giovedì 10 novembre 2016

Transcript

giovedì 10 novembre 2016
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 258 (47.393)
Città del Vaticano
giovedì 10 novembre 2016
.
Il Papa invita a visitare malati e carcerati
Ha ottenuto 306 grandi elettori ed è il nuovo presidente degli Stati Uniti
Per restituire
dignità
Il giorno di Donald Trump
Malati e detenuti vivono entrambi
in una condizione che ne limita la
libertà. Per questo devono essere
tra i destinatari privilegiati dell’impegno dei cristiani, affinché venga
loro restituita la dignità. Tre giorni
dopo aver celebrato il giubileo dei
carcerati, all’udienza generale di
mercoledì 9 novembre il Papa è
tornato a parlare delle condizioni
di degrado «spesso prive di umanità in cui si trovano a vivere» queste
persone che hanno sbagliato.
Proseguendo con i fedeli presenti in piazza San Pietro le riflessioni
sulle opere di misericordia corporali, il Pontefice si è dapprima soffermato sul dovere di «assistere le
persone malate: un gesto — ha
spiegato — di grande umanità» e di
condivisione. Infatti «chi è malato,
spesso si sente solo». E una visita
può regalare «un po’ di compagnia». Anzi «un sorriso, una carezza, una stretta di mano» rappresentano nella loro semplicità «un’ottima medicina». Da qui l’elogio dei
I repubblicani conquistano sia il Senato che la Camera dei rappresentanti
volontari che «si dedicano a visitare gli ammalati negli ospedali o
nelle loro case. È un’opera impagabile» che «quando viene fatta nel
nome del Signore, diventa anche
espressione di misericordia».
Quanto ai detenuti, Francesco
ha fatto notare che Gesù, «ponendo la visita ai carcerati tra le opere
di misericordia, ha voluto» invitare
«a non farci giudici di nessuno».
Perché «qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, rimane sempre amato da Dio». In proposito il
Papa ha criticato «le diverse forme
di giustizialismo» e ha invitato a
interrogarsi su cosa abbia portato
queste persone «a delinquere». In
ogni caso, l’importante è far sentire
loro la misericordia di Dio, perché
tutti «hanno bisogno di tenerezza.
Quante lacrime — ha confidato —
ho visto scendere sulle guance di
prigionieri solo perché si sono sentiti accolti e amati».
PAGINA 8
Ghislaine Howard, «Opere di misericordia: visitare i prigionieri» (2014)
WASHINGTON, 9. Donald Trump è il
quarantacinquesimo presidente degli
Stati Uniti. Il primo autorevole
commento della Santa Sede è quello
del segretario di stato, cardinale Pietro Parolin, che a un gruppo di giornalisti ha dichiarato: «Prima di tutto, prendiamo nota con rispetto della volontà espressa dal popolo americano, in questo esercizio di democrazia che mi dicono sia stato caratterizzato anche da una grande affluenza alle urne. E poi facciamo gli
auguri al nuovo presidente, perché il
suo governo possa essere davvero
fruttuoso. E assicuriamo anche la
nostra preghiera, perché il Signore
lo illumini e lo sostenga a servizio
della sua patria, naturalmente, ma
anche a servizio del benessere e della pace nel mondo. Credo che oggi
ci sia bisogno appunto di lavorare
tutti per cambiare la situazione mondiale, che è una situazione di grave
lacerazione, di grave conflitto».
Al termine di una campagna
elettorale durissima e di un voto incerto fino all’ultimo, il candidato repubblicano ha largamente superato
la soglia dei 270 grandi elettori necessari per arrivare alla Casa Bianca.
Hillary Clinton ha riconosciuto la
sconfitta in un colloquio telefonico
con il suo avversario.
«È giunto il momento di cicatrizzare le ferite, il popolo americano è
uno solo e dobbiamo essere uniti. A
tutti i repubblicani e democratici e
indipendenti nel paese, dico che è
arrivato il momento di essere un popolo unito»: queste le prime parole
del presidente eletto, intervenendo
nella ball room dell’Hotel Hilton di
New York, nel cuore di Manhattan,
subito dopo l’annuncio dei risultati
ufficiali. «Lo prometto a tutti i cittadini. Sarò il presidente di tutti gli
americani e questo è estremamente
importante per me». Poi si è rivolto
all’avversaria democratica: «Ho appena ricevuto una telefonata da Hillary Clinton, vorrei farle le mie con-
Trump nel primo discorso ufficiale dopo i risultati del voto (Afp)
gratulazioni, ha combattuto con tutta se stessa. Ha lavorato sodo e le
dobbiamo una grande gratitudine».
Affiancato dall’uomo che sarà il suo
vicepresidente, l’attuale governatore
dell’Indiana Mike Pence, Trump ha
subito tracciato le linee guida del
suo programma, con toni molto diversi da quelli usati in campagna. E
lo ha fatto guardando in primo luogo alla politica interna, alla classe
media bianca, i colletti blu e gli operai della rust belt, quella fetta
dell’elettorato piegato dalla crisi con
il sostegno del quale ha costruito la
sua vittoria. «Il nostro paese non sarà secondo a nessuno: ricostruiremo
tutto» ha promesso Trump. «Ogni
americano avrà le sue chance e tutti
quelli che sono stati dimenticati in
passato non lo saranno più». Poi la
politica internazionale, con la volontà di rilanciare il ruolo dell’America
nello
scacchiere
internazionale:
«Con il mondo cercheremo alleanze,
non conflitti; ci comporteremo in
maniera giusta con tutti i popoli e le
altre nazioni».
A pochi passi da Manhattan, nel
quartier generale dei democratici, a
Brooklyn, il clima è molto diverso.
Clinton non ha ancora pronunciato
un discorso ufficiale. Il suo staff ha
comunicato che lo farà nelle prossime ore. Fino a tarda notte, i sostenitori dell’ex first lady hanno sperato
in un sorpasso, per poi arrendersi
all’evidenza. In un messaggio, il pre-
Fonti del ministero della difesa parlano di offensiva imminente dalla flotta nel Mediterraneo
y(7HA3J1*QSSKKM( +.!#!=!#!z!
Mosca prepara l’attacco su Aleppo
BAGHDAD, 9. Ancora combattimenti
ad Aleppo. Nuovi bombardamenti
sono segnalati questa mattina su diversi quartieri nell’area orientale della città, in mano ai jihadisti e ai ribelli. Fonti parlano di almeno quattro morti nelle ultime ore. Questo
mentre la tensione internazionale resta altissima: funzionari del ministero della difesa russa, citati dalle
agenzie, parlano della possibilità di
una nuova escalation con l’intervento di navi militari nel Mediterraneo.
L’attacco dovrebbe scattare entro le
prossime 24 ore.
«I velivoli a bordo della portaerei
Admiral Kuznetsov e le unità della
Marina munite di armamenti di precisione nel Mediterraneo si stanno
preparando a colpire nelle prossime
ore i combattenti che si trovano nei
sobborghi di Aleppo» hanno spiegato le fonti. «Le incursioni saranno
dirette alla periferia della città.
Eventuali tentativi dei combattenti
di aprirsi un varco verso Aleppo sarebbero privi di senso» hanno ammonito le fonti, senza specificare
con esattezza nei confronti di chi
sarà condotta l’operazione. In apparenza, dicono gli analisti, si tratterebbe di un attacco su vasta scala
contro le fazioni più estremistiche
quali gli ex qaedisti di Jabhat Fateh
Al Sham (ex Fronte Al Nusra). Il
presidente Vladimir Putin nei giorni
scorsi aveva avvertito che la Russia,
«in caso di estrema necessità», si sarebbe «riservata il diritto di ricorrere a tutta la forza e a tutti i mezzi a
propria disposizione» per sostenere
le forze siriane.
Sul piano strategico-militare, la
situazione ad Aleppo resta incerta.
Nei giorni scorsi le forze di Assad
sono riuscite a recuperare il controllo di due quartieri della città, il cosiddetto Progetto 1070 a sud-ovest e
quello di Menyan nella parte occidentale. Si è trattato — sostengono
osservatori locali — del maggiore
successo militare conseguito dai lealisti negli ultimi due mesi. Dal 28
ottobre i ribelli hanno sferrato un
massiccio contrattacco per rompere
l’assedio che stringe le zone ancora
nelle loro mani e sono riusciti a
spingersi in profondità su più fronti
nella direzione opposta, mettendo a
segno alcuni successi.
Intanto, il vicario patriarcale siroortodosso di Aleppo, Raban Boutros Kassis, è stato ferito alla spalla
da due proiettili mentre si trovava
nella sua auto. Il prelato è fuori pericolo. L’incidente è avvenuto due
giorni fa sulla strada che collega
Homs ad Aleppo. «Non posso far
altro che rinnovare l’appello per salvare questa città martire. E chiedere
aiuti umanitari.
Aleppo è assediata e da oltre tre
anni la gente rimasta soffre per
mancanza di acqua, cibo, elettricità,
gas. Il governo siriano fa quel che
può per cercare di garantire il mini-
mo di assistenza sanitaria ed educativa. Noi restiamo in città come i
pastori che vogliono stare vicini al
gregge, per nutrire e dare conforto a
chi soffre» ha detto il vicario patriarcale.
Notizie di violenze arrivano anche da Damasco. Un colpo di mortaio ha centrato nel pomeriggio di
oggi la cupola della chiesa dei francescani a Bab Tuma. Lo fa sapere
fra Bahjat Karakach, guardiano del
convento di San Paolo apostolo. A
quanto riferito dal religioso, si sono
registrati danni alla chiesa, ma fortunatamente non ci sono vittime.
Edifici del distretto di Aleppo distrutti dai bombardamenti (Afp)
È di almeno nove morti, sette
bimbi e due donne incinte, il bilancio ancora provvisorio di un bombardamento aereo su Khan Shaykhoun, nella provincia nord-occidentale di Idlib, a ridosso del confine con Hama: lo ha denunciato Rami
Abdel
Rahman,
direttore
dell’Osservatorio siriano per i diritti
umani, organizzazione dell’opposizione in esilio con sede a Londra.
«È stata colpita una strada dove
c’erano bimbi che stavano giocando», ha riferito Abdel Rahman, secondo cui quattro delle giovanissime vittime erano femminucce, le altre maschietti. Tre erano fratellini
«in visita al nonno». Khan Shaykhoun è una roccaforte di Jaish Al
Fatah, un gruppo di formazioni che
comprende anche ex qaedisti.
Resta, intanto, la tragedia umanitaria. Almeno due milioni di civili
sono intrappolati nei combattimenti
nell’area di Aleppo e nel nord del
paese a ridosso con la Turchia. Gli
aiuti dell’Onu, anche a causa della
mancanza di sicurezza adeguata,
stentano ad arrivare.
A richiamare l’attenzione su questo punto è stato ieri il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni,
in visita in Armenia. «L’Italia si augura che sia ancora possibile un
estremo sforzo diplomatico per ridurre la catastrofe umanitaria in Siria, soprattutto ad Aleppo est».
Gentiloni ha ricordato che «noi non
abbiamo mai avuto dubbi sulla responsabilità di Assad e sulla necessità di una soluzione diplomatica»,
e ha espresso l’auspicio che «Stati
Uniti e Russia ritrovino il filo per
risolvere la crisi per via diplomatica».
sidente uscente, Barack Obama, ha
ricordato la campagna «faticosa,
stressante e talvolta strana per tutti
noi», sottolineando però che «la nostra democrazia è sempre stata turbolenta e chiassosa: siamo passati attraverso elezioni difficili e che ci
hanno diviso, ma ne siamo sempre
usciti più forti».
In ogni caso, i numeri parlano
chiaro. Il rischio di una vittoria con
margini molto ristretti, e quindi un
presidente debole, è svanito. Trump
ha conquistato 306 grandi elettori,
ovvero 27 stati. Il tycoon repubblicano ha saputo convincere oltre 58 milioni di americani, il 47,7 per cento.
Il dato più clamoroso riguarda gli
stati del Midwest, tradizionalmente
democratici, come Ohio, South Dakota, North Dakota, Nebraska, o
quelli più in bilico come la decisiva
Florida. Hillary Clinton si è fermata
a 232 grandi elettori e 19 stati. La
nettezza della vittoria di Trump è
confermata dai risultati relativi al
Congresso. I repubblicani hanno infatti conquistato sia il Senato che la
Camera dei rappresentanti. Secondo
i primi dati, il Grand Old Party
avrebbe ottenuto 240 deputati contro i 195 democratici e 53 senatori
contro 47.
Numerose le reazioni sul piano internazionale. Soddisfazione arriva da
Mosca. Il presidente russo, Vladimir
Putin, si è congratulato con il nuovo
presidente, augurandosi che «i rapporti russo-americani possano uscire
dalla crisi», soprattutto su dossier
importanti come l’economia e il Medio oriente. Positive le reazioni anche di India e Giappone. La Corea
del Sud, invece, ha convocato il consiglio sulla sicurezza nazionale,
preoccupata per l’approccio verso la
Corea del Nord dichiarato dal
tycoon.
Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto che «la leadership
degli Stati Uniti è importante
nell’affrontare le nuove sfide sulla sicurezza». Stoltenberg ha assicurato
la disponibilità alla piena collaborazione con la nuova amministrazione.
Da Bruxelles la prima reazione
europea è stata improntata al dialogo. «Continueremo a lavorare insieme, i legami tra Europa e Stati Uniti
sono più forti di ogni cambiamento»
ha sottolineato l’Alto rappresentante
per la politica estera e di sicurezza
comune, Federica Mogherini. I presidenti del Consiglio e della Commissione, Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, hanno invitato Trump a
visitare l’Europa, affermando che
«oggi è più importante che mai rafforzare le relazioni transatlantiche».
Sul piano finanziario, la Borsa di
Tokyo ha chiuso in calo del 5,4 per
cento, al punto che è stata convocata una riunione d’emergenza del governo nipponico.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
giovedì 10 novembre 2016
L’Onu interpella i governi europei in tema di minori migranti
Se manca
la volontà politica
WASHINGTON, 9. Mentre a Marrakech, in Marocco, proseguono i lavori
della Cop22, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, l’O rganizzazione
meteorologica
mondiale
(Omm) ha reso noto un dettagliato
rapporto sulle temperature globali
tra il 2011 e il 2015, definito il periodo più caldo di sempre.
Il
documento
dell’agenzia
dell’Onu per la meteorologia conferma che i fenomeni meteorologici
estremi — siccità prolungate, ondate
di calore, uragani e alluvioni — sono
sempre più legati al riscaldamento
climatico, con “l’impronta umana”
che appare sempre più visibile.
Gli indicatori confermano la tendenza al riscaldamento a lungo termine causato dai gas a effetto serra,
scrive l’Omm nel rapporto, sottolineando che il 2015 è stato il primo
anno per il quale le temperature globali erano più di un grado centigrado al di sopra di quelle del periodo
pre-industriale.
