La poetica del Decameron

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La poetica del Decameron
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La poetica del Decameron
Il Proemio
I
l titolo Decameron che significa “dieci giornate”, è probabilmente un calco lessicale derivante dall’Hexameron (“sei giorni”), un particolare genere di commentario medioevale dedicato
ai sei giorni della creazione del mondo (tra i più noti segnaliamo
quello di Basilio di Cesarea e di Ambrogio di Milano).
Il sottotitolo («Comincia il libro chiamato Decameron cognominato prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in diece dì dette da sette donne e da tre giovani uomini») allude a Galeotto (volgarizzazione di Galehaut), personaggio del
romanzo francese Lancillotto (composto tra il 1220 e il 1235), del
quale si narra che aiutò il cavaliere Lancillotto e la regina Ginevra a rivelarsi reciprocamente il loro amore. A Galeotto già aveva
fatto ricorso Dante, piegandone il nome al significato di oggetto
«intermediario d’amore» («Galeotto fu il libro e chi lo scrisse»;
Inferno V, v. 137). Boccaccio se ne serve nell’accezione più generica di amico che conforta e distrae nelle pene d’amore, di confidente soprattutto delle donne, cui l’opera è dedicata. Peraltro,
nel Filocolo, Boccaccio aveva già attribuito all’Ars amatoria del
poeta latino Ovidio uguale funzione «galeotta», di veicolo del
desiderio d’amore tra Florio e Biancifiore.
Le fonti tematico-narrative
Nel Proemio del Decameron l’autore prende la parola e dichiara
l’intenzione di raccontare «cento novelle, o favole o parabole o
istorie»:
• le novelle richiamano brevi componimenti in prosa su argomenti diversi, aventi lo scopo di divertire e legati soprattutto
a fatti contemporanei (il termine “novella” deriva dall’aggettivo latino novus e significa “notizia nuova”, “novità”);
• le favole alludono ai fabliaux francesi, brevi componimenti in
versi e di ambientazione realistica, di argomento licenzioso;
• le parabole rinviano ai racconti orali (exempla) con cui i predicatori medioevali sollecitavano l’emozione e la partecipazione degli ascoltatori per trasmettere un insegnamento
morale;
• le storie richiamano racconti di una certa ampiezza relativi
a personaggi illustri, a sfondo storico (come nelle vidas dei
trovatori provenzali), ricchi di avvenimenti e di intrecci fantastico-romanzeschi, già sperimentati nel Filocolo e nei Ninfali.
Tradizione e innovazione
Oltre ai sottogeneri di epoca medioevale (romanzi cavallereschi bretoni-arturiani, fabliaux, exempla, cantari), solo in parte
confluiti nell’anonimo Novellino (1291-1300), lo scrittore attinse
alle fiabe arabo-orientali e alle fonti classiche, in particolare alle Favole milesie, racconti osceni dello scrittore greco Aristide di
Mileto (II sec. d. C.), e all’Asino d’oro dello scrittore latino Apuleio
(II sec. d. C.), che si differenzia dai poemi epici quali Iliade, Odissea di Omero o Eneide di Virgilio, configurandosi come romanzo
vero e proprio.
La comicità “dilettevole” e il realismo, inteso come rappresentazione concreta e multiforme della vita umana, è ciò che distingue la narrativa di Boccaccio rispetto alla tradizione. Le novelle
del Decameron narrano infatti i casi e le avventure di personaggi
appartenenti a tutte le categorie sociali, dai comportamenti virtuosi o viziosi, che possono essere messi in discussione o ridicolizzati con sorridente distacco.
