Prefazione - Comune di Pietrapertosa
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Prefazione - Comune di Pietrapertosa
Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:00 Pagina 1 Prefazione A 1088 metri d’altitudine sul livello del mare, adagiasi a forma d’anfiteatro la cittadina superstite dell’antica “Petra” d’occidente, che ha riscontro solo in quella d’Oriente in Palestina nella zona abitata dai Nabatei. Conserva ancora il suo aspetto di roccaforte, collocata com’è a ridosso delle creste rocciose che la proteggono e la nascondono così come si protegge e si nasconde un oggetto di valore. Al visitatore essa appare solo al momento dell’incontro; un incontro brusco, che incute spavento e meraviglia nello stesso tempo; suggestivo senz’altro. La grande massa rocciosa che si trova all’ingresso del paese e sotto cui è necessario passare per accedere all’abitato, si erge quasi ad invitare l’uomo a meditare sulla piccolezza o fragilità della sua natura umana. Tutt’intorno dirupi scoscesi, quasi inaccessibili che danno un senso di piacevole vertigine. La presenza di molti alberi dai fusti alti ed esili che elevandosi verticalmente formano col terreno che li accoglie un angolo molto acuto, allietano il paesaggio, conferendogli un aspetto di eterna primavera. Don Oreste Ettorre Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:00 Pagina 2 Sommario 1 3 . . . . . 1° Percorso 4 . . . . . 2° Percorso 5 . . . . . 3° Percorso 6 . . . . . Percorso guidato 8 . . . . . Un paese unico al mondo 11 . . . . . Cenni storici 16 . . . . . Vista d’insieme 17 . . . . . Le scalelle 18 . . . . . Cappella del purgatorio . . . . . Prefazione L’Arabata 20 21 . . . . . Il castello Normanno-Svevo 24 . . . . . Il volo dell’Angelo 26 . . . . . Chiesa di San Giacomo Maggiore 36 . . . . . I portali 37 . . . . . La cappella della Madonna del Rosario . . . . . La cappella di San Cataldo Cappella di San Rocco Il Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale 58 . . . . . Passeggiata letteraria 59 . . . . . Piatti, feste e tradizioni 69 . . . . . Numeri utili - Appuntamenti 70 . . . . . Dove mangiare... dove dormire... e non solo! 72 . . . . . Bibliografia 2 1° Percorso 38 . . . . . I fratelli Francesco e Michele Torraca 41 . . . . . La Chiesa del Convento di San Francesco 55 . . . . . Il piccolo Calvario 3 4 4-12-2009 17:00 Pagina 4 3° Percorso 2° Percorso Impaginato Guida 2009 5 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:00 Pagina 6 Percorso guidato 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 6 Presidio Turistico Vista d’insieme Cappella del Purgatorio Quartiere “Arabata” Cappella di San Cataldo Castello Normanno-Svevo Partenza “Volo dell’Angelo” 8) Chiesa di S. Giacomo Maggiore 9) Via dei Portali - Cappella della Madonna del Rosario Cappella di San Rocco 10) Largo Garibaldi 11) Monumento Francesco Torraca 12) Piccolo Calvario - Monumento ai caduti 13) Chiesa e Convento Francescano 7 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:00 Pagina 8 Un paese unico al mondo Nel cuore del Parco di “Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane”, nella parte più alta, dove le rocce s’innalzano in tutta la loro potenza sino a confondersi con l’azzurro cielo, sorge un paese unico al mondo: PIETRAPERTOSA. Non è questo un anonimo paese di provincia, ma un centro ricco di fascino, di bellezze, di arte naturale, di originalità. Ogni suo angolo va scoperto con gli occhi innocenti del bimbo e ogni sua pietra con il rispetto dello scienziato. Il turista che per la prima volta si arrampica lungo i tornanti che dalla S.S. 407 Basentana portano a Pietrapertosa, è preso senz’altro da un senso di sgomento e nello stesso tempo di stupore e di ammirazione: sembra che il Creatore abbia profuso in questo lembo di terra una infinita varietà di elementi contrastanti, che gli conferiscono un senso di mistero e di fascino. Qui c’è tutto: monti brulli o ammantati di boschi, valli, castagneti, minuscoli spiazzi, dirupi paurosi e poi, azzurro, azzurro all’infinito e nell’immenso azzurro picchi dolomitici, guglie di arenaria, simili ad enormi mani protese verso il cielo in atteggiamento di preghiera e di riconoscenza. 8 Ognuna di queste guglie ha un nome, un viso, un significato: “I Monaci” o comunemente chiamate “Rocce Gemelle”, stanno immobili fra cielo e terra, “La Pietra dell’Incudine”, sembra attendere un misterioso gigante fabbro che venga a forgiare un nuovo destino per gli abitanti di questa terra rude; “Il Gufo Reale”, oggi abbattuto sussurrava divine benedizioni a chi dimora ed a chi veniva e su in alto il “Castello Normanno-Svevo” rimane a dominare con le sue rovine l’abitato, la campagna e i paesi circostanti ed a ricordare secoli di storia, di gloria, di sofferenze e di umiliazioni. Ai piedi dell’antico maniero la cappella di S. Cataldo invita gli umani silenziosamente alla riflessione. Più si ascende e più il paesaggio diventa stupendo: è un’opera d’arte impossibile da riprodurre sulla tela. C’è in questo scenario qualcosa che incanta ed opprime! Ci sono nell’aria e negli elementi sfumature di azzurro, di rosa, di indaco, di verde, di.... indefinibile, che tutto avvolgono nel mistero e nel divino e mentre i picchi e le guglie brillano lassù, ospitanti mille vite e mille amori, dalle colombe che tubano nei nidi, ai corvi che gracchiano, ai nibbi, ai falchi che planano lenti nel vuoto, ai mille esserini che si arrampicano lungo strade impossibili all’umana natura per inabissarsi di luce e di altezze e di là intonare un canto che a noi non è dato levare; nelle valli i ruscelli e 9 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 10 Cenni Storici i torrenti uniscono il loro mormorio al respiro dei monti, al palpito dei campi, al sussurro degli alberi e rendono più misterioso questo lembo selvaggio di terra! All’ultimo tornante, all’ultimo istante di sgomento, prima di oltrepassare le rocce, che sembrano precipitare a valle e tutto schiacciare appaiono una grande croce “Il Calvario” e, nell’incavo dell’estremo lembo roccioso, un affresco del 1739, quel che rimane di una cappella raffigurante San Rocco, Sant’Antonio e la Madonna del Carmine. Presidio Turistico 10 Le origini di questo paese, l’antica Pietraperciata (ovvero pietra forata, per una grande rupe sfondata da parte a parte), si perdono lontane nei secoli che furono. Pare sia sorto nell’VIII sec. a.C. ad opera dei Pelasgi. Costoro, nel loro scorrere attraverso l’Italia meridionale e la Lucania, s’imbatterono nelle nostre terre e vi si fermarono. I monti coperti di boschi, le rocce possenti, in cui abbondavano grotte naturali, il torrente che scorreva a valle, l’aria salubre, dovettero far loro apparire questo posto sicuro e ricco di promesse. Avrebbero, infatti, ricavato dai boschi combustibile, frutti e selvaggina, dalle rocce le prime abitazioni e dal torrente l’acqua per i mille bisogni. I Pelasgi, costruirono le loro prime abitazioni nella parte bassa, per celarsi al nemico e per vivere tranquilli e innalzarono sulle rocce, come posti di difesa e di vedetta, delle costruzioni fatte di blocchi sovrapposti, che alcuni decenni fa, ancora, si potevano notare sulla roccia chiamata “Ostiello”. Questi antichi abitanti delle nostre terre rimasero, signori incontrastati fino all’arrivo dei Greci, che dalla costa si spinsero verso l’interno per portarvi le loro merci e i loro manufatti. Tracce della presenza ellenica la ritroviamo nella forma ad anfiteatro dell’abitato e nel nome di alcune località come “La costa di Diana”. Al tempo delle invasioni di Annibale giunsero i Romani, scacciarono i Greci e fecero di Pietrapertosa la loro Curtis e il loro Oppidum. L’antica Chiesa di S. Francesco era una fortezza romana. I padroni del mondo, però, resero Pietrapertosa, come il resto della Lucania, terra incolta e abbandonata al pascolo. Servi e schiavi dappertutto, pochissimi gli uomini liberi. Il ricordo della loro lingua lo ritroviamo nel dialetto pietrapertosano che conserva ancora parole e frasi latine, anche se volgarizzate come pupa, scola, longa, crai, pscrai, capa di puella e così via. Con la caduta di Roma iniziarono le invasioni barbariche e Pietrapertosa non ne fu esente. Vennero i Goti e 11 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 12 poi i Longobardi sotto il cui dominio Pietrapertosa rientrò nel gastaldato di Acerenza. Vennero i Bizantini, ma Lucas, capo dei soldati bizantini che erano a Pietrapertosa, si ribellò al governatore bizantino della Lucania, perché autoritario e prepotente, chiamò in suo aiuto gli arabi e si convertì all’islamismo. Per oltre venti anni gli arabi di Lucas rimasero padroni di questo territorio. Vennero i Normanni e fu proprio sotto il principato del valoroso Roberto che Pietrapertosa acquistò particolare importanza. Nel 1268 si proclamò fedele alla casa sveva, partecipando alla rivolta ghibellina contro i “papisti”. Conobbe successivamente l’avvicendarsi delle varie dominazioni straniere. Nel periodo angioino venne, infatti, assegnata con il suo feudo a Guglielmo Tournespè nel 1269, nel 1278 a Pietro de Burbura e nel 1280 a Giovanni Borbone il quale, nel periodo durazziano, resse le sorti del paese fino alla cessione del feudo da parte del re Ferdinando D’Aragona nel seco12 lo XIV ai Gozzuti e ai Grappini da cui, per le nozze di Violante, oltre la metà del secolo XV ai Diazcarlon, conti di Alife; alla metà, del secolo seguente alla casa Carafa e successivamente passava agli Aprano, ai Campolongo, ai De Leonardis, ai Suardi, agli Iubero ed infine ai Sifola di Trani con il titolo di Barone. Dei feudi appartenenti alla Basilicata, Pietrapertosa con 543 fuochi o villani era il ventiduesimo. Nel giugno del 1647, i contadini pietrapertosani