tore smuovevano afa melmosa sui libri sepolti dalla pol
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tore smuovevano afa melmosa sui libri sepolti dalla pol
Rovente. In quella mattina di luglio le pale del ventilatore smuovevano afa melmosa sui libri sepolti dalla polvere. Un ragno tesseva una tela tra un angolo della libreria e tre antichi volumi della Commedia rilegati in pelle marrone. La prima pagina de l’Unità, inchiodata alla parete, mostrava una grande fotografia di Enrico Berlinguer sorridente sotto il titolo “Addio”. Gli occhi in bianco e nero del leader incontrarono le palpebre di XN che tentavano di schiudersi, lottando con i sogni di un’altra notte tormentata. Il volto di Enrico ghignava deformato in una smorfia attraverso il vetro della bottiglia vuota. Un’altra notte passata a bere e dormire sulla poltrona dello studio. Le undici e mezzo del mattino, una doccia e poi avrebbe acquistato un’altra bottiglia di Old Glenfoolish: whisky per disperati non abbienti. La lingua cercava di staccare dal palato l’appiccicoso sapore della disperazione. La mano strisciava tra le carte sparpagliate sul piano di legno per cercare il pacchetto di sigarette. Uno sbuffo di fumo si attorcigliò alle pale del ventilatore, XN si dondolò sulla poltrona basculante, lo sguardo perso nell’interminabile ruotare sul soffitto. Ormai era solo un ubriacone, un beone solitario. Spense la sigaretta in un posacenere colmo di mozziconi. La camicia madida di sudore avvolgeva e stritolava il torace, XN si alzò e barcollò in direzione del bagno grattandosi le natiche e la barba incolta. Per pudore, con un abile colpo di tacco, chiuse la porta della toilette, che rimbalzò rumorosamente contro lo stipite. Dopo essersi gettato dell’acqua tiepida sul volto, si ritrovò davanti la propria faccia riflessa nello specchio: occhi venati, barba, un volto che non gli ricordava nessuno. La mano 13 STEFANO CAFAGGI tentava di ricomporre i capelli, ce n’erano ancora, cominciavano a mancarne parecchi all’appello, tuttavia conosceva gente della sua età tricologicamente più sfortunata. Tracce di bianco e grigio in tutti quei peli, sinistri segnali di maturità. XN meditava sul proprio aspetto riflesso nello specchio, la mano spostò il mento da sinistra a destra, quando udì quel rumore. Passi che scricchiolavano sul parquet dello studio soggiorno. Chi cazzo era a quell’ora del mattino? Non aspettava nessuno, nessuno lo avrebbe cercato, su questi aspetti dell’esistenza aveva delle certezze. Staccò dal petto la camicia impregnata di sudore, puzzava di carogna, la stirò con i palmi delle mani. Spalancò la porta del cesso e, abbagliato dal sole rovente, berciò. – Chi cazzo c’è? – Signor... PerEnne? La stridula vocetta proveniva da un singolare ometto, una specie di nano troppo cresciuto, calvo, cicciottello, guance rubiconde, naso porcino, occhietti a capocchia di spillo, sudore grondante sulla fronte, respiro affannoso, giacca chiara a quadrettoni, larghi pantaloni a sbuffo: un paio di scarpe da barca completavano il ritratto di una visione disgustosa. XN raggiunse la scrivania, si accasciò sulla poltrona, stese le gambe e accese una sigaretta. – Mi chiamo XN. L’ometto vagava con lo sguardo sui libri che soffocavano la stanza, sembrava cercare appiglio in qualcosa di familiare, una certezza. – Signor Ics Enne. XN chiuse un occhio, inclinò la testa e poi strascicò la voce verso il nano che stava in piedi a sudare davanti a lui. – Si scrive con la x e con la enne, si pronuncia: Ecsen. L’ometto si grattò la nuca e, con lo sguardo rivolto al pavimento, indicò una sedia davanti alla scrivania. – Posso, signor Eccen? 