5 - Il caso italiano - Associazione per lo Sviluppo degli Studi di
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5 - Il caso italiano - Associazione per lo Sviluppo degli Studi di
52 5. IL CASO ITALIANO 5.1 Il contesto e le caratteristiche della domanda Con riferimento al contesto italiano, la domanda per servizi di micro finanza espressa da due principali categorie di attori: - Individui o famiglie a basso e bassissimo reddito; Imprese di piccole e piccolissime dimensioni. risulta essere molto vasta ma ancora scarsamente soddisfatta. Mentre nei paesi economicamente poveri, il settore della microfinanza ha affinato strumenti in grado di raggiungere e spesso soddisfarei target, in contesti più complessi, quale quello italiano, il mercato non è stato sinora in grado di elaborare un’offerta altrettanto inclusiva. Le ragioni della distanza tra domanda e offerta nel settore della microfinanza nel nostro Paese, sono da ricercarsi principalmente nei seguenti fattori chiave: - - 3 Complessità e rigorosità della normativa italiana in materia di regolamentazione dell’attività creditizia, raccolta del risparmio ed erogazione di servizi assicurativi; Mancanza di metodologie adattate al contesto socio-economico italiano di valutazione del rischio di credito e di attenuazione, a costi sostenibili, delle asimmetrie informative3 tra ente erogatore dei servizi e beneficiario; Il razionamento del credito nei confronti delle famiglie e delle piccole e micro-imprese è imputabile in buona parte alle difficoltà per gli enti erogatori di acquisire di informazioni sufficienti e a buon mercato sui richiedenti il credito. La finanza tradizionale non è in grado attualmente di disporre di strumenti in grado di superare tale problema. Conseguentemente, - - Difficoltà da parte dei potenziali beneficiari ad attivare una rete sociale forte in grado di sostenere la richiesta di credito attraverso fideiussioni e garanzie morali4; Importo limitato del credito che non consente agli istituti erogatori di generare ricavi sufficienti a coprire i costi sostenuti per valutare la pratica di credito e per monitorare il cliente prestatario. Nei paragrafi che seguono analizzeremo i bisogni in ambito finanziario che emergono dalle due categorie individuate, stabilendo sia per individui e famiglie che per le imprese, le dimensioni del mercato e le caratteristiche del target sulle quali l’offerta dovrebbe fare leva per migliorare il livello d’accesso ai servizi. L’esclusione finanziaria è un tema che sta acquistando sempre più rilevanza nell’opinione pubblica, nella comunità scientifica, ma soprattutto nelle politiche dei principali attori istituzionali nazionali e sovranazionali. L’analisi delle relazioni tra credito e povertà e tra emarginazione sociale ed esclusione finanziaria porta a considerare la microfinanza in Italia – così come in Europa – fra gli strumenti di welfare più efficaci e utili. L’Italia si caratterizza (TAB. 1) per una presenza accentuata di livelli di povertà (assoluta e relativa), di disuguaglianza economica e di esclusione finanziaria. Tutti e tre questi indicatori sono rivelatori di un forte disagio sociale. Strumenti adeguati che favoriscano l’inclusione finanziaria potrebbero contribuire sensibilmente a migliorare il livello per coprire un rischio di credito difficilmente quantificabile, gli istituti di credito richiedono ai beneficiari di presentare garanzie reali che spesso non hanno. 4 La metodologia del group lending utilizzata in microfinanza in molti contesti extraeuropei – e analizzata nelle pagine precedenti - risulta inadatta alla clientela nel nostro Paese. 53 di inclusione sociale e di lotta alla povertà e alle sperequazioni. TAB. 1: Esclusione sociale e finanziaria in Italia Italia Famiglie rischio povertà Esclusione finanziaria Disuguagl. distributiva a di Indicatori e Fonti Entro il 20% superiore alla Linea standard (dati 7,9% ISTAT, La povertà in Italia 2009) I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2008 11% (Banca d’Italia 2009, Supplemento del bollettino statistico) Coefficiente di Gini: min 0 – max 100 (ISTAT, 31% Distribuzione del reddito delle famiglie italiane, 2009) Nel rapporto sulla fornitura dei servizi finanziari e la prevenzione dell’esclusione finanziaria, pubblicato nel 2008, la Commissione Europea sottolinea la profonda interazione tra l’esclusione sociale e quella finanziaria: “Se la prima quasi automaticamente conduce alla seconda, l’esclusione finanziaria fa parte di un processo che rinforza il rischio di far fronte all’esclusione sociale. Essere oggettivamente esclusi o sentirsi tali può avere origine o essere rinforzato dalla difficoltà di accesso o di utilizzo dei servizi finanziari”. Quattro sono le aree fondamentali di accesso finanziario identificate nel rapporto. La prima e più elementare forma di esclusione è la mancanza di accesso al sistema bancario nel suo complesso, in particolare per quanto riguarda le transazioni bancarie. Il mancato accesso a tale tipologia di prodotti è fortemente stigmatizzante. Inoltre, l’accesso al sistema finanziario formale di base costituisce la chiave d’ingresso ad altri servizi finanziari (es. credito) e riduce fortemente i rischi legati alla gestione del denaro contante (es. furto). La mancanza di accesso a un conto ove riporre i propri depositi costituisce la seconda forma di esclusione finanziaria. Le cause principali dell’esclusione da tale servizio sono la mancanza di documenti d’identificazione (es. nel caso di persone immigrate), il costo del servizio, la complessità delle procedure d’accesso, la mancanza di risparmio o di abitudine a risparmiare e la diffidenza nei confronti delle banche per ragioni culturali e sociali. La terza forma di esclusione, la più diffusa, è quella creditizia. Il rapporto della Commissione Europea prende in esame il credito fornito alle famiglie per l’accesso a beni e servizi essenziali (credito d’emergenza e al consumo). Il credito viene considerato “un importante strumento finanziario che permette l’accesso a beni o spese che eccedono il budget mensile (es. veicoli di vario tipo, casa, arredamento, ecc.)”. L’accesso al credito favorisce la mobilità, la formazione professionale e il miglioramento delle condizioni abitative, che contribuiscono positivamente alla salute e all’auto-stima. Tutto ciò eventualmente conduce all’innalzamento del reddito personale e a un più ampio accesso ai servizi pubblici. La mancanza di accesso al credito, sia in forma di prestiti, sia tramite il possesso di carte di credito o di autorizzazione allo scoperto bancario, è causa, oltre a una maggiore avversità al rischio, anche di ricorso a sistemi di credito alternativi (es. finanziarie) che possono portare al sovraindebitamento o a sistemi di credito informali (es. usura), che offrono condizioni fortemente svantaggiose, aggravando la posizione di chi già vive nella precarietà. La quarta e ultima area di esclusione finanziaria identificata nel rapporto è relativa al campo assicurativo. Mentre alcuni tipi di assicurazione sono obbligatori nei paesi UE (es. RCA auto), altri, come quella sanitaria o integrativa della 54 pensione, stanno assumendo una crescente importanza a causa dell’indebolimento del sistema di welfare europeo. La povertà relativa, definita come una carenza di risorse rispetto ad una situazione media o normale della popolazione di riferimento, viene misurata in Italia dall’ISTAT attraverso un’indagine campionaria sui consumi delle famiglie. L’Istituto centrale di statistica approssima lo standard di vita attraverso i consumi in quanto ritenuti un indicatore migliore del reddito, perché tengono conto, ad esempio, del possibile utilizzo di risparmi accumulati o dell’accesso al credito per acquisire beni in un anno di reddito più basso. Sono considerate povere quelle famiglie i cui consumi pro capite sono equivalenti a meno della metà del consumo medio pro capite nazionale. Nel 2009, la soglia di povertà per una famiglia di due componenti risultava pari a 983,01 euro mensili (-1,7% rispetto al valore della soglia del 2008), cioè 11.796,12 euro annui. Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a tale valore vengono quindi classificate come relativamente povere. Per famiglie di ampiezza diversa, il valore della linea si ottiene applicando una opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti. In Italia, le famiglie che nel 2009 si trovavano in condizioni di povertà relativa erano 2 milioni 657 mila e rappresentano l’10,8% delle famiglie residenti. Nel complesso erano 7 milioni 810 mila gli individui poveri, il 13,1% dell’intera popolazione. Particolarmente critica risulta essere la situazione di soggetti che non sono inseriti in una rete sociale e parentale forte: i cosiddetti single, siano essi giovani o anziani, sono ancor più esposti al rischio di povertà relativa. Per quanto riguarda l’esclusione finanziaria, oltre alle rilevazioni europee, un quadro di dettaglio può essere tratto dall’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia. L’indicatore di riferimento è il possesso o meno del più basilare tra i servizi finanziari, il conto corrente bancario o postale. Nel 2008, ultimo anno disponibile, l’89% delle famiglie italiane, che in tutto sono 22,8 milioni circa, possedeva un deposito bancario o postale. Di conseguenza ne era privo il 10% del totale, cioè circa 2 milioni 462 mila famiglie. Il dato risulta in calo rispetto alle rilevazioni precedenti: nel 2002 la percentuale di esclusi era del 14,1%, nel 2004 del 13,7%. L’indicatore mostra quindi un incremento del grado di bancarizzazione della popolazione, mentre la quota di esclusione finanziaria tende ad allinearsi al dato della povertà relativa, intorno all’11%. Questa tendenza porterebbe a concludere che la migliorata bancarizzazione non coincide con una riduzione dell’esclusione finanziaria e conseguentemente con una minore povertà relativa. Tenendo conto che, nell’indagine della Banca d’Italia, le caratteristiche individuali sono riferite al “capofamiglia”, cioè al maggior percettore di reddito all’interno del nucleo famigliare, la fotografia del grado di fiducia delle famiglie italiane rispetto all’utilizzo delle diverse forme di risparmio, è delineata in base a reddito, condizione professionale e area di residenza: • Fino al secondo quintile, nelle classi di reddito inferiori, i buoni fruttiferi postali sono lo strumento più diffuso dopo i depositi; oltre il terzo quintile, quindi per le famiglie a reddito medio – alto, titoli di 55 • • stato, obbligazioni e fondi comuni hanno un ruolo più significativo; Nelle famiglie il cui capofamiglia è operaio, analogamente i buoni fruttiferi postali sono lo strumento più usato dopo i depositi; le famiglie con capofamiglia pensionato si rivolgono principalmente (circa il 12%) ai titoli di stato, mentre i nuclei con capofamiglia impiegato (17%), dirigente (32%) o lavoratore autonomo (18%) optano prevalentemente per obbligazioni e fondi comuni. Le famiglie con capofamiglia imprenditore (11%) o dirigente (21%) investono più frequentemente in azioni; Tra le famiglie del Sud e delle Isole si registra una più contenuta diffusione dei depositi rispetto alla media nazionale (75% contro l’89 %), a fronte di una maggior detenzione di buoni fruttiferi postali. Anche il possesso di titoli di Stato, obbligazioni e fondi comuni è inferiore alla media nazionale. In particolare, azioni e altre partecipazioni sono quasi assenti. 5.1.1 Il caso degli immigrati In Italia, secondo il rapporto Caritas-Migrantes 2009, sono presenti circa 4,5 milioni di immigrati regolari, tra comunitari ed extracomunitari, il 7% della popolazione. La collettività più numerosa è diventata quella rumena, con oltre 796 mila presenze regolari, seguita dagli albanesi (441 mila) e dai marocchini (403 mila). Il flusso è in crescita: tra il 2005 e il 2007 ci sono state 1 milione e mezzo di domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte di aziende e famiglie italiane. Tra i dati da ricordare, l’aumento degli imprenditori immigrati: si contano 187.4665 titolari d’impresa 5 Nota metodologica su dati CARITAS/MIGRANTES: la principale fonte di dati è l‘archivio Infocamere dell’Unione di Camere di Commercio, che però presenta una fondamentale (il 90% concentrata nell’Italia centro settentrionale). Come tra la popolazione italiana in generale, anche tra gli immigrati in questi anni è cresciuta la bancarizzazione. Secondo il più recente rapporto ABI-CESPI6, i migranti dei paesi non OCSE con conto corrente sono passati da 1.058.000 nel 2005 a 1.410.000 nel 2007, con un tasso di crescita su base annua del 15%, superiore a quello della popolazione migrante nel suo insieme che è stato del 10%. Di conseguenza il 67% degli immigrati extra OCSE adulti ha un conto in banca contro il 60% di due anni prima. Secondo una recente ricerca realizzata dall’ONG COSPE e finanziata dalla Regione Toscana, che ha coinvolto un campione di 674 migranti in tre regioni (Toscana, Emilia Romagna e Puglia)7, un’alta percentuale di intervistati (40% con punta del 47% in Puglia) ha dichiarato di non avere un conto corrente perché non dispone di denaro sufficiente e il 18% perché sostiene di non avere bisogno della banca. Generalmente gli intervistati non bancarizzati tengono i propri risparmi a casa (29%) oppure li inviano al Paese d’origine (25%). La ricerca tuttavia rileva una domanda potenziale di servizi finanziari. Quasi il 30% dei migranti non bancarizzati trova svantaggiosa la propria situazione e ritiene che difficoltà di interpretazione dovuta al fatto che i dati raccolti sono basati sui soggetti nati all’estero individuati in base al codice fiscale. CARITAS/MIGRANTES esclude i nati all’estero di cittadinanza italiana, sia gli immigrati che sono diventati cittadini italiani; per questo si tratta di un’informazione che perfeziona, non sostituisce quella fornita da Infocamere (250 mila circa titolari di impresa registrati al 2009. 