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Le voci della scienza
UMBERTO VERONESI
24 gennaio 2008
Trascrizione dell’intervista
NOTE TECNICHE E CRITERI DI TRASCRIZIONE
Questo documento scritto è una derivazione del documento originale, che è da considerarsi la registrazione
audiovisiva conservata presso gli archivi del Museo su supporto MiniDV in formato SD PAL 720x576.
Esso ha unicamente lo scopo di indicizzare e rendere fruibile il contenuto del documento audiovisivo originale.
La trascrizione è letterale; eventuali discordanze da una trascrizione verbatim sono introdotte allo scopo di
favorire la leggibilità.
I principali criteri di realizzazione sono:
inserimento di punteggiatura;
eliminazione di parole incomplete e interiezioni ridondanti;
redazione del testo delle domande;
codici di tempo inseriti all’inizio di ciascuna risposta (approssimati al secondo e riferiti al timecode
impostato sul filmato originale).
Intervista raccolta il 24 gennaio 2008 a Milano, presso l’Istituto Europeo di Oncologia, a cura di Simona Casonato.
Trascrizione di Lorenza Moneta.
Che cosa ha significato per lei essere uno scienziato?
[04:40] Io non avrei mai pensato di dedicarmi alla scienza, lo devo confessare. Dopo la
guerra, a cui ho partecipato anche attivamente, ero nella resistenza, ho avuto difficoltà, sono
stato ferito, sono saltato su una mina, sono stati mesi in ospedale, ho avuto tanti interventi,
poi sono stato braccato da tedeschi, da fascisti, quindi ho avuto una vita difficile,
un'esperienza difficile a 17 anni. Quando sono arrivato all'università, il mio grande pensiero,
la mia grande speranza era di potermi dedicare al mondo della psicologia per conoscere in
profondità l'animo umano, il pensiero umano, e poi riuscire a identificare le possibili cause di
questo grande male che ogni tanto esplode: penso all'olocausto, penso alla crudeltà
ingiustificata, gratuita, che aveva colpito l'umanità in quel periodo. Quando, per una pura
coincidenza, andai a fare lo studente praticante all'Istituto dei Tumori. Lì ebbi una specie di
folgorazione, perchè vedendo la disperazione di questo mondo, l'abbandono, il fatalismo, il
dolore, la sofferenza che regnavano, e soprattutto la rassegnazione. Allora il cancro
sembrava una malattia a cui non ci si poteva opporre, una specie di maledizione divina, a cui
era inutile tentare di fare resistenza. Bene, ebbi una folgorazione e decisi, in quel momento,
in un attimo, di dedicare tutta la mia vita alla lotta contro i tumori. Devo dire che i miei
professori universitari - io ero il migliore del corso - avevano per me orizzonti allora
considerati molto più importanti, più gloriosi... avevo un biglietto aereo per andare a Huston
a fare cardiochirurgia ed un altro per andare a Stoccolma a fare neurochirurgia, che erano le
grandi speranze del futuro. E in effetti lo sono anche state. Ma io decisi di rinchiudermi in
quella specie di lazzaretto, perchè la mia ossessione era quella di riuscire a riportare alla luce
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Trascrizione dell’intervista a Umberto Veronesi
del mondo della scienza questo mondo, che era rimasto chiuso in una specie di
rassegnazione, rispetto alla possibilità di combattere efficacemente la malattia.
Quali devono essere gli strumenti, le doti, l'atteggiamento per dedicarsi ad una
professione scientifica?
