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Cos’è lo shibari
Origini e sviluppo
C’è un legame millenario tra il popolo giapponese e l’uso delle corde,
antico forse quanto la civiltа giapponese. Alcuni studiosi la fanno
risalire al periodo Jōmon ( 縄文時代 Jōmon-jidai, 10.000 a.C. – 900 a.C.):
la vastità del periodo temporale coperto dalla denominazione Jōmon
impedisce sicuramente di riferirsi a quell’epoca come ad un popolo ed
una cultura monolitica ma piuttosto a più popoli e culture accomunati
dalla condivisione di particolari tecniche per la produzione di
vasellame. In effetti, il termine Jōmon è la traduzione dall’inglese cord
marked (segnato dalle corde) e si riferisce alla tecnica di decorazione
della maggior parte del vasellame tipico di questo periodo. Questo
termine è stato introdotto da un americano, Edward Sylvester Morse,
docente di zoologia all’università di Tokyo: nel 1877, cercando
invertebrati marini sulle coste del Giappone, scoprì i “Cumuli di conchiglie” (kaizuka) di Omori,
resti di insediamenti preistorici composti principalmente da conchiglie nelle cui vicinanze si sono
ritrovati oggetti d'uso domestico, manufatti in pietra, ossa di cacciagione (cervi e cinghiali) ed i
primi vasi in ceramica, che descrisse nel suo libro del 1879, “Shell Mounds of Omori”, dando il via
allo studio dell’antropologia e dell’archeologia in Giappone.
I popoli Jōmon produssero vasellame e figure in argilla dalle tipiche decorazioni ottenute
imprimendo nell’argilla umida bastoncini, corde arrotolate o intrecciate con una sofisticazione
sempre maggiore. Le decorazioni a corda avevano sia funzione ornamentale che pratica, onde
impedire la formazione di crepe durante la cottura del vaso. In generale, le terraglie prodotte in
quell’epoca vengono denominate Jōmon doki (縄文土器, vasellame Jōmon).
Nel periodo successivo, denominato Yayoi ( 弥 生 時 代 Yayoi-jidai,900 a.C. – 250 d.C.), la societа
divenne più complessa: grazie all’introduzione della coltivazione del riso, arrivato dall'estuario
dello Yangtza nel sud della Cina, gli insediamenti divennero stabili e lo sviluppo sociale e politico a
livello locale divenne interesse preponderante rispetto alla ricerca di una forma di governo
centralizzata: da ciò ne derivò una più marcata stratificazione sociale che indusse una certa
differenziazione delle capacità economiche e militari delle singole comunità o clan (uji). Questo
portò l’intero territorio ad un lungo periodo di guerre per il potere che si protrasse fino al periodo
Kofun ( 古 墳 , 250-538). A partire dal IV sec d.C. i piccoli stati tribali che formano il Giappone
primitivo vengono progressivamente assorbiti nella sfera di influenza del clan di Yamato, che si
avvia a costituire uno stato unitario dalla struttura sociale altamente organizzata. Attraverso intensi
scambi con il continente sotto forma di missioni diplomatiche, commercio o immigrazione di
stranieri, il Giappone entra in contatto con la cultura altamente sviluppata della Cina e ciò
determina ed influenza lo sviluppo culturale, sociale, politico, tecnologico e religioso della nazione.