14 SENZA RITORNO Senza attendere una risposta l’ometto si accomodò sull’orlo del sedile, unendo le ginocchia puntò i piedi a terra. Poi allargò le braccia. – Mi scuso se compaio così all’improvviso, ho provato a telefonare, ma non... insomma, ho preferito venire di persona, certe cose... – Lei chi è? Un rapido gesto dell’uomo materializzò uno scampolo di stoffa bianca che sfoggiava due lettere: SF, ricamate in caratteri gotici. Forse il visitatore era una specie di illusionista, XN temeva di ritrovarsi l’appartamento invaso da piccioni e conigli. L’ometto dispiegò il tessuto, un fazzoletto di almeno un metro quadro che utilizzò per drenare sudore dalle tempie. – Mi scusi, imperdonabile, sono il conte Carlo Alberto Testa Della Torre, per servirla, anche se in realtà sono qui per chiedere i suoi servigi. – I miei servigi? Dicendo questo, XN soffiò l’ultima boccata di fumo in faccia a Testa Della Torre. L’ometto agitò il lenzuolo per aria e lo riportò, perfettamente piegato, all’interno della giacca. – Sì... è una questione delicata... un... un... diciamo... una cosa culturale... personale. – Culturale e personale. XN si grattò la barba ispida: quel caldo gli avrebbe strappato la pelle dal volto. – Sì, esatto! Lei dovrebbe recuperarmi un libro, insomma, un manoscritto, una cosa molto importante... – Che manoscritto? – È imbarazzante, insomma, una mia opera, sa la mia signora, non proprio mia, cioè, almeno non più, non era mia moglie per carità, cioè non del tutto... beh mi ha privato del mio... oserei dire... capolavoro... un’opera importante. 15 STEFANO CAFAGGI XN osservava le labbra dell’ometto, sognava un litro di birra gelata, un bicchiere di whisky con ghiaccio, si sarebbe accontentato di un Pernod caldo. Lo chieda alla signora. Il nanetto cominciò ad ansimare come un cane accaldato, ricomparvero le lettere SF, le mani inquiete stritolavano il lenzuolo a uso fazzoletto. – Mister Perenne, mi scusi Eccen, insomma, signore... quella donna non solo non vuole più vedermi, ma vede ecco, non so nemmeno dove si trovi... quindi è piuttosto difficile per me... – Non sono un investigatore privato, non credo di poterla aiutare, mi spiace, ora può andarsene. – Ma, ma lei conosce i libri... La stoffa tra le mani del nano si trasformò in un fascio di biglietti violacei, inconfondibili fogli viola da cinquecento euro. Per la prima volta l’ometto guardò l’altro negli occhi, la manina paffuta scivolò sulla scrivania e infilò uno dei biglietti sotto i polpastrelli di XN. Gli occhi di XN incontrarono quelli imploranti della blasonata Testa, si trattava di un sacco di soldi, un fiume di Old Glenfoolish. L’ometto non la smetteva di perorare la giusta causa. – Quella donna, mi ha tolto tutto, rivoglio solo il mio libro. Cinquecento ora e altri mille alla consegna. Lei deve accettare, il mondo potrebbe restare orbo di tanto scritto! A quelle parole il fiume di whisky si dilatò in un possibile oceano. I polpastrelli di XN spinsero la banconota all’interno del palmo della mano. La mazzetta di soldi tra le dita di Testa Della Torre erano stata trasformata nuovamente in un fazzoletto. In quel momento dell’esistenza, millecinquecento pezzi erano una cifra inimmaginabile. Gli occhi di XN incontrarono quelli severi di Enrico: l’età della corruzione. Con un sospiro XN infilò il croccante bigliettone nella tasca dei pantaloni. 16 SENZA RITORNO Testa Della Torre balzò in piedi, sfoderò una dentiera abbagliante tra le labbra, ringraziò XN con un mezzo inchino e trottando sulle gambette imboccò la porta d’uscita. – La chiamerò io signor Eccen, mi farò vivo io... che sciocco... dimenticavo la signora si chiama Daniela, Daniela Testa Della Torre. XN abbandonò la scrivania per appostarsi alla finestra. Vide il nano uscire dal portone e salire su una Jaguar convertibile verde bottiglia. Le mani di XN furono colte da uno spasmo, avrebbe desiderato strangolare Testa Della Torre. Un essere del genere su un’automobile simile era un’ingiustizia morale, quelle manine unte e paffute sul quel volante erano un delitto contro l’umanità. L’auto scomparve rombando; XN poteva finalmente dedicarsi al pranzo o alla colazione, a seconda della prospettiva adottata. L’asfalto sembrava sciogliersi a ogni passo, il sole arroventava le carrozzerie delle auto parcheggiate sui marciapiedi, XN avanzava cercando di evitare escrementi di vario genere e diverso grado d’essiccazione. L’aria condizionata del bar era una pugnalata alle spalle, XN si sedette a un tavolo in un angolo e qualcuno gli posò un boccale di birra gelida davanti al naso. Trangugiò la bevanda frizzante, si asciugò le labbra con il palmo della mano e