5 - Il caso italiano - Associazione per lo Sviluppo degli Studi di

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5 - Il caso italiano - Associazione per lo Sviluppo degli Studi di
52
5.
IL CASO ITALIANO
5.1
Il contesto e le caratteristiche della
domanda
Con riferimento al contesto italiano, la domanda
per servizi di micro finanza espressa da due
principali categorie di attori:
-
Individui o famiglie a basso e bassissimo
reddito;
Imprese di piccole e piccolissime
dimensioni.
risulta essere molto vasta ma ancora scarsamente
soddisfatta. Mentre nei paesi economicamente
poveri, il settore della microfinanza ha affinato
strumenti in grado di raggiungere e spesso
soddisfarei target, in contesti più complessi,
quale quello italiano, il mercato non è stato
sinora in grado di elaborare un’offerta altrettanto
inclusiva.
Le ragioni della distanza tra domanda e offerta
nel settore della microfinanza nel nostro Paese,
sono da ricercarsi principalmente nei seguenti
fattori chiave:
-
-
3
Complessità e rigorosità della normativa
italiana in materia di regolamentazione
dell’attività
creditizia,
raccolta
del
risparmio ed erogazione di servizi
assicurativi;
Mancanza di metodologie adattate al
contesto socio-economico italiano di
valutazione del rischio di credito e di
attenuazione, a costi sostenibili, delle
asimmetrie informative3 tra ente erogatore
dei servizi e beneficiario;
Il razionamento del credito nei confronti delle
famiglie e delle piccole e micro-imprese è imputabile
in buona parte alle difficoltà per gli enti erogatori di
acquisire di informazioni sufficienti e a buon mercato
sui richiedenti il credito. La finanza tradizionale non
è in grado attualmente di disporre di strumenti in
grado di superare tale problema. Conseguentemente,
-
-
Difficoltà da parte dei potenziali beneficiari
ad attivare una rete sociale forte in grado di
sostenere la richiesta di credito attraverso
fideiussioni e garanzie morali4;
Importo limitato del credito che non
consente agli istituti erogatori di generare
ricavi sufficienti a coprire i costi sostenuti
per valutare la pratica di credito e per
monitorare il cliente prestatario.
Nei paragrafi che seguono analizzeremo i
bisogni in ambito finanziario che emergono
dalle due categorie individuate, stabilendo sia
per individui e famiglie che per le imprese, le
dimensioni del mercato e le caratteristiche del
target sulle quali l’offerta dovrebbe fare leva per
migliorare il livello d’accesso ai servizi.
L’esclusione finanziaria è un tema che sta
acquistando sempre più rilevanza nell’opinione
pubblica, nella comunità scientifica, ma
soprattutto nelle politiche dei principali attori
istituzionali nazionali e sovranazionali. L’analisi
delle relazioni tra credito e povertà e tra
emarginazione sociale ed esclusione finanziaria
porta a considerare la microfinanza in Italia –
così come in Europa – fra gli strumenti di
welfare più efficaci e utili.
L’Italia si caratterizza (TAB. 1) per una
presenza accentuata di livelli di povertà
(assoluta e relativa), di disuguaglianza
economica e di esclusione finanziaria. Tutti e tre
questi indicatori sono rivelatori di un forte
disagio sociale. Strumenti adeguati che
favoriscano l’inclusione finanziaria potrebbero
contribuire sensibilmente a migliorare il livello
per coprire un rischio di credito difficilmente
quantificabile, gli istituti di credito richiedono ai
beneficiari di presentare garanzie reali che spesso non
hanno.
4
La metodologia del group lending utilizzata in
microfinanza in molti contesti extraeuropei – e
analizzata nelle pagine precedenti - risulta inadatta
alla clientela nel nostro Paese.
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di inclusione sociale e di lotta alla povertà e alle
sperequazioni.
TAB. 1: Esclusione sociale e finanziaria in
Italia
Italia
Famiglie
rischio
povertà
Esclusione
finanziaria
Disuguagl.
distributiva
a
di
Indicatori e Fonti
Entro il 20% superiore
alla Linea standard (dati
7,9%
ISTAT, La povertà in
Italia 2009)
I bilanci delle famiglie
italiane nell’anno 2008
11%
(Banca d’Italia 2009,
Supplemento
del
bollettino statistico)
Coefficiente di Gini: min
0 – max 100 (ISTAT,
31%
Distribuzione del reddito
delle famiglie italiane,
2009)
Nel rapporto sulla fornitura dei servizi finanziari
e la prevenzione dell’esclusione finanziaria,
pubblicato nel 2008, la Commissione Europea
sottolinea la profonda interazione tra
l’esclusione sociale e quella finanziaria: “Se la
prima quasi automaticamente conduce alla
seconda, l’esclusione finanziaria fa parte di un
processo che rinforza il rischio di far fronte
all’esclusione sociale. Essere oggettivamente
esclusi o sentirsi tali può avere origine o essere
rinforzato dalla difficoltà di accesso o di utilizzo
dei servizi finanziari”. Quattro sono le aree
fondamentali di accesso finanziario identificate
nel rapporto.
La prima e più elementare forma di esclusione è
la mancanza di accesso al sistema bancario nel
suo complesso, in particolare per quanto
riguarda le transazioni bancarie. Il mancato
accesso a tale tipologia di prodotti è fortemente
stigmatizzante. Inoltre, l’accesso al sistema
finanziario formale di base costituisce la chiave
d’ingresso ad altri servizi finanziari (es. credito)
e riduce fortemente i rischi legati alla gestione
del denaro contante (es. furto).
La mancanza di accesso a un conto ove riporre i
propri depositi costituisce la seconda forma di
esclusione finanziaria. Le cause principali
dell’esclusione da tale servizio sono la
mancanza di documenti d’identificazione (es.
nel caso di persone immigrate), il costo del
servizio, la complessità delle procedure
d’accesso, la mancanza di risparmio o di
abitudine a risparmiare e la diffidenza nei
confronti delle banche per ragioni culturali e
sociali.
La terza forma di esclusione, la più diffusa, è
quella creditizia. Il rapporto della Commissione
Europea prende in esame il credito fornito alle
famiglie per l’accesso a beni e servizi essenziali
(credito d’emergenza e al consumo). Il credito
viene considerato “un importante strumento
finanziario che permette l’accesso a beni o spese
che eccedono il budget mensile (es. veicoli di
vario tipo, casa, arredamento, ecc.)”. L’accesso
al credito favorisce la mobilità, la formazione
professionale e il miglioramento delle condizioni
abitative, che contribuiscono positivamente alla
salute e all’auto-stima. Tutto ciò eventualmente
conduce all’innalzamento del reddito personale e
a un più ampio accesso ai servizi pubblici. La
mancanza di accesso al credito, sia in forma di
prestiti, sia tramite il possesso di carte di credito
o di autorizzazione allo scoperto bancario, è
causa, oltre a una maggiore avversità al rischio,
anche di ricorso a sistemi di credito alternativi
(es. finanziarie) che possono portare al sovraindebitamento o a sistemi di credito informali
(es. usura), che offrono condizioni fortemente
svantaggiose, aggravando la posizione di chi già
vive nella precarietà.
La quarta e ultima area di esclusione finanziaria
identificata nel rapporto è relativa al campo
assicurativo. Mentre alcuni tipi di assicurazione
sono obbligatori nei paesi UE (es. RCA auto),
altri, come quella sanitaria o integrativa della
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pensione, stanno assumendo una crescente
importanza a causa dell’indebolimento del
sistema di welfare europeo.
La povertà relativa, definita come una carenza di
risorse rispetto ad una situazione media o
normale della popolazione di riferimento, viene
misurata in Italia dall’ISTAT attraverso
un’indagine campionaria sui consumi delle
famiglie.
L’Istituto centrale di statistica approssima lo
standard di vita attraverso i consumi in quanto
ritenuti un indicatore migliore del reddito,
perché tengono conto, ad esempio, del possibile
utilizzo di risparmi accumulati o dell’accesso al
credito per acquisire beni in un anno di reddito
più basso. Sono considerate povere quelle
famiglie i cui consumi pro capite sono
equivalenti a meno della metà del consumo
medio pro capite nazionale.
Nel 2009, la soglia di povertà per una famiglia
di due componenti risultava pari a 983,01 euro
mensili (-1,7% rispetto al valore della soglia del
2008), cioè 11.796,12 euro annui. Le famiglie
composte da due persone che hanno una spesa
media mensile pari o inferiore a tale valore
vengono quindi classificate come relativamente
povere. Per famiglie di ampiezza diversa, il
valore della linea si ottiene applicando una
opportuna scala di equivalenza che tiene conto
delle
economie
di
scala
realizzabili
all’aumentare del numero di componenti.
In Italia, le famiglie che nel 2009 si trovavano in
condizioni di povertà relativa erano 2 milioni
657 mila e rappresentano l’10,8% delle famiglie
residenti. Nel complesso erano 7 milioni 810
mila gli individui poveri, il 13,1% dell’intera
popolazione. Particolarmente critica risulta
essere la situazione di soggetti che non sono
inseriti in una rete sociale e parentale forte: i
cosiddetti single, siano essi giovani o anziani,
sono ancor più esposti al rischio di povertà
relativa.
Per quanto riguarda l’esclusione finanziaria,
oltre alle rilevazioni europee, un quadro di
dettaglio può essere tratto dall’indagine sui
bilanci delle famiglie della Banca d’Italia.
L’indicatore di riferimento è il possesso o meno
del più basilare tra i servizi finanziari, il conto
corrente bancario o postale. Nel 2008, ultimo
anno disponibile, l’89% delle famiglie italiane,
che in tutto sono 22,8 milioni circa, possedeva
un deposito bancario o postale. Di conseguenza
ne era privo il 10% del totale, cioè circa 2
milioni 462 mila famiglie. Il dato risulta in calo
rispetto alle rilevazioni precedenti: nel 2002 la
percentuale di esclusi era del 14,1%, nel 2004
del 13,7%. L’indicatore mostra quindi un
incremento del grado di bancarizzazione della
popolazione, mentre la quota di esclusione
finanziaria tende ad allinearsi al dato della
povertà relativa, intorno all’11%. Questa
tendenza porterebbe a concludere che la
migliorata bancarizzazione non coincide con una
riduzione
dell’esclusione
finanziaria
e
conseguentemente con una minore povertà
relativa.
Tenendo conto che, nell’indagine della Banca
d’Italia, le caratteristiche individuali sono
riferite al “capofamiglia”, cioè al maggior
percettore di reddito all’interno del nucleo
famigliare, la fotografia del grado di fiducia
delle famiglie italiane rispetto all’utilizzo delle
diverse forme di risparmio, è delineata in base a
reddito, condizione professionale e area di
residenza:
•
Fino al secondo quintile, nelle classi di
reddito inferiori, i buoni fruttiferi postali
sono lo strumento più diffuso dopo i
depositi; oltre il terzo quintile, quindi per le
famiglie a reddito medio – alto, titoli di
55
•
•
stato, obbligazioni e fondi comuni hanno un
ruolo più significativo;
Nelle famiglie il cui capofamiglia è operaio,
analogamente i buoni fruttiferi postali sono
lo strumento più usato dopo i depositi; le
famiglie con capofamiglia pensionato si
rivolgono principalmente (circa il 12%) ai
titoli di stato, mentre i nuclei con
capofamiglia impiegato (17%), dirigente
(32%) o lavoratore autonomo (18%) optano
prevalentemente per obbligazioni e fondi
comuni. Le famiglie con capofamiglia
imprenditore (11%) o dirigente (21%)
investono più frequentemente in azioni;
Tra le famiglie del Sud e delle Isole si
registra una più contenuta diffusione dei
depositi rispetto alla media nazionale (75%
contro l’89 %), a fronte di una maggior
detenzione di buoni fruttiferi postali. Anche
il possesso di titoli di Stato, obbligazioni e
fondi comuni è inferiore alla media
nazionale. In particolare, azioni e altre
partecipazioni sono quasi assenti.
5.1.1 Il caso degli immigrati
In Italia, secondo il rapporto Caritas-Migrantes
2009, sono presenti circa 4,5 milioni di
immigrati
regolari,
tra
comunitari ed
extracomunitari, il 7% della popolazione. La
collettività più numerosa è diventata quella
rumena, con oltre 796 mila presenze regolari,
seguita dagli albanesi (441 mila) e dai
marocchini (403 mila). Il flusso è in crescita: tra
il 2005 e il 2007 ci sono state 1 milione e mezzo
di domande di assunzione di lavoratori stranieri
da parte di aziende e famiglie italiane. Tra i dati
da ricordare, l’aumento degli imprenditori
immigrati: si contano 187.4665 titolari d’impresa
5
Nota
metodologica
su
dati
CARITAS/MIGRANTES: la principale fonte di dati
è l‘archivio Infocamere dell’Unione di Camere di
Commercio, che però presenta una fondamentale
(il 90% concentrata nell’Italia centro
settentrionale).
Come tra la popolazione italiana in generale,
anche tra gli immigrati in questi anni è cresciuta
la bancarizzazione. Secondo il più recente
rapporto ABI-CESPI6, i migranti dei paesi non
OCSE con conto corrente sono passati da
1.058.000 nel 2005 a 1.410.000 nel 2007, con un
tasso di crescita su base annua del 15%,
superiore a quello della popolazione migrante
nel suo insieme che è stato del 10%. Di
conseguenza il 67% degli immigrati extra OCSE
adulti ha un conto in banca contro il 60% di due
anni prima.
Secondo una recente ricerca realizzata dall’ONG
COSPE e finanziata dalla Regione Toscana, che
ha coinvolto un campione di 674 migranti in tre
regioni (Toscana, Emilia Romagna e Puglia)7,
un’alta percentuale di intervistati (40% con
punta del 47% in Puglia) ha dichiarato di non
avere un conto corrente perché non dispone di
denaro sufficiente e il 18% perché sostiene di
non avere bisogno della banca. Generalmente gli
intervistati non bancarizzati tengono i propri
risparmi a casa (29%) oppure li inviano al Paese
d’origine (25%). La ricerca tuttavia rileva una
domanda potenziale di servizi finanziari. Quasi
il 30% dei migranti non bancarizzati trova
svantaggiosa la propria situazione e ritiene che
difficoltà di interpretazione dovuta al fatto che i dati
raccolti sono basati sui soggetti nati all’estero
individuati
in
base
al
codice
fiscale.
CARITAS/MIGRANTES esclude i nati all’estero di
cittadinanza italiana, sia gli immigrati che sono
diventati cittadini italiani; per questo si tratta di
un’informazione che perfeziona, non sostituisce
quella fornita da Infocamere (250 mila circa titolari di
impresa registrati al 2009.
6
Rhi-Sausi, José Luis; Zupi, Marco, Banche e nuovi
italiani. I comportamenti finanziari degli immigrati,
Bancaria Editrice, 2009
7
Elena Volpi (A cura di), Buone pratiche di banche e
istituti di credito per l’integrazione di migranti e
rifugiati, COSPE, 2009
56
la mancanza di un conto comporti, ad esempio,
problemi di sicurezza e difficoltà nella
riscossione degli assegni.
Il cliente immigrato utilizza prevalentemente i
servizi finanziari di base, mentre ha, in genere,
scarsa conoscenza dei prodotti di gestione del
risparmio in particolare di quelli più evoluti. Più
della metà ha attivato un finanziamento presso
una banca: in primo luogo carte di credito,
prestiti personali e mutui. A proposito dei mutui
per l’abitazione, tra gli immigrati solo il 10% è
proprietario della casa in cui abita, ma gli
acquisti, dopo una rapida crescita nel 2007
(secondo la Caritas ne sono stati effettuati 120
mila), nel 2008 hanno conosciuto un’inversione
di tendenza con un calo del 23,7% rispetto
all’anno precedente. Nell’attuale congiuntura, la
disponibilità
economica
delle
famiglie
immigrate si è sensibilmente ridotta, e l’aumento
del costo del denaro ha reso più difficoltoso
l’accesso ai mutui. Appare ancora relativamente
bassa, ma in crescita, l’incidenza del credito al
consumo mentre sono sotto-utilizzati i prodotti
assicurativi: il 42% è titolare di un prodotto
assicurativo, ma di questi ben il 60% è costituito
da RC auto.
Secondo la citata ricerca del COSPE8, il 26%
degli intervistati ha richiesto un credito e di
questi l’89% l’ha ottenuto.