Inoltre, le temperature record registrate sono state accompagnate
dall’innalzamento del livello del mare, il declino della superficie di
ghiaccio marino dell’Artico, dei
ghiacciai continentali e dell’innevamento nell’emisfero settentrionale.
Tutti questi indicatori, evidenzia
l’Omm, confermano il trend di lungo periodo del riscaldamento.
Rapporto delle Nazioni Unite sulle temperature globali
Terra sempre più calda
E al riscaldamento globale sono
sempre più collegati gli eventi estremi. In base ad alcuni studi, spiegano
gli esperti internazionali, il cambiamento climatico ha fatto crescere di
dieci volte la probabilità che si verifichino ondate di calore.
Il rapporto esamina il possibile legame tra il cambiamento climatico
indotto dall’uomo e una serie di sin-
Unico mandante
dietro le stragi
di Parigi
e Bruxelles
In attesa del verdetto della Corte suprema
A dicembre l’esame
del ricorso sulla Brexit
Alta corte a Londra (Ap)
LONDRA, 9. Tra il 5 e l’8 dicembre
la Corte suprema del Regno Unito
esaminerà il ricorso presentato dal
governo di Theresa May contro la
decisione dell’Alta corte di Londra
di imporre un voto parlamentare
sul processo di uscita dall’Ue. Intanto, la Scozia interviene nella
diatriba legale.
Il 3 ottobre scorso l’Alta corte ha
bloccato il governo britannico che
intendeva dare corso alla Brexit
senza la preventiva approvazione
del parlamento di Westminster.
Theresa May ha subito annunciato
il ricorso.
Del caso, dunque, si occuperanno tutti i magistrati che compongono il collegio della Corte suprema. In una nota ufficiale si legge
che «la Corte ha riservato quattro
giorni, dal 5 all’8 dicembre, per
l’esame del ricorso». Per conoscere
il verdetto bisognerà aspettare
«probabilmente l’inizio dell’anno
nuovo». L’iter per arrivare a sentenza potrà variare in funzione delle testimonianze presentate dalle
parti in causa.
Nel frattempo, il primo ministro
scozzese, Nicola Sturgeon, ha fatto
sapere di aver dato il via libera alle
autorità della Scozia per intervenire nella disputa legale, spiegando
che «sta per essere depositata una
domanda formale nel tribunale britannico di ultima istanza». Secondo il premier, «non è proprio giu-
sto» che «i diritti connessi all’essere membri dell’Unione europea
possano essere rimossi dal governo
britannico in base al volere di un
primo ministro senza il dibattito,
l’esame e il consenso del parlamento».
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
[email protected]
www.osservatoreromano.va
goli eventi estremi e cita 79 studi
pubblicati dal bollettino della American meteorological society tra il
2011 e il 2014, precisando che «più
della metà ha riscontrato che i cambiamenti climatici indotti dall’uomo
hanno contribuito all’evento estremo
in questione». «Alcuni studi — prosegue il testo — hanno scoperto che
la probabilità di calore estremo è au-
PARIGI, 9. Ci sarebbe un unico
mandante dietro gli attentati di
Parigi del novembre 2015 e Bruxelles nel marzo 2016. Si tratta di
Oussama Atar, un belga-marocchino di 32 anni residente in Siria
attivamente ricercato dalle autorità. A rivelarlo è stato ieri il quotidiano «Le Monde», precisando
che il terrorista è sospettato di
aver coordinato le stragi dalla Siria: avrebbe reclutato i due attentatori suicidi che hanno attivato
le loro cinture esplosive davanti
allo Stade de France a Saint-Denis, il 13 novembre 2015 e sarebbe
al tempo stesso il cervello dell’attentato compiuto dai fratelli El
Bakraoui il 22 marzo 2016 a Bruxelles. A lui infatti i terroristi
avrebbero sottoposto i loro piani
di azione prima di farsi esplodere
nella capitale belga. E, intanto, il
ministro
dell’interno
tedesco,
Thomas de Maizière, ha definito
l’arresto di cinque reclutatori jihadisti «una buona notizia» ma ha
ricordato che il rischio del terrorismo in Germania è «grande» e la
situazione «rimane seria».
Il cognome
potrà essere
anche materno
Morto l’oncologo
Umberto
Veronesi
ROMA, 9. In Italia i figli nati nel
matrimonio potranno prendere
anche il cognome della madre,
in aggiunta a quello del padre,
se tra i coniugi c’è accordo. La
Consulta ha infatti accolto ieri
la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte
di appello di Genova sul cognome del figlio e ha dichiarato l'illegittimità della norma che prevede l'automatica attribuzione
del cognome paterno. Da adesso
in poi, se d'accordo, i genitori
potranno dare il doppio cognome al figlio. In caso di mancato
accordo, il bambino riceverà invece il cognome paterno.
ROMA, 9. È morto ieri a 91 anni
nella sua casa di Milano l’oncologo Umberto Veronesi. Ha dedicato la sua vita alla lotta ai tumori,
è stato fondatore e presidente della Fondazione per la ricerca sul
cancro che porta il suo nome,
nonché ministro della sanità e senatore. «È stato un grande medico e un grande scienziato, che ha
aperto vie nuove nella lotta contro il cancro e ha lasciato una
preziosa eredità non solo al nostro paese, ma al mondo intero»
ha dichiarato oggi il presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella, ricordando l’impegno e la
professionalità dello scomparso.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
mentata di 10 volte o anche di più».
«Gli effetti dei cambiamenti climatici sono visibili su scala globale dal
1980 e hanno accresciuto i rischi di
eventi estremi», ha detto il segretario
generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, il finlandese
Petteri Taalas.
Tra gli eventi estremi citati nel
rapporto figurano la siccità del 20102012 nel Corno d’Africa, che si stima
abbia causato 258.000 decessi, l’uragano Sandy, che nel 2012 ha provocato perdite economiche per 67 miliardi di dollari negli Stati Uniti, e il
tifone Haiyan, che nel 2013 ha ucciso 7800 persone nelle Filippine. Ed
è proprio per porre un limite al surriscaldamento della Terra che il
mondo si è dato appuntamento in
Marocco per la Cop22.
L’Omm renderà nota la valutazione provvisoria del clima per il 2016
— che si presume possa essere l’anno
più caldo mai registrato — il prossimo 14 novembre, per informare i delegati ai negoziati sul clima riuniti a
Marrakech.
BRUXELLES, 9. I diritti dei minori
devono essere «garantiti da tutti i
paesi» ma in questo momento in
Europa in alcuni governi «manca
la volontà politica di agire concretamente». È la denuncia emersa
nell’intervento, che ha fatto, al parlamento europeo, Benyam Dawit
Mezmur, presidente della commissione delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo.
Il rappresentante dell’Onu ha ribadito che i diritti dei minori devono essere «garantiti da tutti i paesi
in modo centralizzato e integrato».
Ha riconosciuto che alcuni stati
membri mettono già in campo «un
impegno politico fondamentale»
per poi affermare che le politiche
comunitarie attuali per la protezione dei bambini migranti «hanno
delle chiare lacune» e «non vengono applicate come dovrebbero».
Benyam Dawit Mezmur ha posto
l’accento sulla questione istruzione,
che ha definito «centrale», ricordando che «solo la metà dei bambini migranti ha accesso all’istruzione» e definendo questa situazione «una bomba a orologeria pronta
a esplodere». La mancata istruzione è una grossa ipoteca sul loro futuro.
Il numero delle violazioni dei diritti dei minori «è altissimo», e
questo «in ogni fase del percorso
che li coinvolge», ha fatto notare
Mezmur, secondo il quale la crisi
dei migranti «non è esplosa nel
2014, ma è un sintomo di lacune
nel sistema di accoglienza e integrazione che l’Onu mette in luce
dal 1991». È quindi compito
dell’Ue migliorare «sotto tutti i
punti di vista», anche nel processo
di identificazione dell’età dei minori. A questo proposito, il rappresentante dell’Onu ha parlato di
«metodologie invasive e non efficaci». Mezmur ha concluso il suo intervento ricordando che le Nazioni
Unite sono impegnate a monitora-
re «il reale impatto delle leggi elaborate e adottate dai paesi».
Intanto, sul fronte dei continui
sbarchi sulle coste italiane, le forze
dell’ordine italiane hanno fermato
sei presunti scafisti di diverse nazionalità. Tre sono del Gambia,
due del Senegal, uno è nigeriano
mentre gli altri non sono stati identificati. C’è però anche un minorenne di 17 anni che dovrà rispondere di omicidio. Sono accusati di
essere stati al timone di quattro
gommoni che, in condizioni di fortuna, hanno effettuato la traversata
del Mediterraneo con a bordo,
complessivamente, 482 migranti
partiti dalla Libia. I profughi sono
stati tratti in salvo nei giorni scorsi
dalla nave guardia costiera che, ieri
mattina, li ha fatti sbarcare nel porto di Palermo insieme con altre
persone soccorse nel corso di sei
distinte operazioni. In tutto si è
trattato di 1049 migranti. Su uno
dei gommoni sono stati trovati anche dieci corpi senza vita, tra cui
tre bambine. E alla guida di questo
gommone c’era proprio il diciassettenne che dovrà rispondere pure di
omicidio. Alcuni migranti, testimoni della tragica traversata, hanno
identificato gli uomini al timone
raccontando come gli scafisti avessero appreso dai trafficanti poche
elementari nozioni di navigazione
soltanto pochi minuti prima di partire.
Guardando alla Germania, fa discutere il caso della barriera antirumore costruita alla periferia di
Monaco di Baviera per limitare i
rumori che possono provenire da
un centro d’accoglienza per profughi minorenni di prossima apertura. Alta più del muro di Berlino, la
barriera viene giudicata inopportuna per il valore simbolico che ha
assunto da molte delle voci raccolte da diversi media, che avrebbero
voluto una diversa soluzione.
Torna la difterite
in Venezuela
per mancanza
di vaccini
Manifestazioni di protesta
Dipendenti pubblici di Rio
contro l’austerity
BRASILIA, 9. Tensione alle stelle, a
Rio de Janeiro, tra l’amministrazione
statale e i dipendenti pubblici. Migliaia di manifestanti si sono riuniti
ieri sera davanti alla locale assemblea
legislativa, nel centro della metropoli,
per chiedere ai deputati di votare
contro il pacchetto di misure di austerità annunciato dal governatore,
Luiz Fernando Pezão, per attenuare
la crisi finanziaria.
Gli addetti alla sicurezza del parlamento hanno chiesto il rinforzo del
battaglione anti-sommossa della polizia militare, dopo che alcuni dimostranti hanno tentato di entrare a for-
za nel palazzo. Secondo Pezão, la situazione delle casse statali è così grave che entro dicembre del 2018 si formerà un “buco” da 52 miliardi di reais. Il governatore ha poi precisato
che attualmente c’è denaro sufficiente
a pagare gli stipendi solo nei primi
sette mesi del 2017. Successivamente,
alcune centinaia di agenti delle forze
dell’ordine hanno invaso l’assemblea
legislativa di Rio, in segno di protesta contro il piano di austerity.
Il presidente dell’assemblea, Jorge
Picciani, ha definito l’iniziativa «un
crimine e un affronto allo stato democratico di diritto».
Dipendenti pubblici davanti all’assemblea legislativa di Rio de Janeiro (Ansa)
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
CARACAS, 9. Dallo scorso aprile
in Venezuela almeno 23 persone,
in gran parte bambini, sono
morte di difterite, una malattia
scomparsa nel paese da 20 anni
ma che sta tornando a causa
della carenza di vaccini dovuta
alla crisi economica che ha comportato carenza di cibo e di medicine.
L’allarme sull’epidemia di difterite era stato lanciato qualche
settimana fa da diverse organizzazioni, l’osservatorio venezuelano della salute, la società venezuelana di salute pubblica e la
rete nazionale di difesa della
epidemiologia, che avevano parlato di almeno tre casi nel solo
stato di Bolívar.
Secondo i media locali, sarebbero invece 23 i casi dall’inizio
dell’epidemia, mentre il ministero della salute venezuelano parla
solo di due casi accertati e due
sospetti. Il Venezuela è da tempo in una grave crisi economica,
che si riflette anche nella scarsità di farmaci e vaccini. Solo metà dei bambini in Venezuela riceve la terza dose e il 30 per
cento la quarta dose.
Il pericolo di ritorno della
difterite per il calo delle vaccinazioni preoccupa anche le istituzioni sanitarie europee. Lo
scorso marzo un bambino è
morto per la malattia in Belgio,
mentre nel 2015 si è avuto un
caso in Spagna.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 10 novembre 2016
pagina 3
La sede dell’Unione africana
ad Addis Abeba
Israele annuncia nuovi insediamenti nell’area di Gerusalemme est
Case che ostacolano il dialogo
I risultati del vertice di Addis Abeba
Soluzioni
per la crisi in Libia
ADDIS ABEBA, 9. Un’iniziativa per risolvere la crisi in Libia è stata lanciata da alcuni leader africani durante una riunione che si è tenuta presso la sede dell’Unione africana (Ua)
ad Addis Abeba, in Etiopia. «Oggi
l’Africa è colpita dalle conseguenze
disastrose della crisi libica» ha affermato il presidente del Ciad (presidente di turno dell’Ua), Idris Deby.
«La situazione in Libia è molto
complicata in quanto vi è una mancanza di omogeneità tra i due campi, ciascuno composto da una moltitudine di attori politici e militari».
L’obiettivo dei leader africani, ha
spiegato Deby, è portare al tavolo
dei negoziati «al più presto» tutti i
protagonisti della crisi libica «per
consentire loro di impegnarsi in un
dialogo franco e diretto; non c’è soluzione militare alla crisi libica e
questo deve essere capito da tutte le
parti interessate», ha aggiunto.
La presidente dell’Ua, Nkosazana
Dlamini-Zuma, ha sottolineato che
attualmente 2,4 milioni di libici necessitano di assistenza umanitaria.
Tra questi ci sono 350.000 sfollati interni. «La situazione economica in
Libia è disastrosa», ha dichiarato la
Dlamini-Zuma, evidenziando come
«la distruzione delle infrastrutture
provochi un calo pericoloso della
produzione di petrolio. Questa situazione non può continuare».
Tra i leader africani presenti alla
riunione figurano, oltre a Deby, i
presidenti Denis Sassou Nguesso
della Repubblica del Congo, Mahamadou Issoufou del Niger, Jacob
Zuma del Sud Africa, Omar Al Bashir del Sudan, Yoweri Kaguta Museveni dell’Uganda. Hanno partecipato anche il primo ministro etiope,
Haile Mariam Desalegn, l’inviato
speciale delle Nazioni Unite in Libia, Martin Kobler, l’inviato speciale
dell’Ua per la Libia ed ex presidente
della Tanzania, Jakaya Kikwete, e il
commissario dell’Ua per la pace e la
sicurezza, Smail Chergui. A rappresentare la Libia c’era l’esponente del
consiglio presidenziale, Musa Koni.
