalizione, che rappresenta il 30% circa
S E R V I Z I
Gli stilisti tramite l’app chiamata Making possono
accedere al Materials Sustainability Index, il data
base messo a disposizione da Nike, che riporta le
caratteristiche dei tessuti sostenibili
delle vendite globali del settore, è quello
di guidare le industrie verso la sostenibilità, (vista sia come imperativo sia come
opportunità economica), condividendo
uno stesso strumento/approccio di misurazione dell’impatto ambientale di prodotti e produzioni.
Il progetto ha lanciato allo scopo un’applicazione per misurare le performance
ambientali dei prodotti: The Higg Index,
che aiuta le aziende a standarizzare/riorganizzare i metodi interni di valutazione
dei prodotti lungo tutto il ciclo di vita. Per
progettare l’Higg Index si è partiti da due
strumenti già disponibili per valutare l’impatto ambientale della produzione, l’Eco
Index e The Nike Environmental Design
Tool sviluppato da Nike.
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Nike ha deciso recentemente di mettere a disposizione il proprio data base
Materials Sustainability Index (Msi) che
racchiude anni di ricerca spesi per individuare le caratteristiche dei tessuti sostenibili. Gli stilisti tramite un’app chiamata
Making possono avere accesso gratuito
all’Msi per avere un feedback su quali
tessuti si possono meglio prestare per
realizzare un determinato capo d’abbigliamento. Il data base originariamente
creato per un uso interno potrebbe ora
essere consultato anche dai consumatori per vedere le scelte dei materiali che
le loro marche di abbigliamento preferite
stanno facendo.
Al momento l’app offre valutazioni
sull’impatto ambientale per 22 materiali
di uso comune per
abbigliamento in
quattro diverse aree:
consumo di acqua,
consumo energetico, impiego di sostanze chimiche, e
produzione di rifiuti.
In fase di ricerca si
possono fare interrogazioni che prendono
in considerazione ogni elemento separatamente, oppure in forma aggregata, per
avere confronti sulle performance ambientali di materiali alternativi tra loro.
Se uno stilista vuole valutare in quale materiale creare un capo di abbigliamento,
un vestito piuttosto che una camicia, Making è in grado di guidare la scelta tra i
possibili materiali utilizzabili.
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Si può venire così informati, ad esempio, che il nylon 6 rappresenta la migliore
scelta sotto il profilo della composizione
chimica, la canapa dal punto di vista del
minor impatto come produzione rifiuti e
che il lino o il Lyocell
(tessuto ecologico
ricavato dalla polpa
di legno di eucalipto) sono preferibili
quando sia prioritario ridurre invece il
consumo d’acqua.
Il cotone ha invece
un’impronta idrica molto alta ma nella
valutazione comparata conquista il terzo
posto come gestione del fine vita e per
il potenziale di riciclaggio. Nella valutazione globale di Making il cotone ottiene
si mira alla
sostenibilità
del ciclo
di vita
dei prodotti
il punteggio di 25,8 su 50 (più alto è il
punteggio, minore è l’impatto che il materiale ha sull’ambiente). Making è stata
sviluppata con il contributo degli studenti
del London College of Fashion’s - Center
for Sustainable Fashion che hanno testato l’applicazione fornendo il necessario
feedback. “L’applicazione ci ha aiutato a
identificare i materiali a basso impatto
ambientale per realizzare capi di abbigliamento senza compromettere il processo di progettazione. Questo dimostra
che la sostenibilità non va considerata
come un limite, ma come una prospettiva stimolante per guardare alla creazione
di un prodotto”, ha commentato Alasdair
Leighton-Crawford, uno degli studenti del
gruppo che ha utilizzato il software per
creare una tuta multistrato. Sul perché
sia importante intervenire sin dalla fase di progettazione Nike lo documenta
con alcuni dati resi noti sull’impatto del
settore, come il dato sulla produzione
annuale globale che può arrivare a oltre
400 miliardi di metri quadrati di tessuto- il che significa arrivare nel 2015 ad
averne abbastanza per ricoprire lo stato
della California.
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A spingere i brand del mondo della moda a prendere provvedimenti verso una
maggiore sostenibilità ha contribuito anche la campagna Detox di Greenpeace
e le rivelazioni contenute nel suo omonimo rapporto. A oggi 16 brand internazionali hanno risposto all’appello lanciato
da Detox. Oltre a Nike ci sono Adidas,
Puma, H&M, M&S, C&A, Li-Ning, Zara, Mango, Esprit, Levi’s, Uniqlo, Benetton, Victoria’s Secret, G-Star Raw
e Valentino. Ancora “latitanti” restano
tra i grandi marchi Calvin Klein, Gap e
Abercrombie&Fitch.
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