1 Produzione e commercio dei legumi in Italia e nel Mondo

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1 Produzione e commercio dei legumi in Italia e nel Mondo
Produzione e commercio dei legumi in Italia e nel Mondo
Il 2016 è l’“Anno internazionale dei legumi”. Il coordinamento delle iniziative connesse all’evento è stato
affidato alla FAO, organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.
Il richiamo di attenzione verso i legumi ha diverse importanti motivazioni planetarie, come richiamate
dai massimi esponenti di ONU e FAO in occasione dell’apertura dell’Anno:
- importante contributo alla nutrizione e alla sicurezza alimentare;
- sostenibilità ambientale ed elevato adattamento, grazie all’alta biodiversità, alle diverse
condizioni pedoclimatiche;
- apporto naturale di azoto al terreno con riduzione dalla dipendenza dai concimi sintetici;
- miglioramento della fertilità del terreno anche in termini di biodiversità (insetti, batteri, ecc.);
- proficuo reimpiego dei residui di coltivazione per una sana alimentazione degli animali in
allevamento;
- elevato apporto di proteine, a basso costo e con limitato impiego di acqua rispetto a quelli di
origine animale, e altri salutari nutrienti, per l’alimentazione umana e la prevenzione di diverse
patologie (cardiovascolari, gastroenteriche, diabete, anemia, cancro);
- remunerazione del prodotto superiore da due a tre volte rispetto ai cereali, a miglior sostegno
dei redditi degli agricoltori.
Si sottolinea, peraltro, che i molteplici effetti positivi dei legumi sono ancora sottovalutati, e che è quindi
utile incrementarne la produzione e il commercio, e incoraggiare utilizzi nuovi e più intelligenti lungo
tutta la catena alimentare.
Le valutazioni dell’ONU e della FAO sono evidentemente rivolte soprattutto ai Paesi in via di sviluppo,
ma trovano recente più incisiva rispondenza anche nei Paesi ad economia avanzata in considerazione
dei mutamenti climatici e della crescente attenzione per una più sana e razionale alimentazione. Nel
caso di molti Paesi, fra cui l’Italia, i legumi rappresentano inoltre un aspetto importante della tradizione
gastronomica, da valorizzare anche dal punto di vista turistico. A tal proposito è opportuno ricordare
che i legumi sono un componente importante della Dieta Mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO
“patrimonio culturale immateriale dell’umanità” dal 2010.
Produzione di legumi in Italia
Dagli anni Sessanta ad oggi (tabella1), la produzione italiana complessiva delle principali specie di legumi
da granella si è ridotta drasticamente (-81%). Ma la flessione produttiva, mentre per fagioli e fave
presenta un andamento sostanzialmente progressivo, per il cece e la lenticchia registra un minimo tra il
1991 e il 2001 e una ripresa nel periodo successivo, e per il pisello è notevolmente irregolare.
Tabella 1 - Produzione di legumi secchi in Italia (t x 1000)
Fagiolo
Cece
Pisello
Lenticchia
Fava
TOTALE
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2015
187,5
41,5
9,6
14,3
387,7
640,6
138,5
30,0
10,0
4,8
348,9
532,2
75,1
15,6
5,3
1,2
200,9
298,1
35,0
4,9
43,7
0,9
161,5
246,0
19,9
6,5
18,0
0,8
114,3
159,5
11,8
8,4
27,3
1,9
82,5
131,9
12,2
16,8
10,4
2,5
79,8
121,7
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati ISTAT
1
var. %
2015/1961
-93%
-60%
+8%
-83%
-79%
-81%
Anche la produzione di legumi freschi ha segnato un decremento consistente, ma sensibilmente
inferiore a quello dei secchi (-44%). Tuttavia, se confrontiamo i valori massimi, registrati fra il 1971 e il
1981, con quelli attuali, la flessione produttiva sale al 54%.
Tabella 2 - Produzione di legumi freschi in Italia (tonnellate x 1000)
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2014
109
218
214
541
115
259
264
638
133
289
240
662
112
220
182
514
65
211
69
345
48
164
99
311
52
170
80
301
Fava
Fagiolo
Pisello
TOTALE
var. %
2014/1961
-53%
-22%
-63%
-44%
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati ISTAT
Le cause dei descritti andamenti di produzione possono attribuirsi ai seguenti fattori:
- riduzione complessiva del suolo disponibile per le coltivazioni agricole;
- marcata riduzione del numero di aziende di piccola dimensione tradizionalmente dedite a
questo genere di produzioni.
- contrazione della domanda di legumi per effetto dei mutati stili alimentari.
Importazione ed esportazione
Nell’arco di tempo preso in considerazione, la differenza in quantità fra esportazioni ed importazioni è
passata da un saldo negativo di circa 4,5 mila tonnellate a poco meno di 250 mila tonnellate (tabella 3).