«La situazione in Libia sta diventando sempre più delicata», ha affermato Kobler, parlando alla riunione
di Addis Abeba. L’inviato speciale
dell’Onu ha espresso «grande preoccupazione per la situazione a Tripoli» e per «i tentativi di creare istituzioni parallele, ostacolare l’accordo
politico e generare ulteriore insicurezza. La vita in Libia — ha detto —
sta diventando sempre più difficile,
con la produzione di petrolio sotto il
suo potenziale e con l’inflazione del
dinaro libico a quasi il 20 per cento». Kobler ha voluto tuttavia esprimere una prospettiva di speranza: I
libici hanno dimostrato e continuano
a dimostrare determinazione a migliorare la loro situazione».
Sulla stessa linea, ovviamente i
palestinesi. Più volte in passato il
presidente palestinese Mahmoud
Abbas ha chiesto lo stop completo
di tutte le attività edilizie israeliane
in Cisgiordania.
I palestinesi, infatti, considerano
questa misura una condizione imprescindibile per avviare nuove trat-
tative di pace. I colloqui diretti
israelo-palestinesi si sono arrestati
nell’aprile del 2014.
Il riaprirsi del contenzioso sugli
insediamenti avviene proprio mentre si registrano nuove violenze.
Nove persone sono state arrestate la
notte scorsa dalle forze di sicurezza
israeliane nella zona est di Gerusa-
lemme. Sono state accusate di aver
causato disordini, e cioè di aver
sparato proiettili e lanciato pietre,
bottiglie molotov, petardi, contro
quartieri ebraici vicini. Gli arresti
sono stati effettuati — secondo i media israeliani e le agenzie — nei
campi profughi palestinesi di Shuafat ed El-Aida.
Insediamenti israeliani intorno a Gerusalemme est
Sequestrati carichi d’armi al confine con il Mali
Esponenti del gruppo uccisi nello Yemen
Algeri rilancia
la lotta al terrore jihadista
Al Qaeda
sotto scacco
ALGERI, 9. L’esercito algerino ha
sequestrato un nuovo ingente carico di armi nella regione meridionale di Bordj Badji Mokhtar al confine con il Mali. Lo ha riferito ieri il
ministero della difesa algerino.
«Come parte della lotta contro il
terrorismo e grazie alla costante vigilanza delle nostre forze armate,
un distaccamento dell’esercito nazionale ha sequestrato nel corso di
un pattugliamento nella regione di
Bordj Badji Mokhtar un ingente
quantitativo di armi e munizioni»
si legge in un comunicato del ministero della difesa che afferma inoltre che nei giorni scorsi l’esercito
algerino ha sequestrato un analogo
arsenale, inclusi 17 missili antiaerei,
anche nella provincia meridionale
di Adrar.
Mentre prosegue nella vicina Libia la guerra contro il cosiddetto
stato islamico (Is) a Sirte, i paesi
vicini, come l’Algeria e la Tunisia,
temono l’infiltrazione di terroristi e
armi all’interno dei loro confini. La
questione della sicurezza frontaliera
è molto sentita dalle autorità algerine, in seguito alle ripetute infiltrazioni di elementi considerati terroristi lungo la frontiera con la Libia.
Per garantire la sicurezza del
paese, l’Algeria avrebbe iniziato la
costruzione di un muro di 350 chilometri lungo i confini orientali
Sanguinoso attacco dei ribelli
nell’ovest del Niger
NIAMEY, 9. Almeno cinque soldati sono stati uccisi, quattro risultano dispersi e altri tre sono rimasti feriti in
un attacco dei ribelli nella zona di
Ouallam, nell’ovest del Niger nei
pressi del confine con il Mali. Lo ha
reso noto ieri all’agenzia di stampa
Afp una fonte della sicurezza.
«Gli assalitori sono giunti nella località di Bainibangou a bordo di due
veicoli e dieci moto ed erano pesantemente armati», ha affermato ieri sera un comunicato del ministero
dell’interno nigerino aggiungendo
che successivamente l’esercito ha arrestato 26 miliziani armati. La zona è
situata nei pressi della frontiera maliana dove si sono rifugiati gli autori
del rapimento di un operatore umanitario statunitense. All’inizio di ottobre, poco più a nord-est, nella vicina
regione di Tahoua, 22 soldati nigerini
erano stati uccisi in un attacco al
campo di rifugiati di Tazalit.
TEL AVIV, 9. Nuovi insediamenti
ebraici in Cisgiordania. La decisione è arrivata ieri dall’amministrazione locale israeliana. Le nuove abitazioni sorgeranno nell’area di Gilo, a
Gerusalemme est.
Immediate le reazioni internazionali. Il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di
sicurezza comune dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha espresso rammarico per il via libera di
Israele «ai permessi di costruire 181
nuove unità abitative nell’insediamento illegale di Gilo». Questa decisione — ha aggiunto la diplomatica italiana — «compromette la contiguità tra Gerusalemme est e
Cisgiordania, che è cruciale per la
percorribilità della soluzione dei
due stati», ovvero il piano, sostenuto dall’Onu, che prevede la costituzione di uno stato palestinese autonomo e sovrano accanto a quello
israeliano. «Siamo rammaricati che
Israele abbia deciso di procedere
nonostante le continue e serie
preoccupazioni internazionali. Gli
insediamenti sono illegali per la legge internazionale, vanno contro le
raccomandazioni del Quartetto e
costituiscono un ostacolo alla pace»
ha detto Mogherini.
La zona di Ouallam, nei pressi del
nord del Mali e situata a solo un centinaio di chilometri dalla capitale
Niamey, è divenuta molto instabile a
causa dei numerosi e sanguinosi attacchi terroristici. Malgrado la frontiera venga considerata come porosa,
il Niger costituisce un’isola di stabilità in una zona dove agiscono gruppi
ribelli e fondamentalisti.
Attorno al Niger, infatti, paesi come Mali, Nigeria e Libia sono invece
costretti a combattere diversi gruppi
armati jihadisti. «Regolare il problema della sicurezza nel Mali, è come
risolvere il problema della sicurezza
nel Niger», ha dichiarato lo scorso 10
ottobre
il
presidente
nigerino,
Mahmadou Issoufou, durante la visita del cancelliere tedesco, Angela
Merkel. Negli ultimi anni una serie
di sanguinosi attacchi terroristici sono avvenuti nella zona di Ouallam.
con la Tunisia e con la Libia, come
hanno riferito fonti militari algerine
citate dall’emittente Cnn Arabia.
Le autorità del paese nordafricano,
spiegano le fonti, hanno incaricato
gli ingegneri civili della costruzione
di un muro dell’altezza di tre metri
protetto da una barriera elettrificata. Il progetto, tuttavia, avrebbe già
incontrato ostacoli di natura tecni-
ca per via della conformazione del
terreno in alcune zone.
Anche il consiglio di sicurezza
nazionale tunisino, presieduto dal
presidente della Repubblica, Béji
Caïd Essebsi, ha adottato la nuova
strategia nazionale antiterrorismo
basata su quattro assi principali:
protezione, prevenzione, azione
giudiziaria e risposta agli attacchi.
SANA’A, 9. Sei membri di Al Qaeda
nella penisola arabica sono stati uccisi ieri in un’operazione terrestre e
in raid aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita — che sostiene le forze del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi contro i ribelli
huthi — nei pressi della città di Mukalla, nel sud-est dello Yemen. Un
responsabile delle forze di sicurezza
A cinque anni e mezzo dal disastro nucleare
Costi più alti per bonificare Fukushima
TOKYO, 9. I costi per bonificare il
territorio colpito dalla tremenda
catastrofe di Fukushima — nel
marzo del 2011 — aumenteranno di
almeno una volta e mezzo rispetto
a quelle che erano le stime iniziali.
Lo ha reso noto la televisione
pubblica giapponese Nhk, secondo la quale circa 19,5 miliardi di
dollari (17,4 miliardi di euro) sono
stati già spesi per il processo di
decontaminazione fino al marzo
di quest’anno.
Ma il ministero dell’ambiente
nipponico e l’agenzia per la ricostruzione hanno anticipato che altri 17 miliardi di dollari saranno
necessari per completare la pianificazione. L’operatore che gestisce
la disastrata centrale nucleare di
Fukushima Daiichi, la Tokyo electric power (Tepco), sarà responsabile per la maggior parte dei fondi
per i lavori di bonifica, spiega ancora l’emittente televisiva.
Il governo, nel frattempo, intende cedere sul mercato la partecipazione azionaria che ha rilevato
dalla Tepco nel 2012, ma, secondo
gli analisti, i titoli dell’operatore
che gestisce l’impianto atomico
dovrebbero triplicare di valore per
coprire le spese stabilite per il ripristino dell’intera area.
Le autorità — rilevano gli esperti del settore — hanno citato i costi del personale tra le maggiori
cause dell’incremento degli oneri.
L’esecutivo di Tokyo, inoltre, ha
ammesso che oltre 10 miliardi di
dollari dei contribuenti giapponesi
saranno utilizzati per realizzare gli
stabilimenti di stoccaggio delle
scorie radioattive generate dall’intero processo di decontaminazione
della regione. L’11 marzo del 2011,
la centrale nucleare di Fukushima
venne praticamente distrutta da
un terrificante terremoto e dal
successivo tsunami.
ha inoltre aggiunto che altri quattro
terroristi sono stati catturati e un
certo numero di fondamentalisti feriti. Dopo essere stati costretti a
fuggire da Mukalla i combattenti di
Al Qaeda si sono rifugiati nelle alture che sovrastano la città meridionale e continuano a minacciare una
serie di attacchi.
Il conflitto che oppone da oltre
due anni le forze del presidente
Hadi ai ribelli huthi — che secondo
l’ultimo rapporto dell’Onu ha già
causato oltre 7000 morti, circa
37.000 feriti e non meno di tre milioni di sfollati — ha aiutato Al
Qaeda ma anche i miliziani del cosiddetto stato islamico (Is) a rafforzare la loro presenza nel sud e nel
sud-est del paese. Gli Stati Uniti
considerano Al Qaeda nella penisola arabica come la branca più pericolosa della rete terroristica a livello
globale.
Svolta
di New Delhi
sulle rupie
Un gruppo di scienziati e giornalisti durante un sopralluogo a Fukushima
Violenze
contro gli indù bengalesi
DACCA, 9. Almeno dieci persone
sono state arrestate nelle ultime
ore in Bangladesh nell’ambito di
una serie di attacchi a templi e
case di residenti di religione indù. Assalti, ricordano fonti locali
riprese dalle agenzie di stampa
internazionali, che ormai si ripetono dal 30 ottobre scorso.
Teatro principale delle violenze
— riferisce il portale di notizie
BdNews24 — è Nasirnagar, nel
distretto
centro-orientale
di
Brahmanbaria, dove una settimana fa centinaia di persone hanno
commesso numerosi atti vandalici
nei confronti di una decina di
templi e un centinaio di abitazioni private, motivati come vendetta per un presunto atto di blasfemia che sarebbe stato commesso
da un pescatore attraverso facebook. Nonostante le oltre cinquanta persone arrestate nei gior-
ni scorsi per cercare di frenare gli
attacchi, la notte scorsa gruppi di
musulmani sono tornati ad assaltare e incendiare luoghi di culto
e case di indù a Nasirnagar. In
seguito, le forze dell’ordine, ha
reso noto il commissariato locale
di polizia, hanno arrestato almeno dieci dei responsabili.
I danni provocati, ricordano i
media bengalesi, riguardano 15
templi e almeno 100 case, mentre
la polizia ha arrestato il pescatore
indù, accusato — informa il quotidiano «Dhaka Tribune» — di
avere postato su facebook una
rappresentazione,
considerata
blasfema, del dio indù Shiva seduto sulla Kaaba di Al-Masjid Al
Haram della Mecca, la moschea
più sacra dell’islam.
Manifestazioni di protesta sono previste nelle prossime ore.
NEW DELHI, 9. Con un annuncio a
sorpresa, che ha gettato nel panico
decine di milioni di persone, il primo ministro indiano, Narendra
Modi, ha annunciato che da oggi le
banconote da 500 e 1000 rupie (6,7
e 13,5 euro) non avranno più valore
legale. Una misura, scrive l’agenzia
di stampa Ians, che mira a combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
Per cercare di mitigare la preoccupazione della popolazione, abituata prevalentemente a pagare i
propri acquisti in contanti, anche
per cifre importanti, Modi ha assicurato ieri sera in un discorso televisivo che quantitativi illimitati di
queste due banconote potranno essere depositati in conti bancari e
postali dal 10 novembre e fino al 30
dicembre. Le banconote rottamate,
ha aggiunto il primo ministro alla
tv, saranno sostituite da nuovi biglietti da 500 e 2000 rupie.
Tutte le banche e gli sportelli
bancomat sono chiusi fino a domani, a sostegno di una misura che è
stata fortemente criticata dall’opposizione, ma appoggiata dagli ambienti finanziari e industriali del
paese asiatico.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 10 novembre 2016
In un film di Michele Placido la battaglia delle donne per il diritto al lavoro
Sette minuti
di EMILIO RANZATO
n’azienda tessile si salva dalla
chiusura grazie al suo acquisto da parte di una multinazionale. Anche il lavoro di
tutte le operaie sembra al sicuro, ma i nuovi dirigenti chiedono di inserire nel contratto una clausola che prevede di dimezzare la pausa pranzo. Fra le
undici operaie chiamate a prendere una decisione per tutte, all’inizio c’è grande sollievo, persino entusiasmo. Poi però qualcuna di loro comincia a ricredersi, e a capire
che dietro quei sette minuti di lavoro in
più si nasconde una battaglia per i diritti
sul lavoro dalla portata molto più ampia di
quanto non sembri.
U
Il cast del film
L’omonima opera teatrale di Stefano
Massini da cui questo Sette minuti è tratto,
non fa molto mistero di ispirarsi a La parola ai giurati (Sidney Lumet, 1957), oltre che
a una storia realmente accaduta. Quando si
prendono in prestito idee altrui, per di più
così famose, l’importante è fare qualcosa di
almeno parzialmente diverso e soprattutto
che vada per certi versi oltre. Ed è questo
il caso. Perché se lì avevamo una situazione sostanzialmente contingente, anche se
emblematica e piuttosto rappresentativa
della società americana dell’epoca, qui
l’esperienza delle protagoniste si riverbera
direttamente su una scala molto più ampia.
La loro scelta avrà infatti oggettive ripercussioni sul lavoro di altre lavoratrici, del
presente e del futuro. Perché quei sette minuti di lavoro in più, moltiplicati per tutte le operaie e
le impiegate, e moltiplicati
per ogni giorno di lavoro,
equivalgono a una mole produttiva che permetterebbe ai
dirigenti di non dover assumere altre lavoratrici. Accettare quella condizione significa dunque lasciare a casa
altre donne. Inoltre perdere
terreno sul piano dei diritti
metterebbe in posizione di
svantaggio le generazioni
successive, che partirebbero
già da quell’ingiusto status
quo
per
poi
sentirsi
richiedere magari altri sacrifici ancora. Al piano sociale
si sovrappone allora per le
protagoniste quello esistenziale. Perché la decisione a
cui sono chiamate è anche
una presa di coscienza di
una realtà più ampia di
quella che vivono ogni giorno. Si tratta di un percorso
di apertura verso il prossimo.