L’adozione del sistema organizzativo e burocratico cinese, oltre che della scrittura e soprattutto del
buddismo influenzò moltissimo il tessuto della nascente societа giapponese che culminò nel periodo
Asuka ( 飛 鳥 時 代 ) con la proclamazione del primo Imperatore giapponese di cui si ha
documentazione certa, Senka (536-539). L’organizzazione durò fino alla fine del periodo Heian1 (平
安 時 代 ), con il declino della nobiltà cortigiana, l’ascesa della classe guerriera e l’istituzione del
governo shôgunale (periodi Kamakura, Ashikaga, Azuchi-Momoyama, 1185-1603)
In particolare, il periodo dello shogunato Muromachi (Sengoku, degli Stati in guerra, 1392-1568) è
ricordato particolarmente per i suoi crudeli metodi di tortura – fuoco, lame per tagliare parti del
1
L’attuale Kyoto
corpo delle vittime, incisioni sulla pelle, schiacciamento con pietre, acqua bollente e così via. Le
forme più brutali di tortura e di esecuzioni capitali furono impiegate in questo periodo di inferno
sulla Terra. I metodi usati nelle persecuzioni religiose contro i Cristiani furono i più barbari, anche
se è da ricordare che non c’è niente di strano nelle persecuzioni religiose brutali attraverso la storia
dell’umanità. Anche altrove i credenti nelle religioni “sbagliate” erano trattati in maniera diversa dal
resto della popolazione. Nel Giappone di quel periodo i Cristiani venivano mutilati di orecchie, naso
e dita, punizioni che originariamente erano riservate ai colpevoli di tradimenti e truffe, in modo che
da ciò ne derivasse la massima umiliazione pubblica possibile a causa delle deformità fisiche
provocate: tutti dovevano vedere a colpo d’occhio cosa rischiavano.
In questo periodo si assistette, più generalmente, alla disgregazione di un lungo periodo di pace e
prosperità che lascio il Giappone preda di brutali conflitti tra daimyō (signori della guerra). In quel
clima nacquero e vennero usate dai Samurai un’infinità di arti marziali, alcune delle quali dedicate
ai metodi di cattura, trasporto, detenzione, escussione e tortura dei criminali. Tasuki-dori e Hobakujutsu sono metodi tradizionali di cattura e di detenzione di un avversario, mentre Hojö-jutsu è la
tecnica per usare la corda sul prigioniero.
Ci si potrebbe chiedere come mai i Samurai non usassero materiali più comuni alla nostra cultura
occidentale, come il cuoio, il metallo ed il legno: il motivo principale era la scarsità di risorse di
metalli e di cuoio. La terra era poca e si preferiva destinarla alle coltivazioni piuttosto che
all’allevamento, da cui si sarebbe potuto ricavare il cuoio; per lo stesso motivo le risorse minerarie
erano poco sfuttate, sebbene fossero maestri assoluti nella lavorazione dei metalli per la costruzione
di lame per le katana dei Samurai.
In compenso, però, avevano enormi quantità di canapa, juta e bamboo con cui costruire corde molto
resistenti e efficaci armi; quelle avevano per tenere i prigionieri immobili e quelle utilizzavano 2.
L’arte del sokubaku divenne più crudele nel periodo dello shogunato Tokugawa (Tokugawa bakufu
徳 川 幕 府 , detto anche Tokugawa shōgun-ke , 徳 川 将 軍 家 ,famiglia di shōgun Tokugawa, oppure Edo
bakufu , 江戸 幕府 Shogunato di Edo, 1603-1868). Sebbene fosse stata ripristinata la pace e l’ordine
sociale su circa un terzo del territorio giapponese, sussistevano ancora molti conflitti tra i circa
duecento Signori della Guerra che imperversavano nei territori non ancora coperti dal Governo di
Edo3.
Nel 1742 l’ottavo shogun promulgò quello che può essere definito come il primo codice penale
della storia giapponese, l’Osadamegaki Hyakkajô: questo prevedeva sette diverse punizioni per i
diversi tipi di reato4 così come quattro diversi metodi per umiliare ed infliggere dolore:
1. Fustigazione (mutchiuchi, むち打ち)
2. “Abbracciare la pietra” (ishidaki): Resistenza al Peso, inginocchiati su un piano inclinato
verso il basso e caricati con pietre sulle cosce
3. “Granchio” (ebizeme): Posizione del loto con cravatta. (gambe incrociate, la testa alle
ginocchia, le braccia dietro la schiena) per un periodo di tempo anche molto lungo: le
vittime diventano bianche, quindi viola ed infine blu. Questa poteva essere ripetuta anche
molte volte.