6 Rhi-Sausi, José Luis; Zupi, Marco, Banche e nuovi italiani. I comportamenti finanziari degli immigrati, Bancaria Editrice, 2009 7 Elena Volpi (A cura di), Buone pratiche di banche e istituti di credito per l’integrazione di migranti e rifugiati, COSPE, 2009 56 la mancanza di un conto comporti, ad esempio, problemi di sicurezza e difficoltà nella riscossione degli assegni. Il cliente immigrato utilizza prevalentemente i servizi finanziari di base, mentre ha, in genere, scarsa conoscenza dei prodotti di gestione del risparmio in particolare di quelli più evoluti. Più della metà ha attivato un finanziamento presso una banca: in primo luogo carte di credito, prestiti personali e mutui. A proposito dei mutui per l’abitazione, tra gli immigrati solo il 10% è proprietario della casa in cui abita, ma gli acquisti, dopo una rapida crescita nel 2007 (secondo la Caritas ne sono stati effettuati 120 mila), nel 2008 hanno conosciuto un’inversione di tendenza con un calo del 23,7% rispetto all’anno precedente. Nell’attuale congiuntura, la disponibilità economica delle famiglie immigrate si è sensibilmente ridotta, e l’aumento del costo del denaro ha reso più difficoltoso l’accesso ai mutui. Appare ancora relativamente bassa, ma in crescita, l’incidenza del credito al consumo mentre sono sotto-utilizzati i prodotti assicurativi: il 42% è titolare di un prodotto assicurativo, ma di questi ben il 60% è costituito da RC auto. Secondo la citata ricerca del COSPE8, il 26% degli intervistati ha richiesto un credito e di questi l’89% l’ha ottenuto. Rispetto al credito d’impresa, nella stessa ricerca, su 56 imprenditori intervistati, 23 non hanno chiesto prestiti alle banche ma hanno utilizzato propri risparmi o sono ricorsi all’appoggio finanziario da parte di amici o parenti. In molti casi i migranti imprenditori ritengono che sia molto difficile ottenere un credito da una banca, in particolare nel caso di imprese non consolidate o in assenza di garanzie immobiliari. In alcuni casi i migranti, consci del fatto che le banche non finanziano l’avviamento d’impresa, chiedono prestiti personali che poi vengono utilizzati per la creazione di attività imprenditoriali e ciò nonostante le condizioni siano più gravose, il termine più breve e l’importo ridotto. Questo rivela indirettamente un problema di razionamento del credito che distorce la domanda e genera problemi successivi nella capacità di rimborso e nel profilo di rischio della popolazione migrante. Secondo ABI-CESPI, gli immigrati presentano un’elevata propensione al risparmio. Il 70% dei migranti occupati riesce a risparmiare in previsione di spese future. Il 38% risparmia più di 200 euro mensili. La banca è il principale depositario del risparmio accumulato. Non è però il principale canale attraverso cui parte del risparmio, le rimesse, viene inviato nel paese d’origine. Le rimesse hanno superato nel 2009 i 6,7 miliardi di euro (pari allo 0,44% del reddito), a cui vanno aggiunti almeno altri 2 miliardi, secondo le stime più accreditate, inviati attraverso canali informali. I dati del 2009 dimostrano che nonostante uno straordinario aumento registrato nel corso dell’ultimo decennio (+1.047,5% tra il 2000 e il 2009), le rimesse sono rimaste piuttosto stabili nell’ultimo anno, con un incremento solo del 5,8%. Probabilmente un maggior riscontro della crisi si evidenzierà nei dati 2010. Nel complesso, il 52% degli invii avviene attraverso le agenzie di money transfer, il 23% attraverso il sistema bancario e il restante 25% con sistemi informali (23,3% in Toscana secondo le stime del COSPE9). Per quanto riguarda l’utilizzo a destinazione, il 26% va a spese di consumo, il 17% a spese sanitarie, il 14% a spese per l’educazione. Ai progetti imprenditoriali è destinato l’8% delle rimesse. Il flusso di risparmio proveniente dai migranti è una delle 8 9 Elena Volpi (A cura di), op. cit., 2009 Elena Volpi (A cura di), op. cit., 2009 57 principali entrate della bilancia dei pagamenti di molti paesi poveri e contribuisce all’attenuazione degli squilibri economici del paese di provenienza. Tuttora, questo flusso non è adeguatamente valorizzato come risorsa per moltiplicare gli impieghi e gli investimenti nel paese di provenienza. Attualmente una larga parte delle risorse finanziarie trasferite nei Paesi d’origine è impiegata per i consumi delle famiglie e solo una porzione residuale delle rimesse viene indirizzata al risparmio e all'investimento in ambito imprenditoriale o comunitario. La prevalenza delle rimesse per i consumi deriva principalmente da una scarsa propensione delle famiglie destinatarie a rivolgersi a istituzioni finanziarie formali (banche o istituzioni di microfinanza) e ad utilizzare strumenti di risparmio per la pianificazione dell'economia famigliare. Una diversa valorizzazione delle rimesse può essere realizzata attraverso l’utilizzo di parte dei fondi inviati periodicamente dai migranti residenti in Italia, come risorsa da accumulare sotto forma di risparmio, depositato presso istituzioni finanziarie di tipo inclusivo (Istituzioni di Microfinanza o Cooperative di Risparmio e Credito) e come fonte di investimento per la realizzazione di iniziative imprenditoriali. Questo scopo può essere raggiunto attraverso la creazione di apposite piattaforme finanziarie transnazionali che forniscano ai migranti la possibilità di accedere a servizi di trasferimento del denaro collegati a servizi di risparmio e credito nel Paese d’origine grazie all’implementazione di un modello cash to account. Secondo questo schema i migranti avranno la possibilità di attivare nel Paese d’origine diversi servizi di gestione della liquidità e del risparmio. Le rimesse inviate potranno essere infatti depositate in un conto di deposito a vista o a termine (remunerato). La possibilità di disporre di servizi di risparmio nel paese di destinazione delle rimesse produce indubbi vantaggi rispetto agli strumenti di trasferimento tradizionali, sia per il migrante che per le famiglie d'origine. Il risparmio accumulato potrà essere utilizzato: • • • • • per la realizzazione di progetti d'impresa del migrante o dei beneficiari nel Paese di provenienza; come fonte di auto-finanziamento di spese relative alla casa e altre voci di costo straordinarie della famiglia; come risorsa di riserva per affrontare spese improvvise: malattie, medicinali, funerali, ecc.; come garanzia per l'accesso al credito da parte del migrante in fase di rientro o dei beneficiari; come storico dei flussi finanziari del migrante, utilizzabile dall’istituzione finanziaria locale per verificare la capacità potenziale di rimborso in caso di erogazione di un credito a favore di un beneficiario designato dal migrante stesso. Il risparmio a termine, derivante dai flussi di rimesse dall'Italia, rappresenta inoltre per l’istituzione finanziaria nel Paese d’origine una importante fonte finanziaria di lungo periodo attraverso la quale poter aumentare la porzione di crediti verso la clientela a medio/lungo periodo, utili per finanziare investimenti in capitale fisso delle micro e PMI locali. Il livello crescente di bancarizzazione degli immigrati non si traduce però necessariamente in accesso al credito. Accede a prestiti, metà mutui e metà prestiti personali, solamente il 23% dei migranti bancarizzati. Tra gli immigrati imprenditori, gli investimenti, in media di dimensioni tra i 10 e i 20 mila euro, sono finanziati in oltre il 70% dei casi da risorse proprie, a cui, nel 16% dei casi, si affianca il 58 supporto da parte di amici e parenti e solo nel 15% dei casi il credito bancario. Il 40% degli immigrati imprenditori ha chiesto un prestito in banca: in questo caso la dimensione media supera i 30 mila euro. Due terzi di essi hanno ottenuto un finanziamento, un terzo no. Per confronto, un’indagine riferita allo start-up di impresa (in generale, a prescindere dalla nazionalità del titolare) indica che le percentuali di domande di credito respinte dalle banche si collocano in media tra il 14 e il 21% delle richieste10. 5.1.2 Inclusione e nuovo indebitamento Il maggior accesso ai servizi finanziari in Italia si è accompagnato ad una crescita dell’indebitamento delle famiglie e delle imprese, sia pur non agli stessi ritmi degli Stati Uniti. L’indice sintetico di inclusione finanziaria si attesta al 0,60, mentre l’indice di accessibilità al credito allo 0,4111. L’accelerazione dell’erogazione del credito12 da parte del sistema bancario è stata particolarmente accentuata attorno alla metà degli anni 2000. Nei primi anni del decennio, la crescita si attestava sul 5-6% annuo. Nel 2005 balza all’8% e nel 2006 all’11%, per poi collocarsi vicino al 10% nel 2007. Questo a fronte di un Prodotto Interno 10 Francesco Chelli, Alberto Zazzaro, I finanziamenti bancari allo start-up d’impresa: l’esperienza e il ruolo dei direttori di filiale, in Alberto Zazzaro (a cura di), I vincoli finanziari alla crescita delle imprese, Carocci, 2008 11 Chiara Provasoli; Angela Tanno; Gianna Zappi (a cura di), Banche e inclusione finanziaria. Accesso al credito, micro finanza e strategie operative, ed. Banca Editrice 2009. L’indice di accessibilità al credito è dato dal numero di sportelli per abitante. L’indice sintetico d’inclusione finanziaria è invece stato costruito considerando tre indici dimensionali: l’indice di accesso, di utilizzo e rischiosità del credito. 12 Indice di utilizzo del credito bancario 0,50, ABI 2009. Lordo che non cresceva più del 2%. Nel 2008 la crescita degli impieghi bancari si è dimezzata al 4,5%. Per quanto riguarda le famiglie (TAB. 2), tra il 2002 e il 2008 i mutui per la casa sono cresciuti del 132%, passando da quasi 100 a 232 miliardi di euro. La dinamica è stata a due cifre fino al 2006, ma con un ritmo decrescente: dal +26% del 2003 al +13% del 2006. Nel 2007 l’aumento si è attestato poco sotto il 9%, mentre nel 2008 è sceso al 2,4%. Il credito al consumo è aumentato, sempre dal 2002 al 2008, del 121%, balzando da 46 a quasi 102 miliardi di euro. Anche in questo caso la crescita è stata elevata verso metà decennio, con un picco del +21,6% nel 2004, ma è rimasta a due cifre (+14,3%) anche nel 2007, rallentando vistosamente al 4,1% nel 2008. TAB. 2: Le principali componenti del debito delle famiglie (valori in mld.Euro e tassi di variaz.percentuali) 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Credito al Mutui per consumo, Variazio abitazione Variazio comprese in mld. di ne annua ne annua carte di euro credito 100,0 + 18,4% 46,1 126,4 + 26,4% 50,1 + 8,6% 154,6 + 22,3% 60,9 + 21,6% 183,8 + 18,9% 72,7 + 19,2% 208,3 + 13,3% 85,6 + 17,8% 226,4 + 8,7% 97,8 + 14,3% 231,9 + 2,4% 101,8 + 4,1% Fonte: Banca d’Italia (vari anni) ed elaborazioni Microfinanza Srl È indebitato il 26,1% delle famiglie italiane, per un valore medio del debito pari a 10.486 euro, il 33% del reddito.. Il 12,8% risulta indebitato per l’acquisto di beni di consumo, l’11,6% per l’acquisto di immobili e il 3,8% per attività di 59 lavoro indipendente. La quota più elevata, pari al 39,1%, si trova nella fascia di età da 41 a 50 anni, con un debito per famiglia superiore ai 17 mila euro. Ma la quota maggiore di debito sul reddito si raggiunge nella fascia di età 31-40 anni con il 51,3% (le famiglie indebitate sono il 36,2%). Gli indebitati sono nettamente di più tra i lavoratori autonomi, 44,4% del totale con 35.747 euro di valore medio pari al 73,4% del reddito, che tra i dipendenti, 33,6% del totale con 11.041 euro di debito medio pari al 32,6% del reddito. Il debito è più diffuso tra le famiglie numerose: il 39,2% delle famiglie con 4 componenti e il 38,2% di quelle con 5 o più componenti, con un indebitamento che sfiora il 50% del reddito (49,5% per 4 componenti, 46,2% per 5 o più). Sono relativamente più indebitate le famiglie delle fasce di ricchezza superiori e quelle che vivono nelle grandi città. Restano meno indebitate – il 22,3% del totale con il 22,2% di quota del debito sul reddito – le famiglie del Mezzogiorno d’Italia. Il boom del credito al consumo è stata la principale novità degli ultimi anni in Italia. Nel 2002 il 60% delle erogazioni facevano capo alle banche e il 40% alle società finanziarie. Nel 2008 il rapporto è arrivato quasi alla parità: 51% banche, 49% finanziarie. Va ricordato, tuttavia, che delle 79 associate ad Assofin, l’associazione del credito al consumo e immobiliare, 25 sono banche, specializzate o generaliste, e altre 25 società finanziarie che fanno capo agli istituti di credito. Il credito al consumo è appannaggio del sistema bancario per quasi due terzi. Sul versante delle aziende, abbiamo preso in considerazione le “famiglie produttrici”, cioè le imprese individuali e familiari fino a 5 addetti. I dati sulle famiglie produttrici costituiscono un indicatore dell’atteggiamento delle banche verso le microimprese. I crediti a questa categoria sono passati dai 65,6 miliardi di euro del 2002 agli 90,9 miliardi del 2009, una crescita del 38,5% in sette anni. Aumenti più accentuati si segnalano nel 2003 (+8,7%) e nel 2006 (+7,6%). Nel 2007 la crescita scende al 4,7%, nel 2008 si registra una diminuzione della consistenza dei finanziamenti di oltre mezzo miliardo di euro, pari allo 0,6% in meno e nel 2009 l’aumento è del 2,02%. 5.1.3 Le conseguenze della crisi La crisi esplosa nell’estate 2007 con lo scoppio della bolla dei mutui USA subprime ha colpito anche in Italia famiglie e imprese sia sul versante dei costi che sul versante dell’accesso al credito. Sul versante dei costi hanno pesato la stretta sulla liquidità e la rapida crescita dei tassi di interesse sul mercato interbancario (Euribor), che si sono riflessi in particolare sui finanziamenti delle banche alla clientela stipulati a tasso variabile. Questo effetto, anche a seguito dell’immissione di liquidità sui mercati da parte di governi e banche centrali, si sta oggi esaurendo ma ha assestato un duro colpo ai bilanci 2008 e 2009 di famiglie e imprese. L’altra conseguenza della crisi, la stretta sull’erogazione del credito, permane tuttora. Il tasso medio effettivo sui mutui per acquisto abitazione delle famiglie è salito in Italia di oltre due punti percentuali tra il 2006 e il 200813. Al 31 dicembre 2005, per mutui fino a 125 mila euro, era pari al 3,60%. Dodici mesi dopo era cresciuto al 4,65%, al dicembre 2007 al 5,76% e al dicembre 2008 si è attestato al 5,73%, dopo aver toccato il 6% a settembre. In termini di interessi, commissioni e spese, le famiglie italiane hanno pagato nel 2006 circa 5 miliardi e mezzo di euro. Nel 2008 la cifra sfiora gli 8 miliardi, con un aumento in due anni del 46%. Considerando però l’incremento del volume dei 13 Banca d’Italia (vari anni), cit. 60 mutui nello stesso periodo, pari all’11%, l’effettivo aumento dovuto alla crescita dei tassi è stato del 35%, pari a 1,9 miliardi in due anni. Le famiglie con un mutuo a tasso variabile sono circa 3,2 milioni. L’incremento nel costo di acquisto della casa è connesso all’aumento nel 2008 dei pignoramenti immobiliari. Le associazioni dei consumatori hanno stimato una crescita annua del 22%14. Per quanto riguarda le imprese, i tassi di interesse sulle operazioni a scadenza (mutui, leasing) sono passati, tra la fine del 2005 e la fine del 2008, dal 3,70% al 6,12%, quelli sulle operazioni auto-liquidanti (sconto portafoglio) dal 4,76% al 6,48%, quelli sulle operazioni a revoca (fidi in conto corrente) dall’8,12% all8,99%. Complessivamente per le imprese l’aggravio sui conti dipendente dal solo aumento dei tassi, dedotto l’incremento dei crediti, è stato tra il 2006 e il 2008 di 11 miliardi e mezzo di euro circa, pari al 40%. Ma l’effetto più duraturo della crisi è la riduzione dei finanziamenti, soprattutto alle piccole e micro imprese (TAB. 3). Nel 2008 i crediti alle famiglie produttrici sono calati dello 0,6%, passando da 89,6 a 89,1 miliardi. Un indicatore del razionamento del credito è il rapporto tra credito utilizzato e credito accordato (TAB. 4). Tra fine 2005 e fine 2008 il rapporto cresce di due punti, dall’83,9% all’85,9%. La tensione sui fidi è segnalata anche dagli sconfinamenti, aumentati nello stesso periodo al 2,3% del credito accordato. Il rapporto tra utilizzato e accordato per le microimprese si attestava nei primi anni Duemila attorno all’80%. 14 Elio Lannutti (Adusbef), Rosario Trefiletti (Federconsumatori) (2008), Banche: si consolida boom pignoramenti immobiliari, comunicato stampa, 25 ottobre. TAB. 3: Il credito alle microimprese /valori in mld.Euro e tassi di variaz. percentuali) 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Consistenze crediti Variazione in Mld. di euro annua 65,6 + 6,7% 71,3 + 8,7% 76,1 + 6,7% 79,6 + 4,6% 85,6 + 7,6% 89,6 + 4,7% 89,1 - 0,6% 90,8 + 1,9% Fonte: Banca d’Italia (vari anni), ed elaborazioni Microfinanza Srl TAB. 4: Rapporto tra credito utilizzato e accordato per le famiglie produttrici 31/12/2009 85,23% 31/12/2008 85,89% 31/12/2007 85,12% 31/12/2006 84,49% 31/12/2005 83,86% 5.1.4 Bisogni finanziari e di servizi di supporto, delle imprese escluse in Italia In media, per le imprese, un terzo dei crediti sono affidamenti in conto corrente. Nel caso delle famiglie produttrici, il dato a fine 2008, unico disponibile, indica una quota di fidi in conto corrente pari al 25%. I mutui sono il 71% del totale, con una buona fetta (il 35%) di mutui per la casa, in imprese dove il patrimonio familiare e quello aziendale si confondono. I prestiti personali sono l’1,5% del totale, quota nettamente superiore alla media delle imprese (0,3%). Nel mondo delle microimprese e dell'autoimpiego, particolarmente ampio in Italia rispetto agli altri paesi Ocse, gli imprenditori donne 61 rappresentano il 25% del totale dei titolari. Come abbiamo visto, l'accesso ai fidi bancari è un'importante fonte di credito per le necessità di cassa di queste imprese. Ma sui fidi le microimprese con titolare donna pagano un tasso di interesse più alto rispetto a quelle con titolare uomo: in media lo 0,3% in più. Secondo uno studio condotto da Alberto Alesina e da due ricercatori della Banca d’Italia (basato sull’esame degli accessi al fido di 150 mila microimprese tra il 2004 e il 2006), il differenziale non è giustificato da un maggior rischio di fallimento e non è spiegato da differenze territoriali o da specificità settoriali. Inoltre la differenza nei tassi scende se c'è un garante uomo e sale se il garante è donna. L’ipotesi è che potrebbe trattarsi di una vera e propria forma di discriminazione basata sul convincimento, radicato ma errato, della maggiore inaffidabilità delle donne. 