I walser della Valle del Lys
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I walser della Valle del Lys
I Walser all'ombra del Monte Rosa: un tesoro fatto di lingua, tradizioni e leggende all'interno della Valle d'Aosta Introduzione "Heritage is our legacy from the past, what we live with today, and what we pass on to future generations."[1] L'heritage è il nostro legame con il passato, ciò con cui viviamo oggi e quello che lasciamo alle generazioni future. Così il WTO definisce l'heritage, cioè il bagaglio culturale di chi ci ha preceduto. Più che un bagaglio, si tratta di un forziere al cui interno sono racchiusi i tesori della tradizione di un popolo, ossia la sua storia, i suoi usi e costumi, le sue credenze, le sue peculiarità e l'intera cultura che ne deriva. Si tratta di un concetto molto sentito nella società odierna, la quale tende sempre più spesso a ricercare e a valorizzare le proprie radici storiche, con l'obiettivo di preservarle dalla scomparsa ed evitare che vengano sfruttate solo come attrattiva commerciale. Una delle ultime tendenze del turismo è incentrata proprio sul concetto di heritage; si parla ormai sempre più spesso, infatti, di heritage tourism, attraverso il quale il turista può interagire con le popolazioni del posto, riscoprendo le tradizioni passate e attuali di quella località. L'heritage tourism, è, infatti "immersione nella storia naturale, nel patrimonio umano, nelle arti, nella filosofia e nelle istituzioni"[2] di una regione o paese. Nella Valle d'Aosta la valorizzazione del territorio e delle tradizioni è molto sentita: basti pensare ai musei allestiti in antiche abitazioni rurali o anche solo alle manifestazioni e festività popolari che si ripetono da secoli durante tutto l'arco dell'anno. In un contesto piccolo come quello valdostano l'attenzione all'heritage consente un rafforzamento dell'identità autoctona, impedendo l'omologazione delle comunità locali alle realtà limitrofe. Ogni vallata della regione presenta, infatti, le sue peculiarità: la valle di Cogne è importante per le dentelles, Valpelline per il carnevale delle Lanzette... Altro punto a favore di questa attitudine di riscoperta della tradizione è la non massificazione delle attività turistiche del territorio, che quindi beneficia di una forma di turismo volta al sostenibile. All'interno del ventaglio di offerte della Valle d'Aosta è presente anche una comunità minoritaria di origini germaniche. I Walser, insediati nella Valle del Lys, rappresentano una realtà a sé stante, con delle peculiarità linguistiche e culturali a volte completamente distanti da quelle delle popolazioni autoctone della regione. L'eredità walser viene salvaguardata e protetta dagli abitanti della Valle del Lys e dalle istituzioni competenti: la regione Autonoma Valle d'Aosta, infatti, offre la possibilità di usufruire di mezzi finanziari per realizzare progetti atti alla salvaguardia e alla tutela delle culture minoritarie: alle popolazioni di lingua tedesca dei comuni della Valle del Lys (Gressoney-La-Trinité, Gressoney-Saint-Jean e Issime) è garantito l'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole attraverso gli opportuni adattamenti alle necessità locali. Inoltre la minoranza walser dispone di un seggio riservato in seno al Consiglio Regionale.