Rispetto al credito d’impresa, nella stessa
ricerca, su 56 imprenditori intervistati, 23 non
hanno chiesto prestiti alle banche ma hanno
utilizzato propri risparmi o sono ricorsi
all’appoggio finanziario da parte di amici o
parenti. In molti casi i migranti imprenditori
ritengono che sia molto difficile ottenere un
credito da una banca, in particolare nel caso di
imprese non consolidate o in assenza di garanzie
immobiliari. In alcuni casi i migranti, consci del
fatto che le banche non finanziano l’avviamento
d’impresa, chiedono prestiti personali che poi
vengono utilizzati per la creazione di attività
imprenditoriali e ciò nonostante le condizioni
siano più gravose, il termine più breve e
l’importo ridotto. Questo rivela indirettamente
un problema di razionamento del credito che
distorce la domanda e genera problemi
successivi nella capacità di rimborso e nel
profilo di rischio della popolazione migrante.
Secondo ABI-CESPI, gli immigrati presentano
un’elevata propensione al risparmio. Il 70% dei
migranti occupati riesce a risparmiare in
previsione di spese future. Il 38% risparmia più
di 200 euro mensili. La banca è il principale
depositario del risparmio accumulato. Non è
però il principale canale attraverso cui parte del
risparmio, le rimesse, viene inviato nel paese
d’origine.
Le rimesse hanno superato nel 2009 i 6,7
miliardi di euro (pari allo 0,44% del reddito), a
cui vanno aggiunti almeno altri 2 miliardi,
secondo le stime più accreditate, inviati
attraverso canali informali. I dati del 2009
dimostrano che nonostante uno straordinario
aumento registrato nel corso dell’ultimo
decennio (+1.047,5% tra il 2000 e il 2009), le
rimesse sono rimaste piuttosto stabili nell’ultimo
anno, con un incremento solo del 5,8%.
Probabilmente un maggior riscontro della crisi si
evidenzierà nei dati 2010. Nel complesso, il 52%
degli invii avviene attraverso le agenzie di
money transfer, il 23% attraverso il sistema
bancario e il restante 25% con sistemi informali
(23,3% in Toscana secondo le stime del
COSPE9). Per quanto riguarda l’utilizzo a
destinazione, il 26% va a spese di consumo, il
17% a spese sanitarie, il 14% a spese per
l’educazione. Ai progetti imprenditoriali è
destinato l’8% delle rimesse. Il flusso di
risparmio proveniente dai migranti è una delle
8
9
Elena Volpi (A cura di), op. cit., 2009
Elena Volpi (A cura di), op. cit., 2009
57
principali entrate della bilancia dei pagamenti di
molti
paesi
poveri
e
contribuisce
all’attenuazione degli squilibri economici del
paese di provenienza. Tuttora, questo flusso non
è adeguatamente valorizzato come risorsa per
moltiplicare gli impieghi e gli investimenti nel
paese di provenienza. Attualmente una larga
parte delle risorse finanziarie trasferite nei Paesi
d’origine è impiegata per i consumi delle
famiglie e solo una porzione residuale delle
rimesse viene indirizzata al risparmio e
all'investimento in ambito imprenditoriale o
comunitario. La prevalenza delle rimesse per i
consumi deriva principalmente da una scarsa
propensione delle famiglie destinatarie a
rivolgersi a istituzioni finanziarie formali
(banche o istituzioni di microfinanza) e ad
utilizzare strumenti di risparmio per la
pianificazione dell'economia famigliare. Una
diversa valorizzazione delle rimesse può essere
realizzata attraverso l’utilizzo di parte dei fondi
inviati periodicamente dai migranti residenti in
Italia, come risorsa da accumulare sotto forma di
risparmio,
depositato
presso
istituzioni
finanziarie di tipo inclusivo (Istituzioni di
Microfinanza o Cooperative di Risparmio e
Credito) e come fonte di investimento per la
realizzazione di iniziative imprenditoriali.
Questo scopo può essere raggiunto attraverso la
creazione di apposite piattaforme finanziarie
transnazionali che forniscano ai migranti la
possibilità di accedere a servizi di trasferimento
del denaro collegati a servizi di risparmio e
credito
nel
Paese
d’origine
grazie
all’implementazione di un modello cash to
account. Secondo questo schema i migranti
avranno la possibilità di attivare nel Paese
d’origine diversi servizi di gestione della
liquidità e del risparmio. Le rimesse inviate
potranno essere infatti depositate in un conto di
deposito a vista o a termine (remunerato). La
possibilità di disporre di servizi di risparmio nel
paese di destinazione delle rimesse produce
indubbi vantaggi rispetto agli strumenti di
trasferimento tradizionali, sia per il migrante che
per le famiglie d'origine.
Il risparmio accumulato potrà essere utilizzato:
•
•
•
•
•
per la realizzazione di progetti d'impresa
del migrante o dei beneficiari nel Paese di
provenienza;
come fonte di auto-finanziamento di spese
relative alla casa e altre voci di costo
straordinarie della famiglia;
come risorsa di riserva per affrontare spese
improvvise: malattie, medicinali, funerali,
ecc.;
come garanzia per l'accesso al credito da
parte del migrante in fase di rientro o dei
beneficiari;
come storico dei flussi finanziari del
migrante,
utilizzabile
dall’istituzione
finanziaria locale per verificare la capacità
potenziale di rimborso in caso di
erogazione di un credito a favore di un
beneficiario designato dal migrante stesso.
Il risparmio a termine, derivante dai flussi di
rimesse dall'Italia, rappresenta inoltre per
l’istituzione finanziaria nel Paese d’origine una
importante fonte finanziaria di lungo periodo
attraverso la quale poter aumentare la porzione
di crediti verso la clientela a medio/lungo
periodo, utili per finanziare investimenti in
capitale fisso delle micro e PMI locali.
Il livello crescente di bancarizzazione degli
immigrati non si traduce però necessariamente
in accesso al credito. Accede a prestiti, metà
mutui e metà prestiti personali, solamente il 23%
dei migranti bancarizzati. Tra gli immigrati
imprenditori, gli investimenti, in media di
dimensioni tra i 10 e i 20 mila euro, sono
finanziati in oltre il 70% dei casi da risorse
proprie, a cui, nel 16% dei casi, si affianca il
58
supporto da parte di amici e parenti e solo nel
15% dei casi il credito bancario. Il 40% degli
immigrati imprenditori ha chiesto un prestito in
banca: in questo caso la dimensione media
supera i 30 mila euro. Due terzi di essi hanno
ottenuto un finanziamento, un terzo no. Per
confronto, un’indagine riferita allo start-up di
impresa (in generale, a prescindere dalla
nazionalità del titolare) indica che le percentuali
di domande di credito respinte dalle banche si
collocano in media tra il 14 e il 21% delle
richieste10.
5.1.2 Inclusione e nuovo indebitamento
Il maggior accesso ai servizi finanziari in Italia
si è accompagnato ad una crescita
dell’indebitamento delle famiglie e delle
imprese, sia pur non agli stessi ritmi degli Stati
Uniti. L’indice sintetico di inclusione finanziaria
si attesta al 0,60, mentre l’indice di accessibilità
al credito allo 0,4111. L’accelerazione
dell’erogazione del credito12 da parte del sistema
bancario è stata particolarmente accentuata
attorno alla metà degli anni 2000. Nei primi anni
del decennio, la crescita si attestava sul 5-6%
annuo. Nel 2005 balza all’8% e nel 2006
all’11%, per poi collocarsi vicino al 10% nel
2007. Questo a fronte di un Prodotto Interno
10
Francesco Chelli, Alberto Zazzaro, I finanziamenti
bancari allo start-up d’impresa: l’esperienza e il
ruolo dei direttori di filiale, in Alberto Zazzaro (a
cura di), I vincoli finanziari alla crescita delle
imprese, Carocci, 2008
11
Chiara Provasoli; Angela Tanno; Gianna Zappi (a
cura di), Banche e inclusione finanziaria. Accesso al
credito, micro finanza e strategie operative, ed.
Banca Editrice 2009. L’indice di accessibilità al
credito è dato dal numero di sportelli per abitante.
L’indice sintetico d’inclusione finanziaria è invece
stato costruito considerando tre indici dimensionali:
l’indice di accesso, di utilizzo e rischiosità del
credito.
12
Indice di utilizzo del credito bancario 0,50, ABI
2009.
Lordo che non cresceva più del 2%. Nel 2008 la
crescita degli impieghi bancari si è dimezzata al
4,5%.
Per quanto riguarda le famiglie (TAB. 2), tra il
2002 e il 2008 i mutui per la casa sono cresciuti
del 132%, passando da quasi 100 a 232 miliardi
di euro. La dinamica è stata a due cifre fino al
2006, ma con un ritmo decrescente: dal +26%
del 2003 al +13% del 2006. Nel 2007 l’aumento
si è attestato poco sotto il 9%, mentre nel 2008 è
sceso al 2,4%. Il credito al consumo è
aumentato, sempre dal 2002 al 2008, del 121%,
balzando da 46 a quasi 102 miliardi di euro.
Anche in questo caso la crescita è stata elevata
verso metà decennio, con un picco del +21,6%
nel 2004, ma è rimasta a due cifre (+14,3%)
anche nel 2007, rallentando vistosamente al
4,1% nel 2008.
TAB. 2: Le principali componenti del debito
delle famiglie (valori in mld.Euro e tassi di
variaz.percentuali)
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Credito al
Mutui per
consumo,
Variazio
abitazione Variazio
comprese
in mld. di ne annua
ne annua
carte di
euro
credito
100,0
+ 18,4% 46,1
126,4
+ 26,4% 50,1
+ 8,6%
154,6
+ 22,3% 60,9
+ 21,6%
183,8
+ 18,9% 72,7
+ 19,2%
208,3
+ 13,3% 85,6
+ 17,8%
226,4
+ 8,7% 97,8
+ 14,3%
231,9
+ 2,4% 101,8
+ 4,1%
Fonte: Banca d’Italia (vari anni) ed elaborazioni
Microfinanza Srl
È indebitato il 26,1% delle famiglie italiane, per
un valore medio del debito pari a 10.486 euro, il
33% del reddito.. Il 12,8% risulta indebitato per
l’acquisto di beni di consumo, l’11,6% per
l’acquisto di immobili e il 3,8% per attività di
59
lavoro indipendente. La quota più elevata, pari al
39,1%, si trova nella fascia di età da 41 a 50
anni, con un debito per famiglia superiore ai 17
mila euro. Ma la quota maggiore di debito sul
reddito si raggiunge nella fascia di età 31-40
anni con il 51,3% (le famiglie indebitate sono il
36,2%).
Gli indebitati sono nettamente di più tra i
lavoratori autonomi, 44,4% del totale con 35.747
euro di valore medio pari al 73,4% del reddito,
che tra i dipendenti, 33,6% del totale con 11.041
euro di debito medio pari al 32,6% del reddito. Il
debito è più diffuso tra le famiglie numerose: il
39,2% delle famiglie con 4 componenti e il
38,2% di quelle con 5 o più componenti, con un
indebitamento che sfiora il 50% del reddito
(49,5% per 4 componenti, 46,2% per 5 o più).
Sono relativamente più indebitate le famiglie
delle fasce di ricchezza superiori e quelle che
vivono nelle grandi città. Restano meno
indebitate – il 22,3% del totale con il 22,2% di
quota del debito sul reddito – le famiglie del
Mezzogiorno d’Italia.
Il boom del credito al consumo è stata la
principale novità degli ultimi anni in Italia. Nel
2002 il 60% delle erogazioni facevano capo alle
banche e il 40% alle società finanziarie. Nel
2008 il rapporto è arrivato quasi alla parità: 51%
banche, 49% finanziarie. Va ricordato, tuttavia,
che delle 79 associate ad Assofin, l’associazione
del credito al consumo e immobiliare, 25 sono
banche, specializzate o generaliste, e altre 25
società finanziarie che fanno capo agli istituti di
credito. Il credito al consumo è appannaggio del
sistema bancario per quasi due terzi.
Sul versante delle aziende, abbiamo preso in
considerazione le “famiglie produttrici”, cioè le
imprese individuali e familiari fino a 5 addetti. I
dati sulle famiglie produttrici costituiscono un
indicatore dell’atteggiamento delle banche verso
le microimprese. I crediti a questa categoria
sono passati dai 65,6 miliardi di euro del 2002
agli 90,9 miliardi del 2009, una crescita del
38,5% in sette anni. Aumenti più accentuati si
segnalano nel 2003 (+8,7%) e nel 2006 (+7,6%).
Nel 2007 la crescita scende al 4,7%, nel 2008 si
registra una diminuzione della consistenza dei
finanziamenti di oltre mezzo miliardo di euro,
pari allo 0,6% in meno e nel 2009 l’aumento è
del 2,02%.
5.1.3 Le conseguenze della crisi
La crisi esplosa nell’estate 2007 con lo scoppio
della bolla dei mutui USA subprime ha colpito
anche in Italia famiglie e imprese sia sul
versante dei costi che sul versante dell’accesso
al credito. Sul versante dei costi hanno pesato la
stretta sulla liquidità e la rapida crescita dei tassi
di interesse sul mercato interbancario (Euribor),
che si sono riflessi in particolare sui
finanziamenti delle banche alla clientela stipulati
a tasso variabile. Questo effetto, anche a seguito
dell’immissione di liquidità sui mercati da parte
di governi e banche centrali, si sta oggi
esaurendo ma ha assestato un duro colpo ai
bilanci 2008 e 2009 di famiglie e imprese.
L’altra conseguenza della crisi, la stretta
sull’erogazione del credito, permane tuttora.
Il tasso medio effettivo sui mutui per acquisto
abitazione delle famiglie è salito in Italia di oltre
due punti percentuali tra il 2006 e il 200813. Al
31 dicembre 2005, per mutui fino a 125 mila
euro, era pari al 3,60%. Dodici mesi dopo era
cresciuto al 4,65%, al dicembre 2007 al 5,76% e
al dicembre 2008 si è attestato al 5,73%, dopo
aver toccato il 6% a settembre. In termini di
interessi, commissioni e spese, le famiglie
italiane hanno pagato nel 2006 circa 5 miliardi e
mezzo di euro. Nel 2008 la cifra sfiora gli 8
miliardi, con un aumento in due anni del 46%.
Considerando però l’incremento del volume dei
13
Banca d’Italia (vari anni), cit.
60
mutui nello stesso periodo, pari all’11%,
l’effettivo aumento dovuto alla crescita dei tassi
è stato del 35%, pari a 1,9 miliardi in due anni.
Le famiglie con un mutuo a tasso variabile sono
circa 3,2 milioni.
L’incremento nel costo di acquisto della casa è
connesso all’aumento nel 2008 dei pignoramenti
immobiliari. Le associazioni dei consumatori
hanno stimato una crescita annua del 22%14.
Per quanto riguarda le imprese, i tassi di
interesse sulle operazioni a scadenza (mutui,
leasing) sono passati, tra la fine del 2005 e la
fine del 2008, dal 3,70% al 6,12%, quelli sulle
operazioni auto-liquidanti (sconto portafoglio)
dal 4,76% al 6,48%, quelli sulle operazioni a
revoca (fidi in conto corrente) dall’8,12%
all8,99%. Complessivamente per le imprese
l’aggravio sui conti dipendente dal solo aumento
dei tassi, dedotto l’incremento dei crediti, è stato
tra il 2006 e il 2008 di 11 miliardi e mezzo di
euro circa, pari al 40%.
Ma l’effetto più duraturo della crisi è la
riduzione dei finanziamenti, soprattutto alle
piccole e micro imprese (TAB. 3). Nel 2008 i
crediti alle famiglie produttrici sono calati dello
0,6%, passando da 89,6 a 89,1 miliardi. Un
indicatore del razionamento del credito è il
rapporto tra credito utilizzato e credito accordato
(TAB. 4). Tra fine 2005 e fine 2008 il rapporto
cresce di due punti, dall’83,9% all’85,9%. La
tensione sui fidi è segnalata anche dagli
sconfinamenti, aumentati nello stesso periodo al
2,3% del credito accordato. Il rapporto tra
utilizzato e accordato per le microimprese si
attestava nei primi anni Duemila attorno
all’80%.
14
Elio Lannutti (Adusbef), Rosario Trefiletti
(Federconsumatori) (2008), Banche: si consolida
boom pignoramenti immobiliari, comunicato stampa,
25 ottobre.