5.1.5 Il razionamento del credito A mettere in difficoltà le microimprese sono le condizioni per ottenere il prestito, decisamente peggiorate come emerge dalla rilevazione di febbraio 2009 dell’Osservatorio sull’imprenditoria giovanile di Confartigianato: nei tre mesi precedenti il 38,7% dei giovani imprenditori ha riscontrato maggiori difficoltà nei rapporti con le banche. Tra esse, richieste ingiustificate di rientro anticipato degli affidamenti, aumento dello spread sui tassi di interesse, richieste di maggiori garanzie, allungamento dei tempi delle procedure burocratiche15. Il rallentamento della crescita e la vera e propria diminuzione dei prestiti ai piccoli operatori economici deprime la propensione a investire 15 Giorgio Guerrini (Confartigianato) (2009), La crisi del credito costa alle imprese 12,5 miliardi l’anno, comunicato stampa, 9 febbraio. delle microimprese. Nel 2009 la quota di piccoli operatori che ha effettuato investimenti è scesa al 26,6%, rispetto al 28,7% del 2008 e al 35,4% del 2007.16 Trova così conferma la tesi sostenuta nell’ultimo rapporto “Global Economic Prospects 2009” della Banca Mondiale, secondo cui il principale meccanismo del rallentamento dell’economia sia nei Paesi ad alto reddito che in quelli in via di sviluppo passa per la caduta del tasso di investimento17. Gli investimenti “reali” sono stati spiazzati da quelli finanziari. 5.1.6 Il mercato dell’usura In Italia il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è sensibilmente aumentato: nel 2008 sono stimati in circa 180.000 rispetto ai 150.000 del 200718. Poiché ciascuno s’indebita con più usurai, le posizioni debitorie sono valutate in oltre 500.000, per un giro d’affari complessivo di 35 miliardi di euro. Di essi, 12,6 miliardi sono denaro movimentato dalle mafie, per almeno 50.000 posizioni debitorie. Gli interessi sono stabilizzati oltre il 10% mensile. Il costo complessivo per le vittime è di 15 miliardi di euro. Un terzo dei commercianti coinvolti si concentra in Campania, Lazio e Sicilia. È la Calabria, però, a presentare il più alto rapporto attivi/coinvolti. La Campania detiene il record degli importi protestati (736 milioni di euro) seguita dalla Lombardia e dal Lazio. Il Lazio è invece in testa 16 Crif Decision Solutions-Nomisma (2008), Osservatorio sulla finanza per i piccoli operatori economici, quattordicesima edizione, Roma, 26 novembre. 17 World Bank (2009), Global Economic Prospects. Commodities at the Crossroads, Washington, DC: The International Bank for Reconstruction and Development / The World Bank. 18 Sos Impresa-Confesercenti (2008), Le mani della criminalità sulle imprese, undicesimo rapporto, Roma. 62 alla classifica per numero dei protesti. Lo stesso Lazio (5,34%), la Campania (4,46%) e la Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto numero di protesti in rapporto alla popolazione residente. Alle aziende commerciali coinvolte vanno aggiunti altri piccoli imprenditori, artigiani in primo luogo, ma anche dipendenti pubblici, operai, pensionati, portando a oltre 600.000 le posizioni debitorie basate su patti usurari. Sono invece 15.000 le persone immigrate che si stima siano vittime o comunque coinvolte in attività tra il parabancario e l’usura vera e propria. 5.1.7 Educazione finanziaria Nella definizione che ne fa l’OCSE “l’educazione finanziaria è il processo attraverso il quale i consumatori/investitori finanziari migliorano la propria comprensione di prodotti e nozioni finanziarie e, attraverso l’informazione, l’istruzione e un supporto oggettivo, sviluppano la capacità e la fiducia necessarie per diventare maggiormente consapevoli dei rischi e delle opportunità finanziarie, per effettuare scelte informate, comprendere a chi chiedere supporto e mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il loro benessere finanziario”19. Si evincono quindi tre elementi caratterizzanti dell’educazione finanziaria: - Informazione per accrescere consapevolezza, Istruzione per acquisire capacità, Supporto attivo e consulenza di carattere generale, che se uniti portano alla formazione di una cultura finanziaria, necessaria data la complessità dell’attuale mercato finanziario. La sofisticazione delle attese e dei bisogni della 19 OECD, Improving financial literacy: analysis of issues and policies, 2005. clientela ha portato ad una diversificazione anche dei prodotti e servizi sempre più complessi e variegati, la cui corretta gestione può risultare ostica anche a chi possiede già un’educazione finanziaria di base. Promuovere un nuovo livello di educazione finanziaria non ha come fine soltanto la tutela dei consumatori, come si evince dalla definizione OCSE, ma soprattutto offre la possibilità di crescita del mercato e del Paese di riferimento: una maggiore partecipazione ai mercati finanziari porterebbe ad un incremento del volume delle attività finanziarie investite, che secondo una ricerca di Ambrosetti se fosse solo dell’ordine dell’1% equivarrebbe a 32,7 miliardi di euro sul Pil nazionale italiano. Una sfumatura importante della cultura finanziaria è la “responsabilizzazione” economico–finanziaria nei confronti dei risparmiatori, cioè una maturazione di un sentimento di fiducia nella propria capacità di affrontare tematiche finanziarie. Permettere agli attuali “non bancarizzati” di entrare nei circuiti finanziari accrescendo la loro consapevolezza e le loro stesse competenze in materia, può far sì che emergano dal contesto di esclusione sociale tutte quelle fasce di popolazione che fronteggiano l’inadeguatezza di fronte alle nuove tecnologie, rendendoli così in grado di agire in modo attivo e consapevole nel contesto economico e culturale (esempio: accrediti tramite domiciliazione bancaria). L’educazione finanziaria risulta quindi essere una strategia win-win sia per i consumatori che per gli operatori finanziari. 5.1.8 Servizi di accompagnamento tecnico e tutoraggio L’esperienza europea nel settore della microfinanza indica come consolidata l’opinione secondo la quale in contesti economici strutturati 63 e avanzati quali quello a cui l’Italia appartiene, i servizi di credito a favore della microimpresa debbano essere necessariamente affiancati a forme più o meno intense di accompagnamento tecnico, i cosiddetti Business Development Services (BDS). Il credito non risulta essere infatti uno strumento sufficiente ad assicurare lo sviluppo della microimpresa. Parimenti importante, per affrontare un mercato altamente competitivo e complesso, sono i servizi di assistenza tecnica, in particolare a favore di soggetti che per la prima volta intendono intraprendere un’iniziativa economica autonoma. Di conseguenza, la gran parte delle istituzioni che offrono servizi di credito in tale settore, tendono a fornire direttamente o indirettamente servizi di: - - - Consulenza sulla normativa vigente in materia tributaria o sulle procedure la registrazione dell’attività; Formazione e accompagnamento tecnico in fase di elaborazione del business plan e piano finanziario; Formazione in materia contabile, analisi di bilancio e controllo di gestione; Formazione sulla gestione finanziaria d’impresa; Marketing. A livello europeo, l’84% dei beneficiari ha accesso ai BDS20. Il 57% delle microfinanziarie europee offre direttamente servizi di credito ai propri clienti unitamente ai BDS; il 27% offre BDS attraverso strutture convenzionate e solo il 19% non offre alcun tipo di servizio. Per il 20% delle istituzioni, i BDS sono considerati sempre obbligatori per l’accesso al credito. L’offerta di servizi accessori al credito, rappresenta una 20 Bárbara Jayo; Anabel Gonzalez; Casey Conzett, Overwiev of the microcredit sector in the European Union, EMN, 2010 scelta strategica particolarmente importante, e potremmo dire imprescindibile, per il buon esito dei programmi di microfinanza in contesti complessi quali quello europeo. Il livello di specializzazione necessario per l’avvio e lo sviluppo di un’impresa con le caratteristiche e le dimensioni tipiche del mercato europeo è infatti molto elevato e richiede competenze specifiche di tipo gestionale, economico e finanziario. Nel caso italiano (GRAF.1), i programmi di accompagnamento tecnico sono considerati obbligatori per l’accesso al credito dal 24% dei fornitori di servizi di microcredito21, sono forniti attraverso strutture esterne nel 19% dei casi e nel 24% dei casi non è propedeutico all’accesso al credito. GRAF.1: Accesso ai BDS nel mercato del microcredito in Italia Richiesto solo in alcuni casi 14,3% Fornito attraverso strutture esterne 19,0% Offerto solo su richiesta dei clienti 19,0% Non richiesto per l'accesso al credito 23,8% Obbligatorio per tutti i prestatari 23,8% 0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% Fonte: CEB, 2010 5.2 Stima della domanda nel settore della microfinanza Sulla base della situazione esistente e dei dati disponibili (TAB. 5), presentiamo una stima dell’ordine di grandezza del mercato potenziale della microfinanza in Italia entro i prossimi cinque anni (TAB. 6). La stima tiene conto, ovviamente, della crisi e dei suoi effetti. In primo luogo riepiloghiamo l’offerta attuale di credito alle famiglie e alle microimprese. 21 Fabrizio Botti; Marcella Corsi, A social performance analysis of italian microfinance, Centre Emile Bernheim, 2010 64 TAB. 5: L’offerta di credito a famiglie e microimprese in Italia (valori in mld. Euro al 31/03/2010) Banche Finanziarie Famiglie: mutui casa Famiglie: credito al consumo di cui: immigrati: mutui casa immigrati: credito al consumo Usura/In Totale formale 252 252 54 56 110 25 25 8 8 … 16 Famiglie escluse 0 0 … … Microimprese: fidi, mutui e altre forme di credito 91 16 40 147 TOTALE 397 72 40 509 Fonte: Banca d’Italia, Base informativa pubblica on line I settori della clientela considerati sono le “famiglie consumatrici” e, come approssimazione alle microimprese, le “famiglie produttrici”, cioè le imprese individuali e familiari fino a 5 addetti. TAB. 6: La domanda di microfinanza in Italia nei prossimi cinque anni: previsioni (mld.Euro) Banche Microfinanza Totale Famiglie 16 2 18 di cui: immigrati 11 1 12 Microimprese 24 3 27 TOTALE 40 5 45 Per quanto riguarda gli immigrati, l’ABI stima che il 10% dei 3,5 milioni di mutui per abitazione in essere a livello nazionale faccia capo a migranti. Tuttavia, secondo Scenari Immobiliari, la crisi ha portato nel 2009 ad una contrazione del 24% degli acquisti di case da parte di lavoratori immigrati. Sul versante del credito al consumo, una rilevazione di Experian, società di informazione commerciale, riferita ai primi otto mesi del 2008 stima che le domande di credito al consumo, credito personale e carte revolving provenienti da immigrati siano salite al 15,4% del totale, contro il 12,1% rilevato nello stesso periodo del 2007 (Experian (2008), Credito agli stranieri: Experian rileva un aumento delle richieste, www.experian.it, 20 novembre)22. La stima sulla distribuzione, sostanzialmente equilibrata, della domanda tra banche e finanziarie (società, peraltro, che spesso fanno capo alle banche stesse) si basa su un dato riportato dal Censis che indica che, tra i canali di finanziamento, gli immigrati ricorrono alle banche per prestiti personali nel 38% dei casi e alle finanziarie per prestiti personali e credito al consumo nel 30%. La stima di Sos Impresa-Confesercenti23 sull’estensione dei prestiti usurai, che nel 2008 era pari a 35 miliardi di euro, nel 2010, soprattutto a causa degli effetti della crisi è salita a 40 miliardi di euro. La stima si riferisce al settore del commercio (200 mila commercianti colpiti), mentre non ci sono stime attendibili di quanto la finanza informale e l’usura coinvolgano le famiglie, di italiani o di immigrati. 22 Lo schema di decreto legislativo, approvato il 30 luglio 2010 dal Consiglio dei Ministri, e che recepisce la direttiva 2008/48/Ce sul credito al consumo cambia sostanzialmente le condizioni di utilizzo di questi strumenti creditizi rendendoli molto ristrette. Ciò significa che è da attendersi un sostanziale cambiamento tra domanda e offerta di credito nell’ambito del credito al consumo. 23 Sos Impresa-Confesercenti, Le mani della criminalità sulle imprese, dodicesimo rapporto, Roma 2010 65 La stima dell’ordine di grandezza di una sorta di «manovra» creditizia anti-esclusione e anti-crisi si basa sui seguenti elementi: - - - - tendenza verso il dimezzamento, nell’arco di cinque anni, del numero di famiglie escluse dal credito, soprattutto dai mutui casa. Secondo l’ultima rilevazione della Banca d’Italia (Banca d’Italia (2010), “I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2008”, Supplementi al Bollettino Statistico, a. XX, n, 8, 10 febbraio), le famiglie che non possiedono alcuna attività finanziaria, neanche un conto corrente bancario o postale, sono pari all’11% del totale. Prendiamo questo come indicatore di esclusione finanziaria. Si è stimato quindi che l’obiettivo sia l’accesso al credito del 5% delle famiglie, pari quindi al 5% del totale attuale mutui e crediti al consumo alle famiglie, cioè circa 18 miliardi di euro; parziale riconversione dei finanziamenti al consumo insostenibili delle famiglie. Una parte della cifra precedente dovrebbe essere dedicata al riassetto dei debiti delle famiglie; incremento del 30% dell’accesso al credito per le famiglie immigrate. Si tratta di circa 12 miliardi di euro di nuovi crediti e mutui; riapertura del credito alle microimprese, prestiti per la liquidità e riassetto dei finanziamenti dal breve al medio-lungo termine in modo da allentare il razionamento del credito di questi ultimi anni. L’indicatore della tensione creditizia è il rapporto credito utilizzato/credito accordato. Sempre da dati Banca d’Italia, il rapporto per le “famiglie produttrici” è salito, nel caso dei crediti da banche, dall’83% del 2005 all’86% del marzo 2010. Nel caso dei prestiti da finanziarie, il balzo è ancora più accentuato, passando dall’80% - - del 2005 al 95% del marzo 2010. Per riportare il rapporto attorno all’80-82%, i livelli di prima della crisi, servono complessivamente 7 miliardi di euro, di cui 3 da “spostare” dalle finanziarie, troppo onerose, alle banche; tendenza verso il dimezzamento, nell’arco di cinque anni, del numero di microimprese vittime dell’usura. Ciò significa garantire crediti «sani» per circa 20 miliardi di euro; il totale di nuovi crediti alle microimprese sarebbe quindi pari a 27 miliardi di euro. L’ipotesi è che circa il 90% di questa manovra sia assunta dalle banche, mentre l’obiettivo strategico della microfinanza dovrebbe