dalla sala architetti all`eco-town cinese
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dalla sala architetti all`eco-town cinese
50° 1959/60 • 2009/10 I tre architetti che lavorano in Cina Dalla sala architetti all’eco-town cinese Joseph Di Pasquale, Alessandro Tonassi e Nazareno Cerquaglia: architetti, ex residenti di Torrescalla (Joseph alla fine degli anni ottanta, Alessandro e Nazareno negli anni Duemila) lavorano ora assieme nello studio milanese AM Progetti che ha vinto il concorso internazionale indetto nel 2008 per la realizzazione della eco-town Jingwu, pronta a sorgere nella municipalità di TianJin, in Cina. D Qual è stato il tuo iter professionale? Joseph. Ho iniziato a lavorare in vari studi professionali tra cui il più importante quello dell’ingegner Armen Manoukian che avevo conosciuto proprio a Torrescalla. Armen è stato per me una figura importantissima. Lavorando al suo fianco ho avuto modo di comprendere il senso più profondo della parola “professione”, intesa come impegno per “professare” l’attività intellettuale calandola ben dentro il concreto della realtà quotidiana assai accidentata ed imprevedibile. Alessandro. Ho iniziato a lavorare in uno studio di progettazione, coltivando parallelamente le mie grandi passioni per il design e la moda, partecipando a numerosi concorsi con amici e architetti. Dopo alcuni concorsi che abbiamo vinto con Joseph e Nazareno ho deciso di unirmi con loro in questa bella avventura. Le mie passioni si sono poi concretizzate; infatti attualmente ho l’incarico di direttore creativo presso Chervò Bagswear, azienda produttrice di borse. Nazareno. Dopo Torrescalla sono andato un anno in Francia con Erasmus. Tornato in Italia mi sono laureato e ho iniziato a lavorare occupandomi della ristrutturazione di alcune stazioni ferroviarie. In seguito ho collaborato in un altro studio di architettura prima di entrare in Amprogetti. D A proposito del progetto della città cinese: come è nato? quale l’idea forte che vi ha fatto vincere? J. L’idea forte è stata quella di dare forma e sostanza alla volontà Fondazione Rui • 59 a tu per tu i n t e r v i st e di identità di una comunità. La città di Jingwu, a pochi chilometri dalla megalopoli Tianijn, indicendo questo concorso esprimeva la volontà di non essere inghiottita dall’espansione indifferenziata e anonima della periferia urbana, voleva dare forza alla propria volontà di continuare ad esistere come comunità conservando la propria identità e le proprie tradizioni. Il disegno urbano che abbiamo proposto è incentrato precisamente sopra le leggende e intorno alle tradizioni di questa piccola comunità: il fiume centrale, l’edificio simbolo sono ispirati alle vicende mitiche di questa tradizione. L’architettura conferisce loro una forma nella quale è possibile riconoscersi e il gioco è fatto: la città si identifica con l’immaginario mitico di una comunità e diviene il mezzo con il quale questa comunità intende lasciare la propria traccia nella storia. D Il “progetto Cina” ha avuto anche un risvolto importante con il workshop dei giovani, italiani e cinesi, i cui lavori sono stati premiati nell’evento del 28 settembre: perché questa scelta di puntare sulla formazione e come vi siete trovati nel ruolo di formatori o comunque di guide di questi giovani futuri talenti? J. La formazione è una caratteristica fondativa del nostro studio. Abbiamo attivato accordi con diverse università per accogliere tirocinanti e stagisti. Tra breve attiveremo anche alcune ore di formazione affinchè chi si trovi a frequentare lo studio anche per pochi mesi possa sistematizzare e capitalizzare al massimo i contenuti di esperienza acquisiti. D Cosa ha significato Torrescalla nel tuo percorso di formazione personale e professionale? J. A Torrescalla ero l’unico architetto in mezzo a molti ingegneri, economisti, filosofi e letterati. Spesso il clima era simpaticamente avverso alle “stramberie” degli architetti. Questo ha significato per me il dover sempre usare un linguaggio non architettonico per “raccontare” l’architettura. Se oggi il mio modo di concepire