SUSSIDIO - SETTIMANA IV.pages
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Quarta Settimana La fede 1. Il testo. Gv 3,14-21 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». 1 2. L’approfondimento biblico Gesù riceve la visita notturna di Nicodemo mentre si trova ancora a Gerusalemme, dove si è recato per la Pasqua e dove ha avuto luogo l'episodio della purificazione del tempio come abbiamo ascoltato nella III Domenica di Quaresima. L'incontro è raccontato nel capitolo 3 che può essere diviso in due parti: il dialogo tra Gesù e Nicodemo sul battesimo (vv. 1-12); il monologo di Gesù sulla missione del Figlio (vv. 13-21). Come si vede, il brano proposto dalla liturgia è preso dal monologo (a partire dal v. 14). L'evangelista presenta Nicodemo come un fariseo, capo dei giudei (v. 1) e dottore della legge (v. 10): il suo atteggiamento guardingo tradisce il timore di critiche e ritorsioni da parte degli altri giudei; successivamente però egli, come membro del sinedrio, avrà il coraggio di dire una parola in difesa di Gesù (Gv 7,50-52), e dopo la sua morte porterà l'unguento per imbalsamare il suo corpo (Gv 19,39). In lui sono rappresentati gli strati più sinceri e disponibili del giudaismo, che si aprono alla predicazione di Gesù e ricevono per primi il suo annunzio di salvezza. Siccome il monologo riprende e approfondisce le idee emerse nel dialogo, conviene ricordare il contenuto dei primi 12 versetti. Nicodemo chiede a Gesù, anche se non in maniera diretta, qual è la via giusta per andare a Dio. Adottando un modo di procedere che gli è spesso attribuito nel quarto vangelo, Gesù non risponde direttamente alla domanda di Nicodemo ma imposta lui stesso il discorso e gli svela una prospettiva che egli non avrebbe mai potuto immaginare: «Se uno non è generato dall'alto non può vedere il regno di Dio» (v. 3). Di fronte alla perplessità di 2 Nicodemo, Gesù spiega, rifacendosi a Ez 36,25-27, che questa rinascita avviene mediante l'acqua e lo Spirito (vv. 4-5); e soggiunge che, siccome lo Spirito non ha nulla a che fare con ciò che è proprio di ogni creatura terrena e limitata («carne»), la sua opera sfugge a ogni criterio umano di verifica (vv. 6-8). È chiaro che queste parole si riferiscono al battesimo cristiano, nel quale l'acqua simboleggia l’azione dello Spirito che il Cristo risorto dona ai credenti (cfr. Gv 1,33; 20,22-23). A una nuova richiesta di spiegazione da parte di Nicodemo, Gesù risponde osservando che, sebbene non abbia riferito se non ciò che ha veduto, la sua testimonianza non è stata accolta; e aggiunge che, se finora non gli hanno creduto, pur essendosi limitato a parlare di «cose della terra», difficilmente potranno credere quando parlerà di «cose del cielo» (vv. 9-12). Alla luce di Sap 9,16-17 le «cose della terra» potrebbero essere quelle ancora comprensibili alla mente umana, come può essere il Battesimo nello Spirito, di cui Gesù ha appena parlato alla luce dell’Antico Testamento; le «cose del cielo» invece sono quelle che riguardano il piano divino che solo Gesù, sapienza di Dio, conosce ed è venuto a rivelare. Ciò che rende difficile comprendere le parole di Gesù non è quindi il loro carattere enigmatico, ma piuttosto la mancanza di fede negli ascoltatori. Vediamo allora il testo che la liturgia propone: il monologo di Gesù. Esso approfondisce il tema della manifestazione di Dio nella persona di Gesù con queste parole: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (vv. 14-15). Al tempo di Gesù il serpente di bronzo (cfr. Nm 21,4-9), era 3 considerato come simbolo di quel Dio che aveva già dato nella Legge un pegno di salvezza. Il verbo «innalzare» viene applicato sia al serpente che al Figlio dell'uomo: nel primo caso riguarda solo un innalzamento materiale, quello dell'immagine di un serpente che guariva quelli che, morsi dai serpenti nel deserto, lo guardavano; nel secondo