luglio - Voli - Vallecamonica On Line
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17º anno - n. 173 - luglio 2008 “... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92 del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme. siamo sicuri? Concita De Gregorio descrive in un breve corsivo su Repubblica l’esperienza vissuta recentemente in una trattoria del Ghetto romano, con il titolare che può concedersi finalmente una prospettiva ottimistica, nel senso che «ora, con il nuovo sindaco Roma sarà sicura, perché è diventata un inferno, non si può girare che ti accoltellano, ti mettono sotto con la macchina, ti rapinano, e se sei una donna ti violentano [e perché non dire anche dei falsi funzionari dell’Inps, dell’Enel o dell’azienda municipalizzata che, in un italiano forbito, ci entrano in casa col pretesto di controllare se è tutto in ordine e poi ci fregano quei quattro spiccioli che siamo riusciti a mettere da parte, o degli hacker informatici – non sempre albanesi o zingari – che ci clonano il bancomat mentre facciamo la spesa al supermercato]». E quando un commensale chiede al gestore della trattoria se non gli è mai accaduto qualcosa di simile, a lui o alle persone del locale che escono ogni notte dal lavoro alle due per tornare a casa, l’uomo risponde, candido ma sicuro di sé: «Mai, però basta leggere i giornali e guardare la tv per sapere come vanno le cose»... I giornali e le tv, giustappunto! Nel frattempo i cantieri e le fabbriche inghiottono operai a... grappoli, perché «la società sregolata vede precipitare assieme ai redditi da lavoro anche le normative più elementari di una dignitosa sicurezza», per dirlo con le parole di Gad Lerner (“La sicurezza calpestata”, Repubblica, 12 giugno 2008). E quando i cantieri e le fabbriche si fermano, lasciano al suolo micidiali residui che prima o segue a pagina 10 «C’eravamo riempiti la bocca con le parole libertà, fratellanza e uguaglianza. È da due secoli che esse hanno dato da mangiare progressivamente a un numero sempre maggiore di cittadini. Si parla molto di solidarismo ma quasi nessuno ora fa l’elemosina a chi chiede fratellanza e uguaglianza. In quanto alla libertà, per ora ne abbiamo a sazietà: qualcuno anzi non nasconde d’essere stomacato perché ce ne sarebbe troppa. Troppo non è mai invece il liberismo: il figliastro che esalta la libertà purché si uccidano uguaglianza e fratellanza». (Walter Pedullà) IL POTENZIALE DEMOCRATICO DI INTERNET sapersi mettere in discussione di Bruno Bonafini Sono tempi di scarsa credibilità della politica, per tanti e diversamente validi motivi. E difficile ne risulta il rapporto tra elettori ed eletti. Quando le sezioni di partito c’erano davvero ed erano frequentate, da eletti ed elettori, specie quelle dei grandi partiti popolari, quelli che contavano, la comunicazione era facile. Le esigenze piccole e grandi, i dubbi o lo sdegno dell’elettore trovavano risposta o quantomeno ascolto. Le ragioni dell’eletto, consigliere comunale, sindaco o parlamentare che fosse, potevano esser spiegate senza passare attraverso i ristretti tempi televisivi che tutto devono ridurre a battuta o a scontro polemico. Il ragionamento poteva svolgersi e adattarsi alla condizione culturale e sociale degli interlocutori; la conoscenza personale e la fiducia tra gli stessi consentiva approfondimento e reciproco ascolto. Sui temi più sensibili il confronto A PROPOSITO DI MALASANITÀ IN LOMBARDIA lasciare il “mercato” e tornare alla cura Comunicato stampa della Cgil regionale (10 giugno 2008) Le vicende oggetto dell’inchiesta giudiziaria alla clinica Santa Rita, l’attuazione di interventi definiti dai magistrati «dannosi, inutili e inspiegabili», persino mortali su pazienti al solo scopo di incassare maggiori rimborsi dal Servizio sanitario, superano ogni immaginazione; diventa persino imbarazzante dire: l’avevamo detto. È giusto, però, che di fronte a fatti di questa gravità ciascuno si assuma le proprie responsabilità, che sono diverse per chi ha voluto il “modello lombardo di sanità” e continua a sostenere che il sistema lombardo è il migliore possibile, e si consola, come fa il Presidente Formigoni, nella presunzione che altrove sia sicuramente peggio, e chi ne ha denunciato fin dall’inizio le distorsioni ed i rischi. Tra questi la Cgil. segue a pagina 2 non era certo meno serrato di quello di certe serate televisive; il redde rationem di chi aveva responsabilità pubbliche verso la sua platea popolare era decisamente più concreto (più vicino alla concretezza del vivere) di quello posto oggi da giornalisti titolati ma sempre più spesso schierati e ripetitivi in TV. Ma rimpiangere il buon tempo antico è esercizio sterile, come si sa. Ogni tempo deve darsi sue modalità di partecipazione politica e di confronto, adatte alle nuove condizioni di vita e di lavoro, ai suoi ritmi ed ai suoi strumenti. Chi scrive continua a ritenere che il contatto diretto, periodico, tra elettore ed eletto, sia la miglior forma di partecipazione e che la scelta delle rappresentanze politico-amministrative debba passare sempre di più attraverso un reale diretto coinvolgimento dell’elettore (le primarie o qualcosa di molto simile). Ma in attesa che l’impresa non facile di consolidare o trovare nuove forme di rapporto diretto tra elettori e loro rappresentanti abbia successo è utile segnalare e plaudire ad esperienze nuove e valide di contatto e confronto. Lo sono i siti internet che molti uomini pubblici, parlamentari soprattutto, allestiscono e curano con molteplici funzioni, da quella di bacheca delle segue a pagina 3 Sarà un “autunno caldo”? (Tomaso Castelli, a pag. 6) memoria e... revisionismo (Tullio Clementi, a pag. 8) luglio 2008 - graffiti 2 dalla prima pagina lasciare il “mercato” e tornare alla cura La Cgil Lombardia aveva individuato nella scelta della Giunta regionale di accreditare tutta l’offerta ospedaliera privata, nel lontano 1996, il rischio di una distorsione del sistema sanitario lombardo. L’apertura indiscriminata al privato ha richiamato in Lombardia investitori finanziari, che hanno individuato nel sistema lombardo che, primo in Italia, apriva al mercato in nome della competizione pubblico-privato, il terreno più interessante per i loro investimenti. In realtà questa competizione tra strutture pubbliche e private non si è mai realizzata, per due motivi: 1. poiché sin dall’inizio la giunta si è preoccupata, nella definizione dei budget per le strutture ospedaliere, di garantire alle strutture private il loro volume di attività raggiunto; 2. perché non è possibile parlare di competizione tra pubblico e privato quando non vi sono le stesse condizioni di partenza, e se non si dotano le strutture pubbliche delle adeguate risorse umane, finanziarie e tecnologiche. La sanità privata ha continuamente aumentato il volume di attività e il fatturato ma, accanto a strutture di qualità, vi sono realtà che hanno come primario interesse il raggiungimento del profitto, anche al di fuori delle regole. A fronte dei troppi episodi di comportamento illecito, oggetto di indagine della magistratura, è giusto interrogarsi sulle cause strutturali, che ci rimandano ai meccanismi di finanziamento UN RICORDO del sistema, basato sulla remunerazione per prestazione, che induce a produrre sempre più prestazioni, anche non necessarie, a selezionare quelle più remunerative, a raggiungere volumi di attività ed obiettivi di fatturato. La correttezza del sistema non può basarsi sulla fiducia nell’onestà dei singoli medici, ha bisogno di meccanismi oggettivi, che tutelino i cittadini rispetto alle possibili deviazioni. La giunta regionale si vanta di un sistema di controlli efficiente, si deve sapere però che riguarda al massimo il 5% delle prestazioni ed è soprattutto di carattere amministrativo. L’aspetto dell’appropriatezza delle prestazioni, il fatto cioè che gli atti medici siano effettivamente necessari ed utili a curare la persona malata (che è al centro dell’indagine della magistratura al Santa Rita), non viene considera- to, ma è centrale rispetto alla salute e alla sicurezza dei cittadini. Allora forse, se è il sistema di remunerazione che induce inappropriatezza, che determina distorsioni e comportamenti immorali, è giunto il momento per riflettere su che modello di sanità si vuole in Lombardia, su quali siano i meccanismi amministrativi di controllo e di remunerazione più adatti a premiare gli obiettivi di salute dei cittadini piuttosto che gli obiettivi di bilancio delle aziende. Va quindi rivisto il sistema di accreditamento e di selezione degli erogatori, va considerato, come viene sollecitato anche da esperti di politiche sanitarie, il sistema di remunerazione delle strutture, optando per sistemi, presenti anche in altri Paesi, che premino la promozione della salute e non la malattia. IL FESTIVAL DELLA CANZONE UMORISTICA D’AUTORE dallo sciamano allo showman a cura della Redazione Dopo un brillante inizio nel pavese nell’ultima settimana del giugno scorso, il Festival della canzone umoristica d’autore “Dallo sciamano allo showman”, promosso dal Centro Culturale Teatro Camuno e realizzato con il sostegno dell’assessorato al Turismo della Regione Lombardia, nei mesi di luglio e agosto ritorna in Valcamonica, dove Bibi Bertelli e Antonio Silva, affiancati da Chiara Giacomelli e Elena Gianni, presenteranno una nutrita serie di manifestazioni: «il 18 luglio a Cevo il gruppo brasiliano Selton e il cantautore Arturo Fiesta Circo; il 26 luglio a Bienno il duo Fabrizio Canciani-Stefano Covri e il romagnolo Daniele Maggioli. A Breno, il 17 agosto, singolarissimo incontro sul filo dell’ironia tra due dei cantautori “storici” italiani più esaltati dalla critica: Max Manfredi e (a cura di Nini Giacomelli) sogni, genuflessioni e... tessere Mio padre era un uomo semplice, non faceva grandi discorsi. Un giorno, ero adolescente, portai a casa una pagella discreta ma con un memorabile quanto esecrabile 8 in condotta. Lui mi chiese quali fossero i miei sogni. Mi lasciò parlare e poi mi disse: «Se non hai soldi e se tuo padre e tua madre non sono persone che intrallazzano, hai pochi modi per realizzare i tuoi sogni. Uno è entrare nelle faccende della Chiesa o in quelle della politica. In questo caso avrai sicuramente successo e denaro, ma avrai sempre davanti a te un padrone cui inchinarti e dovrai anche accettare compromessi non sempre puliti, ti piaccia o no. Un altro modo per tentare di seguire i tuoi sogni è