La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio

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La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
F rancesca R. A rciuli
La negoziazione
assistita in
materia di
separazione
e divorzio
Le competenze dell’ufficiale
dello stato civile
Il testo si rivolge agli operatori dello stato civile chiamati ad applicare le norme
relative all’istituto della
negoziazione assistita e a
ricevere gli accordi di separazione e divorzio secondo
quanto previsto dalla Legge
n. 162/2014
Isbn 978-88-7589-452-8
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Indice
Indice
Autrice
Introduzione
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I – Separazione e divorzio. Nozioni generali
1.1 Introduzione
1.2 La separazione personale tra i coniugi. Cenni
1.3 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra
i coniugi
1.4 Il divorzio
1.5 Effetti della separazione e del divorzio sui rapporti
patrimoniali tra i coniugi
1.6 Modifica delle condizioni della separazione e del
divorzio
1.7 Le alternative al conflitto e la negoziazione assistita
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II – Convenzione di negoziazione assistita e accordi
conclusi innanzi al Sindaco
2.1 Introduzione
2.2 Convenzione di negoziazione assistita
2.3Separazione consensuale, richiesta congiunta di
scioglimento o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio e modifica delle condizioni di separazione
e divorzio innanzi al Sindaco
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Indice
III – Formule
3.1 Introduzione
3.2 Prima formula di negoziazione assistita in assenza
di figli
3.3Seconda formula di negoziazione assistita in presenza
di figli
3.4 Accordi conclusi innanzi al Sindaco
3.5 Annotazioni delle convenzioni di negoziazione assistita
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Francesca R. Arciuli, avvocato, si occupa di diritto di famiglia
e diritto minorile, in cui è specializzata. Tra le sue pubblicazioni
in materia Le nuove forme di devianza minorile (G. Giappichelli
Editore), L’assegno di mantenimento (Nuova Giuridica), La filiazione (Halley Informatica).
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Introduzione
Il 12 settembre 2014 il Consiglio dei Ministri ha emanato il D.L.
n. 132/2014, recante norme destinate a snellire l’attività giurisdizionale. Il titolo del provvedimento, infatti, è “Misure urgenti
di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione
dell’arretrato in materia di processo civile”.
L’intento dell’esecutivo sarebbe, dunque, quello di limitare il
controllo del giudice, prevedendo formule alternative di risoluzione delle controversie, al fine di diminuire il carico dei procedimenti degli uffici giudiziari.
Inoltre, il testo normativo contiene disposizioni che riguardano
altri aspetti legati al processo quali un maggiore rigore in materia
di compensazione delle spese processuali; la possibilità del giudice
monocratico ����������������������������������������������������
di disporre d’ufficio il mutamento del rito da ordinario a sommario di cognizione; infine aspetti riguardanti direttamente l’ordinamento giudiziario: il tramutamento dei magistrati
e la riduzione del periodo feriale.
Per quello che riguarda la nostra analisi, tuttavia, le norme di
rilievo sono contenute nei primi tre Capi, cioè quelli che disciplinano specificamente forme alternative di risoluzione dei conflitti,
nelle quali, a seguito della novella legislativa, l’incidenza dell’organo giurisdizionale diviene marginale e, in alcuni casi, assente.
Il Capo I contempla la possibilità di trasferire il contenzioso
civile riguardante diritti disponibili in sede arbitrale. Si deve trattare di cause già introdotte in primo o in secondo grado, ma non
ancora introitate per la decisione. Da queste ipotesi sono escluse le
controversie di lavoro e previdenza.
Il Capo II, invece, si riferisce a conflitti che non siano già sfociati in un giudizio. Si tratta delle ipotesi di negoziazione assistita,
mediante la quale due parti possono risolvere i propri dissidi con
l’assistenza di uno o più avvocati. In questo caso le parti stipulano
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Introduzione
un accordo risolutivo della controversia a cui giungono collaborando con lealtà e buona fede.