Le importazioni sono cresciute costantemente fino a raggiungere, nel 2015, un valore prossimo ai 236
milioni di dollari; le esportazioni hanno registrato un andamento irregolare attestandosi recentemente
intorno a una media annua di circa 12 mila tonnellate ed un valore di 15 milioni di dollari.
Tabella 3 - Italia: saldo in volume export-import complessivo di legumi secchi (tonnellate x 1000)
Export
Import
SALDO
1961
11,6
16,1
-4,5
1971
1,6
58,1
-56,5
1981
16,4
66,6
-50,2
1991
3,6
168,3
-164,7
2001
12,2
253,4
-241,2
2011
16,8
254,7
-237,9
2015
11,6
259,6
-248,0
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati FAO
Tabella 4 - Italia: saldo in valore export-import complessivo di legumi secchi (dollari x 1000)
Export
Import
SALDO
1961
2.429
2.635
-206
1971
718
16.880
-16.162
1981
16.691
48.890
-32.199
1991
5.418
106.226
-100.808
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati FAO
2
2001
7.795
105.096
-97.301
2011
2015
20.366
15.194
232.280 236.119
-211.914 -220.925
Il consumo “apparente”
Sommando le produzioni e le differenze tra import ed export (tabella 5), si può risalire all’andamento
del “consumo apparente” di legumi in Italia (nel quale rientra anche la quota di prodotto destinata
all’industria di trasformazione e ai consumi di non residenti). Dal 1961 ad oggi, il consumo apparente
pro capite si è più che dimezzato passando da quasi 13 kg a poco più di 6 kg.
Tabella 5 - Consumo apparente di legumi secchi in Italia
1961
Produzione (t x 000)
640,6
Saldo exp-imp (t x 000) -4,5
Totale (t x 000)
645,1
Popolazione (milioni)
50,4
C.A. procapite (kg)
12,8
1971
532,2
-56,5
588.7
53,9
9,2
2001 2011
159,5 131,9
-241,2 -237,9
400,8 369,8
56,9
59,4
7,0
6,2
2015
121,7
-248,0
369,7
60,8
6,1
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati ISTAT
Il legume maggiormente consumato in Italia, nel 1961, era la fava seguita dal fagiolo; oggi (2015) il
legume maggiormente consumato è il fagiolo, in gran parte grazie alle importazioni, seguito dalla fava
(tabella 6). Il legume maggiormente esportato, nel 1961 era il fagiolo, nel 2015 è stato il cece.
Tabella 6 - Consumo apparente procapite (C.A. kg a persona) delle principali specie di legumi secchi in Italia
(tonnellate x 000)
Fagiolo
Cece
Pisello
Lenticchia
Fava
TOTALE
Produz.
187,5
41,5
9,6
14,3
387,7
640,6
1961
Import
Export
1,1
11
3,7
0,1
8,7
0,3
2,5
0,2
16,1
11,6
C.A.
3,5
0,9
0,4
0,3
7,7
12,8
Produz.
12,2
16,8
10,4
2,5
79,8
121,7
2015
Import
Export
123,3
3,2
25,2
5,2
77
1,3
34,1
1,8
259,6
11,6
C.A.
2,2
0,6
1,4
0,6
1,3
6,1
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati ISTAT
Valorizzazione della qualità
Negli ultimi anni, la produzione di alcune specie di legumi ha registrato una ripresa (2011-2015 tabella
1): quella di ceci è raddoppiata, e sono cresciute quelle di lenticchie (+31%) e di fagioli (+3,4%). La
produzione di lenticchie, dal 2001 al 2015, è più che triplicata.
Questa recente inversione di tendenza sembra da attribuire principalmente a tre fattori:
- la maggior diffusione di informazioni sulle proprietà salutistiche dei legumi;
- la valorizzazione di alcune varietà di legumi, attraverso i riconoscimenti DOP (Denominazione
d’Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta);
- la riscoperta, nell’offerta ristorativa, di ricette gastronomiche tradizionali a base di legumi.
3
Tabella 7 - Legumi italiani riconosciuti DOP e IGP
Riconoscimento
Regione
Provincia
D.O.P.
D.O.P.
I.G.P.
Basilicata
Lazio
Piemonte
Potenza
Frosinone
Cuneo
I.G.P.
Veneto
Belluno
Fagioli Bianchi di Rotonda
Fagiolo Cannellino di Atina
Fagiolo Cuneo
Fagiolo di Lamon della Vallata
Bellunese
Fagiolo di Sarconi
Fagiolo di Sorana
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
I.G.P.
I.G.P.
I.G.P.