fare tanta, tanta fatica, sperando in un briciolo di fortuna. È il modo più duro, pieno di insidie e di ostacoli, perché i liberi pensatori non piacciono a nessuno, ma ha un vantaggio: non prevede padroni. A te la scelta». Preciso anche che mio padre non era un mangiapreti. Quando aveva il turno di lavoro mattutino, andava a messa nella cappella dell’ospedale, alle 5, pur di non perderla. Non frequentava consigli pastorali e, pur avendo una sua precisa idea politica, non aveva tessere, se non quella dei Combattenti e Reduci, visto che aveva fatto sette anni di guerra, prigionia compresa. Marco Ongaro; il giorno 23, torna da Tuva la prodigiosa cantante sciamanica Sainkho Namtchylak; il 30, alle 11, ancora Gigi Borri col suo rito sciamanico. Settembre vedrà il festival ospite delle Terme di Boario, con due clamorose giornate. Il 12 settembre verrà consegnata la “Targa Shomano”, destinata ogni anno a un personaggio della cultura che si distingua nel suo settore per il suo carisma, anello di ipotetica congiunzione tra il potere medianico e il potere mediatico, a Ottavio Missoni, stilista e sportivo brillante e anticonformista, che nel pomeriggio converserà con il pubblico in un incontro condotto dal giornalista Gianni Mura; mentre la sera il concerto è affidato al duo voce e contrabbasso Petra MagoniFerruccio Spinetti. Il giorno dopo, serata effervescente con Stefano Masciarelli e la sua band». Finale di stagione, in ottobre, «nel music-club romano The Place, dove oltre alla Targa “Bigi” sarà consegnata la Targa “Cuoco Shomano”, a conclusione del concorso gastronomico “Il piatto dello sciamano” tra i ristoratori della Valle Camonica. Per questa serata, buona musica in linea col festival sarà garantita dal gruppo Rossoantico». «... un pugile scassato, un nobile decaduto, e più tardi un maniaco sessuale uscito di galera, aprono a Milano un bordello che ha subito fortuna fra signore del bel mondo e impiegatine. Gli affari vanno così a vele gonfie, talché presto bisogna trasferirsi in una villa di lusso, anche perché i giovanotti offrono alle clienti strane emozioni...». da una recensione del film di Pupi Avati, Bordella (1976). graffiti - luglio 2008 3 a Silvio PROFONDO NORD Volevo scrivere un articolo su Silvio, sul suo modo incontrollato di riscrivere le regole, di non rispettarle, sulla militarizzazione imminente dell’Italia, sull’ideologia della paura, dell’insicurezza, punto centrale della prima campagna elettorale di Bush, da cui partì la campagna per le armi a tutti i cittadini americani, la guerra agli stranieri, la paura di essere processato e quindi si processino tutti gli altri e via di seguito. Le sue ossessioni diventano ogni giorno di più le ossessioni della Nazione intera. I suoi problemi diventano i problemi di tutti. Le sue paure di finire in galera stanno sormontando ogni problema reale del paese. I salari, le pensioni, gli affitti, l’immondizia, gli immigrati non sono più un’emergenza. La campagna elettorale è finita. Le convergenze istituzionali sono finite, anzi mai cominciate. Basta buonismo. Avanti con la cavalleria e tutto il resto. Ma Michele Serra mi ha preceduto, come sempre, da quel brillante scrittore qual è. E allora riporto volentieri le ultime righe della sua rubrica di fine giugno: «La sua ossessione personale diventa supplizio generale. E dunque: assolviamolo ufficialmente, dichiariamolo innocente ad honorem, andiamogli a stringere la mano uno ad uno, in fila indiana, dicendogli “complimenti per l’assoluzione e mi saluti la signora”. Purché la faccia finita: perché non è mica possibile andare avanti così, con questo omarino rumoroso, invadente, iperattivo che ci scassa le palle da vent’anni perché non vuole essere giudicato da nessuno». Guido Cenini il modello lombardo-borbonico AMBIENTE & DINTORNI (a cura di Valerio Moncini) Gentile direttore, a febbraio 2008, periodo di rinnovo bolli auto, non riuscendo più a pagarlo via internet, mi reco al più vicino sportello ACI (Breno-BS). Presenti una ventina di cittadini, alle pareti numerosi volantini, dei dipendenti suppongo, con un angosciato, tenero invito: “Per favore non insultateci”; segue la spiegazione: “Da quest’anno tutto è passato in mano alla Regione”. Modello Lombardo, bellezza! Un mese fa mi viene recapitata un’ingiunzione a dimostrare, entro e non oltre il 31 luglio, la regolarità del versamento bollo auto 2005-6 (anche per telefono al n° 199.72.76.76). Recupero le “pezze giustificative” come si suol dire e mi metto al telefono, in settimane, giorni e ore diverse. Dopo decine di tentativi riesco finalmente a memorizzare che “per il servizio richiesto gli operatori sono momentaneamente occupati”. Mia moglie sostiene che riesco perfino a ripetere questo messaggio correttamente anche più volte in una notte. Ora scopro che milioni di lombardi sono nella mia stessa situazione. Non avendo tempo da perdere informo il sig. Formigoni che d’ora in poi sono a completa disposizione per un’eventuale sua verifica delle “pezze giustificative”, basta che mi telefoni o passi da casa. Gli garantisco il “favore di non insultarlo”. Un cittadino entusiasta del Modello Lombardo Ps: la lettera è stata pubblicata anche su L’Unità del 29 giugno u.s. dalla prima pagina sapersi mettere in discussione loro iniziative (assemblee, convegni, proposte di legge...) e dei loro impegni (presenza in Parlamento) a quella di luogo divulgazione delle posizioni loro o del loro partito sui temi di politica locale o nazionale. Siti che parlano con quanto c’è, ma anche con quanto non c’è, ovvero con ciò che presentano e con ciò che trascurano. Ve ne sono di aggiornati quotidi anamente, riempiti con la diligenza del buon impiegato, con l’assiduità di chi è convinto del valore di ciò che fa e dice, e giustamente ritiene che la trasparenza massima sul suo operato sia utile (di Guido Cenini) l’ambiente e gli... ambientalisti Vorrei rispondere a Igor Ducoli sulla questione dell’ambientalismo ed aprire, se anche altri volessero intervenire, un dibattito sul tema. La nostra rivista è pronta ad ospitare gli interventi in merito. Esprimo le mie convinzione alla luce di quasi trenta anni di militanza nel mondo dell’ambientalismo. Ma non per questo ho la pretesa di convincere gli altri , visto che spesso diffido delle prese di posizione dei miei compagni di viaggio. Mi sono sempre definito un realista e non un fondamentalista. Antica distinzione tra i Grunen tedeschi. Non sono un sostenitore dei Verdi, dei Grunen, degli Al Gore del momento. L’ambiente non DEVE essere di competenza esclusiva di un partito o di una personalità pubblica o politica. L’ambiente, il mondo è di tutti e tutti devono prendersene cura, di sinistra, centro o destra. Fintanto che sarà prerogativa di gruppuscoli o partitini vari, sarà sempre un problema di minoranza, di pochi battaglieri, coraggiosi ed onesti, ma pur sempre cavalieri solitari. Il mio sogno, come quello di M. L. King, è quello di vedere un giorno i grandi della terra, i grandi partiti, tutti i partiti, tutti i cittadini farsi carico dei problemi della terra, perché appartiene a tutti, i suoi mali sono di tutti, i suoi rimedi sono di tutti. Pensare globalmente ed agire localmente è stata la più geniale espressione uscita da Rio 92 e che Legambiente ha fatto propria. Se un sindaco fa un danno al territorio, io non guardo a quale partito appartiene e se fa bene faccio lo stesso. Mi auguro sempre che tutti i sindaci della Valle si approprino dell’idea di un sano ambientalismo. I tempi del cambiamento non consentono di aspettare che i Verdi diventino il primo partito d’Italia e dell’Europa e del mondo per risolvere la febbre del pianeta e tutte le altre malattie. A cominciare dalla fame e dal clima. È per questo che spero che Bush diventi ambientalista, che lo sia almeno Obama, che lo diventi Silvio, anche se non lo diventerà nemmeno all’uno per cento, ma sono loro che governano, sono loro che decidono i destini nostri e del nostro pianeta. Avanti popolo, c’è posto per tutti. Certamente anche per le idee di Igor. Grazie dell’intervento. oltre che doverosa. (Quello di Pierangelo Ferrari, deputato bresciano del PD, è corredato addirittura di schede sulle sue letture, e quindi di sempre interessanti consigli di lettura, cui si aggiungono con meritevole sincerità valutazioni mai scontate sulla propria parte politica, anche di esplicita dura critica talora). Altri, al contrario, sono spazi vivi solo nella breve stagione dei mesi in cui si vota, poi languono lasciati a se stessi e offrono la desolata situazione delle case abbandonate senza averlo mai deciso, con la roba vecchia sul tavolo e le pagine di calendario su date ormai lontane. Passata la festa, gabbato il santo, insomma, dove il santo è il povero elettore visitatore del sito, prima vezzeggiato d’attenzioni poi emarginato dalle alte considerazioni dell’onorevole. È tempo allora da parte di tutti di considerare i siti dei nostri eletti per quanto valgono realmente, per quanto ci consentono e per quanto ci dicono di loro. Non un orpello modernista nella loro immagine pubblica, ma uno strumento importante per capire impegno, idee, volontà di trasparenza, capacità di ascolto, coerenza di chi ci rappresenta. Che consente e richiede da parte nostra che si sia soggetti attivi di partecipazione, oltre che passivi, cioè non solo visitatori periodici, che pur è importante, ma anche interlocutori veri (pur senza gli eccessi del rompiscatole), con suggerimenti, segnalazioni, pressioni, proteste e, quando è il caso, condivisione e plauso. Anche in modo organizzato nell’elettorato, diventando legittimamente piccola lobby che fa sentire il fiato sul collo all’eletto. Internet lo consente con relativa poca fatica. Cogliere la disponibilità di quanti accettano, con un sito internet ben tenuto, di mostrarsi e di interloquire, mettendosi anche in discussione, significa recuperare margini di democrazia e di partecipazione. Due cose “di sinistra” oggi in sofferenza. luglio 2008 - graffiti 4 QUANDO LE PAURE VENGONO ALIMENTATE AD ARTE nell’inquietante morsa della... disinformazione a cura della Redazione È giunta in Redazione una lettera di Fabio Capra, consigliere comunale nel Comune di Brescia ed assessore ai Servizi alla persona negli ultimi anni della Giunta Corsini. Una lettera – intitolata “Le difficili e tribolate questioni legate alla presenza dei nomadi a Brescia” – di cui alcuni stralci meritano di essere riproposti anche ai lettori di