La ragazza fantasma
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La ragazza fantasma
Unità 2 I generi: IL RACCONTO horror Charles Dickens La ragazza fantasma 1 maestose... d’Inghilterra: verso della poesia The Homes of England, di F.D. Hemans (17931835) Alcuni anni fa un celebre artista inglese ricevette da Lady F. l’incarico di fare il ritratto del marito. La sede scelta per portarlo a termine era stata Villa F., in campagna, dato che i suoi troppi impegni non gli permettevano di intraprendere un nuovo lavoro finché la stagione londinese non fosse finita. La grande familiarità di rapporti con i suoi datori di lavoro aveva fatto sì che l’accordo lasciasse soddisfatti tutti gli interessati, e il 13 settembre eccolo partire pieno d’entusiasmo per assolvere all’impegno. Prese il treno per la stazione più vicina a Villa F. e, alla partenza, si trovò solo nel vagone. Solitudine che per altro non durò a lungo. Alla prima stazione appena fuori Londra una giovane donna salì in carrozza e si mise nell’angolo opposto al suo. Aveva un’aria particolarmente delicata, soffusa com’era in notevole misura di dolcezza e tristezza, cosa che non mancò di suscitare l’interesse di un uomo dotato di spirito d’osservazione e di sensibilità. Per un po’ nessuno dei due disse una parola. Ma alla fine toccò all’uomo far le solite considerazioni di circostanza sul tempo e sulla campagna, e, una volta rotto il ghiaccio, la conversazione si avviò. Si misero a parlare di pittura. L’artista rimase sorpreso dalla profonda conoscenza che la giovane sembrava aver di lui e delle sue cose. Era sicuro di non averla mai incontrata prima. Sorpresa che non diminuì certo quando lei improvvisamente gli chiese se era in grado di fare, a memoria, il ritratto di una persona che avesse visto una volta sola o al massimo due. Era ancora incerto sulla risposta da dare quando lei aggiunse: – Secondo voi, ad esempio, sapreste dipingermi a memoria? Non ne era tanto sicuro, rispose, ma poteva sempre provare. – Allora guardatemi meglio – disse lei. – Potrebbe capitarvi di doverlo fare. L’artista pensò bene di soddisfare la strana richiesta e allora lei gli chiese con una certa impazienza: – E che mi dite adesso? – Direi di sì – egli rispose; – ma non potrei giurarlo. In quel momento il treno si fermò. La giovane si alzò, sorrise in modo amichevole al pittore e lo salutò; aggiungendo nel lasciare la vettura: – Ci rincontreremo presto. – Il treno ripartì sferragliando e Mr H. (l’artista) rimase solo con i suoi pensieri. A suo tempo giunse alla stazione, dove ad attendere l’ospite c’era la carrozza di Lady F., che lo portò a destinazione, una delle «maestose dimore d’Inghilterra»,1 dopo un piacevole tragitto, depositandolo davanti all’atrio, dove a riceverlo trovò i suoi ospiti. Dopo una cordiale accoglienza, gli venne mostrata la sua camera, perché era già quasi ora di cena. La ragazza fantasma Una volta cambiatosi e sceso in salotto, Mr H. ebbe la graditissima sorpresa di trovare, seduta su uno dei divani, la sua giovane compagna di viaggio. Lei lo accolse con un sorriso e un cenno di riconoscimento. A cena sedette al suo fianco, scambiò con lui qualche parola due o tre volte, in mezzo alla conversazione generale, e sembrò perfettamente a suo agio. Mr H. non dubitava fosse intima amica della sua ospite. La serata trascorse piacevolmente. La conversazione si aggirò per lo più sul tema delle belle arti in genere, e della pittura in particolare, e Mr H. venne pregato di mostrare alcuni degli schizzi che si era portato dietro da Londra. Egli si prestò volentieri alla richiesta e la giovane ne fu molto interessata. A tarda ora la compagnia si sciolse e ognuno si ritirò nella sua stanza. Il mattino seguente, di buon’ora, Mr H. fu tentato dalla luminosità del sole di lasciare la stanza e andare a fare un giro per il parco. Il salotto dava sul giardino: nell’attraversarlo domandò a un domestico indaffarato a sistemare i mobili se la signorina era già scesa. – Quale signorina, signore? – chiese l’uomo, con aria sorpresa. – La signorina che ha cenato qui ieri sera. – Nessuna signorina ha cenato qui ieri sera, signore – rispose il domestico, guardandolo fisso. Il pittore non disse altro: pensò fra sé che il servo o era molto stupido o aveva una pessima memoria. Per cui, lasciata la sala, si avventurò nel parco. Stava tornando verso casa quando incontrò il suo ospite e seguirono i soliti convenevoli mattutini. – La vostra giovane e bella amica se n’è andata? – osservò l’artista. – Quale giovane amica? – chiese