cinema: avati e il ricordo di un padre `irraggiungibile` al tertio

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cinema: avati e il ricordo di un padre `irraggiungibile` al tertio
CINEMA: AVATI E IL RICORDO DI UN PADRE 'IRRAGGIUNGIBILE' AL TERTIO MILLENNIO FILM FEST
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’FACCIO FILM PER DIMOSTRARE ANCHE A LUI DI ESSERE DIVENTATO
DAVVERO UN REGISTA’
Roma, 2 dic. (Adnkronos/Cinematografo.it) - "Sono padre, figlio,
nipote; sono nato in un’Italia molto diversa dove la famiglia era
ancora strutturata come 4000 anni fa, con ruoli definiti con grande
nitore". Il regista e sceneggiatore Pupi Avati esordisce cosi’ alla
prima sessione, dal titolo ’Lavoro: epoca di padri ed epoca di filgi’,
della Tavola Rotonda di presentazione del XIV Tertio Millennio Film
Fest, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo presieduta da
Dario E. Vigano’ e il cui tema centrale quest’anno e’ dedicato alle
’Frontiere generazionali’, dal 7 al 12 dicembre al Cinema Sala Trevi
di Roma.
Una parabola di ricordi quella offerta dall’autore bolognese,
dalla competizione "con un padre bello, simpatico e abituato alla
bellezza in quanto antiquario e morto quando avevo solo dieci anni e
con una madre subito pronta ad occupare entrambi i ruoli", ai "sensi
di colpa per non aver sofferto troppo la sua scomparsa, cosa che
invece intorno ai trent’anni ho cominciato ad accusare e che aumenta
sempre di piu’ col passare degli anni".
Confidenze sincere raccontate con pacatezza e spesso attraverso
un sottile ed elegante filtro di ironia, evitato pero’ quando il
discorso cade sulla famiglia "attaccata da tutte le parti, anche da
quel relativismo di cui ha parlato il Papa, il quale ha descritto
esattamente la deresponsabilita’ che sta colpendo la famiglia e la
societa’ europea". Piu’ di 40 film, di cui tre espressamente dedicati
alla figura paterna, da ’La cena per farli conoscere’ a ’Il papa’ di
Giovanna’ a ’Il figlio piu’ piccolo’, per poter dimostrare a quel
padre cosi’ apparentemente irraggiungibile di "essere riuscito a
diventare davvero un regista, capendo a 72 anni che e’ fondamentale
cio’ che si trasmette e si insegna ai figli, consentendo il palesarsi
di un’identita’ che e’ unica e irripetibile. Tutto il mio cinema si
rivolge ad un solo individuo, parlando a bassa voce, producendo
un’intimita’ seducente. La felicita’ transita necessariamente
attraverso il poter dire chi si e’, rimettendo in circolazione la
fiducia; i miei film sono forse un po’ malinconici e crepuscolari, ma
e’ un cinema di speranza: la disperazione non serve". (segue)
(Spe/Zn/Adnkronos)
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CINEMA: AVATI E IL RICORDO DI UN PADRE 'IRRAGGIUNGIBILE' AL TERTIO MILLENNIO FILM FEST
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CARDINALE RAVASI, CONTRASTO GENERAZIONALE SOSTANZA DI MOLTE
TESTIMONIANZE DELL’ARTE
(Adnkronos) - Presente anche la figlia Mariantonia Avati,
soddisfatta di aver scelto il cinema ’per motivi accidentali quando
mio padre, volendomi distrarre da problemi personali, mi ha portato
con se’ per un’intera estate introducendomi in quel mondo’. Uno
stimolante ’passo a due’ per capire che ’questo mestiere offre buone
possibilita’ per esprimersi anche attraverso rapporti intensi con
persone che condividono lo stesso cammino. Da’ sicurezza sentirsi
autorizzati ad esprimere se stessi e, col tempo, fare cinema da scelta
strategica e’ diventato per me una scelta di vita’.
In questa prima parte dell’incontro e’ intervenuto anche il
cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della
Cultura, "presente perche’ il mio dicastero sostiene con forza il
Tertio Millennio Film Fest cosi’ come tutta la settima arte. Il
contrasto generazionale, soprattutto tra padri e figli, e’ la sostanza
di molte testimonianze dell’arte". Ricordando Mario Monicelli e il suo
film del ’57 ’Padri e figli’ cosi’ come ’Padre padrone’ di Gavino
Ledda, Ravasi sottolinea la "rappresentazione estrema della dialettica
sia come dissidio generazionale per un contrasto su un amore, sia
nella dimensione tirannica della paternita’ contrapposta alla
celebrazione della liberta’ del figlio. Le generazioni sono il
ritratto della dimensione capitale dell’esistere: il tempo. Attraverso
di esso, l’umanita’ vive l’esperienza fondamentale del permanente e
del mutevole, tra il pericolo del monolitismo della tradizione e lo
slancio all’innovazione della gioventu’".
La seconda sessione della tavola rotonda, ’La guerra: lo sguardo
dei padri e dei figli’, e’ stata introdotta dalle parole di Monsignor
Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali. "Il cinema riproduce la mutevole realta’ con
molteplici elementi ed ogni film e’ il testamento di una cultura e di
un’epoca. La guerra nel cinema e’ un vero e proprio genere, quasi una
costante dell’intero sistema mediatico. Un tema che tende ad assumere
molteplici facce dove possono annidarsi le incomprensioni. Gli anziani
e i giovani hanno lo stesso bisogno di raccontarsi e il cinema e’ lo
strumento privilegiato per mantenere viva la memoria: il film
attraversa e rimane nel tempo". (segue)
(Spe/Zn/Adnkronos)
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CINEMA: AVATI E IL RICORDO DI UN PADRE 'IRRAGGIUNGIBILE' AL TERTIO MILLENNIO FILM FEST
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(Adnkronos) - Di forte impatto la testimonianza diretta del
regista Aureliano Amadei, autore del film Venti sigarette, nell’ambito
di un’analisi dei diversi modi di rapportarsi e di rappresentare la
guerra sul grande schermo attraverso un excursus, presentato dalla
docente della Luiss Emiliana De Blasio, di opere cinematografiche sul
tema, sia del passato che piu’ recenti. "Ero anarchico con una fama da
avventuriero. Sono partito per l’Iraq pieno di pregiudizi ma mi sono
ben presto dovuto ricredere".
Cosi’ Amadei, il quale aggiunge di aver "fatto un film
stilisticamente incoerente per sottolineare il drammatico senso di
spiazzamento. Un’esperienza che ha portato ad una maturazione sulla
responsabilita’ individuale, puntando su una decisa
antispettacolarita’ ed antiretorica in contrasto con la diffusa
spettacolarizzazione dei film sulla guerra".
Finale moderatamente polemico affidato al produttore del film
vincitore della sezione Controcampo all’ultima Mostra del Cinema di
Venezia, Claudio Bonivento. "Per me ’Venti sigarett’e non e’ un film
di guerra. L’approccio sociologico non collima con il nostro
approccio. Amadei e’ una sceneggiatura vivente, il suo film e’
semplicemente un film, il genere ’guerra’ mi lascia perplesso".
(Spe/Zn/Adnkronos)
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