Articolo GreenMe 06.12.16 - COLTAN

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Articolo GreenMe 06.12.16 - COLTAN
COLTAN, LA GUERRA DIMENTICATA
DEL CONGO: JOHN MPALIZA IN
MARCIA PER LA PACE (PETIZIONE)
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Dicembre 6, 2016
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Scritto da Angela Petrella
È in marcia per la pace John Mpaliza. Proprio in queste ore, infatti, il quarantasettenne
cittadino italiano di origine congolese sta completando il cammino che da Reggio Emilia
lo condurrà a Bruxelles, dove l'arrivo è previsto per giovedì 8 dicembre. Un cammino
che si concluderà con la presentazione di una petizione al Parlamento Europeo per
chiedere alla comunità internazionale di porre fine alla guerra in Congo legata anche
al coltan.
A Liegi, in Belgio, una grande comunità di Congolesi si unirà alla marcia. Ad attendere
John e i suoi sostenitori sarà l'europarlamentare Cécile Kyenge, anch'essa di origini
congolesi. Mpaliza presenterà una petizione in cui chiederà alle istituzioni internazionali di
adoperarsi con tutti i mezzi a loro disposizione per far cessare il vero e proprio
genocidio che si sta consumando in Congo, in particolare nella zona intorno a Beni,
nella regione del Kivu. Si stima che quello del Congo sia il più grande genocidio avvenuto
dalla Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri, con un altissimo numero di vittime, circa 8
milioni.
Leggi anche: COLTAN: SANGUE, GUERRA E SCHIAVITU' IN UN CELLULARE
Partito il 23 ottobre scorso da Reggio Emilia, città in cui vive da più di 20 anni, John
Mpaliza non è nuovo a imprese del genere. È dal 2010 che intraprende cammini in
moltissime città italiane ed europee, facendosi portavoce di un messaggio di pace
universale, che dal Congo si estenda a tutte le altre zone di guerra nel mondo. Questa
sua attività gli è valsa l'appellativo di Peace Walking Man, ovvero Camminatore per la
Pace, definizione con cui è ormai generalmente conosciuto.
Questa volta il Peace Walking Man percorrerà in totale circa 1500 chilometri in 47 giorni
per sensibilizzare cittadini, associazioni e istituzioni su una guerradimenticata, che sta
martoriando la Repubblica Democratica del Congo da circa un ventennio. Una guerra
sporca spesso etichettata dai media occidentali come guerra tribale, ma che in realtà
viene combattuta da miliziani e guerrigllieri ribelli contro civili inermi per l'accaparramento
di una risorsa strategica e di cruciale importanza economica per le società
ipertecnologiche del Nord del mondo: il coltan.
foto
Coltan, il minerale insanguinato
Quest'ultimo è un minerale metallico formato dalla combinazione di columbite e tantalite.
Molto resistente alla corrosione, si presenta sotto forma di sabbia nera, leggermente
radioattiva, ed è divenuto negli ultimi anni un minerale strategico per l'economia
mondiale, trovando impiego in tutti i dispositivi elettronici e soprattutto nelle
apparecchiature hi-tech. Inizialmente utilizzato prevalentemente nell'industria missilistica e
nel settore aerospaziale, ha recentemente conosciuto uno sviluppo commerciale
prodigioso, tanto che ormai è praticamente impossibile farne a meno.
Il coltan si trova nei cellulari, nei tablet, nei pc, nelle consolle dei videogiochi, nei sistemi
satellitari, nelle telecamere, nelle macchine fotografiche, nelle fibre ottiche, negli air bag e
persino nelle apparecchiature chirurgiche. Questo minerale risulta fondamentale per due
motivi. Innanzitutto perchè la polvere metallica di coltan riesce ad ottimizzare le
prestazioni dei circuiti elettici presenti nei chip,aumentandone la potenza ma
riducendo al contempo il consumo energetico.
Il condensatore al tantalio ha consentito di ovviare a quello che rappresentava uno dei
principali problemi della moderna tecnologia hi-tech, ovvero la scarsa durata delle batterie,
soprattutto nel caso dei dispositivi portatili.