il feudatario. – La signorina che ha cenato qui ieri sera – rispose Mr H. – Non capisco proprio a chi vi riferiate – replicò l’altro, con somma sorpresa. – Vorreste dirmi che ieri qui non ha cenato e trascorso la serata una signorina? – insistette Mr H., che cominciava a sua volta a stupirsi. – No – rispose l’ospite – nel modo più assoluto. A tavola eravamo solo voi, mia moglie e io. Da quel momento in poi l’argomento fu per sempre accantonato, anche se il nostro artista non riusciva a credere di essere vittima di un’illusione. Se era tutto un sogno, era un sogno in due parti. Come era stata sua compagna di viaggio in treno, altrettanto sicuramente la giovane era stata seduta accanto a lui a tavola. Tuttavia non si fece più vedere e tutti in casa, tranne lui, sembravano ignorarne l’esistenza. L’artista portò a termine il ritratto, come pattuito, e tornò a Londra. Per due anni interi si dedicò alla sua professione, acquistando fama e lavorando duro. Eppure non dimenticò mai un singolo tratto del bel volto giovanile della sua compagna di viaggio. Non aveva elementi grazie ai quali scoprire da dove fosse venuta o chi fosse. Pensava spes- Unità 2 I generi: IL RACCONTO horror 2 orbato: privato. so a lei ma non ne parlava con nessuno. La vicenda era avvolta da un mistero che gli imponeva il silenzio. Era pazzesco, strano, assolutamente inspiegabile. Il lavoro portò Mr H. a Canterbury. Ci abitava un suo vecchio amico, che chiamerò Mr Wylde. Mr H., desideroso com’era di vederlo, e avendo soltanto poche ore a sua disposizione, non appena giunse all’albergo gli scrisse, pregandolo di andarlo a trovare lì. All’ora stabilita la porta della sua camera si aprì e venne annunciato Mr Wylde. L’artista si trovò di fronte un perfetto estraneo e l’incontro fra i due fu un poco imbarazzante. Spiegatisi, saltò fuori che il vero amico di Mr H. se n’era andato già da qualche tempo da Canterbury e l’uomo che l’artista aveva di fronte era un altro Mr Wylde: il biglietto indirizzato all’assente, infatti, era stato recapitato all’uomo sbagliato e costui, immaginando si trattasse di affari, aveva risposto all’invito. Superato il primo momento di freddezza e di sorpresa, i due si imbarcarono in una conversazione più amichevole; Mr H., infatti, gli aveva detto il proprio nome, che non era ignoto al suo visitatore. Dopo aver parlato del più e del meno, Mr Wylde chiese a Mr H. se avesse mai dipinto o fosse in grado di dipingere un ritratto in base a una semplice descrizione. Mr H. rispose di no. – Se vi ho fatto questa strana domanda – disse Mr Wylde – è perché, un paio d’anni fa, ho perso la mia amata figliola. Era la mia unica figlia e l’amavo teneramente. La sua perdita è stata un grande dolore per me, e un ulteriore motivo di rimpianto è la mancanza di un suo ritratto. Voi siete un uomo di talento non comune. Se poteste dipingermi un ritratto di mia figlia, ve ne sarei immensamente grato. E Mr Wylde passò a descrivere sembianze e lineamenti della figlia, colore degli occhi e dei capelli, e cercò di dare un’idea dell’espressione del suo viso. Mr H. lo ascoltò con attenzione e, sentendo grande compassione per il suo dolore, fece un disegno. Non pensava certo che le somigliasse ma sperava che a pensarlo fosse l’orbato2 genitore. Ma vedendo il disegno, il padre scosse il capo e disse: – No, non era affatto così –. L’artista provò di nuovo e di nuovo fallì. I lineamenti potevano anche andare, ma l’espressione non era la sua; e il padre distolse lo sguardo, ringraziando Mr H. per i cortesi tentativi, ma senza la speranza di ottenere un buon risultato. All’improvviso al pittore balenò un pensiero: prese un altro foglio, fece un disegno rapido e vigoroso, e lo porse al compagno. Di colpo, un lampo di riconoscenza e di piacere illuminò il viso del padre, che esclamò: – Ma è lei! Dovete certamente aver visto la mia bambina, altrimenti non avreste potuto farle un ritratto così perfetto! – Quando è morta vostra figlia? – s’informò il pittore, turbato. – Due anni fa, il 13 settembre. Morì nel pomeriggio, dopo una malattia di pochi giorni. Mr H. rifletteva, ma non disse nulla. L’immagine del bel volto giova- La ragazza fantasma nile era incisa nella sua memoria come a punta di diamante e le strane profetiche parole di lei avevano ora ricevuto conferma. Poche settimane dopo, portato a termine un magnifico ritratto a figura intera della giovane, lo inviò al padre e tutti coloro che l’avevano conosciuta dichiararono che la somiglianza era perfetta. C. Dickens, I racconti di fantasmi, Theoria