si unirono al maestro di bottega di Potenza, Francesco Antonio Fiorito per partecipare alla manifestazione contro le gabelle imposte dai “suca sang” (succhiatori di sangue). La rivolta, però, fu repressa e i contadini tornarono a pagare con puntualità le gabelle perché non erano ammessi ritardi nei pagamenti e se c’erano, venivano puniti. Per sfuggire alle punizioni i più poveri si allontanavano dal loro paese. A proteggere questa povera gente, in cambio di favori e denaro erano baroni, ricchi signori e monaci. La banda di Scalandrone, 13 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 14 un vecchio contadino di Pietrapertosa, divenuto bandito, operava nella valle del Basento e nel monastero dei Minori Osservanti di Pietrapertosa, attrezzato di spezieria, dove spesso venivano curati i banditi feriti nei boschi vicini; tra questi l’abate Cesare. Nell’ottocento, durante il regno di G. Murat, Pietrapertosa fu centro liberale governata da un consiglio comunale, un decurionato che corrisponde all’attuale Giunta Comunale e un Sindaco, tutti nominati dal sovrano. L’ordine pubblico era affidato alla Guardia Urbana, i cui membri erano tutti di nomina regia. Purtroppo l’idea liberale costò a molte famiglie, tra cui quella dei Torraca, con l’incendio delle case da parte dei Sanfedisti del Cardinale Ruffo. Partecipò sia ai moti carbonari del 1820 contro la restaurazione borbonica, sia all’insurrezione del 1848 contro Ferdinando II di Borbone. Partecipò alla seconda guerra d’Indipendenza e, il 17 settembre del 1859, come Castelmezzano, Tricarico, Pomarico ed altri paesi, Pietrapertosa issò la bandiera tricolore con la scritta “Viva la Costituzione, Viva l’Italia”. Nel 1857 subì i danni di un forte terremoto. Nel 1860, nella brigata Basilicata, fra i 789 lucani arruolati volontari nelle forze garibaldine al comando del colonnello Clemente Forti, molti i giovani pietrapertosani, e tra questi, Michele Torraca. Durante il periodo del Brigantaggio, Pietrapertosa fu risparmiata dagli attacchi delle bande di Crocco grazie alla protezione di Michele Canosa, capo brigante di Pietrapertosa. I primi anni del 1900 subì un forte spopolamento a causa dell’emigrazione negli USA e della malaria che 14 falciò la vita di tante persone, soprattutto giovani. A questo si aggiunse una frana che travolse molte case che si trovavano nella zona adiacente “l’orto della corte” e, tra queste, il palazzo dei Belsani. La prima grande guerra sottrasse a Pietrapertosa molti giovani che persero la vita sul fronte e nelle trincee. E la Seconda Guerra Mondiale non fu diversa dalla precedente: prima soldati al fronte, poi prigionieri e deportati in Germania infine dispersi in Russia. Tante le vedove e gli orfani. Nel dopoguerra, la “miseria nera” dovuta alla svalutazione, alla mancanza di lavoro e di cibo ed al sequestro dei prodotti agricoli da parte della polizia, costrinse nuovamente tanti giovani ad abbandonare il proprio paese. Oggi, Pietrapertosa conta 1301 abitanti ed è principalmente centro a vocazione turistica. 15 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 16 Vista d’insieme Siede, Pietrapertosa, con le sue case esposte al sole dal primo mattino al tramonto infuocato, nell’alto anfiteatro creato per lei da un Artista ineguagliabile, o per chi non crede da madre natura, come una nobildonna di altri tempi nella poltrona dall’alto schienale, là nella stanza più bella dell’avito palazzo da dove i suoi occhi potevano spaziare lontano e l’anima creare orizzonti più vasti e cieli più tersi. In questa posizione aristocratica, protetto dalle rocce, che lo difendono dai venti del Nord, circondato dal Monte Caperrino che lo inonda della sua purissima aria, il paese più caratteristico dell’Appennino Lucano si offre con semplicità all’ammirazione di tutti senza nulla chiedere se non rispetto per le sue cose e i suoi abitanti. Qui l’antico e il moderno si fondono con discrezione. Non grandi palazzi feudali, eccezione fatta per il Palazzo di Federico II in Piazza Garibaldi, ora dimora di varie famiglie, ma vecchie case signorili accanto a casette accoglienti a uno o due piani; strade strette e tortuose e piccole piazze. 16 Le Scalelle Le scalelle sono un elemento ambientale importante per questa comunità, riproducono un pezzo di struttura urbanistica fondamentale, ma, ancora di più, esemplificano lo spirito di questo paese e dei suoi abitanti. Si respira, percorrendo queste gradinate scavate nella roccia, la particolarità di questo borgo in cui l’elemento naturale costituisce una sorta di nicchia all’interno della quale l’uomo si rifugia, vive la sua vita. Queste viuzze scavate nella roccia, questi gradini inseriti nella pietra non rappresentano la violenza dell’uomo sulla natura, ma, al contrario, il simbolo di una coesistenza e l’espressione di un modo di vivere il proprio territorio che non può fare a meno della presenza così massiccia della natura. 17 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 18 Cappella del Purgatorio (XVII sec.) In via Nazionale, una piccola cappella custodisce una scultura lignea del XVII secolo raffigurante la Madonna col Bambino in braccio. L’esterno, semplice, presenta un portale in pietra e, sopra, una finestra quadrata con una piccola campana appesa. Fu costruita per voto, da un esattore appartenente alla famiglia Zottarelli. Ingiustamente incarcerato, promise alla Madonna, che quando sarebbe stata riconosciuta la sua innocenza, avrebbe costruito una cappella in suffragio delle Anime del Purgatorio. Non avevano né camino né finestre, ma un foro nel tetto fungeva da camino e da lucernario il cosidetto “cirnale”. I muri in pietra erano senza intonaco e la copertura in lastre di pietra. Erano sempre poste su un’alta scalinata d’accesso. Di queste case resta solo qualcuna semiabbandonata; le altre ristrutturate, conservano, tuttavia, l’alta scalinata e presentano un aspetto quasi civettuolo, con le finestre fiorite che si affacciano sulle stradine ripide e tortuose e sui minuscoli giardini. Qui ancora si respira un’aria di mistero, capace di far sognare e rivivere altri tempi, altre vite, altri modi di essere. Chi si accinge a visitare questo luogo, lo deve fare con grande rispetto e un pizzico di sacrificio, ma ne varrà la pena. L’Arabata Addossato alla parete rocciosa, nella parte più alta del paese, ai piedi del Castello Normanno - Svevo, si adagia il rione “Arabata” o “Rabata”. E’ la parte più caratteristica, antica e suggestiva dell’abitato. Il suo nome risale agli antichi dominatori arabi, che guidati dal Re Bomar, qui si annidarono nell’838 e ne fecero il loro fortilizio. Guerrieri, nomadi e Saraceni, costruirono ai piedi del Castello, le loro rozze abitazioni, simili a veri e proprie fortezze. Avevano queste una forma rettangolare, con due sole aperture praticate nei lati più corti: la porta d’ingresso bassa e stretta e l’altra apertura che immetteva nell’Ostello, da cui si poteva fuggire in caso di pericolo. 18 19 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 20 La Cappella di San Cataldo Ai piedi del castello Normanno-Svevo, è situata la Cappella di San Cataldo, un piccolo edificio sacro del XII secolo, costruito a mattoni rossi con tetto a capanna. Sulla facciata si apre un portale rettangolare in muratura, sovrastato da un timpano. Sopra una piccola monofora circolare e altre due nicchie vuote affiancano il timpano. Una vela campanaria alla sommità delle falde del tetto movimenta l’insieme. All’interno è possibile ammirare un quadro della “Madonna della Vita” incorniciato da un candelabro in ferro battuto, posto su di un altare su mensola di pietra realizzato dallo scalpellino Antonio Nardi e i busti di San Giacomo (patrono) e di San Cataldo (compatrono). La chiesetta si anima di canti e di preghiere il 10 maggio, giorno della festa di San Cataldo, quando le statue dei due Santi vengono portate in processione partendo dalla Chiesa Madre e il giorno dell’Ascensione quando ritornano, attraverso le ripide stradine del rione Arabata, alla chiesa di partenza. Al lato della cappella sta, sospesa su un grande precipizio, la “Pietra dell’Incudine” e dinanzi si allarga uno spiazzo dove il popolo, credente e non, si ritrova a festeggiare tra suoni d’organetto, canti di gioia e sgranocchiar di biscotti e nocelline. Non mancano gli squisiti “Miglitielli” caldi (involtini di fegato e polmone di agnello). Bisogna proprio gustarli accompagnati da un buon bicchier di vino! San Cataldo è il protettore delle rocce e ha fatto sempre sentire la potenza del suo patrocinio. 20 Il Castello Normanno - Svevo Il castello Normanno - Svevo, che domina dall’alto delle rocce il paese e le contrade, con un giro d’orizzonte infinito, conserva il ricordo di una regina: la grande Costanza d’Altavilla, madre di Federico II. Questo castello fu costruito dal principe Bomar, il quale decise di stabilirvi la propria residenza. Fu costruito in questa posizione perché lì si poteva dominare la valle del Basento. 21 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 22 Fu una struttura difensiva intorno alla quale nacque un nucleo urbano denominato Arabata. Nei ruderi del castello, ancor oggi a distanza di secoli, si ammira il “Trono della Regina” scavato nel sasso a cui si accede per mezzo di una scaletta ripida, ma ben conservata, sul quale Costanza dovette assidersi, parlare e ricevere i suoi fidi. Era un castello inespugnabile, posto là in alto a simbolo di dominio e di potenza, di sicurezza e di sfida, ma anche di protezione. 