giovedì 10 novembre 2016
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 258 (47.393) Città del Vaticano giovedì 10 novembre 2016 . Il Papa invita a visitare malati e carcerati Ha ottenuto 306 grandi elettori ed è il nuovo presidente degli Stati Uniti Per restituire dignità Il giorno di Donald Trump Malati e detenuti vivono entrambi in una condizione che ne limita la libertà. Per questo devono essere tra i destinatari privilegiati dell’impegno dei cristiani, affinché venga loro restituita la dignità. Tre giorni dopo aver celebrato il giubileo dei carcerati, all’udienza generale di mercoledì 9 novembre il Papa è tornato a parlare delle condizioni di degrado «spesso prive di umanità in cui si trovano a vivere» queste persone che hanno sbagliato. Proseguendo con i fedeli presenti in piazza San Pietro le riflessioni sulle opere di misericordia corporali, il Pontefice si è dapprima soffermato sul dovere di «assistere le persone malate: un gesto — ha spiegato — di grande umanità» e di condivisione. Infatti «chi è malato, spesso si sente solo». E una visita può regalare «un po’ di compagnia». Anzi «un sorriso, una carezza, una stretta di mano» rappresentano nella loro semplicità «un’ottima medicina». Da qui l’elogio dei I repubblicani conquistano sia il Senato che la Camera dei rappresentanti volontari che «si dedicano a visitare gli ammalati negli ospedali o nelle loro case. È un’opera impagabile» che «quando viene fatta nel nome del Signore, diventa anche espressione di misericordia». Quanto ai detenuti, Francesco ha fatto notare che Gesù, «ponendo la visita ai carcerati tra le opere di misericordia, ha voluto» invitare «a non farci giudici di nessuno». Perché «qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, rimane sempre amato da Dio». In proposito il Papa ha criticato «le diverse forme di giustizialismo» e ha invitato a interrogarsi su cosa abbia portato queste persone «a delinquere». In ogni caso, l’importante è far sentire loro la misericordia di Dio, perché tutti «hanno bisogno di tenerezza. Quante lacrime — ha confidato — ho visto scendere sulle guance di prigionieri solo perché si sono sentiti accolti e amati». PAGINA 8 Ghislaine Howard, «Opere di misericordia: visitare i prigionieri» (2014) WASHINGTON, 9. Donald Trump è il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Il primo autorevole commento della Santa Sede è quello del segretario di stato, cardinale Pietro Parolin, che a un gruppo di giornalisti ha dichiarato: «Prima di tutto, prendiamo nota con rispetto della volontà espressa dal popolo americano, in questo esercizio di democrazia che mi dicono sia stato caratterizzato anche da una grande affluenza alle urne. E poi facciamo gli auguri al nuovo presidente, perché il suo governo possa essere davvero fruttuoso. E assicuriamo anche la nostra preghiera, perché il Signore lo illumini e lo sostenga a servizio della sua patria, naturalmente, ma anche a servizio del benessere e della pace nel mondo. Credo che oggi ci sia bisogno appunto di lavorare tutti per cambiare la situazione mondiale, che è una situazione di grave lacerazione, di grave conflitto». Al termine di una campagna elettorale durissima e di un voto incerto fino all’ultimo, il candidato repubblicano ha largamente superato la soglia dei 270 grandi elettori necessari per arrivare alla Casa Bianca. Hillary Clinton ha riconosciuto la sconfitta in un colloquio telefonico con il suo avversario. «È giunto il momento di cicatrizzare le ferite, il popolo americano è uno solo e dobbiamo essere uniti. A tutti i repubblicani e democratici e indipendenti nel paese, dico che è arrivato il momento di essere un popolo unito»: queste le prime parole del presidente eletto, intervenendo nella ball room dell’Hotel Hilton di New York, nel cuore di Manhattan, subito dopo l’annuncio dei risultati ufficiali. «Lo prometto a tutti i cittadini. Sarò il presidente di tutti gli americani e questo è estremamente importante per me». Poi si è rivolto all’avversaria democratica: «Ho appena ricevuto una telefonata da Hillary Clinton, vorrei farle le mie con- Trump nel primo discorso ufficiale dopo i risultati del voto (Afp) gratulazioni, ha combattuto con tutta se stessa. Ha lavorato sodo e le dobbiamo una grande gratitudine». Affiancato dall’uomo che sarà il suo vicepresidente, l’attuale governatore dell’Indiana Mike Pence, Trump ha subito tracciato le linee guida del suo programma, con toni molto diversi da quelli usati in campagna. E lo ha fatto guardando in primo luogo alla politica interna, alla classe media bianca, i colletti blu e gli operai della rust belt, quella fetta dell’elettorato piegato dalla crisi con il sostegno del quale ha costruito la sua vittoria. «Il nostro paese non sarà secondo a nessuno: ricostruiremo tutto» ha promesso Trump. «Ogni americano avrà le sue chance e tutti quelli che sono stati dimenticati in passato non lo saranno più». Poi la politica internazionale, con la volontà di rilanciare il ruolo dell’America nello scacchiere internazionale: «Con il mondo cercheremo alleanze, non conflitti; ci comporteremo in maniera giusta con tutti i popoli e le altre nazioni». A pochi passi da Manhattan, nel quartier generale dei democratici, a Brooklyn, il clima è molto diverso. Clinton non ha ancora pronunciato un discorso ufficiale. Il suo staff ha comunicato che lo farà nelle prossime ore. Fino a tarda notte, i sostenitori dell’ex first lady hanno sperato in un sorpasso, per poi arrendersi all’evidenza. In un messaggio, il pre- Fonti del ministero della difesa parlano di offensiva imminente dalla flotta nel Mediterraneo y(7HA3J1*QSSKKM( +.!#!=!#!z! Mosca prepara l’attacco su Aleppo BAGHDAD, 9. Ancora combattimenti ad Aleppo. Nuovi bombardamenti sono segnalati questa mattina su diversi quartieri nell’area orientale della città, in mano ai jihadisti e ai ribelli. Fonti parlano di almeno quattro morti nelle ultime ore. Questo mentre la tensione internazionale resta altissima: funzionari del ministero della difesa russa, citati dalle agenzie, parlano della possibilità di una nuova escalation con l’intervento di navi militari nel Mediterraneo. L’attacco dovrebbe scattare entro le prossime 24 ore. «I velivoli a bordo della portaerei Admiral Kuznetsov e le unità della Marina munite di armamenti di precisione nel Mediterraneo si stanno preparando a colpire nelle prossime ore i combattenti che si trovano nei sobborghi di Aleppo» hanno spiegato le fonti. «Le incursioni saranno dirette alla periferia della città. Eventuali tentativi dei combattenti di aprirsi un varco verso Aleppo sarebbero privi di senso» hanno ammonito le fonti, senza specificare con esattezza nei confronti di chi sarà condotta l’operazione. In apparenza, dicono gli analisti, si tratterebbe di un attacco su vasta scala contro le fazioni più estremistiche quali gli ex qaedisti di Jabhat Fateh Al Sham (ex Fronte Al Nusra). Il presidente Vladimir Putin nei giorni scorsi aveva avvertito che la Russia, «in caso di estrema necessità», si sarebbe «riservata il diritto di ricorrere a tutta la forza e a tutti i mezzi a propria disposizione» per sostenere le forze siriane. Sul piano strategico-militare, la situazione ad Aleppo resta incerta. Nei giorni scorsi le forze di Assad sono riuscite a recuperare il controllo di due quartieri della città, il cosiddetto Progetto 1070 a sud-ovest e quello di Menyan nella parte occidentale. Si è trattato — sostengono osservatori locali — del maggiore successo militare conseguito dai lealisti negli ultimi due mesi. Dal 28 ottobre i ribelli hanno sferrato un massiccio contrattacco per rompere l’assedio che stringe le zone ancora nelle loro mani e sono riusciti a spingersi in profondità su più fronti nella direzione opposta, mettendo a segno alcuni successi. Intanto, il vicario patriarcale siroortodosso di Aleppo, Raban Boutros Kassis, è stato ferito alla spalla da due proiettili mentre si trovava nella sua auto. Il prelato è fuori pericolo. L’incidente è avvenuto due giorni fa sulla strada che collega Homs ad Aleppo. «Non posso far altro che rinnovare l’appello per salvare questa città martire. E chiedere aiuti umanitari. Aleppo è assediata e da oltre tre anni la gente rimasta soffre per mancanza di acqua, cibo, elettricità, gas. Il governo siriano fa quel che può per cercare di garantire il mini- mo di assistenza sanitaria ed educativa. Noi restiamo in città come i pastori che vogliono stare vicini al gregge, per nutrire e dare conforto a chi soffre» ha detto il vicario patriarcale. Notizie di violenze arrivano anche da Damasco. Un colpo di mortaio ha centrato nel pomeriggio di oggi la cupola della chiesa dei francescani a Bab Tuma. Lo fa sapere fra Bahjat Karakach, guardiano del convento di San Paolo apostolo. A quanto riferito dal religioso, si sono registrati danni alla chiesa, ma fortunatamente non ci sono vittime. Edifici del distretto di Aleppo distrutti dai bombardamenti (Afp) È di almeno nove morti, sette bimbi e due donne incinte, il bilancio ancora provvisorio di un bombardamento aereo su Khan Shaykhoun, nella provincia nord-occidentale di Idlib, a ridosso del confine con Hama: lo ha denunciato Rami Abdel Rahman, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione dell’opposizione in esilio con sede a Londra. «È stata colpita una strada dove c’erano bimbi che stavano giocando», ha riferito Abdel Rahman, secondo cui quattro delle giovanissime vittime erano femminucce, le altre maschietti. Tre erano fratellini «in visita al nonno». Khan Shaykhoun è una roccaforte di Jaish Al Fatah, un gruppo di formazioni che comprende anche ex qaedisti. Resta, intanto, la tragedia umanitaria. Almeno due milioni di civili sono intrappolati nei combattimenti nell’area di Aleppo e nel nord del paese a ridosso con la Turchia. Gli aiuti dell’Onu, anche a causa della mancanza di sicurezza adeguata, stentano ad arrivare. A richiamare l’attenzione su questo punto è stato ieri il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, in visita in Armenia. «L’Italia si augura che sia ancora possibile un estremo sforzo diplomatico per ridurre la catastrofe umanitaria in Siria, soprattutto ad Aleppo est». Gentiloni ha ricordato che «noi non abbiamo mai avuto dubbi sulla responsabilità di Assad e sulla necessità di una soluzione diplomatica», e ha espresso l’auspicio che «Stati Uniti e Russia ritrovino il filo per risolvere la crisi per via diplomatica». sidente uscente, Barack Obama, ha ricordato la campagna «faticosa, stressante e talvolta strana per tutti noi», sottolineando però che «la nostra democrazia è sempre stata turbolenta e chiassosa: siamo passati attraverso elezioni difficili e che ci hanno diviso, ma ne siamo sempre usciti più forti». In ogni caso, i numeri parlano chiaro. Il rischio di una vittoria con margini molto ristretti, e quindi un presidente debole, è svanito. Trump ha conquistato 306 grandi elettori, ovvero 27 stati. Il tycoon repubblicano ha saputo convincere oltre 58 milioni di americani, il 47,7 per cento. Il dato più clamoroso riguarda gli stati del Midwest, tradizionalmente democratici, come Ohio, South Dakota, North Dakota, Nebraska, o quelli più in bilico come la decisiva Florida. Hillary Clinton si è fermata a 232 grandi elettori e 19 stati. La nettezza della vittoria di Trump è confermata dai risultati relativi al Congresso. I repubblicani hanno infatti conquistato sia il Senato che la Camera dei rappresentanti. Secondo i primi dati, il Grand Old Party avrebbe ottenuto 240 deputati contro i 195 democratici e 53 senatori contro 47. Numerose le reazioni sul piano internazionale. Soddisfazione arriva da Mosca. Il presidente russo, Vladimir Putin, si è congratulato con il nuovo presidente, augurandosi che «i rapporti russo-americani possano uscire dalla crisi», soprattutto su dossier importanti come l’economia e il Medio oriente. Positive le reazioni anche di India e Giappone. La Corea del Sud, invece, ha convocato il consiglio sulla sicurezza nazionale, preoccupata per l’approccio verso la Corea del Nord dichiarato dal tycoon. Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto che «la leadership degli Stati Uniti è importante nell’affrontare le nuove sfide sulla sicurezza». Stoltenberg ha assicurato la disponibilità alla piena collaborazione con la nuova amministrazione. Da Bruxelles la prima reazione europea è stata improntata al dialogo. «Continueremo a lavorare insieme, i legami tra Europa e Stati Uniti sono più forti di ogni cambiamento» ha sottolineato l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini. I presidenti del Consiglio e della Commissione, Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, hanno invitato Trump a visitare l’Europa, affermando che «oggi è più importante che mai rafforzare le relazioni transatlantiche». Sul piano finanziario, la Borsa di Tokyo ha chiuso in calo del 5,4 per cento, al punto che è stata convocata una riunione d’emergenza del governo nipponico. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 10 novembre 2016 L’Onu interpella i governi europei in tema di minori migranti Se manca la volontà politica WASHINGTON, 9. Mentre a Marrakech, in Marocco, proseguono i lavori della Cop22, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, l’O rganizzazione meteorologica mondiale (Omm) ha reso noto un dettagliato rapporto sulle temperature globali tra il 2011 e il 2015, definito il periodo più caldo di sempre. Il documento dell’agenzia dell’Onu per la meteorologia conferma che i fenomeni meteorologici estremi — siccità prolungate, ondate di calore, uragani e alluvioni — sono sempre più legati al riscaldamento climatico, con “l’impronta umana” che appare sempre più visibile. Gli indicatori confermano la tendenza al riscaldamento a lungo termine causato dai gas a effetto serra, scrive l’Omm nel rapporto, sottolineando che il 2015 è stato il primo anno per il quale le temperature globali erano più di un grado centigrado al di sopra di quelle del periodo pre-industriale. Inoltre, le temperature record registrate sono state accompagnate dall’innalzamento del livello del mare, il declino della superficie di ghiaccio marino dell’Artico, dei ghiacciai continentali e dell’innevamento nell’emisfero settentrionale. Tutti questi indicatori, evidenzia l’Omm, confermano il trend di lungo periodo del riscaldamento. Rapporto delle Nazioni Unite sulle temperature globali Terra sempre più calda E al riscaldamento globale sono sempre più collegati gli eventi estremi. In base ad alcuni studi, spiegano gli esperti internazionali, il cambiamento climatico ha fatto crescere di dieci volte la probabilità che si verifichino ondate di calore. Il rapporto esamina il possibile legame tra il cambiamento climatico indotto dall’uomo e una serie di sin- Unico mandante dietro le stragi di Parigi e Bruxelles In attesa del verdetto della Corte suprema A dicembre l’esame del ricorso sulla Brexit Alta corte a Londra (Ap) LONDRA, 9. Tra il 5 e l’8 dicembre la Corte suprema del Regno Unito esaminerà il ricorso presentato dal governo di Theresa May contro la decisione dell’Alta corte di Londra di imporre un voto parlamentare sul processo di uscita dall’Ue. Intanto, la Scozia interviene nella diatriba legale. Il 3 ottobre scorso l’Alta corte ha bloccato il governo britannico che intendeva dare corso alla Brexit senza la preventiva approvazione del parlamento di Westminster. Theresa May ha subito annunciato il ricorso. Del caso, dunque, si occuperanno tutti i magistrati che compongono il collegio della Corte suprema. In una nota ufficiale si legge che «la Corte ha riservato quattro giorni, dal 5 all’8 dicembre, per l’esame del ricorso». Per conoscere il verdetto bisognerà aspettare «probabilmente l’inizio dell’anno nuovo». L’iter per arrivare a sentenza potrà variare in funzione delle testimonianze presentate dalle parti in causa. Nel frattempo, il primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, ha fatto sapere di aver dato il via libera alle autorità della Scozia per intervenire nella disputa legale, spiegando che «sta per essere depositata una domanda formale nel tribunale britannico di ultima istanza». Secondo il premier, «non è proprio giu- sto» che «i diritti connessi all’essere membri dell’Unione europea possano essere rimossi dal governo britannico in base al volere di un primo ministro senza il dibattito, l’esame e il consenso del parlamento». L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va goli eventi estremi e cita 79 studi pubblicati dal bollettino della American meteorological society tra il 2011 e il 2014, precisando che «più della metà ha riscontrato che i cambiamenti climatici indotti dall’uomo hanno contribuito all’evento estremo in questione». «Alcuni studi — prosegue il testo — hanno scoperto che la probabilità di calore estremo è au- PARIGI, 9. Ci sarebbe un unico mandante dietro gli attentati di Parigi del novembre 2015 e Bruxelles nel marzo 2016. Si tratta di Oussama Atar, un belga-marocchino di 32 anni residente in Siria attivamente ricercato dalle autorità. A rivelarlo è stato ieri il quotidiano «Le Monde», precisando che il terrorista è sospettato di aver coordinato le stragi dalla Siria: avrebbe reclutato i due attentatori suicidi che hanno attivato le loro cinture esplosive davanti allo Stade de France a Saint-Denis, il 13 novembre 2015 e sarebbe al tempo stesso il cervello dell’attentato compiuto dai fratelli El Bakraoui il 22 marzo 2016 a Bruxelles. A lui infatti i terroristi avrebbero sottoposto i loro piani di azione prima di farsi esplodere nella capitale belga. E, intanto, il ministro dell’interno tedesco, Thomas de Maizière, ha definito l’arresto di cinque reclutatori jihadisti «una buona notizia» ma ha ricordato che il rischio del terrorismo in Germania è «grande» e la situazione «rimane seria». Il cognome potrà essere anche materno Morto l’oncologo Umberto Veronesi ROMA, 9. In Italia i figli nati nel matrimonio potranno prendere anche il cognome della madre, in aggiunta a quello del padre, se tra i coniugi c’è accordo. La Consulta ha infatti accolto ieri la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova sul cognome del figlio e ha dichiarato l'illegittimità della norma che prevede l'automatica attribuzione del cognome paterno. Da adesso in poi, se d'accordo, i genitori potranno dare il doppio cognome al figlio. In caso di mancato accordo, il bambino riceverà invece il cognome paterno. ROMA, 9. È morto ieri a 91 anni nella sua casa di Milano l’oncologo Umberto Veronesi. Ha dedicato la sua vita alla lotta ai tumori, è stato fondatore e presidente della Fondazione per la ricerca sul cancro che porta il suo nome, nonché ministro della sanità e senatore. «È stato un grande medico e un grande scienziato, che ha aperto vie nuove nella lotta contro il cancro e ha lasciato una preziosa eredità non solo al nostro paese, ma al mondo intero» ha dichiarato oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricordando l’impegno e la professionalità dello scomparso. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va mentata di 10 volte o anche di più». «Gli effetti dei cambiamenti climatici sono visibili su scala globale dal 1980 e hanno accresciuto i rischi di eventi estremi», ha detto il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, il finlandese Petteri Taalas. Tra gli eventi estremi citati nel rapporto figurano la siccità del 20102012 nel Corno d’Africa, che si stima abbia causato 258.000 decessi, l’uragano Sandy, che nel 2012 ha provocato perdite economiche per 67 miliardi di dollari negli Stati Uniti, e il tifone Haiyan, che nel 2013 ha ucciso 7800 persone nelle Filippine. Ed è proprio per porre un limite al surriscaldamento della Terra che il mondo si è dato appuntamento in Marocco per la Cop22. L’Omm renderà nota la valutazione provvisoria del clima per il 2016 — che si presume possa essere l’anno più caldo mai registrato — il prossimo 14 novembre, per informare i delegati ai negoziati sul clima riuniti a Marrakech. BRUXELLES, 9. I diritti dei minori devono essere «garantiti da tutti i paesi» ma in questo momento in Europa in alcuni governi «manca la volontà politica di agire concretamente». È la denuncia emersa nell’intervento, che ha fatto, al parlamento europeo, Benyam Dawit Mezmur, presidente della commissione delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo. Il rappresentante dell’Onu ha ribadito che i diritti dei minori devono essere «garantiti da tutti i paesi in modo centralizzato e integrato». Ha riconosciuto che alcuni stati membri mettono già in campo «un impegno politico fondamentale» per poi affermare che le politiche comunitarie attuali per la protezione dei bambini migranti «hanno delle chiare lacune» e «non vengono applicate come dovrebbero». Benyam Dawit Mezmur ha posto l’accento sulla questione istruzione, che ha definito «centrale», ricordando che «solo la metà dei bambini migranti ha accesso all’istruzione» e definendo questa situazione «una bomba a orologeria pronta a esplodere». La mancata istruzione è una grossa ipoteca sul loro futuro. Il numero delle violazioni dei diritti dei minori «è altissimo», e questo «in ogni fase del percorso che li coinvolge», ha fatto notare Mezmur, secondo il quale la crisi dei migranti «non è esplosa nel 2014, ma è un sintomo di lacune nel sistema di accoglienza e integrazione che l’Onu mette in luce dal 1991». È quindi compito dell’Ue migliorare «sotto tutti i punti di vista», anche nel processo di identificazione dell’età dei minori. A questo proposito, il rappresentante dell’Onu ha parlato di «metodologie invasive e non efficaci». Mezmur ha concluso il suo intervento ricordando che le Nazioni Unite sono impegnate a monitora- re «il reale impatto delle leggi elaborate e adottate dai paesi». Intanto, sul fronte dei continui sbarchi sulle coste italiane, le forze dell’ordine italiane hanno fermato sei presunti scafisti di diverse nazionalità. Tre sono del Gambia, due del Senegal, uno è nigeriano mentre gli altri non sono stati identificati. C’è però anche un minorenne di 17 anni che dovrà rispondere di omicidio. Sono accusati di essere stati al timone di quattro gommoni che, in condizioni di fortuna, hanno effettuato la traversata del Mediterraneo con a bordo, complessivamente, 482 migranti partiti dalla Libia. I profughi sono stati tratti in salvo nei giorni scorsi dalla nave guardia costiera che, ieri mattina, li ha fatti sbarcare nel porto di Palermo insieme con altre persone soccorse nel corso di sei distinte operazioni. In tutto si è trattato di 1049 migranti. Su uno dei gommoni sono stati trovati anche dieci corpi senza vita, tra cui tre bambine. E alla guida di questo gommone c’era proprio il diciassettenne che dovrà rispondere pure di omicidio. Alcuni migranti, testimoni della tragica traversata, hanno identificato gli uomini al timone raccontando come gli scafisti avessero appreso dai trafficanti poche elementari nozioni di navigazione soltanto pochi minuti prima di partire. Guardando alla Germania, fa discutere il caso della barriera antirumore costruita alla periferia di Monaco di Baviera per limitare i rumori che possono provenire da un centro d’accoglienza per profughi minorenni di prossima apertura. Alta più del muro di Berlino, la barriera viene giudicata inopportuna per il valore simbolico che ha assunto da molte delle voci raccolte da diversi media, che avrebbero voluto una diversa soluzione. Torna la difterite in Venezuela per mancanza di vaccini Manifestazioni di protesta Dipendenti pubblici di Rio contro l’austerity BRASILIA, 9. Tensione alle stelle, a Rio de Janeiro, tra l’amministrazione statale e i dipendenti pubblici. Migliaia di manifestanti si sono riuniti ieri sera davanti alla locale assemblea legislativa, nel centro della metropoli, per chiedere ai deputati di votare contro il pacchetto di misure di austerità annunciato dal governatore, Luiz Fernando Pezão, per attenuare la crisi finanziaria. Gli addetti alla sicurezza del parlamento hanno chiesto il rinforzo del battaglione anti-sommossa della polizia militare, dopo che alcuni dimostranti hanno tentato di entrare a for- za nel palazzo. Secondo Pezão, la situazione delle casse statali è così grave che entro dicembre del 2018 si formerà un “buco” da 52 miliardi di reais. Il governatore ha poi precisato che attualmente c’è denaro sufficiente a pagare gli stipendi solo nei primi sette mesi del 2017. Successivamente, alcune centinaia di agenti delle forze dell’ordine hanno invaso l’assemblea legislativa di Rio, in segno di protesta contro il piano di austerity. Il presidente dell’assemblea, Jorge Picciani, ha definito l’iniziativa «un crimine e un affronto allo stato democratico di diritto». Dipendenti pubblici davanti all’assemblea legislativa di Rio de Janeiro (Ansa) Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 CARACAS, 9. Dallo scorso aprile in Venezuela almeno 23 persone, in gran parte bambini, sono morte di difterite, una malattia scomparsa nel paese da 20 anni ma che sta tornando a causa della carenza di vaccini dovuta alla crisi economica che ha comportato carenza di cibo e di medicine. L’allarme sull’epidemia di difterite era stato lanciato qualche settimana fa da diverse organizzazioni, l’osservatorio venezuelano della salute, la società venezuelana di salute pubblica e la rete nazionale di difesa della epidemiologia, che avevano parlato di almeno tre casi nel solo stato di Bolívar. Secondo i media locali, sarebbero invece 23 i casi dall’inizio dell’epidemia, mentre il ministero della salute venezuelano parla solo di due casi accertati e due sospetti. Il Venezuela è da tempo in una grave crisi economica, che si riflette anche nella scarsità di farmaci e vaccini. Solo metà dei bambini in Venezuela riceve la terza dose e il 30 per cento la quarta dose. Il pericolo di ritorno della difterite per il calo delle vaccinazioni preoccupa anche le istituzioni sanitarie europee. Lo scorso marzo un bambino è morto per la malattia in Belgio, mentre nel 2015 si è avuto un caso in Spagna. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 10 novembre 2016 pagina 3 La sede dell’Unione africana ad Addis Abeba Israele annuncia nuovi insediamenti nell’area di Gerusalemme est Case che ostacolano il dialogo I risultati del vertice di Addis Abeba Soluzioni per la crisi in Libia ADDIS ABEBA, 9. Un’iniziativa per risolvere la crisi in Libia è stata lanciata da alcuni leader africani durante una riunione che si è tenuta presso la sede dell’Unione africana (Ua) ad Addis Abeba, in Etiopia. «Oggi l’Africa è colpita dalle conseguenze disastrose della crisi libica» ha affermato il presidente del Ciad (presidente di turno dell’Ua), Idris Deby. «La situazione in Libia è molto complicata in quanto vi è una mancanza di omogeneità tra i due campi, ciascuno composto da una moltitudine di attori politici e militari». L’obiettivo dei leader africani, ha spiegato Deby, è portare al tavolo dei negoziati «al più presto» tutti i protagonisti della crisi libica «per consentire loro di impegnarsi in un dialogo franco e diretto; non c’è soluzione militare alla crisi libica e questo deve essere capito da tutte le parti interessate», ha aggiunto. La presidente dell’Ua, Nkosazana Dlamini-Zuma, ha sottolineato che attualmente 2,4 milioni di libici necessitano di assistenza umanitaria. Tra questi ci sono 350.000 sfollati interni. «La situazione economica in Libia è disastrosa», ha dichiarato la Dlamini-Zuma, evidenziando come «la distruzione delle infrastrutture provochi un calo pericoloso della produzione di petrolio. Questa situazione non può continuare». Tra i leader africani presenti alla riunione figurano, oltre a Deby, i presidenti Denis Sassou Nguesso della Repubblica del Congo, Mahamadou Issoufou del Niger, Jacob Zuma del Sud Africa, Omar Al Bashir del Sudan, Yoweri Kaguta Museveni dell’Uganda. Hanno partecipato anche il primo ministro etiope, Haile Mariam Desalegn, l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Martin Kobler, l’inviato speciale dell’Ua per la Libia ed ex presidente della Tanzania, Jakaya Kikwete, e il commissario dell’Ua per la pace e la sicurezza, Smail Chergui. A rappresentare la Libia c’era l’esponente del consiglio presidenziale, Musa Koni. «La situazione in Libia sta diventando sempre più delicata», ha affermato Kobler, parlando alla riunione di Addis Abeba. L’inviato speciale dell’Onu ha espresso «grande preoccupazione per la situazione a Tripoli» e per «i tentativi di creare istituzioni parallele, ostacolare l’accordo politico e generare ulteriore insicurezza. La vita in Libia — ha detto — sta diventando sempre più difficile, con la produzione di petrolio sotto il suo potenziale e con l’inflazione del dinaro libico a quasi il 20 per cento». Kobler ha voluto tuttavia esprimere una prospettiva di speranza: I libici hanno dimostrato e continuano a dimostrare determinazione a migliorare la loro situazione». Sulla stessa linea, ovviamente i palestinesi. Più volte in passato il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto lo stop completo di tutte le attività edilizie israeliane in Cisgiordania. I palestinesi, infatti, considerano questa misura una condizione imprescindibile per avviare nuove trat- tative di pace. I colloqui diretti israelo-palestinesi si sono arrestati nell’aprile del 2014. Il riaprirsi del contenzioso sugli insediamenti avviene proprio mentre si registrano nuove violenze. Nove persone sono state arrestate la notte scorsa dalle forze di sicurezza israeliane nella zona est di Gerusa- lemme. Sono state accusate di aver causato disordini, e cioè di aver sparato proiettili e lanciato pietre, bottiglie molotov, petardi, contro quartieri ebraici vicini. Gli arresti sono stati effettuati — secondo i media israeliani e le agenzie — nei campi profughi palestinesi di Shuafat ed El-Aida. Insediamenti israeliani intorno a Gerusalemme est Sequestrati carichi d’armi al confine con il Mali Esponenti del gruppo uccisi nello Yemen Algeri rilancia la lotta al terrore jihadista Al Qaeda sotto scacco ALGERI, 9. L’esercito algerino ha sequestrato un nuovo ingente carico di armi nella regione meridionale di Bordj Badji Mokhtar al confine con il Mali. Lo ha riferito ieri il ministero della difesa algerino. «Come parte della lotta contro il terrorismo e grazie alla costante vigilanza delle nostre forze armate, un distaccamento dell’esercito nazionale ha sequestrato nel corso di un pattugliamento nella regione di Bordj Badji Mokhtar un ingente quantitativo di armi e munizioni» si legge in un comunicato del ministero della difesa che afferma inoltre che nei giorni scorsi l’esercito algerino ha sequestrato un analogo arsenale, inclusi 17 missili antiaerei, anche nella provincia meridionale di Adrar. Mentre prosegue nella vicina Libia la guerra contro il cosiddetto stato islamico (Is) a Sirte, i paesi vicini, come l’Algeria e la Tunisia, temono l’infiltrazione di terroristi e armi all’interno dei loro confini. La questione della sicurezza frontaliera è molto sentita dalle autorità algerine, in seguito alle ripetute infiltrazioni di elementi considerati terroristi lungo la frontiera con la Libia. Per garantire la sicurezza del paese, l’Algeria avrebbe iniziato la costruzione di un muro di 350 chilometri lungo i confini orientali Sanguinoso attacco dei ribelli nell’ovest del Niger NIAMEY, 9. Almeno cinque soldati sono stati uccisi, quattro risultano dispersi e altri tre sono rimasti feriti in un attacco dei ribelli nella zona di Ouallam, nell’ovest del Niger nei pressi del confine con il Mali. Lo ha reso noto ieri all’agenzia di stampa Afp una fonte della sicurezza. «Gli assalitori sono giunti nella località di Bainibangou a bordo di due veicoli e dieci moto ed erano pesantemente armati», ha affermato ieri sera un comunicato del ministero dell’interno nigerino aggiungendo che successivamente l’esercito ha arrestato 26 miliziani armati. La zona è situata nei pressi della frontiera maliana dove si sono rifugiati gli autori del rapimento di un operatore umanitario statunitense. All’inizio di ottobre, poco più a nord-est, nella vicina regione di Tahoua, 22 soldati nigerini erano stati uccisi in un attacco al campo di rifugiati di Tazalit. TEL AVIV, 9. Nuovi insediamenti ebraici in Cisgiordania. La decisione è arrivata ieri dall’amministrazione locale israeliana. Le nuove abitazioni sorgeranno nell’area di Gilo, a Gerusalemme est. Immediate le reazioni internazionali. Il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha espresso rammarico per il via libera di Israele «ai permessi di costruire 181 nuove unità abitative nell’insediamento illegale di Gilo». Questa decisione — ha aggiunto la diplomatica italiana — «compromette la contiguità tra Gerusalemme est e Cisgiordania, che è cruciale per la percorribilità della soluzione dei due stati», ovvero il piano, sostenuto dall’Onu, che prevede la costituzione di uno stato palestinese autonomo e sovrano accanto a quello israeliano. «Siamo rammaricati che Israele abbia deciso di procedere nonostante le continue e serie preoccupazioni internazionali. Gli insediamenti sono illegali per la legge internazionale, vanno contro le raccomandazioni del Quartetto e costituiscono un ostacolo alla pace» ha detto Mogherini. La zona di Ouallam, nei pressi del nord del Mali e situata a solo un centinaio di chilometri dalla capitale Niamey, è divenuta molto instabile a causa dei numerosi e sanguinosi attacchi terroristici. Malgrado la frontiera venga considerata come porosa, il Niger costituisce un’isola di stabilità in una zona dove agiscono gruppi ribelli e fondamentalisti. Attorno al Niger, infatti, paesi come Mali, Nigeria e Libia sono invece costretti a combattere diversi gruppi armati jihadisti. «Regolare il problema della sicurezza nel Mali, è come risolvere il problema della sicurezza nel Niger», ha dichiarato lo scorso 10 ottobre il presidente nigerino, Mahmadou Issoufou, durante la visita del cancelliere tedesco, Angela Merkel. Negli ultimi anni una serie di sanguinosi attacchi terroristici sono avvenuti nella zona di Ouallam. con la Tunisia e con la Libia, come hanno riferito fonti militari algerine citate dall’emittente Cnn Arabia. Le autorità del paese nordafricano, spiegano le fonti, hanno incaricato gli ingegneri civili della costruzione di un muro dell’altezza di tre metri protetto da una barriera elettrificata. Il progetto, tuttavia, avrebbe già incontrato ostacoli di natura tecni- ca per via della conformazione del terreno in alcune zone. Anche il consiglio di sicurezza nazionale tunisino, presieduto dal presidente della Repubblica, Béji Caïd Essebsi, ha adottato la nuova strategia nazionale antiterrorismo basata su quattro assi principali: protezione, prevenzione, azione giudiziaria e risposta agli attacchi. SANA’A, 9. Sei membri di Al Qaeda nella penisola arabica sono stati uccisi ieri in un’operazione terrestre e in raid aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita — che sostiene le forze del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi contro i ribelli huthi — nei pressi della città di Mukalla, nel sud-est dello Yemen. Un responsabile delle forze di sicurezza A cinque anni e mezzo dal disastro nucleare Costi più alti per bonificare Fukushima TOKYO, 9. I costi per bonificare il territorio colpito dalla tremenda catastrofe di Fukushima — nel marzo del 2011 — aumenteranno di almeno una volta e mezzo rispetto a quelle che erano le stime iniziali. Lo ha reso noto la televisione pubblica giapponese Nhk, secondo la quale circa 19,5 miliardi di dollari (17,4 miliardi di euro) sono stati già spesi per il processo di decontaminazione fino al marzo di quest’anno. Ma il ministero dell’ambiente nipponico e l’agenzia per la ricostruzione hanno anticipato che altri 17 miliardi di dollari saranno necessari per completare la pianificazione. L’operatore che gestisce la disastrata centrale nucleare di Fukushima Daiichi, la Tokyo electric power (Tepco), sarà responsabile per la maggior parte dei fondi per i lavori di bonifica, spiega ancora l’emittente televisiva. Il governo, nel frattempo, intende cedere sul mercato la partecipazione azionaria che ha rilevato dalla Tepco nel 2012, ma, secondo gli analisti, i titoli dell’operatore che gestisce l’impianto atomico dovrebbero triplicare di valore per coprire le spese stabilite per il ripristino dell’intera area. Le autorità — rilevano gli esperti del settore — hanno citato i costi del personale tra le maggiori cause dell’incremento degli oneri. L’esecutivo di Tokyo, inoltre, ha ammesso che oltre 10 miliardi di dollari dei contribuenti giapponesi saranno utilizzati per realizzare gli stabilimenti di stoccaggio delle scorie radioattive generate dall’intero processo di decontaminazione della regione. L’11 marzo del 2011, la centrale nucleare di Fukushima venne praticamente distrutta da un terrificante terremoto e dal successivo tsunami. ha inoltre aggiunto che altri quattro terroristi sono stati catturati e un certo numero di fondamentalisti feriti. Dopo essere stati costretti a fuggire da Mukalla i combattenti di Al Qaeda si sono rifugiati nelle alture che sovrastano la città meridionale e continuano a minacciare una serie di attacchi. Il conflitto che oppone da oltre due anni le forze del presidente Hadi ai ribelli huthi — che secondo l’ultimo rapporto dell’Onu ha già causato oltre 7000 morti, circa 37.000 feriti e non meno di tre milioni di sfollati — ha aiutato Al Qaeda ma anche i miliziani del cosiddetto stato islamico (Is) a rafforzare la loro presenza nel sud e nel sud-est del paese. Gli Stati Uniti considerano Al Qaeda nella penisola arabica come la branca più pericolosa della rete terroristica a livello globale. Svolta di New Delhi sulle rupie Un gruppo di scienziati e giornalisti durante un sopralluogo a Fukushima Violenze contro gli indù bengalesi DACCA, 9. Almeno dieci persone sono state arrestate nelle ultime ore in Bangladesh nell’ambito di una serie di attacchi a templi e case di residenti di religione indù. Assalti, ricordano fonti locali riprese dalle agenzie di stampa internazionali, che ormai si ripetono dal 30 ottobre scorso. Teatro principale delle violenze — riferisce il portale di notizie BdNews24 — è Nasirnagar, nel distretto centro-orientale di Brahmanbaria, dove una settimana fa centinaia di persone hanno commesso numerosi atti vandalici nei confronti di una decina di templi e un centinaio di abitazioni private, motivati come vendetta per un presunto atto di blasfemia che sarebbe stato commesso da un pescatore attraverso facebook. Nonostante le oltre cinquanta persone arrestate nei gior- ni scorsi per cercare di frenare gli attacchi, la notte scorsa gruppi di musulmani sono tornati ad assaltare e incendiare luoghi di culto e case di indù a Nasirnagar. In seguito, le forze dell’ordine, ha reso noto il commissariato locale di polizia, hanno arrestato almeno dieci dei responsabili. I danni provocati, ricordano i media bengalesi, riguardano 15 templi e almeno 100 case, mentre la polizia ha arrestato il pescatore indù, accusato — informa il quotidiano «Dhaka Tribune» — di avere postato su facebook una rappresentazione, considerata blasfema, del dio indù Shiva seduto sulla Kaaba di Al-Masjid Al Haram della Mecca, la moschea più sacra dell’islam. Manifestazioni di protesta sono previste nelle prossime ore. NEW DELHI, 9. Con un annuncio a sorpresa, che ha gettato nel panico decine di milioni di persone, il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha annunciato che da oggi le banconote da 500 e 1000 rupie (6,7 e 13,5 euro) non avranno più valore legale. Una misura, scrive l’agenzia di stampa Ians, che mira a combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Per cercare di mitigare la preoccupazione della popolazione, abituata prevalentemente a pagare i propri acquisti in contanti, anche per cifre importanti, Modi ha assicurato ieri sera in un discorso televisivo che quantitativi illimitati di queste due banconote potranno essere depositati in conti bancari e postali dal 10 novembre e fino al 30 dicembre. Le banconote rottamate, ha aggiunto il primo ministro alla tv, saranno sostituite da nuovi biglietti da 500 e 2000 rupie. Tutte le banche e gli sportelli bancomat sono chiusi fino a domani, a sostegno di una misura che è stata fortemente criticata dall’opposizione, ma appoggiata dagli ambienti finanziari e industriali del paese asiatico. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 10 novembre 2016 In un film di Michele Placido la battaglia delle donne per il diritto al lavoro Sette minuti di EMILIO RANZATO n’azienda tessile si salva dalla chiusura grazie al suo acquisto da parte di una multinazionale. Anche il lavoro di tutte le operaie sembra al sicuro, ma i nuovi dirigenti chiedono di inserire nel contratto una clausola che prevede di dimezzare la pausa pranzo. Fra le undici operaie chiamate a prendere una decisione per tutte, all’inizio c’è grande sollievo, persino entusiasmo. Poi però qualcuna di loro comincia a ricredersi, e a capire che dietro quei sette minuti di lavoro in più si nasconde una battaglia per i diritti sul lavoro dalla portata molto più ampia di quanto non sembri. U Il cast del film L’omonima opera teatrale di Stefano Massini da cui questo Sette minuti è tratto, non fa molto mistero di ispirarsi a La parola ai giurati (Sidney Lumet, 1957), oltre che a una storia realmente accaduta. Quando si prendono in prestito idee altrui, per di più così famose, l’importante è fare qualcosa di almeno parzialmente diverso e soprattutto che vada per certi versi oltre. Ed è questo il caso. Perché se lì avevamo una situazione sostanzialmente contingente, anche se emblematica e piuttosto rappresentativa della società americana dell’epoca, qui l’esperienza delle protagoniste si riverbera direttamente su una scala molto più ampia. La loro scelta avrà infatti oggettive ripercussioni sul lavoro di altre lavoratrici, del presente e del futuro. Perché quei sette minuti di lavoro in più, moltiplicati per tutte le operaie e le impiegate, e moltiplicati per ogni giorno di lavoro, equivalgono a una mole produttiva che permetterebbe ai dirigenti di non dover assumere altre lavoratrici. Accettare quella condizione significa dunque lasciare a casa altre donne. Inoltre perdere terreno sul piano dei diritti metterebbe in posizione di svantaggio le generazioni successive, che partirebbero già da quell’ingiusto status quo per poi sentirsi richiedere magari altri sacrifici ancora. Al piano sociale si sovrappone allora per le protagoniste quello esistenziale. Perché la decisione a cui sono chiamate è anche una presa di coscienza di una realtà più ampia di quella che vivono ogni giorno. Si tratta di un percorso di apertura verso il prossimo. Anche nell’alter ego del personaggio che era stato interpretato da Henry Fonda, ovvero quello che intende far cambiare opinione agli altri, c’è uno sviluppo importante. Qui Ottavia Piccolo è la portavoce del consiglio di fabbrica, ed è dunque chiamata in causa in prima persona. I dubbi delle sue colleghe sulle trattative che avrebbe potuto tentare o che forse non ha fatto con la dovuta convinzione, questa atmosfera di diffidenza reciproca, sono già il sintomo di un ambiente lavorativo che ha iniziato a degradarsi da tempo. Il suo è dunque un personaggio di maggior spessore, perché porta già su di sé anni di battaglie spesso perse. Il riferimento alle generazioni future, fra l’altro, giustifica dal punto di vista simbolico anche la sequenza del parto che coinvolge il personaggio di Cristiana Capotondi proprio in quelle ore decisive. Un tocco melodrammatico di cui qualcuno si è lamentato, soprattutto rapportando il film all’asciuttezza di omologhi del cinema d’autore europeo, ovvero di autori come Loach e Dardenne. Ma i toni un po’ gridati e le tinte sanguigne, fra l’altro tipici delle regie di Michele Placido, creano qui un significativo contrasto con i numeri e i calcoli in cui sono impegnate le protagoniste, come a dire che è assurdo pensare di poter contenere la vita all’interno di certi schemi cartesiani. Su un piano più emozionale, legittimo per un cinema che vuole evidentemente essere anche popolare, il regista se ne serve poi per marcare una netta distanza dalla freddezza della nuova dirigente francese. Laddove proprio in Francia — come ci informa un’epigrafe finale — è accaduto l’episodio reale che ha ispirato l’opera teatrale di partenza. In ogni caso, meglio indulgere nel melodramma che nel politicamente corretto. Un rischio che era dietro l’angolo e che la sceneggiatura — firmata dal regista e dallo stesso Massini — ha invece il coraggio di evitare. In nome della credibilità sociologica, non si fanno dunque sconti alle protagoniste immigrate, descritte nettamente come le meno coraggiose. Un difetto che viene comunque adeguatamente spiegato e che ha solo la conseguenza di rendere questi personaggi in maggiore difficoltà ancora più veri. La decisione a cui le protagoniste sono chiamate è anche la presa di coscienza di una realtà più ampia Si tratta di un percorso di apertura verso il prossimo Al di là dei significati, comunque, il film è soprattutto una performance tecnica e interpretativa. Decisiva dunque per la sua riuscita è la bellissima prova di tutto il cast, che oltre a Piccolo e Capotondi comprende Ambra Angiolini, Violante Placido, Clémence Poésy, Blakissa Maiga, Sabine Timoteo, Maria Nazionale, Erika D’Ambrosio. Sorprende particolarmente la prova davvero disinvolta di Fiorella Mannoia, che d’altronde vanta sporadici trascorsi sul set. Placido, che interpreta il proprietario dell’azienda prima della vendita, poteva magari ritagliarsi un personaggio più incisivo, ma dirige con ottimo ritmo non facendo mai avvertire l’origine teatrale della storia. E firma uno dei suoi film migliori. Sicuramente il più lineare e coeso. Storia di un bambino con la sindrome di Down Non lacrime ma gioia Pubblichiamo un articolo uscito su «El País» del 5 novembre. di MARGOT MOLINA «Devo confessare che sapere che mio figlio può avere la sindrome di Down genera in me paura e una sorta di rifiuto». «Il giorno in cui sei nato (…) ci siamo abbracciati piangendo, accettandoti così com’eri, ma in quel momento provavo un misto di sentimenti che offuscavano la gioia che il tuo arrivo nella vita si meritava. Sapendo quello che Quando seppero che il figlio aveva un cromosoma in più i genitori — un’attrice e un regista — provarono un senso di rifiuto Ma poi ci fu spazio solo per la felicità oggi so, grazie a te, se potessi rivivere quel giorno, non ci sarebbero lacrime, né paura, né angoscia, ma solo gioia di averti finalmente tra noi». Tra queste due affermazioni ci sono sei anni, centocinquanta ore di registrazione, molti sorrisi, qualche lacrima, e soprattutto c’è Jan. È lui il protagonista del documentario La historia de Jan, uscito il 4 novembre in Spagna, un film con il quale i genitori, l’attrice Mónica Vic e il montatore e realizzatore Bernardo Moll, hanno scongiurato la paura da loro provata quando hanno saputo che il figlio era nato con un cromosoma in più. «Jan è nato il 4 novembre del 2009 e il 14 dicembre, dopo che ci hanno confermato che aveva la sindrome di Down, ho iniziato a scrivere un blog (lahistoriadejan.com) su tutto quello che stavamo vivendo. È stato un momento molto duro, ero disorientato, allora ho pensato che esprimere i miei sentimenti, scriverli, mi avrebbe aiutato a superarlo. Giravo video continuamente per condividerli con la famiglia e le avventure di Jan piacevano a tutti, così ho comprato una videocamera più buona e nel 2010 ho iniziato a girare, consapevole di volerne fare un film», racconta Bernardo Moll, che ha trasformato la vita della sua famiglia nel suo primo lungometraggio. In precedenza aveva curato il montaggio di film come Un año en la luna, di Antonio María Gárate, e El amor se mueve, di Mercedes Afonso Padrón. Il documentario, che sarà proiettato in ventiquattro sale spagnole, narra la vita di Jan Moll da prima della nascita fino all’età di sei anni, e l’uscita proprio il 4 novembre è stata il regalo per il suo settimo compleanno. «La prima volta che Jan ha guardato il documentario e ha visto tutti i baci che gli davamo quando era piccolo, è venuto verso di noi e ci ha baciati per un bel po’. Il film gli piace moltissimo e se lo lasciassimo fare lo rivedrebbe in continuazione» commenta Mónica Vic, che aveva deciso di non sottoporsi all’esame dell’amniocentesi — che individua la possibile malattia genetica del feto — perché c’era rischio di aborto e perché la percentuale di probabilità che il figlio avesse la sindrome di Down era molto bassa. «Vederti esposta così, nella tua intimità, è molto diverso dall’interpretare un personaggio. È la tua vita e devi superare una barriera di pudore. Ma avevamo fatto un accordo: lui realizzava il documentario e poi lo faceva vedere a me per prima, di modo che se c’era qualcosa che non mi piaceva la poteva togliere. Anche se quando l’ho visto ho capito subito che non potevo fare l’egocentrica e togliere un primo piano perché ero venuta brutta o grassa; perciò il film è uscito così come Bernardo l’ha fatto» confessa l’attrice, la quale, oltre a questo film, dove interpreta se stessa, ha partecipato ad altri due in uscita fra breve a Madrid, Our Town (al Tetro Fernán Gómez) e Povorones (al Lara). Ridurre le centocinquanta ore di registrazione ai novantacinque minuti che dura il film è stato un lavoro difficile che però ha già recato frutti, non solo nell’ambito della famiglia e tra quanti seguono il blog, ma anche nel Festival del Cinema di Malaga, dove è stato presentato lo scorso 28 aprile in una sezione dedicata ai documentari, ricevendo una calorosa accoglienza e critiche molto positive. Il progetto, che è iniziato con una campagna di crowdfunding a cui hanno partecipato settecento persone, ha potuto contare anche sulla coproduzione di A Contracorriente Films y Enrique Cerezo. Il budget è stato di 200.000 euro, 30.000 dei quali raccolti con la campagna di micro-mecenatismo. Il piccolo Jan Sguardi a confronto Quando Kaja, figlia di un fotografo professionista polacco, parte per una gita scolastica, naturalmente porta con sé una macchinetta fotografica. Suo padre si aspetta che la figlia torni con decine di scatti, affascinata come tutti dalle tante possibilità offerte dalla tecnologia e desiderosa di condividere i suoi ricordi. Ma al rientro di Kaja, papà Sebastian scopre che le foto sono in tutto solo cinque e testimoniano quelli che per la figlia sono stati i momenti chiave del viaggio: il paesaggio in movimento (visto dal finestrino del treno), la riva del mare, il mare, una nuvola a forma di angelo — la ragazza sostiene di aver visto in quel momento il suo angelo custode — e il gelato mangiato a fine gita. Ogni scatto era stato scelto con cura e in modo consapevole, ed era quindi chiaro che rappresentava una cosa importante per la fotografa. Ciò che ha colpito Sebastian è stato il grande rispetto della figlia per l’arte della fotografia e la forza dei suoi messaggi. Anche se lui non le aveva mai insegnato nulla e sebbene lo strumento usato fosse semplicissimo, la ragazza, una diciassettenne con la sindrome di Down, ha dimostrato di avere il grande dono di saper vedere l’essenziale. Da quest’esperienza è nato il progetto «Sguardi a confronto». Padre e figlia hanno utilizzato questa volta macchine più sofisticate, impostate ogni volta allo stesso modo, e si sono impegnati in un “duello” che consisteva nel fotografare gli stessi oggetti. Hanno scelto i posti più disparati perché Sebastian voleva scoprire che cosa Kaja vedesse attraverso l’obiettivo, in città, nel bosco, in montagna, la mattina presto o al tramonto. Le loro fotografie a confronto, frutto di questa sfida, si possono vedere sulla pagina internet di Sebastian Łuczywo sebastianluczywo.pl. Intanto la fotografia è diventata la grande passione di Kaja, che insieme al suo papà sta pensando a nuovi progetti. (dorota swat) L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 10 novembre 2016 pagina 5 La vetrata istoriata della Trinity Chapel raffigurante Becket con in mano il salterio La lezione del latino Sono le parole a scegliere noi di IVANO DIONIGI uale lo stato di salute della parola oggi? Da più parti e con sempre maggiore intensità si leva corale un lamento che sembra fare eco all’autore anonimo Del Sublime (44, 1) sulla «generale povertà di discorsi che domina il nostro tempo»: la parola oggi rischia di non esserci amica; isola e non comunica, affanna e non consola, uccide e non salva. La possiamo ritrovare chiara e distinta nella scienza oppure originaria e interrogante nella poesia, nella filosofia, nella teologia, non però nell’esperienza quotidiana, dove, inghiottita dall’imperante legge della velocità e dal delirio del fare, è ridotta a vocabolo, slogan, merce; e finisce per subire la segregazione — una vera e propria apartheid — dalla realtà, dall’altro, da noi stessi. Come lamentava Frontone (Epistole 1, 2, 7), non scegliamo con cura le parole migliori (optima), ma sono loro che scelgono noi e che «ci vengono incontro per via»: sono le parole «ovvie» (obvia). Al contrario piene di significato (significantia) sono le parole «insperate» e «impensate» (insperata atque inopinata verba): quelle che contraddicono l’attesa e l’opinione di chi ci ascolta o ci legge (4, 3, 3 praeter spero atque opinionem audientium eut legentium). Noi oggi abbiamo bisogno, non meno che dell’ecologia ambientale, di una ecologia linguistica, che ci faccia scoprire la differenza tra «vocaboli» e «parole». Una delle cause principali della volgarità attuale è l’incuria delle parole; e parlare scorrettamente, diceva Platone, oltre a essere una cosa brutta in sé «fa male anche all’anima» (Fedone 115 e). Noi scontiamo una quotidiana Babele linguistica quando le nostre parole scadute e derubricate a vocaboli smarriscono la loro identità e capacità comunicativa: con la stessa parola indichiamo cose diverse, e con parole diverse indichiamo la stessa cosa, e soprattutto alcune parole vengono impiegate e addirittura inventate per usi mistificati e false equivalenze. Si pensi ai tanti neologismi, in particolare di ambito economico e militare, quali «legge di mercato» per sfruttamento, «flessibilità» per disoccupazione, «economia sommersa» per lavoro nero, «guerra preventiva» per aggressione, «corridoio di pace» per intervento militare. La stessa politica è ridotta a un problema linguistico, come constatava con amara ironia Pontiggia: «Aumentare le pensioni, diminuire il debito pubblico, difendere lo stato sociale, ridurre il carico fiscale, mantenere i diritti acquisiti, combattere la disoccupazione, incrementare il risparmio, incentivare i consumi. Che cosa è, una sciarada, un rebus, il gioco dei contrari? No, è un programma. Il sogno di ogni politico è far proprie le ragioni del concorrente e sostituirsi a lui. Non sono più partiti (partes), sono totalità. La coabitazione coatta degli opposti, che nella retorica si chiamava ossimoro, è diventata la figura della convivenza ideologica. La politica in Italia è un problema linguistico». Questo uso elusivo, ambiguo, stravolto delle parole era ben noto a Sallustio, storico del I secolo prima dell’era cristiana, testimone del declino politico e morale della Repubblica, il quale per bocca di Catone ammoniva: «Abbiamo smarrito i veri nomi delle cose» (Catilina Q Identificato un codice appartenuto a san Tommaso Becket Il salterio dell’arcivescovo di GABRIELE NICOLÒ uando fu assassinato, nel 1170, Thomas Becket aveva in mano il suo libro di Salmi personale: lo stesso manoscritto che lo storico Christopher de Hamel afferma di aver trovato nella Parker Library di