Globalizzazione economica

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Globalizzazione economica
Globalizzazione economica
Docente: Antonio Forte
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Lezione 15
La crisi del debito pubblico europea (cap.4)
Uno sguardo generale
La crisi greca
La risposta istituzionale
La crisi irlandese
La crisi europea
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Uno sguardo generale - 1
Come finirà?
In molti si domandano quando finirà, ma forse
la domanda giusta è “come finirà”? La Grande
Crisi scoppiata nel 2007, e che raggiunse il
suo apice finanziario nell’ultimo trimestre del
2008, ha poi cambiato pelle. Nel 2009 è
divenuta una crisi dell’economia reale,
falcidiando la domanda e distruggendo posti di
lavoro. Il 2010 doveva essere l’anno della
ripresa e, in qualche modo, lo è stato. Però, la
ripresa – peraltro meno forte che altrove – è
stata funestata in Europa dalle crisi dei debiti
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sovrani.
Uno sguardo generale - 1
Si cominciò all’inizio dell’anno a ballare il
sirtaki (la crisi greca). Ma già dalla
primavera,
quando
faticosamente
si
definivano le architetture istituzionali per
salvare la Grecia, l’orchestra aveva cominciato
a suonare danze gaeliche (Irlanda) e un po’
di fado (Portogallo), mentre sullo sfondo si
udiva il ritmo del flamenco (Spagna) e gli
orecchi più fini sentivano in lontananza un
certo tamburellare di tarantella (Italia).
Le politiche di austerity hanno aggiustato il
lato finanziario e peggiorato il lato reale.
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Uno sguardo generale - 2
I cinefili delle vicende economiche degli ultimi decenni
potrebbero forse dire che questa pellicola l’avevamo
già vista e chiedere il rimborso del biglietto. Quello
che si va profilando nel 2010, per tanti versi,
assomiglia tremendamente alla crisi dello SME
(il sistema monetario europeo) del 1992-93.
Allora, messi alle corde dall’innalzamento dei tassi di
interesse che la Bundesbank si era vista costretta ad
adottare per limitare la fiscalità espansiva prodotta
dall’unificazione tedesca (la Germania dell’Est si era
unificata a quella dell’Ovest e la spesa pubblica
tedesca era cresciuta a dismisura), i paesi membri più
deboli dello SME caddero uno a uno, come i birilli del
bowling.
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Uno sguardo generale - 2
A settembre 1992, lo strike della speculazione
internazionale abbatté in un sol colpo Gran
Bretagna, Italia, Portogallo e Spagna, costretti a
uscire precipitosamente dall’Accordo di cambio. In un
primo tempo la Grecia si salvò perché protetta da una
banda di oscillazione del cambio molto più ampia.
L’Irlanda era ancora un paese arretrato, ben lontano
da quello sviluppo frenetico che l’avrebbe portata 15
anni più tardi a sviluppare enormi fragilità da bolla
immobiliare e altro. Ma, anche allora, la falange
residua di paesi non si salvò dalla speculazione e a
luglio 1993 l’esperienza dello SME venne di fatto
archiviata ampliando la fascia di oscillazione
consentita al 15% (cioè costruendo un Accordo di
cambio molto poco vincolante).
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Uno sguardo generale - 3
Oggi lo shock non viene dalla politica monetaria
restrittiva della Bundesbank, che non c’è più, ma dal
mix della crisi internazionale cui si somma però,
anche stavolta, qualcosa di teutonico, cioè la volontà
di imporre un controllo stringente ai debiti
pubblici che viene da Berlino. Da un canto la crisi
ha messo in ginocchio i PIGS (Portogallo, Irlanda,
Grecia e Spagna), ciascuno per sue specifiche
circostanze: Portogallo e Grecia gravati da debiti
pubblici elevati, Irlanda e Spagna dallo scoppio
di grandi bolle immobiliari con conseguenze
inevitabili sui sistemi bancari nazionali. Di fronte a
ciò, sarebbe necessaria una certa tolleranza
accompagnata da piani di rientro del debito pubblico
solo a medio-lungo termine.
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Uno sguardo generale - 3
E, invece, la frenesia tedesca dei conti in ordine spinge
verso uno scenario in cui ai paesi in difficoltà non sarà
dato molto tempo per rimettere i conti pubblici in sesto.