22 Le mura diroccate, la porta, ancor conservata, nella sua forma ad arco, i vari piani, la torretta, le feritoie, i posti di guardia, i nascondigli, le celle dei prigionieri e su su il “Piano della Campana” stanno a dimostrare l’intelligenza e l’astuzia di chi lo fece costruire: nemmeno il nemico più accorto avrebbe potuto evitare né la vigilanza delle sentinelle, che dall’alto delle torri, vegliavano sull’incolumità dei loro Signori e della loro grandezza, né l’offesa dei soldati, che combattevano con ogni mezzo, anche il più rudimentale, senza colpo fallire. Il turista che giunge a Pietrapertosa e non sale sul Castello si perde uno spettacolo di bellezza e di infinito, che è difficile immaginare. Sempre il suo sguardo può spaziare su monti, boschi, nastri argentei di torrenti e fiumi, colline, valli, che si alternano e sovrappongono tutto intorno, ma nelle mattine serene può cogliere lontano lontano il luccichio del Mar Ionio e gustare l’ebbrezza di sentirsi proiettato tra terra e cielo. 23 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:01 Pagina 24 Il volo dell’Angelo Il Volo dell’Angelo è un cavo d'acciaio sospeso tra le vette di due paesi, Pietrapertosa e Castelmezzano. E’ un attrattore di nuova concezione che permette una fruizione innovativa del patrimonio ambientale rispondendo ad una nuova esigenza e ad un nuovo modo di intendere il tempo libero e lo svago, teso sempre più a vivere nuove esperienze e a cercare nuove emozioni. Un'avventura a contatto con la natura e con un paesaggio unico, alla scoperta della vera anima del territorio. Legati con tutta sicurezza da un'apposita imbracatura e agganciati ad un cavo d'acciaio si potrà provare per qualche minuto l'ebrezza del volo, una fantastica avventura, unica in Italia ma anche nel mondo per la bellezza del paesaggio e per l'altezza massima di sorvolo. Quello che si presenterà, infatti, sarà un pano- rama che di norma è privilegio delle sole creature alate: uccelli ed... angeli. Giunti nella zona d'arrivo del paese di fronte, gli "angeli" torneranno con i piedi per terra e, liberati dall'imbracatura potranno raggiungere il centro del paese prima e la partenza dell'altra linea poi, grazie ad una navetta. E a quel punto il sogno ricomincerà...sospesi tra cielo e terra. Infatti l'ebbrezza del volo si potrà provare su due linee differenti il cui dislivello è rispettivamente di 118 e 130 m. La prima, detta di San Martino che parte da Pietrapertosa (quota di partenza 1020 m) e arriva a Castelmezzano (quota di arrivo 859 m) dopo aver percorso 1415 m raggiungendo una velocità massima di 110 Km/h; la linea Peschiere, invece, permetterà di lanciarsi da Castelmezzano (quota di partenza 1019 m) e arrivare a Pietrapertosa (quota di arrivo 888 m) toccando i 120 Km/h su una distanza di 1452 metri! www.volodellangelo.com 24 25 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 26 Chiesa di San Giacomo Maggiore Il complesso ecclesiastico, antica fortezza medievale, con probabilità Longobarda, sorge a Nord, sulla sommità del rilievo a dominio della valle sottostante. Questo, dedicato a San Giacomo Maggiore all’incirca nei sec. XI-XII, attualmente consta: - della chiesa - di un campanile di schema Romanico - di una cripta sotterranea Il complesso, anche se rimaneggiato, pare aver mantenuto le caratteristiche di un monumento Romanico. Secondo la “Relazione Torraca” del 1764, del fondatore di questa chiesa non se ne trova documentazione, una probabile ipotesi la suppone realizzata dalla famiglia gentilizia Centomani dalla presenza sul muro della navata principale di una mano scolpita, forse simbolo della citata famiglia. Basandosi sul Racioppi, che, all’epoca del Longobardo Principato di Salerno, fosse una delle tre fortificazioni della cittadina; in seguito, al tempo dei Normanni, nei sec. XI-XII, la fortezza divenne chiesa dedicata a San Giacomo. Sembra, come prima ipotesi, che sia stata realizzata a pianta greca localizzata nell’attuale presbiterio, costruito su roccia con l’abside. 26 Nella trasformazione della chiesa in epoca Romanica, l’antico battistero in pietra monolitica venne posto nella prima cappella a destra della navata laterale, seguiva la seconda cappella, detta della Cresima, la terza detta del Crocifisso, allora adibita per il SS. Sacramento, nella quarta vi era conservato un grande reliquario con le reliquie dei santi, la quinta era dell’unzione degli infermi, la sesta era dell’ordine sacro, mentre la settima era la cappella del matrimonio. Vi era un architrave in pietra sull’ingresso principale, ora danneggiato dal terremoto del 1930, che recava l’iscrizione: “IOHANNES LEO DEFINA COMMUNIBUS SUMPTIBUS REFICIENDAM CURAVIT A.D. MDXX” (Giovanni Leone Defina a spese comuni fece restaurare nell’anno 1520). 27 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 28 Fu in questa occasione che la chiesa fu trasformata nelle attuali dimensioni dall’arch. Jacopo da Trifoggio. Ancora dalla “Relazione Torraca” si apprende che nell’abside della chiesa madre di Pietrapertosa, dietro l’altare maggiore, vi sono affreschi raffiguranti la Genesi e scene tratte dalla vita di Gesù. A seguito dei vari terremoti e soprattutto di quello del 23 novembre 1980, la cupola centrale con superiore lanterna fu abbattuta. Resta l’immagine della cupola originaria nel quadro del “miracolo dell’estinzione dell’incendio” della Chiesa Madre avvenuto dal 10 al 16 agosto 1630. In seguito all’incendio, la chiesa fu modificata; venne infatti, eliminata la navata minore sinistra e al suo posto, costruito il campanile. Nel 1940 la chiesa e il campanile sono stati consolidati. Ulteriori lavori, in epoca successiva, hanno portato alla luce vari capitelli di epoca Romanica e un fonte battesimale; quest’ultimo di periodo alto-medievale è completamente in pietra e costituisce un esempio naturale di bellezza. 28 MADONNA DEL CARMINE TRA I S.S. GIACOMO E LORENZO (ignoto pittore locale) sec. XVII La Madonna, sospesa tra le nuvole, incoronata da due angeli, regge il Bambino che benedice i due Santi. In basso a sinistra, San Giacomo con il suo bastone e il Vangelo; sulla destra, San Lorenzo che porge un ramoscello di ulivo. Sotto, in piccolo, probabilmente, il committente in atto di devozione. In lontananza, un paesaggio montagnoso con al centro la Chiesa che purifica i peccatori. È evidente, in questo dipinto, l’interesse della committenza locale per quella scuola di stampo naturalistico che a Napoli vede i suoi epigoni, ma per lasciare il posto allo straordinario intervento della scuola caravaggesca e quella di Luca Giordano. Se recupero c’è stato nel rapporto con la cultura napoletana, esso non ha potuto prescindere dalle opere attribuite a Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa che, nei primi anni del sec. XVII, sempre più si conferma come la personalità artistica più spiccata tra i pittori lucani. 29 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 30 DECOLLAZIONE DEL BATTISTA Sec. XVII (dat. 1606) Pietro Antonio Ferro (attivo primi decenni sec. XVII) In primo piano è la figura di Salomè recante un piatto sul quale il boia depone la testa del Battista; il corpo di quest’ultimo è disteso sul pavimento e dal suo collo fuoriesce un largo fiotto di sangue. In secondo piano è la scena del banchetto: intorno ad una tavola siedono un ricco cortigiano e consorte; ad essi un servo reca della carne, un altro un fiasco di vino. In basso è scritto: OPUS PETRI ANTONI FERRO PICTORIS A. 1606 m.ma. L’opera è firmata da P. A. FERRO, pittore nato a Tricarico ed attivo nel secolo XVII; della sua formazione, delle sue opere poco è dato sapere essendo gli studi sull’argomento iniziati da breve tempo. 30 MADONNA CON BAMBINO E SS. GIOVANNI BATTISTA E FRANCESCO Sec. XVII (dat. 1626) P. A. Ferro La Madonna, sospesa tra le nuvole, incoronata da due angeli, abbraccia il Bambino che affettuosamente le porta la mano sotto il mento. In basso a sinistra è San Giovanni Battista con una verga; sulla destra è San Francesco con le braccia spalancate. In basso è uno stemma diviso in due campiture entro le quali sono dipinti due alberi. Intorno alla verga di San Giovanni Battista è cartiglio su cui è scritto: ECCE AGNUS DEI. La tela è firmata dall’autore P. A. Ferro, pittore lucano del quale, allo stato attuale degli studi, si conoscono pochissimi elementi. 31 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 32 MADONNA CON BAMBINO, SANT’AGATA E SANT’APOLLONIA Sec. XIX Ignoto pittore locale. Al centro la Madonna abbraccia il Bambino; sulla sinistra Sant’Agata, nelle vesti di cortigiana regge una coppa contenente i suoi seni; dietro di lei è Sant’Apollonia. Sulla destra in alto alcuni Angeli versano acqua da un’anfora su una città che in basso è avvolta dalle fiamme. In basso è scritto OB DEVOT.N. VITI IZZO A.D. 1801. Il quadro di non rilevante fattura, rivela nell’episodio delle acque sulla città invasa dalle fiamme, un aspetto devozionale la cui origine attualmente non è dato solo conoscere nemmeno attraverso la tradizione orale dei fedeli. BUSTO - RELIQUARIO DI SAN GIACOMO Fine del XVII sec. Ignoto intagliatore lucano. Il Santo, con barba e lunghi capelli, indossa una veste con mantellina color oro; sul petto si apre la teca per le reliquie. La scultura si differenzia dalle altre presenti nella chiesa per staticità ed essenzialità; si ipotizza, dunque, una fattura diversa, di carattere più artigianale e più lontana dai coevi modelli napoletani. BUSTO - RELIQUARIO DI SAN CATALDO Fine del XVII sec. Ignoto intagliatore lucano. Il Santo, barbuto, con mitra vescovile, è avvolto in un grande piviale color oro; poggia su base quadrangolare pure in legno recante uno stemma ormai illeggibile. Sul suo petto si apre la teca per reliquie. Modesto prodotto di fattura originale eseguito ad imitazione dei contemporanei esemplari napoletani. Definito su modelli ancora arcaici, esso si differenzia tra l’altro per sobrietà e linearità dagli altri presenti nella chiesa. 