l’architettura è così poco “architettese” e riesce non solo a superare le barriere del mondo autoreferenziato degli architetti ma anche a “raccontarsi” a culture come quella cinese così lontane dalla nostra realtà europea forse lo devo in parte anche a questa “abitudine all’universalità” costituita dalla mia esperienza formativa e di relazione vissuta a Torrrescalla. A. Ha significato moltissimo, come persona sono cresciuto nell’ambito delle relazioni umane, ho iniziato a conoscere i miei limiti relazionali e a superarli. Ho trovato persone che hanno visto in me talenti, che mi hanno aiutato a farli emergere, ad investire su questi e soprattutto a mantenere il mio entusiasmo nel perseguire i sogni e i grandi progetti. Un entusiasmo ed un’eccellenza a 360° che mi porto dentro. N. Ha significato incontrare moltissime persone in gamba, sia tra i residenti che tra gli ospiti. 60 • Fondazione Rui D Il collegio propone cosntantemente iniziative, corsi, incontri con ospiti, volontariato: in quali di questi eventi ti sei maggiormente impegnato o quali ti hanno maggiormente colpito o influenzato e perché? J. Ero particolarmente coinvolto nelle attività culturali e tra queste penso che gli incontri con gli ospiti e i congressi universitari (Univ) siano stati una grandissima opportunità per me di conoscere ed approfondire aspetti “altri” rispetto alla mia specifica formazione. Argomenti di matematica, fisica, economia, ingegneria, quasi sempre raccontati da persone che costituivano 50° 1959/60 • 2009/10 l’eccellenza nel loro settore professionale, hanno rappresentato per me uno stimolo enorme nel completare la mia formazione universitaria e culturale. Questa credo sia decisamente un’opportunità che la residenza offre e che può costituire veramente una marcia in più per quanti sono residenti rispetto a chi sceglie di formarsi secondo modalità più “ordinarie”. A. La redazione del Golgi 36 (la rivista annuale della residenza), il tutoring e gli incarichi di arredamento mi hanno aiutato a crescere in professionalità e impegno. Anche quei lavori che mi parevano meno importanti si sono rivelati in realtà pieni di va- lore. Proprio riconoscendo il valore dei dettagli mi sono trovato con una marcia in più nel mondo del lavoro. N. Devo ammettere di non essere stato un residente modello: per esempio spesso e volentieri saltavo le consuete tertulie dopo cena per via del mio carattere schivo e introverso. Apprezzavo però molto gli incontri con gli ospiti. Devo anche ringraziare il vicedirettore di allora per avermi coinvolto un paio di estati nei campi di volontariato in un ospedale pediatrico e in alcuni orfanotrofi in Romania: un’esperienza forte e intensa che mi ha arricchito e mi ha fatto riflettere molto. Fondazione Rui • 61 a tu per tu i n t e r v i st e D Tre ex residenti che lavorano assieme: che cosa vi siete “portati dietro” del clima di Torrescalla? J. Da quando Alessandro prima e Nazareno poi hanno iniziato a lavorare con me direi che un pezzettino di Torrescalla si è ricreato in studio, e si potrebbe definire come quella interessante atmosfera costituita da un lavoro intenso ma anche da una certa serenità e dall’attenzione ai rapporti con le persone. A. Ci siamo “portati dietro” il lavoro di squadra, il team e soprattutto quel clima di famiglia che rende il nostro contesto lavorativo giovane, brillante e pieno di voglia di fare. N. Mi son “portato dietro” un amico: a volte quando ci capita di lavorare fino a tardi mi ricordo le nottate passate insieme in sala architetti a preparare gli esami. D L’avere vissuto insieme nello stesso collegio è una marcia in più nel vostro lavoro oggi? J. In realtà essendo un po’ più grande degli altri due non ho mai coinciso con loro in Torrescalla, ma direi che questo comune background costituisce una presenza costante nei rapporti tra di noi e mi sembra costituisca come un “canale preferenziale” nel comprendersi e nell’organizzarsi sul lavoro. A. Io ho vissuto insieme a Nazareno. Sicuramente la marcia in più sta nell’aver vissuto alcuni anni insieme in quella sala architetti che era diventato un po’ il