[3] Ulteriori finanziamenti provengono dall'Unione Europea attraverso il programma per il plurilinguismo "Pax Linguis" e il progetto Interreg III B[4]. Nel 1982 è stato istituito il "Centro Studi e Cultura Walser - Walser Kulturzentrum" che ha redatto un vocabolario walser e ha istituito anche un museo. Il Walser Kulturzentrum si avvale della collaborazione dell'Associazione Augusta, che si occupa della difesa delle culture e delle lingue minacciate. Quest'ultima pubblica annualmente la rivista "Augusta" nella quale documenta le produzioni e ricerche riguardanti la cultura walser. Analizzando nello specifico quello che può essere definito il "prodotto" walser, si nota come vengano promossi aspetti sia prettamente culturali come le leggende o i canti tipici sia altri molto attrattivi per i turisti, come la gastronomia locale o le tipiche architetture della valle. L'offerta turistica della vallata si concretizza con le numerose proposte degli enti di promozione turistica locale (in particolare dell'AIAT Monte Rosa), che non si rivolge esclusivamente a coloro che sono interessati all'aspetto prettamente culturale, ma viene incontro alle esigenze eterogenee di una più ampia fascia di turisti interessati anche agli aspetti naturalisitici e sportivi. Un turista che si reca a Gressoney d'estate può prendere parte a diverse iniziative come serate dedicate alla scoperta delle storie tradizionali walser, oppure gite escursionistiche che lo conducono negli antichi villaggi dove è possibile ammirare le tipiche architetture degli Stadel, magari dopo aver degustato le specialità locali in uno dei tanti ristoranti della zona. Ma cosa ricerca veramente il turista che si reca nella Valle del Lys? La maggiorparte dei turisti predilige l'aspetto naturalistico, che tra l'altro è il primo con cui viene a contatto entrando in Valle d'Aosta ed è senza dubbio una delle principali attrattive turistiche della Regione. Con il nostro lavoro ci proponiamo di avvicinare questi turisti alle tradizioni più significative del nostro territorio, suggerendo loro degli spunti volti a suscitarne la curiosità verso questi aspetti tipici mantenuti ancora oggi vivi grazie alla volontà non solo dei diretti interessati ma anche di chi si reca alla loro scoperta. La Walserfrage, la questione walser, desta ancora oggi una notevole curiosità. Chi sono i Walser? Quando e da dove arrivano nei territori della Valle d'Aosta? Per sviluppare il nostro lavoro siamo partite dalla consultazione di alcuni siti internet per acquisire delle conoscenze generali sull'argomento, per poi approfondire in maniera sempre più dettagliata tramite la lettura di testi riguardanti il tema scelto. Inoltre abbiamo ricercato informazioni riguardanti l'offerta rivolta ai turisti contattando gli uffici turistici dell'area di Gressoney. Bibliografia riassuntiva Walser Kulturzentrum Centro di Studi e di Cultura walser della Valle d'Aosta, 1986, Gressoney e Issime. I Walser in Valle d'Aosta, Quart/Aosta, Musumeci Paolo Giardelli, 1997, Santi e Diavoli. Le tradizioni popolari valdostane, s.l., sagep Ferruccio Verzellino, 2004, Insediamenti Walser A sud del Monte Rosa. Liberi all'ombra del tiglio, Pavone Canadese/Ivrea , Priuli & Verlucca Sitografia http://whc.unesco.org/en/about/ http://www.sociologia.unimib.it/v2/DATA/Insegnamenti/2_2054/materiale/pstt%20-%206%20%20heritage.pdf http://www.regione.vda.it/cultura/walser/I-WALSER.htm http://www.aiatmonterosawalser.it/sezione.asp?lang=ITA&idsezione=1 http://www.comune.gressoneylatrinite.ao.it/comune/it/visita_guidata.aspx http://www.regione.vda.it/turismo/dove_andare/aree_turistiche/monte_rosa_walser_f.asp http://www.varasc.it/I%20Walser.htm Le immagini provengono in maggioranza dai seguenti siti: http://www.regione.vda.it/turismo/dove_andare/aree_turistiche/monte_rosa_walser_f.asp http://www.aiatmonterosawalser.it/sezione.asp?lang=ITA&idsezione=1 http://www.regione.vda.it/cultura/walser/tutti%20i%20file/HOME.htm [1] http://whc.unesco.org/en/about/ [2] http://www.sociologia.unimib.it/v2/DATA/Insegnamenti/2_2054/materiale/pstt%20-%206%20-%20heritage.pdf [3] http://www.regione.vda.it/cultura/walser/tutti%20i%20file/LA%20SITUAZIONE%20ATTUALE.htm [4] http://www.walser-alps.eu/kontakt-it/projekt-walser-alps I Walser in