32 33 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 34 GESU’ MORTO (seconda metà del XIX secolo) La struttura ripropone un impianto proprio della produzione cartapestara; tale tecnica del resto risulta applicata in alcune parti della statua (ad esempio il lenzuolo) per ottenere effetti più morbidi. SAN VITO La statua sembra modellata su esemplari della scultura lignea napoletana del XVII secolo; pur presentando, infatti, caratteri alquanto critici nella definizione del volto, la scultura è pervasa da una particolare dinamicità, evidenziabile soprattutto nell’avanzamento delle gambe che non permette una datazione anteriore. Al centro, in basso: “HOC GENS CONSTRUERE FECIT U.I.D. RAPHAEL TORRACA PRO SE TOTAQ SUIS FAMILIA A.D. 1787”. In quest’opera, più che in altre, Francesco Romano da Laurenzana, sembra inserirsi nell’ambito del Pietrafesa. Pochissimi, se non esistenti, sono le notizie biografiche raccolte su questo artista lucano del 600; possiamo solo immaginare la presenza locale rispetto ad un percorso mediato da influenze del barocco e neo-parmensi, ma rinunciando ad un sentimento di intensa devozione, che trova, già nei tratti icastici dei personaggi, una compiuta espressione. L’opera fu restaurata per la prima volta nel 1787 per opera della famiglia Torraca. LA DEPOSIZIONE [prima metà sec. XVII (1630?) Francesco Romano da Laurenzana] (attr. per iscriz.) Il Cristo, deposto dalla Croce, è avvolto in un lenzuolo; con il capo reclinato sulla destra e le braccia ormai inerti, viene sostenuto da San Pietro. Ai suoi piedi, una donna gli cinge le gambe, e alla sua destra, l’Addolorata, contrita e disperata, tiene le mani giunte. Tutt’intorno, una serie di personaggi variamente atteggiati in smorfie di dolore. Sullo sfondo, un paesaggio montuoso con, in lontananza, una città con torri e campanili. In basso, a destra: “FRANCISCUS ANTONIUS ROMANO TERRÆ LAURENTIANÆ PINXIT” 34 35 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 36 I Portali Percorrendo via Garibaldi non si può non fermarsi ad osservare i portali di antiche case signorili: stanno a ricordare scomparse nobiltà, gusto per il bello e modo di vivere dei secoli passati. Sempre su via Garibaldi s’impongono all’attenzione del passante l’Arco di Bastiano e l’Arco degli Ettorre, un tempo porte di separazione tra un rione e l’altro. La Cappella della Madonna del Rosario Situata in via Garibaldi, in prossimità di piazza Plebiscito, apparteneva all’antica famiglia Verri che aveva il palazzo di fronte; il prospetto principale presenta un portale cinquecentesco e una strana finestra a forma di fiore, unico elemento decorativo dell’edificio. All’interno è conservata una statua della Madonna del Rosario. Le corone della Madonna e del Bambino, in argento, sono di fattura napoletana (XIX sec.). Una crocetta reliquiario del sec. XVIII fa parte del corredo votivo della Madonna. Cappella di San Rocco E’ situata in via Garibaldi, sulla sommità di una gradinata. Facciata semplice con bel portale in pietra trabeato da una cornice lineare sulla quale, in asse, è posta una finestra. L’interno, a impianto quadrato, si raccorda alla cupola decorata sui toni del celeste e del giallo. Conserva la statua di S. Rocco. Sull’architrave del portale appare l’iscrizione A.D. MDCCCXLVII e il nome della famiglia di appartenenza: Mona 36 37 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 38 I fratelli Francesco e Michele Torraca Il monumento fu eretto nel 1968. Il busto bronzeo é opera del Piscitelli; il basamento è stato progettato e realizzato da uno scalpellino artista locale: Vito Nardi Francesco Torraca Francesco Torraca nacque il 18 febbraio 1853 a Pietrapertosa e si trasferì a sedici anni, nel 1869, a Napoli, dove risiedeva da tempo il fratello Michele, pubblicista già affermato e animatore degli ambienti culturali napoletani post-risorgimentali. Nato nel 1840, deputato dal 1886 in poi, Michele, allora direttore a Napoli della «Libertà», poi capo redattore del «Pungolo», sarebbe stato chiamato il 31 marzo 1880 a Roma a dirigere «Il Diritto» per il biennio 1880-1882. In seguito allo scandalo Oblieght, passò alla direzione della «Rassegna», divenuta quotidiano, e la conservò fino al 1886; dal 15 dicembre 1888 al 12 marzo 1896 fu direttore dell’«Opinione», ribattezzata dal 1893 «L’Opinione liberale», infine redattore del «Corriere della Sera». Raggiunto a Napoli il fratello, Francesco abbandonò 38 presto gli studi ingegneristici per seguire il magistero di Luigi Settembrini prima e di Francesco De Sanctis poi: da qui, dopo aver raccolto le lezioni del Maestro per i giornali del tempo, si mise in contatto con la società intellettuale del suo tempo, avvicinandosi, attraverso D’Ancona e Carducci, a quella Scuola storica cui si devono molti dei contributi successivi. Non abbandonò la critica militante e da Roma, dove si era trasferito insieme al fratello Michele, direttore di importanti testate nazionali, «Il Diritto» e «La Rassegna», continuò a recensire romanzi e saggi dei suoi contemporanei, anche stranieri. Fu professore di lettere all’Istituto Tecnico di Roma e, dopo il fallimento di un concorso universitario finito sulle pagine dei giornali, Provveditore agli studi a Forlì, Ispettore e poi Direttore generale del Ministero della Pubblica Istruzione, Capo di Gabinetto del Ministro Emanuele Gianturco, quando quello fu a capo della Minerva, infine professore di Letteratura Comparata prima e di Letteratura Italiana poi presso l’Università di Napoli. Senatore del Regno, morì nella città partenopea nel 1938. Anche se una parte del materiale è costituita da segnalazioni, auguri, telegrammi e messaggi di conferma o rinvio d’un appuntamento, molte delle lettere inviate ai fratelli Torraca – ma con un’attenta ricerca è possibile ricostruire intere corrispondenze – ci restituiscono critici, letterati, scrittori e anche uomini di governo, oltre che editori, funzionari ministeriali, pedagoghi, maestrine e allievi, intenti alle loro discussioni, ai loro lavori, ai confronti reciproci. Dei numerosissimi mittenti si possono ipotizzare anche raggruppamenti distinti per ambiti d’interesse o per orientamenti critici: dantisti; studiosi di letteratura italiana dei primi secoli, filologi romanzi e dialettologi ; storici; letterati, poeti, scrittori; meridionalisti e politici meridionali; critici letterari e accademici; editori; filosofi, e così via. Ciò ci conduce dunque al nodo della questione: i fra39 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 40 telli Torraca furono protagonisti e animatori del dibattito culturale e politico del ventennio che chiudeva l’Ottocento, promuovendo, l’uno con un giornale nazionale, «La Rassegna», l’altro con i suoi studi letterari, importanti innovazioni per la società intellettuale del loro tempo. E Francesco, destinato a continuare la sua attività fino agli Anni Trenta del Novecento, fu un critico e storico della letteratura sempre attento ai dati, un letterato consapevole della missione fondamentale per la scuola del nuovo stato unitario, un liberale non di ultima generazione: la piccola Elena Croce conservava intatto nella memoria il ritratto di Torraca, altero sostenitore dell’Unità d’Italia, ospite fisso della domenica nella casa del filosofo assieme a Giustino Fortunato Proprio nei primi anni del Novecento, Francesco Torraca si dedica al commento della Commedia dantesca, che, scritto tra il 1902 e il 1907 ha conosciuto un ininterrotto successo editoriale. Tuttora in commercio, il commento è legato a una lettura storica delle singole parole e ha recato contributi di notevole chiarificazione, alla critica dantesca: si pensi, solo a titolo esemplificativo, alla questione del sanguigno del V canto dell’Inferno, che dà modo a Gianfranco Contini di apprezzare il rigore esegetico del Maestro lucano. La Chiesa del Convento di San Francesco La Chiesa di San Francesco sorge a ridosso del lato occidentale dell’omonimo convento, fondato nel 1474 per volontà di Papa Sisto IV. Alla facciata principale si addossa una sorta di pronao, costruito nel XVII secolo che accoglie al piano superiore la cantoria con un coro ligneo del XIV e al piano inferiore, due ambienti dalle volte a crociera affrescate con motivi floreali, putti e immagini di Santi, dai quali si accede alla chiesa. Questa consta di un’unica navata coperta da capriate lignee, terminante in un presbiterio a pianta quadrata, contrassegnato da un ampio arco trionfale a sesto acuto e da un soffitto a crociera. Bellissimo il campanile con gli spigoli rifiniti impugnati. Maria Teresa Imbriani 40 41 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 42 IL CHIOSTRO Il complesso conventuale è organizzato intorno ad un chiostro quadrato con al centro un pozzo fiancheggiato da colonnine lisce rastremate, con basi modanate e capitelli. Dal deambulatorio, dove sono visibili parte delle volte a crociera originariamente affrescate, una gradinata assicurava l’accesso alle celle dei frati al piano superiore. MORTE DELLA MADONNA E LA SUA ASSUNZIONE (Dormito Virginia) Seconda metà sec. XV Ambito locale con influssi napoletani La Madonna, al centro e con le mani in atto di preghiera, mentre assurge in cielo; ai lati, angeli intonano gli inni con strumenti musicali; in basso, la Vergine nel suo letto di morte tra San Pietro e San Giovanni. Al centro, lungo il cartiglio: “ASSUNTA EST - IN - CÆLUM M-( )- AT-( )-A-( )-I-( )-OLIM- ( )DEN- ( )- ALLELUIA - BENEDICUNT DOMINUM”. 