Cambridge. La tesi sostenuta dallo studioso è scaturita da una conversazione, poi rivelatasi illuminante, con un collega che gli aveva mostrato un’annotazione contenuta nel Sacrists’ Roll della cattedrale di Canterbury, risalente al 1321. Questa pergamena fornisce una dettagliata descrizione del salterio che, rilegato con pietre preziose, era conservato come una reliquia nella tomba del santo arcivescovo inglese. Christopher de Hamel, citato dal «Guardian», afferma che in quel momento ha avuto un’intuizione. La descrizione corrispondeva perfettamente a un codice dei Salmi che aveva già visto e analizzato: si trattava appunto del manoscritto conservato nella Parker Library. Lo storico dunque si dice convinto che si tratta dello stesso manoscritto custodito nel reliquiario di Becket. Secondo una nota del XVI secolo, come ha ricordato Alison Flood sul «Guardian», quel salterio un tempo era appartenuto all’arcivescovo ma secondo Christopher de Hamel «gli studiosi hanno sempre pensato si trattasse di un’ipotesi senza fondamento, trascurando così il decisivo legame tra l’annotazione del Sacrists’ Roll e il manoscritto conservato nella Parker Library». In un articolo pubblicato sulla «Saturday’s Guardian Review» Christopher de Hamel — autore di un libro che sta riscuotendo grande successo in Gran Bretagna, Meetings with Remarkable Manuscripts — sostiene che il salterio fu copiato a Canterbury all’inizio dell’XI secolo. Venne trascritto per Alphege, arcivescovo dal 1005 al 1012, che venne trucidato dai vichinghi a Greenwich: venerato come santo sia dalla Chiesa cattolica che, più tardi, dalla Chiesa anglicana, Alphege fu il personale patrono di Becket, che per lui nutriva una grande devozione. L’annotazione del Sacrists’ Roll attesta che il salterio appartiene all’arcivescovo di Canterbury, cioè Alphege, e che si tratta di un codice per uso personale. «Sono convinto — afferma lo storico di Cambridge — che Becket s’imbatté in questo libro e che, in segno di fedeltà al suo amato patrono, ne prese subito possesso». Corrobora questa tesi un particolare certamente non trascurabile: la vetrata istoriata della Trinity Chapel a Canterbury mostra l’arcivescovo con in mano un libro che ha le stesse dimensioni del salterio in questione e quella stessa raffinata rilegatura decorata con pietre preziose. La vetrata è situata sopra il reliquiario di Becket ed è quasi contemporanea al martirio del santo. Sotto il regno di Enrico VIII, il reliquiario venne distrutto. «Ovviamente — afferma lo studioso — chi realizzò quella vetrata Q intese mostrare ciò che era contenuto nel reliquiario, obbedendo anche a una strategia di marketing. E quando la sepoltura fu distrutta, nulla che in essa era conservato si salvò, eccezion fatta per il salterio». Numerosissimi fedeli che giungevano nella cattedrale inglese — tra loro Geoffrey Chaucer, che nei celeberrimi Canterbury Tales descrisse quei pellegrinaggi alla tomba del popolarissimo martire — videro nel salvataggio del salterio il segno di una precisa volontà divina. La tesi di Christopher de Hamel, incentrata sulla presenza del codice al momento dell’assassinio, aggiun- Secondo Christopher de Hamel il libro dei salmi un tempo custodito nel reliquiario dell’arcivescovo è ora conservato alla Parker Library di Cambridge ge un particolare toccante alla tragica fine di Becket, subito visto come simbolo della difesa della fede contro l’assolutismo politico. Tratto, questo, reso magistralmente nel notissimo dramma di Thomas Stearns Eliot Murder in the Cathedral (1935), che raffigura la radicale contrapposizione tra potere civile e potere spirituale. E in questo contesto il salterio è segno della preghiera che nel personaggio celebrato da Eliot rappresenta una delle caratteristiche di ogni cristiano, soprattutto di quanti sono destinati alla testimonianza estrema del martirio. E come afferma l’arcivescovo nel dramma di Eliot, durante la messa di Natale del 1170 celebrata nella cattedrale di Canterbury, «un martirio è sempre un disegno divino e mai un disegno dell’uomo, perché il vero martire è colui che è diventato lo strumento di Dio e che non desidera più niente per se stesso, neppure la gloria di essere un martire». E questa affermazione sembra richiamare i versi del terzo canto del Paradiso dantesco, nell’incontro con Piccarda Donati, E ‘n la sua voluntade è nostra pace che ricordano all’umanità il dovere di conformarsi alla volontà divina, fino all’annullamento di se stessi. Ed Eliot, che per Dante aveva una vera e propria venerazione, riconosce in Becket la figura perfetta in cui esprimere questo concetto. Così, quando i quattro cavalieri irrompono nella cattedrale per ucciderlo (forse su ordine di Enrico II), l’arcivescovo, pur sollecitato dai suoi sacerdoti a fuggire e a mettersi in salvo, rimane al suo posto, pronto, per il bene della Chiesa, a subire il martirio. Prima di essere assassinato, come attestano documenti d’epoca, andò nella sua stanza a indossare per l’ultima volta i paramenti sacri, tra i quali la mitria e l’anello. Tenendo stretto nella mano il suo salterio personale ora identificato da Christopher de Hamel. 52,11 nos vera vocabaria rerum amisimus), per cui «elargire i beni altrui viene chiamato liberalità e la temerarietà nelle male azioni viene detta forza d’animo» (buna aliena largivi liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur); come era stato noto già a Tucidide (V secolo prima dell’era cristiana), modello di Sallustio, il quale individuava nell’uso ingannevole della parola (euprépeia lógou) la sintomatologia perversa (kakotropía) della guerra civile: «Pretesero persino di cambiare la consueta accezione delle parole (onómata) in rapporto ai fatti, sulla base di ciò che ritenevano giustificato. La temerarietà sconsiderata fu ritenuta coraggiosa solidarietà di partito; la prudente cautela, speciosa vigliaccheria; l’equilibrio, ammantata codardia; l’assennatezza in tutto, inerzia verso tutto; l’impetuosa impulsività fu accreditata a un temperamento virile; il riflettere con calma, in nome della sicurezza, a suadente, pretestuosa riluttanza» (La guerra del Peloponneso 3, 82, 4). Ancor più esplicito — e per noi, ahimè, oggi fin troppo sinistramente familiare — è l'atto di accusa di un personaggio dell’Agricola di Tacito (30, 6) contro la voracità imperialistica dei Romani: «Il depredare, il massacrare e il rapinare con falsi nomi li chiamano "impero" (imperium), e dove fanno il deserto lo chiamano "pace" (pax)». Un passo, questo, straordinariamente fortunato fino ai nostri giorni e caro sia ai movimenti pacifisti (in particolare a quello contro la guerra in Vietnam) sia ai leader di Paesi martoriati dalla guerra (il presidente libanese Fouad Sinora lo citerà a Roma, nel luglio 2006, di fronte a Condoleezza Rice). Saranno i pensieri mignon di twitter, sarà la semplificazione comunicativa, sarà una sorta di autofagismo mediatico; a mio parere, questo è il tempo non dei cittadini ma dei padroni del linguaggio. Nel tempo della retorica totale, del rinnovato impero della retorica — dove la parola sembra più che mai essere il destino di ognuno di noi dove i colpi di Stato si fanno a suon di parole prima ancora che di armi —, la vera tragedia è che i padroni del linguaggio mandino in esilio i cittadini della parola. In questa prospettiva la filologia, «la cura e l’amore per la parola», trascende il significato di disciplina specialistica e di mestiere umbratile di pochissimi studiosi, e si eleva a impegno severo e nobile di ogni uomo che non intenda né censurare né censurarsi. Sì, siamo tutti filologi, per natura prima che per educazione, perché — secondo la definizione di Aristotele — l’uomo è «il vivente che ha Il presente non basta Pubblichiamo uno stralcio dal libro Il presente non basta. La lezione del latino (Milano, Mondadori, 2016, pagine 112, euro 16) del latinista Ivano Dionigi, già rettore dell’università di Bologna, che verrà presentato giovedì 10 a Milano. la parola» (Politica 1253a zôon lógon échon), è l’unico animale dotato di parola. Pertanto «la parola è prima, la comunicazione è seconda»; non a caso infatti parliamo di medium e di media. Per significare questa priorità della parola, anzi che l’uomo è la parola e la parola è l'uomo, Lacan conierà il neologismo parlêtre, «parlessere». È questo logos che fonda la società e la polis, facendosi tramite, passaggio, ponte (dia-) tra gli uomini: dia-logos appunto. Nella tragedia di Sofocle, Antigone e Creonte portano alla rovina se stessi e la patria perché mono-loganti e non dialoganti. Entrambi non si fanno attraversare e accomunare dal logos. Dimensione intramondana, questa, ma paradossalmente consonante con la visione biblica per la quale la Parola presiede sia al momento della creazione (Genesi 1, 1) sia a quello dell'incarnazione (Giovanni 1, 1). Cesare Maccari, «Cicerone denuncia Catilina in senato» (1880) Una preghiera di san Martino Pubblichiamo un articolo uscito su «La Croix» del 5 novembre. di MARTIN STEFFENS Simone Martini, «San Martino» (1317) Quando ero bambino, capitava spesso che si dimenticassero di farmi gli auguri per il mio onomastico. Va però detto che il mio onomastico è nascosto sotto l’armistizio dell’11 novembre [1918, ricorrenza francese]. È come il santo che vi si celebra: discreto. Infatti san Martino di Tours, raffigurato a cavallo, con il largo mantello che la sua spada fende in due, fu soprattutto un povero per i poveri. Accettò gli incarichi ecclesiastici proprio come tali, e non come un onore. In questo anno del suo anniversario, è bene che venga onorato: mille e settecento anni fa, lontano dalla Francia, Martino vedeva la luce. Si racconta che al termine della sua vita, spossato per essersi adoperato per Cristo e la sua Chiesa, il vescovo di Tours formulò questa preghiera: «Dio mio, se hai ancora bisogno di me, sono il tuo uomo. Ma se ritieni che ho compiuto il mio dovere, allora, ti prego, sollevami dalle mie funzioni». Il giorno in cui ho scoperto questa preghiera tanti pensieri cupi sono volati via. Dono del mio santo patrono, questa preghiera mi ha sollevato un po’ dalla paura di morire. Perché questa preghiera ci dice: la misura della nostra vita non è il conteggio preoccupato dei nostri anni, ma lo sbocciare di Dio in noi. L’avventura terrena dura finché Dio pronuncia il nostro nome mescolandolo alla storia del mondo. Finirà come si spegne l’eco di un richiamo. Nulla da temere per chi acconsente a essere strumento nelle mani di Dio: “il Dio non dei morti ma dei vivi”, come lo chiama il vangelo di questa domenica, non toglie la vita al suo discepolo né prima, né dopo, né troppo presto, né troppo tardi. Quando si segue Gesù, non si ha più quarant’anni, non si ha più sessanta od ottant’anni: si ha il tempo che si prende per offrire un servizio. Si ha l’età incalcolabile di una storia di amicizia. Si ha la Vita dinanzi a sé. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 10 novembre 2016 Nel documento dell’episcopato portoghese Catechesi adeguata alle sfide dei tempi Trentamila migranti in strutture ecclesiali italiane Educazione all’accoglienza ROMA, 9. «La migrazione è un fenomeno epocale, non passeggero, che cambia la geografia dell’umanità». E in questo senso «la Chiesa è da tempo in prima fila a difesa dei più deboli». È quanto ha ribadito il vescovo ausiliare di Roma e presidente della fondazione Migrantes, Guerino Di Tora, nel corso di un convegno in cui lo stesso presule ha reso noti i dati dell’impegno della Chiesa in Italia sul fronte dell’accoglienza a profughi e immigrati. «A ottobre erano circa 30.000 i migranti accolti in circa 3000 strutture di 199 diocesi», ha detto il presule, per il quale «si tratta di una accoglienza letteralmente ramificata in strutture piccole e grandi». Quello della Chiesa verso i migranti è un impegno che certamente non nasce oggi ma che, indubbiamente, ha ricevuto nuovo robusto impulso dagli appelli di Papa Francesco. Ad aprile, «data del nostro ultimo report — ha spiegato monsignor Di Tora — i migranti ospitati erano 22.600: il 63 per cento nelle strutture di prima accoglienza, il 15 per cento in quelle di seconda accoglienza, il 20 per cento nelle parrocchie, l’1 per cento nelle 175 famiglie che avevano garantito la loro disponibilità». A ciò si aggiunge l’impegno di oltre sessanta istituti religiosi femminili e di molti istituti maschili. L’opera della Chiesa, tuttavia, si scontra non raramente con una cultura segnata da intolleranza, xenofobia e manifestazioni di odio tanto violente quanto ingiustificabili. Per questo, ha sottolineato al riguardo il vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei) Nunzio Galantino, «nel decennio in corso la Chiesa italiana ha assunto l’opera educativa come ambito prioritario di impegno, con l’attenzione a superare i confini parrocchiali e ad allacciare alleanze con le altre agenzie educative, cercando insieme di formare alla cittadinanza responsabile con, in particolare, l’impegno esplicito a superare ogni forma di intolleranza e di conflitto, come pure paure, pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua conoscenza, il dialogo e la collaborazione». Di qui le «numerose iniziative assunte con convinzione e continuità dalle comunità ecclesiali», che «spaziano dalle proposte di percorsi di volontariato e di servizio civile in Italia e all’estero, all’accoglienza di decine di migliaia di immigrati, rifugiati, ri- chiedenti asilo e vittime della tratta». Di pari passo, «vanno le centinaia di progetti sostenuti nel Sud del mondo e rivolti allo sviluppo integrale della persona». Sul fronte dell’impegno culturale, monsignor Galantino ricorda «le iniziative di dialogo interreligioso con ebrei e musulmani, come il sostegno alla campagna per la riforma della legge di cittadinanza, così da riconoscerla alle centinaia di migliaia di bambini e ragazzi figli dell’immigrazione e nati o comunque cresciuti nel nostro