Il progresso come categoria della modernità
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Il progresso come categoria della modernità
Il progresso come categoria della modernità In senso generale, il progresso è l’interpretazione della storia come continuo avanzamento, cioè come continuo miglioramento e perfezionamento delle possibilità del singolo individuo e dell’intera umanità. In questo senso generale che si declina poi in accezioni più particolari (p. scientifico, economico, culturale, politico, ecc), il p. è stato una delle più potenti ideologie della modernità. L’idea di progresso era infatti ignota nel mondo antico, che vide nella storia umana o un processo di decadenza rispetto ad una primitiva età dell’oro, oppure interpretò gli eventi storici come un eterno ritorno, ebbe cioè una visione ciclica della storia. L’idea di p. si afferma, inizialmente, soprattutto in relazione alla rivoluzione scientifica del ‘600, e trova nella cultura illuministica del secolo successivo una applicazione estensiva alla interpretazione della storia dell’umanità. Bacone, Galilei, Cartesio, Pascal, Leibniz, so stengono, in polemica con il culto umanistico-rinascimentale dell’ antichità, che il progresso nelle conoscenze scientifiche è continuo e inarrestabile, e che tale progresso finirà per offrire condizioni di vita sempre migliori. Negli illuministi (A.R.J. Turgot, B. Fontenelle, Voltaire, M.J.A.Condorcet, G.E. Lessing), la fiducia ottimistica nel progresso è una conseguenza della fiducia nelle capacità di progresso della ragione, intesa nel suo significato piu universale, sia come ragione speculativa sia come ragione pratica. Il concetto di progresso diventa una compiuta filosofia della storia nelle concezioni storicistiche degli idealisti, in cui il progresso storico è considerato come una legge necessaria del divenire, che si autopone indipendentemente dall’azione dell’uomo, e finisce per condizionare le scelte dei singoli individui. La concezione idealistico-romantica della storia era stata in qualche modo anticipata dal pensiero di G. Vico, con la sua teoria della storia che progredisce a spirale attraverso «corsi e ricorsi». Solo che in Vico il progresso era guidato dall’ordine trascendente della Provvidenza, mentre nello storicismo idealistico il p. è guidato da una ragione immanente allo stesso piano storico degli eventi. Alla tesi progressista in senso storicistico si sono collegate, nel corso dell’ ‘800, varie espressioni culturali come il positivismo, il marxismo e l’evoluzionismo (a. Comte, H. Spencer, K. Marx, F. Engels...). Rispetto all’ottimismo illuministico nei confronti del progresso, la concezione storicista e evoluzionista si pone non solo come una fiduciosa attestazione circa la possibilità di miglioramento insita nello sviluppo storico, ma come una vera e propria spiegazione scientifica delle leggi che regolano il corso progressivo della storia. Ciò è particolarmente evidente nella concezione dialettica della storia, sia che essa venga intesa in senso spiritualistico (Hegel) oppure in senso materialistico (Marx-Engels). Ma anche la nuova scienza ottocentesca, la sociologia, è intesa dai suoi sostenitori (C. Fourier, C.H. Saint-Simon, e soprattutto A. Comte) come una «fisica sociale», e cioè come una spiegazione scientifica delle leggi del progresso, che si realizzano dunque soprattutto secondo oggettive descrizioni previsionali e non solo in base a una generica e astratta aspirazione degli uomini a condizioni di vita sempre migliori, come avveniva negli ideali progressisti dell’illuminismo. E’ stato da qualcuno messo in evidenza che l’idea di progresso, ignota nell’antichità classica, ha radici cristiane, in quanto la concezione storica che discende dalla rivelazione cristiana presuppone una visione lineare della salvezza, che procede dalla creazione, passando attraverso la caduta e la redenzione, verso il compimento escatologico che si realizzerà con la venuta finale di Cristo. Per questo studiosi come Löwith (cf Significato e fine della storia) e E. Voegelin (cf La nuova scienza politica), assumendo come termine di riferimento il concetto moderno di progresso storico, hanno interpretato la modernità come radicale razionalizzazione-naturalizzazione della escatologia cristiana e del significato cristiano della storia. Augusto Del Noce contesta invece questa interpretazione della modernità, in seguito alla sua identificazione tra secolarizzazione e ateismo, che costituisce per lui il postulato fondamentale della ideologia moderna. Dal punto di vista storico la Chiesa ha assunto nei confronti della categoria del progresso un atteggiamento inizialmente critico. Con il Sillabo (1864) di Pio IX, la Chiesa condannava l’ideologia del progresso, vista come uno degli errori moderni, in quanto basata sul presupposto illuministico dello sviluppo storico fondato unicamente sulle capacità emancipative della ragione. Il progresso era visto allora dalla Chiesa come una concezione unilateralmente ottimistica della storia, funzionale tra l’altro alla emarginazione, a vantaggio dei nuovi oggetti sociali, politici e culturali, delle forze religiose considerate come residuali rispetto ai processi d’innovazione e di modernizzazione che venivano affermandosi in ogni ambito della vita sociale e culturale. Solo nel nuovo clima di dialogo Con il mondo moderno, avallato ufficialmente dal Concilio Vaticano II, la Chiesa assume un atteggiamento positivo nei confronti del progresso. Di questo nuovo atteggiamento sono documento soprattutto la costituzione pastorale su «La Chiesa nel mondo contemporaneo», nota soprattutto come Gaudium et spes (vedere in particolare i nn. 35, 37, 39 e 53) e l’enciclica di Paolo VI, Populorum progressio (I967). Sullo stesso orientamento, con una linea interpretativa più attenta alle profonde trasformazioni storiche degli ultimi decenni, si è mantenuto anche l’insegnamento sociale di Giovanni Paolo II, soprattutto con le encicliche Sollicitudo rei socialis (I987) e Centesimus annus (1981). Da sottolineare alcune note costanti dell’insegnamento sociale cristiano in ordine alla concezione del progresso: # la distinzione, nella sia pur necessaria correlazione, tra progresso storico e avvento finale del Regno di Dio, come criterio distintivo tra la visione storica propria del cristianesimo e le varie forne di utopia; # la critica delle ideologie che assolutizzano il progresso in senso materiale, a cui sono riconducibili sia la concezione marxista sia quella capitalistica; # l’istanza di una corretta fondazione antropologica della idea di progresso, che la dottrina sociale della Chiesa individua nelle varie espressioni del personalismo cristiano; # l’esigenza di affrontare il problema del progresso in un’ ottica planetaria, in termini di solidarietà tra paesi scientificamete e tecnologicamente avanzati e paesi in via di sviluppo.