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Masnari Federica, classe VE UMBERTO NOBILE Nato a Lauro (Avellino) il 21 gennaio 1885; morto a Roma il 30 luglio 1978. Professore ordinario di Costruzioni Aeronautiche nell’Università di Napoli. Accademico Pontificio dal 28 ottobre 1936. Generale dell’Aeronautica Italiana (Corpo Ingegneri). Aeronauta ed esploratore polare. Umberto Nobile fu uno dei grandi italiani del Novecento. Ingegnere di grandi qualità, insigne studioso, pioniere e innovatore negli studi aeronautici, fu anche pilota collaudatore delle sue stesse realizzazioni e coraggioso esploratore polare. Singolarmente il suo ricordo è soprattutto associato al suo unico, grande, fallimento: la tragedia del dirigibile “Italia” da lui comandato. Questa pur grande tragedia ha finito per offuscare l’immagine di un uomo che fu anche un grande uomo di scienza. Gli inizi Dopo gli studi classici frequentò l’Università e la Scuola d’ingegneria di Napoli, laureandosi nel 1908 Ingegnere Industriale Meccanico. Nel medesimo anno conseguì un diploma speciale in Elettrotecnica. L’inizio della sua attività non riguardò questioni aeronautiche: l’aeronautica era infatti ai suoi primissimi albori: solo sei anni prima, nel 1903, i fratelli Wright avevano sperimentato il volo. Così Nobile, nel 1909, entrato a far parte dell’Ispettorato delle Ferrovie, si occupò di questioni di trazione elettrica, tuttavia ben presto si trovò ad affrontare quegli studi cui avrebbe in seguito dedicato tutta la vita: a 26 anni, nel 1911-1912, fu comandato a frequentare un corso di Costruzioni Aeronautiche presso il Battaglione Specialisti del Genio, in Roma, risultando primo agli esami finali. Negli anni dal 1915 al 1917, assegnato allo Stabilimento Militare di Costruzioni Aeronautiche in Roma, dove collaborò alla costruzione dei dirigibili militari. Dimostrò subito ingegno e competenza e nel 1916 prese l’iniziativa della costruzione di un nuovo dirigibile militare per l’esplorazione del mare (dirigibile “0”): di questo dirigibile vennero costruiti oltre quindici esemplari. Nel dicembre 1917 fu nominato Vice-Direttore e nel luglio 1919 Direttore dello Stabilimento Militare di Costruzioni Aeronautiche e mantenne questo incarico fino a tutto il 1927, dedicandosi al perfezionamento delle costruzioni dei dirigibili semirigidi, in modo da eliminare la scarsa compattezza e robustezza della costruzione e la grande resistenza all’avanzamento nell’aria. A tale scopo, fin dal 1918, propose di adottare una travatura metallica a sezione triangolare col vertice in basso, la cabina di comando facendo parte integrale della travatura stessa. L’idea fu realizzata nel semirigido “Roma” da 35.000 m3 progettato da un gruppo di ingegneri, fra cui Nobile stesso, il quale, poi, ne diresse la costruzione. Ulteriori studi e modifiche perfezionarono ulteriormente la costruzione dei dirigibili semirigidi, finché, nel 1922 si giunse alla progettazione di un nuovo tipo di dirigibile semirigido, denominato “tipo N”, i cui brevetti d’invenzione vennero poi ceduti all’Amministrazione Aeronautica. I dirigibili della classe “N”, dovuti principalmente all’ingegno di Nobile, furono anche quelli con i quali si compirono le sue imprese. Il periodo 1919-1922 segnò per le costruzioni di dirigibili da lui dirette un periodo assai fecondo perché vennero costruiti per vari Governi (Stati Uniti, Spagna, Argentina) altri otto dirigibili di diversi tipi e dimensioni, dai 1.500 ai 35.000 metri cubi. Nell’estate 1922 Nobile si recò negli Stati Uniti d’America essendo stato prescelto come consulente per la costruzione del dirigibile militare R. S. 1 presso la Goodyear, Akron, Ohio. Tornato in Italia nel febbraio 1923, diresse la costruzione del nuovo dirigibile “N1”, che fornì brillanti prestazioni. Nelle prove in volo fu raggiunta una velocità di 115 km. all’ora