La negoziazione assistita può essere:
1) volontaria, nei diritti disponibili;
2) obbligatoria, nei casi espressamente previsti dall’art. 3 (azioni
relative a controversie in materia di risarcimento danni da
circolazione di veicoli e natanti; domanda di pagamento a
qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro,
eccezione fatta per le controversie assoggettate alla disciplina
della mediazione obbligatoria);
3) facoltativa, nei casi relativi alla materia del matrimonio (separazione o divorzio).
Il Capo III, invece, stabilisce che anche innanzi al Sindaco si
possano concludere accordi di separazione o divorzio.
Invero, un mese e mezzo dopo la sua emanazione, il decreto
legge ha subìto le prime modifiche. Si è trattato del maxi emendamento approvato dal Senato che ha innovato non poco l’ambito
di cui ci occuperemo in questa sede, estendendo le ipotesi in cui è
possibile addivenire a una regolamentazione alternativa del conflitto coniugale e, al contempo, prevedendo una forma di controllo
da parte del Procuratore della Repubblica e un intervento marginale del Tribunale.
Allo stato non è possibile affermare se il provvedimento governativo sarà efficace sulla riduzione del carico giudiziario dei nostri
tribunali.
Certamente però appare discutibile – quantomeno a chi scrive – che aspetti per l’ordinamento giuridico così rilevanti come
lo scioglimento del matrimonio, la regolamentazione della crisi
coniugale e, più in generale, la disciplina del processo civile, siano
stati modificati non già attraverso la legge, provvedimento normativo del Parlamento, ma mediante lo strumento della legislazione
di emergenza (il decreto legge), nonostante non vi fosse alcun caso
straordinario di necessità e di urgenza per adottare un decreto in
materia.
Sarebbe stato senz’altro preferibile, perché rispettoso delle
norme costituzionali, lasciare all’organo legislativo il potere di
assumere provvedimenti a riguardo.
Inoltre, l’adozione di un decreto legge, per quanto ampiamente
modificato, ha determinato una frettolosità e spesso poca chiarez10
Introduzione
za nella formulazione delle norme con la difficoltà nell’interpretazione e nell’applicazione dei nuovi istituti.
Per questo motivo, il volume non ha la pretesa dell’esaustività e della sistematicità, ma vuole limitarsi ad offrire un primo
strumento utile a chi deve per la prima volta cimentarsi con una
materia nuova, sino ad oggi esclusivo appannaggio di avvocati e
magistrati.
Il decreto legge è stato convertito nella Legge 11 novembre
2014, n. 162 e, per quanto attiene all’accordo dei coniugi o degli
ex coniugi raggiunto innanzi al Sindaco (art. 12) entra in vigore il
trentesimo giorno dopo la sua emanazione, dunque l’11 dicembre
2014.
Di seguito, quindi, verranno esaminate le norme che regolano
la negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio, nonché la disposizione con cui si stabilisce che i coniugi possono concludere accordi innanzi al Sindaco, e verranno forniti dei modelli
di atti per dare una prima lettura concreta delle novità legislative a
chi si accinge a misurarsi per la prima volta con questa materia.
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I – Separazione e divorzio. Nozioni generali
1.1 Introduzione
Preliminarmente, appare opportuno offrire alcune nozioni di
ordine generale sui concetti di separazione, divorzio, modifiche
delle condizioni della separazione e del divorzio, nonché in merito
al mantenimento del coniuge.
Il riferimento al mantenimento della prole, invece, in questa
sede appare superfluo perché il Sindaco non potrà raccogliere un
accordo tra coniugi in presenza di figli minorenni o maggiorenni
non autonomi economicamente, né in caso di figli maggiorenni
portatori di handicap.
Il diritto dei figli di essere mantenuti, infatti – qualora sussistano le condizioni che prevedano il sostentamento economico di
questi (minori, maggiorenni portatori di handicap o maggiorenni
non economicamente autonomi) – non è rimesso alla disponibilità
e alla negoziazione delle parti, per tale motivo non sarebbe stato
possibile ipotizzare un patto privo di controllo giurisdizionale che
riguardasse anche la prole.
