una storia italiana - DPR
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key person DPR: una storia italiana A colloquio con Enrico Panzeri, fondatore e titolare di DPR Risposte semplici ad esigenze complesse: questo può essere il senso dei prodotti DPR, che aggiungono all'universo della stampa etichette tutti gli accessori utili per fare in modo che per qualsiasi situazione vi sia una soluzione efficace ed ergonomica. Dai primi passi ai tanti progetti per il futuro, la storia esemplare di un'azienda che ha saputo creare il proprio mercato 16 DATACollection !! "#$%&'(& DATACollection: Cominciamo con un po' di storia. Come ha preso il via questa esperienza? Quali sono stati i primi passi, e quali scelte vi hanno condotto qui dove siete adesso? Enrico Panzeri: Per cominciare, dobbiamo fare un passo indietro, quando lavoravo come progettista e tecnico per un'azienda che vendeva sistemi Digital compatibili; e in particolare quando questa esperienza venne conclusa, un momento in cui non sapevo esattamente come proseguire. Da un lato ho continuato a lavorare in prima persona per uno dei miei clienti più importanti, la Banca Popolare di Bergamo, perché per loro avevo progettato e realizzato l'intero sistema RAID, al quale ho continuato a fornire manutenzione e assistenza. (Tra parentesi è un'attività che svolgo ancora adesso, per un altro cliente, Banca Mediolanum: forniamo loro il servizio completo di installazione, configurazione e avvio della parte informatica delle filiali, servendo oggi 160 agenzie per un totale di circa 3000 dispositivi). Dall'altro lato, ho ricevuto una proposta piuttosto originale da una persona che in precedenza era mio concorrente sui sistemi Digital compatibili, ma che da poco era entrato nel mercato dell'identificazione. Renato Lucente, questo il suo nome, stava fornendo un software specifico per la gestione di fiori e piante nei vivai, e mi chiese se potevo costruire un accessorio, che già esisteva, ma che aveva parecchi problemi operativi. Doveva essere un avvolgitore per avvolgere i “collarini”, quelle fascette che vengono appese ai rami delle piante per identificarle con nome e prezzo. Lui infatti forniva la stampante, ma l'avvolgitore non era ottimizzato per questo lavoro: le fascette, nella maggior parte dei casi, cadevano per terra, dovevano essere raccolte e controllate una ad una, ed essere riavvolte a mano. DC: Come mai lo chiedeva a lei? Recente soluzione di taglio e sfridatura delle etichette, su stampante Primera. Si ottengono tre bobine separate, pronte per l'alimentazione degli applicatori automatici. EP: Per le mie capacità tecniche, anzi manuali, maturate non solo sul lavoro, ma anche nella mia vita privata. Quando ero giovane, la Brianza era provincia profonda, in città si andava solo ogni tanto e non rimaneva gran che da fare: il traforo era così uno dei miei passatempi preferiti. Questa passione, che ho coltivato sin da ragazzo, mi ha portato ad ingegnarmi e a lavorare su tante cose, fino ad arrivare al modellismo navale e così via. La manualità e l'attenzione al funzionamento delle cose poi l'ho sempre coltivata anche sul lavoro, dato che progettavo i sistemi non solo dal punto di vista informatico, ma anche da quello meccanico, e anche elettronico. Ovvero, i sistemi che facevo io erano sempre realizzati in modo da rendere semplice l'intervento tecnico: perché io, da tecnico, sapevo dove avrei voluto mettere le mani. Insomma, è per questo che mi chiesero di progettare questo avvolgitore di fascette. Quando lo portammo al cliente, il successo fu immediato: un ordine di cinque macchine. E da qui la voce cominciò a spargersi. Nacque così la DPR, nel 1996, con sole tre persone: un dipendente, mia moglie e me. Io però non volevo fermarmi qui, volevo allargare i miei orizzonti, e un primo passo fu quello di chiamare l'editore di DATACollection – uno dei contatti che conservavo dalle mie esperienze precedenti - che ai tempi muoveva i primi passi con questa