Valle d’Aosta D' Walser I Walser Vor vélle, vélle hòndert jòaré, sindsch òber d'pass en d'fremdé gfòaret, hein ériò heimat-tal verloat, òn witt ewäg schè nédergloat. Molti, molti secoli or sono, i Walser abbandonarono il paese natìo avventurandosi in luoghi sconosciuti per poi fermarsi in posti lontani. Refrain Doch walser art òn walserbluet bewarendsché en der fremdé guet. (dreimal) Ritornello Però le loro usanze e le loro origini si conservano anche in terra straniera. Mò weis nid wòròm d'walser litté ou fòrtzochet sin sò witt. Heindsch mòssò zie oder welle goa ? Welz chan das hit noch wòl verstoa? Non si sa perché la gente walser sia andata così lontano. Sono stati costretti o l'hanno voluto loro? Nessuno ancora lo sa con precisione. Refrain Ritornello Dschi hein di oaltò brucha phoaltet òn ériò heimatspròach erhoaltet. Sotte fri òn stòlz wie d'walser sinn, mò sèelte noch es volchié fént. I walser hanno mantenuto le loro antiche tradizioni e conservato la loro parlata. Raramente si trova un popolo così libero e fiero come il popolo walser. Refrain O wenn doch ou en éndscher zit di walser art em läbe blibt! (dreimal) Inno dei Walser Ritornello Oh se anche ai tempi nostri la tradizione walser continuasse a vivere! Un po' di storia A partire già dall'VIII secolo gli Alemanni stanziati nelle basse valli del Reno e nelle Prealpi Svizzere cominciarono, con le loro migrazioni, a colonizzare i territori più meridionali, portando con loro il proprio patrimonio di tradizioni e cultura che caratterizza ancora oggi i loro discendenti. La colonizzazione della conca del Goms, nella Svizzera meridionale, portò allo nascita di numerosi villaggi che divennero via via sempre più floridi, accogliendo intere famiglie di montanari che adattarono il territorio alle loro necessità di autosufficienza. Con il passare delle generazioni, il territorio del Vallese cominciò a essere piccolo per la sua popolazione, che cresceva sempre di più, alimentata dagli innumerevoli spostamenti familiari che continuavano ad arrivare dai territori a Nord. Questo sovraffollamento portò la popolazione a cercare nuovi insediamenti nelle valli adiacenti, spostandosi ancora più a Sud fino ad oltrepassare i valichi alpini che oggi fungono da frontiera naturale tra Italia e Svizzera. Questi spostamenti furono avvantaggiati anche dalle condizioni climatiche del tempo, che, grazie all'arretramento dei ghiacciai permisero il valico dei passi alpini - in particolare del Colle del Teodulo - e la conseguente colonizzazione di intere vallate a sud del Monte Rosa, non solo in Valle d'aosta, ma anche in Piemonte (Val d'Ossola e Valsesia). Il nome Walser deriva appunto da "Walliser", cioè abitanti del Vallese. Le prime colonie ottennero dai signori che governavano le valli il permesso di insediarsi nelle aree non sfruttate dalle popolazioni autoctone, in un regime molto più favorevole di quello classico riservato ai servi della gleba: non avevano, infatti, limitazioni di matrimonio, non dovevano pagare tributi d'onore ed avevano libertà di movimento; inoltre il canone d'affitto era immutabile nel tempo, ed i coloni erano liberi di autoamministrarsi. Con il tempo questi "feudi" si svincolarono dai signori locali, rendendosi autonomi. I primi documenti ufficiali che testimoniano la presenza dei Walser in Valle d'Aosta risalgono agli inizi del XIII secolo. Oltre alla lingua walser originaria, nelle valli venivano utilizzate anche il francese e il piemontese, entrambe lingue franche utili negli spostamenti e nel commercio. Già, il commercio: nel corso dei secoli gli abitanti della zona di Gressoney diedero vita a fiorenti commerci con le zone adiacenti ed il Vallese, trattando soprattutto diverse stoffe pregiate. Queste attività supportarono intere generazioni di mercanti, tanto