Anche nell’alter ego del personaggio che
era stato interpretato da Henry Fonda, ovvero quello che intende far cambiare opinione agli altri, c’è uno sviluppo importante. Qui Ottavia Piccolo è la portavoce del
consiglio di fabbrica, ed è dunque chiamata in causa in prima persona. I dubbi delle
sue colleghe sulle trattative che avrebbe
potuto tentare o che forse non ha fatto con
la dovuta convinzione, questa atmosfera di
diffidenza reciproca, sono già il sintomo di
un ambiente lavorativo che ha iniziato a
degradarsi da tempo. Il suo è dunque un
personaggio di maggior spessore, perché
porta già su di sé anni di battaglie spesso
perse.
Il riferimento alle generazioni future, fra
l’altro, giustifica dal punto di vista simbolico anche la sequenza del parto che coinvolge il personaggio di Cristiana Capotondi proprio in quelle ore decisive. Un tocco
melodrammatico di cui qualcuno si è lamentato, soprattutto rapportando il film
all’asciuttezza di omologhi del cinema
d’autore europeo, ovvero di autori come
Loach e Dardenne. Ma i toni un po’ gridati e le tinte sanguigne, fra l’altro tipici delle
regie di Michele Placido, creano qui un significativo contrasto con i numeri e i calcoli in cui sono impegnate le protagoniste,
come a dire che è assurdo pensare di poter
contenere la vita all’interno di certi schemi
cartesiani. Su un piano più emozionale, legittimo per un cinema che vuole evidentemente essere anche popolare, il regista se
ne serve poi per marcare una netta distanza dalla freddezza della nuova dirigente
francese. Laddove proprio in Francia — come ci informa un’epigrafe finale — è accaduto l’episodio reale che ha ispirato l’opera
teatrale di partenza.
In ogni caso, meglio indulgere nel melodramma che nel politicamente corretto. Un
rischio che era dietro l’angolo e che la sceneggiatura — firmata dal regista e dallo
stesso Massini — ha invece il coraggio di
evitare. In nome della credibilità sociologica, non si fanno dunque sconti alle protagoniste immigrate, descritte nettamente come le meno coraggiose. Un difetto che viene comunque adeguatamente spiegato e
che ha solo la conseguenza di rendere questi personaggi in maggiore difficoltà ancora
più veri.
La decisione a cui le protagoniste sono chiamate
è anche la presa di coscienza
di una realtà più ampia
Si tratta di un percorso di apertura
verso il prossimo
Al di là dei significati, comunque, il film
è soprattutto una performance tecnica e
interpretativa. Decisiva dunque per la sua
riuscita è la bellissima prova di tutto il
cast, che oltre a Piccolo e Capotondi comprende Ambra Angiolini, Violante Placido,
Clémence Poésy, Blakissa Maiga, Sabine
Timoteo,
Maria
Nazionale,
Erika
D’Ambrosio. Sorprende particolarmente la
prova davvero disinvolta di Fiorella Mannoia, che d’altronde vanta sporadici trascorsi sul set.
Placido, che interpreta il proprietario
dell’azienda prima della vendita, poteva
magari ritagliarsi un personaggio più incisivo, ma dirige con ottimo ritmo non facendo mai avvertire l’origine teatrale della
storia. E firma uno dei suoi film migliori.
Sicuramente il più lineare e coeso.
Storia di un bambino con la sindrome di Down
Non lacrime ma gioia
Pubblichiamo un articolo uscito su «El
País» del 5 novembre.
di MARGOT MOLINA
«Devo confessare che sapere che mio
figlio può avere la sindrome di Down
genera in me paura e una sorta di rifiuto».
«Il giorno in cui sei nato (…) ci siamo abbracciati piangendo, accettandoti
così com’eri, ma in quel momento provavo un misto di sentimenti che offuscavano la gioia che il tuo arrivo nella
vita si meritava. Sapendo quello che
Quando seppero che il figlio
aveva un cromosoma in più
i genitori — un’attrice e un regista —
provarono un senso di rifiuto
Ma poi ci fu spazio solo per la felicità
oggi so, grazie a te, se potessi rivivere
quel giorno, non ci sarebbero lacrime,
né paura, né angoscia, ma solo gioia di
averti finalmente tra noi».
Tra queste due affermazioni ci sono
sei anni, centocinquanta ore di registrazione, molti sorrisi, qualche lacrima, e soprattutto c’è Jan. È lui il protagonista del documentario La historia
de Jan, uscito il 4 novembre in Spagna, un film con il quale i genitori,
l’attrice Mónica Vic e il montatore e
realizzatore Bernardo Moll, hanno
scongiurato la paura da loro provata
quando hanno saputo che il figlio era
nato con un cromosoma in più.
«Jan è nato il 4 novembre del 2009
e il 14 dicembre, dopo che ci hanno
confermato che aveva la sindrome di
Down, ho iniziato a scrivere un blog
(lahistoriadejan.com) su tutto quello
che stavamo vivendo. È stato un momento molto duro, ero disorientato, allora ho pensato che esprimere i miei
sentimenti, scriverli, mi avrebbe aiutato
a superarlo. Giravo video continuamente per condividerli con la famiglia
e le avventure di Jan piacevano a tutti,
così ho comprato una videocamera più
buona e nel 2010 ho iniziato a girare,
consapevole di volerne fare un film»,
racconta Bernardo Moll, che ha trasformato la vita della sua famiglia nel
suo primo lungometraggio. In precedenza aveva curato il montaggio di
film come Un año en la luna, di Antonio María Gárate, e El amor se mueve,
di Mercedes Afonso Padrón.
Il documentario, che sarà proiettato
in ventiquattro sale spagnole, narra la
vita di Jan Moll da prima della nascita
fino all’età di sei anni, e l’uscita proprio il 4 novembre è stata il regalo per
il suo settimo compleanno. «La prima
volta che Jan ha guardato il documentario e ha visto tutti i baci che gli davamo quando era piccolo, è venuto
verso di noi e ci ha baciati per un bel
po’. Il film gli piace moltissimo e se lo
lasciassimo fare lo rivedrebbe in continuazione» commenta Mónica Vic, che
aveva deciso di non sottoporsi all’esame dell’amniocentesi — che individua
la possibile malattia genetica del feto
— perché c’era rischio di aborto e perché la percentuale di probabilità che il
figlio avesse la sindrome di Down era
molto bassa.
«Vederti esposta così, nella tua intimità, è molto diverso dall’interpretare
un personaggio. È la tua vita e devi
superare una barriera di pudore. Ma
avevamo fatto un accordo: lui realizzava il documentario e poi lo faceva vedere a me per prima, di modo che se
c’era qualcosa che non mi piaceva la
poteva togliere. Anche se quando l’ho
visto ho capito subito che non potevo
fare l’egocentrica e togliere un primo
piano perché ero venuta brutta o grassa; perciò il film è uscito così come
Bernardo l’ha fatto» confessa l’attrice,
la quale, oltre a questo film, dove interpreta se stessa, ha partecipato ad altri due in uscita fra breve a Madrid,
Our Town (al Tetro Fernán Gómez) e
Povorones (al Lara).
Ridurre le centocinquanta ore di registrazione ai novantacinque minuti
che dura il film è stato un lavoro difficile che però ha già recato frutti, non
solo nell’ambito della famiglia e tra
quanti seguono il blog, ma anche nel
Festival del Cinema di Malaga, dove è
stato presentato lo scorso 28 aprile in
una sezione dedicata ai documentari,
ricevendo una calorosa accoglienza e
critiche molto positive. Il progetto, che
è iniziato con una campagna di crowdfunding a cui hanno partecipato settecento persone, ha potuto contare anche sulla coproduzione di A Contracorriente Films y Enrique Cerezo. Il
budget è stato di 200.000 euro, 30.000
dei quali raccolti con la campagna di
micro-mecenatismo.
Il piccolo Jan
Sguardi a confronto
Quando Kaja, figlia di un fotografo professionista
polacco, parte per una gita scolastica, naturalmente
porta con sé una macchinetta fotografica. Suo padre si
aspetta che la figlia torni con decine di scatti,
affascinata come tutti dalle tante possibilità offerte
dalla tecnologia e desiderosa di condividere i suoi
ricordi. Ma al rientro di Kaja, papà Sebastian scopre
che le foto sono in tutto solo cinque e testimoniano
quelli che per la figlia sono stati i momenti chiave del
viaggio: il paesaggio in movimento (visto dal finestrino
del treno), la riva del mare, il mare, una nuvola a
forma di angelo — la ragazza sostiene di aver visto in
quel momento il suo angelo custode — e il gelato
mangiato a fine gita. Ogni scatto era stato scelto con
cura e in modo consapevole, ed era quindi chiaro che
rappresentava una cosa importante per la fotografa.
Ciò che ha colpito Sebastian è stato il grande rispetto
della figlia per l’arte della fotografia e la forza dei suoi
messaggi. Anche se lui non le aveva mai insegnato
nulla e sebbene lo strumento usato fosse semplicissimo,
la ragazza, una diciassettenne con la sindrome di
Down, ha dimostrato di avere il grande dono di saper
vedere l’essenziale. Da quest’esperienza è nato il
progetto «Sguardi a confronto». Padre e figlia hanno
utilizzato questa volta macchine più sofisticate,
impostate ogni volta allo stesso modo, e si sono
impegnati in un “duello” che consisteva nel fotografare
gli stessi oggetti. Hanno scelto i posti più disparati
perché Sebastian voleva scoprire che cosa Kaja vedesse
attraverso l’obiettivo, in città, nel bosco, in montagna,
la mattina presto o al tramonto. Le loro fotografie a
confronto, frutto di questa sfida, si possono vedere
sulla pagina internet di Sebastian Łuczywo
sebastianluczywo.pl. Intanto la fotografia è diventata la
grande passione di Kaja, che insieme al suo papà sta
pensando a nuovi progetti. (dorota swat)
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 10 novembre 2016
pagina 5
La vetrata istoriata della Trinity Chapel
raffigurante Becket con in mano il salterio
La lezione del latino
Sono le parole
a scegliere noi
di IVANO DIONIGI
uale lo stato di salute della parola
oggi? Da più parti e con sempre
maggiore intensità si leva corale
un lamento che sembra fare eco
all’autore anonimo Del Sublime
(44, 1) sulla «generale povertà di discorsi che
domina il nostro tempo»: la parola oggi rischia di non esserci amica; isola e non comunica, affanna e non consola, uccide e non salva.
La possiamo ritrovare chiara e distinta nella
scienza oppure originaria e interrogante nella
poesia, nella filosofia, nella teologia, non però
nell’esperienza quotidiana, dove, inghiottita
dall’imperante legge della velocità e dal delirio
del fare, è ridotta a vocabolo, slogan, merce; e
finisce per subire la segregazione — una vera e
propria apartheid — dalla realtà, dall’altro, da
noi stessi.
Come lamentava Frontone (Epistole 1, 2, 7),
non scegliamo con cura le parole migliori (optima), ma sono loro che scelgono noi e che «ci
vengono incontro per via»: sono le parole «ovvie» (obvia). Al contrario piene di significato
(significantia) sono le parole «insperate» e «impensate» (insperata atque inopinata verba):
quelle che contraddicono l’attesa e l’opinione
di chi ci ascolta o ci legge (4, 3, 3 praeter spero
atque opinionem audientium eut legentium).
Noi oggi abbiamo bisogno, non meno che
dell’ecologia ambientale, di una ecologia linguistica, che ci faccia scoprire la differenza tra
«vocaboli» e «parole». Una delle cause principali della volgarità attuale è l’incuria delle parole; e parlare scorrettamente, diceva Platone,
oltre a essere una cosa brutta in sé «fa male
anche all’anima» (Fedone 115 e). Noi scontiamo
una quotidiana Babele linguistica quando le
nostre parole scadute e derubricate a vocaboli
smarriscono la loro identità e capacità comunicativa: con la stessa parola indichiamo cose diverse, e con parole diverse indichiamo la stessa
cosa, e soprattutto alcune parole vengono impiegate e addirittura inventate per usi mistificati e false equivalenze.
Si pensi ai tanti neologismi, in particolare di
ambito economico e militare, quali «legge di
mercato» per sfruttamento, «flessibilità» per
disoccupazione, «economia sommersa» per lavoro nero, «guerra preventiva» per aggressione, «corridoio di pace» per intervento militare.
La stessa politica è ridotta a un problema linguistico, come constatava con amara ironia
Pontiggia: «Aumentare le pensioni, diminuire
il debito pubblico, difendere lo stato sociale,
ridurre il carico fiscale, mantenere i diritti acquisiti, combattere la disoccupazione, incrementare il risparmio, incentivare i consumi.
Che cosa è, una sciarada, un rebus, il gioco
dei contrari? No, è un programma. Il sogno di
ogni politico è far proprie le ragioni del concorrente e sostituirsi a lui. Non sono più partiti (partes), sono totalità. La coabitazione coatta
degli opposti, che nella retorica si chiamava
ossimoro, è diventata la figura della convivenza ideologica. La politica in Italia è un problema linguistico».
Questo uso elusivo, ambiguo, stravolto delle
parole era ben noto a Sallustio, storico del I
secolo prima dell’era cristiana, testimone del
declino politico e morale della Repubblica, il
quale per bocca di Catone ammoniva: «Abbiamo smarrito i veri nomi delle cose» (Catilina
Q
Identificato un codice appartenuto a san Tommaso Becket
Il salterio
dell’arcivescovo
di GABRIELE NICOLÒ
uando fu assassinato,
nel
1170,
Thomas
Becket aveva in mano
il suo libro di Salmi
personale: lo stesso manoscritto che lo storico Christopher
de Hamel afferma di aver trovato
nella Parker Library di Cambridge.
La tesi sostenuta dallo studioso è
scaturita da una conversazione, poi
rivelatasi illuminante, con un collega che gli aveva mostrato un’annotazione contenuta nel Sacrists’ Roll
della cattedrale di Canterbury, risalente al 1321. Questa pergamena
fornisce una dettagliata descrizione
del salterio che, rilegato con pietre
preziose, era conservato come una
reliquia nella tomba del santo arcivescovo inglese. Christopher de
Hamel, citato dal «Guardian», afferma che in quel momento ha avuto un’intuizione. La descrizione
corrispondeva perfettamente a un
codice dei Salmi che aveva già visto
e analizzato: si trattava appunto del
manoscritto conservato nella Parker
Library. Lo storico dunque si dice
convinto che si tratta dello stesso
manoscritto custodito nel reliquiario di Becket.