Graffiti. «... le questioni connesse ai nomadi sono state per me le più difficili da risolvere, le più tribolate, le più impegnative in termini di tempo e pazienza. Mi sono sforzato di sapere, ascoltare, capire, spiegare; nella mia azione quotidiana ho cercato di coniugare solidarietà con legalità, diritti con doveri; ho cercato di usare con rigore i soldi che l’Amministrazione mi metteva a disposizione. Conosco uno ad uno i nomadi dei campi comunali per averli incontrati più volte e loro conoscono me. Ho attraversato momenti di scoramento, soprattutto in occasione dei duri, frequenti e strumentali attacchi in Consiglio comunale, ma non ho gettato la spugna: mi è stata di conforto la fede e mi sono state di sostegno la passione e la straordinaria professionalità dei lavoratori dell’Assessorato, che hanno condiviso con me lo sforzo per garantire politiche sociali volte alla giustizia e ad una civile attenzione al tema dei «diversi». Questi i numeri [dati relativi al dicembre 2007]: nei tre campi sono presenti 314 nomadi, di cui 82 Sinti italiani, 175 provenienti dal- «Così, per la prima volta (a parte i tribunali speciali del fascismo) i cronisti potranno finire in galera non per aver scritto notizie “false e tendenziose”, ma per aver scritto solo la verità. E, per dimostrare che si tratta della verità, potranno portare solo la prova (registrata) del reato, autoaccusandosi». Maria Novella Oppo, “L’Unità” la ex Jugoslavia in guerra, 57 Rom rumeni, la maggior parte dei quali sono stati inseriti per ordine della Prefettura a seguito della chiusura del campo di Via Girelli. Dei 314 ben 161 sono minori, di cui 131 nati in Italia; di questi ultimi, 28 frequentano la scuola materna, 52 la elementare, 29 la media e 4 le superiori. Vi pare un’emergenza nomadi? - Ho sentito dire in campagna elettorale che Brescia era invasa dai Rom. Vi pare che 57 persone, di cui 24 minori, possano occupare una città?». Dopo aver ricordato la situazione di emergenza sorta nel 2000, in seguito alle disperate migrazioni dai Balcani in guerra, quando «sono state demolite più di 100 roulotte e smantellate quasi 50 baracche, sostituite da alloggi dignitosi con l’onere dell’affitto», quindi, l’ex assessore cittadino si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe ricordando «le associazioni di volontariato, laico e religioso, così brave a richiamare l’attenzione di un’Amministrazione sorda (!?) al grido di dolore», e l’informazione (stampa e televisione), «così efficaci a rappresentare il senso di quel disagio sociale» per rivolgere una provocatoria domanda tanto alle associazioni («Dove siete ora che bisogna frenare una pericolosa deriva razzista?») quanto ai mezzi di informazione: «Dove siete ora, che bisogna informare con verità non solo circa l’insicurezza dei nostri cittadini, ma pure sull’inquietudine, la paura, il futuro incerto dei molti stranieri integrati?». «... Si sta diffondendo un orientamento ad attuare una sorta di “principio d’indesiderabilità per chi bussa alla porta”, una “difesa per legge di un’identità, che si tramuta in richieste di sicurezza”. Il direttore della Caritas propone allora di contrapporre al pacchetto sicurezza il pacchetto integrazione, unica soluzione per contrastare la crescita di “movimenti con venature xenofobe”, che non sono “circoscritti a piccole realtà estreme” ma che sono “diffusi e confusi anche in forze moderate”: “L’Italia non è il posto dell’uguaglianza e nemmeno delle opportunità”. L’analisi è desolata: siamo un Paese vulnerabile con troppe fragilità, dai conti pubblici a un’“imbarazzante divergenza tra Nord e Sud che invece di diminuire aumenta”, dalla “tragica carenza d’innovazione” a un reddito distribuito in modo “non equo, che si concentra ai vertici in mano a pochi ed è invece diluito alla base”». L’Eco di Bergamo, s“Quest’Italia nega l’esistenza dei poveri” caccia aperta ai... mangiatori di mango Per ragioni di sicurezza pubblica, il sindaco Paroli e il vicesceriffo leghista Rolfi hanno deciso di vietare con un’ordinanza il consumo di qualsiasi bevanda alcolica nei parchi di Brescia per tutto il periodo estivo. Inoltre stanno applicando con rinnovato rigore il Regolamento di Polizia Municipale (voluto negli anni scorsi dall’ex sindaco di centrosinistra Corsini) che vieta fra l’altro il consumo di qualsivoglia alimento nei luoghi pubblici. È infatti verità risaputa e incontestabile (“né di destra né di sinistra”) che i pic-nic, anche quelli al parco, e tanto più se con bicchiere di vino o di birra, sono una grave minaccia per la sicurezza dei cittadini. A maggior ragione perché le persone che più si ostinano a compromettere in questo modo la quiete pubblica sono quelle con la pelle scura e senza padronanza del dialetto bresciano. Insomma gli immigrati, che, in concreto, sono i primi destinatari della nuova ordinanza di Paroli&Rolfi, come già del Regolamento di Corsini. Così, se negli ultimi tempi è capitato anche a te di vedere nei parchi di Brescia persone, magari immigrate, rincorse, identificate e sanzionate con multe salatissime da solerti tutori dell’ordine con sguardo severo e manganello al fianco, non preoccuparti, è tutto normale. Si tratta della decisiva lotta ai pericolosi bevitori o mangiatori clandestini. I più temibili sono i mangiatori di mango. Domenica 22 giugno in un giardino pubblico ne sono stati sorpresi in flagranza di reato tre, operai di origine pakistana: la polizia municipale li ha puniti con 390 • di multa. Non c’è che dire, ora siamo proprio sicuri. Che per essere fuorilegge, soprattutto per un immigrato, può bastare un piccolo pic-nic al parco. Ma siamo altrettanto sicuri di non voler subire questi provvedimenti assurdi, arbitrari, liberticidi. Non possiamo proprio rinunciare a un’ebbrezza che mai avremmo pensato di dover provare: quella di un aperitivo illegale al parco. Pubblicamente e in tanti, uomini e donne, con famigliola al seguito o singoli, nati qui o arrivati da altri luoghi, noi rifiutiamo di conformarci a questa legalità. Perché i parchi non sono proprietà privata di Paroli&Rolfi, ma spazi aperti e liberi, beni comuni di tutti. Perché le paranoie securitarie di Paroli&Rolfi, le loro ordinanze buone solo per alimentare paura e legittimare discriminazione e razzismo, non c’entrano niente con la nostra sicurezza. Perché la vera sicurezza per la quale noi tutte e tutti, italiani e immigrati, non smetteremo mai di lottare è quella che i governi di centrodestra e centrosinistra cercano di toglierci ogni giorno: la sicurezza di non essere sfruttati e di essere liberi. (Associazione Diritti per Tutti - Radio Onda d’Urto) graffiti - luglio 2008 5 BRENO: COMUNICATO STAMPA DEL GRUPPO “IMPEGNO COMUNE” progetto per l’interscambio ferro-gomma a cura dei consiglieri Giuliano Laini, Umberto Gazzoli, Alfredo Moratti Il gruppo consiliare di minoranza “Impegno Comune” di Breno ha già da tempo presentato al Consiglio Comunale e all’opinione pubblica tramite gli organi di stampa un progetto alternativo a quello predisposto dall’Amministrazione Provinciale per la realizzazione dello snodo di interscambio ferro-gomma presso la stazione di Breno. Ricordiamo per sommi capi che mentre il progetto provinciale prevede di operare sul lato della stazione rivolto verso viale 28 aprile e via Tassara – creando una rotatoria a ridosso del passaggio a livello (con evidenti intasamenti di traffico), distruggendo i viali alberati che portano in stazione e il parcheggio a due piani realizzato solo una decina di anni fa dalla stessa amministrazione provinciale spendendo circa 1 miliardi di lire – il nostro una proposta Stamattina, andando a compare i quotidiani della domenica, mi tormentava una domanda che ogni tanto mi torna in mente: c’è del fascio nella stampa bresciana? Sembra di sì: tre lettere di Rubessa ed esuli giuliano-dalmati in un mese sul Giornale di Brescia che non ha spazio per voci contrastanti (mia e di Adriano Moratto) e Bresciaoggi che non pubblica più quanto scrive A. Moratto). La mistificazione dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd) continua e si rinforza con la sponsorizzazione della Provincia e, c’è da prevedere, ora che pure in città governa il centro-destra, anche da parte del Comune di Brescia. Perciò, credo che sia venuto il momento di promuovere attività di informazione all’esterno delle associazioni della memoria particolarmente rivolte scuole dove l’Anvgd bresciana sta diffodendo la sua propaganda. In autunno propongo di organizzare un seminario per insegnanti con la partecipazione di Alessandra Kersevan che lo scorso febbraio ha tenuto un’apprezzata conferenza a Rezzato in occasione del Giorno del ricordo e recentemente ha pubblicato Lager italiani un libro sui crimini italiani nei Balcani durante la seconda guerra mondiale. Cordiali saluti. Pier Luigi Fanetti (socio Aned, Anpi, Arci e Archivio storico della Camera del lavoro) «Quando muore una cultura come è stata quella progressista del secondo dopoguerra, tocca di nuovo fare ricorso alla fantasia». Walter Pedullà, “Sappia la sinistra quello che fa la destra” progetto alternativo ipotizza invece di operare sul lato della stazione verso via Foppo, sistemando anche l’area di fronte allo stabilimento Tassara (zona ex campo da tennis) ma soprattutto predisponendo lo sviluppo di una viabilità alternativa da via Foppo verso la zona artigianale e lo svincolo della superstrada di Breno nord. Questa progettualità alternativa è stata presentata all’Assessore Provinciale alla viabilità Valerio Prignachi e, su interessamento del consigliere provinciale Pierluigi Mottinelli, anche alla competente Commissione del Consiglio Provinciale. La nostra ipotesi è stata considerata dall’Assessore e dalla Commissione come degna di attenzione anche se rinviata ad un’ipotetica realizzazione futura in quanto in questo momento non finanziabile coi fondi stanziati dalla Provincia. Abbiamo però controdedotto in Commissione che l’aumento dei costi del nostro progetto è dovuto alla previsione dell’aggiunta della bretella di collegamento verso la zona artigianale. In realtà il primo lotto della nostra ipotesi che prevede di creare i parcheggi di interscambio e una rotatoria nella zona di via Foppo avrebbe costi in linea con le previsioni provinciali e sarebbe immediatamente funzionale predisponendo però la possibilità di uno sviluppo viabilistico e urbanistico suc- cessivo che sarebbe invece precluso dalla realizzazione dell’opera verso viale 28aprile come