4. Appesi alla corda (tsurizeme): Semi sospensione o sospensione totale. Braccia legato dietro
la schiena, in sospensione parziale o completa, a volte con l’aggiunta di pesi in pietra legati
alle caviglie.
2
Ancora oggi la polizia giapponese trasporta fasci di corda di canapa nei bauli delle loro macchine per ogni necessità e
anche in altri paesi dell’area asiatica, come ad esempio Singapore, le corde vengono utilizzate quotidianamente per la
custodia ed il trasporto di detenuti.
3
Edo era il nome originario di Tokyo, l’attuale capitale del Giappone.
4
Cinque punizioni ordinarie (shokei) e due punizione straordinarie (junkei).
Le shokei erano fustigazione (chi), battitura con verghe (jô), detenzione (zu), esilio (ru) e morte (shi)
mutchiuchi
ishidaki
ebizeme
tsurizeme
La necessità di unificare tutto il territorio insulare sotto un unico governo spinse lo shogun a
distribuire questo nuovo codice a tutti i daymio del Giappone, con la raccomandazione che quelle
descritte fossero le uniche forme di punizione applicate sui colpevoli di reati. In questo modo si
registrò, un po’ alla volta, l’unificazione politica del Giappone e alla conseguente prosperità
economica.
Queste quattro forme di tortura possono essere considerate il punto di partenza dell’S&M
giapponese e ancora sopravvivono in modalità meno estreme.
Un altro aspetto interessante delle punizioni di quel periodo fu il fatto che avvenissero in pubblico.
Il disonore pubblico dei criminali e le loro esecuzioni erano molto comuni ancora prima che la
dinastia Yamato si stabilisse a Nara, nel 794, ma le punizioni e esecuzioni capitali femminili non
furono aperte al pubblico fino al periodo Edo.
Sulla base di molte fonti storiche, sia iconografiche che documentali, ai criminali non veniva
risparmiato alcuna forma di pubblicità ne’ prima ne’ dopo la morte. Ad esempio, la punizione per
uno dei più gravi reati considerati dall’Osadamegaki ovvero l’uccisione del Padrone, consisteva nel
legare i criminali a cavallo (hikimawashi) e portarli in parata attraverso le strade cittadine con un
cartello indicante il reato di cui si erano macchiati, quindi l’umiliazione di mostrarsi in catene
(sarashi), poi la decapitazione (funkei) e per ultimo la crocifissione (haritsuke)5, ma se durante i
secoli precedenti al periodo Edo le teste venivano semplicemente appese alle porte delle caserme,
ora vennero istituiti adeguate locazioni, sparpagliate nel territorio cittadino, dove le teste venivano
lasciate in mostra alla popolazione per molti giorni come monito; inoltre, evidentemente ancora
insoddisfatti, dopo la morte (shizai) il cadavere veniva dichiarato tameshimono, ovvero utilizzabile
per testare le lame delle spade dei soldati. Ovviamente, le esecuzioni femminili non venivano
trattate con più discrezione: Takigawa Masajiro, nel suo libro “Storia delle pene in Giappone”,
5
Altre punizioni capitali erano: la crocifissione a testa in giu (sakasaharitsuke), la crocifissione sommersa
(mizuharitsuke), la segatura (nokohiki), la trafittura con lance (kushizashi), lo smembramento con buoi (ushizaki) o con
carri (kurumazaki), il rogo (hiaburi), il rogo legati ad un legno (taimatsuaburi), la bollitura (kama-iri), l’impiccagione
(shibarikubi) e molte altre
sottolinea che le donne criminali suscitavano perversi interessi negli astanti di sesso maschile. Il
pubblico disonore doveva servire come deterrente per la popolazione e come massima umiliazione
per il reo; non c’è alcun dubbio che le donne abbiano sofferto massimamente di queste pubbliche
punizioni ed infatti questa è il tema ancora caratteristico e ricorrente nello stile S&M denominato
Joshu, ovvero “femmina prigioniera”: quando si parla di Joshu ci si riferisce comunemente alle
immagini di torture del periodo storico che va dalla battaglia di Onin (1467) attraverso i periodi
Sengoku e Tokugawa(Edo) fino alla restaurazione dei Meiji (1868), cioè quattro secoli di storia del
Giappone.