1.2 La separazione personale tra i coniugi. Cenni
Il Capo del Codice Civile dedicato allo scioglimento del matrimonio e alla separazione dei coniugi è stato ampiamente modificato
dalla Legge n. 151/1975, rubricata “Riforma al diritto di famiglia”,
nonché dalla Legge n. 54/2006, intitolata “Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e affidamento condiviso”. Indubbiamente
la riforma del diritto di famiglia è stata frutto dell’evoluzione sociale
avvenuta in ambito familiare e dell’interpretazione offerta in materia dalla Carta Costituzionale, segnatamente dagli artt. 29 e 30.
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Riferimenti
normativi
Francesca R. Arciuli – La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
Art. 149
C.C.:
scioglimento
del matrimonio
Art. 150
C.C.:
separazione
personale
Art. 151
C.C.:
presupposti
della
separazione
giudiziale
L’art. 149 C.C., il quale apre la parte del Codice relativa allo
scioglimento del matrimonio, stabilisce che esso si scioglie con
la mort e di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.
Il capoverso della norma, invece, dispone che gli effetti civili del
matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi degli artt. 82 e 83,
e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi e
negli altri casi previsti dalla legge.
Come si vede, il primo comma del citato articolo di legge si
riferisce al matrimonio civile, mentre il secondo riguarda il matrimonio concordatario.
Tra le cause di scioglimento del matrimonio va menzionata,
oltre al divorzio, l’ipotesi di dichiarazione di morte presunta,
mentre non vi rientra la separazione, perché, come meglio si specificherà nel prosieguo, la separazione non fa cessare gli effetti del
matrimonio, se non soltanto in parte.
All’art. 150 C.C. è previsto che è ammessa la separazione tra i
coniugi e che la stessa può essere giudiziale o consensuale. Il diritto
di chiedere la separazione giudiziale o l’omologazione di quella
consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.
I presupposti della separazione giudiziale, invece, sono enunciati al successivo art. 151 C.C., il quale chiarisce che la separazione giudiziale può essere richiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi,
fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza
o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. È dunque
la legge a stabilire le cause che consentano di chiedere la separazione.
Tuttavia, va rilevato come il primo presupposto, relativo ai fatti
che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza, sia difficilmente sindacabile da parte dell’autorità giudiziaria, perché ha
una connotazione soggettiva, in quanto è strettamente legato alla
sensibilità e alla percezione dei singoli coniugi: ciò che può apparire tollerabile da uno è inaccettabile per un altro. Nella prassi,
poi, è sufficiente che venga dedotta un’incompatibilità caratteriale
perché venga pronunciata la separazione.
Maggiormente legato a criteri oggettivi, invece, è il comma 2
dell’art. 151, in quanto si sostanzia in un pregiudizio nell’educazione della prole e, quindi, in un comportamento materiale attivo
o omissivo facilmente valutabile anche dall’interprete. In dottrina
14
i – Separazione e divorzio. Nozioni generali
si è discusso se tale elemento possa costituire causa autonoma
della separazione o meno1. Sembra preferibile la tesi secondo cui si
debba riconoscere indipendenza al presupposto del grave pregiudizio all’educazione dei figli quale causa di separazione, atteso che
il comportamento dannoso del coniuge rispetto alla prole non può
non incidere negativamente anche sul rapporto matrimoniale.
L’art. 151, comma 2, stabilisce che il giudice, pronunciando
la separazione, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto,
dichiara a quale coniuge questa sia addebitabile, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal
matrimonio.