Secondo una nota del XVI secolo,
come ha ricordato Alison Flood sul
«Guardian», quel salterio un tempo
era appartenuto all’arcivescovo ma
secondo Christopher de Hamel «gli
studiosi hanno sempre pensato si
trattasse di un’ipotesi senza fondamento, trascurando così il decisivo
legame
tra
l’annotazione
del
Sacrists’ Roll e il manoscritto conservato nella Parker Library».
In un articolo pubblicato sulla
«Saturday’s Guardian Review»
Christopher de Hamel — autore di
un libro che sta riscuotendo grande
successo in Gran Bretagna, Meetings
with Remarkable Manuscripts — sostiene che il salterio fu copiato a
Canterbury all’inizio dell’XI secolo.
Venne trascritto per Alphege, arcivescovo dal 1005 al 1012, che venne
trucidato dai vichinghi a Greenwich: venerato come santo sia dalla
Chiesa cattolica che, più tardi, dalla
Chiesa anglicana, Alphege fu il personale patrono di Becket, che per
lui nutriva una grande devozione.
L’annotazione del Sacrists’ Roll
attesta che il salterio appartiene
all’arcivescovo di Canterbury, cioè
Alphege, e che si tratta di un codice per uso personale. «Sono convinto — afferma lo storico di Cambridge — che Becket s’imbatté in
questo libro e che, in segno di fedeltà al suo amato patrono, ne prese subito possesso».
Corrobora questa tesi un particolare certamente non trascurabile: la
vetrata istoriata della Trinity Chapel a Canterbury mostra l’arcivescovo con in mano un libro che ha le
stesse dimensioni del salterio in
questione e quella stessa raffinata
rilegatura decorata con pietre preziose. La vetrata è situata sopra il
reliquiario di Becket ed è quasi
contemporanea al martirio del santo. Sotto il regno di Enrico VIII, il
reliquiario venne distrutto.
«Ovviamente — afferma lo studioso — chi realizzò quella vetrata
Q
intese mostrare ciò che era contenuto nel reliquiario, obbedendo anche
a una strategia di marketing. E
quando la sepoltura fu distrutta,
nulla che in essa era conservato si
salvò, eccezion fatta per il salterio».
Numerosissimi fedeli che giungevano nella cattedrale inglese — tra
loro Geoffrey Chaucer, che nei celeberrimi Canterbury Tales descrisse
quei pellegrinaggi alla tomba del
popolarissimo martire — videro nel
salvataggio del salterio il segno di
una precisa volontà divina.
La tesi di Christopher de Hamel,
incentrata sulla presenza del codice
al momento dell’assassinio, aggiun-
Secondo Christopher de Hamel
il libro dei salmi un tempo custodito
nel reliquiario dell’arcivescovo
è ora conservato
alla Parker Library di Cambridge
ge un particolare toccante alla tragica fine di Becket, subito visto come simbolo della difesa della fede
contro l’assolutismo politico. Tratto, questo, reso magistralmente nel
notissimo dramma di Thomas
Stearns Eliot Murder in the Cathedral (1935), che raffigura la radicale
contrapposizione tra potere civile e
potere spirituale. E in questo contesto il salterio è segno della preghiera che nel personaggio celebrato da
Eliot rappresenta una delle caratteristiche di ogni cristiano, soprattutto di quanti sono destinati alla testimonianza estrema del martirio.
E come afferma l’arcivescovo nel
dramma di Eliot, durante la messa
di Natale del 1170 celebrata nella
cattedrale di Canterbury, «un martirio è sempre un disegno divino e
mai un disegno dell’uomo, perché
il vero martire è colui che è diventato lo strumento di Dio e che non
desidera più niente per se stesso,
neppure la gloria di essere un martire». E questa affermazione sembra
richiamare i versi del terzo canto
del Paradiso dantesco, nell’incontro
con Piccarda Donati, E ‘n la sua
voluntade è nostra pace che ricordano all’umanità il dovere di conformarsi alla volontà divina, fino
all’annullamento di se stessi.
Ed Eliot, che per Dante aveva
una vera e propria venerazione, riconosce in Becket la figura perfetta
in cui esprimere questo concetto.
Così, quando i quattro cavalieri irrompono nella cattedrale per ucciderlo (forse su ordine di Enrico II),
l’arcivescovo, pur sollecitato dai
suoi sacerdoti a fuggire e a mettersi
in salvo, rimane al suo posto, pronto, per il bene della Chiesa, a subire il martirio. Prima di essere assassinato, come attestano documenti
d’epoca, andò nella sua stanza a indossare per l’ultima volta i paramenti sacri, tra i quali la mitria e
l’anello. Tenendo stretto nella mano
il suo salterio personale ora identificato da Christopher de Hamel.
52,11 nos vera vocabaria rerum amisimus), per
cui «elargire i beni altrui viene chiamato liberalità e la temerarietà nelle male azioni viene
detta forza d’animo» (buna aliena largivi liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur);
come era stato noto già a Tucidide (V secolo
prima dell’era cristiana), modello di Sallustio,
il quale individuava nell’uso ingannevole della
parola (euprépeia lógou) la sintomatologia perversa (kakotropía) della guerra civile: «Pretesero persino di cambiare la consueta accezione delle parole (onómata) in rapporto
ai fatti, sulla base di ciò che ritenevano
giustificato. La temerarietà sconsiderata
fu ritenuta coraggiosa solidarietà di partito; la prudente cautela, speciosa vigliaccheria; l’equilibrio, ammantata codardia; l’assennatezza in tutto, inerzia
verso tutto; l’impetuosa impulsività fu
accreditata a un temperamento virile; il
riflettere con calma, in nome della sicurezza, a suadente, pretestuosa riluttanza» (La guerra del Peloponneso 3, 82, 4).
Ancor più esplicito — e per noi, ahimè, oggi fin troppo sinistramente familiare — è l'atto di accusa di un personaggio dell’Agricola di Tacito (30, 6)
contro la voracità imperialistica dei Romani: «Il depredare, il massacrare e il rapinare
con falsi nomi li chiamano "impero" (imperium), e dove fanno il deserto lo chiamano
"pace" (pax)». Un passo, questo, straordinariamente fortunato fino ai nostri giorni e caro sia
ai movimenti pacifisti (in particolare a quello
contro la guerra in Vietnam) sia ai leader di
Paesi martoriati dalla guerra (il presidente libanese Fouad Sinora lo citerà a Roma, nel luglio
2006, di fronte a Condoleezza Rice).
Saranno i pensieri mignon di twitter, sarà la
semplificazione comunicativa, sarà una sorta di
autofagismo mediatico; a mio parere, questo è
il tempo non dei cittadini ma dei padroni del
linguaggio. Nel tempo della retorica totale, del
rinnovato impero della retorica — dove la parola sembra più che mai essere il destino di
ognuno di noi dove i colpi di Stato si fanno a
suon di parole prima ancora che di armi —, la
vera tragedia è che i padroni del linguaggio
mandino in esilio i cittadini della parola. In
questa prospettiva la filologia, «la cura e
l’amore per la parola», trascende il significato
di disciplina specialistica e di mestiere umbratile di pochissimi studiosi, e si eleva a impegno severo e nobile di ogni uomo che non intenda né censurare né censurarsi.
Sì, siamo tutti filologi, per natura prima che
per educazione, perché — secondo la definizione di Aristotele — l’uomo è «il vivente che ha
Il presente non basta
Pubblichiamo uno stralcio dal libro Il
presente non basta. La lezione del latino
(Milano, Mondadori, 2016, pagine 112,
euro 16) del latinista Ivano Dionigi, già
rettore dell’università di Bologna, che
verrà presentato giovedì 10 a Milano.
la parola» (Politica 1253a zôon lógon échon), è
l’unico animale dotato di parola. Pertanto «la
parola è prima, la comunicazione è seconda»;
non a caso infatti parliamo di medium e di media. Per significare questa priorità della parola,
anzi che l’uomo è la parola e la parola è l'uomo, Lacan conierà il neologismo parlêtre, «parlessere».
È questo logos che fonda la società e la polis,
facendosi tramite, passaggio, ponte (dia-) tra
gli uomini: dia-logos appunto. Nella tragedia
di Sofocle, Antigone e Creonte portano alla
rovina se stessi e la patria perché mono-loganti
e non dialoganti. Entrambi non si fanno attraversare e accomunare dal logos.
Dimensione intramondana, questa, ma paradossalmente consonante con la visione biblica
per la quale la Parola presiede sia al momento
della creazione (Genesi 1, 1) sia a quello dell'incarnazione (Giovanni 1, 1).
Cesare Maccari, «Cicerone denuncia Catilina in senato» (1880)
Una preghiera di san Martino
Pubblichiamo un articolo uscito su «La
Croix» del 5 novembre.
di MARTIN STEFFENS
Simone Martini, «San Martino» (1317)
Quando ero bambino, capitava spesso che
si dimenticassero di farmi gli auguri per il
mio onomastico. Va però detto che il mio
onomastico è nascosto sotto l’armistizio
dell’11 novembre [1918, ricorrenza
francese]. È come il santo che vi si celebra:
discreto. Infatti san Martino di Tours,
raffigurato a cavallo, con il largo mantello
che la sua spada fende in due, fu
soprattutto un povero per i poveri. Accettò
gli incarichi ecclesiastici proprio come tali,
e non come un onore. In questo anno del
suo anniversario, è bene che venga
onorato: mille e settecento anni fa, lontano
dalla Francia, Martino vedeva la luce. Si
racconta che al termine della sua vita,
spossato per essersi adoperato per Cristo e
la sua Chiesa, il vescovo di Tours formulò
questa preghiera: «Dio mio, se hai ancora
bisogno di me, sono il tuo uomo. Ma se
ritieni che ho compiuto il mio dovere,
allora, ti prego, sollevami dalle mie
funzioni». Il giorno in cui ho scoperto
questa preghiera tanti pensieri cupi sono
volati via. Dono del mio santo patrono,
questa preghiera mi ha sollevato un po’
dalla paura di morire. Perché questa
preghiera ci dice: la misura della nostra
vita non è il conteggio preoccupato dei
nostri anni, ma lo sbocciare di Dio in noi.
L’avventura terrena dura finché Dio
pronuncia il nostro nome mescolandolo
alla storia del mondo. Finirà come si
spegne l’eco di un richiamo. Nulla da
temere per chi acconsente a essere
strumento nelle mani di Dio: “il Dio non
dei morti ma dei vivi”, come lo chiama il
vangelo di questa domenica, non toglie la
vita al suo discepolo né prima, né dopo,
né troppo presto, né troppo tardi.
Quando si segue Gesù, non si ha più
quarant’anni, non si ha più sessanta od
ottant’anni: si ha il tempo che si prende
per offrire un servizio. Si ha l’età
incalcolabile di una storia di amicizia. Si
ha la Vita dinanzi a sé.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 10 novembre 2016
Nel documento dell’episcopato portoghese
Catechesi adeguata
alle sfide dei tempi
Trentamila migranti in strutture ecclesiali italiane
Educazione all’accoglienza
ROMA, 9. «La migrazione è un fenomeno epocale, non passeggero,
che cambia la geografia dell’umanità». E in questo senso «la Chiesa è
da tempo in prima fila a difesa dei
più deboli». È quanto ha ribadito il
vescovo ausiliare di Roma e presidente della fondazione Migrantes,
Guerino Di Tora, nel corso di un
convegno in cui lo stesso presule ha
reso noti i dati dell’impegno della
Chiesa in Italia sul fronte dell’accoglienza a profughi e immigrati. «A
ottobre erano circa 30.000 i migranti accolti in circa 3000 strutture di
199 diocesi», ha detto il presule, per
il quale «si tratta di una accoglienza
letteralmente ramificata in strutture
piccole e grandi».
Quello della Chiesa verso i migranti è un impegno che certamente
non nasce oggi ma che, indubbiamente, ha ricevuto nuovo robusto
impulso dagli appelli di Papa Francesco. Ad aprile, «data del nostro
ultimo report — ha spiegato monsignor Di Tora — i migranti ospitati
erano 22.600: il 63 per cento nelle
strutture di prima accoglienza, il 15
per cento in quelle di seconda accoglienza, il 20 per cento nelle parrocchie, l’1 per cento nelle 175 famiglie che avevano garantito la loro
disponibilità». A ciò si aggiunge
l’impegno di oltre sessanta istituti
religiosi femminili e di molti istituti
maschili.
L’opera della Chiesa, tuttavia, si
scontra non raramente con una cultura segnata da intolleranza, xenofobia e manifestazioni di odio tanto
violente quanto ingiustificabili. Per
questo, ha sottolineato al riguardo il
vescovo segretario generale della
Conferenza episcopale italiana (Cei)
Nunzio Galantino, «nel decennio in
corso la Chiesa italiana ha assunto
l’opera educativa come ambito prioritario di impegno, con l’attenzione
a superare i confini parrocchiali e
ad allacciare alleanze con le altre
agenzie educative, cercando insieme
di formare alla cittadinanza responsabile con, in particolare, l’impegno
esplicito a superare ogni forma di
intolleranza e di conflitto, come pure paure, pregiudizi e diffidenze,
promuovendo la mutua conoscenza,
il dialogo e la collaborazione». Di
qui le «numerose iniziative assunte
con convinzione e continuità dalle
comunità ecclesiali», che «spaziano
dalle proposte di percorsi di volontariato e di servizio civile in Italia e
all’estero, all’accoglienza di decine
di migliaia di immigrati, rifugiati, ri-
chiedenti asilo e vittime della tratta». Di pari passo, «vanno le centinaia di progetti sostenuti nel Sud
del mondo e rivolti allo sviluppo integrale della persona».
Sul fronte dell’impegno culturale,
monsignor Galantino ricorda «le
iniziative di dialogo interreligioso
con ebrei e musulmani, come il sostegno alla campagna per la riforma
della legge di cittadinanza, così da
riconoscerla alle centinaia di migliaia di bambini e ragazzi figli
dell’immigrazione e nati o comunque cresciuti nel nostro Paese: per
molti di loro gli oratori e le sale della comunità sono luoghi di incontro
e di effettiva integrazione». Nella
sola diocesi di Genova — è stato ricordato dal cardinale arcivescovo
Angelo Bagnasco nel corso della celebrazione del giubileo dei migranti
e dei senza fissa dimora — sono circa ottocento le persone accolte dalle
strutture ecclesiali. Per il presidente
della Cei, riguardo all’accoglienza
dei migranti, «l’Europa potrà fare di
più soltanto se ripenserà se stessa e
alle sue basi che non possono essere
prevalentemente economiche, finanziarie e di profitto, ma devono essere anzitutto fondamentalmente delle
basi spirituali e morali».