42 VISIONE DI GESÙ A SANT’ANTONIO (Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa) datato 1631 La scena rappresenta l’apparizione del Bambino Gesù a Sant’Antonio: il Santo, in ginocchio, vestito con la tunica francescana, allarga le braccia all’apparizione del Bambino; quest’ultimo è su di un libro poggiato sul tavolo e accarezza il volto di Sant’Antonio. Dalla porta socchiusa, una mano si staglia nel buio. In basso, a sinistra: PETRAFISIANUS PINGEBAT MDCXXXI. Il Pietrafesa, elaborando un linguaggio abbastanza articolato, qui denuncia accostamenti tra il Parmigianino e il giovane Annibale Carracci. Una grande abilità tecnica, con luci taglienti e piani sfaccettati, riportano il dipinto in consonanza sia con la “Deposizione” nella Chiesa del Convento a Moliterno, sia con la “Madonna e S.S. Giovanni e Carlo” nella Chiesa di Santa Lucia ad Anzi. 43 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 44 IMMACOLATA CONCEZIONE Sec. XVII (dat. 1628) Filiberto Guma de Vinegia L’Immacolata, con capelli fluenti che le scendono lungo le spalle, veste una tunica color bruno-marrone e un mantello azzurro. Sul capo, una corona e i piedi calzati da sandali, poggiano su una mezzaluna. Con le braccia incrociate sul petto e il capo reclinato sulla destra, l’Immacolata è nell’atteggiamento di profondo rapimento mistico. Ai lati oggetti e scene, raffiguranti simbologie liturgiche, devozionali e attributi specifici dell’Immacolata Concezione. In alto: TOTA PULCHRA ES AMICA MEA ET MACULA NON EST IN TE; a sinistra: ELECTA UT SOL - SCALA CÆLI - FLOS CAMPI SPECULUM SINE MACULA - QUASI PLANTATIO ROS (aurum) QUASI OLIVAS PRETIOSAS - QUASI CYPRESSUS - CIVITAS DEI - STELLA MARIS PUTEUS AQUARUM - ORTUS CONCLUSUS; a destra: PULCHRA UT LUNA - PORTA CÆLI- TEMPLUM DEI - SICUT LILIA - QUASI CEDRUS - QUASI PALMA - TURIS FORTIS - FONS SIGNATUS; in basso a sinistra: FILIBERTUS GUIMA DE VINEGIA (1628). 44 Filiberto Guma, gravitante nell’orbita del Pietrafesa, firma questo suo dipinto nel 1628. L’opera va inquadrata nei percorsi, nei temi, nelle problematiche e nelle forme del tardo manierismo. L’impianto coloristico, mediato da stampe è direttamente ereditato dalla scuola di Tiziano; le tonalità timbriche traslitterano decisamente dalla tavolozza veneta. Certo l’artista è anche condizionato dall’utenza locale che, con intendo esclusivamente devozionale, lo riporta a quelle riduzioni di bottega così tipica dell’arte lucana di questo periodo. CROCIFISSO Legno dipinto, metà del XVI - XVII secolo L’opera è caratterizzata da una forte impronta realistica che lascia emergere le costole ed affiorare le vene; lo stesso volto allungato in maniera così particolare, allontana la figura da qualsiasi oggettivazione idealizzante. ADDOLORATA E SAN ROCCO metà del XVII secolo, pittore lucano L’Addolorata, avvolta in un rigonfio mantello celeste, lo sguardo profondamente accorato rivolto verso l’alto, il petto trafitto da un grosso spadino, stringe le mani in atto di preghiera. Il Santo, S. Rocco, veste abiti modesti di viandante, volge lo sguardo verso l’alto e con la mano destra indica probabilmente la sua ferita. In sommità testine di cherubini. 45 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:02 Pagina 46 GLI AFFRESCHI E IL POLITTICO DI GIOVANNI LUCE DA EBOLI Nel presbiterio, situato ad un livello leggermente più alto rispetto al resto della chiesa, si affrontano due tabelloni con storie tratte dal Nuovo Testamento e dalla vita di San Francesco, eseguiti nel primo Cinquecento, da un pittore che si firma Ioannis Luce de Ebulo. Questi, in un clima di calda adesione ai modi del gotico internazionale, irrompe con un linguaggio figurativo basato sulla semplicità lineare e sulla costruzione plastica e volumetrica della forma, plasmata essenzialmente dal colore, dipingendo anche il polittico (sul polittico sono raffigurati: l’Eterno Padre, il Cristo di Pietà, l’Annunziata, i S.S. Giovanni Battista e Francesco, i S.S. Giovanni Evangelista e Antonio e i S.S. Bernardino e Pietro martire tra i quattro Santi martiri del Marocco) della stessa chiesa, in asse con l’altare maggiore e i ritratti di Santi e Sante (S. Vito, S. Silvestro, S. Elisabetta, S. Agata, S. Margherita, S. Lucia, S. Maria Maddalena, S. Barbara, S. Apollonia, S. Sofia, S. Eligio, S. Sebastiano) nell’intradosso dell’arco trionfale. Gli affreschi, disposti sulle due pareti laterali del presbiterio, consistono in due ordini - cimasa - di sequenze narrative e da una fascia in basso con episodi e relative iscrizioni di commento, della vita del Santo d’Assisi, separati da lesene con capitelli e cornici decorate a grottesche, consoni al gusto dell’epoca. 46 Sulla parete sinistra, in basso, è effigiato un autoritratto in miniatura del Pittore, raffigurato con lunga barba e in atteggiamento di preghiera. Sulla stessa parete si dispongono, a partire dall’alto, la Natività, nell’ordine inferiore l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio, nel terzo ordine la Resurrezione, la Discesa dello Spirito Santo e l’Incoronazione della Vergine. Sulla parete di destra trovano posto: in alto la preghiera di Gesù nell’orto, nell’ordine intermedio: la Cattura; la Flagellazione e la Coronazione di Spine; nel registro sottostante: la Salita di Cristo al Calvario, la Crocifissione e la Deposizione. La lettura delle scene neotestamentarie è, dunque, circolare: si parte dalla cimasa e del primo registro della parete di sinistra, si leggono tutti e tre gli ordini di quella di destra e si giunge alle ultime tre scene dipinte sulla parete di sinistra. La Natività, di cui è visibile soltanto un frammento, mostra il Bambino a terra, curiosamente semisdraiato su un fianco, due pastori dalle teste abrase, inginocchiati presso di Lui e le teste del bue e dell’asino, su uno sfondo verdeggiante. Nell’ordine inferiore, il primo riquadro presenta l’Adorazione dei Magi, sullo sfondo di una capanna diroccata e di un paesaggio color verde chiaro a rocce digradanti, Maria e Giuseppe accolgono i Magi che, avvolti in eleganti abiti di foggia cinquecentesca, recano doni a Gesù. Questi, con una manina regge una pisside mentre con l’altra si protende ad accogliere un nuovo dono. 47 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 48 La scena successiva, quella della Presentazione al Tempio, si svolge all’interno di un edificio dalle forme architettoniche rinascimentali. Salomone, seduto su uno scranno all’interno di una nicchia decorata con una superba conchiglia marmorea, tiene in piedi sulle ginocchia il Bambino, dal corpo ben modellato, mentre Maria e Giuseppe, alla sinistra del riquadro, pregano con le braccia incrociate sul petto e la profetessa Anna, avvolta in un bellissimo abito botticelliano di colore arancio, regge un cestino contenente il cartiglio con la profezia. In basso, nel riquadro con la Resurrezione, Cristo, sullo sfondo di un paesaggio verde costituito da rocce alternate ad alberi, si erge statuario nella sua seminudità sul sepolcro aperto, costituito da uno squadrato parallelepipedo marmoreo. Ai suoi piedi gli armigeri, fasciati in pittoresche e variopinte calzabrache a fasce verticali, siedono scomposti attorno al sepolcro, ormai vinti dal sonno. La rappresentazione è chiaramente improntata a criteri simmetrici e proporzionali: dietro il Cristo si eleva un alto masso roccioso che accentua il verticalismo della figura, a cui fanno da contraltare due alberelli alle estremità del riquadro e gli armigeri ai piedi del sepolcro. Nella scena successiva, dedicata alla Discesa dello Spirito Santo, il gruppo degli undici apostoli, avvolti in panneggi sontuosi ed eleganti, dalle tinte calde e sgargianti, si dispone attorno alla Madonna e volge lo sguardo stupefatto al cielo, in direzione della nuvola in cui aleggia lo Spirito Santo. Il terzo riquadro, in parte abraso, rappresenta l’Incoronazione della Vergine, incorniciata da angeli festanti. Al centro della composizione Cristo, avvolto in una veste bianca coperta sulle ginocchia da un drappo scarlatto, pone la corona sul capo di Maria, assistito da musicisti variopinti, intenti a suonare diversi strumenti musicali. 48 La prima scena che si dispiega sulla parete di destra è quella in cui Gesù, genuflesso e avvolto in una candida veste dalle ampie pieghe, prega nell’Orto degli Ulivi, mentre i discepoli, all’estremità sinistra, giacciono in terra addormentati, sullo sfondo del consueto paesaggio verdeggiante. In basso, si susseguono le scene della Cattura di Cristo, della Flagellazione e della Coronazione di spine. Nella prima Gesù, al centro della composizione con i polsi legati, appare circondato da diverse persone, tra le quali un centurione che lo trascina per la veste e diversi altri personaggi che lo accompagnano; nel secondo riquadro Cristo alla colonna, ripiegatosi su se stesso, viene fustigato da tre sgherri dai corpi atletici, che si agitano in uno spazio rigorosamente descritto e circoscritto da due archi a tutto sesto, dietro cui stacca l’azzurro del cielo; nella terza scena, racchiusa in un enorme arco a tutto sesto, Gesù seduto su uno scranno, con indosso un manto scarlatto, viene incoronato con spine, mediante due lunghi bastoni, tenuti da due personaggi in piedi, mentre altri due lo insultano inginocchiandosi ai suoi piedi. Nell’ordine sottostante domina il tema della Croce: Gesù, con indosso tunica e gambali rossi, porta in spalla la croce nella sua salita al calvario, mentre un astante lo sbeffeggia, portando le mani alla bocca in atteggiamento di scherno; di seguito, Gesù Crocifisso si staglia sullo sfondo di un paesaggio la cui profondità è suggerita dalle diverse tonalità di colore e su cui campeggiano in primo piano, al di sotto della Croce, il soldato che porge a Gesù l’amaro intruglio a base di fiele e un altro armigero a cavallo; la scena finale vede Cristo deposto dalla Croce ad opera di figure che, più che essere ritratte singolarmente, sono funzionali, nel loro vario disporsi, al drammatico svolgimento della narrazione. 