Va osservato che, a differenza dell’originaria formulazione
dell’articolo in esame, non vi è alcun riferimento alla “colpa” del
coniuge, ma si configura l’ipotesi di un addebito a colui il quale
abbia tenuto un comportamento contrario ai doveri del matrimonio. A tale proposito si deve osservare che non ogni violazione di
cui all’art. 143 C.C. (il quale, sostanzialmente, elenca i doveri ed i
diritti dei coniugi) può dare luogo all’addebito, che sarà ravvisabile
soltanto quando vi sia un nesso eziologico tra l’inadempimento e
la richiesta di separazione.
Si consideri, inoltre, che, qualora ne sussistano le condizioni e
sia richiesta sia dal marito che dalla moglie, l’addebito può essere
dichiarato dal giudice nei riguardi di entrambi i coniugi.
Il riferimento all’addebito è particolarmente rilevante con
riguardo alle condizioni economiche della separazione, perché il
coniuge a cui essa viene addebitata non ha diritto al mantenimento, ma soltanto a percepire gli alimenti, sempre che sussistano le
condizioni di cui all’art. 433 C.C. Infine l’addebito non dà luogo di
per sé al risarcimento del danno extra contrattuale, ai sensi dell’art.
2043 C.C., che è ammissibile soltanto se i fatti che hanno determinato tale dichiarazione giudiziale contengano i requisiti dell’illecito aquiliano, e quindi vi sia un fatto dannoso per un coniuge
collegato causalmente a una condotta dolosa o colposa perpetrata
dall’altro coniuge.
1)
A favore dell’autonomia del presupposto relativo al comportamento pregiudizievole per la
prole, v. santosuosso in Comm. Utet; in senso opposto v. grassetti in Comm. Dir. It.
Fam.
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Addebito
della
separazione
Francesca R. Arciuli – La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
Art. 158
C.C.:
separazione
consensuale
e omologazione del
giudice
Accordi sul
mantenimento
Art. 157
C.C.:
cessazione
separazione
Per quanto attiene alla negoziazione assistita è bene anticipare
che tale procedura non sarà azionabile in caso di separazione giudiziale, in quanto quest’ultima difetta di un elemento fondamentale per accedere all’istituto di cui all’art. 3, D.L. n. 132/2014, che
è l’accordo.
Identica considerazione vale per il patto concluso innanzi al
Sindaco. Anche in questo caso, mancando il totale accordo tra le
parti, non sarà azionabile la procedura di cui all’art. 12 del D.L. n.
132/2014, convertito in Legge n. 162/2014.
L’art. 158 C.C., rubricato “Separazione consensuale”, dispone
che la separazione per solo consenso dei coniugi non abbia effetto senza l’omologazione del giudice e che quando l’accordo dei
coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli
contrasti con l’interesse di questi ultimi, il giudice riconvochi i
coniugi indicando le modificazioni da adottare nell’interesse della
prole e, in caso di inidonea soluzione, possa rifiutare allo stato
l’omologazione.
Il decreto di omologazione del tribunale era l’unico strumento
per conferire effetti giuridici alla separazione tra i coniugi. Oggi,
con l’entrata in vigore del D.L. n. 132/2014, l’accordo raggiunto a
seguito della convenzione di negoziazione assistita, nonché l’accordo concluso innanzi al Sindaco, tengono luogo del provvedimento giurisdizionale.
L’articolo non fa menzione di eventuali accordi sul mantenimento del coniuge che siano sperequativi per l’avente diritto o per
l’obbligato. Pertanto, si deve ritenere che relativamente a condizioni patrimoniali inique che riguardino esclusivamente marito e
moglie, l’autorità giudiziaria dovrà valutare soltanto la libertà e la
validità in generale del consenso prestato, e che l’accordo raggiunto tra i coniugi non violi norme imperative o principi di ordine
pubblico.
Da quanto si è appena scritto dovrebbe discendere che anche il
Sindaco dovrà considerare se le decisioni relative al mantenimento
di uno dei due coniugi siano state frutto di un libero accordo, cioè
senza coartazione della volontà di uno dei due, e che non confliggano con norme imperative o con i principi di ordine pubblico.