FÁTIMA, 9. Si concluderà domani, giovedì, a Fátima la centonovantesima assemblea plenaria
dei vescovi portoghesi. Tra i numerosi temi affrontati la lettera
pastorale sul centenario delle
apparizioni, il documento dal titolo «La catechesi: la gioia
dell’incontro con Gesù Cristo»
dedicato, appunto, al rinnovamento della catechesi, e l’eutanasia.
Secondo monsignor Manuel
Pelino, responsabile della commissione episcopale per l’educazione cristiana e la dottrina della fede, «la catechesi non nasce
soltanto dai libri, oggi nasce
molto
dall’accompagnamento
personale». «I catechisti — ha
aggiunto monsignor Flavio Giovenale, vescovo di Santarém —
rispettano la libertà delle persone e cercano di far sì che i fedeli
seguano un cammino che avanza nella luce di una vita più piena, più libera, più fraterna e cercano di costruire un mondo più
giusto e più in sintonia con il
regno di Dio». Il documento
«La catechesi: la gioia dell’incontro con Gesù Cristo», che ha
l’obiettivo di incoraggiare la riflessione sulla catechesi contemporanea, è stato distribuito in
50.000 copie e ha raggiunto tutti i catechisti del paese.
Servirà indubbiamente anche
ad affrontare con il giusto strumento un tema spinoso come
quello del fine vita. L’associazione dei medici cattolici portoghesi (Amcp) ha definito in
questi giorni la discussione sulla
legalizzazione
dell’eutanasia,
«un segnale della perdita di significato della vita umana. La
società civile — sostengono in
un documento i medici — non
può e non deve consentire che,
in nome di un’illusoria autonomia e di una distorta nozione di
libertà (che conduce all’individualismo egoista e all’indifferenza nei confronti del prossimo)
diventi lecito ciò che è proibito,
generando in tal modo un’autentica cultura della morte».
La presa di posizione ufficiale
dei medici portoghesi costituisce
una reazione al primo caso di
eutanasia infantile avvenuto in
Belgio, e risponde più direttamente alla «petizione per il diritto a morire con dignità» presentata in parlamento dal partito “Bloco de Esquerda”, sostenuta da ottomila cittadini firmatari. L’associazione ricorda an-
che l’opinione già espressa
nell’ottobre scorso dall’ordine
dei medici, nella quale si dichiarava che l’eutanasia pregiudica
la dignità della vita umana, e
della stessa professione medica.
Il messaggio dell’Amcp evidenzia con forza le implicazioni legislative che avrebbe la legalizzazione del suicidio assistito.
«Qualunque legge che costituisse un attentato di qualsiasi genere contro la vita — concludono i medici cattolici — porterebbe lo Stato a negare le funzioni
di difesa e di protezione delle
persone».
Una fattoria in Slovacchia
per dare speranza
BRATISLAVA, 9. Una piccola fattoria
che porta il nome di san Giovanni
Paolo II ha aperto le porte ai senzatetto nella diocesi slovacca di Banská Bystrica.
Il progetto, lanciato e gestito dalla
ong cattolica “Il buon pastore”, offre
ai bisognosi non solo l’opportunità
di lasciarsi alle spalle le loro vecchie
e disperate condizioni di vita, ma
anche di approfondire la propria fede in Dio. «L’obiettivo del servizio
— ha spiegato al Sir padre Martin
Dado, direttore dell’arcivescovado di
Bratislava — è di offrire loro una terapia in due modi: tramite il lavoro
e la preghiera».
Il vescovo di Banská Bystrica,
monsignor Marián Chovanec, ha benedetto la sede della fattoria, nella
quale, all’interno dell’altare della
nuova cappella dedicata a san Francesco d’Assisi, sono conservate reliquie di san Giovanni Paolo II. Se-
condo monsignor Chovanec questo
progetto incentrato sull’agricoltura
ha grande significato spirituale e valore simbolico: «La Chiesa cattolica,
attraverso l’aiuto disinteressato di sacerdoti e volontari — ha sottolineato
— continua a radunare le pecorelle
smarrite, persone emarginate in condizioni di estremo bisogno».
La fattoria di Bzovik offre alloggio e opportunità di lavoro a quaranta senzatetto e i promotori del
progetto sperano di garantire a queste persone una nuova condizione
spirituale ed esistenziale.
In Slovacchia, un’indagine sui
redditi delle famiglie e sulle condizioni di vita pubblicata recentemente
dall’Ufficio di statistica, conferma
che nel 2015 640.000 persone, che
rappresentano circa il 12,3 per cento
della popolazione, erano a rischio
povertà.
Il cardinale Nichols all’incontro della Caritas Social Action Network
In Belgio gli alunni scelgono ancora l’ora di religione
Senza tetto e detenuti
emergenze nel Regno Unito
Studiare le fedi
per capire l’altro
LONDRA, 9. L’attuale emergenza
abitativa nel Regno Unito si affronta cominciando dalla prevenzione, ossia intervenendo
sulle cause che costringono sempre più persone a vivere per
strada o in alloggi di fortuna. È
quanto ha dichiarato il cardinale
Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, durante il ricevimento annuale in
parlamento della Caritas Social
Action Network (Csan), la rete
delle associazioni caritative cattoliche britanniche.
Il numero dei senza fissa dimora in Gran Bretagna è raddoppiato dal 2010 ed è aumen-
tato del 30 per cento nel solo
2015. Secondo le stime ufficiali
riportate dal quotidiano «The
Guardian», ogni notte nel Paese
3569 persone dormono all’addiaccio. A questi — ha osservato
il porporato — sono da aggiungere i tanti «homeless nascosti»,
soprattutto giovani, che riescono
a trovare sistemazioni di fortuna
temporanee. Per fare a fronte a
questa emergenza — ha sottolineato — occorre intervenire prioritariamente sulla prevenzione,
perché sono tante le circostanze
della vita che espongono le persone al rischio concreto di perdere un tetto sotto cui dormire:
difficoltà finanziarie, una separazione, situazioni di tossicodi-
pendenza, di alcolismo, la condizione di ex detenuto.
I tagli della spesa pubblica di
questi anni a sostegno delle famiglie e persone in difficoltà
hanno aggravato il problema,
aumentando il carico di lavoro
sulle charities locali che svolgono
una preziosa opera di aiuto ai
senza casa. In questo senso, il
cardinale Nichols ha salutato
positivamente il recente annuncio del ministro per le comunità
e le amministrazioni locali, Marcus Jones, di nuovi stanziamenti
da parte del suo dicastero per
programmi di prevenzione e il
finanziamento di alloggi in locazione a prezzi accessibili. Il ministero stanzierà anche 40 milioni di sterline a favore delle organizzazioni caritative. L’arcivescovo di Westminster — riferisce
Radio Vaticana — ha ribadito la
disponibilità della Chiesa a collaborare più strettamente con le
autorità su questo fronte. Nel
suo intervento Nichols ha poi
parlato dell’emergenza carceri.
Le prigioni britanniche, sovraffollate e con elevati tassi di violenza, autolesionismo e suicidi,
sono infatti al collasso, come ha
ammesso il precedente premier
Cameron che lo scorso febbraio
aveva dichiarato l’intenzione
dell’esecutivo di presentare un
progetto di riforma del sistema
penitenziario per migliorare la
drammatica situazione degli oltre 85.000 detenuti nel Paese.
Proprio al tema della riforma
carceraria — ha concluso il porporato — è dedicato un nuovo
documento della Conferenza
episcopale inglese e gallese dal
titolo «The Right Road» («La
strada giusta»).
BRUXELLES, 9. Entrata nel programma scolastico a partire dal
primo ottobre scorso, la nuova
materia “Educazione alla filosofia e alla cittadinanza” non ha
registrato in Belgio un elevato
numero di partecipanti fra le
bambine e i bambini delle scuole primarie. Il nuovo corso sostituisce, per chi lo desidera, la seconda ora di insegnamento religioso, prevista da una legge del
1958 che disciplina la materia.
A partire da quest’anno scolastico — riferisce il sito protestante riforma.it — i genitori potevano dunque scegliere se far frequentare ai propri figli la classica seconda ora di religione, o
meglio di storia delle religioni, o
se sostituirla con il nuovo insegnamento proposto dal ministero dell’istruzione.
Molte associazioni laiche del
paese avevano portato avanti
una massiccia campagna di sensibilizzazione volta a promuovere il corso di filosofia alla cittadinanza. Le comunità religiose
si erano allarmate, tanto da scrivere una lettera pubblica nella
quale protestanti, cattolici, ortodossi, ebrei e musulmani avevano esortato i genitori a non accantonare l’insegnamento delle
religioni, fondamentale per comprendere in cosa crede il proprio
vicino di casa, il proprio compagno di banco, e attraverso il dialogo e la comprensione superare
i muri di odio che caratterizzano
purtroppo i nostri tempi. L’appello deve aver evidentemente
fatto centro, tanto che solamente
l’otto per cento degli studenti
belgi ha chiesto di partecipare
alle nuove lezioni. Secondo
monsignor Guy Harpigny, ve-
scovo di Tournai e responsabile
dei corsi di religione cattolica,
l’ora di religione aiuta «a sviluppare in maniera essenziale domande di senso a partire dalle
diverse tradizioni religiose; contribuisce a decostruire i discorsi
radicali; accompagna gli studenti ad aprirsi alla dimensione spirituale dell’esistenza e a lavorare
attivamente all’incontro dell’altro». Fra i firmatari degli appelli
vi sono, tra gli altri, monsignor
Jozef De Kesel, arcivescovo di
Mechelen-Bruxelles e presidente
della Conferenza episcopale, il
metropolita Atenagora della
Chiesa ortodossa in Belgio, Philippe Markiewicz, presidente del
Concistoro centrale israelita del
Belgio, Salah Echallaoui dei
musulmani del Belgio, il pastore
Stephan Fuite, presidente della
Chiesa protestante unita del Belgio, e Geert Lorein, presidente
del Sinodo federale delle Chiese
protestanti ed evangeliche belghe.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 10 novembre 2016
pagina 7
All’udienza generale di mercoledì 9 novembre, in Piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi:
Causa di beatificazione e canonizzazione
della serva di Dio
madre Maria Anselma Viola
(al secolo Palmira)
Da diversi Paesi: Religiosi Stimmatini; Suore di Santa Caterina da
Siena.
Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle
Parrocchie: Santa Maria della Rosa,
in Malpaga di Calvisano; San Lorenzo, in Parabiago; Sant’Agata, in
Santhià; San Bartolomeo, in Borgomanero; San Grato, in Cafasse; San
Desiderio, in Fiano Torinese; Beata
Vergine del Carmine, in La Spezia;
San Giovanni Battista, in Coriano;
Santa Lucia e Sant’Agata, in Cepagatti; Santa Maria del Carmine, in
Quadroni; Santa Maria Assunta, in
Maenza; Immacolata, in San Felice
Circeo; San Michele Arcangelo, in
Fornelli; Maria Santissima Addolorata, in Rutigliano; Tutti i Santi, in
Mesagne; San Tammaro, in Grumo
Nevano; Santo Stefano, in Tuoro di
Caserta; Santa Barbara, in Salento;
San Pietro; Santo Stefano, in Sala
Consilina; Santa Maria delle Nevi,
in Celle di Bulgheria; Santa Maria
Assunta, in Bella; San Rocco, in
Calderà di Barcellona Pozzo di Gotto; Santa Maria degli ammalati, in
Acireale; Sant’Anna, in Modica; San
Giuseppe, in Catania; Sant’Ansano a
Dofana, in Castelnuovo Berardenga;
San Paolo, in Montecchio Maggiore;
San Ciriaco, in Foglianise; San Pietro, in Fondi; Nostra Signora di
Lourdes, in Cusinati di Rosà; gruppi
di fedeli dalle Parrocchie di Caselle
Landi, Meleti, Taggia, Grugliasco,
Tirli e Castiglion della Pescaia; Militari del terzo Reggimento «Reos»,
di Viterbo; Confraternita del Santissimo Sacramento, di Leverano; Associazione “La Fenice”, di Taranto; Associazione Immacolata sorgente di
grazia, di Floresta; Associazione
Thalassemici, di Brindisi; Associazione cuochi e scuole alberghiere
della Campania; Associazione genitori uniti contro la sindrome di Rett,
da Campania e Basilicata; Associazione volontari ospedalieri, dal Veneto; Associazione Fidapa, di Barcellona Pozzo di Gotto; Associazione
Fondatrice delle Suore Missionarie Catechiste di Gesù Redentore
EDITTO
Gruppi di fedeli
all’udienza generale
Paroisse St. Hugues en Brionnais;
Paroisse de la Nativité; Paroisse
Sainte Marie sous Dun, Doyenne du
Brinnais; Collège Fénelon-SainteMarie, de Paris; Collège Notre Dame de Sion; Einsegnement catholique de Nice, Meurthe, Moselle et
Morbihan; Institution Notre Dame
de Sainte Croix, de Neuilly-sur-Seine; Equipe du Rosaire, de Paris;
groupe de Chevaliers du Saint Sépulcre, d’Arles; groupe de pèlerins
de Sainte-Pazanne; Paroisse SainteMarie, en Herminois.
From England: Pilgrims from the
following parishes: Our Lady of the
Rosary Parish, London; St
Mary,
Loughborough,
London; Prison chaplains
and chaplaincy assistants
from the Diocese of Arundel & Brighton, accompanied by Bishop Richard
Moth.
From Denmark: Students and staff from: Sisters of St Joseph Catholic
School,
Nykobing
St
Norbert’s Catholic School,
Vejle.
From Finland: Students
and staff from «Etlâ-Tapiola» Secondary School.
From Sweden: Pilgrims
scuola calcio Valtordino; Associazione Orfeo, di Crema; Gruppo Volontari Croce Azzurra, di Lanciano;
Gruppo caritas Diocesi di Livorno;
Gruppo Il Giubileo del mare e il
camminamento dell’anima, di Fossanova; Gruppo dell’Ordine internazionale dei discepoli di Auguste
Escoffier; Confartigianato Imprese
Provincia di Lodi; Casa di cura Villa
Rachele, di Caivano; Gruppo «Amici miei» della Diocesi di Ferrara-Comacchio; Centro sportivo italiano, di
Massa; Centro internazionale Antinoo per l’arte; Gruppo Compagnia
di Maria Chiara, di Verona; Comunità dei Servi di Maria di Montesenario, Vaglia; Gruppo Le mamme
degli angeli, di Frosinone; Gruppo
Accademia della risata, di Urbino;
Gruppo Arca Lombardia; Gruppi di
studenti: Liceo Cavour, di Roma, e
«Trinitas College», dall’Olanda; Istituto Levi, di Irsina; Istituto Diotti,
di Casalmaggiore; Istituto Moro, di
Montesarchio; Istituto Pilla, di Campobasso; Istituto Marchetti, di Senigallia; Istituto Severi-Guerrisi, di
Gioia Tauro, Palmi; con il Vescovo
di Oppido Mamertina - Palmi, Francesco Milito; Scuole della Fondazione Gerine Fabre, di Siena; Scuola
Immacolata Concezione, di Avellino;
Scuola Sant’Onofrio, di Rimini;
Scuola Settembrini, di Roma; Gruppi di fedeli da Sala Consilina, Varese, Marsala, Piacenza-Bobbio, San
Candido, San Demetrio ne’ Vestini,
Villa Sant’Angelo, Casale Monferrato, Domodossola, Vaprio d’Adda,
Briosco, Tramonti, Rio Marina.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Croazia; Repubblica Ceca; Slovacchia; Lituania.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii:
Miłosierdzia Bożego ze Starogardu
Gdańskiego; uczestnicy pielgrzymki
Szlaku
Papieskiego
«Tajemnice
światła» z diecezji ełckiej; pielgrzymi
indywidualni.