TAB. 3: Il credito alle microimprese /valori in
mld.Euro e tassi di variaz. percentuali)
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Consistenze crediti Variazione
in Mld. di euro
annua
65,6
+ 6,7%
71,3
+ 8,7%
76,1
+ 6,7%
79,6
+ 4,6%
85,6
+ 7,6%
89,6
+ 4,7%
89,1
- 0,6%
90,8
+ 1,9%
Fonte: Banca d’Italia (vari anni), ed elaborazioni
Microfinanza Srl
TAB. 4: Rapporto tra credito utilizzato e
accordato per le famiglie produttrici
31/12/2009
85,23%
31/12/2008
85,89%
31/12/2007
85,12%
31/12/2006
84,49%
31/12/2005
83,86%
5.1.4 Bisogni finanziari e di servizi di
supporto, delle imprese escluse in Italia
In media, per le imprese, un terzo dei crediti
sono affidamenti in conto corrente. Nel caso
delle famiglie produttrici, il dato a fine 2008,
unico disponibile, indica una quota di fidi in
conto corrente pari al 25%. I mutui sono il 71%
del totale, con una buona fetta (il 35%) di mutui
per la casa, in imprese dove il patrimonio
familiare e quello aziendale si confondono. I
prestiti personali sono l’1,5% del totale, quota
nettamente superiore alla media delle imprese
(0,3%).
Nel mondo delle microimprese e dell'autoimpiego, particolarmente ampio in Italia rispetto
agli altri paesi Ocse, gli imprenditori donne
61
rappresentano il 25% del totale dei titolari.
Come abbiamo visto, l'accesso ai fidi bancari è
un'importante fonte di credito per le necessità di
cassa di queste imprese. Ma sui fidi le
microimprese con titolare donna pagano un tasso
di interesse più alto rispetto a quelle con titolare
uomo: in media lo 0,3% in più. Secondo uno
studio condotto da Alberto Alesina e da due
ricercatori della Banca d’Italia (basato
sull’esame degli accessi al fido di 150 mila
microimprese tra il 2004 e il 2006), il
differenziale non è giustificato da un maggior
rischio di fallimento e non è spiegato da
differenze territoriali o da specificità settoriali.
Inoltre la differenza nei tassi scende se c'è un
garante uomo e sale se il garante è donna.
L’ipotesi è che potrebbe trattarsi di una vera e
propria forma di discriminazione basata sul
convincimento, radicato ma errato, della
maggiore inaffidabilità delle donne.
5.1.5 Il razionamento del credito
A mettere in difficoltà le microimprese sono le
condizioni per ottenere il prestito, decisamente
peggiorate come emerge dalla rilevazione di
febbraio
2009
dell’Osservatorio
sull’imprenditoria giovanile di Confartigianato:
nei tre mesi precedenti il 38,7% dei giovani
imprenditori ha riscontrato maggiori difficoltà
nei rapporti con le banche. Tra esse, richieste
ingiustificate di rientro anticipato degli
affidamenti, aumento dello spread sui tassi di
interesse, richieste di maggiori garanzie,
allungamento dei tempi delle procedure
burocratiche15.
Il rallentamento della crescita e la vera e propria
diminuzione dei prestiti ai piccoli operatori
economici deprime la propensione a investire
15
Giorgio Guerrini (Confartigianato) (2009), La crisi
del credito costa alle imprese 12,5 miliardi l’anno,
comunicato stampa, 9 febbraio.
delle microimprese. Nel 2009 la quota di piccoli
operatori che ha effettuato investimenti è scesa
al 26,6%, rispetto al 28,7% del 2008 e al 35,4%
del 2007.16 Trova così conferma la tesi sostenuta
nell’ultimo
rapporto
“Global
Economic
Prospects 2009” della Banca Mondiale, secondo
cui il principale meccanismo del rallentamento
dell’economia sia nei Paesi ad alto reddito che in
quelli in via di sviluppo passa per la caduta del
tasso di investimento17. Gli investimenti “reali”
sono stati spiazzati da quelli finanziari.
5.1.6 Il mercato dell’usura
In Italia il numero dei commercianti coinvolti in
rapporti usurari è sensibilmente aumentato: nel
2008 sono stimati in circa 180.000 rispetto ai
150.000 del 200718. Poiché ciascuno s’indebita
con più usurai, le posizioni debitorie sono
valutate in oltre 500.000, per un giro d’affari
complessivo di 35 miliardi di euro. Di essi, 12,6
miliardi sono denaro movimentato dalle mafie,
per almeno 50.000 posizioni debitorie. Gli
interessi sono stabilizzati oltre il 10% mensile. Il
costo complessivo per le vittime è di 15 miliardi
di euro.
Un terzo dei commercianti coinvolti si concentra
in Campania, Lazio e Sicilia. È la Calabria, però,
a presentare il più alto rapporto attivi/coinvolti.
La Campania detiene il record degli importi
protestati (736 milioni di euro) seguita dalla
Lombardia e dal Lazio. Il Lazio è invece in testa
16
Crif Decision Solutions-Nomisma (2008),
Osservatorio sulla finanza per i piccoli operatori
economici, quattordicesima edizione, Roma, 26
novembre.
17
World Bank (2009), Global Economic Prospects.
Commodities at the Crossroads, Washington, DC:
The International Bank for Reconstruction and
Development / The World Bank.
18
Sos Impresa-Confesercenti (2008), Le mani della
criminalità sulle imprese, undicesimo rapporto,
Roma.
62
alla classifica per numero dei protesti. Lo stesso
Lazio (5,34%), la Campania (4,46%) e la
Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto
numero di protesti in rapporto alla popolazione
residente.
Alle aziende commerciali coinvolte vanno
aggiunti altri piccoli imprenditori, artigiani in
primo luogo, ma anche dipendenti pubblici,
operai, pensionati, portando a oltre 600.000 le
posizioni debitorie basate su patti usurari. Sono
invece 15.000 le persone immigrate che si stima
siano vittime o comunque coinvolte in attività
tra il parabancario e l’usura vera e propria.
5.1.7 Educazione finanziaria
Nella definizione che ne fa l’OCSE
“l’educazione finanziaria è il processo attraverso
il quale i consumatori/investitori finanziari
migliorano la propria comprensione di prodotti e
nozioni finanziarie e, attraverso l’informazione,
l’istruzione e un supporto oggettivo, sviluppano
la capacità e la fiducia necessarie per diventare
maggiormente consapevoli dei rischi e delle
opportunità finanziarie, per effettuare scelte
informate, comprendere a chi chiedere supporto
e mettere in atto altre azioni efficaci per
migliorare il loro benessere finanziario”19. Si
evincono quindi tre elementi caratterizzanti
dell’educazione finanziaria:
-
Informazione
per
accrescere
consapevolezza,
Istruzione per acquisire capacità,
Supporto attivo e consulenza di carattere
generale,
che se uniti portano alla formazione di una
cultura finanziaria, necessaria data la
complessità dell’attuale mercato finanziario. La
sofisticazione delle attese e dei bisogni della
19
OECD, Improving financial literacy: analysis of
issues and policies, 2005.
clientela ha portato ad una diversificazione
anche dei prodotti e servizi sempre più
complessi e variegati, la cui corretta gestione
può risultare ostica anche a chi possiede già
un’educazione finanziaria di base. Promuovere
un nuovo livello di educazione finanziaria non
ha come fine soltanto la tutela dei consumatori,
come si evince dalla definizione OCSE, ma
soprattutto offre la possibilità di crescita del
mercato e del Paese di riferimento: una
maggiore partecipazione ai mercati finanziari
porterebbe ad un incremento del volume delle
attività finanziarie investite, che secondo una
ricerca di Ambrosetti se fosse solo dell’ordine
dell’1% equivarrebbe a 32,7 miliardi di euro sul
Pil nazionale italiano. Una sfumatura importante
della
cultura
finanziaria
è
la
“responsabilizzazione” economico–finanziaria
nei confronti dei risparmiatori, cioè una
maturazione di un sentimento di fiducia nella
propria capacità di affrontare tematiche
finanziarie. Permettere agli attuali “non
bancarizzati” di entrare nei circuiti finanziari
accrescendo la loro consapevolezza e le loro
stesse competenze in materia, può far sì che
emergano dal contesto di esclusione sociale tutte
quelle fasce di popolazione che fronteggiano
l’inadeguatezza di fronte alle nuove tecnologie,
rendendoli così in grado di agire in modo attivo
e consapevole nel contesto economico e
culturale
(esempio:
accrediti
tramite
domiciliazione
bancaria).
L’educazione
finanziaria risulta quindi essere una strategia
win-win sia per i consumatori che per gli
operatori finanziari.
5.1.8 Servizi di accompagnamento tecnico e
tutoraggio
L’esperienza europea nel settore della
microfinanza indica come consolidata l’opinione
secondo la quale in contesti economici strutturati
63
e avanzati quali quello a cui l’Italia appartiene, i
servizi di credito a favore della microimpresa
debbano essere necessariamente affiancati a
forme più o meno intense di accompagnamento
tecnico, i cosiddetti Business Development
Services (BDS). Il credito non risulta essere
infatti uno strumento sufficiente ad assicurare lo
sviluppo
della
microimpresa.
Parimenti
importante, per affrontare un mercato altamente
competitivo e complesso, sono i servizi di
assistenza tecnica, in particolare a favore di
soggetti che per la prima volta intendono
intraprendere
un’iniziativa
economica
autonoma.
Di conseguenza, la gran parte delle istituzioni
che offrono servizi di credito in tale settore,
tendono a fornire direttamente o indirettamente
servizi di:
-
-
-
Consulenza sulla normativa vigente in
materia tributaria o sulle procedure la
registrazione dell’attività;
Formazione e accompagnamento tecnico in
fase di elaborazione del business plan e
piano finanziario;
Formazione in materia contabile, analisi di
bilancio e controllo di gestione;
Formazione sulla gestione finanziaria
d’impresa;
Marketing.
A livello europeo, l’84% dei beneficiari ha
accesso ai BDS20. Il 57% delle microfinanziarie
europee offre direttamente servizi di credito ai
propri clienti unitamente ai BDS; il 27% offre
BDS attraverso strutture convenzionate e solo il
19% non offre alcun tipo di servizio. Per il 20%
delle istituzioni, i BDS sono considerati sempre
obbligatori per l’accesso al credito. L’offerta di
servizi accessori al credito, rappresenta una
20
Bárbara Jayo; Anabel Gonzalez; Casey Conzett,
Overwiev of the microcredit sector in the European
Union, EMN, 2010
scelta strategica particolarmente importante, e
potremmo dire imprescindibile, per il buon esito
dei programmi di microfinanza in contesti
complessi quali quello europeo. Il livello di
specializzazione necessario per l’avvio e lo
sviluppo di un’impresa con le caratteristiche e le
dimensioni tipiche del mercato europeo è infatti
molto elevato e richiede competenze specifiche
di tipo gestionale, economico e finanziario.
Nel caso italiano (GRAF.1), i programmi di
accompagnamento tecnico sono considerati
obbligatori per l’accesso al credito dal 24% dei
fornitori di servizi di microcredito21, sono forniti
attraverso strutture esterne nel 19% dei casi e nel
24% dei casi non è propedeutico all’accesso al
credito.
GRAF.1: Accesso ai BDS nel mercato del
microcredito in Italia
Richiesto solo in alcuni
casi
14,3%
Fornito attraverso
strutture esterne
19,0%
Offerto solo su richiesta
dei clienti
19,0%
Non richiesto per
l'accesso al credito
23,8%
Obbligatorio per tutti i
prestatari
23,8%
0,0%
5,0%
10,0%
15,0%
20,0%
25,0%
Fonte: CEB, 2010
5.2
Stima della domanda nel settore della
microfinanza
Sulla base della situazione esistente e dei dati
disponibili (TAB. 5), presentiamo una stima
dell’ordine di grandezza del mercato potenziale
della microfinanza in Italia entro i prossimi
cinque anni (TAB. 6). La stima tiene conto,
ovviamente, della crisi e dei suoi effetti.
In primo luogo riepiloghiamo l’offerta attuale di
credito alle famiglie e alle microimprese.
21
Fabrizio Botti; Marcella Corsi, A social
performance analysis of italian microfinance, Centre
Emile Bernheim, 2010
64
TAB. 5: L’offerta di credito a famiglie e
microimprese in Italia (valori in mld. Euro al
31/03/2010)
Banche Finanziarie
Famiglie: mutui
casa
Famiglie: credito
al consumo
di cui:
immigrati: mutui
casa
immigrati:
credito al
consumo
Usura/In
Totale
formale
252
252
54
56
110
25
25
8
8
…
16
Famiglie escluse
0
0
…
…
Microimprese:
fidi, mutui e altre
forme di credito
91
16
40
147
TOTALE
397
72
40
509
Fonte: Banca d’Italia, Base informativa pubblica on
line
I settori della clientela considerati sono le
“famiglie
consumatrici”
e,
come
approssimazione alle microimprese, le “famiglie
produttrici”, cioè le imprese individuali e
familiari fino a 5 addetti.
TAB. 6: La domanda di microfinanza in
Italia nei prossimi cinque anni: previsioni
(mld.Euro)
Banche
Microfinanza Totale
Famiglie
16
2
18
di cui: immigrati
11
1
12
Microimprese
24
3
27
TOTALE
40
5
45
Per quanto riguarda gli immigrati, l’ABI stima
che il 10% dei 3,5 milioni di mutui per
abitazione in essere a livello nazionale faccia
capo a migranti. Tuttavia, secondo Scenari
Immobiliari, la crisi ha portato nel 2009 ad una
contrazione del 24% degli acquisti di case da
parte di lavoratori immigrati.
Sul versante del credito al consumo, una
rilevazione di Experian, società di informazione
commerciale, riferita ai primi otto mesi del 2008
stima che le domande di credito al consumo,
credito personale e carte revolving provenienti
da immigrati siano salite al 15,4% del totale,
contro il 12,1% rilevato nello stesso periodo del
2007 (Experian (2008), Credito agli stranieri:
Experian rileva un aumento delle richieste,
www.experian.it, 20 novembre)22. La stima sulla
distribuzione, sostanzialmente equilibrata, della
domanda tra banche e finanziarie (società,
peraltro, che spesso fanno capo alle banche
stesse) si basa su un dato riportato dal Censis
che indica che, tra i canali di finanziamento, gli
immigrati ricorrono alle banche per prestiti
personali nel 38% dei casi e alle finanziarie per
prestiti personali e credito al consumo nel 30%.
La stima di Sos Impresa-Confesercenti23
sull’estensione dei prestiti usurai, che nel 2008
era pari a 35 miliardi di euro, nel 2010,
soprattutto a causa degli effetti della crisi è salita
a 40 miliardi di euro. La stima si riferisce al
settore del commercio (200 mila commercianti
colpiti), mentre non ci sono stime attendibili di
quanto la finanza informale e l’usura
coinvolgano le famiglie, di italiani o di
immigrati.
22
Lo schema di decreto legislativo, approvato il 30
luglio 2010 dal Consiglio dei Ministri, e che
recepisce la direttiva 2008/48/Ce sul credito al
consumo cambia sostanzialmente le condizioni di
utilizzo di questi strumenti creditizi rendendoli molto
ristrette. Ciò significa che è da attendersi un
sostanziale cambiamento tra domanda e offerta di
credito nell’ambito del credito al consumo.
23
Sos Impresa-Confesercenti, Le mani della
criminalità sulle imprese, dodicesimo rapporto,
Roma 2010
65
La stima dell’ordine di grandezza di una sorta di
«manovra» creditizia anti-esclusione e anti-crisi
si basa sui seguenti elementi:
-
-
-
-
tendenza verso il dimezzamento, nell’arco
di cinque anni, del numero di famiglie
escluse dal credito, soprattutto dai mutui
casa. Secondo l’ultima rilevazione della
Banca d’Italia (Banca d’Italia (2010), “I
bilanci delle famiglie italiane nell’anno
2008”, Supplementi al Bollettino Statistico,
a. XX, n, 8, 10 febbraio), le famiglie che
non possiedono alcuna attività finanziaria,
neanche un conto corrente bancario o
postale, sono pari all’11% del totale.
Prendiamo questo come indicatore di
esclusione finanziaria. Si è stimato quindi
che l’obiettivo sia l’accesso al credito del
5% delle famiglie, pari quindi al 5% del
totale attuale mutui e crediti al consumo
alle famiglie, cioè circa 18 miliardi di euro;
parziale riconversione dei finanziamenti al
consumo insostenibili delle famiglie. Una
parte della cifra precedente dovrebbe essere
dedicata al riassetto dei debiti delle
famiglie;
incremento del 30% dell’accesso al credito
per le famiglie immigrate. Si tratta di circa
12 miliardi di euro di nuovi crediti e mutui;
riapertura del credito alle microimprese,
prestiti per la liquidità e riassetto dei
finanziamenti dal breve al medio-lungo
termine in modo da allentare il
razionamento del credito di questi ultimi
anni. L’indicatore della tensione creditizia è
il rapporto credito utilizzato/credito
accordato. Sempre da dati Banca d’Italia, il
rapporto per le “famiglie produttrici” è
salito, nel caso dei crediti da banche,
dall’83% del 2005 all’86% del marzo 2010.