49 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 50 La fascia, in basso, con gli episodi tratti dall’iconografia francescana mostra, a partire dalla parete di sinistra: il crollo della chiesa, S. Francesco e il lupo, i Fraticelli e la borsa dei denari, S. Francesco che parla agli uccelli, il miracolo di Pomarico, la Cacciata dei demoni e continuando sulla parete di destra, l’annunzio e Nascita di S. Francesco, S. Francesco che restaura la chiesa, S. Francesco che rinuncia alle ricchezze, S. Francesco che sposa la povertà. Nel primo riquadro è appena visibile, a destra soltanto la chiesa che sta per crollare. Nel secondo, sullo sfondo di un paesaggio costituito da rupi e massi, in presenza del popolo stupito e di un fraticello che presenzia all’avvenimento, San Francesco si rivolge al lupo che, mansueto, gli porge la zampa. Il terzo scomparto descrive l’episodio in cui i denari contenuti nella borsa trovata da San Francesco si trasformano in serpenti non appena questa passa nelle mani del compagno. Nel riquadro successivo, Francesco dall’alto di uno squadrato baldacchino di legno, parla alle rondini appollaiate su un albero, mentre il popolo assiste, seduto in platea, all’avvenimento. La scena seguente, aggiuntiva rispetto a quelle dell’iconografia tradiziona- 50 le del Santo, narra il miracolo di Pomarico: una madre seguita dalle popolane, reca, implorante, il corpo privo di vita della sua bambina, affinché San Francesco, radunato il popolo, scaccia i demoni. Questi raffigurati sotto forma di piccole sagome nere dall’aspetto animalesco, si danno alla fuga, sopra la platea sgomenta degli astanti. La settima scena rappresenta la nascita di Francesco in una stalla. Mentre il bimbo viene lavato in un catino dalle ancelle, la madre del piccolo giace, avvolta nelle coperte, in un letto baldacchino. I due riquadri successivi, completamente illeggibili a causa di un’abrasione sulla parete, sono seguiti dall’episodio in cui Francesco, avvolto ancora nelle ricche vesti da giovinotto, trasportano la calce e dispongono le pietre. Nella nona scena, Francesco rinunzia ai beni terreni e appare nudo e genuflesso dinanzi al vescovo che, seduto su uno scranno con indosso la mitria vescovile e una tunica bianca coperta da un mantello rosso bordato da ricami preziosi, lo riveste con il saio da frate. Assistono alla scena due spettatori, forse il padre e la madre del Santo. L’ultimo riquadro mostra san Francesco che prende per mano una donna scalza e vestita di stracci, ma bellissima, simboleggiante la povertà. Sempre nel presbiterio due lastre sepolcrali di ignoto scultore locale (XV sec.) 51 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 52 MADONNA DI MONFERRATO TRA I S. S. IGNAZIO DI LOJOLA E FRANCESCO SAVERIO (ignoto pittore locale) sec. XVII (firmata da Antonello Palombo di Chiaromonte) La Madonna, sospesa tra le nuvole, abbraccia il Bambino con la mano sinistra e con la destra sorregge la Bibbia; ai suoi lati, una schiera di angeli e putti. In basso, a sinistra, Sant’Ignazio di Lojola che sorregge il libro della regola del suo ordine (Gesuiti); sulla destra San Francesco Saverio con le mani chiuse portate al petto. In lontananza, Pietrapertosa o “Turres” come era chiamata anticamente, rappresenta in basso dalla grande torre, da un lago e dalle alpestri rupi. L’opera, databile intorno alla prima metà del sec. XVII, è un chiaro esempio di pittura lucana colta, non rimandabile direttamente al sentimento religioso o al semplice filone della tradizione popolare. È qui ben definito un rapporto tra la pittura pittorica regionale e quella della scuola napoletana sia nei tempi della figurazione (Sant’Ignazio e San Francesco Saverio con la Madonna del Monferrato) che presuppongono una cultura “altra” dal mero ambito localistico, sia proprio nella lezione luministica caravaggesca della scuola napoletana. MADONNA DEL ROSARIO CON I 15 MISTERI (Ignoto pittore locale) sec. XVII La Madonna del Santo Rosario, attorniata da angeli e putti, regge il Bambino sulle ginocchia; veste una tunica bruna con mantello azzurro. Ai lati, una serie di medaglioni dipinti svolgono la rappresentazione dei 15 52 misteri (dolorosi, gaudiosi, gloriosi) del Santo Rosario. Motivi floreali intercalano e scandiscono tutta la composizione. L’opera, pur recuperando schematismi popolari quali il racconto per giustapposizione, non è priva di un’evidente interesse della committenza locale verso quegli aspetti naturalistici e di “maniera internazionale” rintracciabili a Napoli soprattutto nelle opere di Pietro da Cortona. Il dipinto restaurato ha subito un taglio nella parte inferiore e oggi poggia su una tavola di abete che integra il vuoto e la cornice. Altresì, il quadro copre l’affresco della Madonna del Mistero del XVI secolo. MADONNA CON BAMBINO E SAN GIOVANNI BATTISTA E SAN GIOVANNI EVANGELISTA Prima metà del sec. XVI Maestro del 400 di scuola umbro-marchigiana Attribuita di recente a Nicola di Novasiri Tutta la composizione, a forma centinata, racchiusa in una cornice anch’essa affrescata, rappresenta la Madonna con Bambino tra San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. La Madonna, seduta su un trono, regge sulle ginocchia il Bambino e con lo sguardo rivolto verso sinistra, posa la mano destra sul capo di San Giovanni Ev.; veste una tunica marrone con sopra un mantello azzurro 53 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 54 bordato di bruno. San Giovanni B. regge nella mano destra un cartiglio. Elegante nella linea sottile, a metà strada tra il disegno e il contrapporto luministico, questo maestro non è privo di una certa forza espressionistica. Certo, questa miniaturizzazione della forma, congiunta a stilemi di stampo popolare, fa sì che il dipinto possa ascriversi nella prima metà del ‘500, quando, attraverso la mediazione ubromarchigiana, l’arte pittorica in Lucania è ancora legata al gotico internazionale ovvero al tardo gotico. MADONNA DEL ROSARIO CON I 15 MISTERI TRA SANTA CATERINA E SAN DOMENICO Seconda metà sec. XV (Ignoto pittore locale) La Madonna, con le braccia spalancate, regge in entrambe le mani il rosario; veste una tunica rossa con il mantello azzurro e sul capo una corona. Sulle ginocchia il Bambino benedice con la mano destra. In basso, a sinistra, San Domenico da Guzman, con le mani giunte, veste l’abito del suo ordine. A destra, Santa Caterina da Siena, anch’essa in atto di devozione con le mani giunte. Intorno, le scene dei 15 misteri: dolorosi, gaudiosi, gloriosi inscritti in piccoli medaglioni e intercalati da motivi floreali. Persistono stilemi di scuola bizantina nel disegno sottile e lineare, ma è già avvenuto il grande “paesaggio” plastico accompagnato da tutta la ridondanza del movimento. 54 Il piccolo Calvario Il piccolo Calvario Francescano (1474), una colonna di pietra sormontata da una croce annerita dai secoli, si eleva su una scalinata scavata nel masso roccioso. Il monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale Il Monumento ai Caduti della Guerra 1915 - 1918 fu fatto innalzare dai Pietrapertosani residenti in America, su progetto di un illustre compaesano, l’ingegnere Camillo Sacco, in memoria dei soldati caduti sui campi del Carso, dell’Isonzo, del Tagliamento, di Caporetto. Alla sommità della stele, sulle cui facce sono incisi i nomi dei Caduti, un’aquila reale ad ali spiegate, simbolo della vittoria, sta a dire a tutti che la libertà è scaturita dalla morte e perciò va difesa sempre: essa deve librarsi alta nei cieli degli spiriti nobili. 55 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 56 “Cappella di Santa Maria di Valle d’Orso” o “Dell’Abbazia” Una Chiesetta che sa di miracolo Dove oggi sorge “la Cappella della Madonna dell’Abbazia” come la definiscono i pietrapertosani, un tempo c’era un monastero dove i monaci Benedettini attuavano in pieno il loro “ora et labora” e rendevano feconde quelle terre. Questi monaci, colti e laboriosi, rimasero ad Abbazia fino al 1506 quando Papa Giulio II soppresse il monastero, poi sparirono. I secoli trasformarono il monastero in ruderi: dell’antica grandiosità rimasero solo una cappella e una statua della Madonna Assunta. 56 LA PRIMA RICOSTRUZIONE Nel 1934 la cappella era un rudere e la statua era ospitata nella Chiesa Madre: qualcuno nel luogo sacro rinchiudeva buoi e maiali. Una signora, tale Maria Vernucci, detta “la ciriglianese”, perché nativa di Cirigliano, sognò per tre notti di seguito la Madonna: “va’ dal Cantore Fortunato e digli che voglio essere ricostruita la Cappella dalla famiglia Iula, specialmente da Antonio Iula, che per tanto tempo vi ha rinchiuso buoi e maiali. La trave maestra dovrà darla Raffaella Pantone. Carmeluzza “a Santarella” mi offrirà i suoi gioielli da sposa e tu mi farai la tovaglia più bella”. La signora si tormentò per qualche giorno, poi si recò dagli interessati e riferì il messaggio. I cugini Iula, confortati dal consenso dell’Arciprete Fortunato, si posero all’opera. La moglie di Antonio Iula chiese ai muratori e manovali del paese una giornata di lavoro gratis e ai parenti il necessario per la colazione e il pranzo dei lavoratori. Tutti, anche gli amici, offrirono quel che potevano. La Pantone negò il castagno per la trave maestra (e, cosa strana, il giorno seguente le cadde l’asino vicino alla pianta e morì). Il Commendatore Giacomo Racana, uomo devoto alla Madonna, donò la trave con gioia. Il 15 agosto del 1934, la statua, restaurata e ingioiellata, della Madonna Assunta ritornò solennemente alla sua casa. Da quel giorno l’ultima Domenica di maggio l’effigie viene portata in processione su al paese e il 15 agosto riportata ad Abbazia. Quel giorno la valle si riempie di vita e di gioia: si prega, si canta, si consuma il pranzo a sacco, si chiacchiera tra amici, ci si scambia un bicchier di vino o una tazzina di caffè conservata nel termos: ci si sente fratelli e amici e la Grande Signora gode tra i suoi figli e li benedice. LA SECONDA RICOSTRUZIONE Una nuova sciagura si abbattè sulla Cappella: il terremoto del 1980 la rese inagibile. Dopo varie peripezie e molte incomprensioni, dei giovani volenterosi, discendenti delle famiglie Iula o ad esse congiunti, Egidio Morano e Antonio Mazza si sono posti all’opera: la Cappella è completa, ora ha un nuovo splendore e la Madonna regna Padrona sulle loro terre. 