Rappresentazione realistica: il tempo e lo spazio
L’autore nel Proemio afferma di aver voluto raccontare novelle di
argomento vario («novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri
fortunati avvenimenti si vederanno così né moderni tempi avvenuti come negli antichi»); il periodo storico coinvolto è per lo
più il presente, con personaggi appartenenti alla borghesia comunale e mercantile, e anche alla nobiltà cortese-cavalleresca
o al popolo minuto; ma non mancano novelle in cui l’ambientazione è al passato, con personaggi appartenenti all’antichità
classica, al periodo longobardo (VI-VIII secolo), ai sultanati arabi
(Saladino, sultano d’Egitto, XII secolo).
La varietà dei tempi implica anche una estrema varietà dei
luoghi. Le cento novelle si snodano in diverse città e regioni
d’Italia (Firenze e città toscane, Milano e Lombardia, Bologna,
Perugia, Napoli, Sicilia, Sardegna) e d’Europa (Parigi e la Francia);
talora indulgono all’esotico, per raccontare i viaggi dei mercanti
pisani, genovesi e veneziani lungo le rotte del Mediterraneo o
le avventure dei corsari (Cipro, Creta, Alessandria d’Egitto, Gerusalemme, Tunisia). Questa eterogenea umanità vitale e stravagante trova soprattutto nella città lo spazio ideale per l’arguzia, la beffa o le usanze cortesi, per l’intelligenza sottile che sa
dominare gli eventi. La capacità di cogliere spaccati di vita tra
i più diversi si esprime in figure di aristocratici, come Federigo
degli Alberighi, di professionisti, come il notaio ser Ciappelletto,
di intellettuali come Guido Cavalcanti (> A1, Approfondimenti, p.
151), di mercanti come Andreuccio, di cuochi come Chichibio, di
religiosi come frate Cipolla, che non sono mai simboli o “tipi” ma
uomini veri e caratterizzati “a tutto tondo”. Ne deriva un affresco vastissimo di grande realismo, dove luoghi effettivamente
esistenti e definiti con verosimiglianza sono caricati della suggestione del meraviglioso e dell’avventura.
Vidas
Brevi composizioni narrative in
prosa premesse ad alcune raccolte
di liriche, che raccontano la biografia
più o meno leggendaria (vida, “vita”)
del poeta-trovatore.
L’Asino d’oro (o Metamorfosi)
L’opera narra le avventure del protagonista Lucio che, per la troppa
curiosità nei confronti delle pratiche
magiche, viene casualmente trasformato in asino e perciò subisce,
sente e vede esperienze di ogni tipo,
che gli fanno toccare il fondo della
degradazione morale, finché la dea
Iside gli restituisce la forma umana
e Lucio diventa suo sacerdote.
PER LO STUDIO
LE PAROLE
Proemio
Dal greco prooímion, “prima del
canto”, precede l’opera indicando le
intenzioni dell’autore, le circostanze
e le motivazioni del suo componimento, oppure esponendo gli
antefatti dell’opera.
a. Quale significato ha il termine «galeotto» nel
Proemio? La sua accezione è simile a quella dantesca?
b. Perché Boccaccio utilizza generi narrativi diversi?
c. Boccaccio attinge alla tradizione letteraria o ne prende
le distanze? Motiva la tua risposta.
d. Perché Boccaccio preferisce ambientare le vicende
nello spazio cittadino?
| Giovanni Boccaccio | Decameron | 523
A2
T 35 
Il pubblico e la dedica alle donne
Boccaccio, ancora nel Proemio, individua il suo pubblico privilegiato nelle donne leggiadre e delicate, che accogliendo l’amore nel segreto del cuore dimostrano nobiltà d’animo, secondo
la tradizione cortese-stilnovista: a loro offre la sua narrazione,
perché, divertendosi, allontanino la noia, trovino consolazione
alla solitudine e alle sofferenze d’amore, esorcizzino la morte.
Le donne nel Trecento erano marginali, se non escluse dal mondo della cultura; rivolgendosi a loro e privilegiando la tematica
amorosa l’autore si pone decisamente nell’ambito della letteratura di intrattenimento (> A2 T35).