Nel caso dei prestiti da finanziarie, il balzo
è ancora più accentuato, passando dall’80%
-
-
del 2005 al 95% del marzo 2010. Per
riportare il rapporto attorno all’80-82%, i
livelli di prima della crisi, servono
complessivamente 7 miliardi di euro, di cui
3 da “spostare” dalle finanziarie, troppo
onerose, alle banche;
tendenza verso il dimezzamento, nell’arco
di cinque anni, del numero di microimprese
vittime dell’usura. Ciò significa garantire
crediti «sani» per circa 20 miliardi di euro;
il totale di nuovi crediti alle microimprese
sarebbe quindi pari a 27 miliardi di euro.
L’ipotesi è che circa il 90% di questa manovra
sia assunta dalle banche, mentre l’obiettivo
strategico della microfinanza dovrebbe essere
coprirne il 10%. La manovra sarebbe condotta in
collaborazione con consorzi di garanzia fidi, enti
locali e reti sociali.
La manovra per combattere l’esclusione sociale
e finanziaria in Italia e sostenere famiglie e
microimprese nell’uscita dalla crisi è stimata,
dunque, attorno ai 45 miliardi di euro, di cui 18
miliardi per le famiglie e 27 miliardi per le
microimprese. Si tratta del 3% del totale degli
impieghi bancari, che ammontano a circa 1.500
miliardi di euro.
Questa stima non dà che un ordine di grandezza
e
costituisce
un
punto
di
partenza
nell’individuazione della domanda potenziale
reale, ossia effettivamente servibile dal settore
della microfinanza in Italia, in considerazione
della sua struttura e dei limiti economici,
organizzativi e giuridici con i quali deve
confrontarsi. Si tratta inoltre di una stima molto
probabilmente
sovradimensionata.
La
microfinanza ha infatti dimostrato in molti casi
di non essere in grado di raggiungere un’ampia
fascia di microimprese a causa dei limiti
strutturali del contesto economico e normativo
italiano e per un’ancora insufficiente
innovazione nei prodotti finanziari offerti. Nello
66
studio citato del Centre Emile Bernheim sulla
performance sociale delle IMF in Italia, fatta
eccezione per il programma della Caritas
Diocesana Vicentina e per il progetto SMOAT,
nessuna delle IMF che hanno partecipato
all’indagine ha superato i 38 crediti erogati
nell’arco di 12 mesi24. Le cause di un risultato
così esiguo vanno ricercate da un lato
nell’ancora scarsa maturità e ridotta scala del
settore25, dall’altro nei seguenti fattori comuni a
molte micro realtà imprenditoriali italiane:
1)
2)
3)
4)
24
Scarsa
trasparenza
gestionale.
I
microimprenditori spesso non dispongono
di bilanci in grado di restituire la reale
situazione economica, finanziaria e
patrimoniale dell’attività. Spesso parte dei
ricavi non viene contabilizzata per ragioni
fiscali;
La gestione d’impresa è strettamente legata
all’economia familiare ed è quindi difficile
isolare la situazione economica, finanziaria
e patrimoniale dell’impresa da quella
personale o familiare del richiedente;
Scarsa capacità di pianificazione dello
sviluppo d’impresa. In particolare per le
imprese in fase di avviamento, mancano le
conoscenze idonee a trasferire e sintetizzare
in maniera razionale e chiara l’idea
d’impresa in un business plan;
L’imprenditore non dispone di garanzie
reali sufficienti e contemporaneamente non
è inserito in una rete sociale o economica
che lo possa sostenere in fase di richiesta
del credito. Si pensi in particolare all’ampia
fascia di popolazione “non-bancabile”
rappresentata dai migranti.
Fabrizio Botti; Marcella Corsi, op. cit, 2010
In Italia non esistono esperienze consolidate a
livello nazionale come nel caso francese lo è l’ADIE
(www.adie.org).
25
Oggi la microfinanza in Italia è di fronte a una
duplice sfida: la dimensione e l’innovazione. Per
quanto riguarda la dimensione, abbiamo visto
che il mercato potenziale della microfinanza non
bancaria in Italia potrebbe aggirarsi, nei prossimi
cinque anni, intorno ai 5 miliardi di euro.
Attualmente i programmi e le istituzioni di
microcredito coprono, nella valutazione più
ottimistica, poco più del 5% di questa cifra, più
realisticamente meno dell’1%. La crescita in
termini di clienti e portafoglio è la strada che
porta alla sostenibilità.
D’altra parte questa crescita ha bisogno di
innovazione, attraverso la sostituzione e il
rinnovamento dei prodotti finanziari esistenti e
nuove sperimentazioni (es. la gestione delle
rimesse e la fornitura di servizi di microfinanza
agli immigrati sia nel paese d’origine sia in
quello di destinazione), la riduzione dei costi di
welfare con nuovi e più efficienti rapporti con
gli enti pubblici e il mutamento della natura
dell’indebitamento delle famiglie, anche
attraverso iniziative di educazione finanziaria.
L’obiettivo è portare l’indebitamento a
diventare, da onere, opportunità responsabile.
5.3
Il ruolo del sistema finanziario
formale
Il settore della microfinanza in Italia è costituito
da un significativo numero di attori, molto
diversi tra loro per natura, dimensione, obiettivi
e approccio operativo. Una categorizzazione
dell’offerta italiana può essere effettuata
definendo alcune macro-categorie identificate in
base ai diversi status giuridici: le banche, le reti
di Confidi, le istituzioni finanziarie nonbancarie, le istituzioni pubbliche, le istituzioni di
microfinanza e gli altri enti.
67
5.3.1 Le banche
Gli istituti bancari sono attivi nel settore del
microcredito sia direttamente che indirettamente.
Rispetto al primo caso è utile stabilire alcuni
distinguo. Attenendosi alla definizione di
microcredito data dalla Commissione Europea,
ogni prestito sotto i 25 mila euro, concesso dalla
banca in occasione della sua attività corrente,
potrebbe essere classificato come microcredito.
Tuttavia, per le caratteristiche proprie di tali
prodotti è difficile parlare di microcredito,
quanto piuttosto di “piccolo credito”, in quanto
non sempre rivolto ad un target caratteristico
della microfinanza identificabile con i “nonbancabili”. In secondo luogo, le banche sono
spesso direttamente attive nella concessione di
microcrediti attraverso specifici programmi,
gestiti in proprio o in collaborazione con enti
esterni. Sono tuttavia pochi i programmi che
rientrano nel primo caso, solitamente prestiti
d’onore, ossia crediti a condizioni favorevoli
concessi a categorie limitate di persone, ad
esempio studenti. E’ il caso di “Intesa Bridge”,
programma lanciato da Intesa San Paolo, grazie
al quale gli studenti di 30 università italiane
possono avere accesso ad un credito fino a 5
mila euro per anno accademico (per un massimo
di tre anni). I crediti in questo caso non devono
essere accompagnati da alcuna garanzia, hanno
un tasso d’interesse agevolato e possono
contemplare un periodo di grazia.
Il secondo tipo di programma vede la
partecipazione di enti pubblici, religiosi o
istituzioni private. In questo caso, le banche
partecipano gestendo il fondo di garanzia,
l’erogazione del credito e offrendo servizi di
front office. Accanto alle banche commerciali,
spesso sono coinvolte in questo tipo di
programma anche le Banche di Credito
Cooperativo (BCC). Secondo le informazioni a
disposizione di Federcasse (BCC), nel 2009 in
Italia c’erano circa 25 programmi di questo
tipo26. Le BCC sono spesso incluse come partner
finanziario all’interno di programmi si
microcredito sociale. Ad esempio, la BCC di
Gorizia ha creato un fondo di garanzia con la
Caritas locale, che consente di erogare crediti
fino a 1.500 euro a tassi agevolati. Ai beneficiari
del credito, la BCC concede la possibilità di
accedere ad un conto corrente senza spese per un
anno. Le BCC della provincia di Pistoia hanno
avviato, in collaborazione con la Fondazione Un
Raggio di Luce, le Caritas locali, la Misericordia
di Pistoia, la Cassa di risparmio di Pistoia e
Pescia e la sua Fondazione, il programma
“Sistema Provinciale Pistoiese di microcredito”,
che consente l’accesso a crediti sociali (da 1.000
a 7.000 euro) e prestiti rivolti a organizzazioni
impegnate in ambito sociale e imprese a
conduzione femminile(da 5.000 a 15.000 euro).
Alcune BCC collaborano direttamente con
microfinanziarie come nel caso di Emilbanca
con Micro.Bo e la BCC di Roma con Sviluppo
Lazio.
In altri casi, le banche intervengono
indirettamente nel settore del microcredito. Ciò
avviene attraverso la capitalizzazione di
microfinanziarie già attive sul mercato (ad
esempio UBI Banca nei confronti di Permicro),
o grazie alla partecipazione nel capitale sociale
per l’avvio di muove IMF (è il caso di Monte dei
Paschi di Siena verso il programma
Microcredito di Solidarietà). Tuttavia, nel
contesto italiano, fatta eccezione per i due citati
casi, è difficile stabilire se vi siano altre
microfinanziarie in grado di ricevere
investimenti in capitale di rischio da parte del
settore bancario. Da un lato infatti PerMicro e
Microcredito di Solidarietà sono le uniche IMF
in Italia, fatta eccezione per le MAG,
26
Intervista a Chiara Piva della
Comunicazione di Federcasse (BCC).
Divisione
68
regolamentate come intermediari finanziari (ex
TUB 106) e che quindi possono ricevere
investimenti in capitale da parte degli istituti
bancari. Dall’altro, ci sono ancora poche realtà
che contemplino tra gli obiettivi prioritari di
medio/lungo periodo la sostenibilità e la crescita.
Le banche potrebbero inoltre intervenire nel
settore del microcredito concedendo prestiti alle
IMF, tuttavia in base alle informazioni a nostra
disposizione ciò non è ancora avvenuto.
Il modello di microcrediti adottato dalla larga
maggioranza di istituzioni bancarie attive nel
settore, si sviluppa in tre fasi. In un primo
momento la banca firma un accordo con l’IMF
(associazione, fondazione o diocesi) che
promuove il servizio, seleziona i clienti e
solitamente elabora il dossier di credito. In una
seconda fase, una terza parte (ad esempio una
fondazione o un’istituzione pubblica) fornisce il
fondo di garanzia necessario a coprire il rischio
sui crediti erogati nell’ambito del programma.
La garanzia solitamente copre il 100%
dell’ammontare erogato. La terza fase consiste
nella valutazione da parte della banca dei clienti
proposti (in considerazione della presenza del
fondo di garanzia, solitamente la procedura
d’istruttoria è molto snella e in alcuni casi
automatica) e successivamente nell’erogazione
dei crediti attraverso l’utilizzo di risorse
finanziarie proprie.
Più di recente le banche hanno dimostrato un
maggiore interesse nei confronti della
microfinanza, soprattutto grazie all’intensa
attività
di
sensibilizzazione
operata
dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI).
Tuttavia, fino ad ora in tale ambito non è stata
elaborata alcuna strategia globale da parte del
settore bancario. Inoltre, la spinta ad aderire o
promuove programmi di microfinanza da parte
delle banche deriva da ragioni di Corporate
Social Responsibility più che dalla volontà di
penetrazione in un nuovo mercato. E’ vero
comunque che in molte banche italiane, i
programmi di microfinanza non sono più gestiti
dalla Divisione che si occupa di CSR, ma
sempre più spesso da altri organi (retail, o
marketing)27.
5.3.2 Le reti di Confidi
I Confidi sono enti non profit che offrono servizi
di garanzia ai loro membri per la concessione di
crediti presso gli istituti bancari. In Italia sono
presenti più di mille Confidi (TAB. 7), di cui
830 attivi registrati presso la Banca d’Italia sotto
l’articolo 106 del TUB28. Si tratta quasi sempre
di società cooperative o consorzi. A causa della
frammentazione del settore, è difficile acquisire
dati precisi rispetto ai volumi garantiti attraverso
la rete. Una stima delle garanzie erogate dalla
rete di Confidi nel 2003 è di circa 6,2 milioni di
euro29. All’interno di tale stima non è possibile
isolare il dato riferibile ai microcrediti concessi.
TAB. 7: Confidi per Regione
Confidi
Regione
Nord
Centro
Sud e Isole
Totale
n.
365
208
466
1.048
%
34,9
20
45,1
100
Fonte: Sabetta (2008)
I membri azionisti dei Confidi sono quasi
esclusivamente PMI. I Confidi operano a livello
27
Chiara Provasoli; Angela Tanno; Gianna Zappi (a
cura di), op. cit., ed. Banca Editrice 2009. Nel 2005
circa 1/3 delle banche gestivano i programmi di
microfinanza attraverso la Divisione CSR, mentre nel
2008 ciò accadeva solo nel 3,6% dei casi.
28 Giovanni Busetta; Andrea Presbitero, Mutual
Loan-Guarantee Societies, Small Firms and Banks:
An Empirical Investigation, Munich Personal RePEc
Archive, MPRA Paper No. 7832, Marzo 2008
29
Commissione Europea (2006) Guarantees and
Mutual Guarantees, p. 17.
69
locale e in settori economici specifici (industria,
commercio, artigianato ecc.). La loro attività si
sviluppa principalmente in tre aree30:
1.
2.
3.
Erogazione di garanzie totali o parziali ai
membri;
Negoziazione con le banche delle
condizioni di credito (tasso d’interesse,
durata, ecc.) verso i membri;
Attività di screening e accompagnamento a
favore dei membri, allo scopo di facilitare
le fasi preliminari all’accesso al credito e
mantenere il più possibile basso il tasso di
insolvenza attraverso il monitoraggio.
Lo scopo del sistema dei Confidi è di ridurre le
asimmetrie informative tra PMI e banche. Il
punto di forza di tale modello è di non essere
basato sulle risorse messe a disposizione dal
settore pubblico, ma nascono direttamente
dall’iniziativa del tessuto imprenditoriale
locale31.
Nonostante
i
Confidi
si
rivolgano
prevalentemente a PMI, non mancano gli esempi
di servizi offerti alle microimprese. E’ il caso di
Confidi
Roma
Gafiart,
istituito
da
Confartigianato. Gafiart concede credito alla
microimpresa a livello regionale attraverso un
fondo pubblico dedicato. Inoltre, in alcune
regioni italiane, le attività dei Confidi
collaborano con le istituzioni di microfinanza
per l’erogazione di servizi di credito a favore
della microimpresa.
5.3.3 Credito al consumo
Le istituzioni finanziarie non bancarie,
specializzate in prodotti di credito al consumo e
leasing, stanno costantemente aumentando la
propria quota di mercato. Gli intermediari
30
Arianna Sabetta, Le Prospettive dei Confidi
Meridionali, manoscritto, 2008, p.58.
31
Commissione Europea, Guarantees and Mutual
Guarantees, Best Reports, No 3 – 2006.
finanziari in Italia detengono in veste di
erogatori la maggior parte dei crediti con taglio
inferiore ai 25 mila euro. Tuttavia come nel caso
delle banche, questi crediti non possono essere
assimilati in senso stretto al microcredito. Essi
differiscono dal microcredito perché non sono
accompagnati da servizi di tutoraggio ed
educazione finanziaria al cliente, sono rivolti
essenzialmente a soggetti titolari di un contratto
di lavoro subordinato e sono quasi sempre
finalizzati all’acquisto di beni di consumo.
Tuttavia accade spesso che i microimprenditori,
direttamente o tramite parenti, beneficino di
questi crediti per lo sviluppo della loro attività
economica.
Nonostante quella dell’intermediario finanziario
sia una categoria legittimamente considerata
responsabile del sovra-indebitamento di ampie
fasce di popolazione, va tuttavia ricordato che la
loro forma legale (ex art. 106 del TUB), è quella
più adatta alle IMF nel contesto legislativo
italiano. Si consideri infatti che tale modello
oltre a rendere l’istituzione auto-sufficiente per
quanto riguarda l’operatività (tali istituzioni non
dipendono dalle banche per l’erogazione del
credito), è particolarmente flessibile grazie ad
una gestione più leggera dell’attività creditizia
rispetto a quanto richiesto alle banche: ciò
implica che le procedure di richiesta del credito
così come i tempi di erogazione siano
particolarmente contenuti.