[08:00] Riviste adesso, dopo una vita intera passata nel mondo della scienza, dovrei dire che
le caratteristiche che devono essere già presenti, quando si inizia a fare ricerca scientifica,
devono essere: la perseveranza innanzitutto; l'ottimismo ;e potrei dire la volontà, anche se è
un termine già difficile da connotare. L'ottimismo perchè nel mondo della ricerca sono più le
sconfitte che le vittorie: tutti sanno che spesso si inizia una ricerca per scoprire, a metà della
ricerca o a suo termine, che non è andata a buon fine o ha dato risultati parziali, rispetto a
quelli che erano attesi. Quindi, questo è superato da un persistenze ottimismo nel superare
queste battute d'arresto. La perseveranza, per la stessa ragione sostanzialmente, perchè non
bisogna mai arrendersi in ricerca, bisogna sempre avere una riserva dentro di sè, non solo di
volontà - ecco la volontà - ma anche di idee. Facendo ricerca bisogna elaborare altre idee,
sempre avere un parcheggio di idee, che siano volta per volta messi in cantiere per vederne
la reale applicabilità. E infine bisogna anche essere anti-conformisti, perchè spesso si è
portati a seguire la moda della ricerca, che è quella che in quel momento è vincente e
permette di fare delle buone pubblicazioni e una buona carriera, ma che non è la grande
originalità. L'originalità vuol dire essere in qualche modo dei pioneri, rompere le regole.
Infatti la ricerca non va sempre d'accordo con la scienza, paradossalmente. Il ricercatore
deve anche contestare i dati scientifici cosiddetti tradizionali e provati, perchè c'è sempre
qualcosa di nuovo e di sbagliato nei dati scientifici anche apparentemente più sicuri. Quindi
questa è la grande sfida del vero ricercatore: l'importante non è ricercare per ricercare, ma
ricercare per scoprire e per infrangere del conformismo scientifico che purtroppo esiste.
Che rapporto ci deve essere tra la scienza e la cultura?
[12:00] Il dubbio è la vera molla molla della ricerca, senza dubbi non ci sarebbe ricerca.
Abbiamo dubbi su tutto. Per principio la scienza si nutre di dubbi, di incertezze, di insicurezze
ed è proprio questa la forza che anima lo scienziato: dirimere i dubbi.
Sulla partecipazione del mondo scientifico al più grande mondo culturale, credo che
dobbiamo andare al primo Umanesimo: Marsilio Ficino. Siamo nel '300, nel '400, e la grande
esplosione che avrebbe anticipato il Rinascimento comprendeva la scienza tra i grandi
sviluppi umanistici. Quindi letteratura, filosofia, poesia, musica, la nuova musica che stava
nascendo; ma molto la scienza. Aristotele ancora imperava, anzi è stato riscoperto
nall'Umanesimo, ed è da lì che la scienza ha preso vita. Poi ha avuto momenti di
oscurantismo, lo sappiamo tutti. Abbiamo avuto, vicino alla grande esplosione
rinascimentale, una reazione delle forze oscurantiste che nel '600 andavano a caccia delle
streghe, che vedevano il demonio ovunque, anche negli scienziati, quando era proibito fare
autopsie, quando fare il ricercatore, lo scienziato, ma anche il musicista, erano considerate
attività al servizio del demonio. Ma per fortuna l'Illuminismo ci ha portato l'Enciclopedia di
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D’Alembert e Diderot, ci ha riportato alla luce, e l'oscurità se ne è andata. Ogni tanto cerca di
ottenebrare questa bella luce. Io sono sempre ottimista, nonostante è un momento in cui ci
sono state una serie di iniziative antiscientifiche come tutti sanno. Il mio proposito è quello di
trovare un'allenaza, anche con la forza più anti-scientifica che è la Chiesa, che per sua natura
si fonda su degli assoluti, si dei dogmi, per sua regola: la scienza viene dalla rivelazione, la
rivelazione è la parola divina che non si può immaginare che non sia perfetta. Quindi il
credente è inevitabilmente un integralista, lo scienziato è un possibilista, il non-credente è un
possibilista, perchè si nutre di dubbi. Il credente non ha dubbi, ha solo certezze, perchè è in
possesso di una verità rivelata. Questo è il grande contrasto che qualchevolta dà luogo a
espisodi di rottura tra il mondo giovanile, che vuole emanciparsi, ed il mondo della Chiesa.