che il termine Grischeneyer divenne ben presto sinonimo di mercante, e l'intera valle venne denominata Krämertal, ossia "Valle dei mercanti". Questa situazione florida continuò fino al XIX secolo, quando i ghiacciai ripresero ad avanzare, rendendo sempre più impraticabili le vie di collegamento con le popolazioni a nord delle Alpi. Ciò rese impossibili i commerci, isolando quindi i Walser dalla loro madrepatria. Piantina della Valle del Lys I Walser oggi: cosa è rimasto? Ma qual è la situazione attuale dei discendenti di questa popolazione? Nella zona di Gressoney le tradizionali attività agricole hanno lasciato il posto al turismo, mentre Issime può contare ancora un discreto numero di imprese agricole (tra cui un caseificio) e diverse attività a carattere artigianale. Non sono però state dimenticate le origini: nel 1982 è stato istituito il Centro di Studi e di Cultura Walser - Walser Kulturzentrum, che si propone di: Incrementare e promuovere la cooperazione pubblica e privata a scopo di studio, la ricerca, la documentazione e la divulgazione della parlata walser; - Documentare la vita, la cultura, gli usi e i costumi walser; - Costituire un museo, un archivio ed una biblioteca specializzata; - Redigere un vocabolario della parlata walser; Incoraggiare e promuovere la pubblicazione e la diffusione di tutte quelle opere che interessano l´attivitá, la vita e la ricerca sulle popolazioni walser ed in particolar modo delle colonie della Valle del Lys; - Promuovere ed organizzare studi ed incontri.[1] All'attività del Kulturzentrum si affiancano le attività dell'associazione Augusta, nata nel 1967 ad Issime, che ogni anno pubblica studi, ricerche, documenti, produzioni letterarie e poetiche, inerenti la cultura e la lingua walser. La cultura walser è rappresentata simbolicamente dallo stemma della Comunità Walser, creato nel 1970. Al centro si trova un cuore con dieci stelle (ognuna delle quali simboleggia un paese di questo popolo presente sul territorio italiano), che simboleggia il legame con la terra d'origine e una "croce ad angolo" derivata dall'alfabeto runico e simboleggiante il Dio Mercurio, protettore dei mercanti. I colori bianco e rosso vengono dalla bandiera del Canton Vallese, mentre il rosso e il nero dei due cerchi concentrici esterni richiamano i colori della bandiera valdostana. [1] http://www.regione.vda.it/cultura/walser/tutti%20i%20file/LA%20SITUAZIONE%20ATTUALE.htm Gallery Lo stemma della Comunità Walser La bandiera dei Walser della Valle d'Aosta Link • Centro Studi e Cultura Walser - Walser Kulturzentrum I luoghi dei Walser La colonizzazione walser nella Valle d'Aosta riguarda essenzialmente due vallate: la Val d'Ayas e la Valle del Lys (o Valle di Gressoney). Volendo conoscere meglio la loro cultura e le loro tradizioni, è d'obbligo una visita nei comuni che ancora oggi riconoscono e rendono vivi questi usi e costumi. Stiamo parlando dei comuni di Gressoney-La-Trinité, GressoneySaint-Jean e Issime. Gressoney-La-Trinité Gressoney-La-Trinité, situato a 1627 m s.l.m. è l'ultimo centro abitato della Valle del Lys. Gressoney-la-Trinité è una stazione alpina facente parte del comprensorio sciistico Monterosa Ski, uno tra i maggiori d'Europa: gli impianti arrivano ad un'altitudine di 3000 m, e nelle vicinanze si trova la capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d'Europa. Nel centro del paese si trova la chiesa parrocchiale intitolata alla Santissima Trinità, risalente al 1671 ma costruita sulle fondamenta di un edificio del '400. La chiesa presenta un altare in stile barocco con qualche tratto rinascimentale. Attraverso l'ingresso principale della chiesa si accede al cimitero, di cui una parte è strettamente monumentale. Il campanile presentava in passato solo tre campane, che