Basilicata
Potenza
Toscana
Pistoia
Umbria, Marche Perugia, Macerata
La produzione di legumi nel Mondo
La produzione complessiva di legumi nel mondo è stata, nel 2014, poco superiore ai 77,6 milioni di
tonnellate (tabella 8). A confronto con i periodi precedenti, la crescita è stata costante: rispetto al 1961
è quasi raddoppiata. Altro è successo in Italia e nell’Unione Europea: da noi la produzione di legumi è
diminuita quasi dell’80%; nell’UE è cresciuta del 3,3%. Segnali molto diversi vengono, nel periodo in
esame, da altri Paesi ad alto sviluppo economico: la produzione di legumi, nel Nord America, è cresciuta
di 7 volte, in Australia e Nuova Zelanda di 64 volte. In aumento anche la produzione dell’Africa (poco
meno di 5 volte), mentre la produzione dell’Estremo Oriente si è quasi dimezzata.
Tabella 8 - Produzione di legumi nel mondo (milioni di tonnellate)
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2014
Mondo
UE
Italia
40,782
42,675
41,635
55,255
56,004
69,256
77,644
3,339
2,894
2,138
6,693
4,919
3,349
3,448
0,702
0,559
0,312
0,255
0,126
0,143
0,144
Nord
Australia
America N.Zelanda
1,162
1,096
1,965
2,726
4,635
5,811
8,231
0,048
0,123
0,316
1,935
2,732
2,564
3,094
Africa
Est
Asia
3,557
5,158
5,379
8,209
10,079
14,249
17,044
9,069
6,911
6,885
3,280
5,561
5,035
4,949
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati FAO
L’andamento della produzione di legumi nei principali Paesi agricoli dell’Unione Europea, fra il 1961 e il
2014, evidenzia comportamenti molto differenti (tabella 9). Italia, Spagna, Grecia e Romania, sia pur con
dati intermedi alternanti, registrano consistenti diminuzioni; Francia, Germania, Regno Unito e Polonia,
pur sempre con alternanze nei periodi intermedi, registrano crescita. In particolare l’Italia si caratterizza
per una flessione della produzione del 79%, precedendo la Grecia (-73%), la Romania (-71%) e la Spagna
(-49%).
4
Tabella 9 - Produzione di legumi nei principali Paesi agricoli dell’UE ( tonnellate x 1000)
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2014
It
702
559
312
255
126
143
144
Fr
175
146
385
3.301
1.876
1.059
842
Sp
705
566
247
215
310
499
356
De
220
206
108
242
641
252
291
Uk
104
207
210
703
967
542
541
Gr
181
124
88
54
44
43
49
Pl
422
350
214
680
211
335
544
Ro
244
220
158
79
61
77
71
It=Italia - Fr=Francia - Sp=Spagna - De=Germania - Uk=Gran Bretagna - Gr=Grecia - Pl=Polonia - Ro=Romania
Fonte: elaborazione Centro Studi Confagricoltura su dati FAO
Conclusioni
La produzione e il consumo di legumi rappresentano un indicatore che va oltre le valutazioni di mercato,
essendo in gioco fattori culturali e politici riconducibili all’orientamento diffuso degli stili di consumo
alimentare, alla competenza agronomica degli agricoltori, alle buone pratiche di salvaguardia
ambientale.
Sotto questo profilo, è evidente come, in un quadro globale di incremento della produzione di legumi,
economie che hanno recentemente conquistato un rilevante benessere, come quelle dell’Estremo
Oriente, tendano ad abbandonarne la produzione e il consumo (-45% fra il 1961 e il 2014). Al contrario,
nei Paesi poveri, i legumi costituiscono sempre più un componente essenziale dell’alimentazione e
quindi dell’attività agricola, come testimoniato dall’incremento di produzione dell’Africa (+5 volte fra il
1961 e il 2014).
Fra le aree del Pianeta a consolidato benessere economico, l’andamento della produzione di legumi ha
seguito, in poco più di mezzo secolo (1961-2014), evoluzioni molto differenti: altalenante ma
sostanzialmente invariata nell’Unione Europea, in forte crescita in Australia e Nuova Zelanda (+64 volte),
in crescita più contenuta nel Nord America (+7 volte).
L’Italia, nello stesso periodo, è, fra i principali Paesi agricoli dell’Unione Europea, quello caratterizzato
dalla più rilevante riduzione della produzione di legumi (-79%). E’ più che dimezzato il consumo
“apparente” di legumi (produzione + import - export) che attualmente, nonostante il forte incremento
delle importazioni (16 volte), è di circa 6 kg procapite rispetto ai quasi 13 kg del 1961.
L’allarmante diffusione di fenomeni di perdita di fertilità, degrado e desertificazione dei suoli agricoli nel
nostro Paese (stimati da ISPRA nel 21% della superficie nazionale), suggerisce peraltro la reintroduzione
di pratiche di rotazione colturale che coinvolgano la periodica coltivazione di leguminose.
28 aprile 2016
5