si massaggiò le tempie. Il barista posò sul tavolo un altro boccale e un panino dal colore giallastro che colava formaggio fuso. XN pensava a Testa Della Torre, si chiese se fosse normale che uno stronzo qualsiasi entrasse in casa sua e stabilisse il prezzo: ormai nessuno gli chiedeva più nulla, il barista sbatté un altro spumeggiante boccale sul tavolo. Il terzo bicchiere sostituiva il caffè che lo rendeva nervoso. A un tavolo poco più in là, un padre e una figlia spilluzzicavano insalate bevendo acqua minerale. Il padre 17 STEFANO CAFAGGI indossava un completo da uomo e la cravatta sigillata nel colletto della camicia, nemmeno la fronte era segnata da una goccia di sudore. La ragazzina sfoggiava gambe lunghissime e molto abbronzate, sorriso smagliante e seni perfettamente tondi. La mano del padre si posò sulla coscia della fanciulla e lei ricambiò con un rapido bacio sulle labbra, i due proseguirono sussurrandosi parole e ridacchiando. XN pensò che come famiglia erano uno schifo, come amanti: beati loro. Ma come riuscivano quelli a rimorchiare donne splendide? XN si guardò la camicia, ipotizzò che si poteva cominciare da una doccia e da un rasoio, ma era tutto un monte di stronzate. Alle due del pomeriggio abbandonò dei soldi sul tavolo e ritornò a sfidare il sole. Vagò per le strade per un paio d’ore, meditando sul nulla e imprecando contro il caldo, si rifornì della dose di sopravvivenza di Old Glenfoolish e quindi si ricordò che quel giorno aveva un lavoro da svolgere. Il primo bicchiere della giornata riaccese le sinapsi: era una missione incomprensibile, aveva accettato dei soldi, ma non aveva idea di quale fosse il suo compito. Da dove si comincia a cercare una persona? Dall’elenco telefonico. Secondo l’elenco on line la signora Testa Della Torre Daniela dimorava in via Martiri della Libertà. Compose il numero della donna. Tre squilli, una voce nasale e rasposa di sigarette sarebbe stata lieta di riceverlo per le ore 18 pomeridiane. XN rimase piuttosto perplesso, perché l’ometto non ci andava da solo dalla donna? Probabilmente si trattava di una faccenda di corna e avvocati divorzisti. Ma per quale motivo l’aulica Testa aveva mentito? Qualunque fossero le ragioni, XN aveva cinquecento motivi in carta viola croccante per non porsi troppe domande e scarpinare fino alla porta della donna. Raggiunse via dei Martiri della Libertà con i piedi doloranti alle sei in punto: un’ora e mezza senza bere, una camminata igienica, si stava trasformando in un salutista. 18 SENZA RITORNO Il caldo all’interno degli autobus sarebbe stato intollerabile, i taxi proibitivi per le sue finanze. La donna che gli aprì la porta era una polposa sessantenne, un inventario di curve che culminavano in una cascata di boccoli eccessivamente biondi.Un frivolo nasino all’insù sormontava un sorriso scintillante incorniciato da due gommoni dipinti di rosso. La donna lo invitò ad accomodarsi in un salottino dal gusto vagamente retrò, stile impero, forse liberty. Nonostante l’età, l’ammaliante vegliarda scivolava per casa su tacchi da quindici centimetri, la minigonna le conferiva un aspetto decisamente equivoco. La signora Daniela stappò una bottiglia di Moët & Chandon e invitò il visitatore a brindare in flute di cristallo di Boemia. XN non capiva quale fosse l’occasione da festeggiare, ma non aveva motivi per rifiutare quella gazzosa per ricchi. Daniela si sedette al suo fianco accavallando le gambe, la gonnellina salì fino a mostrare un sontuoso reggicalze, accarezzando i capelli dell’ospite gli sussurrò: – Allora, stallone, cosa ti piace fare? XN cominciò a sospettare che la situazione stesse precipitando verso qualcosa di inaspettato. – La ragione della mia visita, signora... – Lo so, lo so, una certa esperienza in certe cose ce l’ho. Slacciò un paio di bottoni della camicetta lasciando prendere aria al decolté del seno monumentale. Giocherellando con le asole della camicia di XN la signora gli chiese. – Nervoso? – La prego. – È la prima volta? – No, sono stato nervoso altre volte. Daniela si staccò da XN scoppiando a ridere, era stata presa da una specie di crisi convulsiva di ilarità. 19