con il passare del tempo aumentarono, arrivando a 12. Il concerto delle campane di Gressoney-La-Trinité è oggi uno dei più completi di Piemonte e Valle d'Aosta. Gressoney-Saint-Jean Situata a 1385 m s.l.m. offre la vista spettacolare del ghiacciaio del Lyskamm e delle imponenti montagne che circondano la località. Nel centro storico sono presenti alcune case walser e la chiesa di San Giovanni Battista, ricostruita nel 1725 su una precedente costruzione del XVI secolo. La chiesa ha il tetto molto sporgente e un campanile sormontato da una cuspide. All'interno sono molto caratteristici i banchi in legno del 1700 decorati con motivi tradizionali bavaresi; oltre a quelli vi si trova un bronzo rappresentante la Regina Margherita di Savoia. Nel museo del tesoro parrocchiale si trovano splendide opere di origine tedesca, provenienti dagli scambi commerciali e culturali del passato oltre a monili di famiglie gressonare e di casa Savoia; degno di nota è un grande crocifisso risalente alla metà del XIII secolo, capolavoro tra i più antichi della Valle d'Aosta. Gressoney-Saint-Jean è un ottimo punto di partenza per escursioni alpinistiche, oltre a possedere diversi impianti di risalita che consentono la pratica dello sci alpino e dello sci di fondo. Tradizionale, la sera del 23 giugno, è la ricorrenza di San Giovanni, caratterizzata dal rito dei fuochi; il giorno seguente ha inizio la festa vera e propria con la celebrazione di una messa, a cui i gressonari partecipano indossando il tipico costume walser ed alla quale seguono tre giorni di festeggiamenti. Fuori dal centro abitato si trova Castel Savoia, fatto costruire dalla Regina Margherita nel 1894 come residenza per le sue frequenti villeggiature. Issime Il paese di Issime (Eischeme in walser), ha sempre avuto un ruolo importante nella valle del Lys: la sua importanza si può dedurre anche dal fatto che fino al XVI secolo Gaby, Gressoney-Saint-Jean e Gressoney-LaTrinité dipendevano dalla parrocchia di Issime. La chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore risale al XVI secolo ed è nota soprattutto per l'affresco sulla facciata che raffigura il Giudizio Universale, opera di artisti valsesiani. All'interno particolare è l'altare maggiore, in legno scolpito e dorato. Nel vallone di San Grato si trova la cappella di Santa Margherita, la cui leggenda narra che fu edificata a seguito del processo al diavolo Astaroth, che nel 1600 infestò il paese con 6666 demoni per punire gli abitanti di Issime che non avevano tenuto fede al voto di costruire una cappella dedicata a Santa Margherita. Contrariamente agli abitanti di Gressoney, i Walser di Issime dopo essersi stabiliti nella Valle non ebbero più contatti con il loro paese d'origine; la testimonianza di tutto questo si può riscontrare nella lingua da loro parlata (il töitschu, differente dal titsch parlato nei due Gressoney), che è rimasta quasi invariata fino ai giorni nostri. Infatti gli oggetti che non erano in uso al tempo della migrazione walser sono identificati con termini franco-provenzali o italiani. Oltre alle comunità principali già citate, sembra confermata la presenza, in passato, di altri insediamenti walser sul territori della Valle d'Aosta, che oggi riportano spesso soltanto alcuni toponimi a testimonianza del loro passato: stiamo parlando del Canton des Allemands (Ayax Aleman), oggi St-Jacques e di Gettaz des Allemands, a nord di Champdepraz - entrambi nella Valle d'Ayas - e di Niel, frazione di Gaby, dove ancora negli anni ‘60 le generazioni più vecchie parlavano la lingua tradizionale. Gallery Gressoney-La-Trinité Gressoney-La-Trinité Gressoney-La-Trinité : Parrocchia della SS. Trinità Gressoney-Saint-Jean Gressoney-Saint-Jean: chiesa di San Giovanni Battista Gressoney-Saint-Jean: Castel Savoia