5.3.4 Gli altri attori
Il modello di prestito online può essere
considerato uno strumento alternativo al micro
prestito, come l’esperienza di Zopa ha
recentemente dimostrato, nonostante attualmente
il progetto sia sospeso. Dal 10 luglio 2009 la
Banca d'Italia, ha cancellato Zopa dall'elenco
degli intermediari finanziari ex art. 106. La
Banca d’Italia ha contestato a Zopa di aver fatto
70
raccolta di risparmio (e non semplice
intermediazione di pagamenti) a causa della
giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in
attesa di uscire in prestito. Nonostante questa
battuta d’arresto, il modello del social lending è
di particolare interesse per i possibili sviluppi
nell’ambito della microfinanza. Zopa Italia, un
franchise di Zopa UK che opera sotto il TUB
art.106, è un sistema di prestito peer to peer in
internet che fornisce una piattaforma di
intermediazione finanziaria per piccoli prestiti. I
creditori possono investire fino a 50.000 euro,
mentre i prestiti sono tra i 1.500 e i 15.000 euro
con una durata tra i 12 e i 48 mesi. Le pratiche di
credito sono analizzate e approvate da Zopa e
divise in classi di rischio. Il tasso di interesse
medio è del 9,7%. I creditori possono scegliere
la loro propensione al rischio e distribuire i loro
investimenti nelle diverse classi di rischio (i loro
investimenti sono comunque suddivisi tra
l’ampio numero di debitori). In media il ritorno
lordo per gli investitori è il 7.8%. Dall’inizio
delle operazioni nel Gennaio 2008, Zopa ha
erogato 960 prestiti per un ammontare totale di
5,2 milioni di euro con un tasso di non rimborso
di circa il 2%. I prestiti sono usati
principalmente per il consolidamento di un
debito (27%), per il restauro della casa (31%) e
per l’acquisto di un veicolo (15%). Il 60% dei
clienti ha un contratto di lavoro a tempo
indeterminato, il 20% - 25% ha un contratto a
tempo determinato e il rimanente sono in una
situazione di impiego precario. Anche se le
caratteristiche del target sono simili a quelle del
fornitore di credito al consumo, Zopa fornisce
prestiti con un interesse più basso e promuove
un approccio differente al prestito basato su un
modello comunitario. Inoltre rappresenta un
innovativo canale di prestito che potrebbe
potenzialmente essere usato per mettere in
contatto diverse tipologie di creditori e debitori,
che vorrebbero essere più simili ai tradizionali
attori di microcredito. Da quando il creditore
può selezionare la propria combinazione di
rischio – restituzione, questo può essere usato
per un target di popolazione più a rischio. Per
esempio, Zopa UK ha definito una nuova
categoria di debitori (“Young” giovani tra i 20 e
i 25 anni), su cui creditori possono decidere di
investire.
5.4
Il
settore
della
microfinanza:
evoluzione e caratteristiche
Mentre le banche e gli operatori del credito al
consumo operano nel settore della microfinanza
in via accessoria o residuale, gli attori che più
direttamente hanno individuato nel microcredito
il loro core business sono le istituzioni di
microfinanza in senso stretto e i programmi di
microfinanza a partecipazione pubblica.
La categoria delle Istituzioni di Microfinanza
(IMF) comprende diverse tipologie di enti
(cooperative,
fondazioni,
associazioni,
istituzioni finanziarie non bancarie, ecc.), che
svolgono come prima e principale attività il
microcredito. Possono essere identificate tre
sottocategorie,
che
si
differenziano
sensibilmente tra loro. I principali elementi di
differenziazione sono la fondazione e la
missione dell’istituzione, e come e da quale ente
l’erogazione e l’amministrazione del prestito
sono gestiti.
La prima categoria coincide con le IMF
completamente sviluppate, registrate sotto la
legge bancaria come intermediari finanziari (ex
TUB art. 106). Le IMF all’interno di questa
categoria sono le sole istituzioni comparabili alle
IMF attive nei Paesi in via di sviluppo. A
Febbraio 2009, c’erano solo due IMF in questa
categoria: Microcredito di Solidarietà e
PerMicro. Queste IMF che puntano molto
sull’innovazione e l’efficienza, hanno un
71
obiettivo di sostenibilità di medio – lungo
termine. Il principale limite ad assumere tale
forma legale per queste istituzioni deriva dal
fatto che ad esse non è consentita la raccolta di
depositi da parte del pubblico, permessa soltanto
alle banche.
La seconda categoria è composta dalle MAG
(Mutua AutoGestione). Assumono diversa forma
legale, ma condividono una storia comune e
valori etici alla base della loro missione e
visione. Ci sono solo sei MAG in Italia,
principalmente situate nelle regioni a Nord del
Paese: Milano, Reggio Emilia, Roma, Torino,
Venezia e Verona. Nonostante la loro comune
missione e visione, che punta nella direzione
della finanza etica, hanno modelli operativi
differenti. Mag4 Piemonte, Mag2 Milano e Mag
Venezia sono intermediari finanziari registrati
sotto l’art.106 TUB. Mag4 Piemonte può anche
raccogliere depositi dalle cooperative locali
affiliate. Mag Roma è regolata dalla legge
bancaria italiana (TUB art.113), ma lavora
tramite Mag Reggio Emilia. Mag Verona non
eroga direttamente prestiti, ma lavora attraverso
le banche locali.
La terza categoria comprende la più ampia
porzione di IMF italiane. Queste istituzioni
assumono la forma di associazioni non profit o
fondazioni,
classificate
come
ONLUS
(Organizzazioni Non Lucrative di Utilità
Sociale). Le loro attività riguardano l’analisi
preliminare del prestito e la sua gestione. I
prestiti vengono quindi erogati dalle banche, con
cui hanno un accordo. Secondo la legge bancaria
italiana soltanto alle banche e agli intermediari
finanziari, ad eccezione delle cooperative MAG,
è permesso erogare prestiti. Perciò queste
istituzione dipendono da una banca per condurre
attività di microcredito. In quasi tutti i casi i
prestiti erogati dalla banca partner sono coperti
da un fondo di garanzia messo a disposizione da
un attore terzo (un’istituzione pubblica, una
fondazione, ecc.). In alcuni casi la relazione tra
la banca e l’istituzione è difficile, in particolare
perché la rigidità formale delle procedure causa
ritardi nell’esborso del prestito, nel processo di
rimborso e nella relazione con i clienti32.
Una caratteristica importante delle istituzioni di
microfinanza è il loro modello d’impresa. È
possibile individuarne due modalità. In un caso,
l’istituzione gestisce l’intero processo, dal primo
contatto all’erogazione e alla gestione del
prestito. Questo modello è quasi del tutto
inesistente in Italia finora. Nell’altro l’istituzione
di microfinanza si concentra sulle attività di
primo contatto, analisi della domanda e
approvazione del credito. La banca serve come
agenzia/sportello per l’esborso del credito e il
rimborso. Il terzo soggetto, infine, può garantire
servizi di supporto non finanziari (i cosiddetti
business development services o BDS) e/o
fornire una garanzia alla banca.
Un’ulteriore distinzione concerne il modello di
gestione del rischio. Molte istituzioni operano
tramite un fondo di garanzia, che fornisce
parziale o totale copertura sul prestito. Questo
modello, basato sulla divisione del rischio tra i
diversi soggetti pubblici e privati, è sicuramente
il più comune e non sono molte le istituzioni che
operano senza un fondo di garanzia.
Si deve notare che il modello di microcredito
che conta su un fondo di garanzia messo a
32
E’ il caso ad esempio della Fondazione Toscana
per la prevenzione dell’usura ONLUS. Nel rapporto
di attività 2009 la Fondazione lamenta che: “la
politica di contenimento nella concessione del credito
attuata dalle banche sin dal 2008 ha portato ad un
sensibile aumento delle pratiche declinate (15,7% nel
2007 - 23,4% nel 2008 - 22,4 % nel 2009) e ad un
preoccupante allungamento dei tempi di erogazione,
tanto che al 31/12/2009 si trovavano all’esame delle
banche convenzionate n. 90 richieste di
finanziamento per € 7.589.700,00”.
72
disposizione da una parte terza, non costituisce
un’innovazione capace di dare una risposta
efficace ai problemi causati dall’asimmetria di
informazioni perché il fornitore della garanzia
solitamente non è coinvolto nella valutazione del
cliente. Inoltre, questo modello non è in grado di
minimizzare il rischio per l’operatore di
microcredito. Il fondo di garanzia è piuttosto
utile, ma non ottimale, strumento per permettere
alle istituzioni di microfinanza di condividere il
rischio con una terza parte.
Il prestito individuale è la principale
metodologia attualmente utilizzata in Italia. I
pochi progetti pilota di gruppo di prestito non
danno risultati soddisfacenti. Questo è dovuto
principalmente per lo scarso capitale sociale dei
beneficiari. Comunque, la mancanza di forme
dirette o indirette di garanzia rende ancora più
necessaria un’analisi preliminare del progetto di
impresa che deve essere finanziato.
Ciononostante, un diverso mix di metodi di
prestito sta emergendo. Sempre più spesso il
prestito è erogato al singolo, ma lui o lei deve
dimostrare una rete di referenze e supporto. Non
è una nota vincolante, ma è un elemento
aggiuntivo che aiuta a costruire un sistema
informativo
sulla
storia
personale
e
professionale del beneficiario .
5.4.1 I prodotti di credito offerti.
I prodotti di credito offerti dal mercato della
microfinanza in Italia possono essere ricondotti
a due categorie principali: il credito all’impresa
e il credito sociale.
Rispetto alla prima tipologia, si tratta di prestiti
finalizzati alla creazione o allo sviluppo
d’impresa. Sono rivolti a imprese che non hanno
accesso ad altre fonti di finanziamento o che non
sono in grado di sottoporre un progetto
d’impresa a finanziatori pubblici o privati.
Questa tipologia di credito rientra nella
definizione di microcredito data dalla
Commissione Europea che in tale categoria fa
rientrare i crediti con importo inferiore a 25 mila
euro rivolte a imprese in fase di avviamento o
sviluppo. Tuttavia tale definizione va
necessariamente adattata al contesto italiano, sia
per quanto riguarda il target che in riferimento
all’ammontare del credito.
Innanzitutto
la
Commissione
Europea
(Raccomandazione 2003/361/EC, 6 Maggio
2003) definisce la microimpresa come
un’attività con meno di 10 dipendenti e un
fatturato inferiore ai 2 milioni di euro. E’
evidente come tale definizione sia troppo ampia
se applicata al contesto italiano. Il Ministero del
Lavoro definisce la microimpresa come “entità
organizzativa minima costituita da un singolo
addetto” (Circolare n. 30 del Min. del Lavoro,
12 novembre 2008). Infatti, nel 2008 in Italia il
57,7% delle imprese erano imprese individuali33.
Inoltre il concetto di microimpresa riguarda
anche il settore informale e le difficoltà di
formalizzare le attività economiche svolte in tale
ambito. L’esperienza in Italia sembra
confermare quanto affermato. Tra i clienti del
programma SMOAT, uno dei più importanti
nell’ambito della microfinanza pubblica, che
fornisce servizi di credito esclusivamente alla
microimpresa, circa il 60% è composto da
imprese uni personali. Alcuni prestiti personali
possono inoltre rientrare in questa categoria nel
caso in cui il credito sia stato concesso per
favorire l’auto-impiego.
Una diretta conseguenza di quanto affermato è
che l’ammontare medio risulta essere in Italia
significativamente più basso rispetto alla media
europea (rispettivamente pari a 5.875 Euro e
9.641 Euro). Tuttavia va osservato che le
istituzioni che si rivolgono esclusivamente
33
Istat (2009) Archivio Statistico delle Imprese
Attive.
73
all’impresa concedono crediti di ammontare
superiore. Per esempio nel programma SMOAT
l’ammontare medio del credito è di 13.119 Euro.
PerMicro, che offre sia crediti sociali che
d’impresa ha un crediti medio per il
microcredito d’impresa di 7.644 euro. In
entrambi i casi l’importo massimo è di 15 mila
euro.
Il microcredito sociale si focalizza su prestiti a
individui che si trovano in condizione di
esclusione sociale e finanziaria (famiglie povere
o a rischio povertà). Le applicazioni del
microcredito sociale sono molteplici. Esso può
essere utilizzato per la riconversione di un
credito precedente e una sua riprogrammazione
a condizioni più sostenibili per il beneficiario. Il
credito sociale può essere impiegato come
credito d’emergenza per far fronte a spese
inattese (malattia, spese domestiche, etc.). In
terzo luogo, esso può essere utilizzato per
l’acquisto di beni o servizi che oltrepassano la
capacità di spesa mensile (tasse universitarie,
computer, etc.). Il microcredito sociale è una
tipologia molto comune nel mercato italiano. Per
esempio, in quattro delle cinque istituzioni
selezionate come casi studio nella ricerca di
mercato realizzata da Microfinanza Srl nel 2009
per conto del Fondo Europeo per gli
Investimenti34, sette delle dieci istituzioni
appartenenti al network italiano della
microfinanza
(al
31/12/2009)
fornivano
microcredito sociale, sia come unico prodotto di
credito, sia in accoppiata con il credito
d’impresa.
Le due tipologie differiscono sensibilmente tra
loro in termini di clienti, ammontare dei prestiti
e tassi di interessi. Il microcredito sociale è
5.4.2 Distribuzione geografica
In occasione della citata ricerca condotta nel
2009 da Microfinanza Srl sul mercato della
microfinanza in Italia36, si è osservato come nel
nostro Paese vi sia un’equa distribuzione
territoriale di programmi di microfinanza,
coerente con la densità di popolazione nelle
34
35
Luigi Galimberti Faussone; Fabio Malanchini;
Giampietro Pizzo, EIF Market Study on
microlending. Cross country studies on Western and
eastern
Europe:
Country
Report
Italy,
RITMI/Microfinanza SRL, 2009
specificamente indirizzato verso i bisogni dei
poveri e delle persone considerate a rischio
povertà. Conseguentemente i bisogni di questi
soggetti in termini di credito sono generalmente
inferiori a quelli di coloro che vogliono dar vita
ad una microimpresa. Ad esempio, la media
delle dimensioni dei crediti della Caritas
Vicentina (1.881 euro), del Microcredito di
Solidarietà (3.208 euro) e il prodotto sociale di
Micro.Bo (1.850 euro) sono chiaramente di
natura diversa dal prestito all’impresa. Inoltre i
tassi di interesse sono generalmente più bassi.
Per esempio, Caritas Vicentina aggiunge il 3,5%
e Microcredito di Solidarietà carica 4,5%.
Micro.Bo, che fornisce sia credito all’impresa
che credito sociale, carica differenti tassi di
interesse: l’8% nel primo caso, il 3,25% nel
secondo.
Sebbene il microcredito sociale non rientri
nell’originale definizione della Commissione
Europea, questo fenomeno non può essere
ignorato visto che può essere da supporto per un
percorso
di
reintegrazione
sociale
e
professionale. Inoltre secondo il rapporto della
Commissione Europea, “i piccoli prestiti
concessi alle persone a rischio di esclusione
sociale possono essere considerati come
microcredito, dato che tali prestiti permettono
loro di intraprendere un’attività economica”35.
Commissione Europea (2007) The Regulation of
Microcredit in Europe, p. 7.
36
Luigi Galimberti Faussone; Fabio Malanchini;
Giampietro Pizzo, Op. Cit., RITMI/Microfinanza
SRL
74
diverse aree. Dei 33 programmi rientranti nel
campione osservato 17 sono al Nord, 9 al Centro
e 7 al Sud. Va tuttavia osservato che 6 delle 7
iniziative al Sud sono fondazioni antiusura,
operanti nell’ambito delle diocesi locali. Al
Centro sono presenti i due più importanti
programmi pubblici (Sviluppo Lazio e Progetto
SMOAT). La maggior concentrazione di
programmi riguarda il Piemonte e la Toscana,
rispettivamente con cinque e quattro programmi.
5.4.3 Data di entrata nel mercato del
microcredito
Anche se i primi attori della micro finanza (le
Mag) sono nati alla fine degli anni ’70, essi
hanno dato inizio a programmi di microcredito
solo nei primi anni 2000 (GRAF.3). Il primo
programma di microcredito tra gli istituti
considerati nella ricerca è la fondazione
antiusura Giuseppe Moscati, che iniziò le
proprie attività a Napoli nel 1992. Il programma
vide la luce grazie all’iniziativa del Padre
Gesuita Massimo Rastrelli, che è ora presidente
della Consulta Nazionale Antiusura, network
nazionale delle fondazioni antiusura. I
programmi di microcredito in Italia sono
generalmente piuttosto giovani dato che l’età
media al Gennaio 2009 è di 5,2 anni. Solo il
15% dei programmi sono nati prima del 2002,
mentre più della metà ha iniziato l’attività tra il
2003 e il 2005. Dopo un periodo di
considerevole vitalità, il settore del microcredito
in Italia sembra aver subito un rallentamento, in
particolare per quanto concerne le iniziative più
piccole, come quelle prese in considerazione.