L'altro fattore che ha reso praticamente imprescindibile il coltan nello sviluppo degli
apparecchi elettronici di ultima generazione è costituito dalla sueridotte
dimensioni: questo materiale è impiegato nella forma di microcondensatore e il suo
utilizzo ha consentito la produzione di smartphone, tablet e laptop sempre più piccoli, sottili
e maneggevoli. Ha soppiantato il condensatore in ceramica, suo principale concorrente,
proprio perché quest'ultimo non è competitivo sul piano delle dimensioni, non potendo
essere realizzato in un formato ridotto, compatibile con i moderni apparecchi hi-tech.
L'80% delle riserve mondiali di coltan si trova in Congo, in particolare nella regione nordorientale di Kivu, quella da cui proviene John Mpaliza. A causa della guerra in corso per il
controllo del coltan John ha perso alcuni parenti, e la sorella risulta ancora dispersa.
Riassumendo, il Coltan:
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è usato in quasi tutti gli apparecchi tecnologi
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ottimizza le prestazioni
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ha ridotte dimensioni
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Si trova principalmente in Congo
La triste storia di John
Proprio di ritorno da un viaggio nel suo Paese, Johnn ha realizzato che non poteva più
rimanere in silenzio e che doveva agire per sensibilizzare associazioni, istituzioni e
semplici cittadini su questa tragedia dimenticata. Ha scelto questa forma singolare di lotta
non violenta, traendo ispirazione dal cammino di Santiago, sua prima esperienza di
marcia per la pace. In seguito ha intrapreso altre marce verso altre città italiane ed
europee, tra cui Reggio Calabria, Roma, Helsinki, sempre partendo da Reggio Emilia,
dove John vive e dove lavorava fino a poco tempo fa. John è ingegnere informatico e
lavorava come programmatore presso il comune di Reggio Emilia. Due anni fa ha deciso
di lasciare un lavoro sicuro e gratificante per dedicarsi a tempo pieno alla causa congolese
e a diffondere un messaggio universale di pace e giustizia.
Questa che è partita il 23 ottobre scorso e che si concluderà giovedì prossimo è
unamarcia a staffetta, nel senso che chiunque può decidere di condividere uno o più
pezzi di cammimo con John, marciando insieme a lui per una o più tappe con la finalità di
portare un messaggio di pace al mondo intero e di far luce su quello che avviene
quotidianamente in Congo. Il Congo potrebbe esssere un paese ricchissimo, data
l'abbondanza di materie prime, tra cui oo, manganite, cobalto e coltan ovviamente. E
invece è un paese “ricco da morire” come ripete spesso amaramente John Mpaliza. Nel
senso che proprio la potenziale ricchezza geologica e mineraria si è trasformata purtroppo
in una condanna a morte per il popolo congolese.
Le violenze per il Coltan su donne e bambini
In Congo tantissimi bambini muoiono perché inghiottiti dai crepacci nelle miniere di coltan
o perchè vittime di incidenti causati da frane mentre scavano a mani nude alla ricera di
questo prezioso minerale. Oppure muoiono perchè, dopo qualche anno di lavoro
estrattivo, contraggono tumori o malattie al sistema linfatico provocate dall' uranio
presente nel coltan. Altri ancora muoiono in combattimento dopo essere stati arruolati
come soldati nelle milizie antigovernative che controllano le zone di estrazione, al confine
con Rwanda e Uganda. E insieme a loro muoiono centinaia e centinaia di migliaia
di civili innocenti, vittime di una guerra che ognuno di noi alimenta, spesso
inconsapevolmente.
Migliaia di donne vengono stuprate da parte dei miliziani per destabilizzare e terrorizzare
la popolazione. Migliaia di profughi sono costretti ad abbandonare le proprie case per
sottrarsi all'inferno di violenze e soprusi. Per non parlare poi del disastroso impatto
ambientale dell'attività di estrazione intensiva: il Parco nazionale di Kahuzi-Biega e
la riserva naturale di Okapi sono praticamente devastati e la fauna locale è a rischio
estinzione. La regione del Kivu è molto distante dalla capitale Kinshasa, e soprattutto non
esistono infrastrutture che la colleghino al resto del Paese.
Per i guerriglieri delle Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR) è stato
abbastanza semplice insediarsi in quella regione e controllare le zone di estrazione,
finanziandosi con i soldi delle multinazionali dell'hi-tech. La situazione di
estrema instabilità politica fa comodo ai grandi marchi dell'elettronica, che approfittano
del basso costo della manodopera, di condizioni di lavoro disumane, della mancanza di
regolamentazione e controlli per speculare sul prezzo finale, lucrando ingenti profitti. In
Congo, il coltan viene venduto ad un prezzo massimo di un dollaro al chilo, mentre in
Europa arriva a costare anche 600 dollari.