De France: Groupes de pèlerins
des Diocèses d’Angers, Auch, Tulle;
Paroisse Saint-François de Sales, de
Paris; Paroisse de Villemur-sur-Tarn;
from Voxtorp, Lutheran
Church of Sweden Parish,
Diocese of Vaxő.
From Hong Kong: Students and
staff from Island School.
From Indonesia: Pilgrims from: St
Laurentius Church, Alam Sutera; St
Albertus Church, Bekasi; St Michael
the Archangel Church, Marilao, Bulacan; St Christopher Church,
Grogol, Jakarta; Alumni from St Ursula Catholic School, Jakarta.
From Vietnam: Vietnamese pilgrims living in England and the
United States.
From Canada: Pilgrims from St
Anthony of Padua Church, Brampton, Ontario; Indonesian Community pilgrims from St Anselm
Church,
East
York,
Ontario;
Pilgrims from St Jude’s Parish and
Shrine,
Vancouver,
British
Columbia.
From the United States of America: Pilgrims from: Archdiocese of
Los Angeles, California; Archdiocese
of Miami, Florida; Archdiocese of
Kansas City, Kansas; Diocese of
Evansville, Indiana; Diocese of Baton Rouge and Diocese of Lafayette,
Louisiana; Diocese of Lansing, Michigan; Diocese of Corpus Christi;
Diocese of Dallas and Diocese of
Fort Worth, Texas; Pilgrims from
the following parishes: Christ the
King, Bakersfield, California; Santiago de Compostela, Lake Forest, California; Our Lady of Lourdes, Van
Nuys, California; Cathedral of San
Jose, California; Blessed Sacrament,
Waterbury, Connecticut; St Joseph,
Lakeland, Florida; St Boniface, Pembroke Pines, Florida; Basilica of St
Michael the Archangel, Pensacola,
Florida; St John Vianney, Chicago,
Illinois; St Teresa, Kankakee, Illinois; St Patrick, Cedar Rapids, Iowa; St Mary, Newton, Kansas; St Joseph, Mayfield, Kentucky; National
Shrine of the little Flower, Royal
Oak, Michigan; All Saints, Minneapolis, Minnesota; Holy Spirit, Rochester, Minnesota; Our Lady of the
Gulf, Bay St Louis, Mississippi; St
Andrew, Avenel, New Jersey; Assumption of the Blessed Virgin Mary,
Roselle Park, New Jersey; Our Lady
of Perpetual Help, Toms River, New
Jersey; St Helena, Hobbs, New Mexico; Our Lady of Refuge, Brooklyn, New York; Holy Cross, Bronx,
New York; St Francis of Assisi, Newburgh, New York; Our Father of
the Angels, Rego Park, New York;
Our Lady of Consolation Shrine,
Carey, Ohio; Our Lady Help of
Christians, Cincinnati, Ohio; St Katherine Drexel, Mechanicsburg, Pennsylvania; St Peter, Beaufort, South
Carolina; St Teresa, Bryan, Texas; St
Anthony Parish, Corpus Christi, Texas; All Saints, Houston, Texas; St
John Neumann, Houston, Texas; St
Paul, Houston, Texas; St Mary
Magdalene, Humble, Texas; St Mary’s Syro-Malankara Catholic Church, Mesquite, Texas; Blessed Sacrament, Norfolk, Virginia; Pilgrims
from: St Gregor Abbey, Shawnee,
Oklahoma; Tampa Medical Association; Franciscan Missionaries of Our
Lady Health-Care System, Louisiana; Students and faculty from Steubenville Franciscan University, Ohio.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Bartholomäus, Bartholomä; St. Gertrud, Dingelstädt;
St. Laurentius, Eberfing; St. Cyriakus, St. Joseph, St. Lambertus
und St. Martin, Grevenbroich; St.
Peter, Gündlkofen; St. Martin, Hanhofen; St. Felizitas, Lüdinghausen;
St. Laurentius, Marmagen; Mariä
Himmelfahrt, Memmelsdorf; St. Johannes, Oelde; Herz Jesu, Pforzheim; St. Marien, Rietberg-Varensell; St. Laurentius, Ruhmannsfelden; Mariä Heimsuchung, Sonthofen; St. Jakob, Wallgau; Mariä
Himmelfahrt, Weilterbach; Pilgergruppen aus dem Bistum Limburg;
Erzbistum München-Freising; Bistum Regensburg; Bistum Rottenburg-Stuttgart; Bistum Trier; Bistum
Würzburg; Pilgergruppen aus Bernbeuren; Friedrichsdorf/Taunus; Hohenschambach und Aichkirchen;
Ulm; Trier; Diözesanwallfahrten aus
dem Bistum Osnabrück in Begleitung von Weihbischof Johannes
Wübbe; Das Päpstliche Hilfswerk
Kirche in Not; Malteser Hilfsdienst
e.V.; Bund der Historischen Deutschen Schützenbruderschaften e.V.;
Kolpingwerk Bezirksverband Nordsee; Kirchenchor St. Cäcilia, Groß-
Zimmern; Pfarrsekretärinnen aus
dem Bezirk Lahn-Dill-Eder und Dillenburg; Freunde der Comboni-Missionare, Neumarkt Opf.; SchönstattPriester, Vallendar; Kolpingsfamilie
Hollage, St. Josef, Wallenhorst;
Landfrauenverband Bodenseekreis;
Leserreise Donaukurier, Ingolstadt;
Eifelverein Rheinbach; Heimat- und
Förderverein Grafschaft - Schanze
e.V.,
Schmallenberg,
Grafschaft;
Schülerinnen, Schüler und Lehrer
aus folgenden Schulen: Maria-WardRealschule, Augsburg; Max-PlanckGymnasium, Karlsruhe; Don-BoscoSchule, Rostock.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarreien Petrus
Canisius, Brixlegg; Pfarrverband
Fallbach, Loosdorf und Hagenberg;
Pilgergruppen aus Peuerbach; Wien.
Aus der Schweizerischen Eidge-
Il 9 gennaio 1983 moriva a Roma la serva di Dio madre Anselma
Viola (al secolo Palmira), fondatrice delle suore missionarie catechiste di Gesù Redentore.
La serva di Dio, nata a Falvaterra (FR) il 10 aprile 1892, desiderosa
di consacrarsi totalmente al Signore, entrò all’età di 23 anni nell’istituto delle «Figlie di S. Anna». Inviata, ancora novizia, per l’America
latina, si dedicò all’insegnamento della verità di fede. Svolse la sua
missione in Perú e in Bolivia, sempre protesa all’aiuto dei più poveri
ed emarginati. «Amore, riparazione ed apostolato» fu il suo motto.
Rientrata in Italia, nel 1941 fondò la congregazione delle «Suore missionarie catechiste di Gesù Redentore», con l’intento di dedicarsi alla
riparazione e all’istruzione catechistica nell’amata America latina.
L’istituto ben presto si estese in Italia e all’estero. Con l’esempio
personale indicò alle consorelle l’amore per l’Eucarestia, come centro
della vita consacrata e mezzo privilegiato di catechesi e di evangelizzazione.
Essendo andata vieppiù aumentando, col passare degli anni, la sua
fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio
alla causa di beatificazione e canonizzazione della serva di Dio, nel
portarne a conoscenza la comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli
i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al tribunale diocesano del Vicariato di Roma (piazza S. Giovanni in Laterano, 6 00184 Roma) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche
modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità della
detta serva di Dio,
Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali,
tutti gli scritti a lei attribuiti, ordiniamo, col presente editto, a quanti
ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine al medesimo tribunale qualsiasi scritto, che abbia come autore la serva di
Dio, qualora non sia già stato consegnato alla postulazione della
causa.
Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le
opere stampate, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata della serva di Dio. Coloro che gradissero conservarne gli originali, potranno presentarne copia debitamente autenticata.
Stabiliamo, infine, che il presente editto rimanga affisso per la durata di due mesi alle porte del Vicariato di Roma, e che venga pubblicato sulla «Rivista diocesana» di Roma, sulla rivista «Frontiera»,
sulla rivista «Limen», sui quotidiani «L’Osservatore Romano» e
«Avvenire» nonché affisso in tutte le chiese della congregazione
«Missionarie Catechiste di Gesù Redentore» sparse nel mondo.
Dato in Roma, dalla Sede del Vicariato, il 18 ottobre 2016
AGOSTINO card. VALLINI
Vicario Generale
nossenschaft: Pilgergruppe aus dem
Pastoralraum Gäu (Kanton Solothurn).
Marcello Terramani
Notaro
Aus der Provinz Bozen — Republik Italien: Pilgergruppen aus Bozen; Lana.
Uit het Koninkrijk der Nederlanden: Pelgrimsgroep uit Voerendaal;
St Caecilia Choir, Utrecht.
De España: Grupo de Sacerdotes
de Andalucía y Canarias; grupo de
peregrinos de La Alcarria; Parroquia
San André-San Antonio, de Mazarrón.
Causa di beatificazione e canonizzazione
del servo di Dio
padre Giovanni Antonio Baldeschi
Confondatore dell’Ordine Monastico
delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento
De México: grupos de peregrinos.
De Uruguay: grupo de peregrinos.
De Guatemala: grupo de jóvenes.
De Nicaragua: grupo de peregrinos.
De Argentina: grupos de peregrinos.
De Portugal: grupo da Obra nacional da Pastoral de turismo.
Do Brasil: grupo da Comunidade
Filhos da Misericórdia; grupo de
Santa Teresinha.
Conferenza internazionale
del Pontificio consiglio
per gli operatori sanitari
«Per una cultura della salute acco- un ricordo speciale dell’arcivescovo
gliente e solidale a servizio delle Zygmunt Zimowski, morto lo scorpersone affette da patologie rare e so 12 luglio, che è stato presidente
neglette» è il tema della trentunesi- del pontificio consiglio negli ultimi
ma conferenza internazionale pro- sette anni.
mossa dal Pontificio
Consiglio per gli
operatori sanitari, che
si svolge nell’Aula
nuova del Sinodo in
Vaticano dal 10 al 12
novembre. L’incontro
— presentato in conferenza stampa dal
segretario e dal sottosegretario del dicastero, monsignor JeanMarie Musivi Mupendawatu e il camilIl libro d’oro del municipio di Altötting firmato dall’arcivescovo
liano Augusto ChenZimowski l’11 febbraio 2013 (foto Guillermo Simón-Castellví)
di — prevede anche
EDITTO
Il 10 agosto 1840, moriva a Torre del Greco (NA) il servo di Dio padre Giovanni Antonio Baldeschi, sacerdote della diocesi di Roma e
confondatore dell’Ordine monastico delle Adoratrici perpetue del
SS. Sacramento.
Il servo di Dio, nella sua vita e nel ministero sacerdotale manifestò
l’amore verso Dio attraverso un amore immenso all’Eucarestia, dalla
quale attinse l’insegnamento di carità verso i più bisognosi, poveri ed
emarginati. Per volontà dei superiori passò molti anni a Napoli. Rimase esemplare per la capacità e tenacia nel difendere le cose di Dio
nonché per la fedeltà alla Chiesa cattolica. Particolarmente apprezzata fu anche la sua opera come direttore spirituale. Con grande prudenza ed amore guidò spiritualmente la beata M. Maria Maddalena
dell’Incarnazione e la serva di Dio M. Giuseppa dei Sacri Cuori, diventando maestro nel seminare l’amore verso il SS. Sacramento della
Eucarestia in un’epoca di anticlericalismo ottocentesco.
Essendo andata vieppiù aumentando, col passare degli anni, la sua
fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio
alla causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio, nel
portarne a conoscenza la comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli
i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al tribunale diocesano del Vicariato di Roma (piazza S. Giovanni in Laterano, 6 00184 Roma) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche
modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del
detto servo di Dio.
Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali,
tutti gli scritti a lui attribuiti, ordiniamo, col presente editto, a quanti
ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine al medesimo tribunale qualsiasi scritto, che abbia come autore il servo di
Dio, qualora non sia già stato consegnato alla postulazione della
causa.
Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le
opere stampate, che peraltro sono già state raccolte, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata del servo di
Dio. Coloro che gradissero conservarne gli originali potranno presentarne copia debitamente autenticata.
Stabiliamo, infine, che il presente editto rimanga affisso per la durata di due mesi alle porte del Vicariato di Roma, e che venga pubblicato sulla «Rivista diocesana» di Roma, sulla rivista «Ianuarius»
della curia di Napoli, sulla rivista «Vita della diocesi di Viterbo»,
nelle chiese dei monasteri dell’Ordine monastico delle Adoratrici
perpetue del SS. Sacramento sparsi nel mondo, e sui quotidiani
«L’Osservatore Romano» e «Avvenire».
Dato in Roma, dalla Sede del Vicariato, il 18 Ottobre 2016
AGOSTINO card. Vallini
Vicario Generale
Marcello Terramani
Notaro
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 10 novembre 2016
Il Papa ricorda il dovere di visitare malati e carcerati
Per restituire dignità
a chi ha sbagliato
Malati e carcerati vivono in una condizione
che ne limita la libertà. Per questo devono
essere tra i destinatari privilegiati
dell’impegno dei fedeli cristiani affinché venga
loro restituita la dignità: lo ha detto Papa
Francesco in piazza San Pietro proseguendo
all’udienza generale di mercoledì 9 novembre
le riflessioni sulle opere di misericordia
corporali.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La vita di Gesù, soprattutto nei tre anni
del suo ministero pubblico, è stata un incessante incontro con le persone. Tra queste, un posto speciale hanno avuto gli ammalati. Quante pagine dei Vangeli narrano
questi incontri! Il paralitico, il cieco, il
lebbroso, l’indemoniato, l’epilettico, e innumerevoli malati di ogni tipo... Gesù si è
fatto vicino a ognuno di loro e li ha guariti con la sua presenza e la potenza della
sua forza risanatrice. Pertanto, non può
mancare, tra le opere di misericordia,
quella di visitare e assistere le persone malate.
Insieme a questa possiamo inserire anche quella di essere vicino alle persone
che si trovano in prigione. Infatti, sia i
malati che i carcerati vivono una condizione che limita la loro libertà. E proprio
quando ci manca, ci rendiamo conto di
quanto essa sia preziosa! Gesù ci ha donato la possibilità di essere liberi nonostante
i limiti della malattia e delle restrizioni.