Issime Issime: chiesa di San Giacomo La cultura walser La cultura del popolo Walser si può riscoprire recandosi nei comuni della Valle del Lys, per partecipare alle ricorrenze tipiche, allietate da canti tradizionali in titsch, per ascoltare le leggende che vengono rievocate durante le serate estive, oppure più semplicemente per godere di una vacanza rilassante ai piedi dei monti più alti d'Europa. La lingua La Lingua è il patrimonio che caratterizza nel modo più evidente il popolo Walser. Il titsch, la lingua tipica, è una variante dell'alemanno (uno dei più antichi dialetti tedeschi) ed è parlata in entrambi i Gressoney mentre il töitschu è diffuso ad Issime. Per gli amanti della lingua e delle sue particolarità consigliamo di visitare la Biblioteca Walser presente nell'Alta Valle del Lys e se volete approfondire i vari aspetti della cultura locale recatevi presso il Centro Culturale Walser. Una curiosità che riguarda Gressoney-La-Trinité è quella legata al distacco della Parrocchia di Gressoney da quella di Issime, dove anche nel 1400 non si parlava il tedesco. Originariamente, infatti, la valle del Lys aveva due chiese madri: quella di Perloz e quella di Issime. I Gressonari però erano stufi di non potersi confessare per via della differenza linguistica che intercorreva tra loro e il parroco di Issime. Per calmarli non bastava la richiesta da parte di quest'ultimo di interpreti, in quanto i problemi non erano solo linguistici ma anche logistici. Molte volte, infatti, durante i lunghi inverni, i defunti venivano sepolti senza la benedizione del parroco, che non poteva raggiungere il comune di Gressoney per via delle grandi nevicate. Dopo notevoli lotte, nel 1660 nacque finalmente la parrocchia di San Giovanni Battista a Gressoney-Saint-Jean, dove il parroco era un gressonaro che avrebbe potuto essere sempre vicino ai suoi fedeli comunicando con loro senza difficoltà. Il tedesco diventò la lingua ufficiale per confessioni, preghiere e insegnamento del catechismo. Gli abitanti della Valle del Lys utilizzavano il tedesco per gli scambi commerciali di tessuti con la Germania e con la Svizzera tedesca. Le feste popolari Tra le numerose feste che hanno luogo durante tutto l'arco dell'anno, non si possono senz'altro dimenticare le seguenti: Capdanno (Nujoahr) Tradizione vuole che durante la funzione religiosa del 31 dicembre venga cantato il Nujoahrslied, canto popolare per augurare buon anno. Poi allo scoccare della mezzanotte, tutti a casa del Sindaco, primo cittadino di Gressoney. Carnevale Attenzione! Se vi recate a Gressoney durante il periodo di Carnevale non provate a chiedere ad una Gressonara di filare la lana, in quanto si riteneva che chi usava il fuso o l'arcolaio in quei giorni preparasse le corde dei flagelli da usare contro il Cristo. I nodi che si possono formare durante la lavorazione delle fibre vegetali simboleggiano l'interruzione del tempo e trattengono nell'aldilà le anime che risalgono sulla terra durante questo periodo dell'anno. Il giovedì grasso i ragazzi andavano nelle case delle buone massaie per effettuare il "furto della pentola", il cui contenuto veniva poi spazzolato prima di restituirla! Non vi stupite inoltre se un uomo prende le sembianze della donna o viceversa... nel travestimento l'inversione dei ruoli sessuali è una costante. Durante il de broamt' frittag (il venerdì nero) le maschere sporcavano di fuliggine il viso dei malcapitati per non farli riconoscere dagli spiriti malvagi; gli stessi dovevano poi subire anche il lavaggio il giorno seguente, de nass' Samstag. I festeggiamenti si concludevano il martedì grasso con la distruzione del Carnevale, simboleggiato metaforicamente da un fantoccio di paglia. Questa tradizione però purtroppo non viene più seguita. La festa di San