con soli 750 cavalli di potenza motrice, che per l’epoca e per il volo in dirigibile rappresentava un notevolissimo risultato. Al dirigibile “N1” seguì nel 1924 la costruzione del modello “Mr”, il più piccolo dirigibile del mondo, che per l’originalità costruttiva e le splendide qualità di volo rappresentò un grande successo tecnico. Con questo dirigibile, da lui personalmente pilotato, Nobile eseguì oltre un centinaio di voli sperimentali, fra cui quelli per lo studio dell’atterraggio ed ammaraggio meccanico che portarono a notevoli miglioramenti anche nei sistemi di ormeggio e alla riduzione degli spazi di manovra. A questi dirigibili seguirono, realizzando successivi miglioramenti strutturali, il dirigibile “N2”, costruito per la Marina Italiana, il dirigibile “N3”, costruito per la Marina Giapponese, il dirigibile “N4” e finalmente i dirigibili “N5” ed “N6”. Quest’ultimo con cubatura di 55.000 m3 la cui costruzione iniziatasi nel 1926 venne interrotta a metà nel 1927. All’infuori del campo dei dirigibili Nobile si occupò di numerose altre questioni aeronautiche. Citeremo i suoi studi sui paracadute che risalgono all’anno 1918: produssero un tipo originale di paracadute adottato dal Ministero della Guerra per i dirigibili e per i palloni frenati da osservazione. Più tardi Nobile costruì un paracadute collettivo che venne premiato dal Commissariato di Aeronautica, ed infine, nel 1920, un paracadute individuale per aeroplano sperimentato con buon esito. Nel 1922 collaborò con l’ing. Gianni Caproni nella progettazione di un primo aeroplano metallico con strutture tubolari in acciaio, simili a quelle in uso nei dirigibili. Nel 1924 ideò un sistema di atterraggio frenato per aeroplani, che venne premiato dal Ministero dell’Aeronautica; ed infine nel medesimo anno collaborò con il Generale Alessandro Guidoni allo studio ed alla costruzione di un elicottero occupandosi in particolare della progettazione dell’elica metallica. Nel novembre 1923, Nobile fu nominato Tenente Colonnello del Genio Aeronautico; il 1° luglio 1925 ottenne il brevetto di Comandante di dirigibile in collaudo. La prima spedizione polare Nell’autunno 1925 Nobile accettò l’invito rivoltogli dall’esploratore norvegese Roald Amundsen di collaborare ad una spedizione artica dalle isole Spitzbergen (la denominazione attuale di questo arcipelago, che ricade sotto la sovranità della Norvegia, è Svalbard) al Polo e dal Polo all’Alaska. Per questa spedizione egli propose di utilizzare il dirigibile “N1” di 19.000 m3. Fra l’ottobre 1925 ed il marzo 1926 Nobile - promosso Colonnello nel novembre 1925 - organizzò, in accordo e con l’aiuto del Governo Italiano, tutta la parte aeronautica della spedizione, non solo apportando al dirigibile le modifiche rese necessarie dallo speciale volo che doveva compiere, ma anche preparando le basi, formando ed allenando l’equipaggio. Va ricordato, fra l’altro, il pilone di ormeggio da lui progettato e sperimentato con pieno successo, di cui vennero costruiti quattro esemplari, a Roma, Oslo, a Vadso (Norvegia), alla Baia del Re (isole Spitzbergen), che furono rispettivamente località di partenza, tappe intermedie del lungo volo di trasferimento verso Nord e base di partenza per il volo transpolare. Nominato comandante del dirigibile N1, che era stato battezzato “NORGE”, ne diresse il volo da Roma alle isole Svalbard, e da queste, poi, attraverso il Polo Nord, fino all’Alaska, aprendo per la prima volta nella storia la Rotta Polare. In Alaska, dopo circa 5.300 km di volo ininterrotto, il dirigibile atterrò incolume senza alcun aiuto da terra, mediante l’impiego di un dispositivo di atterraggio da Nobile stesso ideato. La missione, denominata “Amundsen–Ellsworth-Nobile Transpolar Flight – 1926”, fu un successo che ebbe risonanza mondiale. Per Nobile fu un gran successo personale: il 18 