richiama il successo ottenuto dal servo di JHWH mediante la sua morte in croce (cfr. Is 52,13: «Il mio servo... sarà innalzato»), nonché la comparsa del Figlio dell'uomo davanti al trono di Dio (cfr. Dn 7,13). Per Giovanni l'innalzamento di Gesù sulla croce fa di lui, ad analogia del serpente di bronzo, un segno di salvezza, e al tempo stesso denota il suo successo come Servo di JHWH e come Figlio dell’uomo. Su questo sfondo la morte di Gesù in croce viene vista come la sua massima esaltazione, perché è il momento in cui si attua il suo ritorno al Padre, e al tempo stesso la vittoria sul peccato e la riconciliazione dell’umanità con Dio. Secondo un modo di procedere caro a Giovanni, la stessa idea viene ripresa, in modo parallelo, nel versetto successivo con questa espressione: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (v. 16). All'innalzamento del Figlio dell'uomo corrisponde in questa frase l'amore di Dio che dà il suo Figlio Unigenito; il «mondo» indica l'umanità intera, non in senso negativo, ma in quanto bisognosa di salvezza. Anche qui, come nel versetto precedente, lo scopo è il conferimento della vita eterna. Occorre notare che qui Giovanni usa il verbo «dare» e non il più consueto «consegnare», collegato alla morte del Servo di JHWH (Is 53,6 secondo il testo greco). Questo significa che 4 l'evangelista non pensa semplicemente alla morte di Gesù in croce, ma a tutta la sua vita di amore e di dedizione ai fratelli. Alla croce, intesa come ritorno a Dio, corrisponde quindi la vicenda umana di Gesù, vista come dono che Dio ha fatto all'umanità per dimostrarle il suo amore. Gesù dunque è «innalzato» perché Dio stesso lo aveva «donato»: in questi due verbi è racchiuso tutto il mistero del Figlio dell’uomo, su cui si basa quella fede da cui deriva la «vita eterna», cioè la vita di comunione con Dio. In questo versetto l'attributo di «Figlio dell'uomo» viene sostituito con quello di «Figlio unigenito» (cfr. Gv 1,18), più significativo per mettere in luce il rapporto specialissimo che unisce Gesù a Dio. Nei versetti successivi Gesù affronta il tema del giudizio. Egli afferma che «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (v. 17). Il giudizio, inteso come condanna, non rientra nei compiti del Figlio, il quale è venuto solo per procurare la salvezza di tutti. Il «mondo» indica qui nuovamente l'umanità in quanto bisognosa di essere salvata. La fede in Gesù elimina alla radice la possibilità di condanna, ma la mancanza di fede comporta già di per sé una condanna che l'individuo pronunzia su se stesso (v. 18). Per Giovanni il giudizio consiste nel rifiuto della luce che è venuta nel mondo. Chi fa il male odia la luce e preferisce le tenebre: ciò significa separarsi da Dio e precipitare nelle tenebre che sono proprie di una vita senza senso (vv. 19-21). Giovanni tende quindi a ridimensionare il ruolo di Dio e anche quello di Cristo nella condanna del peccatore, presentandola essenzialmente come effetto di una decisione presa dal peccatore stesso. 5 1 3. Il filo rosso. La fede in Gv 3,14-21 In questa quarta domenica di Quaresima troviamo centrale il tema della fede. In particolare, il vangelo descrive il dinamismo attraverso il quale la fede ci salva: la fede ci permette di compartecipare alla passione, morte e resurrezione di Gesù. Insieme a lui possiamo vivere una sorta di passione, morte e resurrezione anche noi. In altre parole, nella Pasqua di Cristo c’è anche la nostra pasqua! Riconoscere tutto questo nella concretezza della nostra vita è ciò che di più rivoluzionario possiamo sperare. 