Tuttavia, le poche istituzioni avviate nel periodo
2006 -2008, sono oggi le più grandi e strutturate
(Microcredito di Solidarietà 2006, Sviluppo
Lazio nel 2007, PerMicro (2008) e Zopa avviata
nel 2008 e sviluppatasi considerevolmente fino
alla sospensione delle attività nel 2009).
GRAF.2: Entrate sul mercato della micro
finanza (ante 2002- 2008)
5.4.4 Modello d’impresa – Metodologia di
prestito
Solo due istituti nello studio hanno adottato la
metodologia del prestito di gruppo, mentre le
altre hanno esclusivamente adottato il metodo
del credito individuale. In generale, le
esperienze di prestito di gruppo in Italia non
hanno avuto molto successo, in particolare in
termini di qualità del portafoglio. In un caso,
l’IMF ha sospeso l’erogazione del prestito di
gruppo a causa dell’alto livello di insolvenza.
Anche se la maggior parte dei prestiti sono
concessi a individui, al debitore è spesso
richiesto di dimostrare di essere inserito in una
rete di supporto o in un nucleo familiare di
riferimento. Non è questa una nota vincolante (la
firma condivisa), ma è un elemento aggiuntivo
che aiuta a costruire il sistema informativo sulla
storia personale e professionale del beneficiario.
5.4.5 Prodotti e servizi: l’ammontare dei
prestiti.
La dimensione media di un prestito nel 2009 è di
5.875 euro (GRAF.3) . Una survey condotta nel
dicembre 2008 tra gli istituti che sono membri
del network italiano di microfinanza RITMI ha
mostrato che la dimensione media di un prestito
era di 6.760 euro. I due istituti con la dimensione
media più bassa dei prestiti sono due
associazioni che lavorano con la ONG Cattolica
Caritas: Caritas Diocesana Bergamasca con
1.714 euro e Caritas Diocesana Vicentina con
75
1.963 euro. Nel 2007 gli istituti che mostrano la
dimensione media più alta dei prestiti sono
Fondazione Risorsa Donna (17.367 euro),
Progetto SMOAT (14.958 euro) e la Fondazione
Venezia (10.250 euro).
GRAF. 3: Ammontare medio dei prestiti
5.4.7 Prodotti e servizi: tassi di interesse
Il tasso di interesse annuale applicato dagli
istituti oggetto dello studio di Microfinanza è del
5,8% (non pesato il per numero o ammontare dei
prestiti) (GRAF.5). Dallo studio di EMN del
2009 risulta per il campione italiano un tasso
medio del 3,7%. Nel campione considerato da
Microfinanza Srl, un istituto concede prestiti
privi di interesse (Fondo Essere), mentre un altro
applica l’1,8% di interesse su tutti i prestiti. Gli
interessi più alti sono applicati dai due
intermediari finanziari, Zopa (9%) e PerMicro
(12%, il più alto del campione).
GRAF. 5: Tasso d'interesse medio
5.4.6 Prodotti e servizi: durata dei prestiti
La durata media dei prestiti è circa di tre anni e
dieci mesi (3.88 anni) (GRAF.4). Quasi metà
degli istituti (11 su 24) hanno una scadenza
media dei prestiti di tre anni. Solo due di questi
hanno scadenze più corte, mentre 11 hanno
scadenze a lungo termine.
Inoltre 14 su 25 istituti concedono un periodo di
preammortamento ai loro clienti (GRAF.6). La
media del periodo di dilazione è di 5,4 mesi.
GRAF. 4: Durata media dei prestiti
GRAF. 6: Periodo di preammortamento
76
della debolezza della maggior parte dei
programmi e degli istituti di microcredito in
Italia. Tuttavia, specialmente negli ultimi anni,
alcuni programmi hanno mostrato una sempre
maggiore attenzione verso sistemi gestionali più
evoluti. Per questa ragione i dati riportati
saranno integrati con i dati raccolti nel Dicembre
2008 tramite una survey condotta tra i membri di
RITMI37. Questo ultimo gruppo di dati permette
di comparare i dati di due anni (2007 e 2008)
relativi al portfolio degli istituti campione.
5.4.8 Prodotti e servizi: commissioni sui
prestiti
Poco meno del 70% degli istituti (20 su 29) non
applica commissioni sui prestiti, applicate
invece da circa un terzo del campione (9 su 29)
(GRAF. 7). Quattro istituti applicano
commissioni fisse all’esborso del prestito, un
istituto applica un costo varibile per coprire il
rischio del prestito (0,25% del totale) e un altro
applica una penale sui rimborsi in ritardo.
GRAF. 7: Commissioni sui prestiti
5.4.9 Performance
Il settore italiano di microcredito è caratterizzato
da un ampio numero di istituti e programmi di
dimensioni ridotte. Il sistema informativo di
gestione di questi programmi è speso piuttosto
scadente. Per questo motivo, è spesso difficile
raccogliere dati sufficienti per definire indicatori
quantitativi. La scarsa qualità dei dati è sintomo
5.4.9.1 Performance:
dimensione
del
portafoglio.
La performance del settore negli ultimi due anni
è stata particolarmente sostenuta. Secondo lo
studio realizzato da EMN38 il volume dei crediti
erogati in Italia nello stesso periodo è pari a
circa 11 milioni di euro con un incremento
rispetto al 2007 del 205,6%. I crediti erogati nel
2009 da parte delle IMF coinvolte nella ricerca
erano 1.909 quando nel 2007 erano 392.
Se consideriamo i dati riportati dal citato studio
realizzato da Microfinanza Srl e riferiti al 2007,
tra i 33 istituti che hanno preso parte alla survey,
solo 24 hanno fornito dati sulle dimensioni del
loro portafoglio. Nel 2007 l’ammontare totale
dei prestiti erogati ha raggiunto i 6,6 milioni di
euro (6.638.781 euro) per 923 prestiti, con una
dimensione media del prestito di 7.192 euro. Il
67% degli istituti (15 su 25) ha erogato meno di
20 prestiti in un anno. Questa cifra chiaramente
dimostra la frammentazione del settore italiano
del microcredito (GRAF.8). Il 21% delle
istituzioni (5 su 24) esborsa tra i 20 e i 100
prestiti all’anno, mentre solo 4 vanno al di sopra
37
Microfinanza srl, Opportunità di impresa ed
esclusione dal credito: Il caso italiano. Ricerca
condotta con il supporto della Fondazione Giordano
D’Amore, 2009
38
Bárbara Jayo; Anabel Gonzalez; Casey Conzett,
op.cit, EMN, 2010
77
del centinaio di prestiti annui. Queste cifre si
riferiscono al 2007, quando gli istituti che ora
stanno crescendo a un ritmo più sostenuto non
avevano ancora completamente iniziato le loro
operazioni.
GRAF. 9: Prestiti erogati nel 2007 e nel 2008
dai membri di RITMI
GRAF. 8: Numero di prestiti erogati
Gli istituti appartenenti a RITMI che hanno
fornito dati sia del 2007 che del 200839 hanno
mostrato una crescita sensibile sia in termini di
numero di prestiti sia in termini di portafoglio
(GRAF.9). Mentre il numero dei prestiti erogati
cresce solo del 5,5.% da 222 prestiti a 235,
l’ammontare di microcredito erogato da questi
istituti è cresciuto da circa 1 milione di euro a
1,4 milioni di euro.
39
Gli istituti sono: Fondazione Antiusura Santa
Maria del Soccorso - Genova, Fondazione Culturale
Banca Etica, Fondazione Don Mario Operti, Fondo
Essere, Mag2 Finance Milano, Mag Roma, Mag
Verona e Micro.Bo. PerMicro ha iniziato le sue
attività nel 2008, mentre MicroProgress nel 2009.
Perciò, i dati disponibili per quest’ultimo istituto non
sono presi in considerazione per questa analisi.
5.4.9.2 Performance: indicatori finanziari
I dati disponibili dall’analisi delle performance
finanziarie degli IMF italiani sono molto
limitati. Solo un esiguo numero di istituti ha
risposto a questa parte del questionario
predisposto da Microfinanza Srl, e pensiamo che
l’affidabilità delle informazioni fornite sia in
molti casi piuttosto limitata. Questo è dovuto a
differenti fattori:
-
La maggior parte degli istituti non ha
familiarità con i proncipali indicatori
normalmente usati in microfinanza e non ha
dimestichezza con il loro calcolo. Inoltre la
78
-
-
-
-
cultura del report e della trasparenza in
termini di risultati sembra ancora
parzialmente assente. Ciò perché gli enti
donatori spesso non richiedono report
completi sulla gestione e sulla performance.
In molti casi il sistema di reporting e
tracking del portafoglio non è adatto alla
generazione automatica dei dati necessari
per il calcolo degli indicatori.
Il modello operativo della maggior parte
degli IMF in Italia che affidano a partner
bancari l’erogazione e il recupero dei
crediti (servizi di sportello), rende più
difficile una raccolta puntuale dei dati sul
portafoglio.
Il modello operativo adottato che prevede
spesso sostanziose donazioni solitamente da
fondazioni o dal settore pubblico e
l’utilizzo di volontari soprattutto in fase di
pre-istruttoria e monitoraggio. Ciò impica
che se questo tipo di supporto esterno non è
correttamente calcolato e stimato, la
precisione degli indicatori di efficienza e
sostenibilità risulta essere fortemente
dubbia. Inoltre, alcuni indicatori standard
usati in microfinanza non si adattano
perfettamente alle caratteristiche operative
italiane e, più in generale, delle IMF
europee,
specialmente
dell’Europa
Occidentale.
Conseguentemente
gli
indicatori andrebbero adattati al contesto.
In fine il “benchmarking” e le “peer groups
analysis” sono ancora limitati nella
microfinanza dell’Europa Occidentale e il
forte impatto dei sussidi e del lavoro
volontario implica che gli indicatori hanno
un grado limitato di comparabilità il quale
riduce la significatività dei dati disponibili.
5.4.9.3 Performance: qualità del Portafoglio
Per le ragioni sopra menzionate i dati sulla
qualità del portafoglio sono disponibili solo per
7 IMF con un’ampia dispersione dei risultati
(GRAF.10). Il PAR3040 varia tra l’0,8% al 72%
con valore medio del 25% e una mediana del
12%. La differenza significativa dei programmi
che riportano questa informazione, la varietà del
targetì e i prodotti implicano che la
rappresentatività di questo indicatore possa
variare considerevolmente.
Per avere una visione più chiara della qualità del
portafoglio, abbiamo riportato anche i dati sulla
cancellazione dei crediti inesigibili e sul
portafoglio ristrutturato. Il portafoglio cancellato
oscilla tra lo 0% e il 28% con una media di 5.9%
ma una mediana di 1,3%. 9 IMF hanno riportato
quanto a lungo hanno atteso prima di
considerare un prestito come non esigibile: il
valore medio è di 15 mesi e oscilla tra i 3 mesi e
i 3 anni. Ciononostante l’esperienza suggerisce
che molti istituti non cancellino mai, in parte in
considerazione del recente avvio delle attività.
GRAF.10: Qualità del portafoglio
Le risposte sulla ristrutturazione del portafoglio
non sono molto significative. Quattro istituti non
hanno riportato nessun prestito rinegoziato,
mentre altri due hanno fornito una risposta che
40
Portafoglio a rischio: saldo dei crediti con una rata
in ritardo da più di 30 giorni.
79
riporta una quota tra il 3% e il 7%. La
registrazione di queste informazioni è assente in
molte IMF.
L’analisi congiunta di questi indicatori
suggerisce che la qualità media del portafoglio
delle istituzioni parte delle survey è ancora
scarsa con elevati livelli di rischio. Nonostante
ciò, date le dimensioni ridotte del campione, la
validità dell’analisi è debole.
5.4.9.4 Performance: altri indicatori.
I dati disponibili per altri indicatori non sono
sufficienti per condurre un’analisi con un
risultato rappresentativo. Per l’autosufficienza
operativa abbiamo ricevuto 3 risposte con dati
che variano tra il 180% e il 14%, con una media
del 98%. Altre domande hanno ricevuto ancora
meno risposte.
5.4.10 Il target
La maggior parte degli istituti ha uno specifico
target. Solo 6 istituti su 33 dicono di non avere
un target preciso, mentre 4 non hanno risposto
alla domanda (GRAF.11).
GRAF. 11: Popolazione target
5.4.10.1
Target: equilibrio di genere
Sebbene non ci siano dati specifici sulla
porzione di donne tra i clienti attivi dei
programmi di microcredito, più della metà degli
istituti che hanno un target di popolazione
definito (14 su 23) identifica specificamente
come target le donne. Inoltre uno dei programmi
ha come target esclusivamente questa
popolazione (Fondazione Risorsa Donna).
Alcuni dati sull’equilibrio di genere tra i clienti
attivi sono disponibili solo per gli istituti che
fanno parte di RITMI e per i casi studio. Per
esempio, la fondazione antiusura Santa Maria
del Soccorso di Genova sin dalla sua creazione
ha erogato 93 prestiti, di cui 46 a uomini e 47 a
donne. Circa lo stesso rapporto si applica ad altri
istituti: Micro.Bo (rapporto 1:1 nel 2007 e nel
2008). Fondazione Don Mario Operti (rapporto
1:1 ancora nel 2008) e PerMicro (il 48% dei
prestiti a donne nel 2008). Ciò che emerge dai
dati mostrati sopra è un’immagine equilibrata
che indica che gli istituti di micro finanza
promuovono attivamente l’uguaglianza di
genere.
5.4.10.2
etniche
Target: immigrati e minoranze
Anche per le minoranze etniche non c’è
un’attenzione specifica o una classificazione
specifica, eccetto che per una distinzione tra
italiani e non italiani. Perciò, mentre solo tre
istituti dichiarano come target specifico le
minoranze etniche, 14 su 23 hanno gli immigrati
come uno dei target privilegiati. La distribuzione
geografica degli istituti esplicitamente con target
gli immigrati non è omogenea in tutto il Paese,
dato che il 64% di queste (9 su 14) sono situate
nelle regioni a nord, 4 su 14 nel centro e soltanto
una nel sud e nelle Isole.
80
Per esempio, sin dalla fondazione nel 2001 della
fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso
di Genova ha erogato il 55% dei prestiti a
imprenditori immigrati. Tra i clienti di
Micro.Bo, il 60% nel 2007 e il 19% nel 2008
sono migranti. Ciononostante ci sono istituti che
si focalizzano particolarmente su attività
imprenditoriali di migranti. Uno di questi è
PerMicro, che ha erogato l’84,2% dei suoi
prestiti a migranti nel 2009. L’altro, che è il
secondo programma più grande nel Paese, ha
esborsato il 67,6% dei prestiti a imprenditori
migranti. I dati chiaramente mostrano un focus
specifico del target degli IMF verso la
popolazione migrante, che è spesso esclusa dai
tradizionali istituti finanziari, principalmente
perché mancano di una storia del credito.
5.4.10.3
Giovani e popolazione disabile
I giovani (tra i 18 e i 25 anni) sono un target
specifico solo per un terzo dei programmi (7 su
23), mentre le persone affette da disabilità sono
un target privilegiato dolo per due programmi
(Mag Verona e Micro.Bo).
Per esempio, Zopa, benché fosse un’istituzione
atipica, tra i suoi 734 clienti attivi nel Novembre
2008 aveva solo 35 persone di età tra i 18 e i 25
anni (il 4,8% del totale).
5.4.10.4
Target: le imprese
Lo studio di Microfinanza Srl fa emergere
chiaramente la tipologia di impresa verso cui i
servizi di microcredito sono diretti (GRAF.12).
Sebbene la definizione di microimpresa della
Commissione Europea comprenda tutte le
imprese con meno di 10 dipendenti, il target
privilegiato dalle istituzioni italiane è
rappresentato da imprese di dimensioni più
ridotte. Da un lato, solo 2 su 25 istituti eroga
prestiti a imprese con più di cinque dipendenti.
Dall’altro il 56% dei programmi fornisce prestiti
ad imprese con meno di cinque dipendenti.
Inoltre, il 44% di questi serve il settore
dell’economia informale, sicuramente non
trascurabile in Italia41. Inoltre, mentre 18 su 25
istituti concedono prestiti a imprese esistenti (da
più di 10 anni), 21 prendono in considerazione
progetti di start – up, mentre 9 in fase di studio
di fattibilità.
GRAF. 12: le attività finanziate
5.4.11 Investimento: fonti e strumenti
La scelta delle fonti di investimento rivela la
“filosofia” che ispira l’istituzione e ne influenza
le attività42. Se ad esempio l’IMF ha come
obiettivo la sostenibilità, si sforzerà di diventare
sempre più indipendente dai sussidi pubblici.