Secondo la previsione dell’art. 157 C.C., la separazione tra i
coniugi può cessare per comune accordo espresso dagli stessi
mediante una dichiarazione o anche attraverso comportamenti
16
i – Separazione e divorzio. Nozioni generali
concludenti incompatibili con lo stato di separazione, come la
convivenza e la ritrovata comunanza spirituale, senza che sia
necessario l’intervento del giudice. Intervenuta la riconciliazione,
la separazione può essere nuovamente pronunciata solo rispetto a
fatti e comportamenti successivi.
Come si è detto, la separazione non fa cessare gli effetti del
matrimonio; tanto, del resto, si deduce anche dal fatto che la riconciliazione possa avvenire senza alcuna formalità, ma semplicemente mediante facta concludentia.
Con la separazione, pertanto, tutti i diritti e doveri previsti
dall’art. 143 C.C. restano sospesi, potendo tornare ad essere esercitati in caso di riconciliazione o cessando di esistere in caso di
divorzio.
In particolare, sono sospesi il dovere di coabitazione, quello
alla fedeltà coniugale, nonché il dovere di collaborazione che nella
separazione si traduce nell’obbligo di mantenimento laddove ne
sussistano i presupposti. Si discute, invece, se debba perdurare
l’obbligo all’assistenza morale e materiale. Quanto meno riguardo
al secondo aspetto sembra preferibile propendere per la tesi positiva. Con la separazione, quindi, i coniugi non possono passare
a nuove nozze perché i doveri e gli obblighi matrimoniali sono
solo temporaneamente “congelati”; inoltre, la moglie continua a
conservare il cognome del marito, a meno che il giudice non ne
vieti l’utilizzo nell’ipotesi in cui ciò possa comportare pregiudizio
al marito stesso.
Per quanto attiene ai profili patrimoniali, va osservato che la
comunione legale si scioglie dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione o del decreto di omologazione; mentre restano salvi i diritti successori a meno che la separazione non sia stata
pronunciata con addebito nei riguardi del coniuge superstite.
La circostanza che con la separazione non si sciolga il vincolo
matrimoniale ha effetti rilevanti anche riguardo al mantenimento,
atteso che in base all’orientamento, prevalentemente dottrinario,
secondo cui la separazione rappresenterebbe una fase critica e
temporanea nell’ambito del matrimonio, non sarebbe ravvisabile
alcuna sostanziale soluzione di continuità tra obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 C.C. e obbligo di mantenimento previsto
dall’art. 156 C.C. Al contrario, chi propende per la tesi secondo cui
la separazione rappresenta l’anticamera del divorzio, fase neces17
Separazione:
sospensione
diritti e
doveri
Effetti sul
mantenimento
Francesca R. Arciuli – La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
saria e prodromica rispetto alla cessazione definitiva del rapporto
coniugale, ravvisa nel mantenimento una funzione differente
rispetto a quella della contribuzione reciproca, contenuta tra gli
obblighi coniugali2.
1.3 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i
coniugi
Separazione
giudiziale
Separazione
consensuale
L’art. 156 C.C. regola gli effetti della separazione sui rapporti
patrimoniali tra i coniugi. In origine la norma si riferiva esclusivamente alla separazione giudiziale. Tanto si desumeva dal
tenore letterale della legge la quale, al comma 1, disponeva che
il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio
del coniuge a cui essa non sia addebitabile, il diritto di ricevere
dall’altro quanto è necessario al suo mantenimento. Come si
vede, infatti, non vi è alcun riferimento al provvedimento di
omologazione dell’accordo consensuale. Inoltre, un ulteriore
elemento che dimostrava l’esclusivo riferimento dell’art. 156
alla separazione giudiziale, era rappresentato dalla sua collocazione sistematica, in quanto la norma è posta dopo l’articolo
che disciplina la separazione giudiziale, ma prima dell’art. 158,
dedicato alla separazione consensuale.