L’esecuzione materiale delle punizioni e delle torture era quasi sempre affidata agli ufficiali di
classe inferiore. Durante il periodo Edo, quando venne codificata la gerarchia sociale, la cattura dei
criminali venne affidata agli Yoriki ( 与力) e ai Doshin, paragonabili a poliziotti, aiutanti dei samurai
. Questi ultimi furono i depositari e gli sviluppatori dell’arte della legatura, in quanto diversi tipi di
legatura erano richieste per persone di diverso ceto sociale: legare in maniera errata risultava
imbarazzante non soltanto per il
Le 4 leggi dell’hojo jutsu:
criminale ma anche per chi aveva
1. Non lasciare che il prigioniero scappi dai legami
eseguito la legatura. Le arti marziali
2. Non causare danni fisici o mentali al prigioniero
canoniche vennero perfezionate da
3. Non permettere a nessuno al di fuori del clan di
diverse
scuole
e
vennero
conoscere le tecniche dell’hojojutsu
strettamente codificate, con molte
4. Sii artistico nel disporre le corde
minuziose varianti che riguardavano
il colore delle corde e i metodi di legatura che indicavano il rango del prigioniero, la gravità del
reato, la stagione dell’anno e così via. Alcune di queste tecniche vennero affidate alla tradizione
orale e mantenute segrete.
La societа giapponese divenne più stabile durante i regni di Ietsuna e Tsunayoshi, quarto e quinto
shogun della dinastia Tokugawa: la
maggior espansione e agiatezza
della classe mercantile fece ricercare
anche forme di divertimento e di
evasione più raffinate e gratificanti, e le
punizioni divennero ancora più
teatrali che nel passato. Fu a questo punto
che si ebbe una scissione tra le arti
della corda. Al culmine della cultura Edo,
con l’evoluzione dello stile teatrale
6
Kabuki da intrattenimento di massa per i
popolani ad arte elevata e con il
raffinamento delle tecniche di stampa
xilografica e la nascita dell’Ukiyoe ( 浮 世 絵 ) e del Nishiki-e ( 東 錦 絵 ), la
rappresentazione sia teatrale che
pittorica di scene di sesso esplicito
(shunga) o di esecuzioni capitali
divenne un genere molto popolare nella veranda," di Suzuki classe media, desiderosa di
emozioni forti. La diffusione di queste Harunobu, ca.1750. forme di arte fu equivalente
all’esplosione del fenomeno pin-up Collezione
nell’America degli anni ’50 del XX
Sammlung H. C.
secolo e diede origine ad una nuova Bechtler, Zurigo.
generazione di artisti erotici che
lavoravano per il grande pubblico. Molti
grandi artisti presero con se
apprendisti, sia per ragioni di espansione commerciale che di crescente popolaritа, che
apprendessero e perpetuassero i segreti della loro arte: uno degli ultimi di questi professionisti,
esponenti dell’Ukiyo-e, fu Ito Seiu (1882-1961). Benchè nato durante la restaurazione Meiji, restò
fortemente attaccato allo stile artistico delle xilografie del periodo Edo; fu artista classico e famoso
anche come maestro semega, ma ebbe a dire, in un intervista pubblicata nel 1953 dalla rivista
Amatoria: “Il solo riconoscimento che ho avuto, come studioso del bondage dal 1908, è stata
l’etichetta di pervertito”. In effetti a quei tempi la parola S&M non era diffusa al grande pubblico,
ma tutto veniva tenuto nascosto e sia gli artisti che gli appassionati erano ritenuti dei “semplici”
depravati.