maggio 1926 il Governo Italiano pose Nobile all’ordine del giorno della Nazione, il 19 giugno 1926 gli venne conferito l’ordine militare di Savoia, il 1° luglio 1926 fu promosso Generale del Genio Aeronautico, nell’ottobre 1926 la Regia Università di Genova gli conferiva la laurea di Dottore in Scienze Nautiche e nel novembre 1926 venne nominato professore ordinario di Costruzioni Aeronautiche presso la Regia Scuola d’Ingegneria di Napoli. Durante l’inverno 1926-1927 Nobile si recò in Giappone per montare e collaudare il dirigibile “N 3” e al tempo stesso tenere un corso di pilotaggio per gli Ufficiali della Marina Giapponese. Al ritorno dal Giappone fu nominato Direttore della Regia Scuola di Ingegneria di Napoli. La spedizione dell’”Italia” Sull’onda dell’enorme risonanza della spedizione del “Norge”, l’idea di effettuare una spedizione polare tutta e solamente italiana si stava rapidamente affermando, anche in considerazione di quanta importanza avrebbe potuto rivestire, in quel particolare momento politico italiano, il successo di quella che veniva definita con retorica d’epoca una “eroica e gloriosa” affermazione internazionale. Nell’estate 1927, decisa e appoggiata dal Governo Italiano nonostante molti pareri avversi - la spedizione del dirigibile “N4” - “ITALIA”; Nobile ne intraprese 1’organizzazione, occupandosi, con la collaborazione di valenti scienziati, di tutta la vasta preparazione scientifica. Nella primavera del 1928 l’”Italia”, dalla base della baia del Re, compì tre voli sulla calotta polare, di cui uno, durato tre giorni, nelle regioni allora inesplorate che si estendono verso Nord. Oltre alla base terrestre l’appoggio logistico in mare era fornito dalla nave “Città di Milano”. Nel terzo volo – decollato alle 4,20 del 23 maggio 1928 - il dirigibile “Italia” raggiunse le coste settentrionali della Groenlandia e da queste il Polo. Il volo polare procedette regolarmente e alle 1,20 del 24 maggio fu raggiunto il Polo Nord., dove era previsto un atterraggio che non poté essere effettuato per il forte vento. Furono allora lanciati alcuni oggetti simbolici: la Croce consegnata a Nobile da S.S. Pio XI, la bandiera italiana ed il gonfalone della Città di Milano, principale ente finanziatore della spedizione. Le condizioni meteorologiche non erano particolarmente avverse e già nei giorni precedenti l’”Italia” aveva compiuto due lunghi voli esplorativi ed aveva risposto molto bene anche quando aveva dovuto fronteggiare alcune impreviste avversità meteorologiche, rientrando sempre in perfette condizioni alla sua base alla Baia del Re. Il dirigibile incrociò sul Polo per circa due ore allo scopo di eseguire osservazioni scientifiche, quindi prese la via del ritorno. La tragedia Le condizioni meteorologiche andarono progressivamente peggiorando mentre l’aeronave si avvicinava alla Terra di Nord Est (una delle isole che costituiscono l’arcipelago delle Svalbard, la più lontana e irraggiungibile, anche ai nostri giorni, fra le principali isole di questo arcipelago). Alle 6,55 del 25 maggio un radiomessaggio ricevuto a bordo della nave “Città di Milano” annunciava che l’“Italia” stava incontrando fortissimi venti e condizioni di scarsissima visibilità. Altri due radiomessaggi successivi alle 8.00 e alle 10,27 confermavano la gravità della situazione. Poi più nulla. Dopo una lotta di 27 ore con la tempesta, giunto a 100 km. dalla costa della Terra di Nord Est, improvvisamente si abbatté al suolo, o meglio sul pack, la superficie ghiacciata dell’Oceano Artico. La tragedia avvenne rapidamente: alle 10,33 l’”Italia” perse repentinamente quota, urtò il pack scivolandoci sopra trascinata dal vento, poi una poderosa raffica la risollevò allontanandola nella tempesta. Nell’urto contro il pack, la cabina fu infranta e il Gen. Nobile con altri 8 uomini furono scaraventati sul ghiaccio, mentre