Si deve precisare, però, che si sono susseguiti diversi arresti
della Corte Costituzionale3 che hanno dichiarato illegittimo l’art.
156, comma 6, C.C., nelle parti in cui non prevedeva che la stessa
disciplina enunciata nel capoverso in questione potesse adottarsi
anche in caso di separazione consensuale. Allo stesso modo, la
Consulta4 ha dichiarato illegittimo l’art. 158 C.C., laddove non
prevedeva che il decreto di omologazione della separazione consensuale costituisse titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai
sensi dell’art. 2818 C.C.
Alla luce di tali considerazioni, si deve ritenere che in sede
di separazione consensuale, qualora i coniugi nulla dispongano
riguardo al mantenimento di quello più debole o, al contrario,
2)Sul punto si veda diffusamente m. sesta, Codice della famiglia, I, Giuffrè, Milano, 2007, 604.
3) Vedi Corte Costituzionale, 31 maggio 1983, n. 144; Corte Costituzionale, 19 gennaio 1987, n.
5; Corte Costituzionale, 6 luglio 1994, n. 278 e Corte Costituzionale 19 luglio 1996, n. 258.
4) Vedi Corte Costituzionale, 18 febbraio 1988, n. 186.
18
i – Separazione e divorzio. Nozioni generali
stabiliscano una forma di mantenimento palesemente iniqua per il
coniuge obbligato, il giudice non potrà rifiutarsi di omologare l’accordo, sempre che però esso non contrasti con norme imperative o
con i principi di ordine pubblico e purché il consenso di una delle
parti non sia viziato. Si consideri, peraltro, che un limite esplicito
alla libertà negoziale delle parti è previsto dall’art. 160 C.C., il quale
stabilisce che gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai
doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.
Merita di essere sottolineato, inoltre, che mentre per quello che
riguarda l’addebito della separazione è necessaria la richiesta al
giudice da parte dell’altro coniuge, l’attribuzione del mantenimento prescinde da una domanda esplicita e viene valutata dall’autorità giudiziaria sulla base di elementi oggettivi che sono specificati
nello stesso art. 156 C.C.
Nei casi di cui agli artt. 6 e 12 del D.L. n. 132/2014, convertito
nella Legge n. 162/2014, nessun sindacato relativo alle scelte sul
mantenimento è attribuito all’ufficiale dello stato civile con il limite del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico, come
si dirà al capitolo che segue.
La norma non elenca tutti i requisiti che devono ricorrere
in concreto affinché venga disposto il mantenimento, sicché il
Legislatore lascia al giudice una certa discrezionalità. Tale scelta
appare comprensibile e condivisibile dato che non sarebbe stato
possibile regolamentare in maniera più dettagliata la disciplina sul
mantenimento, perché in tal caso si sarebbe corso il rischio di non
prevedere – e, quindi, sostanzialmente, non tutelare – ulteriori
ipotesi non espressamente disciplinate dalla legge. Pertanto diviene fondamentale un richiamo costante alla giurisprudenza che
consente di dare corpo e concretezza alla previsione normativa.
Come già si è avuto modo di illustrare, vi è un contrasto
dottrinario riguardo alla natura giuridica del mantenimento.
Segnatamente, un orientamento ritiene che esso rappresenti l’ideale prosecuzione dell’obbligo di collaborazione nell’interesse della
famiglia contenuto nell’art. 143 C.C., mentre un secondo indirizzo
ritiene che sussista una differenza ontologica tra i due doveri5.
5)
Al primo orientamento accede c.m. bianca, Diritto Civile – La famiglia. Le successioni,
Giuffrè, Milano, 2005, 211; mentre al secondo sesta, Diritto di famiglia, Padova, 2005, 328,
nonché, seppure in termini in parte differenti, falzea, “Il dovere di contribuzione” in Riv.
dir. civ., 1977, 609 ss.