Tuttavia, ci sono terreni di intesa, punti di incontro: vi è la Chiesa dogmatica, ma vi è la
Chiesa operante, che appellandosi non alle grandi verità rivelate, ma all'etica, ai grandi
principi morali, allora partecipa a una battaglia comune con i laici: aiutare i poveri, aiutare i
sofferenti, aiutare le popolazioni nel disagio, appellarsi al trionfo della vita nel senso di
combattere, ad esempio, la pena capitale. Abbiamo tanti interessi in comune: eliminare la
fame nel mondo, eliminare le grandi malattie nel mondo. Quindi credo che ci sia spazio per
una grande collaborazione: se invece ci si ferma e ci si ostina a vedere le differenze nei
principi, che sono giganteschi, ma nei principi e non nella pratica.
Io ho creato il primo Comitato Etico in Italia, ospedaliero, ed ho presieduto questo Comitato
per venticinque anni. C'erano filosofi, scienziati, psicologi, teologi, quindi credenti e noncredenti. Ebbene, in venticinque anni non abbiamo mai avuto una frattura tra questi due
mondi, perchè eravamo tutti impegnati a difendere il malato, ad aiutare il malato, a renderlo
consapevole di quello che stava avvenendo nel suo corpo e nel trattamento che gli era stato
proposto. Tutto il grande mondo della sperimentazione, ha trovato delle soluzioni, tra
credenti e non- credenti. Quindi io credo che ci sia tanto spazio per la collaborazione.
La focalizzazione sugli aspetti pratici è fondamentale per avere un atteggiamento
scientifico?
[18:05] Bisogna affrontarli perchè la vita è fatta di fatti concreti, non di principi: i principi del
credente sono nel suo intimo, il suo dialogo con Dio nessuno lo può contrastare.
Nella vita quotidiana e nella preparazione, nella costruzione del mondo del futuro bisogna
vivere una realtà che è davanti a noi, che è intorno a noi. E quindi bisogna affrontare i
problemi uno per uno e risolverli. Risolverli con la forza della ragione, con la forza
dell'intelletto del pensiero, che io chiamo scientifico, ma è quel pensiero razionale che è
dentro tutti di noi. Qualsiasi atto facciamo è il risultato di una valutazione scientifica, se ci
conviene prendere una strada o prenderne un'altra, è un atto che il nostro cervello elabora
statisticamente, valutando qual'è il tempo minore che ci si impiegherà. Ma è un grande
sforzo scientifico.
Che cosa può fare un museo scientifico?
[19:35] Un museo scientifico. Io sono un grande appassionato dei musei scientifici, li
conosco tutti, a Londra, Amsterdam, Berlino, Milano – sono uno strumento importantissimo
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per questo mondo della divulgazione della scienza. Perché rompono le barriere, tra lo
scienziato chiuso nella sua torre d'avorio e la popolazione, che era la figura del passato.
Questo è il punto d'incontro: la scienza viene spiegata ai ragazzi, ai giovani, ai visitatori, di
ogni età e di ogni cultura. Viene spiegata in maniera semplice, viene resa vivibile, ognuno si
immagina che cosa farebbe lui se fosse uno scienziato in quel momento.
Il museo intelligente mette davanti al ragazzino anche la possibilità di ideare lui stesso dei
piccoli progetti di ricerca. Io sono convinto che il museo della scienza sia un museo
fondamentale, che deve però insistere sul pensiero scientifico. La tendenza perversa è quella
di affidarsi solo alla tecnologia: la tecnica certamente è uno strumento della scienza, ma se
deve diventare fine a se stessa, rischia di perdere i grandi valori della scienza. La scienza si
riflette, si ispira, ai grandi principi di Galileo, cioè all'universalità della scienza, innanzitutto,
alla ricerca della verità, alla riproducibilità, ma anche al principio civilizzatore della scienza.