Giovanni Il 24 giugno è il giorno della festa patronale di Gressoney-Saint-Jean, che si protrae per tre giorni. I falò con legna benedetta per augurare sufficiente fieno per l'anno successivo, la benedizione dei bambini contro i malanni dell'inverno e l'offerta degli agnellini con un fiocco al collo (simbolo di chi ha fatto un voto) sono tre momenti particolari legati alla liturgia. Il tutto viene accompagnato dalla sfilata di donne e bambini vestiti con gli abiti tradizionali e dei coscritti (ragazzi che compiono 18 anni) che trasportano la statua del santo. San Teodulo San Teodulo è considerato il padre dei Walser. In alcune località è venerato sotto il nome di Saint Joder, nome derivato dalle trasformazioni causate dalla parlata popolare. Fu il primo Vescovo del Vallese, nella seconda metà del IV secolo, ed intorno al suo nome sono fioriti, con il tempo, numerose leggende e racconti. Il più conosciuto è probabilmente il miracolo del vino. Si narra che un'improvvisa gelata primaverile rovinò i vigneti, danneggiando irrimediabilmente la vendemmia. Dopo aver ascoltato le lamentele degli abitanti il Vescovo Teodulo si raccolse in preghiera, fiducioso che Dio li avrebbe senz'altro aiutati. Giunto il tempo della vendemmia, nonostante i vigneti spogli impartì una benedizione alla folla, dopodichè chiese due grappoli d'uva; di maturi non ce n'erano e gli vennero portati due piccoli grappoli acerbi. Egli ne prese uno in ciascuna mano e alzando le braccia al di sopra di una botte si mise a spremerli, riempiendo man mano tutte le botti del villaggio di ottimo vino. La sua festa ricorre il 16 agosto. La festa di San Nicola (San Kloas) Il 6 dicembre tutti i bimbi giravano di casa in casa con un biglietto (welpe) con su scritto il loro nome, chiedendo: "Passerà San Nicola?". Ogni anno questo santo tanto buono portava loro i suoi doni (nocciole, noci, mandorle, una mela o un'arancia) in groppa ad un asinello. I bimbi felici potevano mangiucchiare tutto, tranne le noci che sarebbero poi state consumate con del pane nero durante gli inverni, quando non si poteva ritornare a casa dalla scuola per via delle grandi nevicate. I bambini sapevano che quelle noci erano benedette e che, se portate in tasca, garantivano protezione e fortuna. Anche oggi San Nicola si reca nelle varie case a portare i doni... doni che però sono un po' cambiati! Gallery Processione Il costume tipico Vi siete mai chiesti da dove derivano i colori del costume tradizionale delle donne di Gressoney? Un tempo tutte le donne vestivano di nero. Durante le feste, invece, si portava un abito di color nero, blu o viola con una camicetta bianca di canapa e un giacchino nero (wòhemd). Questo era l'abbigliamento tipico dei Walser fino a quando non avvenne un triste fatto in quel di Gressoney. La leggenda racconta che una madre, mentre pascolava il bestiame, rischiò di perdere il suo figlioletto che scivolò in un burrone. Il piccolo fu salvato da una donna che non aveva mai potuto dar alla luce un figlio e che per questo era pervasa da un'infinita tristezza. Lei non si salvò perché cadde nel burrone e il suo abito si tinse del colore del suo sangue. Da quel momento, in suo onore, tutte le donne portano la gonna rossa, la pettorina nera ricamata con fili d'oro che creano disegni singolari e la giacchetta nera. Il nero simboleggia la roccia che l'ha uccisa e la blusa è bianca come la neve e l'acqua del Lys. La cuffia, impreziosita da fili d'oro e pietre incastonate, ricorda invece i biondi capelli della coraggiosa donna. Anche gli uomini vogliono ricordare il sangue versato dalla donna, per questo portano un gilet rosso sopra un costume nero. Trascorsi i secoli il messaggio di questa leggenda è sempre costante e attuale... un messaggio di fraternità e di amore, amore donato