essere coprirne il 10%. La manovra sarebbe condotta in collaborazione con consorzi di garanzia fidi, enti locali e reti sociali. La manovra per combattere l’esclusione sociale e finanziaria in Italia e sostenere famiglie e microimprese nell’uscita dalla crisi è stimata, dunque, attorno ai 45 miliardi di euro, di cui 18 miliardi per le famiglie e 27 miliardi per le microimprese. Si tratta del 3% del totale degli impieghi bancari, che ammontano a circa 1.500 miliardi di euro. Questa stima non dà che un ordine di grandezza e costituisce un punto di partenza nell’individuazione della domanda potenziale reale, ossia effettivamente servibile dal settore della microfinanza in Italia, in considerazione della sua struttura e dei limiti economici, organizzativi e giuridici con i quali deve confrontarsi. Si tratta inoltre di una stima molto probabilmente sovradimensionata. La microfinanza ha infatti dimostrato in molti casi di non essere in grado di raggiungere un’ampia fascia di microimprese a causa dei limiti strutturali del contesto economico e normativo italiano e per un’ancora insufficiente innovazione nei prodotti finanziari offerti. Nello 66 studio citato del Centre Emile Bernheim sulla performance sociale delle IMF in Italia, fatta eccezione per il programma della Caritas Diocesana Vicentina e per il progetto SMOAT, nessuna delle IMF che hanno partecipato all’indagine ha superato i 38 crediti erogati nell’arco di 12 mesi24. Le cause di un risultato così esiguo vanno ricercate da un lato nell’ancora scarsa maturità e ridotta scala del settore25, dall’altro nei seguenti fattori comuni a molte micro realtà imprenditoriali italiane: 1) 2) 3) 4) 24 Scarsa trasparenza gestionale. I microimprenditori spesso non dispongono di bilanci in grado di restituire la reale situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’attività. Spesso parte dei ricavi non viene contabilizzata per ragioni fiscali; La gestione d’impresa è strettamente legata all’economia familiare ed è quindi difficile isolare la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa da quella personale o familiare del richiedente; Scarsa capacità di pianificazione dello sviluppo d’impresa. In particolare per le imprese in fase di avviamento, mancano le conoscenze idonee a trasferire e sintetizzare in maniera razionale e chiara l’idea d’impresa in un business plan; L’imprenditore non dispone di garanzie reali sufficienti e contemporaneamente non è inserito in una rete sociale o economica che lo possa sostenere in fase di richiesta del credito. Si pensi in particolare all’ampia fascia di popolazione “non-bancabile” rappresentata dai migranti. Fabrizio Botti; Marcella Corsi, op. cit, 2010 In Italia non esistono esperienze consolidate a livello nazionale come nel caso francese lo è l’ADIE (www.adie.org). 25 Oggi la microfinanza in Italia è di fronte a una duplice sfida: la dimensione e l’innovazione. Per quanto riguarda la dimensione, abbiamo visto che il mercato potenziale della microfinanza non bancaria in Italia potrebbe aggirarsi, nei prossimi cinque anni, intorno ai 5 miliardi di euro. Attualmente i programmi e le istituzioni di microcredito coprono, nella valutazione più ottimistica, poco più del 5% di questa cifra, più realisticamente meno dell’1%. La crescita in termini di clienti e portafoglio è la strada che porta alla sostenibilità. D’altra parte questa crescita ha bisogno di innovazione, attraverso la sostituzione e il rinnovamento dei prodotti finanziari esistenti e nuove sperimentazioni (es. la gestione delle rimesse e la fornitura di servizi di microfinanza agli immigrati sia nel paese d’origine sia in quello di destinazione), la riduzione dei costi di welfare con nuovi e più efficienti rapporti con gli enti pubblici e il mutamento della natura dell’indebitamento delle famiglie, anche attraverso iniziative di educazione finanziaria. L’obiettivo è portare l’indebitamento a diventare, da onere, opportunità responsabile. 5.3 Il ruolo del sistema finanziario formale Il settore della microfinanza in Italia è costituito da un significativo numero di attori, molto diversi tra loro per natura, dimensione, obiettivi e approccio operativo. Una categorizzazione dell’offerta italiana può essere effettuata definendo alcune macro-categorie identificate in base ai diversi status giuridici: le banche, le reti di Confidi, le istituzioni finanziarie nonbancarie, le istituzioni pubbliche, le istituzioni di microfinanza e gli altri enti. 67 5.3.1 Le banche Gli istituti bancari sono attivi nel settore del microcredito sia direttamente che indirettamente. Rispetto al primo caso è utile stabilire alcuni distinguo. Attenendosi alla definizione di microcredito data dalla Commissione Europea, ogni prestito sotto i 25 mila euro, concesso dalla banca in occasione della sua attività corrente, potrebbe essere classificato come microcredito. Tuttavia, per le caratteristiche proprie di tali prodotti è difficile parlare di microcredito, quanto piuttosto di “piccolo credito”, in quanto non sempre rivolto ad un target caratteristico della microfinanza identificabile con i “nonbancabili”. In secondo luogo, le banche sono spesso direttamente attive nella concessione di microcrediti attraverso specifici programmi, gestiti in proprio o in collaborazione con enti esterni. Sono tuttavia pochi i programmi che rientrano nel primo caso, solitamente prestiti d’onore, ossia crediti a condizioni favorevoli concessi a categorie limitate di persone, ad esempio studenti. E’ il caso di “Intesa Bridge”, programma lanciato da Intesa San Paolo, grazie al quale gli studenti di 30 università italiane possono avere accesso ad un credito fino a 5 mila euro per anno accademico (per un massimo di tre anni). I crediti in questo caso non devono essere accompagnati da alcuna garanzia, hanno un tasso d’interesse agevolato e possono contemplare un periodo di grazia. Il secondo tipo di programma vede la partecipazione di enti pubblici, religiosi o istituzioni private. In questo caso, le banche partecipano gestendo il fondo di garanzia, l’erogazione del credito e offrendo servizi di front office. Accanto alle banche commerciali, spesso sono coinvolte in questo tipo di programma anche le Banche di Credito Cooperativo (BCC). Secondo le informazioni a disposizione di Federcasse (BCC), nel 2009 in Italia c’erano circa 25 programmi di questo tipo26. Le BCC sono spesso incluse come partner finanziario all’interno di programmi si microcredito sociale. Ad esempio, la BCC di Gorizia ha creato un fondo di garanzia con la Caritas locale, che consente di erogare crediti fino a 1.500 euro a tassi agevolati. Ai beneficiari del credito, la BCC concede la possibilità di accedere ad un conto corrente senza spese per un anno. Le BCC della provincia di Pistoia hanno avviato, in collaborazione con la Fondazione Un Raggio di Luce, le Caritas locali, la Misericordia di Pistoia, la Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia e la sua Fondazione, il programma “Sistema Provinciale Pistoiese di microcredito”, che consente l’accesso a crediti sociali (da 1.000 a 7.000 euro) e prestiti rivolti a organizzazioni impegnate in ambito sociale e imprese a conduzione femminile(da 5.000 a 15.000 euro). Alcune BCC collaborano direttamente con microfinanziarie come nel caso di Emilbanca con Micro.Bo e la BCC di Roma con Sviluppo Lazio. In altri casi, le banche intervengono indirettamente nel settore del microcredito. Ciò avviene attraverso la capitalizzazione di microfinanziarie già attive sul mercato (ad esempio UBI Banca nei confronti di Permicro), o grazie alla partecipazione nel capitale sociale per l’avvio di muove IMF (è il caso di Monte dei Paschi di Siena verso il programma Microcredito di Solidarietà). Tuttavia, nel contesto italiano, fatta eccezione per i due citati casi, è difficile stabilire se vi siano altre microfinanziarie in grado di ricevere investimenti in capitale di rischio da parte del settore bancario. Da un lato infatti PerMicro e Microcredito di Solidarietà sono le uniche IMF in Italia, fatta eccezione per le MAG, 26 Intervista a Chiara Piva della Comunicazione di Federcasse (BCC). Divisione 68 regolamentate come intermediari finanziari (ex TUB 106) e che quindi possono ricevere investimenti in capitale da parte degli istituti bancari. Dall’altro, ci sono ancora poche realtà che contemplino tra gli obiettivi prioritari di medio/lungo periodo la sostenibilità e la crescita. Le banche potrebbero inoltre intervenire nel settore del microcredito concedendo prestiti alle IMF, tuttavia in base alle informazioni a nostra disposizione ciò non è ancora avvenuto. Il modello di microcrediti adottato dalla larga maggioranza di istituzioni bancarie attive nel settore, si sviluppa in tre fasi. In un primo momento la banca firma un accordo con l’IMF (associazione, fondazione o diocesi) che promuove il servizio, seleziona i clienti e solitamente elabora il dossier di credito. In una seconda fase, una terza parte (ad esempio una fondazione o un’istituzione pubblica) fornisce il fondo di garanzia necessario a coprire il rischio sui crediti erogati nell’ambito del programma. La garanzia solitamente copre il 100% dell’ammontare erogato. La terza fase consiste nella valutazione da parte della banca dei clienti proposti (in considerazione della presenza del fondo di garanzia, solitamente la procedura d’istruttoria è molto snella e in alcuni casi automatica) e successivamente nell’erogazione dei crediti attraverso l’utilizzo di risorse finanziarie proprie. Più di recente le banche hanno dimostrato un maggiore interesse nei confronti della microfinanza, soprattutto grazie all’intensa attività di sensibilizzazione operata dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI). Tuttavia, fino ad ora in tale ambito non è stata elaborata alcuna strategia globale da parte del settore bancario. Inoltre, la spinta ad aderire o promuove programmi di microfinanza da parte delle banche deriva da ragioni di Corporate Social Responsibility più che dalla volontà di penetrazione in un nuovo mercato. E’ vero comunque che in molte banche italiane, i programmi di microfinanza non sono più gestiti dalla Divisione che si occupa di CSR, ma sempre più spesso da altri organi (retail, o marketing)27. 5.3.2 Le reti di Confidi I Confidi sono enti non profit che offrono servizi di garanzia ai loro membri per la concessione di crediti presso gli istituti bancari. In Italia sono presenti più di mille Confidi (TAB. 7), di cui 830 attivi registrati presso la Banca d’Italia sotto l’articolo 106 del TUB28. Si tratta quasi sempre di società cooperative o consorzi. A causa della frammentazione del settore, è difficile acquisire dati precisi rispetto ai volumi garantiti attraverso la rete. Una stima delle garanzie erogate dalla rete di Confidi nel 2003 è di circa 6,2 milioni di euro29. All’interno di tale stima non è possibile isolare il dato riferibile ai microcrediti concessi. TAB. 7: Confidi per Regione Confidi Regione Nord Centro Sud e Isole Totale n. 365 208 466 1.048 % 34,9 20 45,1 100 Fonte: Sabetta (2008) I membri azionisti dei Confidi sono quasi esclusivamente PMI. I Confidi operano a livello 27 Chiara Provasoli; Angela Tanno; Gianna Zappi (a cura di), op. cit., ed. Banca Editrice 2009. Nel 2005 circa 1/3 delle banche gestivano i programmi di microfinanza attraverso la Divisione CSR, mentre nel 2008 ciò accadeva solo nel 3,6% dei casi. 28 Giovanni Busetta; Andrea Presbitero, Mutual Loan-Guarantee Societies, Small Firms and Banks: An Empirical Investigation, Munich Personal RePEc Archive, MPRA Paper No. 7832, Marzo 2008 29 Commissione Europea (2006) Guarantees and Mutual Guarantees, p. 17. 69 locale e in settori economici specifici (industria, commercio, artigianato ecc.). La loro attività si sviluppa principalmente in tre aree30: 1. 2. 3. Erogazione di garanzie totali o parziali ai membri; Negoziazione con le banche delle condizioni di credito (tasso d’interesse, durata, ecc.) verso i membri; Attività di screening e accompagnamento a favore dei membri, allo scopo di facilitare le fasi preliminari all’accesso al credito e mantenere il più possibile basso il tasso di insolvenza attraverso il monitoraggio. Lo scopo del sistema dei Confidi è di ridurre le asimmetrie informative tra PMI e banche. Il punto di forza di tale modello è di non essere basato sulle risorse messe a disposizione dal settore pubblico, ma nascono direttamente dall’iniziativa del tessuto imprenditoriale locale31. Nonostante i Confidi si rivolgano prevalentemente a PMI, non mancano gli esempi di servizi offerti alle microimprese. E’ il caso di Confidi Roma Gafiart, istituito da Confartigianato. Gafiart concede credito alla microimpresa a livello regionale attraverso un fondo pubblico dedicato. Inoltre, in alcune regioni italiane, le attività dei Confidi collaborano con le istituzioni di microfinanza per l’erogazione di servizi di credito a favore della microimpresa. 5.3.3 Credito al consumo Le istituzioni finanziarie non bancarie, specializzate in prodotti di credito al consumo e leasing, stanno costantemente aumentando la propria quota di mercato. Gli intermediari 30 Arianna Sabetta, Le Prospettive dei Confidi Meridionali, manoscritto, 2008, p.58. 31 Commissione Europea, Guarantees and Mutual Guarantees, Best Reports, No 3 – 2006. finanziari in Italia detengono in veste di erogatori la maggior parte dei crediti con taglio inferiore ai 25 mila euro. Tuttavia come nel caso delle banche, questi crediti non possono essere assimilati in senso stretto al microcredito. Essi differiscono dal microcredito perché non sono accompagnati da servizi di tutoraggio ed educazione finanziaria al cliente, sono rivolti essenzialmente a soggetti titolari di un contratto di lavoro subordinato e sono quasi sempre finalizzati all’acquisto di beni di consumo. Tuttavia accade spesso che i microimprenditori, direttamente o tramite parenti, beneficino di questi crediti per lo sviluppo della loro attività economica. Nonostante quella dell’intermediario finanziario sia una categoria legittimamente considerata responsabile del sovra-indebitamento di ampie fasce di popolazione, va tuttavia ricordato che la loro forma legale (ex art. 106 del TUB), è quella più adatta alle IMF nel contesto legislativo italiano. Si consideri infatti che tale modello oltre a rendere l’istituzione auto-sufficiente per quanto riguarda l’operatività (tali istituzioni non dipendono dalle banche per l’erogazione del credito), è particolarmente flessibile grazie ad una gestione più leggera dell’attività creditizia rispetto a quanto richiesto alle banche: ciò implica che le procedure di richiesta del credito così come i tempi di erogazione siano particolarmente contenuti. 