Perché i governanti tedeschi sono così rigidi sul rientro
degli squilibri dei conti pubblici? Ebbene, la risposta
sta in gran parte nell’iperinflazione vissuta dalla
Germania negli anni Venti del secolo scorso.
Quell’esperienza distrusse la società tedesca e pose le
basi per l’avvento del nazismo. Da allora i tedeschi sono
sempre stati i più guardinghi contro l’inflazione. Ce lo
ricorda
la
tradizione
anti-inflazionistica
della
Bundesbank. Oggi, visto da Berlino, tollerare debiti
pubblici (assai) elevati nei paesi dell’euro potrebbe
significare aprire la strada a una ripresa dell’inflazione,
fatto politicamente non accettabile per i governanti
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tedeschi.
Uno sguardo generale - 4
Naturalmente, l’inflazione non è un bene. Se
supera livelli fisiologici (2 o 3%) i danni che
essa produce nell’economia e nel tessuto
sociale sono notevoli. Però nella situazione
corrente ci si deve chiedere se l’inflazione non
sia il male minore rispetto al suo opposto,
ovverosia la deflazione.
Vi ricordate cosa è la deflazione? Ne abbiamo
parlato nel corso della lezione su Minsky…
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Uno sguardo generale - 4
È evidente oggi che gli USA – con il quantitative
easing (cioè pompando moneta nell’economia)
– stanno cercando di andare verso l’inflazione: i
debitori cercano da sempre di ripagare con
moneta svalutata per alleggerire il peso del
proprio debito. In Europa, invece, sotto il
condizionamento dei governanti tedeschi si
rischia di andare verso lo scenario
deflazionistico. Ma, come si è cercato di
spiegare, lo scenario inflazionistico è di gran
lunga meno pericoloso di quello deflazionistico.
Bisogna sperare che la saggezza prevalga sugli
istinti e sulle paure del passato (Germania). 10
La crisi greca - 1
La crisi si avvia nell’ottobre 2009, quando il
nuovo
governo
di
centro-sinistra
di
Papandreou rivede vistosamente al rialzo le
stime relative al disavanzo del settore
pubblico, rese pubbliche dal governo di
centro-destra precedente
Il rapporto deficit/PIL del 2008, che la
Commissione Europea aveva già innalzato nel
gennaio 2009 dal 2,5% stimato dal governo
greco al 3,4%, viene rivisto nell’autunno del
2009 al 7,7%. Quello del 2009 dal 3,7%
iniziale fino al 13,6% ad aprile 2009.
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La crisi greca - 1
Il rapporto debito/PIL è rivisto dal 96,3 fino al
115,1%
I mercati vengono scossi per la sostenibilità e
anche per la perdita di credibilità. Le agenzie
di rating declassano più volte il debito
pubblico greco, lo spread sui titoli tedeschi si
amplia vistosamente, lo spread sui CDS passa
da 100 fino a 1400 punti base (grafico
seguente). Vi è contagio anche sugli altri
PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia,
Spagna). (grafici fine lezione)
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La crisi greca - 2: Differenziale di rendimento tra titoli
pubblici decennali greci e tedeschi (punti percentuali)
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12
10
8
%
6
4
2
0
Spread
Fonte: Datastream
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La crisi greca - 3: Deficit/Pil
0
-2
-4
-6
-8
-10
-12
-14
-16
-18
-20
Deficit/Pil
Fonte: IMF Weo database
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La crisi greca - 3: Debito/Pil
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Area euro
Grecia
Fonte: IMF Weo database
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La risposta istituzionale - 1
– Il primo piano di salvataggio: 45
miliardi
Il 25 marzo 2010 i Capi di stato dell’area euro
raggiungono un accordo. Complessivamente
la linea di assistenza finanziaria (emergency
loan facility) ammonta a 45 miliardi integrata
da un sostegno di altri 15 del FMI. La buona
accoglienza iniziale dura poco: crolla la Borsa
di Atene e si deprezza anche l’euro
– Il secondo piano di salvataggio: 110
miliardi
L’effetto benefico del pacchetto di 110 miliardi
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dura poco
La risposta istituzionale - 2
– Il terzo piano di salvataggio: 750
miliardi
Il 3° tentativo è un massiccio piano di
salvataggio per tutti i PIIGS: i) è costituito un
grande fondo di assistenza finanziaria
(European Financial Stability Facility) per
sostenere il roll-over del debito sovrano dei
paesi attaccati; ii) la BCE si rende disponibile
ad acquistare titoli del debito pubblico dei
paesi in difficoltà sul mercato secondario
(Securities Markets Programme)
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La risposta istituzionale – 3
– Ultimo piano: default controllato con
hair cut dei titoli.