57 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 58 “Passeggiata letteraria” Piatti, feste e tradizioni Per gli amanti della natura, della campagna, della montagna, degli sport all’aria aperta, specialmente del trekking, vi è la “passeggiata letteraria”. Il percorso, di circa 2 Km, è il frutto del recupero e del ripristino del vecchio tratturo di collegamento fra i centri abitati di Pietrapertosa e Castelmezzano, lungo il quale, viene raccontata una storia fantastica che ripercorre e traspone in “lirica” alcune credenze popolari. La passeggiata può essere effettuata partendo, indifferentemente da Pietrapertosa o Castelmezzano. Partendo da una quota di m 920 (Pietrapertosa) la pista scende fino a quota m 660, punto in cui attraversa il torrente Caperrino, per risalire poi verso Castelmezzano a quota 770 metri. I tempi di percorrenza medi possono variare dai 45 ai 60 minuti. Questo percorso che ha per lungo tempo rappresentato l’unica via di collegamento tra i due centri abitati, oggi racconta il legame storico tra i due paesi e costituisce un forte richiamo alla cultura e alle tradizioni dei due abitati. Rimangono ancora vive nella nostra comunità antiche tradizioni che ci riportano ai tempi lontani, quando i nostri antenati attendevano le festività religiose e profane per poter evadere dal quotidiano, spesso grigio, infatti un proverbio recitava: “Vù sciat acchian feste, maltiemp e fristier a la casa” per dire che in queste occasioni era possibile riposarsi e mangiare un po’ meglio. L’ultimo giorno di Carnevale sono d’obbligo le orecchiette e i fusilli, conditi con il sugo della salsiccia, e la rafanata: una torta salata dal sapore forte che una volta gustata si fa desiderare. Ingredienti Uova n° 5, Formaggio q. b., Rafano (una radice), Olio o strutto e sale q. b.. Sbattere le uova come per la frittata, aggiungere il rafano grattugiato, il formaggio e il sale, amalgamare bene il tutto. L’impasto deve avere una consistenza più densa di quella della frittata. Versare la rafanata in una teglia in cui si è messo un po’ di olio o di strutto e cuocere in forno a calore moderato. La Domenica delle Palme su tutte le tavole troneggiano i cavatelli con la mollica: un piatto della civiltà contadina, composto di pasta fatta in casa e condita con mollica di pane fritta e noci tritate. Ingredienti Per la pasta: farina g 500, acqua calda q. b., per il condimento: mollica di pane raffermo g 250, noci tritate g 200, olio 1 bicchiere circa, sale q.b. Mettere sulla spianatoia la farina a fontana e impastarla con l’acqua calda. Lavorare l’impasto fino a rag58 59 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 60 giungere una consistenza morbida e liscia. Stendere dei cordoncini del diametro di 1 cm circa, tagliarli a tocchetti lunghi 3-4 cm infarinarli per bene e cavarli con quattro dita. In una teglia porre l’olio, farlo riscaldare e mettere a dorare la mollica. Togliere la mollica dal fuoco, aggiungere il tritato di noci e salare. Cuocere i cavatelli in abbondante acqua salata per 5 minuti. Scolarli e condirli in una zuppiera con il preparato di mollica di pane. A Pasqua “il pasticcio”, sembra il trionfo della vita e della gioia dopo la tristezza della Settimana Santa. È questo una pizza rustica fatta con uova, ricotta, formaggio fresco e salame. Le signore del posto lo preparano con molta attenzione: deve essere perfetto e di buon auspicio. Ingredienti Per la pasta: Farina g 500,Uova n° 5, strutto 1 bicchiere, sale q. b., per il ripieno: uova fresche n° 4, formaggio grattugiato g 100, ricotta g 500, prezzemolo, pepe, sale q. b., toma tagliata a fettine g 500, uova sode tagliate a fettine n° 4, soppressata e salame g 200. Disporre la farina a fontana sulla spianatoia, versarvi le uova, lo strutto e il sale. Impastare a lungo fino a quando la pasta diventa lucida e morbida. Preparare il ripieno mescolando la ricotta, il formaggio, le quattro uova fresche, il prezzemolo, il pepe e il sale fino ad ottenere un impasto consistente e morbido. Riprendere la pasta e con il mattarello ricavare due dischi dello spessore di 1/2 cm circa. Stendere su un disco il preparato di ricotta, formaggio ed uova; su questo fare uno strato di uova sode tagliate, uno di salame e infine uno di toma; spargere un pochino di sale e di pepe. Ricoprire con l’altro disco di pasta; chiudere bene i bordi; lucidare con un tuorlo d’uovo sbattuto, punzecchiare con una forchetta e cuocere in forno a 250 gradi. Ritirare il pasticcio quando ha assunto il colore dorato di un biscotto. 60 Santa Lucia (13 dicembre) porta la Cuccia un misto di grano, ceci, fave, granoni lessati e consumati conditi con sale. È un piatto risalente alla notte dei tempi e molto rispettato anche nella nostra era. Ingredienti Grano Kg 1, ceci g 300, cicerchie g 100, granoni g 100, acqua q.b., sale q.b. e fave g 300. Porre a bagno i legumi, per almeno 36 ore, in acqua tiepida, cambiando quest’ultima ogni 12 ore. Nell’ultimo bagno aggiungere un pugnetto di sale. Quando i legumi saranno gonfi, sciacquarli bene e metterli a cuocere a fuoco moderato. Dopo un po’cambiare l’acqua, sostituendola con altra in ebollizione per non fermare la cottura. Salare la cuccia e consumarla ben cotta e calda senza l’aggiunta di condimento. Una gentile usanza, sorta negli ultimi anni, vuole che, la sera di Santa Lucia, dei ragazzi di buona volontà preparino una grande caldaia di cuccia, la portino in piazza e dopo averla cotta su un bel fuoco a legna, la offrono a tutti i presenti. Il Natale non può passare senza gustare le “Scrippelle” le “Fazzemole” e i “Cauznciell”, squisiti dolci che da sempre fanno la gioia di piccoli e grandi. C’è gioia nelle case quando le signore preparano queste squisitezze: l’olio borbotta allegro nelle teglie, la pasta si gonfia e i piccoli si rimpinzano. Ingredienti Farina Kg 1, lievito naturale, g 25, acqua calda q. b., sale q. b., abbondante olio di oliva. Disporre a fontana sulla spianatoia la farina (quella usata per il pane), aggiungere il lievito sciolto in acqua tiepida e sale. Impastare energicamente aggiungendo pian piano l’acqua calda. Quando la pasta è liscia e più morbida di quella adoperata per il pane, porla in una terrina e farla lievitare coperta in un luogo caldo. Raggiunta la giusta lievitazione, staccare con le dita, 61 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 62 bagnate di olio, tocchetti di pasta, farne delle ciambelline e porle a friggere in abbondante olio bollente. Appena gonfie e dorate ritirarle. Le scrippelle si possono consumare calde o fredde zuccherate e non. Sono fritture prettamente natalizie. LA FESTA DI SANT’ANTONIO “IL MASCIO” La pastorale si cucina nelle feste campestri e si consuma accompagnata da un buon vinello paesano. E’ un gustoso piatto a base di carne di caprettone o di agnellone condito con cipolla, sedano, prezzemolo, patate, carote, pomodoro e …peperoncino. Il tutto cotto in caldaia di rame sul fuoco a legna. Vien fuori un ottimo consoumè adatto al palato degli intenditori. La festa di Sant’Antonio coincide con la festa del “Mascio”, non è quella del Santo Patrono, ma è la festa più caratteristica e ricca di fascino. Ingredienti Carne di caprettone o di agnellone Kg 1, patate n° 1-2, pomodoro n° 1-2, un bel gambo di sedano, un ciuffetto di prezzemolo, carota gialla n° 1, peperoncino piccante n° 1 e sale q.b.. Mettere in una pentola la carne, coprirla di acqua e porla sul fuoco. Appena inizia l’ebollizione schiumarla e aggiungere tutti gli altri ingredienti. Far cuocere a fuoco lento fino a quando la carne diventa morbida e il brodo un ottimo consoumè. Nelle feste campestri, la pastorale viene cotta (come facevano i nostri avi) in caldaia di rame e su fuoco a legna. È ottima servita con un buon vino paesano. Per i buon gustai è un piatto da leccarsi le dita! La salsiccia e la soppressata, insaccati di carne suina, riportano sulle nostre tavole il gusto genuino di un tempo che fu e il profumo di cose sane. Un piatto da assaggiare assolutamente è manate e fagioli: una minestra della civiltà contadina molto usata nel passato recente, durante i lavori di mietitura e trebbiatura ed ora divenuta una ricercata prelibatezza, anche perché “le manate” richiedono particolare capacità di lavorazione. Ottimi anche “lagane e ceci” e “lagane e lenticchie”. 