da quella donna per la salvezza di quel bambino. Questi meravigliosi costumi, ritenuti da sempre tra i più raffinati in campo internazionale, si possono ammirare al Centro Culturale Walser (a Gressoney-La-Trinité). Oltre al costume rosso scarlatto (ròtanketò) esiste il costume "da lutto" (trunanketò), di colore viola con ornamenti in argento e non in oro. Gallery La cuffia, il copricapo tipico La cuffia, il copricapo tipico Il costume tradizionale L'architettura Ogni piccolo villaggio (dòrfie) era pensato per essere autosufficiente, e quindi in grado di affrontare l'isolamento invernale senza che i suoi abitanti necessitassero di recarsi altrove per poter sopravvivere: le case disponevano quasi sempre di una stalla, di un fienile e spesso anche di un forno, mentre il villaggio, specialmente quando si trovava nei pressi di un corso d'acqua, comprendeva un mulino o una segheria, oltre, ovviamente, alla cappella, dedicata alla Madonna oppure ad un Santo. Stadel e puròhus sono le principali costruzioni rurali. Ma vediamole ora nel dettaglio. Gli Stadel sono costruzioni in legno di larice poggiate su "funghi" fatti in legno o in pietra. Queste costruzioni erano rialzate per preservare il foraggio dai topi ma anche dall'umidità, e solitamente non venivano abitate. Se siete degli sportivi ma non volete rinunciare alla cultura, recatevi nei caratteristici e singolari villaggi di Alpenzu (Alpenzu Piccolo - Léckò Albezò e Alpenzu Grande - Grossò Albezò) nel comune di Gressoney-Saint-Jean. Dopo un'oretta di camminata attraverso il sentiero Walser[1] arriverete ad una terrazza di origine glaciale dove sono ubicati questi due borghi rappresentativi dell'architettura tradizionale: si possono infatti ammirare Stadel risalenti al 1600-1700. Obbligatoria è anche una tappa al Walser Ecomuseum. Questo museo etnografico è situato nel villaggio Tache, capoluogo di Gressoney-La-Trinité e illustra in modo esemplare le caratteristiche principali dell'architettura walser. L'Ecomuseo è suddiviso in tre parti: Puròhus (casa rurale del 1700): le famiglie vivevano nell'abitazione-stalla (wohngade) per sfruttare il calore degli animali, dai quali erano saparati solo da una staccionata. Il mobilio era scarno e si componeva principalmente di una stufa, che aveva la funzione di equilibrare l'umidità, di una cucina (firhus), di due letti - uno grande e uno più piccolo con rotelle e retrattile (tschärret) per praticità - e di due arcolai, uno per la lana, uno per la canapa. Al di sotto vi era la cantina (chär) a volta, con pavimentazione in terra battuta e un camino (trächò) dove si cucinava con l'ausilio di grandi paioli. Percorrendo poi una scala in legno o pietra, si giungeva alla wohngade e poi al fienile, dove erano riposti i vari attrezzi per lavorare, compresi gli arcolai, e dove ci si poteva riposare nelle camere da letto, rifocillarsi dalla dispensa (spicher) e scaldarsi al tepore di una stufa in pietra. Ogni casa presentava grandi balconate che, munite di assicelle, servivano per far seccare segale, orzo e fieno. Le costruzioni venivano inoltre personalizzate con le iniziali dei proprietari, la data di costruzione e a volte con un simbolo walser. Pòtzsch hus (casa museo): dove vengono presentate la storia del Monte Rosa, delle sue scalate, del Cristo delle Vette ma soprattutto la descrizione e l'evoluzione del costume tipico. - La baita di Binò Alpelté: un piccolo alpeggio costruito al riparo di un unico masso naturale che funge da tetto. [1] http://www.aiatmonterosawalser.it/sezione.asp?idsezione=125〈=ITA Gallery Stadel Stadel Stadel tipico Particolare dello Stadel: il fungo Interno di una casa rurale Stufa in pietra all'interno della casa Schema di una casa rurale (didascalie in titsch) La baita di Binò Alpelté • Innovazione didattica