nuova rivista dedicata al barcode. Avviammo una campagna pubblicitaria che ci diede notevole visibilità, con conseguente picco di richieste e di contratti. Lo stesso effetto, dirompente, l'abbiamo avuto con le pubblicità in lingua sulle edizioni francese e spagnola della rivista. Uscita la pubblicità arrivavano le telefonate, e con queste i clienti in Italia, in Francia e in Spagna. Ma l'appetito vien mangiando... Così abbiamo partecipato alla fiera Labelexpo di Bruxelles, l'appuntamento più importante in Europa per il mercato delle etichette, con uno stand di 3 metri per 2, tutto allestito da me nell'ottica del risparmio assoluto. I nostri avvolgitori ebbero un successo totale, e le richieste cominciarono ad arrivare da tutta Europa. Dispenser in fase di assemblaggio. Il modulo conta etichette. Nel frattempo cominciavamo ad espandere la nostra attività anche dal punto di vista del prodotto. Così è nata la nostra seconda linea, quella dei dispensatori, o degli spellicolatori semiautomatici: in pratica un dispositivo che prepara le etichette per essere applicate. Seguirono poi il conta etichette (poi in versione conta metri), il ribobinatore, in grado di realizzare bobine piccole a partire da bobine più grosse, o il dispensatore doppio, per poter avere in linea due etichette diverse. Insomma continuavo a lavorare sullo sviluppo di nuove soluzioni, sempre seguendo le richieste dei clienti. Infatti, tutte le nostre realizzazioni nascono sia da richieste specifiche che provengono dal cliente, sia dalla nostra iniziativa. Ad ogni nuova necessità specifica che il mercato ci DATACollection !! "#$%&'(&% 17 key person oggi alcuni tipi di stampanti, troverà i nostri accessori già inclusi nella soluzione scelta. Per alcune di esse, ancora di più, partono da qui i nostri prodotti già configurati con il loro logo e anche con la loro confezione. A quel punto c'è stato un passaggio molto semplice: se loro rivendono i miei prodotti, perché io non posso diventare loro distributore? Così è nata questa collaborazione: per alcuni di questi marchi, noi siamo diventati distributori italiani oppure distributori europei. Ci stiamo organizzando quindi con questa nuova divisione, DPR Printers, che avrà il compito di gestire questo business e dovrebbe avere sede nella nostra sede precedente, la “villetta” che abbiamo lasciato per trasferirci in questo nuovo edificio. Questo passo ci consente anche di seguire molto meglio uno degli sviluppi più interessanti del mercato dell'etichetta, ben oltre il semplice settore del trasferimento termico. La macchina avvolgitrice/svolgitrice con un recente dettaglio progettuale all'insegna dell'ergonomia: il pianale di supporto diviso in due parti. Stessa robustezza, ma scatola grande la metà, a tutto vantaggio delle spese di spedizione e della praticità di gestione. richiede, invento qualcosa di nuovo, seguendo, dal punto di vista commerciale, una strategia ben precisa. Andando avanti, neppure l'Europa ci bastava, e quindi abbiamo deciso di partecipare all'edizione americana della fiera Labelexpo, a Chicago. E questo ci portò a cominciare l'avventura americana. Durante la fiera riscuotemmo un successo estremo, tornando a casa con circa 400 lead. Però ci si presentò subito un problema commerciale: i costi di spedizione erano più alti del costo del prodotto, cosa che ci impediva letteralmente di vendere in Usa. Meditando su come uscire da questo stallo, mi tornò in mente una persona che era venuta a presentarsi in fiera, che ci aveva prospettato l’opportunità di aprire un'azienda in West Virginia. Al momento non avevo dato importanza a questa proposta, poi invece, riflettendo sulla situazione, decisi di richiamarlo per concretizzare questa opportunità. E tutto, incredibilmente, partì a velocità razzo, dalla prima visita di una loro delegazione a Natale del 2006, fino ad arrivare a febbraio del 2007 ad avere la nostra nuova società in West Virginia, con un responsabile commerciale, e un magazzino