vuole la Provincia. L’incontro in Commissione si è concluso rinviando la decisione al confronto con l’amministrazione comunale nella sua interezza, per questo ci siamo rivolti al Sindaco presentando di nuovo la nostra ipotesi e sollecitando una decisione aperta ad uno sviluppo futuro del paese. Il Sindaco si è dimostrato disponibile ad una valutazione e ad un confronto che speriamo si possa realizzare in tempi brevi nelle sedi opportune, magari coinvolgendo la popolazione in una pubblica assemblea. Intanto sarebbe interessante conoscere il parere delle altre forze politiche del paese, in primis della Lega, la quale in incontri informali si è mostrata interessata alla nostra idea progettuale, garantendo addirittura, per bocca del consigliere provinciale Pedersoli, un sostegno in sede di Commissione Provinciale, anche se poi né lui, né i suoi uomini si sono presentati in Broletto. Ps: Per precisazioni sulla nostra ipotesi progettuale si rinvia alla documentazione precedentemente consegnata alla stampa e si resta comunque a disposizione per informazioni e chiarimenti. le Nord a tutto vapore Premesso che sono pienamente convinto che la ferrovia Brescia – Edolo debba essere potenziata e velocizzata, con treni moderni e con frequenza superiore all’attuale regime, noi come la Val Venosta, considerata inevitabile la necessità di effettuare modifiche urbanistiche alle stazioni preposte a diventare, lungo la Valle Camonica, gli snodi di scambio ferro-gomma e tra questi anche la stazione di Breno, vorrei esprime piena e totale disapprovazione per il progetto dell’Amministrazione Provinciale, sottoscritto anche dall’Amministrazione Comunale di Breno, in merito allo snodo ferroviario inerente via XXIII Aprile e il Viale della Stazione di Breno. Il progetto prevede la costruzione di due rotonde, di cui la maggiore a distanza di cinquanta metri dal passaggio a livello, l’abbattimento di una ventina di ippocastani monumentali e secolari, la distruzione di un parcheggio sopraelevato realizzato solo dieci anni fa con una spesa superiore al miliardo di lire, la costruzione di una rotatoria in spazi ristrettissimi nei pressi del bar della stazione stessa: uno stravolgimento urbanistico di grandissima portata all’ingresso della cittadina. Il tutto senza che l’amministrazione comunale abbia sentito il dovere di informare la cittadinanza in merito ad un’opera che stravolge l’assetto paesaggistico di una parte di Breno. Ancor più grave mi sembra il fatto che non sia stato preso in esame la possibilità di dividere l’intervento urbanistico in due parti, come presentato dai consiglieri di minoranza, laddove si prevede di incanalare il traffico verso nord al di sotto della ferrovia, evitando pertanto il passaggio a livello, mentre il traffico verso sud può usufruire dell’attuale sistemazione, magari con qualche leggera modifica nelle vicinanze della stazione per far ruotare i bus. Pertanto spero che l’Amministrazione Comunale possa rivedere il progetto di massima, prima che diventi esecutivo, che sia indetta un’assemblea pubblica per rendere noto alla cittadinanza l’intervento in questione, che si possa ridiscutere inserire il progetto in una discussione più ampia che riguardi tutto l’assetto urbanistico di Breno Nord alla luce, dello svincolo della superstrada, della rotatoria sul vecchio svincolo, del passaggio a livello, dell’ingresso al via della stazione e del sistema semaforico. E spero che sia rivisto da parte delle Nord il piano delle fermate perché non si può lasciar fuori l’ospedale di Esine e neanche Boario, il primo perché è un servizio alla popolazione camuna e il secondo se davvero si vuole rilanciare la cittadine termale. (Guido Cenini) luglio 2008 - graffiti 6 SINDACATO E LAVORATORI VERSO NUOVE REGOLE PER LA CONTRATTAZIONE sarà un “autunno caldo”? Dalle provocazioni di chi pone i «rapporti di forza» (e poco c’è mancato che si invocasse perfino il “conflitto di classe”) al di sopra di tutte le “buone maniere” del mondo al fine di regolare i rapporti tra... capitale e lavoro, al “bromuro” di Angelo Zanelli, che scende dal palco della presidenza per riscattare nel dibattito il primato sindacal-burocratico dell’organizzazione. Il senso del ricco dibattito che ha riempito lo spazio compreso tra la relazione di Franco Giorgi e le conclusioni di Susanna Camusso sta tutto dentro questa dimensione. a cura di Tomaso Castelli È bastata una velata allusione da parte del sempre prudente (fin troppo, a volte) Guglielmo Epifani per scatenate una mezza bufera. Andremo incontro, ha detto il segretario della Cgil ospite all’assemblea degli imprenditori a Parma, ad un «autunno sicuramente difficile», e si sono aperti gli... ombrelli! È scesa in campo immediatamente la Marcegaglia, parlando di «qualcosa che non possiamo permetterci». E Raffaele Bonanni gli ha fatto subito l’eco: «Epifani mette il carro davanti ai buoi quando parla di “autunno caldo”». Sta di fatto, però, che qualcosa di... autunnale lo si respirava già nella sala azzurra di Boario Congressi il 10 giugno scorso, quando il sindacato ha convocato l’attivo unitario dei delegati sindacali per discutere sulle “Line di riforma della struttura della contrattazione”. A cominciare dalla relazione di Franco Giorgi, che esordisce citando Celentano: «La situazione non è buona», perché «nel tempo in cui tutti viaggiano, tutti sembrano poter spendere per andarsene ovunque nel mondo a godere giorni di relax, l’Istat ci dice che il 39 per cento delle famiglie italiane non è in condizione di permettersi una settimana di ferie». E non è buona perché «negli ultimi sei anni il reddito medio da lavoro dipendente dei lavoratori italiani ha perso il 13 per cento del suo rapporto con la media del reddito da lavoro dipendente della Comunità europea», e così, «mentre i redditi da lavoro dipendente aumentano il loro valore reale, sempre secondo l’Istat, solo dello 0,9 per cento, cioè sono sostanzialmente fermi, i redditi da lavoro autonomo crescono nello stesso periodo del 13 per cento in valore reale». Un dato, quest’ultimo, che «segna lo scostamento sul piano degli equilibri distributivi avvenuto nel corso di questi anni, e segna le ingiustizie prodotte dall’azione del mercato, dall’azione della politica, a danno di chi lavora e di chi vive di pensione». E ancora, citando un rapporto relativo all’«indice di equità», «oggi il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede ben il 45 per cento della ricchezza totale». Dati confermati in quegli stessi giorni dalla pubblicazione di un’indagine in base alla quale «i 300 top manager delle imprese private del nostro Paese guadagnano ciascheduno quattro volte tutti coloro che stanno in questa sala oggi [un centinaio di persone, circa]». Cita Celentano, ma pronuncia pure la parola “padroni”, Franco Giorgi, quando dice che «siamo molte categorie, ma i padroni sono almeno 400 associazioni imprenditoriali, ciascu- na delle quali vive del potere di avere un contratto da essa firmato». I temi della relazione di Giorgi verranno poi ripresi dai numerosi interventi dei delegati, di cui ci dobbiamo limitare a brevi sintesi. Anna Del Donno, pensionati Cisl, parla del primo intervento del governo Berlusconi riguardo al fisco, aggiungendo che però non riguarda tutti i cittadini, «bensì quelli che in qualche modo sono più avvantaggiati, cioè quelli che hanno la fortuna di avere la casa in proprietà, un lavoro, purché nel settore privato e la possibilità di lavorare oltre l’orario normale», e aggiunge che l’imprenditore si avvantaggerà comunque ben più del lavoratore...». Giovanni Gazzoli, trasporti Cgil, parte invece dall’«emergenza salariale riconosciuta ormai da tutti» per aggiungere che «imprese, governo e opposizione la impugnano per consolidare la produttività delle aziende». Giovanni Cocco, pubblici dipendenti Cisl, in riferimento ai ritardi «anche anni, in qualche caso» nei rinnovi dei contratti, afferma che «se parliamo dei contratti delle cooperative, della Sanità privata, con figure che molto spesso svolgono servizi alla collettività in situazioni importanti, dalle strutture delle Case di riposo all’assistenza agli anziani, con funzioni anche abbastanza delicate, ci rendiamo conto di come sia urgente la necessità di riuscire a rinnovare i contratti per tempo». Dario Costabile, tessili Uil, critica la deriva degli ultimi anni, quando il sindacato ha puntato a sostituire la classe politica alla guida del Paese, ed esorta quindi alla «politica del fare». Gabriele Calzaferri, Dipartimento industria della Cgil, dopo aver denunciato la convergenza di intenti fra governo e Confindustria, denuncia pure la «scandalosa pretesa» del governo «di modificare il Testo unico sulla sicurezza, perché alle imprese costa troppo». Franco Ballerini, metalmeccanici Cgil, ha un approccio ragionevolmente critico a tutta la partita: «C’è davvero bisogno di regole per la contrattazione?», si chiede, «Perché se c’è bisogno di regole, ce le abbiamo già. E perché non hanno funzionato? E cosa ci garantisce che nuove regole funzioneranno?». Domande perfettamente retoriche, ovviamente, alle quali Ballerini (citando anche l’esempio della Ferrarelle di Boario, dove negli ultimi anni le condizioni dei dipendenti sono sensibilmente peggiorate) ha pronta la risposta: «è un problema di rapporti di forza e non di regole, perché tu puoi avere le regole più belle di questo mondo, ma alla fine...». Andrea Volpi, pensionati Cisl, ricordando l’ampio consenso ottenuto dal sindacato col recente referendum sull’accordo unitario per la riforma del welfare, esorta a ripercorrere la medesima strada nel rapporto coi lavoratori. Angelo Zanelli, della Uil di Brescia, accentuando un po’ l’allarmismo sul fatto che «non siamo nel paese del Bengodi», concentra il suo intervento soprattutto sulla necessità di non cedere alle... sirene del conflitto, e, quindi non dare troppa importanza ai “rapporti di forza”. Sandro Poni, metalmeccanici Cisl, teme che il sindacato confederale possa perdere la sua funzione storica di «soggetto di cambiamento» e, quindi, auspica una nuova stagione per approdare alla partecipazione diffusa nelle imprese e nel Paese, «con il sindacato guidato dai suoi valori di solidarietà». Giorgio Faccardi, pensionati Cgil, dopo aver affermato che le aziende non sono affatto in difficoltà ma, anzi, «hanno messo da parte parecchio capitale», paventa il rischio di un ritorno ai tempi in cui «chi poteva fare gli straordinari prendeva dei