Si stima che per ogni chilo di coltan estratto muoiano 2 persone, spesso bambini. A volte i
portatori muoiono letteralmente di stenti nel tragitto che dalla miniera conduce a Goma,
principale centro di smistamento di questo minerale. Siamo corresponsabili anche noi, che
cambiamo il nostro smartphone per seguire la moda e non per reale necessità. Che molto
spesso abbiamo 2 cellulari, a volte addirittura tre. E se prima eravamo all'oscuro di tutte
queste dinamiche, ora non possiamo più chiudere gli occhi di fronte ad una situazione così
vergognosa.
Insomma, ribadiamo che per colpa del coltan:
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muoiono i bambini
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si ammalano i bambini
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le donne vengono stuprate
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si alimenta la piaga dei bambini soldato, che controllano le miniere
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si mettono a rischio animali e ambiente
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i lavoratori delle miniere sono schiavi
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la manodopera è sottopagata

si arrichiscono (solo) le multinazionali
Cosa possiamo fare
quest'ecatombe?
per
porre
fine a
Innanzitutto, firmiamo la petizione che John Mpaliza presenterà al Parlamento Europeo.
Poi cerchiamo di parlare di questi temi ad amici e conoscenti, perchè il passaparola può
essere molto efficace in questi casi e spesso costituisce la leva che spinge le persone a
prendere coscienza di alcune situazioni.
Più concretamente, quando il nostro smartphone smetterà di funzionare, potremo decidere
di acquistare un fairphone, vale a dire un telefono prodotto nel rispetto dei diritti umani e
di condizioni lavorative dignitose e a basso impatto ambientale. Il fairphone è prodotto da
una ditta olandese che utilizza solo materie prime certificate, ovvero minerali e altri
elementi che provengono da zone che non siano sotto il controllo di gruppi armati.
Leggi anche: Fairphone, al via le vendite: lo smartphone etico costa 310 €
Il fairphone utilizza il sistema operativo Android ed è l'unico smartphone ad essere
completamente riparabile in tutte le sue componenti. Attualmente sul mercato è
disponoibile la versione Fairphone 2, che risulta potenziata e assolutamente competitiva
con analoghi modelli di famose multinazionali.
Nel medio termine, sarebbe importante fare pressione a livello politico per avviare una
regolamentazione legislativa del settore che porti ad una reale tracciabilita del prodotto,
analogamente a quanto è avvenuto qualche anno fa con la stipula del protocollo
Kimberley, che regolamenta il mercato dei diamanti. Sarebbe opportuno riuscire ad
ottenere una certificazione che consenta di distinguere in maniera chiara e inequivocabile
il coltan prodotto senza sfruttare il lavoro minorile e nel rispetto dei diritti umani.
Riparabilità e riciclo sono gli altri fronti su cui puntare per il futuro, costringendo la
grande indistria ad intraprendere percorsi virtuosi per l'uomo e l'ambiente.
Sarebbe importante costringere le multinazionali dell'elettronica ad investire nella
riparazione delle apparechiature anziché alimentare in maniera sistematica
l'obsolescenza programmata rendendo di fatto irreperibili sul mercato i pezzi di ricambio
dei dispositivi. Spesso infatti siamo costretti a comprare un nuovo cellulare semplicemente
perché non è disponibile sul mercato quel singolo pezzo di ricambio, mentre le altre
componenti del telefonino sono perfettamente funzionanti.
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più breve
Infine, sarebbe fondamnentale poter riciclare il coltan dai cellulari che non usiamo più.
Quando il telefono 'muore', il coltan al suo interno è comunque riutilizzabile. Un po' come
avviene quando rottamiamo un'automobile, da cui si riescono a recuperare molte parti in
plastica, gomma e acciaio, potremmo rottamare il cellulare salvando ll coltan presente nei
circuiti elettrici.
Pensiamoci, prima di buttare un telefonino ancora funzionante soltanto per accaparrarci
l'ultimo modello lanciato sul mercato, ancora di più in questi giorni frenetici di shopping
natalizio. Prima di acquistare o regalare uno smartphone a qualcuno, pensiamo a John
Mpaliza, ma soprattutto alle donne e ai bambini congolesi e a tutti coloro che hanno avuto
la sventura di nascere in quel Paese “ricco da morire”.
Firma la petizione
Angela Petrella
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