Montalcino e la ristorazione: storia di un idillio mancato

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Montalcino e la ristorazione: storia di un idillio mancato
Montalcino e la ristorazione: storia di un idillio mancato
Un corsivo di Salvatore Marchese su Barolo & Co
Chissà quanti di voi lo hanno pensato tutte le volte che vi è capitato di tornare, e con piacere, a
Montalcino. Perché mai la ristorazione nella capitale del Brunello, in uno dei borghi del vino
di più ampia notorietà mondiale, non riesce a raggiungere, non ha mai raggiunto, livelli di
eccellenza?
Perché mai, nonostante l’esistenza di una tradizione di cucina di primario livello (anche se
spesso è cucina povera e non fastosa), e una di sana abitudine di mangiare bene, a Montalcino
quando si va al ristorante non si mangia, al contrario di quello che accade, talvolta, quando si
beve, in maniera memorabile?
Certo, ci sono delle positive eccezioni, e di buon livello va considerata la cucina dell’ Hotel
Ristorante Il Giglio
, alla
Vineria Le Potazzine
si casca sempre bene, ma per mangiare veramente bene la mia esperienza mi dice che ci si
deve spostare ad una decina di chilometri da Montalcino, in quell’incantevole angolo che è
Sant’Angelo in Colle
, dove nella stessa deliziosa e raccolta piazzetta si trova sicura qualità in due locali,
Il Pozzo
ed
Il Leccio
.
Sicuramente la mia analisi é lacunosa e trascura qualche cucina meritevole, ma la mia
esperienza mi dice che quando faccio ritorno a Montalcino e torno nel centro storico, nei
numerosi locali che vi sono, la qualità non è certo all’altezza del blasone di Montalcino e del suo
Brunello.
Dello stesso avviso è un carissimo amico e collega, che stimo molto e a cui voglio un gran
bene, Salvatore Marchese da Castelnuovo Magra (zona Colli di Luni Vermentino), che sul
numero di dicembre 2011 della rivista
Barolo & Co (di cui
sono stato anch’io in passato collaboratore) apre la sua bella rubrica di recensioni di ristoranti
Fornelli d’Italia
(Salvatore è apprezzato collaboratore della guida ristoranti dell’Espresso, oltre che autore di
numerosi libri di cucina e di storia della cultura materiale) con un corsivo dal titolo quanto mai
significativo di “
Perché Montalcino non ama la ristorazione
?”.
Pensando di fare cosa gradita e di offrire un utile contributo al dibattito (i lettori di questo blog
apprezzano sempre quando si parla della terra del Brunello) ho pensato di ripubblicarlo e
sottoporlo alla vostra attenzione. Leggetelo con attenzione e fatemi sapere cosa ne pensate!
“Perché Montalcino non ama la ristorazione? Il responso è di quelli che non lasciano adito
ad alcun dubbio. In materia di ristorazione di media ed alta qualità la Langa e il Roero
prevalgono nettamente su Montalcino.
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Montalcino e la ristorazione: storia di un idillio mancato
Per valutare appieno le dimensioni del fenomeno è sufficiente prendere atto dei giudizi
espressi dalle maggiori guide specializzate che sono appena uscite in libreria ed in edicola.
Esiste una ragione oggettiva che ci possa essere d’aiuto per comprendere il perché di una
differenza che negli ultimi anni si è accentuata in misura davvero eclatante?
Presi anche singolarmente il Barolo, il Barbaresco, la Barbera, l’Arneis e gli specifici territori
che li esprimono, fino all’Astigiano compreso, dal punto di vista gastronomico hanno
naturalmente una marcia in più rispetto al Brunello e al suo territorio.
Sulle cause ciascuno potrà dissertare a piacimento. Nel mese di novembre del 2010, nel
ristorante annesso all’azienda agricola Poggio Antico di Montalcino giunse da Capri Oliver
Glowig, chef tedesco dotato di eccezionalità capacità professionali.
Per quanto bravissimo, la sua avventura nel Granducato è stata di breve durata: dopo neppure
quattro mesi si è trasferito a Roma, al ristorante Aldrovandi Villa Borghese.
La guida dei ristoranti dell’Espresso gli ha attribuito 16/20. La guida Michelin ne ha sottolineato
le virtù con due stelle. Le stesse che sicuramente avrebbe meritato stando a Montalcino, dove
gli chef di classe suscitano la totale indifferenza dei produttori di vino e degli addetti ai lavori”.
Questa l’opinione, espressa chiaramente, da Salvatore Marchese e voi, ilcinesi e produttori di
Brunello, cosa ne pensate?
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ATTENZIONE!
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