altri sei uomini rimasero a bordo del dirigibile mentre veniva portato via dalla tempesta. Fortunatamente nell’urto fu sbalzata fuori una parte del carico ed i superstiti riuscirono ad avere a disposizione i materiali indispensabili alla sopravvivenza. Benché gravemente feriti iniziarono subito a recuperare i materiali, fra cui una piccola radio portatile con la quale lanciarono un messaggio di soccorso. Nella preparazione della spedizione non era stato trascurato neppure un evento tragico. Nobile aveva imbarcato materiali di supporto proprio per un’evenienza di questo genere ed aveva richiesto la presenza in zona di almeno due idrovolanti. Tuttavia l’unico supporto che gli fu concesso fu il distaccamento di una pattuglia di otto alpini comandati dal Cap. Sora accompagnati da due sciatori civili del SUCAI (Associazione Alpinistica Italiana di Studenti Universitari). Paradossalmente il primo messaggio radio di Nobile fu ricevuto dalla nave “Città di Milano”, ma fu confuso con un messaggio che proveniva dalla colonia italiana della Somalia (almeno così fu detto più tardi) e non fu lanciato nessun allarme. Per molti giorni i naufraghi lanciarono appelli radio senza risposta. Ritenendosi senza speranza un gruppo di tre uomini partì sul pack nel tentativo di raggiungere la terraferma e di trovare aiuto. Gli altri rimasero sul luogo del disastro al precario riparo della famosa “tenda rossa”, così denominata per il colore della tela di cui era fatta. Solo il 5 giugno i messaggi di Nobile furono raccolti in alcune località della Siberia e solo allora si ebbe la certezza che vi era un gruppo di superstiti sul pack. I soccorsi Nel frattempo, a terra, si era avuta quasi subito la percezione della tragedia che si era confermata con il passar delle ore. Il comandante della nave “Città di Milano” fu nominato responsabile di tutte le operazioni di soccorso. Sulla scorta di voci incontrollate, che volevano il dirigibile precipitato in quella località, la nave si diresse verso lo Stretto di Hinlopen dove sbarcò una pattuglia di quattro uomini, due alpini e due guide del SUCAI, che iniziarono le ricerche nella zona (pattuglia Sandrini, dal nome del suo comandante). Vennero anche noleggiate due baleniere norvegesi, la “Hobby” e la “Braganza”, tuttavia, fino a quando non furono intercettati i messaggi radio di Nobile, le ricerche furono indirizzate solo sulla base di ipotesi incontrollate e incontrollabili circa la località del disastro. Solamente alla metà di giugno fu possibile dare un orientamento più preciso alle ricerche, anche perché, nel frattempo, molte nazioni aderirono alle operazioni di soccorso. Le nazioni che aderirono alle spedizioni di soccorso furono: Norvegia: Dalla “Braganza” che incrociava a breve distanza da Capo Nord era partita una pattuglia con slitte e cani che puntava sull’isola di John, inoltre essa fungeva da base agli idrovolanti di Riiser-Larsen e Lutzow Holm. (all’epoca leggeri aerei idrovolanti venivano ospitati a bordo delle navi, smontati: potevano venire montati in acqua o sul ghiaccio, decollare e rientrare presso la nave che li riprendeva a bordo dopo averli nuovamente smontati. Ai mezzi operanti in Artico era possibile applicare pattini di atterraggio adatti al ghiaccio). Unione Sovietica: Il rompighiaccio “Malyghin” con un idrovolante a bordo si trovava già nelle acque delle Svalbard, inoltre il governo italiano chiese un altro rompighiaccio ai russi e fu deciso l’invio del “Krassin”, che trasportava un idrovolante Junkers pilotato da B. Ciuknowskj. Svezia: Il trimotore Uppland era pronto a decollare da Tromso, mentre stavano per giungere alle Svalbard le navi “Tanja” e “Quest” con due idrovolanti e l’aeroplano munito di pattini del pilota Ejnar Lundborg. Francia: Il potente idrovolante Latham 47 col pilota Guilbaud e l’esploratore norvegese R. Amundsen si