Paese: per molti di loro gli oratori e le sale della comunità sono luoghi di incontro e di effettiva integrazione». Nella sola diocesi di Genova — è stato ricordato dal cardinale arcivescovo Angelo Bagnasco nel corso della celebrazione del giubileo dei migranti e dei senza fissa dimora — sono circa ottocento le persone accolte dalle strutture ecclesiali. Per il presidente della Cei, riguardo all’accoglienza dei migranti, «l’Europa potrà fare di più soltanto se ripenserà se stessa e alle sue basi che non possono essere prevalentemente economiche, finanziarie e di profitto, ma devono essere anzitutto fondamentalmente delle basi spirituali e morali». FÁTIMA, 9. Si concluderà domani, giovedì, a Fátima la centonovantesima assemblea plenaria dei vescovi portoghesi. Tra i numerosi temi affrontati la lettera pastorale sul centenario delle apparizioni, il documento dal titolo «La catechesi: la gioia dell’incontro con Gesù Cristo» dedicato, appunto, al rinnovamento della catechesi, e l’eutanasia. Secondo monsignor Manuel Pelino, responsabile della commissione episcopale per l’educazione cristiana e la dottrina della fede, «la catechesi non nasce soltanto dai libri, oggi nasce molto dall’accompagnamento personale». «I catechisti — ha aggiunto monsignor Flavio Giovenale, vescovo di Santarém — rispettano la libertà delle persone e cercano di far sì che i fedeli seguano un cammino che avanza nella luce di una vita più piena, più libera, più fraterna e cercano di costruire un mondo più giusto e più in sintonia con il regno di Dio». Il documento «La catechesi: la gioia dell’incontro con Gesù Cristo», che ha l’obiettivo di incoraggiare la riflessione sulla catechesi contemporanea, è stato distribuito in 50.000 copie e ha raggiunto tutti i catechisti del paese. Servirà indubbiamente anche ad affrontare con il giusto strumento un tema spinoso come quello del fine vita. L’associazione dei medici cattolici portoghesi (Amcp) ha definito in questi giorni la discussione sulla legalizzazione dell’eutanasia, «un segnale della perdita di significato della vita umana. La società civile — sostengono in un documento i medici — non può e non deve consentire che, in nome di un’illusoria autonomia e di una distorta nozione di libertà (che conduce all’individualismo egoista e all’indifferenza nei confronti del prossimo) diventi lecito ciò che è proibito, generando in tal modo un’autentica cultura della morte». La presa di posizione ufficiale dei medici portoghesi costituisce una reazione al primo caso di eutanasia infantile avvenuto in Belgio, e risponde più direttamente alla «petizione per il diritto a morire con dignità» presentata in parlamento dal partito “Bloco de Esquerda”, sostenuta da ottomila cittadini firmatari. L’associazione ricorda an- che l’opinione già espressa nell’ottobre scorso dall’ordine dei medici, nella quale si dichiarava che l’eutanasia pregiudica la dignità della vita umana, e della stessa professione medica. Il messaggio dell’Amcp evidenzia con forza le implicazioni legislative che avrebbe la legalizzazione del suicidio assistito. «Qualunque legge che costituisse un attentato di qualsiasi genere contro la vita — concludono i medici cattolici — porterebbe lo Stato a negare le funzioni di difesa e di protezione delle persone». Una fattoria in Slovacchia per dare speranza BRATISLAVA, 9. Una piccola fattoria che porta il nome di san Giovanni Paolo II ha aperto le porte ai senzatetto nella diocesi slovacca di Banská Bystrica. Il progetto, lanciato e gestito dalla ong cattolica “Il buon pastore”, offre ai bisognosi non solo l’opportunità di lasciarsi alle spalle le loro vecchie e disperate condizioni di vita, ma anche di approfondire la propria fede in Dio. «L’obiettivo del servizio — ha spiegato al Sir padre Martin Dado, direttore dell’arcivescovado di Bratislava — è di offrire loro una terapia in due modi: tramite il lavoro e la preghiera». Il vescovo di Banská Bystrica, monsignor Marián Chovanec, ha benedetto la sede della fattoria, nella quale, all’interno dell’altare della nuova cappella dedicata a san Francesco d’Assisi, sono conservate reliquie di san Giovanni Paolo II. Se- condo monsignor Chovanec questo progetto incentrato sull’agricoltura ha grande significato spirituale e valore simbolico: «La Chiesa cattolica, attraverso l’aiuto disinteressato di sacerdoti e volontari — ha sottolineato — continua a radunare le pecorelle smarrite, persone emarginate in condizioni di estremo bisogno». La fattoria di Bzovik offre alloggio e opportunità di lavoro a quaranta senzatetto e i promotori del progetto sperano di garantire a queste persone una nuova condizione spirituale ed esistenziale. In Slovacchia, un’indagine sui redditi delle famiglie e sulle condizioni di vita pubblicata recentemente dall’Ufficio di statistica, conferma che nel 2015 640.000 persone, che rappresentano circa il 12,3 per cento della popolazione, erano a rischio povertà. Il cardinale Nichols all’incontro della Caritas Social Action Network In Belgio gli alunni scelgono ancora l’ora di religione Senza tetto e detenuti emergenze nel Regno Unito Studiare le fedi per capire l’altro LONDRA, 9. L’attuale emergenza abitativa nel Regno Unito si affronta cominciando dalla prevenzione, ossia intervenendo sulle cause che costringono sempre più persone a vivere per strada o in alloggi di fortuna. È quanto ha dichiarato il cardinale Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, durante il ricevimento annuale in parlamento della Caritas Social Action Network (Csan), la rete delle associazioni caritative cattoliche britanniche. Il numero dei senza fissa dimora in Gran Bretagna è raddoppiato dal 2010 ed è aumen- tato del 30 per cento nel solo 2015. Secondo le stime ufficiali riportate dal quotidiano «The Guardian», ogni notte nel Paese 3569 persone dormono all’addiaccio. A questi — ha osservato il porporato — sono da aggiungere i tanti «homeless nascosti», soprattutto giovani, che riescono a trovare sistemazioni di fortuna temporanee. Per fare a fronte a questa emergenza — ha sottolineato — occorre intervenire prioritariamente sulla prevenzione, perché sono tante le circostanze della vita che espongono le persone al rischio concreto di perdere un tetto sotto cui dormire: difficoltà finanziarie, una separazione, situazioni di tossicodi- pendenza, di alcolismo, la condizione di ex detenuto. I tagli della spesa pubblica di questi anni a sostegno delle famiglie e persone in difficoltà hanno aggravato il problema, aumentando il carico di lavoro sulle charities locali che svolgono una preziosa opera di aiuto ai senza casa. In questo senso, il cardinale Nichols ha salutato positivamente il recente annuncio del ministro per le comunità e le amministrazioni locali, Marcus Jones, di nuovi stanziamenti da parte del suo dicastero per programmi di prevenzione e il finanziamento di alloggi in locazione a prezzi accessibili. Il ministero stanzierà anche 40 milioni di sterline a favore delle organizzazioni caritative. L’arcivescovo di Westminster — riferisce Radio Vaticana — ha ribadito la disponibilità della Chiesa a collaborare più strettamente con le autorità su questo fronte. Nel suo intervento Nichols ha poi parlato dell’emergenza carceri. Le prigioni britanniche, sovraffollate e con elevati tassi di violenza, autolesionismo e suicidi, sono infatti al collasso, come ha ammesso il precedente premier Cameron che lo scorso febbraio aveva dichiarato l’intenzione dell’esecutivo di presentare un progetto di riforma del sistema penitenziario per migliorare la drammatica situazione degli oltre 85.000 detenuti nel Paese. Proprio al tema della riforma carceraria — ha concluso il porporato — è dedicato un nuovo documento della Conferenza episcopale inglese e gallese dal titolo «The Right Road» («La strada giusta»). BRUXELLES, 9. Entrata nel programma scolastico a partire dal primo ottobre scorso, la nuova materia “Educazione alla filosofia e alla cittadinanza” non ha registrato in Belgio un elevato numero di partecipanti fra le bambine e i bambini delle scuole primarie. Il nuovo corso sostituisce, per chi lo desidera, la seconda ora di insegnamento religioso, prevista da una legge del 1958 che disciplina la materia. A partire da quest’anno scolastico — riferisce il sito protestante riforma.it — i genitori potevano dunque scegliere se far frequentare ai propri figli la classica seconda ora di religione, o meglio di storia delle religioni, o se sostituirla con il nuovo insegnamento proposto dal ministero dell’istruzione. Molte associazioni laiche del paese avevano portato avanti una massiccia campagna di sensibilizzazione volta a promuovere il corso di filosofia alla cittadinanza. Le comunità religiose si erano allarmate, tanto da scrivere una lettera pubblica nella quale protestanti, cattolici, ortodossi, ebrei e musulmani avevano esortato i genitori a non accantonare l’insegnamento delle religioni, fondamentale per comprendere in cosa crede il proprio vicino di casa, il proprio compagno di banco, e attraverso il dialogo e la comprensione superare i muri di odio che caratterizzano purtroppo i nostri tempi. L’appello deve aver evidentemente fatto centro, tanto che solamente l’otto per cento degli studenti belgi ha chiesto di partecipare alle nuove lezioni. Secondo monsignor Guy Harpigny, ve- scovo di Tournai e responsabile dei corsi di religione cattolica, l’ora di religione aiuta «a sviluppare in maniera essenziale domande di senso a partire dalle diverse tradizioni religiose; contribuisce a decostruire i discorsi radicali; accompagna gli studenti ad aprirsi alla dimensione spirituale dell’esistenza e a lavorare attivamente all’incontro dell’altro». Fra i firmatari degli appelli vi sono, tra gli altri, monsignor Jozef De Kesel, arcivescovo di Mechelen-Bruxelles e presidente della Conferenza episcopale, il metropolita Atenagora della Chiesa ortodossa in Belgio, Philippe Markiewicz, presidente del Concistoro centrale israelita del Belgio, Salah Echallaoui dei musulmani del Belgio, il pastore Stephan Fuite, presidente della Chiesa protestante unita del Belgio, e Geert Lorein, presidente del Sinodo federale delle Chiese protestanti ed evangeliche belghe. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 10 novembre 2016 pagina 7 All’udienza generale di mercoledì 9 novembre, in Piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi: Causa di beatificazione e canonizzazione della serva di Dio madre Maria Anselma Viola (al secolo Palmira) Da diversi Paesi: Religiosi Stimmatini; Suore di Santa Caterina da Siena. Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Santa Maria della Rosa, in Malpaga di Calvisano; San Lorenzo, in Parabiago; Sant’Agata, in Santhià; San Bartolomeo, in Borgomanero; San Grato, in Cafasse; San Desiderio, in Fiano Torinese; Beata Vergine del Carmine, in La Spezia; San Giovanni Battista, in Coriano; Santa Lucia e Sant’Agata, in Cepagatti; Santa Maria del Carmine, in Quadroni; Santa Maria Assunta, in Maenza; Immacolata, in San Felice Circeo; San Michele Arcangelo, in Fornelli; Maria Santissima Addolorata, in Rutigliano; Tutti i Santi, in Mesagne; San Tammaro, in Grumo Nevano; Santo Stefano, in Tuoro di Caserta; Santa Barbara, in Salento; San Pietro; Santo Stefano, in Sala Consilina; Santa Maria delle Nevi, in Celle di Bulgheria; Santa Maria Assunta, in Bella; San Rocco, in Calderà di Barcellona Pozzo di Gotto; Santa Maria degli ammalati, in Acireale; Sant’Anna, in Modica; San Giuseppe, in Catania; Sant’Ansano a Dofana, in Castelnuovo Berardenga; San Paolo, in Montecchio Maggiore; San Ciriaco, in Foglianise; San Pietro, in Fondi; Nostra Signora di Lourdes, in Cusinati di Rosà; gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Caselle Landi, Meleti, Taggia, Grugliasco, Tirli e Castiglion della Pescaia; Militari del terzo Reggimento «Reos», di Viterbo; Confraternita del Santissimo Sacramento, di Leverano; Associazione “La Fenice”, di Taranto; Associazione Immacolata sorgente di grazia, di Floresta; Associazione Thalassemici, di Brindisi; Associazione cuochi e scuole alberghiere della Campania; Associazione genitori uniti contro la sindrome di Rett, da Campania e Basilicata; Associazione volontari ospedalieri, dal Veneto; Associazione Fidapa, di Barcellona Pozzo di Gotto; Associazione Fondatrice delle Suore Missionarie Catechiste di Gesù Redentore EDITTO Gruppi di fedeli all’udienza generale Paroisse St. Hugues en Brionnais; Paroisse de la Nativité; Paroisse Sainte Marie sous Dun, Doyenne du Brinnais; Collège Fénelon-SainteMarie, de Paris; Collège Notre Dame de Sion; Einsegnement catholique de Nice, Meurthe, Moselle et Morbihan; Institution Notre Dame de Sainte Croix, de Neuilly-sur-Seine; Equipe du Rosaire, de Paris; groupe de Chevaliers du Saint Sépulcre, d’Arles; groupe de pèlerins de Sainte-Pazanne; Paroisse SainteMarie, en Herminois. From England: Pilgrims from the following parishes: Our Lady of the Rosary Parish, London; St Mary, Loughborough, London; Prison chaplains and chaplaincy assistants from the Diocese of Arundel & Brighton, accompanied by Bishop Richard Moth. From Denmark: Students and staff from: Sisters of St Joseph Catholic School, Nykobing St Norbert’s Catholic School, Vejle. From Finland: Students and staff from «Etlâ-Tapiola» Secondary School. From Sweden: Pilgrims scuola calcio Valtordino; Associazione Orfeo, di Crema; Gruppo Volontari Croce Azzurra, di Lanciano; Gruppo caritas Diocesi di Livorno; Gruppo Il Giubileo del mare e il camminamento dell’anima, di Fossanova; Gruppo dell’Ordine internazionale dei discepoli di Auguste Escoffier; Confartigianato Imprese Provincia di Lodi; Casa di cura Villa Rachele, di Caivano; Gruppo «Amici miei» della Diocesi di Ferrara-Comacchio; Centro sportivo italiano, di Massa; Centro internazionale Antinoo per l’arte; Gruppo Compagnia di Maria Chiara, di Verona; Comunità dei Servi di Maria di Montesenario, Vaglia; Gruppo Le mamme degli angeli, di Frosinone; Gruppo Accademia della risata, di Urbino; Gruppo Arca Lombardia; Gruppi di studenti: Liceo Cavour, di Roma, e «Trinitas College», dall’Olanda; Istituto Levi, di Irsina; Istituto Diotti, di Casalmaggiore; Istituto Moro, di Montesarchio; Istituto Pilla, di Campobasso; Istituto Marchetti, di Senigallia; Istituto Severi-Guerrisi, di Gioia Tauro, Palmi; con il Vescovo di Oppido Mamertina - Palmi, Francesco Milito; Scuole della Fondazione Gerine Fabre, di Siena; Scuola Immacolata Concezione, di Avellino; Scuola Sant’Onofrio, di Rimini; Scuola Settembrini, di Roma; Gruppi di fedeli da Sala Consilina, Varese, Marsala, Piacenza-Bobbio, San Candido, San Demetrio ne’ Vestini, Villa Sant’Angelo, Casale Monferrato, Domodossola, Vaprio d’Adda, Briosco, Tramonti, Rio Marina. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Croazia; Repubblica Ceca; Slovacchia; Lituania. I polacchi: Pielgrzymi z parafii: Miłosierdzia Bożego ze Starogardu Gdańskiego; uczestnicy pielgrzymki Szlaku Papieskiego «Tajemnice światła» z diecezji ełckiej; pielgrzymi indywidualni. De France: Groupes de pèlerins des Diocèses d’Angers, Auch, Tulle; Paroisse Saint-François de Sales, de Paris; Paroisse de Villemur-sur-Tarn; from Voxtorp, Lutheran Church of Sweden Parish, Diocese of Vaxő. From Hong Kong: Students and staff from Island School. From Indonesia: Pilgrims from: St Laurentius Church, Alam Sutera; St Albertus Church, Bekasi; St Michael the Archangel Church, Marilao, Bulacan; St Christopher Church, Grogol, Jakarta; Alumni from St Ursula Catholic School, Jakarta. From Vietnam: Vietnamese pilgrims living in England and the United States. From Canada: Pilgrims from St Anthony of Padua Church, Brampton, Ontario; Indonesian Community pilgrims from St Anselm Church, East York, Ontario; Pilgrims from St Jude’s Parish and Shrine, Vancouver, British Columbia. From the United States of America: Pilgrims from: Archdiocese of Los Angeles, California; Archdiocese of Miami, Florida; Archdiocese of Kansas City, Kansas; Diocese of Evansville, Indiana; Diocese of Baton Rouge and Diocese of Lafayette, Louisiana; Diocese of Lansing, Michigan; Diocese of Corpus Christi; Diocese of Dallas and Diocese of Fort Worth, Texas; Pilgrims from the following parishes: Christ the King, Bakersfield, California; Santiago de Compostela, Lake Forest, California; Our Lady of Lourdes, Van Nuys, California; Cathedral of San Jose, California; Blessed Sacrament, Waterbury, Connecticut; St Joseph, Lakeland, Florida; St Boniface, Pembroke Pines, Florida; Basilica of St Michael the Archangel, Pensacola, Florida; St John Vianney, Chicago, Illinois; St Teresa, Kankakee, Illinois; St Patrick, Cedar Rapids, Iowa; St Mary, Newton, Kansas; St Joseph, Mayfield, Kentucky; National Shrine of the little Flower, Royal Oak, Michigan; All Saints, Minneapolis, Minnesota; Holy Spirit, Rochester, Minnesota; Our Lady of the Gulf, Bay St Louis, Mississippi; St Andrew, Avenel, New Jersey; Assumption of the Blessed Virgin Mary, Roselle Park, New Jersey; Our Lady of Perpetual Help, Toms River, New Jersey; St Helena, Hobbs, New Mexico; Our Lady of Refuge, Brooklyn, New York; Holy Cross, Bronx, New York; St Francis of Assisi, Newburgh, New York; Our Father of the Angels, Rego Park, New York; Our Lady of Consolation Shrine, Carey, Ohio; Our Lady Help of Christians, Cincinnati, Ohio; St Katherine Drexel, Mechanicsburg, Pennsylvania; St Peter, Beaufort, South Carolina; St Teresa, Bryan, Texas; St Anthony Parish, Corpus Christi, Texas; All Saints, Houston, Texas; St John Neumann, Houston, Texas; St Paul, Houston, Texas; St Mary Magdalene, Humble, Texas; St Mary’s Syro-Malankara Catholic Church, Mesquite, Texas; Blessed Sacrament, Norfolk, Virginia; Pilgrims from: St Gregor Abbey, Shawnee, Oklahoma; Tampa Medical Association; Franciscan Missionaries of Our Lady Health-Care System, Louisiana; Students and faculty from Steubenville Franciscan University, Ohio. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Bartholomäus, Bartholomä; St. Gertrud, Dingelstädt; St. Laurentius, Eberfing; St. Cyriakus, St. Joseph, St. Lambertus und St. Martin, Grevenbroich; St. Peter, Gündlkofen; St. Martin, Hanhofen; St. Felizitas, Lüdinghausen; St. Laurentius, Marmagen; Mariä Himmelfahrt, Memmelsdorf; St. Johannes, Oelde; Herz Jesu, Pforzheim; St. Marien, Rietberg-Varensell; St. Laurentius, Ruhmannsfelden; Mariä Heimsuchung, Sonthofen; St. Jakob, Wallgau; Mariä Himmelfahrt, Weilterbach; Pilgergruppen aus dem Bistum Limburg; Erzbistum München-Freising; Bistum Regensburg; Bistum Rottenburg-Stuttgart; Bistum Trier; Bistum Würzburg; Pilgergruppen aus Bernbeuren; Friedrichsdorf/Taunus; Hohenschambach und Aichkirchen; Ulm; Trier; Diözesanwallfahrten aus dem Bistum Osnabrück in Begleitung von Weihbischof Johannes Wübbe; Das Päpstliche Hilfswerk Kirche in Not; Malteser Hilfsdienst e.V.; Bund der Historischen Deutschen Schützenbruderschaften e.V.; Kolpingwerk Bezirksverband Nordsee; Kirchenchor St. Cäcilia, Groß- Zimmern; Pfarrsekretärinnen aus dem Bezirk Lahn-Dill-Eder und Dillenburg; Freunde der Comboni-Missionare, Neumarkt Opf.; SchönstattPriester, Vallendar; Kolpingsfamilie Hollage, St. Josef, Wallenhorst; Landfrauenverband Bodenseekreis; Leserreise Donaukurier, Ingolstadt; Eifelverein Rheinbach; Heimat- und Förderverein Grafschaft - Schanze e.V., Schmallenberg, Grafschaft; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus folgenden Schulen: Maria-WardRealschule, Augsburg; Max-PlanckGymnasium, Karlsruhe; Don-BoscoSchule, Rostock. Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarreien Petrus Canisius, Brixlegg; Pfarrverband Fallbach, Loosdorf und Hagenberg; Pilgergruppen aus Peuerbach; Wien. Aus der Schweizerischen Eidge- Il 9 gennaio 1983 moriva a Roma la serva di Dio madre Anselma Viola (al secolo Palmira), fondatrice delle suore missionarie catechiste di Gesù Redentore. La serva di Dio, nata a Falvaterra (FR) il 10 aprile 1892, desiderosa di consacrarsi totalmente al Signore, entrò all’età di 23 anni nell’istituto delle «Figlie di S. Anna». Inviata, ancora novizia, per l’America latina, si dedicò all’insegnamento della verità di fede. Svolse la sua missione in Perú e in Bolivia, sempre protesa all’aiuto dei più poveri ed emarginati. «Amore, riparazione ed apostolato» fu il suo motto. Rientrata in Italia, nel 1941 fondò la congregazione delle «Suore missionarie catechiste di Gesù Redentore», con l’intento di dedicarsi alla riparazione e all’istruzione catechistica nell’amata America latina. L’istituto ben presto si estese in Italia e all’estero. Con l’esempio personale indicò alle consorelle l’amore per l’Eucarestia, come centro della vita consacrata e mezzo privilegiato di catechesi e di evangelizzazione. Essendo andata vieppiù aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio alla causa di beatificazione e canonizzazione della serva di Dio, nel portarne a conoscenza la comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al tribunale diocesano del Vicariato di Roma (piazza S. Giovanni in Laterano, 6 00184 Roma) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità della detta serva di Dio, Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali, tutti gli scritti a lei attribuiti, ordiniamo, col presente editto, a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine al medesimo tribunale qualsiasi scritto, che abbia come autore la serva di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla postulazione della causa. Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le opere stampate, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata della serva di Dio. Coloro che gradissero conservarne gli originali, potranno presentarne copia debitamente autenticata. Stabiliamo, infine, che il presente editto rimanga affisso per la durata di due mesi alle porte del Vicariato di Roma, e che venga pubblicato sulla «Rivista diocesana» di Roma, sulla rivista «Frontiera», sulla rivista «Limen», sui quotidiani «L’Osservatore Romano» e «Avvenire» nonché affisso in tutte le chiese della congregazione «Missionarie Catechiste di Gesù Redentore» sparse nel mondo. Dato in Roma, dalla Sede del Vicariato, il 18 ottobre 2016 AGOSTINO card. VALLINI Vicario Generale nossenschaft: Pilgergruppe aus dem Pastoralraum Gäu (Kanton Solothurn). Marcello Terramani Notaro Aus der Provinz Bozen — Republik Italien: Pilgergruppen aus Bozen; Lana. Uit het Koninkrijk der Nederlanden: Pelgrimsgroep uit Voerendaal; St Caecilia Choir, Utrecht. De España: Grupo de Sacerdotes de Andalucía y Canarias; grupo de peregrinos de La Alcarria; Parroquia San André-San Antonio, de Mazarrón. Causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio padre Giovanni Antonio Baldeschi Confondatore dell’Ordine Monastico delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento De México: grupos de peregrinos. De Uruguay: grupo de peregrinos. De Guatemala: grupo de jóvenes. De Nicaragua: grupo de peregrinos. De Argentina: grupos de peregrinos. De Portugal: grupo da Obra nacional da Pastoral de turismo. Do Brasil: grupo da Comunidade Filhos da Misericórdia; grupo de Santa Teresinha. Conferenza internazionale del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari «Per una cultura della salute acco- un ricordo speciale dell’arcivescovo gliente e solidale a servizio delle Zygmunt Zimowski, morto lo scorpersone affette da patologie rare e so 12 luglio, che è stato presidente neglette» è il tema della trentunesi- del pontificio consiglio negli ultimi ma conferenza internazionale pro- sette anni. mossa dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, che si svolge nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano dal 10 al 12 novembre. L’incontro — presentato in conferenza stampa dal segretario e dal sottosegretario del dicastero, monsignor JeanMarie Musivi Mupendawatu e il camilIl libro d’oro del municipio di Altötting firmato dall’arcivescovo liano Augusto ChenZimowski l’11 febbraio 2013 (foto Guillermo Simón-Castellví) di — prevede anche EDITTO Il 10 agosto 1840, moriva a Torre del Greco (NA) il servo di Dio padre Giovanni Antonio Baldeschi, sacerdote della diocesi di Roma e confondatore dell’Ordine monastico delle Adoratrici perpetue del SS. Sacramento. Il servo di Dio, nella sua vita e nel ministero sacerdotale manifestò l’amore verso Dio attraverso un amore immenso all’Eucarestia, dalla quale attinse l’insegnamento di carità verso i più bisognosi, poveri ed emarginati. Per volontà dei superiori passò molti anni a Napoli. Rimase esemplare per la capacità e tenacia nel difendere le cose di Dio nonché per la fedeltà alla Chiesa cattolica. Particolarmente apprezzata fu anche la sua opera come direttore spirituale. Con grande prudenza ed amore guidò spiritualmente la beata M. Maria Maddalena dell’Incarnazione e la serva di Dio M. Giuseppa dei Sacri Cuori, diventando maestro nel seminare l’amore verso il SS. Sacramento della Eucarestia in un’epoca di anticlericalismo ottocentesco. Essendo andata vieppiù aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio alla causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio, nel portarne a conoscenza la comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al tribunale diocesano del Vicariato di Roma (piazza S. Giovanni in Laterano, 6 00184 Roma) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del detto servo di Dio. Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali, tutti gli scritti a lui attribuiti, ordiniamo, col presente editto, a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine al medesimo tribunale qualsiasi scritto, che abbia come autore il servo di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla postulazione della causa. Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le opere stampate, che peraltro sono già state raccolte, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata del servo di Dio. Coloro che gradissero conservarne gli originali potranno presentarne copia debitamente autenticata. Stabiliamo, infine, che il presente editto rimanga affisso per la durata di due mesi alle porte del Vicariato di Roma, e che venga pubblicato sulla «Rivista diocesana» di Roma, sulla rivista «Ianuarius» della curia di Napoli, sulla rivista «Vita della diocesi di Viterbo», nelle chiese dei monasteri dell’Ordine monastico delle Adoratrici perpetue del SS. Sacramento sparsi nel mondo, e sui quotidiani «L’Osservatore Romano» e «Avvenire». Dato in Roma, dalla Sede del Vicariato, il 18 Ottobre 2016 AGOSTINO card. Vallini Vicario Generale Marcello Terramani Notaro L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 10 novembre 2016 Il Papa ricorda il dovere di visitare malati e carcerati Per restituire dignità a chi ha sbagliato Malati e carcerati vivono in una condizione che ne limita la libertà. Per questo devono essere tra i destinatari privilegiati dell’impegno dei fedeli cristiani affinché venga loro restituita la dignità: lo ha detto Papa Francesco in piazza San Pietro proseguendo all’udienza generale di mercoledì 9 novembre le riflessioni sulle opere di misericordia corporali. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! La vita di Gesù, soprattutto nei tre anni del suo ministero pubblico, è stata un incessante incontro con le persone. Tra queste, un posto speciale hanno avuto gli ammalati. Quante pagine dei Vangeli narrano questi incontri! Il paralitico, il cieco, il lebbroso, l’indemoniato, l’epilettico, e innumerevoli malati di ogni tipo... Gesù si è fatto vicino a ognuno di loro e li ha guariti con la sua presenza e la potenza della sua forza risanatrice. Pertanto, non può mancare, tra le opere di misericordia, quella di visitare e assistere le persone malate. Insieme a questa possiamo inserire anche quella di essere vicino alle persone che si trovano in prigione. Infatti, sia i malati che i carcerati vivono una condizione che limita la loro libertà. E proprio quando ci manca, ci rendiamo conto di quanto essa sia preziosa! Gesù ci ha donato la possibilità di essere liberi nonostante i limiti della malattia e delle restrizioni. Egli ci offre la libertà che proviene dall’incontro con Lui e dal senso nuovo che questo incontro porta alla nostra condizione personale. Con queste opere di misericordia il Signore ci invita a un gesto di grande umanità: la condivisione. Ricordiamo questa parola: la condivisione. Chi è malato, spesso si sente solo. Non possiamo nascondere che, soprattutto ai nostri giorni, proprio nella malattia si fa esperienza più profon- da della solitudine che attraversa gran parte della vita. Una visita può far sentire la persona malata meno sola e un po’ di compagnia è un’ottima medicina! Un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per chi sente di essere abbandonato a se stesso. Quante persone si dedicano a visitare gli ammalati negli ospedali o nelle loro case! È un’opera di volontariato impagabile. Quando viene fatta nel nome del Signore, allora diventa anche espressione eloquente ed efficace di misericordia. Non lasciamo sole le persone malate! Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre. Gli ospedali sono vere “cattedrali del dolore”, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione. Alla stessa stregua, penso a quanti sono rinchiusi in carcere. Gesù non ha dimenticato neppure loro. Ponendo la visita ai carcerati tra le opere di misericordia, ha voluto invitarci, anzitutto, a non farci giudici di nessuno. Certo, se uno è in carcere è perché ha sbagliato, non ha rispettato la legge e la convivenza civile. Perciò in prigione, sta scontando la sua pena. Ma qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, egli rimane pur sempre amato da Dio. Chi può entrare nell’intimo della sua coscienza per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso? È troppo facile lavarsi le mani affermando che ha sbagliato. Un cristiano è chiamato piuttosto a farsene carico, perché chi ha sbagliato comprenda il male compiuto e ritorni in sé stesso. La mancanza di libertà è senza dubbio una delle privazioni più grandi per l’essere umano. Se a questa si aggiunge il degrado per le condizioni spesso prive di umanità in cui queste persone si trovano a vivere, allora è davvero il caso in cui un cristiano si sente provocato a fare di tutto per restituire loro dignità. Gli occhi azzurri della piccola Lua Foto di gruppo con Francesco per i bambini abbandonati che a Livorno sono ospitati nella casa famiglia intitolata proprio al Pontefice. I piccoli fanno parte del pellegrinaggio della Caritas della diocesi toscana, giunto a Roma insieme al vescovo, monsignor Simone Giusti. La maggior parte di loro sono i poveri e i bisognosi che quotidianamente trovano sostegno nelle varie strutture disseminate nel territorio. «La loro presenza qui, in questo pellegrinaggio giubilare — ci dice monsignor Giusti — è anche il segno visibile di come sia importante non solo curare il corpo e sanare le ferite fisiche, ma anche alimentare l’anima delle persone». Il giubileo della misericordia, ci spiega il presule, sta lasciando tracce profonde nell’attività della Caritas livornese: oltre ai centri di ascolto operanti sul territorio e al complesso chiamato “Sorgenti di carità” — con un’area dedicata al sostegno delle famiglie, e un’altra con le scuole di avviamento al lavoro — accanto all’opera di accoglienza dei rifugiati e al servizio garantito da Villa Benedetta (casa per ragazze madri), il frutto visibile dell’anno santo sarà una radicale trasformazione del “Villaggio della carità”, con un ampliamento da cinquanta a trecento posti, con la mensa, le docce per i senza tetto e anche alcuni minialloggi per gli sfrattati. In cerca di una carezza e di una parola di conforto sono anche i genitori delle bambine affette dalla sindrome di Rett. Sono giunti da Napoli come rappresentanti dell’associazione nella quale si sono riuniti da qualche mese per sostenersi a vicenda. La sindrome di Rett è una grave malattia neurologica che colpisce le bambine generalmente nel secondo anno di vita, portandole a perdere l’uso della parola e le capacità manuali, seguiti da problemi cardiaci e di deambulazione dovuti ad atrofia muscolare, spesso con ritardi mentali gravi o gravissimi. Le bambine nascono apparentemente sane, ci spiega Agnese, mamma della piccola Lua, 4 anni e occhi azzurri bellissimi con i quali la bimba comunica tutta la vitalità che non riesce a esprimere con la parola. Poi improvvisamente si piomba in una situazione disperata. «Non nascondo che in mezzo a tanta sofferenza mi sono allontanata dalla fede, ma le parole del Papa mi trasmettono amore e speranza» confida la donna. Nel momento di una prova così dura, ci dice la presidente dell’associazione, Giuseppina Luti, la reazione nelle famiglie può essere «o di una fede vissuta ancora più intensamente, o di una sorta di ribellione a Dio». Perciò, conferma, questo pellegrinaggio «è per tutti noi un sollievo per l’anima, un conforto per noi e per le nostre figlie». Nel segno della carità, questa volta testimoniata nelle terre di missione, è anche la presenza di un piccolo gruppo proveniente dalla diocesi di Kielce, in Polonia. Hanno portato con loro una statua di Gesù Bambino per farla benedire da Papa Francesco. L’immagine sarà collocata nel periodo di Natale in un particolare presepe caratterizzato dalla presenza di animali vivi. Il presepe sarà occasione per raccogliere offerte da affidare a missionari in partenza per l’Africa. Grazie a iniziative di questo genere, la diocesi ha finora finanziato la costruzione di due pozzi, uno a Bousso, in Ciad, e uno a Ndim, in Sud Africa. Visitare le persone in carcere è un’opera di misericordia che soprattutto oggi assume un valore particolare per le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti. Nessuno dunque punti il dito contro qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto. Penso spesso ai carcerati ... penso spesso, li porto nel cuore. Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi. Quante lacrime ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati. E non dimentichiamo che anche Gesù e gli apostoli hanno fatto esperienza della prigione. Nei racconti della Passione conosciamo le sofferenze a cui il Signore è stato sottoposto: catturato, trascinato come un malfattore, deriso, flagellato, incoronato di spine... Lui, il solo Innocente! E anche san Pietro e san Paolo sono stati in carcere (cfr. At 12, 5; Fil 1, 12-17). Domenica scorsa — che è stata la domenica del Giubileo dei Carcerati — nel pomeriggio è venuto a trovarmi un gruppo di carcerati padovani. Ho domandato loro che cosa avrebbero fatto il giorno dopo, prima di tornare a Padova. Mi hanno detto: “An- Filippo Lippi, «San Paolo visita san Pietro in prigione» (1485) dremo al carcere Mamertino per condividere l’esperienza di san Paolo”. È bello, sentire questo mi ha fatto bene. Questi carcerati volevano trovare Paolo prigioniero. È una cosa bella, a me ha fatto bene. E anche lì, in prigione, hanno pregato ed evangelizzato. È commovente la pagina degli Atti degli Apostoli in cui viene raccontata la prigionia di Paolo: si sentiva solo e desiderava che qualcuno degli amici gli facesse visita (cfr. 2 Tm 4, 9-15). Si sentiva solo perché la grande maggioranza lo aveva lasciato solo ... il grande Paolo. Queste opere di misericordia, come si vede, sono antiche, eppure sempre attuali. Gesù ha lasciato quello che stava facendo per andare a visitare la suocera di Pietro; un’opera antica di carità. Gesù l’ha fatta. Non cadiamo nell’indifferenza, ma diventiamo strumenti della misericordia di Dio. Tutti noi possiamo essere strumenti della misericordia di Dio e questo farà più bene a noi che agli altri perché la misericordia passa attraverso un gesto, una parola, una visita e questa misericordia è un atto per restituire gioia e dignità a chi l’ha perduta. Nei saluti ai fedeli l’invito a compiere le opere di misericordia Gesti di prossimità Gesti di prossimità nei confronti degli ammalati e dei carcerati sono stati chiesti dal Pontefice anche nei saluti rivolti ai vari gruppi di fedeli al termine dell’udienza generale. Sono lieto di salutare i pellegrini di lingua francese, in particolare il Collegio Fénelon Sainte-Marie di Parigi e tutti i giovani, come pure i fedeli di diverse diocesi e istituzioni. In questo Anno della Misericordia, diveniamo strumenti della misericordia del Signore che compie meraviglie, facendoci prossimi agli ammalati e visitando i prigionieri. Dio vi benedica! Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Danimarca, Finlandia, Svezia, Hong Kong, Indonesia, Vietnam, Canada e Stati Uniti d’America. Con fervidi auguri che il presente Giubileo della Misericordia sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su voi tutti la gioia e la pace del Signore Gesù! Con affetto saluto i fratelli e le sorelle di lingua tedesca venuti da Austria, Germania, Svizzera e Italia, nonché i pellegrini provenienti dai Paesi Bassi. Un particolare benvenuto rivolgo ai fedeli della Diocesi di Osnabrück. Questo Giubileo ci aiuti a vincere la nostra indifferenza e a condividere vita e speranza con coloro che soffrono o non sono liberi. Il Signore vi colmi della sua pace e benedizione. Carissimi pellegrini di lingua portoghese, benvenuti! Nel salutarvi tutti, specialmente i membri dei gruppi e degli enti venuti dal Brasile e dal Portogallo, vi invito a chiedere al Signore una fede grande per guardare la realtà con lo sguardo di Gesù e una carità generosa per accostare le persone con il suo cuore misericordioso. Così Dio benedica voi e le vostre famiglie. Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica. Los animo a que sean valientes y abran el corazón a Dios y a los hermanos, de modo que sean instrumentos de la misericordia y ternura de Dios, que restituye la alegría y la dignidad a quienes la han perdido. Muchas gracias. Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dalla Giordania e dalla Terra Santa. La visita ai malati e ai carcerati porta loro tanto conforto e incoraggiamento affinché non sentano l’amarezza della solitudine. La visita regala anche a chi la compie tanta ricchezza e porta a ringraziare Dio per la grazia della salute e della libertà. Siamo noi ad arricchirci quando ci avviciniamo a coloro che soffrono, perché chi soffre risveglia in noi la certezza della nostra piccolezza e del nostro bisogno di Dio e degli altri. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga dal maligno! Cari pellegrini polacchi, mentre ci avviciniamo alla conclusione dell’Anno Giubilare della Misericordia, ringraziamo il Signore per tutte le grazie che abbiamo ricevuto come dono della Sua divina tenerezza per noi, e preghiamo perché con la forza dello Spirito Santo sostenga i nostri buoni propositi e le nostre opere di carità corporali e spirituali per tutti coloro che ne hanno bisogno. Vi accompagni sempre la Benedizione di Dio. Sia lodato Gesù Cristo! Cari pellegrini di lingua italiana: benvenuti! Saluto i padri della Congregazione delle Sacre Stimmate, che celebrano il bicentenario di fondazione, e le Suore di Santa Caterina da Siena. Saluto il Gruppo Caritas di Livorno; i ragazzi affetti dalla Sindrome di Rett; gli studenti, in particolare quelli dell’Istituto Severi-Guerrisi, accompagnati dal Vescovo di Oppido Mamertina - Palmi, Mons. Francesco Milito, e i militari del terzo Reggimento “Reoas” di Viterbo. Il passaggio della Porta Santa ricordi a ciascuno che solo attraverso Cristo è possibile entrare nell’amore e nella misericordia del Padre, che tutti accoglie e perdona. Un particolare saluto rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la Dedicazione della Basilica Lateranense, la Cattedrale di Roma. Pregate per il Successore dell’Apostolo Pietro, cari giovani, affinché confermi sempre i fratelli nella fede; sentite la vicinanza del Papa nella preghiera, cari ammalati, per affrontare la prova della malattia; insegnate con semplicità la fede ai vostri figli, cari sposi novelli, nutrendola con l’amore per la Chiesa e per i suoi Pastori. Dal Trentino e da Malta L’albero e il presepe in piazza San Pietro Sarà realizzato dall’artista maltese Manwel Grech il presepe che sarà posto in piazza San Pietro durante il periodo natalizio. Accanto alla rappresentazione della natività sarà innalzato il tradizionale abete decorato, quest’anno proveniente dalle foreste del Lagorai in Trentino. A darne notizia è il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano che in un comunicato annuncia l’inaugurazione prevista nel pomeriggio di venerdì 9 dicembre. L’albero e il presepe resteranno illuminati fino alla notte di domenica 8 gennaio. Il presepe, donato dall’arcidiocesi e dal Governo di Malta, riprodurrà un paesaggio tipico dell’isola con 17 figure vestite con abiti folkloristici. Non mancheranno la tradizionale croce maltese e il “luzzu”, l’imbarcazione locale, inserita non solo per rappresentare la pesca e la vita quotidiana, ma anche il dramma dei migranti che solcano le acque del Mediterraneo. Donato dal comune di Scurelle, l’albero è un esemplare di abete rosso alto 25 metri. Al momento del taglio — domenica 13 novembre — i bambini della scuola elementare pianteranno una quarantina di piccoli abeti rossi e larici in una zona poco distante, dove lo scorso autunno erano stati abbattuti alcuni alberi colpiti da un parassita. L’albero, che arriverà in Vaticano nella notte tra il 23 e il 24 novembre, sarà decorato con sfere di argilla raffiguranti disegni realizzati da bambini in cura presso i reparti oncologici di alcuni ospedali italiani. L’illuminazione è stata ideata con un occhio alla tutela dell’ambiente grazie a un sistema a led a basso consumo. Nella mattinata del 9 dicembre le delegazioni maltese e trentina, insieme ad alcuni bambini che hanno realizzato i disegni, saranno presenti in Vaticano per la consegna dei doni.