62 La domenica successiva al 13 giugno come devozione a S. Antonio di Padova si celebra la festa del Mascio, un rito che si ripete da decenni. Infatti, ancora oggi, la gente similmente a quella di ieri riproduce questo culto arboreo se pur mutato nel significato e nella funzione. La festa del “Mascio” è articolata in tre fasi che segnano i momenti principali della complessa azione scenicocerimoniale. Nella prima fase viene abbattuto un cerro, albero ad alto fusto, precedentemente individuato e riconosciuto re del bosco. Nella seconda fase è abbattuto un altro albero: un agrifoglio, scelto tra quelli più ricchi di rami e di foglie, detto Cima: la regina del bosco. Il giorno dell’abbattimento e del trasporto della Cima ha luogo, contemporaneamente, anche il trasporto dell’albero che, nel frattempo, è gia stato privato dei rami e scortecciato. Il cerro o il “Maggio”, è trascinato da diver- 63 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:03 Pagina 64 se pariglie di buoi; mentre la Cima è portata in paese con la chioma poggiata sul giogo di due giovani vacche. Il trasporto processionale dei due alberi è , senza dubbio, la fase più spettacolare e coinvolgente e consente a chiunque di aderire, con una buona dose di partecipazione, alle varie azioni e alle tensioni che il trasporto stesso genera. La terza fase si realizza in paese, dove i due alberi sono trionfalmente introdotti ed accolti con grande gioia, espressa da concerti bandistici ed offerta di vino e biscotti a tutti i presenti. Il giorno successivo al trasporto, il Maggio e la Cima vengono innestati uno all’altra, quasi a simboleggiare una sorta di matrimonio tra le due piante. In mattinata si svolge la parte più propriamente religioso-cristiana della processione della statua di S. Antonio per le vie principali del paese. L’ultima tappa della statua è dinanzi il Convento di S. Francesco. Nel frattempo il Maggio inizia ad essere eretto con tecniche che impiegano lavoro fisico, nella fattispecie con le funi. Il pomeriggio, infine, ha luogo la fase conclusiva con lo sparo e la scalata. 64 FESTIVAL DELLE DOLOMITI LUCANE Tra lo spettacolare scenario delle Piccole Dolomiti Lucane nasce nel ’98, l’associazione musicale “I Suoni delle Dolomiti”. L’associazione, raccogliendo giovani del posto, unendo passione per la musica e promozione territoriale, ha dato vita all’attuale Complesso Bandistico “Città di Pietrapertosa”. Ma, l’associazione è andata oltre le sonorità stesse della banda, facendosi promotrice di una crescita artistica di qualità. “La banda può e deve adeguare il proprio repertorio alle nuove esigenze di pubblico, senza tralasciare le proprie origini, deve rivedere il proprio modo di fare spettacolo, nonché innescare un’apertura ed una continua ricerca verso nuove esperienze.” Questo veniva scritto dal direttore artistico della banda, il M° Pino Melfi, nel 2004, sulla locandina della seconda edizione del Festival delle Dolomiti. Questa, una perfetta sintesi di un progetto musicale la cui ideazione ha significato master di formazione e incisioni di tre dischi, in cui giovani “ bandisti” hanno avuto la possibilità di scoprire un mondo totalmente nuovo: l’eccellenza di musicisti di grande fama: Javier Girotto, Emanuele Cisi, Nico Gori, Stefano Novelli, Ronald van Spaendonck, Massimo Bartoletti, Mike Applebaum e tanti altri. La costanza di questo progetto musicale ha significato e significa promozione territoriale. Sì certo, il beneficio più grande è dei ragazzi dell’Ass. musicale “I Suoni delle Dolomiti”, perché crescere con la musica è il viaggio più profittevole che si possa avere, sotto ogni aspetto, perché non c’è valorizzazione più forte di una rivalutazione portata avanti da giovani che fanno musica. 65 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:04 Pagina 66 SULLE TRACCE DEGLI ARABI È una manifestazione entrata a pieno titolo nell’annovero delle tradizioni pietrapertosane. Il 10 agosto, Pietrapertosa ricorda i suoi dominatori, che giunti su quest’altura si difendevano ed attaccavano. Il Rione Arabata, così, si dipinge di suoni, musiche e colori, di stand gastronomici, mercatini ed harem. Un modo originale per rivivere altri tempi e per riscoprire un senso positivo di appartenenza; un modo originale per vivere una magica atmosfera. “Se vuoi far tua un’esperienza la devi vivere a pieno... ...Apri la porta dell’Arabata, segui le luci d’Oriente, assapora pietanze arabe respirando essenze, osservando tipicità e danzando ritmi travolgenti. Solo così potrai dire di aver vissuto Sulle tracce degli Arabi.” 66 COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI Una gentile usanza che non accenna a morire è quella del 2 novembre, giorno in cui i vivi e i morti sono in mesta comunione. I credenti, sin dal mattino si recano in chiesa per portare un po’ di grano “per i morti”, perché tutti - dicevano i nostri vecchi - devono mettersi a tavola. In realtà, è l’offerta per il sacerdote che celebra la messa in suffragio delle anime. I FUOCHI NATALIZI Passano, di casa in casa, i ragazzi durante la novena di Natale:” N’ dacit na leun p GS’ Crist? (Ci date una legna per Gesù Cristo?) e nessuno nega loro una legna che servirà per i grandi falò costruiti nelle piazze e negli slarghi la notte di Natale, perché il Piccino possa riscaldarsi e dimenticare, forse, il freddo della notte. Intorno a questi falò, si canta e si ride: quelli che si divertono di più sono i ragazzi. Nelle case si lasciano le luci e il fuoco accesi, perché la Madonna deve fermarsi ad asciugare i pannucci del Bambino. IL MATRIMONIO Di tradizionale in un matrimonio sono rimasti: 1) Il corteo nuziale che si svolge a piedi, quale che sia la distanza, dalla casa della sposa fino in chiesa è preceduto dal fotografo e da una folta schiera di bambini, pronti a raccogliere le manciate di confetti beneauguranti che vengono lanciati agli sposi. La sposa, al braccio del padre avanza lentamente fra due legioni di curiosi che vogliono vedere e criticare la “zita” e gli abiti degli invitati. Seguono lo sposo al braccio della suocera e dietro di loro, tutti gli invitati a due a due. Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:04 Pagina 68 2) “La serenata” che lo sposo e gli amici portano alla sposa la sera prima del matrimonio. Nella prima fase la sposa, in compagnia dei parenti più stretti, in casa, a porta chiusa, ascolta commossa le melodie eseguite a suon di organetto. Nella seconda fase, il papà della sposa apre la porta ed invita tutti ad entrare per brindare e ballare. 3) “Il letto della sposa”, la cui preparazione da parte della “comara d’anello” e di alcune amiche della sposa, qualche giorno prima del matrimonio, diventa un rito. Ognuna si dà da fare per sistemare lenzuola e coperte nel modo più preciso possibile, ma, spesso, non mancano gli scherzi: le lenzuola fatte a sacco, dove è semplice entrare, ma difficile uscire oppure il letto cosparso di zucchero che costringe gli sposi ad alzarsi per rifarlo, altrimenti prude. Numeri utili Associazione Pro Loco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3208337801 tel./fax 0971983529 Carabinieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0971983001 Corpo Forestale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0971983055 Guardia Medica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0971983283 Farmacia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0971983087 Biglietteria “Volo dell’Angelo” . . . . . . . . . . . . . . . . 0971983110 Autolinee “F.lli Renna” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0971983094 Guide turistiche . . . . . . Canosa Mariapia . . . . . . . . 3395869343 Carbonella Giacomo . . . . 3495619535 Mona Adalgisa . . . . . . . . . . 3489359953 Istituto Comprensivo di Pietrapertosa . . . . . . . 0971983030 Comune di Pietrapertosa Cap. 85010 - Tel. / Fax 0971 983052 www.comune.pietrapertosa.pz.it Abitanti 1301 (Cens. 2001) Altezza 1.088 s.l.m. Estensione 67,24 kmq L’UCCISIONE DEL MAIALE L’uccisione del maiale è l’occasione per vedere unita l’intera famiglia. Un esperto, con sistema primordiale, “scanna” il maiale e la padrona di casa raccoglie in un recipiente il sangue, che servirà per fare il sanguinaccio. Per evitare che coauguli , viene aggiunto un po’ di zucchero e mescolato con le mani o con un mestolo di legno. Segue la pulitura con acqua bollente e coltelli affilati. Per una notte il maiale rimane appeso al “Cap’ péd’” (sostegno triangolare in legno) e l’indomani viene sezionato e lavorato. Particolare e suggestiva l’esposizione alla finestra della testa pulita del maiale con una grossa arancia in bocca. Appuntamenti Ultimo giorno di Carnevale 10 Maggio 13 Giugno Domenica succesiva al 13 Giugno Luglio 25 Luglio 10 Agosto 15 Agosto Domenica dopo il 16 Agosto Ottobre 1ª settimana di Ottobre 13 Dicembre 68 Dicembre Sfilata di Carnevale e “Sagra della rafanata” Festa di San Cataldo Taglio del “Mascio” Festa di Sant’Antonio “Il Mascio” Festival delle Dolomiti Lucane Festa del Santo Patrono: “San Giacomo” Manifestazione: “Sulle tracce degli Arabi” Madonna dell’Abbazia Festa di San Rocco Sagra dei sapori d’autunno Festa di San Francesco Festa di Santa Lucia con “Sagra della cuccìa” Manifestazioni natalizie 69 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:04 Pagina 70 Dove mangiare... dove dormire... e non solo! Zamby’s Bar di Zambelli Sopalù Rocco V. Largo Garibaldi, 116 PIETRAPERTOSA Le Costellazioni borgoalbergo in pietrapertosa Via della Stazione, 1 - Pietrapertosa (Pz) tel./fax (+39) 0971.983035 - cell. 3477950276 e-mail: [email protected] • www.borghidibasilicata.eu Rosticceria - Pasticceria Pizzeria da Asporto - Biscottificio Da Anna & Antò Via Nazionale, 8 - Tel. 0971 983528 Cell. 339 878 62 59 - 85010 Pietrapertosa (Pz) AUTOLINEE VIAGGI TURISMO S EDE L EGALE: Via Stazione, 5 - Pietrapertosa Tel./Fax 0971.983094 SEDE OPERATIVA: C.da Bucaletto, 98 - Potenza Tel. 0971.471636 Fax 0971.479461 E-mail: [email protected] • www.fratellirenna.it La Bottega del Borgo di Laraia Raffaella vendita prodotti tipici e souvenir 70 Via Michele Torraca, 2 - Cell: 3471068261 PIETRAPERTOSA (PZ) 71 Impaginato Guida 2009 4-12-2009 17:04 Pagina 72 Bibliografia • Guida al Medio Basento - Comunità Montana Medio - Basento, Ardesia, 1989 • “Le Dolomiti Lucane – Pietrapertosa” realizzato da Pro Loco Pietrapertosana, Grafiche Miglionico, 2003 • Enciclopedia dei Comuni della Basilicata con guida storico - turistica • Scritti vari di Don Oreste Ettorre • Archivio Comunale Sitografia www.comune.pietrapertosa.pz.it 72