Egli ci offre la libertà che proviene dall’incontro con Lui e dal senso nuovo che
questo incontro porta alla nostra condizione personale.
Con queste opere di misericordia il Signore ci invita a un gesto di grande umanità: la condivisione. Ricordiamo questa parola: la condivisione. Chi è malato, spesso
si sente solo. Non possiamo nascondere
che, soprattutto ai nostri giorni, proprio
nella malattia si fa esperienza più profon-
da della solitudine che attraversa gran
parte della vita. Una visita può far sentire
la persona malata meno sola e un po’ di
compagnia è un’ottima medicina! Un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per
chi sente di essere abbandonato a se stesso. Quante persone si dedicano a visitare
gli ammalati negli ospedali o nelle loro
case! È un’opera di volontariato impagabile. Quando viene fatta nel nome del Signore, allora diventa anche espressione eloquente ed efficace di misericordia. Non lasciamo sole le persone malate! Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di
essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre. Gli ospedali sono vere “cattedrali del
dolore”, dove però si rende evidente anche
la forza della carità che sostiene e prova
compassione.
Alla stessa stregua, penso a quanti sono
rinchiusi in carcere. Gesù non ha dimenticato neppure loro. Ponendo la visita ai
carcerati tra le opere di misericordia, ha
voluto invitarci, anzitutto, a non farci giudici di nessuno. Certo, se uno è in carcere
è perché ha sbagliato, non ha rispettato la
legge e la convivenza civile. Perciò in prigione, sta scontando la sua pena. Ma qualunque cosa un carcerato possa aver fatto,
egli rimane pur sempre amato da Dio. Chi
può entrare nell’intimo della sua coscienza
per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso? È troppo
facile lavarsi le mani affermando che ha
sbagliato. Un cristiano è chiamato piuttosto a farsene carico, perché chi ha sbagliato comprenda il male compiuto e ritorni
in sé stesso. La mancanza di libertà è senza dubbio una delle privazioni più grandi
per l’essere umano. Se a questa si aggiunge il degrado per le condizioni spesso prive di umanità in cui queste persone si trovano a vivere, allora è davvero il caso in
cui un cristiano si sente provocato a fare
di tutto per restituire loro dignità.
Gli occhi azzurri della piccola Lua
Foto di gruppo con Francesco per i bambini
abbandonati che a Livorno sono ospitati nella
casa famiglia intitolata proprio al Pontefice. I
piccoli fanno parte del pellegrinaggio della
Caritas della diocesi toscana, giunto a Roma
insieme al vescovo, monsignor Simone Giusti.
La maggior parte di loro sono i poveri e i
bisognosi che quotidianamente trovano
sostegno nelle varie strutture disseminate nel
territorio. «La loro presenza qui, in questo
pellegrinaggio giubilare — ci dice monsignor
Giusti — è anche il segno visibile di come sia
importante non solo curare il corpo e sanare
le ferite fisiche, ma anche alimentare l’anima
delle persone».
Il giubileo della misericordia, ci spiega il
presule, sta lasciando tracce profonde
nell’attività della Caritas livornese: oltre ai
centri di ascolto operanti sul territorio e al
complesso chiamato “Sorgenti di carità” —
con un’area dedicata al sostegno delle
famiglie, e un’altra con le scuole di
avviamento al lavoro — accanto all’opera di
accoglienza dei rifugiati e al servizio garantito
da Villa Benedetta (casa per ragazze madri), il
frutto visibile dell’anno santo sarà una
radicale trasformazione del “Villaggio della
carità”, con un ampliamento da cinquanta a
trecento posti, con la mensa, le docce per i
senza tetto e anche alcuni minialloggi per gli
sfrattati.
In cerca di una carezza e di una parola di
conforto sono anche i genitori delle bambine
affette dalla sindrome di Rett. Sono giunti da
Napoli come rappresentanti dell’associazione
nella quale si sono riuniti da qualche mese
per sostenersi a vicenda. La sindrome di Rett
è una grave malattia neurologica che colpisce
le bambine generalmente nel secondo anno di
vita, portandole a perdere l’uso della parola e
le capacità manuali, seguiti da problemi
cardiaci e di deambulazione dovuti ad atrofia
muscolare, spesso con ritardi mentali gravi o
gravissimi.
Le bambine nascono apparentemente sane, ci
spiega Agnese, mamma della piccola Lua, 4
anni e occhi azzurri bellissimi con i quali la
bimba comunica tutta la vitalità che non
riesce a esprimere con la parola. Poi
improvvisamente si piomba in una situazione
disperata. «Non nascondo che in mezzo a
tanta sofferenza mi sono allontanata dalla
fede, ma le parole del Papa mi trasmettono
amore e speranza» confida la donna. Nel
momento di una prova così dura, ci dice la
presidente dell’associazione, Giuseppina Luti,
la reazione nelle famiglie può essere «o di una
fede vissuta ancora più intensamente, o di una
sorta di ribellione a Dio». Perciò, conferma,
questo pellegrinaggio «è per tutti noi un
sollievo per l’anima, un conforto per noi e per
le nostre figlie».
Nel segno della carità, questa volta
testimoniata nelle terre di missione, è anche la
presenza di un piccolo gruppo proveniente
dalla diocesi di Kielce, in Polonia. Hanno
portato con loro una statua di Gesù Bambino
per farla benedire da Papa Francesco.
L’immagine sarà collocata nel periodo di
Natale in un particolare presepe caratterizzato
dalla presenza di animali vivi. Il presepe sarà
occasione per raccogliere offerte da affidare a
missionari in partenza per l’Africa. Grazie a
iniziative di questo genere, la diocesi ha
finora finanziato la costruzione di due pozzi,
uno a Bousso, in Ciad, e uno a Ndim, in Sud
Africa.
Visitare le persone in carcere è un’opera
di misericordia che soprattutto oggi assume un valore particolare per le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti. Nessuno dunque punti il dito contro
qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti
di condivisione e di rispetto. Penso spesso
ai carcerati ... penso spesso, li porto nel
cuore. Mi domando che cosa li ha portati
a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno
tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza,
perché la misericordia di Dio compie prodigi. Quante lacrime ho visto scendere
sulle guance di prigionieri che forse mai
in vita loro avevano pianto; e questo solo
perché si sono sentiti accolti e amati.
E non dimentichiamo che anche Gesù e
gli apostoli hanno fatto esperienza della
prigione. Nei racconti della Passione conosciamo le sofferenze a cui il Signore è
stato sottoposto: catturato, trascinato come un malfattore, deriso, flagellato, incoronato di spine... Lui, il solo Innocente! E
anche san Pietro e san Paolo sono stati in
carcere (cfr. At 12, 5; Fil 1, 12-17). Domenica scorsa — che è stata la domenica del
Giubileo dei Carcerati — nel pomeriggio è
venuto a trovarmi un gruppo di carcerati
padovani. Ho domandato loro che cosa
avrebbero fatto il giorno dopo, prima di
tornare a Padova. Mi hanno detto: “An-
Filippo Lippi, «San Paolo visita san Pietro in prigione» (1485)
dremo al carcere Mamertino per condividere l’esperienza di san Paolo”. È bello,
sentire questo mi ha fatto bene. Questi
carcerati volevano trovare Paolo prigioniero. È una cosa bella, a me ha fatto bene.
E anche lì, in prigione, hanno pregato ed
evangelizzato. È commovente la pagina
degli Atti degli Apostoli in cui viene raccontata la prigionia di Paolo: si sentiva solo e desiderava che qualcuno degli amici
gli facesse visita (cfr. 2 Tm 4, 9-15). Si sentiva solo perché la grande maggioranza lo
aveva lasciato solo ... il grande Paolo.
Queste opere di misericordia, come si
vede, sono antiche, eppure sempre attuali.
Gesù ha lasciato quello che stava facendo
per andare a visitare la suocera di Pietro;
un’opera antica di carità. Gesù l’ha fatta.
Non cadiamo nell’indifferenza, ma diventiamo strumenti della misericordia di
Dio. Tutti noi possiamo essere strumenti
della misericordia di Dio e questo farà più
bene a noi che agli altri perché la misericordia passa attraverso un gesto, una parola, una visita e questa misericordia è un
atto per restituire gioia e dignità a chi l’ha
perduta.
Nei saluti ai fedeli l’invito a compiere le opere di misericordia
Gesti di prossimità
Gesti di prossimità nei confronti degli
ammalati e dei carcerati sono stati
chiesti dal Pontefice anche nei saluti
rivolti ai vari gruppi di fedeli al
termine dell’udienza generale.
Sono lieto di salutare i pellegrini di
lingua francese, in particolare il Collegio Fénelon Sainte-Marie di Parigi
e tutti i giovani, come pure i fedeli di
diverse diocesi e istituzioni. In questo
Anno della Misericordia, diveniamo
strumenti della misericordia del Signore che compie meraviglie, facendoci prossimi agli ammalati e visitando i prigionieri. Dio vi benedica!
Saluto i pellegrini di lingua inglese
presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Danimarca, Finlandia, Svezia,
Hong Kong, Indonesia, Vietnam, Canada e Stati Uniti d’America. Con
fervidi auguri che il presente Giubileo della Misericordia sia per voi e
per le vostre famiglie un tempo di
grazia e di rinnovamento spirituale,
invoco su voi tutti la
gioia e la pace del Signore Gesù!
Con affetto saluto i
fratelli e le sorelle di
lingua tedesca venuti
da Austria, Germania,
Svizzera e Italia, nonché i pellegrini provenienti dai Paesi Bassi.
Un particolare benvenuto rivolgo ai fedeli
della Diocesi di Osnabrück. Questo Giubileo ci aiuti a vincere la
nostra indifferenza e a
condividere vita e speranza con coloro che
soffrono o non sono
liberi. Il Signore vi
colmi della sua pace e
benedizione.
Carissimi pellegrini
di lingua portoghese,
benvenuti! Nel salutarvi tutti, specialmente i membri dei gruppi
e degli enti venuti dal
Brasile e dal Portogallo, vi invito a chiedere
al Signore una fede
grande per guardare la
realtà con lo sguardo
di Gesù e una carità
generosa per accostare
le persone con il suo
cuore misericordioso.
Così Dio benedica voi
e le vostre famiglie.
Saludo cordialmente a los peregrinos de
lengua española, en particular a los
grupos provenientes de España y Latinoamérica. Los animo a que sean
valientes y abran el corazón a Dios y
a los hermanos, de modo que sean
instrumentos de la misericordia y ternura de Dios, que restituye la alegría
y la dignidad a quienes la han perdido. Muchas gracias.
Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a
quelli provenienti dalla Giordania e
dalla Terra Santa. La visita ai malati
e ai carcerati porta loro tanto conforto e incoraggiamento affinché non
sentano l’amarezza della solitudine.
La visita regala anche a chi la compie
tanta ricchezza e porta a ringraziare
Dio per la grazia della salute e della
libertà. Siamo noi ad arricchirci
quando ci avviciniamo a coloro che
soffrono, perché chi soffre risveglia in
noi la certezza della nostra piccolezza
e del nostro bisogno di Dio e degli
altri. Il Signore vi benedica tutti e vi
protegga dal maligno!
Cari pellegrini polacchi, mentre ci
avviciniamo alla conclusione dell’Anno Giubilare della Misericordia, ringraziamo il Signore per tutte le grazie che abbiamo ricevuto come dono
della Sua divina tenerezza per noi, e
preghiamo perché con la forza dello
Spirito Santo sostenga i nostri buoni
propositi e le nostre opere di carità
corporali e spirituali per tutti coloro
che ne hanno bisogno. Vi accompagni sempre la Benedizione di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo!
Cari pellegrini di lingua italiana:
benvenuti!
Saluto i padri della Congregazione
delle Sacre Stimmate, che celebrano
il bicentenario di fondazione, e le
Suore di Santa Caterina da Siena.
Saluto il Gruppo Caritas di Livorno;
i ragazzi affetti dalla Sindrome di
Rett; gli studenti, in particolare quelli
dell’Istituto Severi-Guerrisi, accompagnati dal Vescovo di Oppido Mamertina - Palmi, Mons. Francesco Milito,
e i militari del terzo Reggimento “Reoas” di Viterbo. Il passaggio della
Porta Santa ricordi a ciascuno che solo attraverso Cristo è possibile entrare
nell’amore e nella misericordia del
Padre, che tutti accoglie e perdona.
Un particolare saluto rivolgo ai
giovani, agli ammalati e agli sposi
novelli. Oggi celebriamo la Dedicazione della Basilica Lateranense, la
Cattedrale di Roma. Pregate per il
Successore dell’Apostolo Pietro, cari
giovani, affinché confermi sempre i
fratelli nella fede; sentite la vicinanza
del Papa nella preghiera, cari ammalati, per affrontare la prova della malattia; insegnate con semplicità la fede ai vostri figli, cari sposi novelli,
nutrendola con l’amore per la Chiesa
e per i suoi Pastori.
Dal Trentino e da Malta
L’albero e il presepe in piazza San Pietro
Sarà realizzato dall’artista maltese Manwel Grech il presepe che sarà posto in
piazza San Pietro durante il periodo natalizio. Accanto alla rappresentazione della
natività sarà innalzato il tradizionale abete decorato, quest’anno proveniente dalle
foreste del Lagorai in Trentino. A darne
notizia è il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano che in un comunicato annuncia l’inaugurazione prevista nel
pomeriggio di venerdì 9 dicembre. L’albero e il presepe resteranno illuminati fino
alla notte di domenica 8 gennaio.
Il presepe, donato dall’arcidiocesi e dal
Governo di Malta, riprodurrà un paesaggio tipico dell’isola con 17 figure vestite
con abiti folkloristici. Non mancheranno
la tradizionale croce maltese e il “luzzu”,
l’imbarcazione locale, inserita non solo
per rappresentare la pesca e la vita quotidiana, ma anche il dramma dei migranti
che solcano le acque del Mediterraneo.
Donato dal comune di Scurelle, l’albero è un esemplare di abete rosso alto 25
metri. Al momento del taglio — domenica
13 novembre — i bambini della scuola elementare pianteranno una quarantina di
piccoli abeti rossi e larici in una zona poco distante, dove lo scorso autunno erano
stati abbattuti alcuni alberi colpiti da un
parassita. L’albero, che arriverà in Vaticano nella notte tra il 23 e il 24 novembre,
sarà decorato con sfere di argilla raffiguranti disegni realizzati da bambini in cura
presso i reparti oncologici di alcuni ospedali italiani. L’illuminazione è stata ideata
con un occhio alla tutela dell’ambiente
grazie a un sistema a led a basso consumo.
Nella mattinata del 9 dicembre le delegazioni maltese e trentina, insieme ad alcuni bambini che hanno realizzato i disegni, saranno presenti in Vaticano per la
consegna dei doni.