«IO DONNA ANTICA E IL MONDO DELLA TV»
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«IO DONNA ANTICA E IL MONDO DELLA TV»
[L’INTERVISTA] DI MARIAPIA BONANATE «IO DONNA ANTICA E IL MONDO DELLA TV» M Catena Fiorello, da una grande famiglia di spettacolo Qui a fianco: Catena Fiorello. A destra: il suo libro e un panorama di Letojanni 38 DICEMBRE 2006 CLUB3 i sento una donna antica in tutto, nelle scelte sentimentali, nella professione, nei rapporti con gli altri. Coltivo il culto dell’antichità, dei suoi valori e significati. Non mi piace questa società dell’immagine costruita su parole che non nascono da sentimenti veri, suonano vuote e false. Preferisco il nulla o l’isolamento, alla finzione della realtà. Questo me lo ha insegnato mia nonna, Catena D’Amore, alla quale ho dedicato, oltre che ai miei genitori, pilastri della mia vita, Picciridda». Le parole si posano determinate e leggere sulla giovane donna che mi sta di fronte e non ne contrastano la scattante modernità. La esaltano, dandole uno spessore che viene da lontano: una figura antica e moderna, per l’appunto. Catena Fiorello (il nome non facile, ma con il tempo accettato, ereditato dalla nonna; quarant’anni, terza dei quattro fratelli Fiorello, Rosario, Anna, Giuseppe al quale assomiglia molto ed è particolarmente legata) lavora da anni nel mondo dello spettacolo che ha reso celebre il suo clan familiare, ma la sua aspirazione è diventare scrittrice. «Per carattere amo molto, tutto e tutti, per questo sento l’esigenza di raccontare storie, in particolare quelle viste dalla parte dei deboli. Voglio far emergere le vicende di coloro che non contano nulla ma hanno fatto con i loro destini la storia. Non sono un’intellettuale, mi infastidiscono le barriere che gli intellettuali, chiusi nelle loro torri, alzano di fronte alla gente comune. Voglio raccontare storie che suscitino emozioni e facciano pensare. Non desidero insegnare niente a nessuno, solo tenere compagnia a chi legge e aiutarlo a sentirsi meno solo». Con questi intenti Catena Fiorello ha esordito con il romanzo Picciridda (Baldini Castoldi Dalai) che narra di una bambina di 11 anni, Lucia, ma per tutti soltanto a’picciridda, affidata alla nonna, la Generala, così soprannominata per il carattere battagliero e intransigente che le «aveva donato un’aura regale e misteriosa», una a “Picciridda”, una storia della Sicilia più profonda donna sopravvissuta a troppe cose per non essere obbligata a nascondere tenerezze e sentimenti. I genitori di Lucia sono emigrati in Germania per assicurare ai figli un futuro che non c’è a Leto, villaggio di pescatori fra Messina e Catania, immerso in una Sicilia ancestrale e maestosa, dove la natura non è ancora stata sconfitta (siamo negli anni Sessanta), dal turismo selvaggio e dalle ferite ecologiche. Una storia che l’autrice si portava dentro da tempo e che attinge ai ricordi d’infanzia, alle estati trascorse a Letojanni, accanto alla nonna che aveva trasformato la sua casa in una comunità aperta a tutti, ai pazzerelli del paese, alle ragazze madri, agli omosessuali che in quegli anni arrivavano a Taormina e «vivevano la loro condizione con discrezione ed eleganza» ricorda Catena. E aggiunge: «Mia nonna insieme al rigore mi ha educata alla tolleranza, a non meravigliarmi di niente, ad ascoltare senza giudicare, ad amare le diversità». Un piccolo mondo antico che rivive nel romanzo con i suoi riti e tradizioni, violenze e crudeltà, di cui fa traumaticamente le spese anche la picciridda. Un racconto lieve, anche nei momenti più drammatici, dove la stessa sofferenza si apre di continuo al respiro del mare, è illuminata da albe e tramonti stupendi che danno speranza e fanno bene al cuore. Un narrare semplice ed essenziale che ha scelto come filo conduttore le parole di Andrea Camilleri «il pane per mangiare, il letto per dormire, mani per lavorare, e cuore per soffrire», riuscendo a comporre un’epica quotidiana che attinge spesso alla poesia. Perché Catena Fiorello ha voluto le parole dello scrittore siciliano ad apertura del libro? «Esprimono il mio odio per il super- fluo, il mio amore per la sostanza delle cose, per la semplicità del quotidiano che ci fa percepire il gusto dell’eternità. Tutto può cambiare da un momento all’altro, siamo circondati dalla precarietà, dall’imperscrutabile, dall’ineluttabile, dobbiamo