1. Cosa significa guardare il serpente di rame (Nm 21)? Come spiegato nell’approfondimento esegetico, l’immagine del serpente si riferisce a Numeri 21,1-9. Il popolo nel deserto mormora per l’ennesima volta contro Dio, il quale di tutta risposta invia loro dei serpenti velenosi che procurano la morte di quanti ne vengono morsi. Dopo le suppliche rivolte a Dio da parte di Mosè, Dio gli fa innalzare un serpente di rame in modo che chiunque venga morso, guardandolo non muoia più. Cosa alquanto strana, ma efficace! Noi penseremmo di dover evitare di guardare in faccia il nostro male, per stare bene. Al contrario, qui accade che chi guarda in faccia il male simboleggiato dal serpente di rame, guarisce dal veleno. Questa logica, pur tuttavia, non è così bizzarra come potrebbe sembrare. 1 Liberamente tratto da: ANSELM GRÜN, Gesù, porta della vita. Il Vangelo di Giovanni, Brescia 20042, 58-64. 6 Infatti, solo chi guarda il serpente di rame scopre che il vero serpente è lui stesso: Dio ha mandato i serpenti velenosi, per mostrare agli israeliti che i veri serpenti sono loro. Loro portano nel loro animo il veleno che, riversato polemicamente contro Dio, li uccide. Il loro veleno impedisce loro di liberarsi dalla schiavitù dell’Egitto per dirigersi verso la terra promessa. Guardare il serpente, allora, significa per ciascuno di noi renderci conto di quale sia la dinamica mortale che portiamo avanti in noi stessi per potercene liberare: darle un nome per disinnescarla attraverso scelte libere e consapevoli. 2. Gesù è il nostro serpente di rame. Il v. 14 dice che «come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo». Come può essere che proprio Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore, possa essere associato al serpente, creatura che per definizione è simbolo anche del diavolo (Gn 3)? Come gli israeliti erano chiamati a guardare il serpente di rame, così anche noi siamo chiamati a guardare Gesù sulla croce. In lui scopriamo che sono i nostri mali ad inchiodarlo. Sulla croce diventa visibile la ferita più profonda che ci minaccia, la morte e con essa tutte le altre ferite che la vita ci reca, l’amarezza e i pensieri velenosi che sorgono in noi quando veniamo rifiutati o feriti. In ultima analisi, in lui crocifisso, vediamo noi stessi crocifissi dal nostro stesso male. Fino qui, però, potrebbe arrivare anche uno sguardo solo umano. Da qui in poi, invece, può condurre solo lo sguardo della fede: è in forza di quest’ultima, infatti, che al guardare Gesù che muore 7 sulla croce, veniamo colpiti dalla profondità del suo amore, così diverso da tutto ciò che abbiamo visto nella nostra vita. Ne veniamo attratti, conquistati. Riconosciamo in esso la risposta a tutte le nostre domande e l’unica possibile via di uscita dalle nostre inefficaci prospettive tutte umane! Veniamo feriti da questo amore. Il suo amore ci penetra dentro e uccide l’uomo vecchio per far nascere l’uomo nuovo, nato da Dio, che ha nell’amore di Dio il suo fondamento. In poche parole, veniamo guariti dal male attraverso una esperienza che è davvero un morire al peccato per rinascere in Cristo. 3. Gesù innalzato ci dona la vita… eterna! Attraverso questa compartecipazione alla morte e resurrezione di Cristo che la fede ci permette di sperimentare, si accede alla vita eterna (v. 15: «perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna»). In cosa consiste la vita eterna di cui parla Giovanni? Si può sperimentare questa vita eterna? Essa è la vita che non può essere annientata dalla morte, non solo nel senso che esiste oltre la morte, ma la sperimentiamo fin da ora, mentre siamo in vita. Quando sono totalmente presente nell’attimo, quando sono del tutto uno con me stesso, allora avverto la qualità della vita eterna. Quando amo dell’amore di Dio e lascio che quest’amore illumini di un senso tutto nuovo le cose, allora il tempo e l’eternità si fanno una cosa sola. Passato e futuro si addensano nell’attimo e avverto che io sono in Dio e Dio è in me, allora entro in contatto con il vero essere, allora tutto è una cosa sola. 8 Se ci lasciamo riempire dall’amore di Dio, questo ci rinnoverà e questa sarà vita eterna, sarà la nostra salvezza. 