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Nelle rappresentazioni teatrali Kabuki erano frequentemente rappresentate scene d’amore e di sesso (nureba) che
scene di tortura (semega)
Influenzato dalle storie di principesse prigioniere che la madre gli raccontava durante la sua infanzia
e da alcuni spettacoli teatrali, si interessò
all’ S&M e pratico l’hojö-jutsu;
l’unione di questa inclinazione sessuale al
suo gusto artistico per un’estetica
sensuale lo portarono a scattare, nel 1919,
le prime serie di fotografie di “donne
punite”, usando come modella la sua
giovane moglie, Sahara Kise, e
gettando le fondamenta di quello che è
l’odierno Kinbaku ( 緊 縛 , legatura
stretta).
L’aiuto
della
donna
è
determinante:
si
presta
volontariamente a riprodurre molte scene
di tortura tramandate mediante
xilografie, tra cui la più impressionante è
senz’altro quella rappresentata da
Yoshitoshi in Oshu Adachigahara
hitotsuya no zu (La Casa di
Adachigahara in Oshu): appesa a testa in
giù, nel periodo della sua gravidanza.
Con la collaborazione della moglie, Ito
produce altri disegni basati sulla
documentazione storica delle torture
giudiziarie o di punizioni private
(shikei) e dai famosi miti e leggende di
“donne in difficoltà”.Nel 1924 un
periodico molto popolare, il Sunday
Mainichi, pubblica le sue foto che gli
fanno guadagnare immediata popolarità.
Ancora oggi quelle immagini dettano
lo stile di molte odierne fotografie di
bondage duro.
Purtroppo, non dura molto. Nel 1930, a
causa della censura che venne
applicata durante la mobilitazione militare
per la Seconda Guerra Mondiale,
molte riviste furono chiuse e il lavoro degli
artisti erotici subì un colpo mortale.
Già dalla metà degli anni ’20 del XX
secolo esistevano pubblicazioni a
carattere sado-masochistico illustrate dalle foto di Ito. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale
il Giappone in ginocchio cominciò lentamente la ricostruzione del tessuto sociale ed economico:
ancora una volta emerse una classe media agiata in cerca di stimoli e divertimenti alternativi.
Nell’immediato dopo Guerra si assistette ad una nuova ondata di liberalizzazioni e Ito riprese il suo
lavoro. Creò una serie enorme di stampe, cartoline, makimono ( 巻 物 , rotolo di pergamena),
collezioni e libri fotografici tra cui dobbiamo ricordare il suo lavoro più serio e importante, la
Nihon keibatsu fuzoku toshi (Storia Popolare Illustrata dei Delitti e delle Pene in Giappone),
pubblicata in tre volumi tra il 1946 e il 1952.
All’inizio degli anni ’50 del XX secolo, all’epoca dell’intervista di Ito, videro la luce nelle edicole
molte pubblicazioni a tema bondage, S&M e pulp, la più famosa delle quali fu Kitan Kurabu (o
Kitan Club, “Il Circolo delle Storie Strane”, edita tra il 1948 e il 1975). Fu proprio nel 1953 che
Kitan Club si trasformò da rivista pulp del dopo-guerra, destinata ad un pubblico “normale”, in un
autentica rivista abu (anormale), in cui venivano trattati non solo temi legati all’S&M ma anche di
omosessualità, di cross-dressing maschile e femminile e di tutto il ventaglio di “desideri perversi”
(hentai seiyoku). La trasformazione scaturì da una serie di immagini fotografiche ritraenti scene di
bondage scattate da Kita Reiko (conosciuto anche come Suma Toshiyuki), editore di Kitan Club e
di Ura Mado (La finestra dietro), e da un romanziere conosciuto come Minomura Ko, dichiaratosi
“ultimo discepolo del Maestro di bondage Ito Seiu”. Queste pubblicazioni, conosciute come hentai7
o, alternativamente, abu, erano dedicate all’esame “scientifico” dei desideri sessuali perversi,
almeno di facciata. Assumendo una sorta di pretesto “accademico” potevano schivare l’accusa di
oscenitа. Al fianco di dotti articoli scritti da dottori e scienziati, le riviste contenevano illustrazioni e
fotografie a carattere sessuale, racconti pornografici e un fitto scambio di opinioni tra i lettori,
accesi da ogni sorta di fantasie e di stimoli sessuali.