L’autodifesa dell’autore
O
ltre che nel Proemio, Boccaccio interviene in prima persona nell’Introduzione alla Quarta giornata (interrompendo
l’artificio letterario della narrazione condotta dai dieci novellatori) e nella Conclusione. Lo fa per difendere le proprie novelle
(divulgate prima che il Decameron fosse concluso) da certe critiche malevole («lo ’mpetuoso vento e ardente dell’invidia»), dalle
accuse di immoralità che gli erano state rivolte e per sostenere
la dignità letteraria della propria opera.
Le indicazioni di poetica
Nell’Introduzione alla Quarta giornata si rivolge al pubblico
femminile («Carissime donne...») e chiarisce i punti centrali della sua produzione: il legame tra poesia e amore; l’amore come
forza naturale cui non si può resistere; le donne come ispiratrici
di poesia. Affida quindi la propria difesa a una novelletta che
egli stesso racconta, tanto che si potrebbe dire essere il Decameron composto da centouno e non solo da cento novelle. Si
tratta della «novella delle papere», che mostra scherzosamente
quanto sia incisivo il potere d’attrazione del sesso femminile sugli uomini e come l’amore sia dettato dalle leggi della natura,
alle quali è impossibile e anzi dannoso resistere (>A2 T36).
Le obiezioni morali e la qualità artistica delle novelle
Nella Conclusione dell’autore, rivolta sempre alle «nobilissime
giovani», Boccaccio si difende, più in particolare, dall’accusa
d’essere stato licenzioso e previene altre possibili critiche moralistiche all’opera: se le sue novelle non sempre sono caste, ciò
dipende dal fatto che rappresentano la realtà così com’è e non
dall’autore, che in ogni caso è libero da condizionamenti di carattere morale. In definitiva egli esalta la varietà della materia
narrata, la molteplicità dei pareri e dei punti di vista, la stessa
mutabilità delle cose del mondo e, nel contempo, rivendica la
libertà del letterato e l’autonomia del linguaggio, che consiste
nell’adattare la forma al contenuto. (> A2 T37).
PER LO STUDIO
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 T 35
a. Qual è lo scopo che l’autore si prefigge dedicando il
Decameron alle donne?
b. Nell’Introduzione alla Quarta giornata e nella
Conclusione dell’opera quali indicazioni poetiche e
morali Boccaccio fornisce ai lettori?
Miniatura dall’Introduzione del
Decameron nella traduzione francese di Laurent de Premierfait, 1430 ca.
Parigi, Bibliothèque Nationale.
In questa miniatura è riassunta
l’Introduzione del Decameron.
L’ambientazione è il complesso di
Santa Maria Novella a Firenze. A
sinistra, fuori dalla chiesa, vengono
seppelliti i morti colpiti dalla peste;
al centro, all’interno della chiesa, è
rappresentato l’incontro della brigata di sette fanciulle e tre giovani;
a destra, il gruppo parte per trovare
rifugio in campagna.
524 | Il Medioevo: dall’età tardomedioevale al preumanesimo | Incontro con l’opera |
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 T 40
Struttura e temi
del Decameron
Il racconto: strumento di scambio e forma di comunicazione
N
el Decameron il primo narratore coincide con l’autore, la
cui voce compare direttamente nel Proemio, nelle Introduzioni alle giornate e nella Conclusione, per rivolgersi alle donne
alle quali è indirizzata l’opera. A turno, i dieci componenti della
brigata narrano ognuno una novella, rivolgendosi agli altri nove
i quali ascoltano in quanto destinatari dei racconti. Anche i personaggi delle novelle, a loro volta, possono diventare narratori
raccontando storie capitate ad altri o a loro stessi: si pensi alla
bella siciliana che narra ad Andreuccio una storia inventata (si
finge una sua sorellastra), il quale a sua volta è il destinatario del
racconto. La tecnica della concatenazione narrativa si distingue
facilmente perché ogni narratore (sia i dieci della brigata che i
personaggi delle novelle) viene sempre introdotto a parlare in
prima persona e la parola gli è completamente ceduta.