soldi, mentre per gli altri non c’era neppure il premio [di produzione]». Domenico Cividati, chimici Cgil, «s’è creata una guerra tra i poveri, tra gli ultimi e i penultimi, tra il Nord e il Sud, tra gli anziani e i giovani, e per uscirne – continua il delegato della Mole Mab – dovremo fare tutti la nostra parte, contando sulla forza dei lavoratori». Susanna Camusso, infine, nel suo intervento conclusivo dirà che «la condizione per farcela è che i lavoratori e le lavoratrici sappiano di quali questioni stiamo discutendo, sappiano cosa chiediamo al governo, sappiano cosa stiamo chiedendo a Confindustria e alle controparti, e siano disponibili a partecipare e a mobilitarsi», aggiungendo che «non sarà una trattativa breve, e neppure semplice». Anche perché, conclude la segretaria regionale della Cgil, «so che finita con Confindustria non è finita, perché ci sono le altre associazioni, so che non è semplice perché ci sono il 60 per cento dei lavoratori che devono rinnovare i contratti, so che non è semplice perché Sacconi e il Governo fanno i guastatori... E allora le assemblee sono per noi fondamentali, perché dobbiamo costruire consapevolezza delle nostre proposte, perché solo così potremo sostenere le piattaforme e conseguire risultati». Ps: il testo completo degli interventi è riportato nel sito internet della Cgil comprensoriale. «Se vuoi essere protagonista devi entrare in quel fiume di uomini, di donne, di ragazzi e di ragazze, che chiedono o rifiutano qualcosa di importante. Che rivendicano qualcosa di buono e di utile per loro e per gli altri e che respingono qualcosa di cattivo che minaccia tutti». Giovanni Pesce, “Un uomo di quartiere” graffiti - luglio 2008 UN GIORNALE CHE NON HA MAI RINUNCIATO ALLA “SCOMODITÀ” chiamatela come volete, la Festa, ma lasciateci L’Unità a cura della Redazione Il seguente “florilegio” è tratto dal quotidiano L’Unità dei giorni successivi alla manifestazione di Piazza Navona (martedì 8 luglio) «... C’erano migliaia di persone, senza “logo” né bandiera. Immobili, in piedi, parossisticamente attente, per tre ore e mezza. C’era Rita Borsellino, in collegamento, e c’era Pancho Pardi, c’era Ascanio Celestini e c’era Moni Ovadia e c’era Paolo Flores D’Arcais che, con il semplice elenco di tutti i reati che resterebbero impuniti se il trucco blocca-processi dovesse essere messo in opera, ha fatto correre a tutti i presenti in piazza, me inclusa, un brivido nella schiena. Era la stessa manifestazione di cui parlano i giornali, o era un’altra? Mi sono persa e sono finita in una piazza Navona duplicata appositamente per confondere l’opposizione, magari dal nuovo sindaco Alemanno? Oppure abbiamo vissuto la stessa piazza da due punti di vista un po’ diversi. Io vi racconto il mio, visto che tutti gli altri, da pulpiti ben più potenti, vi racconteranno, l’altro. Io ero sotto il palco, e ascoltavo la descrizione del nuovo round di un lungo “incontro” dal titolo: Silvio Berlusconi contro le regole democratiche...». (Lidia Ravera, 10 luglio 2008) «...Per la prima volta si sono fuse in una cinque piazze che finora si erano soltanto sfiorate: quella di Di Pietro, quella di molti elettori del Pd, quella della sinistra cosiddetta radicale, quella dei girotondi e quella dei grillini, non sempre sovrapponibili. E un minimo di rigetto era da mettere in conto. Ma è stata una bella piazza plurale, sia sotto che sopra il palco: idee, linguaggi, culture, sensibilità, mestieri diversi, uniti da un solo obiettivo. Cacciare il Caimano. Le prese di distanze e i distinguo interni, per non parlare delle polemiche esterne, sono un prodotto autoreferenziale del Palazzo (chi fa politica deve tener conto degli alleati, delle opportunità, degli elettori, di cui per fortuna gli artisti e i giornalisti, essendo “impolitici”, possono tranquillamente infischiarsi). La gente invece ha applaudito Grillo e Sabina come Colombo (anche quando ha chiesto consensi per Napolitano), Di Pietro, Flores e gli altri oratori, ma anche i politici delle più varie provenienze venuti a manifestare silenziosamente. Applausi contraddittorii, visto che gli applauditi dicevano cose diverse? [...] È la libertà di critica che contraddistingue le democrazie. Se poi a esercitarla su temi quali la laicità, gli infortuni sul lavoro, l’ambiente, la malafinanza, la malapolitica, il precariato, la legalità, la libertà d’informazione sono più i comici che i politici, questa non è certo colpa dei comici». (Marco Travaglio, 10 luglio 2008) «La parabola dell’uomo che guarda il dito che indica, invece di guardare la luna, è fin troppo nota. La manifestazione di Piazza Navona è diventata il dito dello scandalo in una luna su cui le regole democratiche vengono infrante sistematicamente da una destra populista e demagogica al servizio di un solo uomo, che in qualsiasi paese fondato sulla civiltà del diritto non avrebbe i requisisti per essere eletto. [...] Eppure il coro delle prefiche pidielline si straccia le vesti per lo scandalo di piazza Navona. Perché? Perché il caravanserraglio del padrone, ha trovato un’occasione ghiotta per fare la vittima e i suoi cortigiani per gridare allo scandalo. Fingono di scandalizzarsi per gli eccessi del linguaggio, proprio loro che sul vero ed indegno linguaggio dell’eccesso hanno costruito l’identità di cui menano vanto. Le iperboli di Beppe Grillo e di Sabina Guzzanti, sono lazzi da commedia dell’arte rispetto ai furori e agli appelli alle armi di leghisti quali un Calderoli (irresponsabile sobillatore di rivolte che mettono in pericolo i nostri cittadini in paesi musulmani), di un Bossi, di un Borghezio o di un Gentilini, nell’esercizio di funzioni istituzionali». (Moni Ovadia, 11 luglio 2008) «La società civile dei cosiddetti girotondi, quella stessa che svegliò dal torpore il centrosinistra di sei anni fa (incerto come oggi se essere in concorrenza o in opposizione al governo), e portò alle primarie per Prodi, ha gremito martedì scorso Piazza Navona per rivendicare essenzialmente una cosa: la difesa della democrazia e della Costituzione. Le parole di Moni Ovadia, Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, Rita Borsellino, Furio Colombo, tra gli altri, erano inequivocabili. Come quelle di Marco Travaglio, quando spiegava che ciò che viene tacciato di “giustizialismo” altro non è che “difesa della legalità”. [...] Se la satira rispecchia i tempi in cui vive, non è il caso di guardare ciò che prende di mira piuttosto che il dito che lo indica? La critica della volgarità e della barbarie di chi ci governa si ritorce su chi la denuncia. La satira si è sporcata le mani. Ma quanto sporche sono le nostre, che nello spettacolo del governo abbiamo la turpitudine tutti i giorni sotto gli occhi senza scandalizzarci, e ci scandalizziamo quando qualcuno lo dice con chiarezza?». (Beppe Sebaste, 11 luglio 2008) «... Possibile che almeno qualcosa di tutto questo non possa essere recuperato? Che non ci si debba porre il problema di un dialogo con la gente delusa di Piazza Navona a cominciare dai tanti che si sono dissociati da Grillo? E da una messa a frutto razionale della voglia di opposizione di quella piazza e delle piazze piccole grandi di questa Italia di centrosinistra disorientata?». (Bruno Gravagnuolo, 12 luglio 2008) 7 «Il pontefice concede udienza a Silvio Berlusconi. Noi non facciamo altro da quattordici anni». (Beppe Severgnini) obbedir tacendo? Se domani una legge dicesse che prima dell’udienza l’imputato va tenuto in ginocchio sul sale, non la applicheremmo. Chiederemmo alla Corte Costituzionale di dichiararne l’illegittimità, ma intanto non obbediremmo. Si sta avvicinando il momento, che mai avremmo immaginato, di questa drammatica frattura delle coscienze, dei cittadini e degli stessi giudici. Fino a che punto si deve prestare obbedienza alla legge? Antico quesito, peraltro sorprendentemente attuale. La norma che sospende i processi per i reati puniti fino a dieci anni è stata introdotta surrettiziamente nel testo del decreto sulla sicurezza, dopo l’autorizzazione del Presidente della Repubblica. Essa viola il principio della separazione dei poteri, quello della ragionevole durata del processo e quello dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. È escluso che sia rivolta a disciplinare con indicazioni di massima la «precedenza» tra processi al fine di migliorare il rendimento della giustizia, perché sospende la maggior parte dei procedimenti pendenti e quasi tutti quelli per gli episodi di criminalità quotidiana che allarmano i cittadini. Non solo, ma la lettera del premier al presidente del Senato nella quale egli insolentisce e dileggia i magistrati di fronte ai quali è imputato, contestuale alla presentazione del decreto in Senato, conferma inequivocabilmente il nesso tra la sospensione generalizzata e la posizione personale del Berlusconi. Nel complesso ci si trova di fronte a una lesione ripetuta e grave delle regole fondamentali della Repubblica. Una sorta di padrone tiene il posto del primo ministro, piega il Parlamento al proprio volere e si libera della giustizia nello stesso momento in cui si propone di imbavagliare la stampa impedendole di riportare notizie sulle inchieste pur dopo la cessazione del segreto sulle intercettazioni. Per educazione, consuetudine civile, diritto e dovere personale e, nel mio caso, per lealtà al giuramento di fedeltà alla Costituzione, non possiamo obbedire a leggi fatte per elevare al rango di padrone dei concittadini un solo cittadino e la sua corte di servitori. Dunque sta avvicinandosi il tempo in cui dovremo chiederci se obbedire o no alla legge, nel mio stesso tribunale come in tutti gli altri del Paese. Solo pronunciando queste parole, ne tremo, e capisco a quale punto difficile e ormai drammatico siamo arrivati. Non so se darò istruzioni di sospendere i processi piegando la testa all’abuso, non so se potrò obbedire. Adriano Sansa, Presidente del Tribunale per i minorenni di Genova (21.06.08) luglio 2008 - graffiti 8 CEVO: COMMEMORAZIONE DI UN DUPLICE ANNIVERSARIO memorie ri... costituenti e revisionismo a cura di Tullio Clementi Già Bruna Franceschini, vicepresidente dell’Anpi provinciale di Brescia, era stata molto apprezzata (ne abbiamo scritto sul numero di giugno) nel sul lucido commento al testo della Carta costituzionale (con significativi riferimenti alle origini), distribuito ai ragazzi delle scuole di Cevo in occasione del sessantesimo anniversario della Costituzione. Una