5.3.4 Gli altri attori Il modello di prestito online può essere considerato uno strumento alternativo al micro prestito, come l’esperienza di Zopa ha recentemente dimostrato, nonostante attualmente il progetto sia sospeso. Dal 10 luglio 2009 la Banca d'Italia, ha cancellato Zopa dall'elenco degli intermediari finanziari ex art. 106. La Banca d’Italia ha contestato a Zopa di aver fatto 70 raccolta di risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito. Nonostante questa battuta d’arresto, il modello del social lending è di particolare interesse per i possibili sviluppi nell’ambito della microfinanza. Zopa Italia, un franchise di Zopa UK che opera sotto il TUB art.106, è un sistema di prestito peer to peer in internet che fornisce una piattaforma di intermediazione finanziaria per piccoli prestiti. I creditori possono investire fino a 50.000 euro, mentre i prestiti sono tra i 1.500 e i 15.000 euro con una durata tra i 12 e i 48 mesi. Le pratiche di credito sono analizzate e approvate da Zopa e divise in classi di rischio. Il tasso di interesse medio è del 9,7%. I creditori possono scegliere la loro propensione al rischio e distribuire i loro investimenti nelle diverse classi di rischio (i loro investimenti sono comunque suddivisi tra l’ampio numero di debitori). In media il ritorno lordo per gli investitori è il 7.8%. Dall’inizio delle operazioni nel Gennaio 2008, Zopa ha erogato 960 prestiti per un ammontare totale di 5,2 milioni di euro con un tasso di non rimborso di circa il 2%. I prestiti sono usati principalmente per il consolidamento di un debito (27%), per il restauro della casa (31%) e per l’acquisto di un veicolo (15%). Il 60% dei clienti ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il 20% - 25% ha un contratto a tempo determinato e il rimanente sono in una situazione di impiego precario. Anche se le caratteristiche del target sono simili a quelle del fornitore di credito al consumo, Zopa fornisce prestiti con un interesse più basso e promuove un approccio differente al prestito basato su un modello comunitario. Inoltre rappresenta un innovativo canale di prestito che potrebbe potenzialmente essere usato per mettere in contatto diverse tipologie di creditori e debitori, che vorrebbero essere più simili ai tradizionali attori di microcredito. Da quando il creditore può selezionare la propria combinazione di rischio – restituzione, questo può essere usato per un target di popolazione più a rischio. Per esempio, Zopa UK ha definito una nuova categoria di debitori (“Young” giovani tra i 20 e i 25 anni), su cui creditori possono decidere di investire. 5.4 Il settore della microfinanza: evoluzione e caratteristiche Mentre le banche e gli operatori del credito al consumo operano nel settore della microfinanza in via accessoria o residuale, gli attori che più direttamente hanno individuato nel microcredito il loro core business sono le istituzioni di microfinanza in senso stretto e i programmi di microfinanza a partecipazione pubblica. La categoria delle Istituzioni di Microfinanza (IMF) comprende diverse tipologie di enti (cooperative, fondazioni, associazioni, istituzioni finanziarie non bancarie, ecc.), che svolgono come prima e principale attività il microcredito. Possono essere identificate tre sottocategorie, che si differenziano sensibilmente tra loro. I principali elementi di differenziazione sono la fondazione e la missione dell’istituzione, e come e da quale ente l’erogazione e l’amministrazione del prestito sono gestiti. La prima categoria coincide con le IMF completamente sviluppate, registrate sotto la legge bancaria come intermediari finanziari (ex TUB art. 106). Le IMF all’interno di questa categoria sono le sole istituzioni comparabili alle IMF attive nei Paesi in via di sviluppo. A Febbraio 2009, c’erano solo due IMF in questa categoria: Microcredito di Solidarietà e PerMicro. Queste IMF che puntano molto sull’innovazione e l’efficienza, hanno un 71 obiettivo di sostenibilità di medio – lungo termine. Il principale limite ad assumere tale forma legale per queste istituzioni deriva dal fatto che ad esse non è consentita la raccolta di depositi da parte del pubblico, permessa soltanto alle banche. La seconda categoria è composta dalle MAG (Mutua AutoGestione). Assumono diversa forma legale, ma condividono una storia comune e valori etici alla base della loro missione e visione. Ci sono solo sei MAG in Italia, principalmente situate nelle regioni a Nord del Paese: Milano, Reggio Emilia, Roma, Torino, Venezia e Verona. Nonostante la loro comune missione e visione, che punta nella direzione della finanza etica, hanno modelli operativi differenti. Mag4 Piemonte, Mag2 Milano e Mag Venezia sono intermediari finanziari registrati sotto l’art.106 TUB. Mag4 Piemonte può anche raccogliere depositi dalle cooperative locali affiliate. Mag Roma è regolata dalla legge bancaria italiana (TUB art.113), ma lavora tramite Mag Reggio Emilia. Mag Verona non eroga direttamente prestiti, ma lavora attraverso le banche locali. La terza categoria comprende la più ampia porzione di IMF italiane. Queste istituzioni assumono la forma di associazioni non profit o fondazioni, classificate come ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale). Le loro attività riguardano l’analisi preliminare del prestito e la sua gestione. I prestiti vengono quindi erogati dalle banche, con cui hanno un accordo. Secondo la legge bancaria italiana soltanto alle banche e agli intermediari finanziari, ad eccezione delle cooperative MAG, è permesso erogare prestiti. Perciò queste istituzione dipendono da una banca per condurre attività di microcredito. In quasi tutti i casi i prestiti erogati dalla banca partner sono coperti da un fondo di garanzia messo a disposizione da un attore terzo (un’istituzione pubblica, una fondazione, ecc.). In alcuni casi la relazione tra la banca e l’istituzione è difficile, in particolare perché la rigidità formale delle procedure causa ritardi nell’esborso del prestito, nel processo di rimborso e nella relazione con i clienti32. Una caratteristica importante delle istituzioni di microfinanza è il loro modello d’impresa. È possibile individuarne due modalità. In un caso, l’istituzione gestisce l’intero processo, dal primo contatto all’erogazione e alla gestione del prestito. Questo modello è quasi del tutto inesistente in Italia finora. Nell’altro l’istituzione di microfinanza si concentra sulle attività di primo contatto, analisi della domanda e approvazione del credito. La banca serve come agenzia/sportello per l’esborso del credito e il rimborso. Il terzo soggetto, infine, può garantire servizi di supporto non finanziari (i cosiddetti business development services o BDS) e/o fornire una garanzia alla banca. Un’ulteriore distinzione concerne il modello di gestione del rischio. Molte istituzioni operano tramite un fondo di garanzia, che fornisce parziale o totale copertura sul prestito. Questo modello, basato sulla divisione del rischio tra i diversi soggetti pubblici e privati, è sicuramente il più comune e non sono molte le istituzioni che operano senza un fondo di garanzia. Si deve notare che il modello di microcredito che conta su un fondo di garanzia messo a 32 E’ il caso ad esempio della Fondazione Toscana per la prevenzione dell’usura ONLUS. Nel rapporto di attività 2009 la Fondazione lamenta che: “la politica di contenimento nella concessione del credito attuata dalle banche sin dal 2008 ha portato ad un sensibile aumento delle pratiche declinate (15,7% nel 2007 - 23,4% nel 2008 - 22,4 % nel 2009) e ad un preoccupante allungamento dei tempi di erogazione, tanto che al 31/12/2009 si trovavano all’esame delle banche convenzionate n. 90 richieste di finanziamento per € 7.589.700,00”. 72 disposizione da una parte terza, non costituisce un’innovazione capace di dare una risposta efficace ai problemi causati dall’asimmetria di informazioni perché il fornitore della garanzia solitamente non è coinvolto nella valutazione del cliente. Inoltre, questo modello non è in grado di minimizzare il rischio per l’operatore di microcredito. Il fondo di garanzia è piuttosto utile, ma non ottimale, strumento per permettere alle istituzioni di microfinanza di condividere il rischio con una terza parte. Il prestito individuale è la principale metodologia attualmente utilizzata in Italia. I pochi progetti pilota di gruppo di prestito non danno risultati soddisfacenti. Questo è dovuto principalmente per lo scarso capitale sociale dei beneficiari. Comunque, la mancanza di forme dirette o indirette di garanzia rende ancora più necessaria un’analisi preliminare del progetto di impresa che deve essere finanziato. Ciononostante, un diverso mix di metodi di prestito sta emergendo. Sempre più spesso il prestito è erogato al singolo, ma lui o lei deve dimostrare una rete di referenze e supporto. Non è una nota vincolante, ma è un elemento aggiuntivo che aiuta a costruire un sistema informativo sulla storia personale e professionale del beneficiario . 5.4.1 I prodotti di credito offerti. I prodotti di credito offerti dal mercato della microfinanza in Italia possono essere ricondotti a due categorie principali: il credito all’impresa e il credito sociale. Rispetto alla prima tipologia, si tratta di prestiti finalizzati alla creazione o allo sviluppo d’impresa. Sono rivolti a imprese che non hanno accesso ad altre fonti di finanziamento o che non sono in grado di sottoporre un progetto d’impresa a finanziatori pubblici o privati. Questa tipologia di credito rientra nella definizione di microcredito data dalla Commissione Europea che in tale categoria fa rientrare i crediti con importo inferiore a 25 mila euro rivolte a imprese in fase di avviamento o sviluppo. Tuttavia tale definizione va necessariamente adattata al contesto italiano, sia per quanto riguarda il target che in riferimento all’ammontare del credito. Innanzitutto la Commissione Europea (Raccomandazione 2003/361/EC, 6 Maggio 2003) definisce la microimpresa come un’attività con meno di 10 dipendenti e un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro. E’ evidente come tale definizione sia troppo ampia se applicata al contesto italiano. Il Ministero del Lavoro definisce la microimpresa come “entità organizzativa minima costituita da un singolo addetto” (Circolare n. 30 del Min. del Lavoro, 12 novembre 2008). Infatti, nel 2008 in Italia il 57,7% delle imprese erano imprese individuali33. Inoltre il concetto di microimpresa riguarda anche il settore informale e le difficoltà di formalizzare le attività economiche svolte in tale ambito. L’esperienza in Italia sembra confermare quanto affermato. Tra i clienti del programma SMOAT, uno dei più importanti nell’ambito della microfinanza pubblica, che fornisce servizi di credito esclusivamente alla microimpresa, circa il 60% è composto da imprese uni personali. Alcuni prestiti personali possono inoltre rientrare in questa categoria nel caso in cui il credito sia stato concesso per favorire l’auto-impiego. Una diretta conseguenza di quanto affermato è che l’ammontare medio risulta essere in Italia significativamente più basso rispetto alla media europea (rispettivamente pari a 5.875 Euro e 9.641 Euro). Tuttavia va osservato che le istituzioni che si rivolgono esclusivamente 33 Istat (2009) Archivio Statistico delle Imprese Attive. 73 all’impresa concedono crediti di ammontare superiore. Per esempio nel programma SMOAT l’ammontare medio del credito è di 13.119 Euro. PerMicro, che offre sia crediti sociali che d’impresa ha un crediti medio per il microcredito d’impresa di 7.644 euro. In entrambi i casi l’importo massimo è di 15 mila euro. Il microcredito sociale si focalizza su prestiti a individui che si trovano in condizione di esclusione sociale e finanziaria (famiglie povere o a rischio povertà). Le applicazioni del microcredito sociale sono molteplici. Esso può essere utilizzato per la riconversione di un credito precedente e una sua riprogrammazione a condizioni più sostenibili per il beneficiario. Il credito sociale può essere impiegato come credito d’emergenza per far fronte a spese inattese (malattia, spese domestiche, etc.). In terzo luogo, esso può essere utilizzato per l’acquisto di beni o servizi che oltrepassano la capacità di spesa mensile (tasse universitarie, computer, etc.). Il microcredito sociale è una tipologia molto comune nel mercato italiano. Per esempio, in quattro delle cinque istituzioni selezionate come casi studio nella ricerca di mercato realizzata da Microfinanza Srl nel 2009 per conto del Fondo Europeo per gli Investimenti34, sette delle dieci istituzioni appartenenti al network italiano della microfinanza (al 31/12/2009) fornivano microcredito sociale, sia come unico prodotto di credito, sia in accoppiata con il credito d’impresa. Le due tipologie differiscono sensibilmente tra loro in termini di clienti, ammontare dei prestiti e tassi di interessi. Il microcredito sociale è 5.4.2 Distribuzione geografica In occasione della citata ricerca condotta nel 2009 da Microfinanza Srl sul mercato della microfinanza in Italia36, si è osservato come nel nostro Paese vi sia un’equa distribuzione territoriale di programmi di microfinanza, coerente con la densità di popolazione nelle 34 35 Luigi Galimberti Faussone; Fabio Malanchini; Giampietro Pizzo, EIF Market Study on microlending. Cross country studies on Western and eastern Europe: Country Report Italy, RITMI/Microfinanza SRL, 2009 specificamente indirizzato verso i bisogni dei poveri e delle persone considerate a rischio povertà. Conseguentemente i bisogni di questi soggetti in termini di credito sono generalmente inferiori a quelli di coloro che vogliono dar vita ad una microimpresa. Ad esempio, la media delle dimensioni dei crediti della Caritas Vicentina (1.881 euro), del Microcredito di Solidarietà (3.208 euro) e il prodotto sociale di Micro.Bo (1.850 euro) sono chiaramente di natura diversa dal prestito all’impresa. Inoltre i tassi di interesse sono generalmente più bassi. Per esempio, Caritas Vicentina aggiunge il 3,5% e Microcredito di Solidarietà carica 4,5%. Micro.Bo, che fornisce sia credito all’impresa che credito sociale, carica differenti tassi di interesse: l’8% nel primo caso, il 3,25% nel secondo. Sebbene il microcredito sociale non rientri nell’originale definizione della Commissione Europea, questo fenomeno non può essere ignorato visto che può essere da supporto per un percorso di reintegrazione sociale e professionale. Inoltre secondo il rapporto della Commissione Europea, “i piccoli prestiti concessi alle persone a rischio di esclusione sociale possono essere considerati come microcredito, dato che tali prestiti permettono loro di intraprendere un’attività economica”35. Commissione Europea (2007) The Regulation of Microcredit in Europe, p. 7. 36 Luigi Galimberti Faussone; Fabio Malanchini; Giampietro Pizzo, Op. Cit., RITMI/Microfinanza SRL 74 diverse aree. Dei 33 programmi rientranti nel campione osservato 17 sono al Nord, 9 al Centro e 7 al Sud. Va tuttavia osservato che 6 delle 7 iniziative al Sud sono fondazioni antiusura, operanti nell’ambito delle diocesi locali. Al Centro sono presenti i due più importanti programmi pubblici (Sviluppo Lazio e Progetto SMOAT). La maggior concentrazione di programmi riguarda il Piemonte e la Toscana, rispettivamente con cinque e quattro programmi. 5.4.3 Data di entrata nel mercato del microcredito Anche se i primi attori della micro finanza (le Mag) sono nati alla fine degli anni ’70, essi hanno dato inizio a programmi di microcredito solo nei primi anni 2000 (GRAF.3). Il primo programma di microcredito tra gli istituti considerati nella ricerca è la fondazione antiusura Giuseppe Moscati, che iniziò le proprie attività a Napoli nel 1992. Il programma vide la luce grazie all’iniziativa del Padre Gesuita Massimo Rastrelli, che è ora presidente della Consulta Nazionale Antiusura, network nazionale delle fondazioni antiusura. I programmi di microcredito in Italia sono generalmente piuttosto giovani dato che l’età media al Gennaio 2009 è di 5,2 anni. Solo il 15% dei programmi sono nati prima del 2002, mentre più della metà ha iniziato l’attività tra il 2003 e il 2005. Dopo un periodo di considerevole vitalità, il settore del microcredito in Italia sembra aver subito un rallentamento, in particolare per quanto concerne le iniziative più piccole, come quelle prese in considerazione. Tuttavia, le poche istituzioni avviate nel periodo 2006 -2008, sono oggi le più grandi e strutturate (Microcredito di Solidarietà 2006, Sviluppo Lazio nel 2007, PerMicro (2008) e Zopa avviata nel 2008 e sviluppatasi considerevolmente fino alla sospensione delle attività nel 2009). GRAF.2: Entrate sul mercato della micro finanza (ante 2002- 2008) 5.4.4 Modello d’impresa – Metodologia di prestito Solo due istituti nello studio hanno adottato la metodologia del prestito di gruppo, mentre le altre hanno esclusivamente adottato il metodo del credito individuale. In generale, le esperienze di prestito di gruppo in Italia non hanno avuto molto successo, in particolare in termini di qualità del portafoglio. In un caso, l’IMF ha sospeso l’erogazione del prestito di gruppo a causa dell’alto livello di insolvenza. Anche se la maggior parte dei prestiti sono concessi a individui, al debitore è spesso richiesto di dimostrare di essere inserito in una rete di supporto o in un nucleo familiare di riferimento. Non è questa una nota vincolante (la firma condivisa), ma è un elemento aggiuntivo che aiuta a costruire il sistema informativo sulla storia personale e professionale del beneficiario. 