diresse alla ricerca dei naufraghi, ma tragicamente scomparve nel corso di un volo sul Mar di Barens. Dell’aereo venne solamente più tardi recuperato un galleggiante e ciò confermò, purtroppo, la sua caduta in mare. Finlandia: mise a disposizione il monomotore Turku E, ovviamente, l’Italia: La “pattuglia Sandrini” sbarcata dalla “Città di Milano”, dopo un lungo viaggio seguendo le coste settentrionali della terra di Nord Est, era rientrata a bordo del “Braganza”. Alla Baia del Re era giunto dall’Italia un idrovolante Savoia 55 pilotato da U. Maddalena. Un secondo Idrovolante Dornier Wall Marina II del Magg. Penzo e Ten. Crosio era in arrivo ed un terzo, il Marina I dei Capp. Ravizzoni e Baldini era in preparazione a Pisa: quest’ultimo sarà poi impiegato nella vana ricerca del Latham 47. Una seconda pattuglia italiana, guidata dal Cap. Sora, cui si erano aggiunti un norvegese e un olandese, era stata sbarcata dalla “Hobby” nello Stretto di Hinlopen e puntava sull’Isola Foyn con una slitta e nove cani. Dopo una faticosissima marcia e superando difficoltà estreme raggiunsero l’isola dalla quale furono prelevati da un idrovolante finlandese quando già i naufraghi erano stati salvati dal “Krassin”. Il ritrovamento I primi aerei che volarono sopra la tenda rossa non riuscirono a scorgerla: il 18 e il 19 giugno Rijser-Larsen e Holm e pochi giorni dopo l’italiano Maddalena furono visti dai naufraghi, ma i piloti non poterono a loro volta scorgerli dal cielo a causa della difficoltà provocata dal forte riverbero del ghiaccio, che rende estremamente difficile ad un pilota l’avvistamento di una piccola struttura sullo sfondo di una vasta distesa di un bianco abbagliante. In un successivo volo il Maddalena, guidato dai segnali radio, poté avvistare per primo i naufraghi e riuscì a rifornirli con un lancio di viveri e materiali, ma fu solo il 24 giugno che l’aereo dello svedese E. Lundborg riuscì ad atterrare nei pressi della tenda rossa. Ne ripartì con a bordo Nobile, obbligato a seguirlo da ordini superiori, tuttavia fortemente contrario ad abbandonare i suoi sottoposti. Questo fatto pesò molto a sfavore di Nobile nella formulazione del giudizio che emise la Commissione d’Inchiesta sul disastro istituita in seguito, tuttavia Nobile non avrebbe potuto rifiutarsi di seguire il pilota Lundborg, anch’egli pilota militare e obbligato da ordini specifici del suo comando a prelevare Nobile dalla banchisa. Molto probabilmente in questo fatto entrò in gioco anche una questione di prestigio internazionale, in quanto la notorietà di Nobile, la risonanza che la spedizione ebbe sulla stampa internazionale ed ancor più il grandissimo interesse con il quale la stampa di tutto il mondo seguiva le ricerche, avrebbero dato prestigio alla nazione che avesse potuto farsi merito del salvataggio di Nobile. Tuttavia questa fama andò più all’Unione Sovietica che portò al sicuro tutti i restanti naufraghi che alla Svezia. Infatti Lundborg tornò alla tenda rossa, ma atterrando si capovolse e restò bloccato sul ghiaccio per 14 giorni fino a quando un altro pilota, il Ten. Schilberg, venne a prelevarlo. Schilberg avrebbe dovuto tornare, come aveva dichiarato ai naufraghi, a portarli via, ma per motivi che non sono noti, non fece ritorno. Nel frattempo il rompighiaccio “Krassin” si avvicinava al luogo, seppure fra molte difficoltà. Il pilota dell’idrovolante di bordo, Ciuknowskj avvistò il gruppo di tre uomini che si era diretto a piedi verso la terraferma e dette le indicazioni necessarie al loro salvataggio, tuttavia, mentre ritornava verso il “Krassin” fu costretto ad un atterraggio di fortuna e fu recuperato dalla nave solo più tardi. Finalmente alle 20,45 del 12 luglio il “Krassin” riuscì a raggiungere la tenda rossa e a prendere a bordo i naufraghi. Contemporaneamente a questi eventi anche altre missioni di ricerca