lezione ripresa in modo altrettanto magistrale un mese dopo – durante la commemorazione dell’incendio del paese da parte dei fascisti nel 1944 – da un ottimo Mino Martinazzoli e, il giorno successivo, dal senatore Franco Marini. Tre lezioni di politica e di stile, senza alcuna pelosa concessione bipartisan, che hanno quindi offerto una ciambella di salvataggio a quanti temono di essere risucchiati nella viscida palude della cosiddetta “concordia nazionale”. Un feticcio politico, questo della concordia nazionale, che non potrebbe poi evitarne uno analogo sul piano sindacale, quello della “coesione sociale”, come dire che l’immensa voragine tra la ricchezza sempre più smaccata e la povertà sempre più emarginante potrebbe essere in qualche modo colmata dai buoni propositi della domenica. Un feticcio, quello della concordia nazionale, che ha trovato alimento perfino nella mistificazione con cui è entrato nella storia l’incendio del paese: “per mano dei nazifascisti”. Un termine, quello di “nazifascista”, che ricorre con una certa frequenza anche nei vari testi scritti sull’argomento (probabilmente per una sorta di associazione legata alle origini della Repubblica di Salò), ma che assume un carattere mistificatorio soltanto nella sua ricorrente insistenza successiva. Tirare in ballo i nazisti anche sulla terribile vicenda di Cevo, infatti, significa dimezzare (se non proprio occultare) le colpe dei fascisti di “casa nostra”. Per la gioia di tutte le “vestali” della “concordia nazionale” (e della “coesione sociale”), oltre che della famiglia Spadini, finalmente, perché un conto è tentar di riscattare la memoria di un ufficiale della Repubblica Sociale Italiana che ha dovuto intervento (alcuni stralci) del sindaco mettere le milizie a disposizione del potente “alleato-padrone”, e ben altra cosa, invece, è il dover fare i conti con il comandante della guardia repubblichina di Breno che organizzava e dirigeva i rastrellamenti, arrestava i partigiani e li consegnava ai tedeschi, e teneva come ostaggi i familiari dei renitenti e dei disertori. Ps: nel suo intervento (che riproponiamo in questa stessa pagina), anche il sindaco di Cevo parla di “fascisti”, e non di “nazifascisti”. «Poi ci siamo accorti che dentro (e contro) l’individualismo conservatore maturava un diverso valore, quello della persona, del soggetto individuale e dei suoi diritti, senza il quale riescono incomprensibili i soggetti e i diritti collettivi...». Vittorio Foa, “Il cavallo e la torre” Dopo l’immancabile saluto alle “autorità religiose, civili e militari», il sindaco di Cevo legge una interessante (e per alcuni versi inedita) ricostruzione degli eventi del luglio 1944. In questo momento, sessantaquattro anni fa, il 3 luglio del 1944, Cevo era in fiamme. La popolazione, disperata e terrorizzata, aveva abbandonato le abitazioni. I partigiani, che si erano proposti di difender il paese, sopraffatti dal numero degli assalitori, avevano ripiegato in ritirata strategica. In breve i fascisti si erano impadroniti del paese, buttando bombe ovunque, sparando su tutto e su tutti. Sei morti, quattro civili e due partigiani; ottocento persone rimaste senza casa, furono il bilancio di una giornata di dolore e di sangue... Che un assessore alla... socialità di un Comune senta la necessità di mettere insieme una piccoUno nostro concittadino, Giacomo Matti, in la platea (mezza dozzina di insegnanti, tanto per essere chiari), nel momento in cui fa pesare la una pagina del suo diario personale entrato orpropria arroganza del potere nei confronti di un paio di genitori già più che sufficientemente mai nella storiografia ufficiale, registrava in provati, la dice lunga assai sul concetto stesso del potere, oltre che sulla squallida miseria maniera drammatica i primi episodi di violenumana dei suoi lacchè. za: «Per prima cosa asportarono il drappo fuChe la cosa accada in un paese in cui la gente – in altri tempi – ha messo a repentanebre del deceduto Monella, già disteso sopra glio sé stessa ed i suoi affetti più cari per difendere la dignità umana dalle vessazioni di un la bara, con tutto pronto per il funerale. Poi, regime dispotico, rimette anche qualche nuovo brivido nella schiena. Che poi scenda in campo invece dell’acqua santa, aspersero la bara con il sindaco in persona per tentare di metterci una pezza, non è certo cosa da sottovalutare. benzina e bombe incendiarie. Da questo moMa i due giovani protagonisti della vicenda, quando si sono sentiti dire dall’assessore in quemento cominciarono gli incendi e i saccheggi, stione che il pulmino del Comune non sarebbe mai andato a prendere il bambino in quella in modo spaventoso: un rogo immenso, un remota frazione, non si sono accontentati delle promesse dello stesso sindaco (che pare abbia po’ mitigato verso sera dalla pioggia, mandò anche tolto qualche delega all’aspirante despota), ma hanno preteso pure l’esclusione da ogni bagliori sinistri per tutta la notte, visti da tutincarico amministrativo di un individuo così socialmente... ingombrante. ta la media Valcamonica». E qui par già di sentire il mugugno delle vestali del cosiddetto “senso pratico”: «Beh, se il [...] La memoria di quegli eventi è un libro fatsindaco gli ha promesso di non lasciare a piedi il loro figlio, cosa vogliono ancora?». to di molte pagine, di tante storie personali e Cosa vogliono ancora?! Perché? Forse che la dignità umana la si misura esclusivamente col collettive, di sofferenze immani che guadagnametro del tornaconto pratico, per cui una volta che hai messo insieme... il pranzo con la cena rono al Comune di Cevo il riconoscimento tutto il resto segue ordinatamente? Nossignori! C’è anche dell’altro, non meno importante. della medaglia di bronzo al valor militare, conFermo restando l’abisso etico che separa un borioso da un gentiluomo, infatti, rimane pur ferita con decreto del Presidente della Repubsempre aperto il mistero sul cosa li tiene comunque avvinghiati. E, quindi, assume una dimenblica in data 15 dicembre 1992. Quest’anno, sione quasi titanica (dopo l’intramontabile stagione dei nani e delle ballerine) l’impegno di alla memoria dell’incendio di Cevo associamo quanti non si accontentano dei pulmini che... partono e arrivano in orario. Si tratta di una significativamente il sessantesimo anniversabattaglia contro i “mulini a vento?”. Può darsi. Ma il meglio dell’umanità viene da lì! rio della Costituzione italiana. il potere e la boria graffiti - luglio 2008 9 RIFLESSIONI A MARGINE DELL’ULTIMO LIBRO DI MIMMO FRANZINELLI tondinari bresciani: ogni verga un fascio? di Tomaso Castelli Innanzitutto una prima considerazione di ordine aneddotico: fra i padroni delle ferriere che hanno patrocinato il neofascismo bresciano negli anni Settanta non figura Luigi Lucchini (forse perché riusciva ad essere già sufficientemente duro e autoritario da solo?), mentre assumono un ruolo di primo piano Adamo Pasotti (nelle cui fabbriche trovavano ospitalità personaggi come Gianni Maifredi e Kim Borromeo) e Oscar Comini, del quale merita di essere ricordata, fra l’altro, anche l’aggressione al segretario della Fiom, Gianni Panella, nel 1970, e la conseguente condanna detentiva che lo costringerà ad un non breve soggiorno in Svizzera. Considerazioni di ordine aneddotico, dicevo, nel senso che prima di Comini un altro industriale bresciano, Dède Petitpierre, titolare dell’azienda omonima (credo che ci sia ancora), aveva fatto la spola tra Brescia e la Svizzera per procurare il lasciapassare che avrebbe permesso a Lionello Levi Sandri (il comandante Sandro delle Fiamme Verdi in Mortirolo) di stabilire un contatto diretto con gli Alleati oltre la Linea Gotica per convincerli, con la mappa della Valcamonica sotto gli occhi, che «quanto gli viene proposto ha un certo interesse, prima di tutto perché la strada del Tonale è una delle principali vie di ritirata dei Tedeschi, che porta direttamente in Alto Adige, secondariamente perché la zona è molto favorevole al lancio di missioni e di materiali», come ricordava ancora recentemente Ermes Gatti. Passando dall’aneddotica alla politica, il libro di Franzinelli offre spunti ad ampio raggio già a partire dalla contestazione studentesca e dalle lotte operaie alla fine degli anni Sessanta (Capitolo 1, “Infiltrazione e azione parallela”), laddove assistiamo a quel rinsaldarsi generazionale – a destra non meno che a sinistra – che sarà irripetibile nei decenni successivi, soprattutto a sinistra. A destra, il fenomeno è messo in evidenza attraverso i capitoli sui “Cattivi maestri” (repubblichino e partigiano), mentre a sinistra il caso più eclatante potrebbe essere rappresentato simbolicamente dall’ingresso, quasi “a furor di popolo”, dei segretari Flm, Castrezzati e Sacerdoti, nei capannoni dell’Om (Capitolo 4, “Padroni delle ferriere e neofascisti”). In realtà, però, il rinsaldarsi generazionale era già maturato ben prima, sull’onda del Sessantotto, quando i vecchi (cinquantenni sì e no) partigiani mostrarono tutta la loro fiducia e la loro solidarietà a quei giovani impazienti di un nuovo protagonismo. Un protagonismo che si allargherà sino ad assumere il carattere di vera e propria democrazia, se vogliamo intendere la democrazia come “sovranità popolare”. Un protagonismo grazie al quale gli squarci aperti dalle bombe non saranno sufficienti a far passare la restaurazione, perché, per dirla con le parole di Gillo Pontecorvo, in un’intervista a Corrado Stajano, «Chi avesse la tentazione di un golpe autoritario deve fare i conti, e secondo me li ha fatti, con il prezzo che questa operazione costerebbe in un Paese come il nostro, dove esiste una classe operaia compatta e vigile e dove la generazione della Resistenza ha pratica di lotta clandestina...». Ecco, se fossimo ad un convegno di “storici”, potremmo anche fermarci qui, ma siccome siamo ad un convegno di sindacalisti non possiamo esimerci dall’andare oltre, fino a cercar di capire quanto abbia influito il seguito di “quella” storia nel determinare la situazione attuale. Una situazione in cui la soffocante cappa della cosiddetta “democrazia autoritaria” (o del “Regime dolce”, se vogliamo usare la recente definizione coniata da Fausto Bertinotti), fatta di perbenismo, autoreferenzialità e di autoconservazione generazionale, attraversa e permea tutto l’arco della politica, da destra a sinistra (ne sguscia fuori solo la Lega, forse perché non ha alcuna antica rendita di posizione da... conservare). Ma, badate