La scienza è fatta per civilizzare il mondo, ha un enorme valore etico. La tecnica, la
tecnologia, non risponde a grandi principi, ma risponde al mercato. Il tecnologo puro, se non
è alimentato dal pensiero scientifico, ma solo dal pensiero tecnologico, risponde al mercato.
Il ragazzino che vuole una nuova Play Station, modello diverso, il giorno dopo se la trova, se
c'è un mercato. Il tecnologo non si preoccupa di capire se quello che fa è utile al bambino, al
suo sviluppo culturale, intellettuale, alla sua maturazione civile: non è nel pensiero del
tecnologo. Il tecnologo accontenta chi desidera una tecnica, una tecnolgia nuova, senza
porsi problemi sul futuro della scienza o sul futuro del mondo.
Come si potrebbe far dialogare meglio scienza e tecnologia?
[22:55] Creando un ponte sempre più stretto. Il tecnologo è anche scienziato. Bisogna che la
tecnica non vada avanti troppo indipendentemente, perchè allora è sovrastata dalle richieste
del mercato, che per certi aspetti è anche legittimo. Nessuno pretende di avere sempre
accanto a un miglioramento della vita quotidiana un grande pensiero per il futuro. però
occorre un equilibrio.
Quale oggetto e quale attività sceglierebbe per illustrare il suo mestiere di
scienziato?
[24:00] Una volta avrei scelto il bisturi o le radiazioni, oggi sceglierei l'analisi e la struttura
del DNA, amplificata, chiarita, spiegata. Questo per me è forse il tema, in questo momento,
uno sviluppo della scienza importante per i giovani.
Come possiamo cambiare l'immaginario sul cancro?
[25:00] Non è facile, non è facile perchè questi sono immagini o simboli non nati da qualche
settimana, ma sono dentro di noi da migliaia di anni. Il cancro è stato vissuto per decine o
centinaia di generazioni, come la vera grande maledizione. Quindi, questo aspetto quasi
metafisico della catastrofe di origine divina, a cui è impossibile difenedersi, è ancora molto
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radicato. Però bisogna aprire le porte alla verità: tutti sappiamo che esistono sostanze
cancerogene, sappiamo che esistono i virus, sappiamo che esistono le radiazioni e bisogna
spiegare in maniera semplice che, dopo tutto, il cancro è la malattia più semplice di questa
terra. E' un piccolo danno al DNA, minimo, un gene o un piccolo gruppo di geni che
trasformano la cellula. La trasformano paradossalmente in meglio, cioè la rendono quasi
immortale. Questa cellula è una cellula più vivace, più attiva, più resistente, che si continua a
dividere e non riceve più segnali di stop che arrivano dal resto dell'organismo. Quindi è un
paradosso abbastanza singolare di una mutazione che migliora delle cellule, ma le migliora
talmente che crea il danno di chi ospita quelle cellule, cioè l'organismo. Vedendo crescere
questa popolazione che non si arresta mai, alla fine ne soccombe. E' come se una
popolazione giovanissima e molto attiva, entra in un nuovo paese e si sviluppa e lentamente
uccide la vecchia popolazione che era lì.
Quindi è facile anche da far vedere, non è difficile dimostrare la semplicità del fenomeno e
quindi eliminare ogni leggenda su questa malattia.
Perchè, secondo lei, il metodo scientifico è visto come qualcosa di ostico e genera
diffidenza?
[28:20] Penso che sia poco diffuso perchè è difficile, è faticoso. Pensare razionalmente è
faticoso. E' più facile affidarsi alle favole. Il mondo delle credenze, la superstizione, gli
oroscopi ti danno subito la risposta: oggi ti andrà bene, non c'è bisogno di immaginare come
ti devi comportare affinchè le cosa ti vadano bene. L'oroscopo te lo dice già: se sei del
sagittario ti andrà bene, se sei invece dei pesci non ti andrà bene. Questo è molto più facile
da sorbire, da elaborare mentalmente. Questo è l'esempio più banale, ma tutto quello che ci
viene dato...è la fortuna delle religioni, perchè tutto è dato già per scontato, per accettabile.