furono lanciate alla ricerca dei dispersi rimasti a bordo del dirigibile, ma senza successo. Ci si convinse così che essi fossero definitivamente perduti e fra la costernazione di molti le ricerche furono abbandonate. Questo relativamente precoce abbandono delle operazioni di soccorso ingenerò una gran quantità di polemiche, ma nessuna protesta valse a che le ricerche potessero essere prolungate. Le famiglie dei dispersi tuttavia non si rassegnarono all’idea della scomparsa dei loro congiunti e l’anno seguente incaricarono G. Albertini del SUCAI, che aveva già fatto parte della “pattuglia Sandrini” l’anno precedente, di organizzare una nuova spedizione di ricerca. La spedizione Albertini del 1929 si avvalse della baleniera “Heimen”, ribattezzata “Heimen – SUCAI” e condusse alla ricognizione di vaste zone dell’artico norvegese e sovietico, tuttavia nonostante le grandi energie profuse e le grandi difficoltà superate nessuna traccia di eventuali superstiti fu rinvenuta. A questo punto le ricerche “ufficiali” potevano dirsi veramente concluse. Soltanto Umberto Nobile, negli anni successivi della sua permanenza in Unione Sovietica, non perse occasione per tentare altre ricerche. A tutt’oggi nessuna delle spedizioni che si sono avventurate in quelle terre sperdute ha mai trovato la benché minima traccia dell’“Italia” e del suo equipaggio disperso. Neppure la recente spedizione italiana, partita da Torino nel luglio del 2000 e denominata “Nordaustlandet 2000”, che riuscì - benché avversata anch’essa da eventi meteorologici incredibilmente ostili – a ripercorrere parte del tragitto delle spedizioni Sora e Alberini ritrovandone in loco le tracce, poté aggiungere qualcosa al mistero degli scomparsi. L’”Italia” nei suoi tre voli di esplorazione percorse in complesso nel bacino polare 7.500 km., esplorando oltre 90.000 kmq. di regioni fino ad allora sconosciute e nonostante la sua tragica fine, la spedizione, ai fini scientifici, fu un successo. Gli anni successivi Alla fine dell’autunno 1928, fu annunciata la costituzione di una Commissione che doveva indagare sulle cause del disastro dell’”Italia”. Questa è la prassi che si segue normalmente in casi del genere, tuttavia secondo molte opinioni, la Commissione non poteva dare nessuna garanzia di giustizia e d’imparzialità, perché erano stati chiamati a farne parte persone non competenti in navigazione aerea e avversari manifesti di Nobile. La conclusione, pubblicata il 4 marzo 1929, fu naturalmente sfavorevole a Nobile che, per protesta, si dimise dall’Aeronautica. Nonostante quanto avvenne in Italia la sua credibilità non fu inficiata all’estero, gli furono tributati ambiti riconoscimenti e offerti prestigiosi incarichi, ma Nobile, nonostante tutto inducesse a credere il contrario, non aveva perso la speranza di potere ritrovare, se non dei sopravvissuti dell’equipaggio, almeno i loro resti. Nel 1931, su invito del Governo sovietico, prese parte alla spedizione artica del rompighiaccio “Malyghin” alla Terra Francesco Giuseppe, dove il rompighiaccio incontrò, in quello che divenne all’epoca uno storico rendez-vous, il dirigibile tedesco Graf Zeppelin. L’intenzione di Nobile era di esplorare anche la Terra di Alexandra, dove lui pensava potesse essere stato condotto dai venti polari l’involucro dell’”Italia”, ma questo non fu possibile per le condizioni ambientali che non permisero al rompighiaccio di addentrarsi in quella zona. A bordo del “Malyghin” Nobile ebbe modo di conoscere Ivan Papanin, famoso esploratore polare sovietico, che di li a pochi anni fu il comandante della prima base derivante artica sovietica, la PN-1, che fu la prima di una lunga serie di stazioni artiche installate su lastroni di ghiaccio alla deriva nell’Oceano Artico e che ebbero grande sviluppo e grande importanza strategica nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale, quando