bene, una cappa di questa natura può essere funzionale solo alla destra, agli interessi costituiti, se vogliamo essere ancora più espliciti, che a differenza degli ideali non hanno alcun bisogno di “protagonismi” sociali o politici: si sentono sufficientemente tutelati da un qualsiasi regime, purché sia in grado di offrire... sicurezza (nel senso di ordine). Per altro verso, agli “idealisti”, lasciati in tal modo orfani e senza speranza da una generazione che è riuscita a transitare indenne dalla fase ribellistica a quella conservatrice, non rimarrà altra scelta che la sterile e disperata disobbedienza a tutto, oppure (o magari contestualmente) attaccarsi al... tram dei vincitori. «...a tutti i compagni della sinistra. Direttive per il grande corteo d’autunno di lotta e protesta indetto dal Pd contro al governo Berlusconi. Attenersi alle disposizioni. Per dubbi e domande, rivolgersi al funzionario di zona. Non cedere alle provocazioni. Ingoiare questo articolo subito dopo la lettura. Compagni del nord-est. Comporsi ordinatamente in corteo alle spalle della delegazione regionale capeggiata dal compagno Calearo. Evitare atteggiamenti minoritari, evitare abbigliamento troppo casual o trasandato: è possibile che il corteo venga invitato a un assemblea di Confindustria. Non facciamo figuracce. Precari. Le forze produttive sottopagate o ricattate dal capitale si comporranno dietro lo striscione della componente Giavazzi. Visto che hanno molto tempo libero tra un contrattino e l’altro, si consiglia attenta lettura dei fondi del «Corriere» da cui ricavare gli slogan di riferimento (licenziare meno/licenziare tutti). Lo striscione con l’enorme scritta “Il liberismo è di sinistra” si collocherà immediatamente dopo lo striscione di apertura del corteo. Metalmeccanici. Tutti dietro lo striscione della componente Colaninno. Evitare inutili slogan sul contratto che risulterebbero controproducenti, sottolineare il ruolo degli imprenditori illuminati. Anziani e pensionati. Non dimenticare l’acqua minerale. Esibendo la social card del governo, i panini verranno scontati del dieci per cento. Caduti sul lavoro. Questa componente del corteo sarà numerosa ma, per forza di cose, immobile. Sarà aperta dal grande striscione “Industrie Marcegaglia” [...]». da un corsivo di Alessandro Robecchi, il manifesto luglio 2008 - graffiti 10 dalla prima pagina siamo sicuri? poi ci verranno riproposti attraverso la falda acquifera (e, quindi, nell’insalata); ma dobbiamo stare ben in guardia anche dagli ambienti che dovrebbero intervenire per rimetterci in buona salute, perché gran parte della sanità italiana, come dichiara il presidente dell’Ordine dei medici Amedeo Bianco, «è un cantiere in fermento dove chi sta con le mani in mano rischia in qualche caso anche il posto di lavoro» e, quindi, quel che conta, con buona pace di Ippocrate e del suo giuramento, è operare, lavorare di bisturi, incidere, mettere punti, trapiantare...», perché, aggiunge l’intervistatore, «il sistema sanitario nazionale funziona secondo il criterio dei pagamenti a prestazione... Ogni patologia ha un prezzo, e più si mette mano ai ferri più si guadagna» (“I medici a cottimo”, Repubblica, 13 giugno 2008)... Perché i giornali – tutti i giornali, anche quelli schierati sul versante avverso –, a differenza delle televisioni, nella misura in cui vengono letti senza paraocchi, lasciano sempre al lettore la facoltà di pensare, di interpretare, di dubitare... Ma è proprio questo il punto! Se tu mi induci a pensare, a dubitare, mi togli alcune delle certezze sulle quali io sto cercando di costruire la mia vita e il mio futuro. Ed è proprio su questo bisogno di certezze che andrebbe aperta almeno una piccola breccia, un piccolo spunto di riflessione: siamo sicuri che la nostra sicurezza (ci si perdoni il bisticcio) dipenda dalle videocamere agli angoli delle strade, dalle cannoniere in mare, dalle cosiddette “ronde padane” o dal fatto che vengano rase al suolo le catapecchie dei diseredati? Ps: lo stesso giorno in cui il Pd lombardo annuncia la creazione delle proprie ronde “democratiche” (perché «sembra proprio che non si voglia capire che rincorrere leghismo, paure e stereotipi, induce solo gli impauriti a scegliere l’originale piuttosto che la fotocopia», scrivono Aldo Bonomi e Gad Lerner su Repubblica del 14 giugno), al Pigneto di Roma nascono le “ronde di quartiere”, promosse da quel tal Dario Chianelli che «nel raid del 24 maggio scorso frantumò le vetrine di due negozi tenuti da bengalesi dopo il furto del portafoglio ad un resi- dente» (ibidem). Rimane solo da aggiungere che alle “ronde” romane «parteciperanno anche molti extracomunitari, che hanno già dato la loro disponibilità». Ed anche qui siamo di fronte ad una sorta di déjà vu: gli “ascari” (soldati indigeni dell’Africa Orientale Italiana che venivano inquadrati nelle truppe coloniali di occupazione) e i “kapò” (dirigenti dei campi di sterminio che venivano scelti fra gli stessi detenuti). Il tutto dentro la cornice dello Stato totalitario (nazista o fascista, ma non necessariamente). t. c. Centro commerciale di Tenchini Darfo Boario Terme (Bs) Via Nazionale, 43 - Tel. 0364.532928 - Fax: 0364.528582 «... davanti all’ondata di una destra tanto arrogante quando incolta, come eccezion fatta per Heider non s’era ancora vista in occidente, non si ha né un sussulto adeguato dell’opinione né l’inizio di una raccolta di forze in grado di farvi argine. Ai tempi di Weimar doveva essere successo qualcosa di simile. La storia si ripete naturalmente come farsa, ma non tutte le farse fanno ridere». (Rossana Rossanda) ABBONAMENTO 2008 ordinario: • 15,00 sostenitore: • 25,00 Gli abbonati sostenitori riceveranno in omaggio un libro sulla Valcamonica. Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino. COOPERATIVA SOCIALE Pro-Ser Valcamonica Onlus Piazza don Bosco, 1 - DARFO BOARIO TERME 0364.532683 CONSULENZA PROGETTAZIONE E VENDITA DI SISTEMI INFORMATICI ANALISI E SVILUPPO SOFTWARE PERSONALIZZATO ASSISTENZA TECNICA Via Quarteroni, 16 25047 - DARFO BOARIO TERME Tel. 0364.535523 - Fax 0364.534788 Internet: www.ecenter.it e-mail: [email protected] 5 pulizie uffici, scale condominiali, negozi, bar, ristoranti, civili abitazioni. Preventivi gratuiti! LAVA&STIRA-LAVASECCO a Gianico, Centro Mercato Valgrande a Pisogne, Centro Commerciale Italmark Maninpasta Produzione e vendita di pasta fresca, a Darfo (piazza Matteotti, 15) ADERENTE AL CONSORZIO SOLCO CAMUNIA graffiti - luglio 2008 11 STRALCI DI UNA LETTERA DIFFUSA IL 17 GIUGNO SCORSO allarme libertà di Pier Luigi Milani Se qualcuno si era illuso che stavolta Mr. Berlusconi, liberatosi delle sue pastoie giudiziarie (grazie alle leggi ad personam), volesse dedicarsi a fare l’uomo di Stato, dovrà ricredersi alla svelta. Sono alle porte l’esercito nelle città (per ora 2.500-3.000 soldati, ma in futuro quanti e quando il governo ritenesse necessari) e l’abolizione dell’informazione giudiziaria con la scusa della regolamentazione delle intercettazioni telefoniche, già peraltro regolarmente per legge. [... In pratica non si potrà più essere informati sulle inchieste giudiziarie fino all’inizio dei processi e cioè per anni e anni. Chi fa l’avvocato o ha avuto a che vedere con la macchina giudiziaria sa bene quanto è lunga ed estenuante (e spesso deludente) l’attesa di giustizia. Anche le notizie «non più coperte da segreto giudiziario» non potranno essere rese note ai cittadini e verranno colpite dal divieto di pubblicazione per ciò che riguarda il loro contenuto. Gli atti giudiziari non potranno essere riportati sulla stampa o nelle radio-TV, né testualmente, né per riassunto, né quando notificati LA CLASSIFICA DEL MESE ad indagati e avvocati. L’inchiesta sulla clinica Santa Rita di Milano, ad esempio, non si sarebbe potuta fare e, in ogni caso, i giornalisti avrebbero dovuto limitarsi a riferire l’arresto di manager e medici senza poter accennare al perchè (quali accuse? quali prove?). Anche in Italia avremo i “desaparecidos”? Ci sarà gente che finirà in galera senza che si sappia il motivo, perchè non si potrà parlare delle ragioni poste alla base dell’arresto, cosicché se le accuse saranno vere le vittime non ne sapranno nulla, mentre se saranno infondate la gente non verrà a saperlo, minando così il controllo democratico della cittadinanza sulla giustizia amministrata in nome del popolo. Il disegno di legge di Berlusconi-Ghidini-Alfano (gli alfieri delle “libertà”!) prevede di punire il giornalista con l’arresto da 1 a 3 anni più l’ammenda fino ad •. 1.032,00 per ogni articolo pubblicato in violazione del divieto. Calcolando condanne di non meno di 9 mesi per ogni violazione, un giornalista avrà buone probabilità di finire “dentro” alla seconda o terza (a cura di Gastone) feste, commemorazioni e... veline Voto 1 all’amministrazione comunale di Breno. Il capo della Tassara Zalesky si prodiga in donazioni a favore dell’ospedale di Esine, degli impianti di sci a Borno e delle suore messicane a Breno. A quando finanziamenti a favore di opere pubbliche brenesi? Che l’amministrazione sia percepita inaffidabile nella gestione dei soldi? Voto 2 a Edoardo Mensi. Tra la crisi al Bim e la traballante maggioranza consiliare brenese, è l’uomo politico più instabile del momento. Non è mai utile ad un anno dalle elezioni amministrative... Voto 3 a Sergio Trombini, proprietario delle Terme. Apprezzabili gli sforzi di animare la stagione serale estiva con concerti e spettacoli, ma l’invito alle Veline di Striscia abbassa decisamente il livello. Voto 4 alle istituzioni pubbliche che dovrebbero occuparsi della salvaguardia dell’ambiente. Il progetto del Parco dell’Adamello “Caripanda”, che monitora lo spessore del ghiacciaio, fornisce dati sempre più preoccupanti sull’entità dello scioglimento. Urgono rimedi immediati. Voto 5 alle Ferrovie Nord. I diretti da e per Brescia sono veloci e comodi, ma sono da aggiungere tre fermate a Sale Marasino, Boario ed Esine, per venire incontro alla necessità di raggiungere Montisola, le Terme e l’ospedale. Le altre rivendicazioni campanilistiche dei vari sindaci sono da rispedire al mittente. Altrimenti torniamo alla vecchia locomotiva lumaca. Voto 6 all’amministrazione comunale di Esine e alla Provincia. C’è voluto tanto tempo per la rotonda all’ingresso del paese, ma ora è finalmente realtà. Due incidenti in media a settimana erano davvero troppi. Adesso è la volta di Capo di Ponte e, speriamo