Allo stesso tempo, inizierà a cercare capitale di
rischio presso banche o attori privati, o prestiti
commerciali da istituti bancari. Nel febbraio
2009, in Italia soltanto due sono le istituzioni
che hanno ricevuto investimenti in capitale di
rischio (Microcredito di Solidarietà e PerMicro).
In altri casi l’investimento è erogato da attori
pubblici o fondazioni private solitamente in
41
Istat (22 settembre 2005) “La misura
dell’economia sommersa secondo le statistiche
ufficiali”.
42
Viganò, L. (ed. 2004) Microfinanza in Europa,
Milano: Giuffrè Editore, p.92
81
forma di sussidi (GRAF. 13). Data la forma
legale della maggior parte degli IMF (non
profit), l’investimento è solitamente erogato in
forma di fondo di garanzia che copre
completamente – solitamente in rapporto 1:1 – i
prestiti esborsati dalla banca partner. In molti
casi l’investimento è anche erogato da attori
pubblici e fondazioni per coprire le spese
operative degli istituti.
GRAF. 13: Fonti di Investimento
5.4.12 Marketing
Per pubblicizzare i loro programmi e
raggiungere più efficacemente il loro target, le
IMF adottano differenti strategie. La strategia
più comune è di contare su uno o più partner
locali che servono da tramite tra i clienti e
l’istituzione. Questi partner possono essere le
parrocchie o gli uffici comunali. Allo stesso
modo, un’ampia maggioranza di IMF (20 su 28,
il 71%)
conta
su reti comunitarie.
Cionondimeno, la strategia di marketing dei
programmi italiani di microcredito, utilizza
anche gli strumenti classici del marketing, come
i mass media (11 su 28, il 39%). Inoltre due
istituzioni dichiarano di farsi pubblicità anche
sul web (digital marketing).
5.4.13 Formazione e assistenza tecnica
I business development service (BDS), sono
considerati un’ importante supporto alle attività
del microcredito. Tra le IMF soggetto della
survey, solo 7 su 29 (il 24%) non fornisce
formazione o assistenza tecnica alla propria
clientela direttamente o indirettamente. Al
contrario, il 62% degli istituti (18 su 29) fornisce
questo tipo di servizi, entrambi obbligatori per
tutti i debitori nel 17% dei casi, per alcuni di
loro (17%), o su richiesta (28%).
Il consolidamento e l’estesione BDS sono
essenziali per lo sviluppo dei prodotti di
microcredito e per migliorare la qualità del
portafoglio degli istituti di microcredito.
L’erogazione di servizi integrati (finanziari e
non finanziari) deve essere realizzata in
relazione alla rete di attori locali e alle
dimensioni del programma di microfinanza.
Invece di una fornitura diretta da parte delle
IMF, i BDS potrebbero essere sviluppati nei
centri locali di auto impiego, presso le
associazioni professionali, negli incubatori di
impresa promossi dalla Commissione Europea,
ecc.
5.4.14 Altri servizi finanziari.
Solo poche IMF nel campione forniscono altri
servizi finanziari alla clientela. Secondo lo
studio, solo un’istituzione fornisce servizi
assicurativi e un’altra servizi di money transfer.
Cinque IMF forniscono consulenza sulla
gestione del passivo alle imprese beneficiarie o
servizi di educazione finanziaria alla clientela.
Comunque, il fornire altri servizi può costituire
una strategia importante di cross–selling, per
migliorare il livello dei ricavi e quindi la
sostenibilità dell’istituzione. Nel caso dei
migranti, che costituiscono una larga fascia della
clientela del settore, nei paesi sviluppati, come
in Italia, c’è l’opportunità di sviluppare specifici
82
prodotti finanziari che coprano l’intera catena
della migrazione. Per esempio, prodotti
finanziari potrebbero essere integrati con la
gestione e le rimesse. I migranti possono
beneficiare del microcredito in Italia, mentre le
loro famiglie potrebbero avere acceso al
microcredito nel paese d’origine facendo leva
finanziaria sull’ammontare delle rimesse
attraverso lo stesso canale. Ci sono ora alcuni
progetti pilota in Italia, ma non sono ancora del
tutto sviluppati 43.
5.5
Il quadro legale
È stato introdotto in data 13 agosto 2010 il
decreto legislativo n.14144 che modifica alcune
parti rilevanti del TUB del 1993. In particolare,
oltre a recepire la direttiva comunitaria
2008/48/CE relativa al credito al consumo e alle
disposizioni in materia di trasparenza, introduce
elementi importanti di revisione della disciplina
dei soggetti che operano nel settore finanziario
(intermediari finanziari, mediatori creditizi e
degli agenti in attività finanziaria).
Prendiamo in considerazione unicamente le
modifiche relative alla disciplina degli
intermediari finanziari non bancari.
Innanzitutto l’art. 106, nella sua nuova versione,
fa riferimento alla concessione di finanziamenti
sotto qualsiasi forma. Viene pertanto meno la
precedente distinzione tra assunzione di
partecipazioni, concessioni di finanziamenti e
43
Vedi anche Anderloni, L, Il mercato delle rimesse
e la microfinanza - Analisi della rete italiana,
Fondazione Giordano Dell’Amore e Fondazione
Guido Venosta, 2007.
44
Gazzetta Ufficiale N. 207 del 4 Settembre 2010
“Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai
contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche
del titolo VI del testo unico bancario (decreto
legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina
dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli
agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi.
(10G0170).
intermediazione in cambi. In aggiunta, gli
intermediari potranno svolgere servizi di
pagamento e prestare servizi di investimento – in
entrambi i casi se specificamente autorizzati – e
svolgere le funzioni strumentali e connesse.
Per ottenere l’autorizzazione, il “nuovo”
intermediario finanziario dovrà:
-
-
-
-
avere la forma di società di capitali;
avere sede legale e direzione generale nel
territorio italiano;
avere un capitale sociale versato non
inferiore a quello stabilito dalla Banca
d’Italia anche in relazione al tipo di
operatività;
presentare un programma in merito
all’attività iniziale e alla struttura
organizzativa;
possedere i requisiti di onorabilità e
professionalità;
verificare l’assenza di potenziali conflitti di
interesse che ostacolino l’esercizio delle
funzioni di vigilanza;
essere oggetto sociale esclusivo.
La novità più importante, anche ai fini del
presente studio, è rappresentata dal nuovo art.
111 che prevede, in deroga a quanto stabilito dal
nuovo art. 106, una specifica tipologia di
intermediari finanziari - iscritti in apposito
elenco e con proprio organo di controllo - in
grado di erogare finanziamenti descritti come
“servizi di microcredito”.
L’articolo 111 stabilisce la possibilità di
concedere finanziamenti a persone fisiche,
società di persone o società cooperative, per
l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro
autonomo o di microimpresa, a condizione che i
finanziamenti concessi abbiano le seguenti
caratteristiche:
-
ammontare non superiore a 25.000 euro;
mancanza di garanzie reali;
83
-
-
finalità legata all’avvio o allo sviluppo di
iniziative imprenditoriali o all’inserimento
nel mercato del lavoro;
microcredito
accompagnato
dalla
prestazione di servizi ausiliari di assistenza
e monitoraggio dei soggetti finanziati.
I finanziamenti potranno essere erogati – in via
non prevalente per l’intermediario – anche a
favore di soggetti in condizioni di particolare
vulnerabilità economica o sociale, purché tali
finanziamenti siano per un importo massimo di
10.000 euro, non siano assistiti da garanzie reali,
siano accompagnati dalla prestazione di servizi
ausiliari di bilancio familiare e abbiano lo scopo
di consentire l’inclusione sociale e finanziaria
del beneficiario.
Questi soggetti dovranno avere:
-
forma di società di capitali;
capitale sociale versato non inferiore a
quello stabilito dalla Banca d’Italia;
requisiti di onorabilità e professionalità
come sopra richiamato;
oggetto sociale esclusivo;
un programma di attività dedicato.
Di estremo interesse il ruolo che potrebbe essere
attribuito dalla nuova legislazione alle
associazioni non lucrative. Esse infatti potranno
concedere finanziamenti ai propri associati a
condizione che non siano assistiti da garanzie
reali, siano finalizzati a consentire l’inclusione
sociale e finanziaria del beneficiario e siano
prestati a condizioni più favorevoli di quelle
prevalenti sul mercato.
La nuova normativa prevede anche una
disciplina specifica per i cosiddetti Confidi.
presentate richiamano i dati elaborati
dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI).
Questi dati, che sono i soli disponibili al
momento, presentano molti indicatori qualitativi
(GRAF.14) (missione, tipologia di microcredito,
target, ecc.) di programmi di microcredito gestiti
da 12 istituti bancari45.
GRAF. 14: la Missione delle Banche
GRAF.15: tipologia di prestiti delle Banche
Su 12 banche che hanno preso parte allo studio,
7 conducono un programma specifico per il
microcredito all’impresa, e lo stesso numero
conducono uno specifico programma di
microcredito sociale (tre istituti hanno entrambi i
programmi). Inoltre, quattro banche forniscono
45
5.6
Una valutazione del settore e ruolo
potenziale delle banche
In riferimento ai programmi di microfinanza
gestiti dagli istituti bancari, le informazioni
Le banche che hanno preso parte alla survey sono:
Banca Carige, Banca del Piemonte, Banca Popolare
dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Milano,
Banca Popolare Pugliese, Intesa Sanpaolo, Monte dei
Paschi di Siena, Unicredito, Banca della Campania,
Gruppo Banco Popolare, CR Parma e Piacenza, CR
Volterra
84
prestiti d’onore, principalmente a studenti e a
laureati. Infine, una banca fornisce microcredito
anti usura, che si trova tra le due summenzionate
tipologie (GRAF.15). La sola banca che fornisce
questo tipo di microcredito (Banca della
Campania) è situata nel sud Italia, dove l’usura è
un fenomeno diffuso e dove si trovano la
maggior parte delle altre IMF antiusura .
Nel caso delle banche, come per le IMF, il target
privilegiato è rappresentato da migranti, famiglie
povere o lavoratori atipici (GRAF.16). La
maggioranza degli istituti vede in generale come
target preferenziale studenti e giovani, entrambi
per prestiti d’onore e microcredito sociale e
d’impresa.
stessa banca di svolgere un’azione di marketing
mirata e convincente.
GRAF. 17: Aspetti considerati critici
GRAF. 16: Clientela Target
L’analisi dei principali problemi incontrati dagli
istituti bancari, nella realizzazione del
programma di microcredito, rivela alcuni
elementi chiave (GRAF.17). Un terzo del
campione (4 su 12) ha indicato come difficoltà il
marketing dei propri programmi di microcredito.
È ben evidente la distanza tra istituti bancari e i
tipici clienti del microcredito (coloro che sono
esclusi dai tradizionali servizi finanziari). Le
ragioni di questo non sono solo finanziarie ma
anche culturali. Dato che la clientela tipica del
microcredito è costituita da migranti e persone
socialmente ai margini, per gli istituti bancari è
più difficile pubblicizzare i propri programmi di
microcredito verso questi segmenti della società
per diffidenza da parte di questi ultimi nei
confronti della banca o per incapacità della
Gli istituti bancari lamentano anche difficoltà
nella relazione con la complessa rete di attori
coinvolti nel microcredito (diocesi locali, uffici
pubblici di assistenza sociale) e con la gestione
dell’informazione all’interno della banca. Un
istituto ha dichiarato inoltre la mancanza di
educazione finanziaria da parte dei clienti,
elemento che influenza negativamente la
capacità di gestione del prestito del debitore.
Due istituti bancari considerano la mancanza di
garanzie reali da parte del debitore come
principale ostacolo per il microcredito, un fattore
che è a dir poco soprendente dal momento che la
mancanza di garanzie di questo tipo è una
caratteristica distintiva del cliente del
microcredito.
Come evidenziato nell’analisi, in prospettiva,
quella del marketing è probabilmente la chiave
che consentirà al mondo bancario di giocare un
ruolo primario nel mercato della microfinanza.
Lo studio delle caratteristiche specifiche socioculturali ed economiche del target e l’offerta
prodotti mirati, potranno consentire di
85
avvicinare al settore bancario fasce di
popolazione a rischio di esclusione finanziaria e
bancaria. Un bacino molto ampio di clientela
attualmente non completamente servito è quello
rappresentato dai migranti. La struttura della
popolazione straniera in Italia risulta complessa
e in piena evoluzione. Ciò suggerisce agli attori
bancari, chiamati a svolgere un ruolo di
inclusione in ambito economico e sociale, di
adottare una strategia basata sul riconoscimento
delle diversità culturali. A tale approccio deve
corrispondere un’offerta di prodotti e servizi che
considerino le specificità culturali di ogni etnia.
Il mercato deve quindi essere in grado di
interpretare i bisogni espressi e latenti
caratteristici delle diverse comunità, utilizzando
strumenti di comunicazione adatti. Si parla
sempre più diffusamente di ethnic marketing46
intendendo con esso l’analisi del mercato
attraverso l’adozione di criteri di segmentazione
del bacino potenziale d'utenza su base etnica.
Secondo questo tipo di analisi, il mercato interno
ad un Paese non è omogeneo, proprio perché una
parte sempre più ampia della popolazione è
costituita da comunità con elementi distintivi
propri. Le caratteristiche nelle quali un gruppo si
identifica o che il resto della popolazione
attribuisce ad esso può riguardare almeno uno
dei seguenti elementi47:
-
46
una lunga storia condivisa, la cui memoria è
mantenuta viva;
una tradizione culturale sociale e familiare
a volte basata su valori religiosi;
un’origine geografica comune;
una lingua comune (non necessariamente
limitata a quel gruppo);
Guilherme D. Pires; John Stanton, Ethnic
Marketing : accepting the challenge of cultural
diversity, Cengage Learning EMEA, 2005
47
House of Lords Report, Patterns of Prejudice,
1983 in Guilherme D. Pires; John Stanton, op. cit.
-
una letteratura comune orale o scritta;
una religione comune;
l’essere una minoranza (spesso oppressa);
una comunità numericamente cospicua.
Il marketing etnico si pone come obiettivo la
definizione di un’offerta di prodotti o servizi che
gli utenti, identificati su base etnica, considerano
migliori di quelli offerti alla maggior parte della
popolazione o ad altre comunità etniche. Esso
deve quindi porsi le seguenti domande:
-
-
-
I bisogni espressi da un gruppo etnico sono
diversi da quelli manifestati da altri gruppi
o dalla maggior parte della popolazione?
Le fonti d’informazione e i canali di
comunicazione di cui si avvale un gruppo
etnico, differiscono da quelli utilizzati da
altri gruppi o dalla maggior parte della
popolazione?
Se sì, è possibile, considerando queste
differenze, creare o migliorare dei prodotti
o servizi?
L'introduzione diffusa di tali criteri di
segmentazione del mercato, di individuazione
dei bisogni e di definizione di nuovi prodotti e
servizi mirati, consente di stabilire con i
residenti stranieri una relazione di tipo inclusivo.
Il nuovo modello di inclusione sociale ed
economica prospettato, non si basa più sul
modello del melting pot, volto a favorire
l'omogeneizzazione culturale dei residenti, ma
tende piuttosto a costruire una società che si
accosti all'idea del salad bowl nel quale ogni
ingrediente mantenga il suo sapore e
contribuisca con la sua unicità alla composizione
della pietanza48.
La segmentazione del mercato su base etnica
consente di fare emergere aspetti interessanti e
ancora scarsamente analizzati relativi alle
Nicolò Borracchini, Banche e Immigrati: credito,
finanza islamica e rimesse, Pacini Editore, 2007
48
86
comunità di migranti. Tra i comportamenti meno
evidenti ma di portata più rilevante, vanno senza
dubbio considerati quelli relativi all'utilizzo dei
servizi finanziari.
Il comportamento in ambito finanziario delle
comunità di migranti in Italia risulta essere del
tutto particolare rispetto a quello della
popolazione italiana. Esso si rivela in tutta la sua
complessità in considerazione della variegata
composizione etnica della presenza straniera nel
nostro Paese.
Esiste un chiaro legame tra ciclo di vita nel
processo migratorio individuale e utilizzo dei
servizi finanziari49. Il graduale radicamento nel
territorio sta portando ad una progressiva
modificazione nei comportamenti correlati
all’utilizzo di strumenti di credito, risparmio,
assicurativi e ai canali di invio delle rimesse.
Una volta giunto nel Paese di destinazione, in
una prima fase, il migrante utilizza buona parte
del reddito per assicurare a se stesso e alla
propria famiglia, rimasta nel paese d’origine,
una condizione stabile. Il migrante è concentrato
sulla
risoluzione
dei
problemi
legati
all’insediamento
nel
nuovo
Paese:
regolarizzazione, ricerca di una casa e di un
lavoro. I rapporti con le banche sono molto
limitati. L’invio delle rimesse avviene attraverso
canali che consentano di minimizzare i costi, a
scapito della sicurezza e del controllo sulle
somme inviate.