accettare i nostri limiti. Oggi viviamo come se tutto fosse possibile, non guardiamo più in su delle nostre teste, corriamo incoscienti, al riparo di sicurezze che non esistono. E siamo terribilmente infelici. Mia nonna dinanzi ai fatti della vita diceva: “Dio ha voluto così”, solo Lui sa le ragioni di quanto accade. Non erano parole banali, ma una rassegnazione ispirata da un’intelligenza emotiva che giungeva da una saggezza antica. «Anch’io credo in Dio, ho un rapporto intenso, quasi morboso, con la Madonna, non mi chieda perché. I miei genitori mi hanno lasciata molto libera, eppure sento di avere una fede profonda che mi dice con chiarezza ciò che è bene e ciò che è male, mi dice che ci sono cose sopra di noi che non sono opera dell’uomo». Anche la picciridda impara che c’è un ordine precostituito che Dio ci ha assegnato e dobbiamo rispettare. Questo pensiero l’aiuta a superare la convivenza con la nonna, amata e rifiutata, il dolore di sentirsi «figlia 씮 “ ” Anch’io credo in Dio, ho un rapporto intenso, quasi morboso, con la Madonna, non mi chieda perché CLUB3 39 DICEMBRE 2006 [L’INTERVISTA] 씮 della gallina nera», in continua perdita nei confronti degli altri bambini, ad affrontare con serenità il mistero della vita e della morte. «Sì, la mia picciridda, pur straziata dalla partenza dei genitori e da un’infanzia faticosa, non si rassegna, cerca di uscire dal buco nero in cui vive, magari sognando di comprare un comò per riporvi la biancheria, di esse- Il libro sta avendo successo grazie al passaparola tra i lettori conquistati dalla storia “ ” L’unico dispiacere è il silenzio della critica. Tutto perché mi chiamo Fiorello e faccio televisione, non sono abbastanza intellettuale Catena Fiorello con la madre Sarina e il fratello Rosario 40 DICEMBRE 2006 CLUB3 re un giorno come i turisti che non puzzano di povertà e si fanno ogni sera la doccia. Non si arrende perché vive, al contrario dei ragazzi di oggi, in simbiosi con la natura. Appena può corre sulla spiaggia e con i piedi nella sabbia (n.d.r: un leitmotif, quasi una nota musicale, che ritorna spesso nel racconto) per pochi minuti non si sente più infelice. Anche quando le viene strappata brutalmente l’innocenza dell’infanzia, riesce a trovare nella monotonia di un’esistenza aspra momenti di poesia e di speranza». Sono tanti i mali di vivere che la picciridda incontra nella sua iniziazione alla vita sotto lo sguardo severo della nonna che non le risparmia punizioni e tumpulata (schiaffo), che l’ama di nascosto ma per difenderla compirà un gesto d’amore estremo. C’è la sua condizione di figlia d’immigrati, che piange perché le manca la voce della mamma, l’ottimismo del padre «stregato dalla serenità». Il dramma dell’immigrazione è un peso sul cuore di Catena: «È stata il buco nero della nostra società. L’ho raccontata mettendomi anche dalla parte di chi rimaneva in patria e doveva pagarne i prezzi, le donne, i bambini, i familiari. I nostri emigranti sono eroi sconosciuti. Hanno subito ogni genere di umiliazioni, di sofferenze, di violenze, che li hanno uccisi moralmente giorno dopo giorno. Non hanno mai ricevuto trofei né attestati. Per questo vorrei dare a tutte queste persone una medaglia al valore, come agli eroi di guerra. Non c’è differenza. Il dramma oggi continua con chi arriva dal Sud del mondo e si porta appresso storie che nessuno scriverà mai. È la medesima giostra che fa salire altre razze, ieri noi, oggi loro». Picciridda è un romanzo di donne che con coraggio e tenacia portano il mondo sulle spalle. «Non volevo scrivere una storia di donne, ma poi mi sono accorta che la realtà quotidiana è nelle loro mani. Sono loro che davanti al dolore non scappano mai, perché nascono con una sensibilità istintiva nei confronti della sofferenza. L’uomo rifiuta il dolore, sia fisico sia morale, ne ha paura, e per questo spesso è un fallito». Picciridda sta ottenendo un buon successo, è iniziato il passa parola fra i lettori conquistati da una storia forte ed emozionante. Catena Fiorello è soddisfatta, ha raggiunto il suo scopo: comunicare con le persone attraverso sentimenti veri. «L’unico dispiacere è il silenzio della critica che non si è fatta viva né per stroncare il romanzo, né per approvarlo. Tutto questo perché mi chiamo Fiorello e faccio televisione, quindi non sono abbastanza intellettuale». 왎