nostro regno e adesso è diventato il nostro lavoro in questo studio di via Paolo Giovio. N. Non saprei dire se e quanto l’avere condiviso la vita a Torrescalla ci influenzi o meno nel lavoro. Sicuramente però l’essere buoni amici mi aiuta moltissimo, soprattutto nei momenti più complicati e di maggiore stress. studio, l’Univ… ma soprattutto le persone che vi stanno vicino e che vi porterete dentro, perché dall’esperienza di Torrescalla nascono delle amicizie solide ed importanti. N. Parlando sinceramente, il mio primo anno di residenza volevo andarmene perché mi pesavano gli orari (in particolare la mattina) e altre regole e restrizioni ma poi, ragionandoci, ho deciso di restare ancora. Il consiglio che voglio dare è quindi quello di non dar troppo peso ai lati negativi dello stare a Torrescalla ma di considerare e apprezzare anche i molti lati positivi e le opportunità che la residenza offre. D Per terminare: raccontate un aneddoto simpatico di quelli che vi hanno coinvolto in Collegio. J. Forse il ricordo più bello che ho è legato ad Armen Manoukian. La sera prima del mio primo esame, l’esame di disegno, ero intento a lavorare in “sala architetti” e mi ricordo che Armen, ex direttore della residenza e affermato professionista, dopo cena mi venne a chiedere se poteva aiutarmi e poiché molto del lavoro di disegno era stato fatto e il rimanente non potevo che farlo io, si prestò per “attaccare i trasferibili” sulle tavole. In pratica, non essendoci ai tempi né le stampanti e neanche i computer, le scritte si dovevano applicare manualmente sulle tavole lettera per lettera usando i “trasferibili” che dovevano essere ricalcati con la matita affinchè ogni singolo carattere si attaccasse sul foglio. Mi ricordo come trascorremmo quelle ore a lavorare insieme, io giovane matricola di architettura che disegnavo e lui, affermato professionista, che attaccava i trasferibili. Ancora oggi per me questo episodio rappresenta un bellissimo momento di amicizia ma anche una grande lezione professionale e di vita. È un po’ come l’essenza dell’intera mia esperienza a Torrescalla. N. Ad esempio, quando dopo un esame di progettazione particolarmente duro ero così stanco da riuscire ad addormentarmi alle tre di pomeriggio su un letto disfatto, sopra chitarra, libri, squadre e compasso. Un amico residente mi ha trovato in quello stato e sono stato preso in giro per giorni. A. Io ero tutor di Nazareno (ho un anno in più), per un esame lo ho aiutato a terminare alcuni disegni per un parcheggio, tipo dalle undici di sera fino alle tre della mattina successiva. Si disegnava ancora a mano. Peccato che il lavoro che avevo fatto fosse sbagliato (causa incomprensioni — sostengo io) e quindi lo abbia dovuto rifare quando però io ero già a letto. Proprio da lì è iniziata la nostra amicizia e la voglia di fare qualcosa insieme, dopo nove anni lo chiamo per un concorso e dopo due anni ci ritroviamo a lavorare insieme. Mi sembra una bella storia che parte dalla mitica sala architetti di Torrescalla. La vita in residenza è vicina a quello che doveva essere l’ambiente delle prime università. D Quali consigli daresti a una “matricola” di Torrescalla? J. Di approfittare al massimo di ogni ora di tempo e di ciascuno stimolo culturale che l’ambiente della residenza mette a disposizione. Concepire il percorso universitario soltanto come uno sforzo “muscolare” limitato allo studio del programma d’esame significa perdere un’enorme opportunità. Ora che guardando indietro penso alla mia vita universitaria in residenza mi rendo realmente conto di come fosse raro allora come oggi trovare un ambiente così vicino a quelli che dovevano essere gli ambienti formativi delle prime università: studenti, professionisti e professori che si trovavano a vivere assieme per approfondire i vari aspetti della conoscenza umana. Che cosa può desiderare di più un universitario? A. Consiglio? Torrescalla vi aiuta a mettere a frutto i vostri talenti, anche quelli nascosti. Vivete dunque più che potete la residenza, gli incarichi, le tertulie con e senza ospite, le vacanze di 62 • Fondazione Rui