4. Proposta di attività Tema e obiettivi. La fede propone una diversa comprensione di se stessi e della propria storia alla luce dell’incontro salvifico con l’amore di Dio. L’obiettivo dell’attivazione che viene descritta qui di seguito è prendere contatto con la propria storia personale, cercando di trovare nella persona di Gesù e nel suo amore per noi l’elemento armonizzatore, che fa unità nelle alterne e contraddittorie vicende. Attivazione: “Il puzzle della mia vita” L’attivazione è un po’ articolata e si divide in più momenti, ma ai partecipanti risulterà molto lineare ed efficace. 1. Dalla vita alla Parola. Attività preparatoria: “Alla finestra della mia vita”. 9 Cosa ci suggerisce la foto qui sopra? Potremmo essere anche noi alla vetrina di un bar e veder passare la nostra esistenza come un film in bianco e nero. Cosa vedremmo? Di fronte alla nostra vita che scorre quali sono i sentimenti che ci attraversano? Con quali colori, imparati già o sognati, potremmo dar forma al nostro futuro? Individua 6 scene della tua vita che ritieni siano particolarmente importanti, da’ loro un titolo e scrivi il titolo qui di sotto: 1. _____________________________________________ 2. _____________________________________________ 3. _____________________________________________ 4. _____________________________________________ 5. _____________________________________________ 6. _____________________________________________ 2. La Parola di Dio: Gv 3,14-21. Dare una spiegazione del brano biblico seguendo le indicazioni dei paragrafi precedenti (approfondimento esegetico e filo rosso). Sottolineare che Gesù è la luce che illumina di un senso nuovo le singole vicende della nostra vita. 10 3. Dalla Parola alla Vita. Attivazione principale: L’elemento unificatore della mia vita Viene preparato un foglio con un disegno di un puzzle sul fronte, mentre sul retro una immagine di Gesù. Quest’ultima, però, resterà nascosta da un altro foglio che gli sarà incollato sopra in modo leggero e solo ai lati, cosicché potrà essere staccato agevolmente quando sarà loro richiesto di staccarlo. fronte retro Si spiega ogni passaggio ai partecipanti, come segue. a. Nell’attività iniziale avete individuato 6 scene della vostra vita, assegnando loro un titolo. b. Ora vi è stato dato un foglio con un disegno di un puzzle. In ciascuno dei pezzi di puzzle potete rappresentare una delle 6 scene della vostra vita che avete individuato, facendo voi stessi un disegno o inserendo una immagine tra quelle che vi sono state consegnate (è possibile consegnare loro delle piccole immagini 11 che possono essere da loro scelte e poi incollate nei pezzi del puzzle) c. Una volta che avete riempito i pezzi del puzzle, girate il foglio e rimuovete il foglio più leggero che trovate incollato nel retro: scoprite così una immagine di Gesù, che è il vero principio unificatore che c’è dietro ogni accadimento della nostra vita, principio ordinatore e armonizzatore del tutto… 4. Adorazione eucaristica Alla presenza di Gesù eucaristia pongo ogni singolo fatto della mia vita. Faccio così in modo che quella immagine nascosta dietro il puzzle diventi presenza reale nel mio cuore. 5. Condivisione finale dell’esperienza 6. Appendice per il lavoro di coppia. Finita l’adorazione, ciascuno può ritagliare i singoli pezzi del proprio puzzle e consegnarli al proprio coniuge: il coniuge dovrà (1) ricomporre i pezzi del puzzle dell’altro/a e (2) cercare di riconoscere a quali eventi della sua vita si riferiscono le singole immagini, infine (3) cercare di cogliere insieme il senso degli accadimenti della loro vita alla luce della fede. (NB: È possibile richiedere materiale e suggerimenti all’Ufficio Catechistico Diocesano. E-mail: [email protected]. Cell: 331.9008528) 12 5. Proposta di riflessione per i giovani L’incontro di Gesù con Nicodemo ci porta a prendere coscienza del meraviglioso