Allungamento scadenze titoli, per permettere
alla Grecia di ripagare con più lentezza i
debiti.
Hair-cut: i debiti vengono restituiti solo in
parte, per ridurre l’onere totale del debito.
PSI Private Sector Involvement, ha fatto
degenerare la crisi.
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La crisi dell’Irlanda - 1
La crisi irlandese nasce dalla crisi del sistema bancario
nazionale, causata soprattutto dallo scoppio della bolla
immobiliare
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La crisi dell’Irlanda - 2
Ma vi era anche una estrema fragilità nella provvista di fondi: la
dipendenza da capitali esteri supera il 60% del PIL:
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La crisi dell’Irlanda - 3
È il forte aumento dei salari che riduce la competitività e alimenta la
bolla immobiliare:
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La crisi dell’Irlanda - 4
I salvataggi bancari sono all’origine della crisi fiscale:
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La crisi dell’Irlanda - 5
Il 28 novembre 2010 l’Unione Europea approva un pacchetto
di assistenza di €85 miliardi, 22,5 dei quali forniti dallo
European Financial Stability Mechanism (EFSM), 22,5
dall’FMI, altri 22,5 forniti dallo European Financial Stability
Facility (EFSF) e da prestiti bilaterali da Regno Unito,
Danimarca e Svezia. I rimanenti €17,5 miliardi fanno
affidamento a un contributo del National Pension Reserve
Fund (NPRF) e ad altre risorse domestiche
Il Presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker sostiene
che l’accordo include €10 miliardi per le ricapitalizzazioni
bancarie, 25 miliardi per altri bisogni contingenti delle banche
e 50 miliardi per finanziare il budget pubblico irlandese.
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La crisi, dai PIIGS all’Europa
Le difficoltà registrate in Grecia e Irlanda si sono poi trasmesse ad
altri stati piccoli (Portogallo) e grandi (Spagna e Italia). Negli ultimi
mesi sembra che il contagio stia arrivando anche in Francia e
Austria (a rischio la tripla A-la Francia ha perso la tripla A nel
2013), e Belgio (a causa di un elevato debito).
•Gli spread sono cresciuti in tutti i PIIG.
•Il valore dei CDS è cresciuto palesando un’ampia crisi di fiducia
nella stabilità dei Paesi europei.
•I mercati finanziari hanno nuovamente risentito del peggioramento
dello scenario economico (in modo più marcato in Europa)
•Nel settore bancario cresce la mancanza di fiducia verso le banche
(CDS) e tra le banche (aumento spread Euribor Eurepo, crescita
somme depositate presso la BCE).
•Ma l’Euro rimane sostanzialmente stabile rispetto al Dollaro. 24
La crisi europea - 1: Spread a 10 anni
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La crisi europea - 2: CDS, cosa sono?
I CDS sono contratti finanziari in cui un contraente paga
periodicamente un premio alla controparte, la quale, a sua
volta, si impegna a rimborsare il valore nominale del titolo
obbligazionario oggetto del contratto, nel caso in cui
l’emittente vada in default. Se per esempio il valore nominale
del titolo in oggetto è di €10.000 e il premio è di 120 punti
base, vuol dire che la somma da pagare per assicurarsi contro il
default è di 120 euro annui. Il CDS è molto simile ad una
polizza assicurativa e i premi relativi ai CDS su diversi
titoli obbligazionari sono quotati su mercati non
regolamentati. Quando i premi, detti spread, aumentano
significa che il mercato sconta una maggiore probabilità di
default dell’emittente in oggetto, il contrario accade quando gli
spread diminuiscono.
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La crisi europea - 2: CDS (punti base)
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La crisi europea - 3: Indici azionari - mondo
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La crisi europea – 4: Indici azionari – USA, Eu, Italia
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La crisi europea - 5: Indici azionari - banche
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La crisi europea - 6: CDS su banche europee
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La crisi europea - 7: Euribor vs Eurepo (3 mesi)
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La crisi europea - 8: Deposit Facility
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La crisi europea - 9: Euro vs Dollaro
ma l’Euro ha tenuto
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