19
Natura
giuridica
del mantenimento
Francesca R. Arciuli – La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
Qualunque tesi si voglia prediligere, non vi è dubbio che tra
l’obbligo di collaborazione e quello di mantenimento vi sia un
unico fil rouge rappresentato dai principi costituzionali di solidarietà e di uguaglianza tra i coniugi sanciti dall’art. 29 Costituzione:
«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.»
1.4 Il divorzio
Matrimonio
civile
Matrimonio
concordatario
Con il termine divorzio si suole indicare lo scioglimento del vincolo matrimoniale senza distinzione tra matrimonio celebrato con
rito civile e matrimonio concordatario. Tuttavia, si deve considerare che il termine divorzio non è mai presente nel testo di legge
che ne disciplina l’istituto.
Segnatamente, il Legislatore distingue l’ipotesi del matrimonio
civile da quella del matrimonio concordatario (che produce effetti
tanto nel nostro ordinamento quanto per la Chiesa cattolica) definendo “scioglimento del matrimonio” l’ipotesi di scioglimento
del vincolo derivante dal matrimonio celebrato con rito civile, e
“cessazione degli effetti civili del matrimonio” il caso della rottura
del rapporto coniugale sorto con rito concordatario.
La ratio della legge è chiara: infatti è evidente che, al cospetto di
un rapporto matrimoniale sancito da un ufficiale dello stato civile,
produttivo soltanto di effetti giuridici, la rottura del vincolo determina la totale cessazione del rapporto che, a ragione, può definirsi
“scioglimento”; al contrario, la frattura del matrimonio concordatario – il quale, con la sua celebrazione, produce effetti anche per
il diritto canonico – lascia impregiudicati gli effetti religiosi del
rapporto che possono estinguersi solo a seguito di declaratoria di
annullamento da parte del tribunale rotale.
Per tale ragione, nel matrimonio concordatario il divorzio
determina esclusivamente la cessazione degli effetti civili del
matrimonio, ma non si traduce in un suo totale scioglimento
attesa la sussistenza degli effetti religiosi. Come è noto, per la
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LA NEGOZIAZIONE
ASSISTITA IN MATERIA DI
SEPARAZIONE E DIVORZIO
Le competenze dell’ufficiale dello stato civile
CONTENUTI
CARATTERISTICHE
Pagine: 72
Prezzo: € 16,00 (IVA assolta dall’editore)
Codice: ISBN 978-88-7589-452-8
Formato: 17X24
Prima edizione: Aprile 2015
Disponibilità: Aprile 2015
Con D.L. 12 settembre 2014, n. 132 (convertito in Legge 11
novembre 2014, n. 162), il Legislatore ha inteso snellire l’attività
giurisdizionale, come suggerisce il titolo del provvedimento
“Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la
definizione dell’arretrato in materia di processo civile”. Tra le
materie interessate dal testo legislativo vi sono il procedimento di
separazione personale dei coniugi e quello di divorzio, in relazione
ai quali la legge ha introdotto significativi elementi di novità. Tra
essi spiccano la convenzione di negoziazione assistita e la
possibilità per i coniugi di raggiungere accordi vincolanti dinanzi
all’ufficiale di stato civile.
Il testo fornisce alcune nozioni di ordine generale sui concetti di
separazione, di divorzio, nonché di modifica delle condizioni di
separazione e divorzio, per poi soffermarsi sull’analisi delle norme
che regolano i nuovi istituti evidenziandone anche particolari
criticità.
Infine, esso contiene modelli di atti per dare ausilio concreto
all’attuazione delle novità legislative, particolarmente utili a chi si
accinge a misurarsi per la prima volta con questa materia.
Autore: Francesca R. Arciuli
CEDOLA D’ACQUISTO
“La negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio”
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(pagamento in contrassegno)
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CITTA’ ___________________________________________________________(______) CAP ________
P.IVA _________________________________ C.F. ____________________________________
DETERMINA N. _________________________ CIG ___________________________________
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