Narratori e narratari: il ruolo dello scambio
Come osserva il critico linguista Tzvetan Todorov, questa struttura narrativa del reciproco raccontarsi, ricorrente nelle novelle
del Decameron, rinvia a quel meccanismo dello scambio – chi ha
ascoltato un racconto darà in cambio un altro racconto – tipico
del mondo economico-mercantile. Il racconto, come la moneta,
ha valore in quanto è strumento di scambio: «Una visione d’insieme diventa possibile a partire da questa analisi del tema dello
scambio, di cui sulle prime sembra difficile negare l’importanza
per il Decameron: esso costituisce il denominatore comune a novelle così varie. Più importante ancora è il fatto che il Decameron
non si accontenta di descrivere un sistema già esistente, ma lo
assume sempre come sfondo, come punto di partenza, per darci
di ritorno la sua trasgressione – e con ciò stesso, naturalmente,
un nuovo sistema di scambio. Se il libro ha un senso generale, è
proprio quello di una liberazione nello scambio, di una rottura
del vecchio sistema in nome della temeraria iniziativa personale.
In questo senso, si potrebbe dire con molta ragione che Boccaccio è un difensore della libera impresa e anzi, se si vuole, del capitalismo nascente.» (Todorov, 1969).
Nel contempo il gioco a più voci e dei vari livelli del raccontare, enunciato da Boccaccio nel Proemio («intendo di raccontare
cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo,
raccontate in diece giorni, da una onesta brigata di sette donne
e di tre giovani nel pistilenzioso tempo della passata mortalità fatta, e alcune canzonette dalle predette donne cantate al
lor diletto», >A2 T35), esprime una concezione molto moderna
della letteratura come comunicazione, perché lascia una libertà narrativa senza eguali, rende le cento novelle non un blocco
monolitico, ma una materia briosa, intessuta e arricchita dalle
variabili dei punti di vista.
Buonamico Buffalmacco, Il giardino dell’amore, particolare del Trionfo della
morte, 1336-1341. Pisa, Camposanto Monumentale.
550 | Il Medioevo: dall’età tardomedioevale al preumanesimo | Incontro con l’opera |
>
Approfondimenti
La forma narrativa
del Decameron
L
•
•
•
•
a struttura del Decameron presenta
numerose simmetrie architettoniche:
10 narratori, 10 giornate, 10 novelle al
giorno (si pensi ai cento canti della
Commedia di Dante Alighieri);
la rubrica, premessa a ogni giornata e
a ogni novella, ne riassume il tema;
la prima giornata rappresenta i vizi
umani, la decima il trionfo delle virtù;
l’intento di ordinare in una cornice
unitaria la varietà dei racconti che riproducono la molteplicità del reale
risponde all’esigenza di costruire un
filo narrativo; nel contempo, rinvia alla
concezione unitaria del mondo tipica
del Medioevo.
Tra regole ed eccezioni
Accanto alle simmetrie non mancano le
eccezioni, che consentono ai giovani la
possibilità di poter infrangere l’ordine da
loro stessi stabilito, mantenendo margini di libertà. Ogni giornata ha un tema,
ma due giornate restano a tema libero.
L’estroso Dioneo, che adombra la figura di
Boccaccio, è l’unico del gruppo cui è concesso il privilegio di narrare l’ultima novella di ogni giornata senza attenersi al tema
prescelto. L’eccezione conferma poi la re-
gola e Dioneo rispetta il tema dei compagni solo nella Sesta giornata, dedicata alle
battute spiritose e alle risposte argute.
Si potrebbe poi considerare la «novella
delle papere» (> A2 T36), raccontata direttamente da Boccaccio nell’Introduzione
alla Quarta giornata, come centunesimo
racconto.