Dopo questa prima fase, in concomitanza con la
creazione e il consolidamento di nuova
condizione lavorativa, abitativa e familiare, il
cittadino straniero dimostra un progressivo
interesse verso strumenti finanziari via via più
raffinati quali: l’utilizzo di canali “formali” per
l’invio delle rimesse, l’apertura di un conto
corrente, l'accensione di un mutuo ipotecario per
l’acquisto dell’abitazione o di un prestito al
consumo, la sottoscrizione di prodotti di
risparmio e assicurativi.
L'evoluzione dei bisogni finanziari, in base agli
anni di presenza in Italia, ha portato quindi molti
migranti ad accostarsi con maggior fiducia al
sistema bancario.
Il processo di progressiva bancarizzazione dei
migranti, ossia di inclusione dei migranti nel
bacino d'utenza attiva del sistema finanziario, è
un fenomeno in pieno sviluppo.
Grazie soprattutto alla possibilità di accesso ad
un lavoro stabile e al ruolo attivo di inclusione
finanziaria giocato dal settore bancario italiano,
il 67% dei migranti residenti adulti possiede un
conto corrente bancario50. Il 54% dei migranti
“bancarizzati” ha attivato un credito presso una
banca, il 50% sotto forma di mutuo. Il grado di
fiducia nei confronti di prodotti di gestione del
risparmio evoluti è invece ancora basso, così
come quello nei confronti dei prodotti
assicurativi. Il 42% ha sottoscritto un prodotto
assicurativo ma il 60% di questi è costituito da
RC auto.
Ma l'ambito entro il quale le dinamiche in
campo finanziario assumono le caratteristiche di
un vero e proprio fenomeno di massa, è
rappresentato dal settore delle rimesse. Le
dimensioni dei flussi finanziari tra Italia e Paesi
d'origine sono imponenti. Secondo i dati
contenuti nel XIX Rapporto “ Immigrazione:
Dossier Statistico 2009” curato da Caritas e
Fondazione Migrantes51, nel 2008 le rimesse
trasferite dall'Italia ammontano a 6.381 milioni
di EURO, pari a 1.640 EURO per immigrato
regolarmente registrato nel nostro Paese. Esse
assorbono lo 0,41% del prodotto interno lordo.
49
50
José Luis Rhi-Sausi; Marco Zupi, Banche e nuovi
italiani. I comportamenti finanziari degli immigrati,
Bancaria Editrice, 2009
José Luis Rhi-Sausi; Marco Zupi, op. cit.
Caritas Italiana; Fondazione Migrantes; Caritas
Diocesana di Roma, op. cit.
51
87
Se si tiene conto dei trasferimenti di denaro
avvenuti tramite altri circuiti, diversi da quelli
bancari (amici, familiari, corrieri), non
facilmente quantificabili, si stima una
consistenza almeno doppia. Il volume dei flussi
è tendenzialmente crescente nel tempo. Si
calcola, infatti, che nel periodo 2000-2008 le
rimesse siano aumentate di oltre dieci volte52 e
quelle pro-capite di poco più di quattro volte53.
Il corridoio verso l'Asia assorbe il 46,9% del
volume totale, seguito da Europa (26%), Africa
(14,5%) e America Latina (12,5%)54.
52
Si consideri che la fonte dei dati è rappresentata
dalle segnalazioni di flusso che le banche residenti
inviano all'Ufficio Italiano Cambi. Tuttavia, una
quota sempre più consistente dei flussi viene gestita
dai cosiddetti Money Transfer Operators (MTO) tra i
quali in primis Western Union e MoneyGram. Il
servizio fornito consente di inviare e ricevere in
tempo reale e in modo sicuro piccole somme di
denaro in ogni parte del mondo utilizzando una fitta
rete di sportelli.
Tutte le transazioni degli MTO con l'estero
avvengono tramite il canale bancario. I principali
operatori del settore accentrano i bonifici, per il
tramite di banche residenti, su piazze finanziarie
estere, di norma non coincidenti con lo stato di
residenza dei beneficiari delle rimesse. Ciò ha
comportato una scarsa qualità nella disaggregazione
territoriale estera delle informazioni statistiche del
sistema bancario, non sempre in grado di identificare
lo stato di residenza del destinatario finale della
transazione.
L'Ufficio Italiano Cambi, al fine di rappresentare il
fenomeno "rimesse" in modo più aderente alla realtà,
solo a partire dai dati dell'anno 2004, integra le
informazioni bancarie con i dati raccolti presso gli
MTO.
L'adozione della nuova metodologia giustifica il salto
di serie riscontrabile nell'andamento storico dei dati.
Sull'argomento vedi anche: G. Giuseppe Ortolani,
Remittance Statistics in Italy. A short note on current
practice, UIC, 2006
53
Centro Studi Sintesi, Le rimesse in Italia, analisi e
mappatura dei flussi monetari in uscita dall'Italia,
2008
54
Caritas Italiana; Fondazione Migrantes; Caritas
Diocesana di Roma, op. cit.
Il paese di destinazione più importante è la Cina,
verso la quale nel 2008 sono partiti dall'Italia
1,541 miliardi di EURO. Le Filippine hanno
ricevuto dai concittadini residenti in Italia
922,56 milioni di EURO, seguita da Romania
(768,48 milioni di EURO), Marocco (333,02
milioni di EURO) e Senegal (262,78 milioni di
EURO). I dati evidenziano come anche in Italia i
migranti rappresentino un target potenziale
estremamente interessante. Le banche mostrano
un progressivo interesse per le comunità di
migranti. Sempre più spesso si parla di migrant
banking, riferendosi a servizi bancari ritagliati
sulle esigenze dei migranti in Italia e
caratterizzati da un marketing basato sul
“linguaggio dell’accoglienza”55. Accanto ai
servizi nel Paese di destinazione è tuttavia
importante definire nuovi schemi operativi che
rappresentino dei veri e propri ponti finanziari
con i paesi d’origine. Questi nuovi modelli
devono essere in grado di intercettare la
domanda dei migranti e delle loro comunità di
appartenenza sia in Italia che nei paesi d’origine.
Un secondo e promettente ambito d’intervento
delle banche nel settore della microfinanza è
costituito dai servizi volti alla riduzione del
fenomeno dell’esclusione bancaria, il cosiddetto
social banking. Con esso si intende l’offerta di
servizi bancari indirizzati a segmenti di clientela
a rischio di esclusione bancaria che trovano
difficoltà ad accedere anche ai servizi bancari
più elementari56. Il social banking rivolge i
propri servizi a persone prive di relazioni
bancarie, ossia che per non convenienza, non
sopportabilità economica, per incapacità di
comprendere le condizioni contrattuali o per
difficoltà relazionali con l’istituto bancario, non
dispongono di un conto corrente, strumento
55
Nicolò Borracchini, op. cit.
Luisa Anderloni in, Guida critica alla
responsabilità sociale e al governo d’impresa, a cura
di Lorenzo Sacconi, Bancaria Editrice, 2005, p. 719
56
88
indispensabile in molti ambiti della vita
economica e sociale. Tra questi soggetti citiamo
oltre ai migranti (in particolare i musulmani), i
rifugiati, gli anziani, i giovani, i disoccupati, i
lavoratori precari, le famiglie a basso reddito, le
famiglie monoparentali.
L’ABI è impegnata in iniziative rivolte
all’inclusione finanziaria. Il Consorzio Patti
Chiari, che ha avviato le attività nel 2003, ha lo
scopo si promuovere presso il pubblico
l’informazione e l’educazione in ambito
finanziario. Inoltre, contribuisce allo sviluppo
del “servizio bancario di base” volto alla
riduzione del fenomeno dell’esclusione bancaria,
attraverso l’accesso ad un conto corrente
semplificato e a bassi costi di gestione.
5.7
Buone pratiche. PerMicro SpA: il
microcredito commerciale alla prova
PerMicro SpA è la prima società italiana a
dimensione
nazionale
specializzata
in
microcredito (iscritta all’Albo degli intermediari
finanziari ex. Art. 106 TUB). Nata nel 2007 a
Torino, PerMicro si propone di fornire servizi di
credito a imprese e a famiglie considerate non
bancabili. Soci azionisti sono la società italiana
di venture capital sociale Oltre Venture, la
Fondazione Paideia, Ubi Banca e la Fondazione
Sviluppo e Crescita CRT. La dimensione
operativa adottata da PerMicro riprende standard
organizzativi e di processo consolidati a livello
internazionale, calandoli nella complessa realtà
italiana. Si tratta di un’esperienza assolutamente
innovativa per il settore della microfinanza in
Italia, nato e sviluppatosi in una dimensione
prevalentemente solidaristica e assistenziale che
pur efficace dal punto di vista sociale non ha
ancora consentito uno sviluppo esteso della
microfinanza nel nostro Paese. Il modello
proposto da PerMicro, per contro, si propone di
fare leva su alcuni elementi in grado di condurre
l’istituzione a un progressivo equilibrio tra
efficienza (sostenibilità economica e finanziaria)
ed efficacia (performance sociale). I principi
fondanti su cui si basa PerMicro sono:
-
-
-
-
-
Impiego di un team di professionisti:
l’utilizzo di personale retribuito e formato
consente di raggiungere standard qualitativi
superiori e una continuità nella relazione
con i clienti;
Approccio più vicino al mercato: la forma
giuridica di Società per azioni implica che
gli investitori, pur socialmente orientati (per
quanto riguarda sia le aspettative di
redditività che di rischio e di risultato
sociale) intendano almeno mantenere
costante il valore dell’investimento;
Sviluppo di metodi di credit scoring e
procedure standardizzate. Ciò consente di
ridurre i costi di lavorazione delle pratiche
di credito e, più in generale, di gestione del
portafoglio;
Assunzione diretta del rischio del credito.
Come visto in precedenza i programmi di
microfinanza tendono invece ad utilizzare
Fondi di Garanzia esterni. Nel caso di
PerMicro, accanto ad una garanzia di firma
da parte di un garante considerato solvibile,
il beneficiario deve portare una garanzia di
tipo morale da parte della rete sociale nella
quale è inserito (associazione, parrocchia,
ecc.);
Raggiungimento di volumi considerevoli di
portafoglio. La sostenibilità economica
dell’istituzione è legata al raggiungimento
del punto di pareggio, realizzabile solo in
presenza di un volume significativo di
ricavi derivanti dall’attività di impiego. Ciò
consente di servire un numero elevato di
persone e mantenere in equilibrio
economico l’istituzione;
89
-
-
Diffusione sul territorio nazionale. Il
programma di PerMicro non avrà una
dimensione locale ma, anche per ragioni di
sostenibilità, intende estendersi all’intero
territorio nazionale
Raggiungimento nel medio periodo
all’auto-sostenibilità
economica
e
indipendenza dalle donazioni.
Pur essendo difficile fare un bilancio
sull’esperienza PerMicro a distanza di solo tre
anni dalla sua creazione, è tuttavia possibile
osservare quali siano al momento i primi
riscontri dell’applicazione di tale modello nel
contesto italiano. PerMicro è oggi presente in
dieci Regioni italiane grazie ad una rete di 11
agenzie distribuite per il momento nel Nord e
Centro Italia. Nel 2009 l’IMF ha erogato 290
crediti (+67% rispetto al 2008), su un totale di
2.568 contatti effettuati (11%). Al 30/06/2010
PerMicro aveva erogato complessivamente 703
crediti su 4.526 contatti effettuati (15%). Il totale
dei crediti erogati è stato pari a 3,733 milioni di
euro. Di questi 1,34 milioni di euro sono stati
concessi alle microimprese e 2,39 milioni alle
famiglie. L’ammontare medio erogato per i
crediti alle imprese è di circa 7.600 euro; per le
famiglie 4.500 euro. Il 79% dei clienti sono
migranti, soprattutto impiegati nel piccolo
commercio (41% dei crediti erogati all’impresa)
e per la casa (41% dei crediti alle famiglie). Il
39% dei crediti rivolti all’impresa sono stati
utilizzati per l’avvio dell’attività.
In generale si osserva che i tempi di lavorazione
delle pratiche di credito sono migliorabili e
l’attività di monitoraggio richiesta impiega
ingenti risorse.
La sfida ancora aperta che PerMicro intende
affrontare resta quindi quella di offrire un
servizio competitivo e professionale, orientato
alla sostenibilità economica dell’istituzione pur
nel quadro di una stretta collaborazione con il
settore pubblico e la società civile.
5.8
Buone pratiche. Fondo
Microcredito
della
Regione
l’importanza della rete territoriale
per il
Lazio:
Con la legge regionale n. 10 del 18 Settembre
2006 la Regione Lazio (Assessorato al bilancio,
programmazione economica e finanziaria) ha
istituito il Fondo per il Microcredito e ne ha
assegnato la gestione operativa a Sviluppo Lazio
Spa, che a sua volta ha stipulato una
convenzione bancaria con la Banca di Credito
Cooperativo di Roma, Società Cooperativa.
Un comitato tecnico supervisiona l’intero
processo riguardante la gestione del fondo,
mentre il Centro Servizi (composto da
Microfinanza Srl e PerMicro SpA) effettua la
valutazione creditizia, conduce il monitoraggio e
il tutoraggio dei prestiti e si occupa della
formazione
degli
operatori
territoriali.
Selezionati tramite bando pubblico, gli operatori
territoriali sono enti pubblici o privati del settore
no profit, che già realizzano progetti di
intervento sociale ed economico. Coinvolgere
questo tipo di attori è in linea con una visione
democratica del microcredito, per un accesso al
credito anche a persone escluse dai tradizionali
circuiti finanziari e in condizioni di difficoltà: la
presenza sul territorio di “sensori territoriali”,
recettori e interpreti delle esigenze della
popolazione, permette lo sviluppo di prodotti e
programmi sostenibili e di impatto positivo. Gli
operatori territoriali (attualmente sono 27),
debitamente formati, conducono diversi colloqui
con i soggetti interessati fino a farne una
selezione in base ad una valutazione di
affidabilità (le domande sono poi trasmesse per
una valutazione di merito creditizio al Centro
Servizi), ma soprattutto curano i rapporti con i
90
beneficiari accompagnandoli dalla richiesta di
finanziamento sino alla restituzione del prestito.
Una diramazione così capillare e vicina ai
beneficiari permette la creazione di un sistema di
informazioni tale da migliorare concretamente la
qualità dei servizi e diminuire il rischio di
fallimento dei progetti finanziati.
L’organizzazione dei prestiti (legge regionale
n.27 28 dicembre 2007) si suddivide in tre assi
di intervento:
-
-
-
ASSE A: Microimprese, nella forma
giuridica di cooperative, società di persone
o ditte individuali, costituite e operanti, o in
avvio d’impresa, con il fine di contrastare
l’economia sommersa e di promuovere
l’occupazione, soprattutto tramite l’autoimpiego;
ASSE B: Credito d’emergenza, finalizzato
a
bisogni
primari
ed
essenziali
dell’individuo (salute, casa, ecc.);
ASSE C: Sostegno a persone sottoposte ad
esecuzione penale (intra o extra muraria, ex
detenuti da non più di 24 mesi), nonché
famigliari e non di detenuti. (Per questo
tipo di soggetti è previsto un operatore
territoriale di diritto, l’Ufficio per il Garante
per i diritti dei detenuti del Lazio).
Gli interventi a favore di persone giuridiche
prevedono crediti di importo minimo di 5.000 e
massimo di 20.000 euro, mentre i prestiti verso
persone fisiche vanno dai 1.000 ai 10.000 euro.
Entrambe le tipologie di prestito sono concesse
ad un tasso di interesse dell’1%, e in entrambi i
casi non sono previsti costi addizionali per i
beneficiari.
A fronte di questo, nei primi 6 mesi del 2010, il
maggior numero di richieste si inquadra
all’interno dell’Asse B (165 su 305 domande
totali selezionate), ma la maggior parte delle
“agevolazioni” concesse rientra nell’Asse A (80
su un totale di 156 domande ammesse, il 60%,
per un ammontare di circa 1.225.958 euro),
mentre nell’Asse B si registra un pressoché
uguale numero di richieste ammesse (72, il 44%,
che corrisponde a 357.624 euro erogati) e
respinte (74, il 45%). Nell’Asse C, risultano solo
7 richieste, di cui 4 ammesse (il 57%, per un
totale di 36 mila euro). In generale, dal suo
avvio e sino ad agosto 2010, il progetto ha
concesso 156 crediti per un totale di 1.619.583
euro.