Molte altre furono le pubblicazioni8 e i personaggi che contribuirono a diffondere il kinbaku nel
mondo: non possiamo non ricordare, ad esempio, Ueda Seishiro, un altro seguace di Ito Seiu,
7
il termine hentai è comunemente riferito a pubblicazioni giapponesi a carattere erotico o pornografico, ma in
Giappone è usato principalmente nel senso di “perverso” o “bizzarro”
8
tra cui possiamo ricordare Yomikiri Romansu, Fūzokuzōshi, Fūzoku kagaku, Ningen tankyū, Fūzoku kitan e
Amatoria.
fortemente influenzato dallo stile del Maestro. Seguiva assiduamente ogni sessione fotografica
organizzata da Ito e molte di quelle foto finirono sulle pagine di Kitan Club o di Ura Mado:
possiamo dire che lo spirito di Ito il grande Maestro delle corde, sia arrivato fino a noi attraverso
queste riviste degli anni ’50 del XX secolo.
Un notevole contributo alla diffusione delle tematiche kinbaku nel mondo occidentale venne dalla
rivista Ura Mado: nato nel 1955, fu inizialmente una raccolta di racconti a puntate e si trasformò in
rivista S&M attorno al 1960, grazie agli sforzi di Iida Toyokazu, ex editore di Kitan Club.
Conosciuto anche come Nureki Chimo, divenne il maggior esponente dei giorni d’oro delle riviste
S&M negli anni ’70 del XX secolo.
Il cambio di direzione della rivista fu evidente fin dalla copertina, dove veniva proclamato “il più
straordinario rotocalco S&M del Paese”: fotografi del calibro di Yoshida Kyu e Fujisawa Shu e
artisti talentuosi come Nakagawa Ayako vennero ospitati regolarmente. Inoltre nella rivista si
trovavano stampate un quantità di immagini proveniente dalla Costa Ovest degli Stati Uniti
attraverso la Phoenix Co. Morishita Takashige(Kanta Mori), funzionario della Phoenix, entrò in
contatto con molti “appassionati” e “collezionisti” del genere in California, tra cui John Willy e
Fakir Musafar, quest’ultimo già presentato da Kanta Mori sulle pagine di Fūzoku kitan come
esponente dell’”anormale” mania per i piercings.
Sfortunatamente, Ura Mado finì stritolato dalla soppressione di massa delle riviste del genere negli
anni ’60 del XX secolo. La caduta di Ura Mado segnò la fine dell’epoca d’oro delle rivista abu del
periodo seguente la fine della Seconda Guerra Mondiale: non era ancora giunto il momento per
dichiararsi apertamente “rivista S&M”. Il secondo periodo d’oro delle riviste S&M arrivò negli anni
‘70/’80 del XX secolo e generò riviste come SM Collector, SM Select, SM Kitan, SM Mania, SM
Fan, SM Sniper e SM King.
Shibari (しばり) significa, nella traduzione letterale dalla lingua giapponese, “legare” o “fasciare”.
Solo negli anni ’90 questa parola divenne il termine adottato dalla cultura Occidentale per indicare
l’arte Giapponese del Kinbaku ed è diventato elemento fondamentale di arte erotica e oggetto di
performance e fotografie accattivanti. In effetti, però, se parlando con un giapponese gli dici che
pratichi lo shibari lui/lei non capirà affatto di cosa stai parlando o tutt’al più crederà che sei molto
bravo nell’arte di infiocchettare a dovere pacchi e pacchetti regalo! Solo negli ultimi anni si sta
assistendo ad una specie di contaminazione al contrario, ovvero anche i praticanti Giapponesi
cominciano a chiamarlo Shibari, mutuando il termine usato dagli Statunitensi prima e poi dagli
Europei, a partire dagli anni ‘70/’80