5.4.5 Prodotti e servizi: l’ammontare dei prestiti. La dimensione media di un prestito nel 2009 è di 5.875 euro (GRAF.3) . Una survey condotta nel dicembre 2008 tra gli istituti che sono membri del network italiano di microfinanza RITMI ha mostrato che la dimensione media di un prestito era di 6.760 euro. I due istituti con la dimensione media più bassa dei prestiti sono due associazioni che lavorano con la ONG Cattolica Caritas: Caritas Diocesana Bergamasca con 1.714 euro e Caritas Diocesana Vicentina con 75 1.963 euro. Nel 2007 gli istituti che mostrano la dimensione media più alta dei prestiti sono Fondazione Risorsa Donna (17.367 euro), Progetto SMOAT (14.958 euro) e la Fondazione Venezia (10.250 euro). GRAF. 3: Ammontare medio dei prestiti 5.4.7 Prodotti e servizi: tassi di interesse Il tasso di interesse annuale applicato dagli istituti oggetto dello studio di Microfinanza è del 5,8% (non pesato il per numero o ammontare dei prestiti) (GRAF.5). Dallo studio di EMN del 2009 risulta per il campione italiano un tasso medio del 3,7%. Nel campione considerato da Microfinanza Srl, un istituto concede prestiti privi di interesse (Fondo Essere), mentre un altro applica l’1,8% di interesse su tutti i prestiti. Gli interessi più alti sono applicati dai due intermediari finanziari, Zopa (9%) e PerMicro (12%, il più alto del campione). GRAF. 5: Tasso d'interesse medio 5.4.6 Prodotti e servizi: durata dei prestiti La durata media dei prestiti è circa di tre anni e dieci mesi (3.88 anni) (GRAF.4). Quasi metà degli istituti (11 su 24) hanno una scadenza media dei prestiti di tre anni. Solo due di questi hanno scadenze più corte, mentre 11 hanno scadenze a lungo termine. Inoltre 14 su 25 istituti concedono un periodo di preammortamento ai loro clienti (GRAF.6). La media del periodo di dilazione è di 5,4 mesi. GRAF. 4: Durata media dei prestiti GRAF. 6: Periodo di preammortamento 76 della debolezza della maggior parte dei programmi e degli istituti di microcredito in Italia. Tuttavia, specialmente negli ultimi anni, alcuni programmi hanno mostrato una sempre maggiore attenzione verso sistemi gestionali più evoluti. Per questa ragione i dati riportati saranno integrati con i dati raccolti nel Dicembre 2008 tramite una survey condotta tra i membri di RITMI37. Questo ultimo gruppo di dati permette di comparare i dati di due anni (2007 e 2008) relativi al portfolio degli istituti campione. 5.4.8 Prodotti e servizi: commissioni sui prestiti Poco meno del 70% degli istituti (20 su 29) non applica commissioni sui prestiti, applicate invece da circa un terzo del campione (9 su 29) (GRAF. 7). Quattro istituti applicano commissioni fisse all’esborso del prestito, un istituto applica un costo varibile per coprire il rischio del prestito (0,25% del totale) e un altro applica una penale sui rimborsi in ritardo. GRAF. 7: Commissioni sui prestiti 5.4.9 Performance Il settore italiano di microcredito è caratterizzato da un ampio numero di istituti e programmi di dimensioni ridotte. Il sistema informativo di gestione di questi programmi è speso piuttosto scadente. Per questo motivo, è spesso difficile raccogliere dati sufficienti per definire indicatori quantitativi. La scarsa qualità dei dati è sintomo 5.4.9.1 Performance: dimensione del portafoglio. La performance del settore negli ultimi due anni è stata particolarmente sostenuta. Secondo lo studio realizzato da EMN38 il volume dei crediti erogati in Italia nello stesso periodo è pari a circa 11 milioni di euro con un incremento rispetto al 2007 del 205,6%. I crediti erogati nel 2009 da parte delle IMF coinvolte nella ricerca erano 1.909 quando nel 2007 erano 392. Se consideriamo i dati riportati dal citato studio realizzato da Microfinanza Srl e riferiti al 2007, tra i 33 istituti che hanno preso parte alla survey, solo 24 hanno fornito dati sulle dimensioni del loro portafoglio. Nel 2007 l’ammontare totale dei prestiti erogati ha raggiunto i 6,6 milioni di euro (6.638.781 euro) per 923 prestiti, con una dimensione media del prestito di 7.192 euro. Il 67% degli istituti (15 su 25) ha erogato meno di 20 prestiti in un anno. Questa cifra chiaramente dimostra la frammentazione del settore italiano del microcredito (GRAF.8). Il 21% delle istituzioni (5 su 24) esborsa tra i 20 e i 100 prestiti all’anno, mentre solo 4 vanno al di sopra 37 Microfinanza srl, Opportunità di impresa ed esclusione dal credito: Il caso italiano. Ricerca condotta con il supporto della Fondazione Giordano D’Amore, 2009 38 Bárbara Jayo; Anabel Gonzalez; Casey Conzett, op.cit, EMN, 2010 77 del centinaio di prestiti annui. Queste cifre si riferiscono al 2007, quando gli istituti che ora stanno crescendo a un ritmo più sostenuto non avevano ancora completamente iniziato le loro operazioni. GRAF. 9: Prestiti erogati nel 2007 e nel 2008 dai membri di RITMI GRAF. 8: Numero di prestiti erogati Gli istituti appartenenti a RITMI che hanno fornito dati sia del 2007 che del 200839 hanno mostrato una crescita sensibile sia in termini di numero di prestiti sia in termini di portafoglio (GRAF.9). Mentre il numero dei prestiti erogati cresce solo del 5,5.% da 222 prestiti a 235, l’ammontare di microcredito erogato da questi istituti è cresciuto da circa 1 milione di euro a 1,4 milioni di euro. 39 Gli istituti sono: Fondazione Antiusura Santa Maria del Soccorso - Genova, Fondazione Culturale Banca Etica, Fondazione Don Mario Operti, Fondo Essere, Mag2 Finance Milano, Mag Roma, Mag Verona e Micro.Bo. PerMicro ha iniziato le sue attività nel 2008, mentre MicroProgress nel 2009. Perciò, i dati disponibili per quest’ultimo istituto non sono presi in considerazione per questa analisi. 5.4.9.2 Performance: indicatori finanziari I dati disponibili dall’analisi delle performance finanziarie degli IMF italiani sono molto limitati. Solo un esiguo numero di istituti ha risposto a questa parte del questionario predisposto da Microfinanza Srl, e pensiamo che l’affidabilità delle informazioni fornite sia in molti casi piuttosto limitata. Questo è dovuto a differenti fattori: - La maggior parte degli istituti non ha familiarità con i proncipali indicatori normalmente usati in microfinanza e non ha dimestichezza con il loro calcolo. Inoltre la 78 - - - - cultura del report e della trasparenza in termini di risultati sembra ancora parzialmente assente. Ciò perché gli enti donatori spesso non richiedono report completi sulla gestione e sulla performance. In molti casi il sistema di reporting e tracking del portafoglio non è adatto alla generazione automatica dei dati necessari per il calcolo degli indicatori. Il modello operativo della maggior parte degli IMF in Italia che affidano a partner bancari l’erogazione e il recupero dei crediti (servizi di sportello), rende più difficile una raccolta puntuale dei dati sul portafoglio. Il modello operativo adottato che prevede spesso sostanziose donazioni solitamente da fondazioni o dal settore pubblico e l’utilizzo di volontari soprattutto in fase di pre-istruttoria e monitoraggio. Ciò impica che se questo tipo di supporto esterno non è correttamente calcolato e stimato, la precisione degli indicatori di efficienza e sostenibilità risulta essere fortemente dubbia. Inoltre, alcuni indicatori standard usati in microfinanza non si adattano perfettamente alle caratteristiche operative italiane e, più in generale, delle IMF europee, specialmente dell’Europa Occidentale. Conseguentemente gli indicatori andrebbero adattati al contesto. In fine il “benchmarking” e le “peer groups analysis” sono ancora limitati nella microfinanza dell’Europa Occidentale e il forte impatto dei sussidi e del lavoro volontario implica che gli indicatori hanno un grado limitato di comparabilità il quale riduce la significatività dei dati disponibili. 5.4.9.3 Performance: qualità del Portafoglio Per le ragioni sopra menzionate i dati sulla qualità del portafoglio sono disponibili solo per 7 IMF con un’ampia dispersione dei risultati (GRAF.10). Il PAR3040 varia tra l’0,8% al 72% con valore medio del 25% e una mediana del 12%. La differenza significativa dei programmi che riportano questa informazione, la varietà del targetì e i prodotti implicano che la rappresentatività di questo indicatore possa variare considerevolmente. Per avere una visione più chiara della qualità del portafoglio, abbiamo riportato anche i dati sulla cancellazione dei crediti inesigibili e sul portafoglio ristrutturato. Il portafoglio cancellato oscilla tra lo 0% e il 28% con una media di 5.9% ma una mediana di 1,3%. 9 IMF hanno riportato quanto a lungo hanno atteso prima di considerare un prestito come non esigibile: il valore medio è di 15 mesi e oscilla tra i 3 mesi e i 3 anni. Ciononostante l’esperienza suggerisce che molti istituti non cancellino mai, in parte in considerazione del recente avvio delle attività. GRAF.10: Qualità del portafoglio Le risposte sulla ristrutturazione del portafoglio non sono molto significative. Quattro istituti non hanno riportato nessun prestito rinegoziato, mentre altri due hanno fornito una risposta che 40 Portafoglio a rischio: saldo dei crediti con una rata in ritardo da più di 30 giorni. 79 riporta una quota tra il 3% e il 7%. La registrazione di queste informazioni è assente in molte IMF. L’analisi congiunta di questi indicatori suggerisce che la qualità media del portafoglio delle istituzioni parte delle survey è ancora scarsa con elevati livelli di rischio. Nonostante ciò, date le dimensioni ridotte del campione, la validità dell’analisi è debole. 5.4.9.4 Performance: altri indicatori. I dati disponibili per altri indicatori non sono sufficienti per condurre un’analisi con un risultato rappresentativo. Per l’autosufficienza operativa abbiamo ricevuto 3 risposte con dati che variano tra il 180% e il 14%, con una media del 98%. Altre domande hanno ricevuto ancora meno risposte. 5.4.10 Il target La maggior parte degli istituti ha uno specifico target. Solo 6 istituti su 33 dicono di non avere un target preciso, mentre 4 non hanno risposto alla domanda (GRAF.11). GRAF. 11: Popolazione target 5.4.10.1 Target: equilibrio di genere Sebbene non ci siano dati specifici sulla porzione di donne tra i clienti attivi dei programmi di microcredito, più della metà degli istituti che hanno un target di popolazione definito (14 su 23) identifica specificamente come target le donne. Inoltre uno dei programmi ha come target esclusivamente questa popolazione (Fondazione Risorsa Donna). Alcuni dati sull’equilibrio di genere tra i clienti attivi sono disponibili solo per gli istituti che fanno parte di RITMI e per i casi studio. Per esempio, la fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso di Genova sin dalla sua creazione ha erogato 93 prestiti, di cui 46 a uomini e 47 a donne. Circa lo stesso rapporto si applica ad altri istituti: Micro.Bo (rapporto 1:1 nel 2007 e nel 2008). Fondazione Don Mario Operti (rapporto 1:1 ancora nel 2008) e PerMicro (il 48% dei prestiti a donne nel 2008). Ciò che emerge dai dati mostrati sopra è un’immagine equilibrata che indica che gli istituti di micro finanza promuovono attivamente l’uguaglianza di genere. 5.4.10.2 etniche Target: immigrati e minoranze Anche per le minoranze etniche non c’è un’attenzione specifica o una classificazione specifica, eccetto che per una distinzione tra italiani e non italiani. Perciò, mentre solo tre istituti dichiarano come target specifico le minoranze etniche, 14 su 23 hanno gli immigrati come uno dei target privilegiati. La distribuzione geografica degli istituti esplicitamente con target gli immigrati non è omogenea in tutto il Paese, dato che il 64% di queste (9 su 14) sono situate nelle regioni a nord, 4 su 14 nel centro e soltanto una nel sud e nelle Isole. 80 Per esempio, sin dalla fondazione nel 2001 della fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso di Genova ha erogato il 55% dei prestiti a imprenditori immigrati. Tra i clienti di Micro.Bo, il 60% nel 2007 e il 19% nel 2008 sono migranti. Ciononostante ci sono istituti che si focalizzano particolarmente su attività imprenditoriali di migranti. Uno di questi è PerMicro, che ha erogato l’84,2% dei suoi prestiti a migranti nel 2009. L’altro, che è il secondo programma più grande nel Paese, ha esborsato il 67,6% dei prestiti a imprenditori migranti. I dati chiaramente mostrano un focus specifico del target degli IMF verso la popolazione migrante, che è spesso esclusa dai tradizionali istituti finanziari, principalmente perché mancano di una storia del credito. 5.4.10.3 Giovani e popolazione disabile I giovani (tra i 18 e i 25 anni) sono un target specifico solo per un terzo dei programmi (7 su 23), mentre le persone affette da disabilità sono un target privilegiato dolo per due programmi (Mag Verona e Micro.Bo). Per esempio, Zopa, benché fosse un’istituzione atipica, tra i suoi 734 clienti attivi nel Novembre 2008 aveva solo 35 persone di età tra i 18 e i 25 anni (il 4,8% del totale). 5.4.10.4 Target: le imprese Lo studio di Microfinanza Srl fa emergere chiaramente la tipologia di impresa verso cui i servizi di microcredito sono diretti (GRAF.12). Sebbene la definizione di microimpresa della Commissione Europea comprenda tutte le imprese con meno di 10 dipendenti, il target privilegiato dalle istituzioni italiane è rappresentato da imprese di dimensioni più ridotte. Da un lato, solo 2 su 25 istituti eroga prestiti a imprese con più di cinque dipendenti. Dall’altro il 56% dei programmi fornisce prestiti ad imprese con meno di cinque dipendenti. Inoltre, il 44% di questi serve il settore dell’economia informale, sicuramente non trascurabile in Italia41. Inoltre, mentre 18 su 25 istituti concedono prestiti a imprese esistenti (da più di 10 anni), 21 prendono in considerazione progetti di start – up, mentre 9 in fase di studio di fattibilità. GRAF. 12: le attività finanziate 5.4.11 Investimento: fonti e strumenti La scelta delle fonti di investimento rivela la “filosofia” che ispira l’istituzione e ne influenza le attività42. Se ad esempio l’IMF ha come obiettivo la sostenibilità, si sforzerà di diventare sempre più indipendente dai sussidi pubblici. Allo stesso tempo, inizierà a cercare capitale di rischio presso banche o attori privati, o prestiti commerciali da istituti bancari. Nel febbraio 2009, in Italia soltanto due sono le istituzioni che hanno ricevuto investimenti in capitale di rischio (Microcredito di Solidarietà e PerMicro). In altri casi l’investimento è erogato da attori pubblici o fondazioni private solitamente in 41 Istat (22 settembre 2005) “La misura dell’economia sommersa secondo le statistiche ufficiali”. 