disegno d’Amore di Dio che passa attraverso l’incarnazione, morte e Risurrezione di Gesù. In questo discorso, Egli ci dice che l’unico modo per partecipare alla vita eterna è credere in Lui. La fede, quindi, è la via che porta all’incontro pieno con Gesù e alla consapevolezza salvifica che l’Amore di Dio non condanna ma dona la vita eterna a chiunque non scelga di perdersi. La fede implica sempre un abbandono fiducioso, un “credere nell’impossibile”, con la certezza che Dio ci ha amati a tal punto da mandare il Suo Figlio Unigenito per ridonarci la dignità di figli. Nella notte delle vicende umane, lasciamoci plasmare dalla Luce, conformiamo la nostra mente, le nostre azioni, le motivazioni delle nostre scelte a Gesù Cristo e saremo segno evidente del Suo Amore per l’umanità, sperimentando in prima persona che a volte scegliamo di stare “nelle tenebre” solo perché non crediamo all’amore di Dio e abbiamo paura di Lui. - Come riesci a vedere Dio, te stesso e gli altri con la categoria dell’Amore rivelato dal Padre nel mistero del Figlio? - Che significa per te guardare, nella fede, il Cristo innalzato sulla Croce, vera e unica discriminante tra gli uomini? 13 6. Riflessione a sfondo vocazionale Il quadro evangelico di questa settimana ha un’ambientazione notturna: Nicodemo, con il suo carico di domande, bussa alla porta del Maestro quando ormai è scesa la sera. Nel buio egli può celare la vergogna e svelare il bisogno di trovare senso e ragioni per vivere. A questo devoto ebreo, a tarda ora e di nascosto, Gesù risponde con la magnanimità che lo contraddistingue consegnando i tesori più intimi. Sì, perché Nicodemo cerca con onestà e vuole conoscere la Verità! Al suo cuore Gesù svela ciò che è invisibile per chi non crede: il Figlio dell’uomo si mette nelle mani degli ingiusti, si lascia trafiggere sulla Croce per guarire le ferite di quanti a Lui volgeranno lo sguardo. Egli si lascia innalzare sul patibolo per liberarci dal peccato e per trasformare tutte le morti in vita. La seconda perla che riceviamo per le mani di Nicodemo, è il messaggio centrale dell’incarnazione: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio”. Anche in questo caso il dono ha le proporzioni del cuore di Dio, ma deve passare attraverso la nostra piccola fede. Molte volte, affacciati alla finestra del mondo o camminando sulle sue strade, sentiamo risuonare l’eco delle domande dell’umanità: chi si salverà? …chi sarà condannato? Con la Sua parola Gesù torna oggi a rassicurarci: Dio spalanca! Siamo noi abbiamo il potere di lasciargli realizzare le Sue promesse o di sbarrare il passaggio alla grazia. 14 Dio non ci condanna, anzi prende su di Sé le nostre colpe… Dio non si allontana, quando cadiamo o addirittura sprofondiamo nel peccato rimane accanto a noi pronto a sorreggerci e rialzarci. Spinti dalla sete d’Infinito che fu di Nicodemo e di tutti gli uomini che nel tempo hanno riconosciuto Gesù come il Maestro e il Signore della loro vita, accostiamoci a Lui per rinascere dall’Alto, per venire alla Luce, e camminare nella Verità. 7. Proposta Caritas Idea di fondo Nicodemo incontra di notte Gesù che gli parla di vita eterna. Grazie alla fede noi abbiamo già la vita eterna, e possiamo passare attraverso le nostre notti. Chi crede nel Figlio Unigenito ha la vita. La proposta Potremmo in questa settimana ascoltare in modo più attento la storia di qualche nostro fratello che ha attraversato la “notte” (invitarlo per una testimonianza o farci noi prossimi con un ascolto più attento di qualche fratello bisognoso), affinché l’esperienza altrui possa diventare per noi luce che orienta le nostre notti. 15 Indice 1. Il testo. Gv 3,14-21 pag. 1 2. L’approfondimento biblico 2 3. Il filo rosso. La fede in Gv 3,14-21 6 4. Proposta di attività 9 5. Proposta di riflessione per i giovani 13 6. Riflessione a sfondo vocazionale 14 7. Proposta Caritas 15 16