presto, Breno. Voto 7 all’amministrazione comunale di Castro. La passeggiata sul lungolago che congiungerà il paese con Lovere è un ottima soluzione anche paesaggistica. Finalmente ridimensionata la presenza ingombrante della Lucchini a strapiombo sul lago. Voto 8 all’amministrazione comunale di Malegno. La festa multietnica “Abbracciamondo” è ormai collaudata, sia nel pubblico numeroso, sia nella formula organizzativa. Grande la partecipazione delle comunità immigrate. Voto 9 ai sindacati comprensoriali e all’Anpi della Valsaviore. Su loro invito, in quel di Cevo, Franco Marini e Mino Martinazzoli hanno dato una lezione di storia e di educazione civica. Non è poco in tempi bui in cui tutti vogliono metter mano alla Costituzione. Voto 10 a Ermes Gatti. A 86 anni suonati un nuovo incarico – la presidenza della Federazione Italiana Volontari delle Libertà – non sarà facile da gestire. Ma quando c’è da portare la sua testimonianza lui, inossidabile, non manca mai. violazione e di perdere anche l’ammissione ai servizi sociali alla quarta o alla quinta. Inoltre sarà colpito da sanzioni disciplinari tipo “olio di ricino”. Ad esempio per ogni violazione del divieto di rivelazione di notizie su procedimenti giudiziari la Procura della Repubblica sarà tenuta ad avvertire l’Ordine dei giornalisti e questo dovrà sospendere dall’esercizio della professione il collega “colpevole” per non meno di tre mesi. Basterebbero quattro violazioni per non lavorare per un intero anno! Oltre alla multa, oltre all’arresto chi informa rischierà anche il licenziamento. Alla faccia dell’articolo 21 della Costituzione! [...] Come se non bastasse i mezzi di informazione dovranno pubblicare le rettifiche senza possibilità di replica per il giornalista contestato, cosicché il carcerato potrà smentire di essere in prigione senza che lo si possa contraddire! Alla faccia della “tolleranza zero!”. Tolleranza zero verso la libertà e la democrazia ! Nel 60° anniversario dell’entrata in vigore della nostra Costituzione! Non è ora di cominciare a muoversi? Possiamo davvero far finta che i soldati nelle città servano a combattere lo spaccio o i furtarelli ? In nessun altro paese europeo un governo, in carica da soli tre mesi, sguinzaglia l’esercito nelle città in funzione di ordine pubblico! Con trecentomila carabinieri, poliziotti a disposizione! [...] Saremo capaci di fermare la deriva autoritaria italiana che altrimenti, con questi chiari di luna, sarà inevitabilmente destinata ad accentuarsi nei prossimi cinque anni di legislatura? Oppure preferiamo sonnecchiare? [...] «Sere fa, a “Primo piano”, il colonnello La Russa, discutendo con la senatrice Finocchiaro, continuava a enunciare queste premesse: 1) piaccia o non piaccia, le cose stanno così; 2) mettetevelo in testa, noi andremo avanti; 3) finché non vi sarete convinti che le cose stanno come diciamo noi, continuerete a perdere le elezioni. Come è noto, è così che dialogano i fascisti, quando non dispongono di olio di ricino. L’argomento delle elezioni vinte fa il paio con un altro, sostenuto da tutti gli esponenti del Popolo di Sua Proprietà incaricati di rappresentarlo nei dibattiti televisivi. Si tratta della affermazione (vaga e non suffragata da fatti precisi) secondo la quale le nuove leggi che si stanno approvando per difendere gli interessi personali di Berlusconi non sarebbero affatto scandalose, perché ce ne sono di analoghe anche in altri paesi democratici. Ma caspita, il punto decisivo è proprio questo: che negli altri Paesi non c’è Berlusconi!». Maria Novella Oppo, l’Unità luglio 2008 - graffiti 12 Riccardo Dusi, un sindacalista Negli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, quando la Fiom di Brescia era diretta da sindacalisti di... importazione (da Luigi Morchio a Claudio Sabattini, passando per Pio Galli e Gastone Sclavi), la stessa organizzazione provinciale dei metalmeccanici mandava in Valcamonica un suo operatore sindacale per seguire adeguatamente le grandi (allora lo erano) fabbriche siderurgiche della Valle. Il primo di questi operatori sindacali “camuni” fu Riccardo Dusi, bresciano di città, che in media e bassa Valle divenne anche il punto di riferimento per tutta la Cgil. E non solo per la Cgil, perché le prime “Feste de L’Unità” in quel di Darfo Boario Terme, come ben ricordano alcuni testimoni di allora (e di oggi), furono promosse e gestite dal sodalizio che si era via via creato fra lo stesso Riccardo Dusi, alcuni delegati sindacali metalmeccanici (Mario Legati, Piero Giacomelli...) ed un gruppo di giovani (Gigi Capitanio, Marco Facchinetti, Armando Rizzi, Irene e Francesco Minini, Rosa Pedersoli, Piermatteo Bertolini...) che poi si impegneranno a fondo, e a vario titolo, nella nascente sinistra politica e sindacale. In quegli anni – che furono anche gli anni di traghettamento dalle vecchie commissioni interne ai nuovi Consigli dei delegati – dopo un breve periodo di emigrazione in Svizzera ero tornato sui cantieri di alta montagna della Valcamonica, dai quali, una o due volte al mese, scendevamo fino a San Martino (la frazione di Darfo Boario in cui vi era la sede del sindacato) per le prime e frequenti riunioni del nascente Consiglio di Zona unitario. Ricordo come fosse ieri le lunghe ed animate discussioni, e ricordo l’ammirato stupore che destava in molti di noi, sempre pronti a schermare la nostra timidezza montanara con un velo di aggressività, il calmo e ragionevole argomentare di quell’ancor giovane sindacalista. Ne ho parlato con Roberto Ravelli Damioli (l’allora giovane operatore della Cisl in Valcamonica), il giorno successivo alla scomparsa di Riccardo Dusi, e lui, dopo aver ricordato alcune battaglie sindacali condotte unitariamente – compreso il primo tentativo di portare il diritto di assemblea sindacale dentro la Ferriera dei Bellicini, quando, non osando ancora sbattere fuori il sindacato dalla “loro” fabbrica, i padroni aggirarono l’... ostacolo facendo accogliere i due sindacalisti nella saletta dell’assemblea perfettamente vuota –, ha aggiunto un semplice, breve commento che racchiude l’universalità di un uomo: perché Riccardo Dusi, dice Roberto, oltre alla competenza sindacale ed alla disponibilità personale, aveva anche una grande signorilità umana. (tullio clementi) democrazia, libertà e informazione GRAFFITI via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi) 25040 DARFO BOARIO TERME [email protected] http://www.voli.bs.it/graffiti in Redazione: Bruno Bonafini, Guido Cenini, Valeria Damioli, Valerio Moncini. hanno collaborato: Monica Andreucci, Fabio Capra, Tomaso Castelli, Pier Luigi Fanetti, Gastone, Nini Giacomelli, Pier Luigi Milani, Mario Salvetti. Direttore responsabile: Tullio Clementi. Disegni e vignette di Staino, Ellekappa, Vauro, Vannini e altri sono tratte dai quotidiani: l’Unità, il Corriere della Sera, il Manifesto, la Repubblica, dal periodico Linus e dalla Rivista del Manifesto Tel. 030.45670 Fax: 030.3771921 Brescia - Via Luzzago, 2/b www.radiondadurto.org FREQUENZE: dal lago a Capodiponte: 100.100 da Capodiponte a Edolo: 99.90 da Edolo a Pontedilegno: 100.00 Ci sono momenti nella vita delle nazioni in cui i cittadini devono fare delle scelte. Momenti in cui non si può più fare finta di niente e continuare a credere che, in fondo, nulla veramente cambierà. Le leggi che continuamente vengono proposte dal nuovo Governo sono un attentato alla democrazia. Se passano, vincerà il regime e perderà, per un tempo indefinito, la democrazia. Non c’è bisogno dell’esercito per togliere la libertà ai cittadini. È sufficiente manipolare l’informazione e, grazie a questa, farsi prossima trasmissione: MERCOLEDÌ 23 LUGLIO dalle ore 18,30 alle ore 19,20 eleggere in Parlamento. Quindi legiferare contro la Costituzione, contro l’indipendenza della magistratura, contro la sicurezza dei cittadini, contro la libera informazione. Una legge dopo l’altra. Cosa distingue un primo ministro di una democrazia da un dittatore? Il vero tratto distintivo è [...] E se credente ora / che tutto sia come pril’impunità assoluta del dittatore. Quando Silvio Berlusconi l’avrà ottenuta l’Italia sarà, a tutti gli ma / perché avete votato ancora / la sicurezza, effetti, una dittatura. Sorprende come opinionisti autorevoli abbiano potuto accreditare Silvio la disciplina, / convinti di allontanare / la paura Berlusconi di qualità di statista e come una parte della stessa opposizione abbia creduto di poter di cambiare / verremo ancora alle vostre porte avviare con lui le riforme istituzionali. La storia di Berlusconi parla per lui. I suoi innumerevoli / e grideremo ancora più forte [...]. processi, la condanna per corruzione giudiziaria del suo avvocato Cesare Previti per la MondaFabrizio De André, La canzone di maggio dori, la sua appartenenza alla P2, l’occupazione abusiva delle frequenze di Rete4. L’elenco è interminabile come i danni subiti a causa sua dal nostro Paese. Mi riferisco soprattutto allo VALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti) spegnersi della coscienza civica, della morale, dell’etica. All’esempio devastante che Berlu(http://www.edoloshop.org) sconi ha offerto alla nazione e alle giovani geIl sito internet dell’associazione commercianti di Edolo è costruito su un pornerazioni in quasi venti anni, un esempio agtale standard, di quelli che la rete offre gratuitamente, perché zeppi di pubgravato dalla sua impunità. Una situazione siblicità. Non è una bella vetrina, né graficamente né quanto ai contenuti. mile a quella dei ragazzi nei paesi del Sud che Ma di fronte alla totale incostanza con cui l’Amministrazione comunale ammirano il camorrista o il mafioso locale. gestisce il portale www.turismoedolo.it – realizzato da Barbara Panteghida una lettera di ni nel 2004 e praticamente mai aggiornato – va riconosciuto lo sforzo di Antonio Di Pietro a Beppe Grillo fare sintesi e di pubblicizzare le iniziative (notte bianca, manifestazioni di solidarietà, ecc…) che vengono organizzate nella capitale dell’Alta Vallecamonica. «Un simile impostore non ha neppure Altro merito è sicuramente quello di cercare di “salvare” i piccoli negozi del paese, in totale bisogno di mentire per essere sempre solitudine, promovendo sconti e promozioni mirate, per contrastare la logica della grande al posto giusto...». distribuzione, in particolar modo il Centro Commerciale Italmark di Sonico, aperto proprio Heinrich Böll, Opinioni di un clown a due passi da Edolo. una... vetrina per i “piccoli”