prodotti rifornito periodicamente via container, quindi con costi di spedizione ormai trascurabili sul prezzo finale. Oggi la filiale americana viene seguita da mio figlio Michael, con due dipendenti a tempo: una segretaria e un magazziniere. In questo modo continuiamo a lavorare in America, coprendo alla fine tutti i Paesi del mondo, dalla nostra sede oppure dalla filiale americana. DC: Dalla gamma di accessori come siete arrivati alle stampanti e alla divisione DPR Printers? EP: Continuando a realizzare accessori per le stampanti, e stringendo sempre di più i rapporti con i produttori di stampanti, siamo arrivati a diventare loro fornitori ufficiali. Nel senso che chi acquista 18 DATACollection !! "#$%&'(& DC: Ovvero tutto il mercato dell'ink jet? EP: Esatto. Mentre il segmento del trasferimento termico è piuttosto stabile come applicazioni e quindi come accessori, c'è tutto un mondo che sta nascendo adesso, quello della stampa ink jet, cioè delle stampanti a colori a getto d'inchiostro, con le quali si possono realizzare tutte le applicazioni di print on demand. Il cliente finale insomma non sarà più vincolato all'acquisto delle etichette da un produttore specializzato, perché compra una stampante con la quale, attraverso un semplice programma di creazione grafica, può stampare ciò che vuole, in qualsiasi quantità, rendendosi indipendente sul fronte della stampa di etichette. Su questo fronte vedo un mercato molto interessante, che sta proprio partendo adesso. La nostra idea è che il cliente da noi possa trovare tutto ciò che serve: le etichette su cui stampare, le stampanti, i materiali di consumo e tutti gli accessori per gestire le etichette. E questo a prescindere dal tipo di applicazione in sede di fine linea, che può essere manuale o automatica. DC: Infatti, quando si parla di applicazioni di etichettatura, viene da pensare solo ad applicazioni di tipo automatico. Qual è invece la realtà del mercato, secondo voi? EP: Per quanto ci risulta non è detto che l'applicazione delle etichette sia sempre automatica: dipende da tante cose, e non solo dalla quantità dei prodotti o dalla dimensione dell'azienda. Certo la quantità è un parametro importante, perché dove si parla di etichette in quantità limitate, è sempre un problema comprarle all'esterno, per via delle quotazioni che diventano competitive solo oltre un certo numero di pezzi. Quindi, un numero elevato di etichette si sposa quasi sempre con un numero elevato di prodotti, e di conseguenza, con l'etichettatura automatica di fine linea. Tuttavia, anche per alimentare un'etichettatrice ci vuole una bobina, e se le etichette cambiano frequentemente, è certamente più utile stamparle all'interno e avvolgerle in bobina con i nostri accessori. In questi casi forse è meglio che la produzione delle etichette e delle bobine sia fatta in proprio, mentre l'applicazione può rimanere automatica. visione sul mondo intero che mi ha dato il lavoro con l'America, la nostra realtà sarebbe ben più limitata. Ma anche sul fronte dell'applicazione manuale possiamo fare esempi molto significativi. Il primo può essere quello di Pirelli: insieme con BSS Extend, abbiamo progettato una soluzione ad hoc, nella quale si usa un nostro dispenser studiato appositamente. Sulla linea, arriva un pneumatico ogni due minuti; il nostro dispenser riceve l'ordine di spellicolatura dal PLC, e porge l'etichetta all'operatore. Un segnale successivo attiva la fotocamera, che rileva il numero di serie presente sull'etichetta; a questo punto l'operatore può prendere l'etichetta e applicarla sul pneumatico. Dopo due minuti, il ciclo ricomincia. Quaranta di questi dispenser sono stati installati in Messico, 12 sono in uso a Settimo Torinese, e così via. DC: Per concludere: com'è il mercato che voi affrontate tutti i giorni? Per quella che è stata la sua esperienza, che cosa può dire di aver imparato? Oppure, si può pensare a certe nicchie altrettanto interessanti, come quella delle