Tu devi accettarlo, perchè c'è qualcuno che ha pensato a te. Non devi stare a sciupare il
tempo a pensare troppo: c'è una divinità che ha pensato a tutto, che ha organizzato tutto.
Quanto è importante che siano gli scienziati stessi a parlare di scienza?
[29:50] È una cosa importante che avvenga, ma è anche una cosa pericolosa. È importante
che avvenga, perchè la diretta comunicazione, il messaggio è più efficace in generale.
Pericolosa, perchè siamo tutti uomini, quindi anche uno scienziato, qualche volta, può essere
indotto ad amplificare troppo le proprie ricerche – questo lo vediamo quotidianamente – o a
soffermarsi solo sulle proprie ricerche. Innanzitutto perchè potrà avere una gloria magari
effimera sui giornali, il giorno dopo o per una settimana, e poi perchè forse nella carenza di
finanziamenti e nell'assoluta difficoltà a trovare sostegno alle proprie ricerche, se una certa
ricerca viene propagandata come promettente, beh forse qualche finanziamento in più è
facile che arrivi.
Nel complesso, tutto messo insieme, io sono d'accordo che lo scienziato debba uscire dal suo
mondo stretto per dedicarsi alla divulgazione. Che non è facile, perchè è difficile tradurre in
parole semplici concetti complessi, ed è difficile essere completamente distaccati da obiettivi.
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Trascrizione dell’intervista a Umberto Veronesi
Rispetto alla sua carriera, lei è soddisfatto dei risultati ottenuti?
[31:50] Non sono affatto soddisfatto: certo, la lotta ai tumori oggi non è certo quella che ho
incominciato cinquant’anni fa, conosciamo molte più cose. L'unica cosa di cui posso, in
qualche maniera, vantarmi ed essere orgoglioso, è l'aver introdotto un parametro importante
nei nostri malati, cioè la qualità della vita. Abbiamo pensato che per curare i malati bisogna
curarli al piacere di una vita ancora godibile, e non di una vita fatta di mutilazioni, di
sofferenze, dovuti alle cure. Quello è stato il grande passo in avanti. Una volta si guariva con
delle mutilazioni intollerabili, con una qualità di vita molto poco buona.
Mi piacerebbe dedicarmi con più serenità e più tempo al pensiero profondo della filosofia, o
della letteratura, della poesia. Io amo moltissimo la poesia e purtroppo non riesco a
soddisfare il mio desiderio di conoscere di più.
Può citare tre personaggi che hanno fatto la storia della scienza in Italia?
[33:30] Non è facile. I primi tre... le grandi rivoluzioni: Copernico, che passa dal diocentrismo
al sistema eliocentrico, Darwin che ha dato una interpretazione straordinaria dell'evoluzione
della vita all'interno dell'evoluzione dell'universo, e Freud, che ha esplorato la mente in una
maniera assolutamente originale e molto utile da conoscere.
Oggi il mondo della scienza non è più il mondo della grande scoperta fatta dal singolo,
fortunato. Dopo i grandi passi in avanti della fisica di Einstein e di Planck, oggi si vive di
piccoli passi. Io conosco non una, ma cento persone che apprezzo e con cui ho rapporti di
stima molto profondi. Ma non c'è più il grande personaggio.
Può fare una sua auto-presentazione?
[35:26] Sono Umberto Veronesi, faccio il chirurgo di professione, di mestiere. Mi occupo
molto di scienza, soprattutto di ricerca clinica, cioè di come i dati sperimentali possano
essere tradotti in fatti utili al paziente, ma in maniera provata e dimostrata. Non sono più
giovane, sono un ottuagenario, ma questo non mi dispice, perchè credo di poter contare
ancora su un pensiero vivace, ancora totalmente intatto come capacità di elaborare ancora
nuove idee.
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