42 Viganò, L. (ed. 2004) Microfinanza in Europa, Milano: Giuffrè Editore, p.92 81 forma di sussidi (GRAF. 13). Data la forma legale della maggior parte degli IMF (non profit), l’investimento è solitamente erogato in forma di fondo di garanzia che copre completamente – solitamente in rapporto 1:1 – i prestiti esborsati dalla banca partner. In molti casi l’investimento è anche erogato da attori pubblici e fondazioni per coprire le spese operative degli istituti. GRAF. 13: Fonti di Investimento 5.4.12 Marketing Per pubblicizzare i loro programmi e raggiungere più efficacemente il loro target, le IMF adottano differenti strategie. La strategia più comune è di contare su uno o più partner locali che servono da tramite tra i clienti e l’istituzione. Questi partner possono essere le parrocchie o gli uffici comunali. Allo stesso modo, un’ampia maggioranza di IMF (20 su 28, il 71%) conta su reti comunitarie. Cionondimeno, la strategia di marketing dei programmi italiani di microcredito, utilizza anche gli strumenti classici del marketing, come i mass media (11 su 28, il 39%). Inoltre due istituzioni dichiarano di farsi pubblicità anche sul web (digital marketing). 5.4.13 Formazione e assistenza tecnica I business development service (BDS), sono considerati un’ importante supporto alle attività del microcredito. Tra le IMF soggetto della survey, solo 7 su 29 (il 24%) non fornisce formazione o assistenza tecnica alla propria clientela direttamente o indirettamente. Al contrario, il 62% degli istituti (18 su 29) fornisce questo tipo di servizi, entrambi obbligatori per tutti i debitori nel 17% dei casi, per alcuni di loro (17%), o su richiesta (28%). Il consolidamento e l’estesione BDS sono essenziali per lo sviluppo dei prodotti di microcredito e per migliorare la qualità del portafoglio degli istituti di microcredito. L’erogazione di servizi integrati (finanziari e non finanziari) deve essere realizzata in relazione alla rete di attori locali e alle dimensioni del programma di microfinanza. Invece di una fornitura diretta da parte delle IMF, i BDS potrebbero essere sviluppati nei centri locali di auto impiego, presso le associazioni professionali, negli incubatori di impresa promossi dalla Commissione Europea, ecc. 5.4.14 Altri servizi finanziari. Solo poche IMF nel campione forniscono altri servizi finanziari alla clientela. Secondo lo studio, solo un’istituzione fornisce servizi assicurativi e un’altra servizi di money transfer. Cinque IMF forniscono consulenza sulla gestione del passivo alle imprese beneficiarie o servizi di educazione finanziaria alla clientela. Comunque, il fornire altri servizi può costituire una strategia importante di cross–selling, per migliorare il livello dei ricavi e quindi la sostenibilità dell’istituzione. Nel caso dei migranti, che costituiscono una larga fascia della clientela del settore, nei paesi sviluppati, come in Italia, c’è l’opportunità di sviluppare specifici 82 prodotti finanziari che coprano l’intera catena della migrazione. Per esempio, prodotti finanziari potrebbero essere integrati con la gestione e le rimesse. I migranti possono beneficiare del microcredito in Italia, mentre le loro famiglie potrebbero avere acceso al microcredito nel paese d’origine facendo leva finanziaria sull’ammontare delle rimesse attraverso lo stesso canale. Ci sono ora alcuni progetti pilota in Italia, ma non sono ancora del tutto sviluppati 43. 5.5 Il quadro legale È stato introdotto in data 13 agosto 2010 il decreto legislativo n.14144 che modifica alcune parti rilevanti del TUB del 1993. In particolare, oltre a recepire la direttiva comunitaria 2008/48/CE relativa al credito al consumo e alle disposizioni in materia di trasparenza, introduce elementi importanti di revisione della disciplina dei soggetti che operano nel settore finanziario (intermediari finanziari, mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria). Prendiamo in considerazione unicamente le modifiche relative alla disciplina degli intermediari finanziari non bancari. Innanzitutto l’art. 106, nella sua nuova versione, fa riferimento alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma. Viene pertanto meno la precedente distinzione tra assunzione di partecipazioni, concessioni di finanziamenti e 43 Vedi anche Anderloni, L, Il mercato delle rimesse e la microfinanza - Analisi della rete italiana, Fondazione Giordano Dell’Amore e Fondazione Guido Venosta, 2007. 44 Gazzetta Ufficiale N. 207 del 4 Settembre 2010 “Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. (10G0170). intermediazione in cambi. In aggiunta, gli intermediari potranno svolgere servizi di pagamento e prestare servizi di investimento – in entrambi i casi se specificamente autorizzati – e svolgere le funzioni strumentali e connesse. Per ottenere l’autorizzazione, il “nuovo” intermediario finanziario dovrà: - - - - avere la forma di società di capitali; avere sede legale e direzione generale nel territorio italiano; avere un capitale sociale versato non inferiore a quello stabilito dalla Banca d’Italia anche in relazione al tipo di operatività; presentare un programma in merito all’attività iniziale e alla struttura organizzativa; possedere i requisiti di onorabilità e professionalità; verificare l’assenza di potenziali conflitti di interesse che ostacolino l’esercizio delle funzioni di vigilanza; essere oggetto sociale esclusivo. La novità più importante, anche ai fini del presente studio, è rappresentata dal nuovo art. 111 che prevede, in deroga a quanto stabilito dal nuovo art. 106, una specifica tipologia di intermediari finanziari - iscritti in apposito elenco e con proprio organo di controllo - in grado di erogare finanziamenti descritti come “servizi di microcredito”. L’articolo 111 stabilisce la possibilità di concedere finanziamenti a persone fisiche, società di persone o società cooperative, per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, a condizione che i finanziamenti concessi abbiano le seguenti caratteristiche: - ammontare non superiore a 25.000 euro; mancanza di garanzie reali; 83 - - finalità legata all’avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all’inserimento nel mercato del lavoro; microcredito accompagnato dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati. I finanziamenti potranno essere erogati – in via non prevalente per l’intermediario – anche a favore di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché tali finanziamenti siano per un importo massimo di 10.000 euro, non siano assistiti da garanzie reali, siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare e abbiano lo scopo di consentire l’inclusione sociale e finanziaria del beneficiario. Questi soggetti dovranno avere: - forma di società di capitali; capitale sociale versato non inferiore a quello stabilito dalla Banca d’Italia; requisiti di onorabilità e professionalità come sopra richiamato; oggetto sociale esclusivo; un programma di attività dedicato. Di estremo interesse il ruolo che potrebbe essere attribuito dalla nuova legislazione alle associazioni non lucrative. Esse infatti potranno concedere finanziamenti ai propri associati a condizione che non siano assistiti da garanzie reali, siano finalizzati a consentire l’inclusione sociale e finanziaria del beneficiario e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato. La nuova normativa prevede anche una disciplina specifica per i cosiddetti Confidi. presentate richiamano i dati elaborati dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI). Questi dati, che sono i soli disponibili al momento, presentano molti indicatori qualitativi (GRAF.14) (missione, tipologia di microcredito, target, ecc.) di programmi di microcredito gestiti da 12 istituti bancari45. GRAF. 14: la Missione delle Banche GRAF.15: tipologia di prestiti delle Banche Su 12 banche che hanno preso parte allo studio, 7 conducono un programma specifico per il microcredito all’impresa, e lo stesso numero conducono uno specifico programma di microcredito sociale (tre istituti hanno entrambi i programmi). Inoltre, quattro banche forniscono 45 5.6 Una valutazione del settore e ruolo potenziale delle banche In riferimento ai programmi di microfinanza gestiti dagli istituti bancari, le informazioni Le banche che hanno preso parte alla survey sono: Banca Carige, Banca del Piemonte, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare Pugliese, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Unicredito, Banca della Campania, Gruppo Banco Popolare, CR Parma e Piacenza, CR Volterra 84 prestiti d’onore, principalmente a studenti e a laureati. Infine, una banca fornisce microcredito anti usura, che si trova tra le due summenzionate tipologie (GRAF.15). La sola banca che fornisce questo tipo di microcredito (Banca della Campania) è situata nel sud Italia, dove l’usura è un fenomeno diffuso e dove si trovano la maggior parte delle altre IMF antiusura . Nel caso delle banche, come per le IMF, il target privilegiato è rappresentato da migranti, famiglie povere o lavoratori atipici (GRAF.16). La maggioranza degli istituti vede in generale come target preferenziale studenti e giovani, entrambi per prestiti d’onore e microcredito sociale e d’impresa. stessa banca di svolgere un’azione di marketing mirata e convincente. GRAF. 17: Aspetti considerati critici GRAF. 16: Clientela Target L’analisi dei principali problemi incontrati dagli istituti bancari, nella realizzazione del programma di microcredito, rivela alcuni elementi chiave (GRAF.17). Un terzo del campione (4 su 12) ha indicato come difficoltà il marketing dei propri programmi di microcredito. È ben evidente la distanza tra istituti bancari e i tipici clienti del microcredito (coloro che sono esclusi dai tradizionali servizi finanziari). Le ragioni di questo non sono solo finanziarie ma anche culturali. Dato che la clientela tipica del microcredito è costituita da migranti e persone socialmente ai margini, per gli istituti bancari è più difficile pubblicizzare i propri programmi di microcredito verso questi segmenti della società per diffidenza da parte di questi ultimi nei confronti della banca o per incapacità della Gli istituti bancari lamentano anche difficoltà nella relazione con la complessa rete di attori coinvolti nel microcredito (diocesi locali, uffici pubblici di assistenza sociale) e con la gestione dell’informazione all’interno della banca. Un istituto ha dichiarato inoltre la mancanza di educazione finanziaria da parte dei clienti, elemento che influenza negativamente la capacità di gestione del prestito del debitore. Due istituti bancari considerano la mancanza di garanzie reali da parte del debitore come principale ostacolo per il microcredito, un fattore che è a dir poco soprendente dal momento che la mancanza di garanzie di questo tipo è una caratteristica distintiva del cliente del microcredito. Come evidenziato nell’analisi, in prospettiva, quella del marketing è probabilmente la chiave che consentirà al mondo bancario di giocare un ruolo primario nel mercato della microfinanza. Lo studio delle caratteristiche specifiche socioculturali ed economiche del target e l’offerta prodotti mirati, potranno consentire di 85 avvicinare al settore bancario fasce di popolazione a rischio di esclusione finanziaria e bancaria. Un bacino molto ampio di clientela attualmente non completamente servito è quello rappresentato dai migranti. La struttura della popolazione straniera in Italia risulta complessa e in piena evoluzione. Ciò suggerisce agli attori bancari, chiamati a svolgere un ruolo di inclusione in ambito economico e sociale, di adottare una strategia basata sul riconoscimento delle diversità culturali. A tale approccio deve corrispondere un’offerta di prodotti e servizi che considerino le specificità culturali di ogni etnia. Il mercato deve quindi essere in grado di interpretare i bisogni espressi e latenti caratteristici delle diverse comunità, utilizzando strumenti di comunicazione adatti. Si parla sempre più diffusamente di ethnic marketing46 intendendo con esso l’analisi del mercato attraverso l’adozione di criteri di segmentazione del bacino potenziale d'utenza su base etnica. Secondo questo tipo di analisi, il mercato interno ad un Paese non è omogeneo, proprio perché una parte sempre più ampia della popolazione è costituita da comunità con elementi distintivi propri. Le caratteristiche nelle quali un gruppo si identifica o che il resto della popolazione attribuisce ad esso può riguardare almeno uno dei seguenti elementi47: - 46 una lunga storia condivisa, la cui memoria è mantenuta viva; una tradizione culturale sociale e familiare a volte basata su valori religiosi; un’origine geografica comune; una lingua comune (non necessariamente limitata a quel gruppo); Guilherme D. Pires; John Stanton, Ethnic Marketing : accepting the challenge of cultural diversity, Cengage Learning EMEA, 2005 47 House of Lords Report, Patterns of Prejudice, 1983 in Guilherme D. Pires; John Stanton, op. cit. - una letteratura comune orale o scritta; una religione comune; l’essere una minoranza (spesso oppressa); una comunità numericamente cospicua. Il marketing etnico si pone come obiettivo la definizione di un’offerta di prodotti o servizi che gli utenti, identificati su base etnica, considerano migliori di quelli offerti alla maggior parte della popolazione o ad altre comunità etniche. Esso deve quindi porsi le seguenti domande: - - - I bisogni espressi da un gruppo etnico sono diversi da quelli manifestati da altri gruppi o dalla maggior parte della popolazione? Le fonti d’informazione e i canali di comunicazione di cui si avvale un gruppo etnico, differiscono da quelli utilizzati da altri gruppi o dalla maggior parte della popolazione? Se sì, è possibile, considerando queste differenze, creare o migliorare dei prodotti o servizi? L'introduzione diffusa di tali criteri di segmentazione del mercato, di individuazione dei bisogni e di definizione di nuovi prodotti e servizi mirati, consente di stabilire con i residenti stranieri una relazione di tipo inclusivo. Il nuovo modello di inclusione sociale ed economica prospettato, non si basa più sul modello del melting pot, volto a favorire l'omogeneizzazione culturale dei residenti, ma tende piuttosto a costruire una società che si accosti all'idea del salad bowl nel quale ogni ingrediente mantenga il suo sapore e contribuisca con la sua unicità alla composizione della pietanza48. La segmentazione del mercato su base etnica consente di fare emergere aspetti interessanti e ancora scarsamente analizzati relativi alle Nicolò Borracchini, Banche e Immigrati: credito, finanza islamica e rimesse, Pacini Editore, 2007 48 86 comunità di migranti. Tra i comportamenti meno evidenti ma di portata più rilevante, vanno senza dubbio considerati quelli relativi all'utilizzo dei servizi finanziari. Il comportamento in ambito finanziario delle comunità di migranti in Italia risulta essere del tutto particolare rispetto a quello della popolazione italiana. Esso si rivela in tutta la sua complessità in considerazione della variegata composizione etnica della presenza straniera nel nostro Paese. Esiste un chiaro legame tra ciclo di vita nel processo migratorio individuale e utilizzo dei servizi finanziari49. Il graduale radicamento nel territorio sta portando ad una progressiva modificazione nei comportamenti correlati all’utilizzo di strumenti di credito, risparmio, assicurativi e ai canali di invio delle rimesse. Una volta giunto nel Paese di destinazione, in una prima fase, il migrante utilizza buona parte del reddito per assicurare a se stesso e alla propria famiglia, rimasta nel paese d’origine, una condizione stabile. Il migrante è concentrato sulla risoluzione dei problemi legati all’insediamento nel nuovo Paese: regolarizzazione, ricerca di una casa e di un lavoro. I rapporti con le banche sono molto limitati. L’invio delle rimesse avviene attraverso canali che consentano di minimizzare i costi, a scapito della sicurezza e del controllo sulle somme inviate. Dopo questa prima fase, in concomitanza con la creazione e il consolidamento di nuova condizione lavorativa, abitativa e familiare, il cittadino straniero dimostra un progressivo interesse verso strumenti finanziari via via più raffinati quali: l’utilizzo di canali “formali” per l’invio delle rimesse, l’apertura di un conto corrente, l'accensione di un mutuo ipotecario per l’acquisto dell’abitazione o di un prestito al consumo, la sottoscrizione di prodotti di risparmio e assicurativi. L'evoluzione dei bisogni finanziari, in base agli anni di presenza in Italia, ha portato quindi molti migranti ad accostarsi con maggior fiducia al sistema bancario. Il processo di progressiva bancarizzazione dei migranti, ossia di inclusione dei migranti nel bacino d'utenza attiva del sistema finanziario, è un fenomeno in pieno sviluppo. Grazie soprattutto alla possibilità di accesso ad un lavoro stabile e al ruolo attivo di inclusione finanziaria giocato dal settore bancario italiano, il 67% dei migranti residenti adulti possiede un conto corrente bancario50. Il 54% dei migranti “bancarizzati” ha attivato un credito presso una banca, il 50% sotto forma di mutuo. Il grado di fiducia nei confronti di prodotti di gestione del risparmio evoluti è invece ancora basso, così come quello nei confronti dei prodotti assicurativi. Il 42% ha sottoscritto un prodotto assicurativo ma il 60% di questi è costituito da RC auto. Ma l'ambito entro il quale le dinamiche in campo finanziario assumono le caratteristiche di un vero e proprio fenomeno di massa, è rappresentato dal settore delle rimesse. Le dimensioni dei flussi finanziari tra Italia e Paesi d'origine sono imponenti. Secondo i dati contenuti nel XIX Rapporto “ Immigrazione: Dossier Statistico 2009” curato da Caritas e Fondazione Migrantes51, nel 2008 le rimesse trasferite dall'Italia ammontano a 6.381 milioni di EURO, pari a 1.640 EURO per immigrato regolarmente registrato nel nostro Paese. Esse assorbono lo 0,41% del prodotto interno lordo. 