aziende agrituristiche: oggi, è possibile mettere in commercio prodotti confezionati all'interno di queste aziende anche nei punti vendita della distribuzione organizzata. Ora, finché su pesti, conserve e marmellate si dovevano applicare una decina di etichette, si poteva fare tutto a mano, ma se le etichette diventano 50, o 500, ecco che diventa estremamente interessante la possibilità di avere l'etichetta già pronta e sfridata, senza doverla spellicolare a mano. L'applicazione dell'etichetta resta manuale, ma tutto il ciclo risulta più ergonomico. Insomma tutti i settori applicativi possono essere interessati da queste soluzioni: la discriminante sta per un verso nella quantità di prodotti, e quindi di etichette, ma anche nella necessità di variare frequentemente i soggetti, oppure nella velocità di applicazione. Ci sarà sempre quel canale speciale che prevede una forte differenziazione delle quantità, associato o meno ad una fase di applicazione manuale. DC: Quanto conta per voi la qualità del prodotto? EP: È la caratteristica principale delle nostre macchine, la filosofia con cui siamo nati. Negli anni, purtroppo, siamo stati anche imitati – e non dall'Asia! Solo da poco tempo ho cominciato a brevettare le mie soluzioni, per proteggerle; ma avendo creato un mercato, era naturale che mi creassi anche la concorrenza. Il fatto è che questi prodotti alternativi sono sul mercato con un prezzo inferiore al nostro. Avrei potuto farlo anche io, ricorrendo a scelte costruttive di minor qualità, ma ho scartato decisamente questa opzione. Non l'ho mai fatto e i miei clienti l'hanno capito benissimo. Anche perché noi siamo nati con questo prodotto e con questa filosofia. EP: Viviamo e lavoriamo in un quadro piuttosto preoccupante. Dei nostri difetti pubblici e privati, si potrebbe fare un elenco infinito. Ma secondo me c'è qualcosa che si può fare. Dovremmo diventare tutti un po' più umili. Smettere di prendere a riferimento le persone che hanno già raggiunto un traguardo, o il loro punto d'arrivo, e non l'iter, magari complesso e faticoso, che hanno seguito. Se voglio subito quello che altri hanno, ma senza la fatica che hanno fatto per ottenerlo, tutto il mio progetto di vita risulta distorto. E una volta messo a fuoco il cammino, bisogna concentrarsi su quello onesto, anche se più lungo, e non sulle scorciatoie. Che purtroppo ci sono, e sono sempre a disposizione. Ma non sono l'unica maniera di arrivare da qualche parte. Io personalmente ho scelto di non farlo mai e a mio avviso l'avere meno pretese, ma più serietà, è il modo giusto per realizzare un progetto. Se questo manca, è tutto più difficile. E obiettivamente lo è, proprio per un tessuto, un contesto economico che ha perso umiltà e amor di patria. In qualsiasi altro Paese l'imprenditoria viene perseguita e valorizzata in modo ben diverso: e anche dal canto nostro ci sono state fatte offerte di insediamento in Svizzera, o ancor di più in Austria dove gli incentivi alle nuove aperture sono estremamente interessanti. Però siamo ancora qui: con una sede nuova, dove ci siamo trasferiti dal dicembre 2011, con 550 mq destinati alla produzione e 200 mq agli uffici. Anzi, abbiamo richiesto alla provincia di Monza e Brianza la possibilità di utilizzare sui nostri prodotti il logo “Made in Brianza”: una garanzia di autenticità che è nata in origine per il mondo dei mobili. Così ora tutti i nostri prodotti sono marchiati “Made in Brianza”, e lo vedranno in tutto il mondo. E per me qualità vuole dire anche serietà nel lavoro e massimo impegno, valori che sto cercando di trasmettere anche ai miei figli, che lavorano con me. Ho cercato di trasferire loro il mio entusiasmo, l'abitudine a “vedere sempre più in là del tuo naso”, e l'andare controcorrente. Si pensi alla scelta di aprire in America: con un Paese in crisi e un concorrente molto più grande e più radicato di noi, poteva sembrare un'idea folle. Eppure adesso so che senza la DATACollection !! "#$%&'(&% 19