La struttura delle novelle
La struttura di ciascuna novella è il risultato di una tecnica sapiente e prevede
una suddivisione in quattro parti: rubrica, esordio, preambolo, racconto. Tutte le
novelle hanno la rubrica, mentre esordio
e preambolo non sono sempre presenti.
Cornice
Inquadra storicamente l’opera e ne scandisce la suddivisione in dieci giornate
Le parti della novella
Esempio
Rubrica (sempre presente)
La rubrica è una sorta di didascalia premessa
alla novella. Ha lo scopo di guidare il lettore, come lo stesso Boccaccio precisa nella Conclusione dell’opera (> A2 T37), presentando in sintesi
la trama, il/la protagonista e il suo ceto sociale,
l’ambientazione e la durata della vicenda.
Andreuccio da Perugia (Seconda giornata, Quinta novella). Narratrice: Fiammetta.
Andreuccio da Perugia (il protagonista abitante di Perugia), venuto a Napoli (l’ambiente in cui
si svolge la vicenda) a comperar cavalli (Andreuccio appartiene al ceto mercantile), in una notte
da tre gravi accidenti soprappeso (la vicenda dura l’arco di una notte), da tutti scampato, con un
rubino si torna a casa sua.
Esordio (talvolta manca)
In alcune novelle si riallaccia alla cornice. Ha lo
scopo di precisare il ruolo del narratore
all’interno della brigata.
Ser Ciappelletto (Prima giornata, Prima novella) Narratore: Panfilo.
Convenevole cosa è, carissime donne, che ogni cosa che fa l’uomo abbia principio dal santo e ammirabile nome di Colui il quale ha dato origine a tutte le cose – Dio – ; e poiché sono il primo e devo dare
inizio ai nostri racconti, voglio iniziare da una delle sue meravigliose cose, perché, dopo averla udita,
la nostra speranza in Lui non sia soggetta a mutamenti e sia sempre lodato il suo nome da noi.
Oppure
Introduce reazioni che la novella precedente ha
suscitato negli ascoltatori e nelle ascoltatrici.
Agilulfo (Terza giornata, Seconda novella) Narratrice: Pampinea.
Essendo la fine venuta della novella di Filostrato, della quale erano alcuna volta un poco le donne
arrossate e alcuna altra se n’avean riso, piacque alla reina che Pampinea novellando seguisse.
Federigo degli Alberighi (Quinta giornata, Nona novella) Narratrice: Fiammetta.
A me omai appartiene di raccontare: e io, carissime donne, con una novella in parte simile alla
precedente lo farò volentieri, non solo perché conosciate quanto la vostra bellezza possa fare nei
cuori gentili, ma perché apprendiate di essere voi stesse, dove è conveniente, donatrici delle vostre
ricompense, senza lasciare che sia sempre la Fortuna a farlo, la quale il più delle volte dona smoderatamente, non con discrezione.
Racconto (sempre presente)
Narrazione dei fatti; si conclude sollecitando i
narratori a proseguire la riflessione sul tema
prescelto.
Nastagio degli Onesti (Quinta giornata, Ottava novella) Narratrice: Filomena.
[... e la domenica seguente Nastagio sposatala e compiuto il rito, visse felicemente con lei. E questa
paura non fu motivo solo di questo lieto fine ma tutte le donne di Ravenna divennero così paurose
che erano molto più disponibili ai piaceri degli uomini di quanto non lo fossero state prima].
PER LO STUDIO
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Preambolo (talvolta manca)
Considerazione morale e sentenziosa del novellatore o della novellatrice di turno.
a. A cosa allude Todorov sostenendo che la struttura del Decameron rinvia al
meccanismo dello «scambio»?
b. La struttura del Decameron presenta numerose simmetrie. Spiega quali sono
e indica almeno un’eccezione alla regola.
c. In quante parti è solitamente suddivisa ogni novella? E quali sono le
caratteristiche di ognuna di esse?
| Giovanni Boccaccio | Decameron | 551
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