49 50 José Luis Rhi-Sausi; Marco Zupi, Banche e nuovi italiani. I comportamenti finanziari degli immigrati, Bancaria Editrice, 2009 José Luis Rhi-Sausi; Marco Zupi, op. cit. Caritas Italiana; Fondazione Migrantes; Caritas Diocesana di Roma, op. cit. 51 87 Se si tiene conto dei trasferimenti di denaro avvenuti tramite altri circuiti, diversi da quelli bancari (amici, familiari, corrieri), non facilmente quantificabili, si stima una consistenza almeno doppia. Il volume dei flussi è tendenzialmente crescente nel tempo. Si calcola, infatti, che nel periodo 2000-2008 le rimesse siano aumentate di oltre dieci volte52 e quelle pro-capite di poco più di quattro volte53. Il corridoio verso l'Asia assorbe il 46,9% del volume totale, seguito da Europa (26%), Africa (14,5%) e America Latina (12,5%)54. 52 Si consideri che la fonte dei dati è rappresentata dalle segnalazioni di flusso che le banche residenti inviano all'Ufficio Italiano Cambi. Tuttavia, una quota sempre più consistente dei flussi viene gestita dai cosiddetti Money Transfer Operators (MTO) tra i quali in primis Western Union e MoneyGram. Il servizio fornito consente di inviare e ricevere in tempo reale e in modo sicuro piccole somme di denaro in ogni parte del mondo utilizzando una fitta rete di sportelli. Tutte le transazioni degli MTO con l'estero avvengono tramite il canale bancario. I principali operatori del settore accentrano i bonifici, per il tramite di banche residenti, su piazze finanziarie estere, di norma non coincidenti con lo stato di residenza dei beneficiari delle rimesse. Ciò ha comportato una scarsa qualità nella disaggregazione territoriale estera delle informazioni statistiche del sistema bancario, non sempre in grado di identificare lo stato di residenza del destinatario finale della transazione. L'Ufficio Italiano Cambi, al fine di rappresentare il fenomeno "rimesse" in modo più aderente alla realtà, solo a partire dai dati dell'anno 2004, integra le informazioni bancarie con i dati raccolti presso gli MTO. L'adozione della nuova metodologia giustifica il salto di serie riscontrabile nell'andamento storico dei dati. Sull'argomento vedi anche: G. Giuseppe Ortolani, Remittance Statistics in Italy. A short note on current practice, UIC, 2006 53 Centro Studi Sintesi, Le rimesse in Italia, analisi e mappatura dei flussi monetari in uscita dall'Italia, 2008 54 Caritas Italiana; Fondazione Migrantes; Caritas Diocesana di Roma, op. cit. Il paese di destinazione più importante è la Cina, verso la quale nel 2008 sono partiti dall'Italia 1,541 miliardi di EURO. Le Filippine hanno ricevuto dai concittadini residenti in Italia 922,56 milioni di EURO, seguita da Romania (768,48 milioni di EURO), Marocco (333,02 milioni di EURO) e Senegal (262,78 milioni di EURO). I dati evidenziano come anche in Italia i migranti rappresentino un target potenziale estremamente interessante. Le banche mostrano un progressivo interesse per le comunità di migranti. Sempre più spesso si parla di migrant banking, riferendosi a servizi bancari ritagliati sulle esigenze dei migranti in Italia e caratterizzati da un marketing basato sul “linguaggio dell’accoglienza”55. Accanto ai servizi nel Paese di destinazione è tuttavia importante definire nuovi schemi operativi che rappresentino dei veri e propri ponti finanziari con i paesi d’origine. Questi nuovi modelli devono essere in grado di intercettare la domanda dei migranti e delle loro comunità di appartenenza sia in Italia che nei paesi d’origine. Un secondo e promettente ambito d’intervento delle banche nel settore della microfinanza è costituito dai servizi volti alla riduzione del fenomeno dell’esclusione bancaria, il cosiddetto social banking. Con esso si intende l’offerta di servizi bancari indirizzati a segmenti di clientela a rischio di esclusione bancaria che trovano difficoltà ad accedere anche ai servizi bancari più elementari56. Il social banking rivolge i propri servizi a persone prive di relazioni bancarie, ossia che per non convenienza, non sopportabilità economica, per incapacità di comprendere le condizioni contrattuali o per difficoltà relazionali con l’istituto bancario, non dispongono di un conto corrente, strumento 55 Nicolò Borracchini, op. cit. Luisa Anderloni in, Guida critica alla responsabilità sociale e al governo d’impresa, a cura di Lorenzo Sacconi, Bancaria Editrice, 2005, p. 719 56 88 indispensabile in molti ambiti della vita economica e sociale. Tra questi soggetti citiamo oltre ai migranti (in particolare i musulmani), i rifugiati, gli anziani, i giovani, i disoccupati, i lavoratori precari, le famiglie a basso reddito, le famiglie monoparentali. L’ABI è impegnata in iniziative rivolte all’inclusione finanziaria. Il Consorzio Patti Chiari, che ha avviato le attività nel 2003, ha lo scopo si promuovere presso il pubblico l’informazione e l’educazione in ambito finanziario. Inoltre, contribuisce allo sviluppo del “servizio bancario di base” volto alla riduzione del fenomeno dell’esclusione bancaria, attraverso l’accesso ad un conto corrente semplificato e a bassi costi di gestione. 5.7 Buone pratiche. PerMicro SpA: il microcredito commerciale alla prova PerMicro SpA è la prima società italiana a dimensione nazionale specializzata in microcredito (iscritta all’Albo degli intermediari finanziari ex. Art. 106 TUB). Nata nel 2007 a Torino, PerMicro si propone di fornire servizi di credito a imprese e a famiglie considerate non bancabili. Soci azionisti sono la società italiana di venture capital sociale Oltre Venture, la Fondazione Paideia, Ubi Banca e la Fondazione Sviluppo e Crescita CRT. La dimensione operativa adottata da PerMicro riprende standard organizzativi e di processo consolidati a livello internazionale, calandoli nella complessa realtà italiana. Si tratta di un’esperienza assolutamente innovativa per il settore della microfinanza in Italia, nato e sviluppatosi in una dimensione prevalentemente solidaristica e assistenziale che pur efficace dal punto di vista sociale non ha ancora consentito uno sviluppo esteso della microfinanza nel nostro Paese. Il modello proposto da PerMicro, per contro, si propone di fare leva su alcuni elementi in grado di condurre l’istituzione a un progressivo equilibrio tra efficienza (sostenibilità economica e finanziaria) ed efficacia (performance sociale). I principi fondanti su cui si basa PerMicro sono: - - - - - Impiego di un team di professionisti: l’utilizzo di personale retribuito e formato consente di raggiungere standard qualitativi superiori e una continuità nella relazione con i clienti; Approccio più vicino al mercato: la forma giuridica di Società per azioni implica che gli investitori, pur socialmente orientati (per quanto riguarda sia le aspettative di redditività che di rischio e di risultato sociale) intendano almeno mantenere costante il valore dell’investimento; Sviluppo di metodi di credit scoring e procedure standardizzate. Ciò consente di ridurre i costi di lavorazione delle pratiche di credito e, più in generale, di gestione del portafoglio; Assunzione diretta del rischio del credito. Come visto in precedenza i programmi di microfinanza tendono invece ad utilizzare Fondi di Garanzia esterni. Nel caso di PerMicro, accanto ad una garanzia di firma da parte di un garante considerato solvibile, il beneficiario deve portare una garanzia di tipo morale da parte della rete sociale nella quale è inserito (associazione, parrocchia, ecc.); Raggiungimento di volumi considerevoli di portafoglio. La sostenibilità economica dell’istituzione è legata al raggiungimento del punto di pareggio, realizzabile solo in presenza di un volume significativo di ricavi derivanti dall’attività di impiego. Ciò consente di servire un numero elevato di persone e mantenere in equilibrio economico l’istituzione; 89 - - Diffusione sul territorio nazionale. Il programma di PerMicro non avrà una dimensione locale ma, anche per ragioni di sostenibilità, intende estendersi all’intero territorio nazionale Raggiungimento nel medio periodo all’auto-sostenibilità economica e indipendenza dalle donazioni. Pur essendo difficile fare un bilancio sull’esperienza PerMicro a distanza di solo tre anni dalla sua creazione, è tuttavia possibile osservare quali siano al momento i primi riscontri dell’applicazione di tale modello nel contesto italiano. PerMicro è oggi presente in dieci Regioni italiane grazie ad una rete di 11 agenzie distribuite per il momento nel Nord e Centro Italia. Nel 2009 l’IMF ha erogato 290 crediti (+67% rispetto al 2008), su un totale di 2.568 contatti effettuati (11%). Al 30/06/2010 PerMicro aveva erogato complessivamente 703 crediti su 4.526 contatti effettuati (15%). Il totale dei crediti erogati è stato pari a 3,733 milioni di euro. Di questi 1,34 milioni di euro sono stati concessi alle microimprese e 2,39 milioni alle famiglie. L’ammontare medio erogato per i crediti alle imprese è di circa 7.600 euro; per le famiglie 4.500 euro. Il 79% dei clienti sono migranti, soprattutto impiegati nel piccolo commercio (41% dei crediti erogati all’impresa) e per la casa (41% dei crediti alle famiglie). Il 39% dei crediti rivolti all’impresa sono stati utilizzati per l’avvio dell’attività. In generale si osserva che i tempi di lavorazione delle pratiche di credito sono migliorabili e l’attività di monitoraggio richiesta impiega ingenti risorse. La sfida ancora aperta che PerMicro intende affrontare resta quindi quella di offrire un servizio competitivo e professionale, orientato alla sostenibilità economica dell’istituzione pur nel quadro di una stretta collaborazione con il settore pubblico e la società civile. 5.8 Buone pratiche. Fondo Microcredito della Regione l’importanza della rete territoriale per il Lazio: Con la legge regionale n. 10 del 18 Settembre 2006 la Regione Lazio (Assessorato al bilancio, programmazione economica e finanziaria) ha istituito il Fondo per il Microcredito e ne ha assegnato la gestione operativa a Sviluppo Lazio Spa, che a sua volta ha stipulato una convenzione bancaria con la Banca di Credito Cooperativo di Roma, Società Cooperativa. Un comitato tecnico supervisiona l’intero processo riguardante la gestione del fondo, mentre il Centro Servizi (composto da Microfinanza Srl e PerMicro SpA) effettua la valutazione creditizia, conduce il monitoraggio e il tutoraggio dei prestiti e si occupa della formazione degli operatori territoriali. Selezionati tramite bando pubblico, gli operatori territoriali sono enti pubblici o privati del settore no profit, che già realizzano progetti di intervento sociale ed economico. Coinvolgere questo tipo di attori è in linea con una visione democratica del microcredito, per un accesso al credito anche a persone escluse dai tradizionali circuiti finanziari e in condizioni di difficoltà: la presenza sul territorio di “sensori territoriali”, recettori e interpreti delle esigenze della popolazione, permette lo sviluppo di prodotti e programmi sostenibili e di impatto positivo. Gli operatori territoriali (attualmente sono 27), debitamente formati, conducono diversi colloqui con i soggetti interessati fino a farne una selezione in base ad una valutazione di affidabilità (le domande sono poi trasmesse per una valutazione di merito creditizio al Centro Servizi), ma soprattutto curano i rapporti con i 90 beneficiari accompagnandoli dalla richiesta di finanziamento sino alla restituzione del prestito. Una diramazione così capillare e vicina ai beneficiari permette la creazione di un sistema di informazioni tale da migliorare concretamente la qualità dei servizi e diminuire il rischio di fallimento dei progetti finanziati. L’organizzazione dei prestiti (legge regionale n.27 28 dicembre 2007) si suddivide in tre assi di intervento: - - - ASSE A: Microimprese, nella forma giuridica di cooperative, società di persone o ditte individuali, costituite e operanti, o in avvio d’impresa, con il fine di contrastare l’economia sommersa e di promuovere l’occupazione, soprattutto tramite l’autoimpiego; ASSE B: Credito d’emergenza, finalizzato a bisogni primari ed essenziali dell’individuo (salute, casa, ecc.); ASSE C: Sostegno a persone sottoposte ad esecuzione penale (intra o extra muraria, ex detenuti da non più di 24 mesi), nonché famigliari e non di detenuti. (Per questo tipo di soggetti è previsto un operatore territoriale di diritto, l’Ufficio per il Garante per i diritti dei detenuti del Lazio). Gli interventi a favore di persone giuridiche prevedono crediti di importo minimo di 5.000 e massimo di 20.000 euro, mentre i prestiti verso persone fisiche vanno dai 1.000 ai 10.000 euro. Entrambe le tipologie di prestito sono concesse ad un tasso di interesse dell’1%, e in entrambi i casi non sono previsti costi addizionali per i beneficiari. A fronte di questo, nei primi 6 mesi del 2010, il maggior numero di richieste si inquadra all’interno dell’Asse B (165 su 305 domande totali selezionate), ma la maggior parte delle “agevolazioni” concesse rientra nell’Asse A (80 su un totale di 156 domande ammesse, il 60%, per un ammontare di circa 1.225.958 euro), mentre nell’Asse B si registra un pressoché uguale numero di richieste ammesse (72, il 44%, che corrisponde a 357.624 euro erogati) e respinte (74, il 45%). Nell’Asse C, risultano solo 7 richieste, di cui 4 ammesse (il 57%, per un totale di 36 mila euro). In generale, dal suo avvio e sino ad agosto 2010, il progetto ha concesso 156 crediti per un totale di 1.619.583 euro.