durante la “guerra fredda” il confronto fra USA e URSS si fece serrato anche in Artico. Dall’estate del 1931 fino a tutto il 1936 Nobile soggiornò quasi ininterrottamente nell’Unione Sovietica collaborando all’organizzazione di officine e di basi aeree, ed istruendo il personale sovietico nella progettazione, costruzione e condotta in volo di aeronavi del tipo italiano. Sotto il suo comando, il dirigibile V-6, da lui progettato e costruito, compì un volo senza scalo, di andata e ritorno, tra Mosca e Arcangelo sul Mar Bianco. Più tardi la medesima aeronave, al comando di uno dei suoi allievi, l’ing. I. V. Pankoff, conquistò il primato mondiale di durata di volo per dirigibili di qualsiasi tipo. Questo dirigibile precipitò con modalità analoghe all’ “Italia” nel Nord dell’Unione Sovietica nel febbraio del 1938, proprio nel tentativo di portare soccorso al sopraccitato Papanin ed ai suoi uomini, in pericolo sul ghiaccio, al termine della spedizione della PN-1. Il 28 ottobre 1936 Nobile fu nominato Accademico della Pontificia Accademia delle Scienze, di cui era socio corrispondente dal 14 febbraio 1929. Nel 1939 lasciò nuovamente l’Italia per recarsi negli Stati Uniti d’America, dove era stato invitato per organizzare una facoltà di ingegneria aeronautica in un collegio cattolico presso Chicago, la « Lewis Holy Name School of Aeronautics », Lockport, Illinois. Tornato in Italia nell’estate del 1942, ne ripartì pochi mesi dopo per la Spagna dove tenne delle conferenze presso alcune Università di quel paese. Il ritorno in Italia Dopo la caduta del fascismo, Nobile tornò definitivamente in Italia. Nel 1945, dopo la liberazione di Roma, il Governo democratico nominò una Commissione costituita da tre alti ufficiali dell’Aeronautica Militare con l’incarico di esaminare il suo caso. Questa nuova Commissione, dopo aver esaminato tutti i documenti esistenti, ed aver interrogato alcuni testimoni, concluse proponendo che fosse riammesso nei quadri dell’Aeronautica, ricostruendo la carriera interrotta nel 1929. Così fu fatto e l’anno successivo venne promosso tenente generale. Dal 1946 al 1948, eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, partecipò ai lavori dell’Assemblea Costituente. Chiusa, di sua volontà, questa parentesi politica, tornò ai suoi studi di aeronautica riprendendo la sua attività di professore ordinario presso l’Università di Napoli. Fu il primo in Italia a introdurre lo studio della «Meccanica dei gas estremamente rarefatti», quali sono quelli che compongono l’atmosfera terrestre alle altezze di volo dei satelliti artificiali. Nel 1954 pubblicò un trattato di aerodinamica, frutto di parecchi anni di studio e nel 1960, raggiunto il limite di età, fu collocato a riposo come professore universitario. BIBLIOGRAFIA : Alberini Gianni, Alla ricerca dei naufraghi dell’”Italia”,Libreria d’Italia Ed. – Milano, 1929 Ass. Grande Nord, Isole di ghiaccio alla deriva, Gribaudo - Cavallermaggiore, 1998 Barbieri Carlo,L’organizzazione e l’uomo in imprese ad alto rischio: La spedizione polare del Dirigibile Italia – 1928,Istituto Italiano di Cultura - Budapest, 2002 Ferrante Ovidio,Monografie aeronautiche italiane - Umberto Nobile, 2 voll.,C. Tatangelo Ed. – Roma, 1985 Goldberg Fred, Drama in the Arctic – S.O.S. Italia, Goldberg – Lidingo-Sweden, 2003 Gori Paolo, Umberto Nobile, L’Ancora Ed. – Pontedera, 2000 Mantovani, Vincenzo La spedizione Nobile Gruppo Editoriale Fabbri - Milano, 1983 Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci – Comitato Internazionale Umberto Nobile – Comune di Milano La Tenda Rossa. 1928-1998 Le immagini e i filmati sulla conquista del Polo Nord Sintagma Ed. – Milano, 1998 CD-ROM Nobile Stolp Gertrude, Bibliografia di Umberto Nobile, Olschki Ed. – Firenze, 1984 Viglieri Alfredo, 48 giorni sul pack, Mondatori – Milano, 1929