Mutilazioni genitali femminili, tra storia ed attualità
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Mutilazioni genitali femminili, tra storia ed attualità
Obiettivo su MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI, TRA STORIA ED ATTUALITA’ FRANCO AVENIA * , SALVATORE MUNDANU ** , MARIA ROSA LO BAIDO *** Pubblicato in Rivista di Sessuologia. N° 4, 2001. Ed CLUEB, Bologna Sommario Le mutilazioni genitali femminili appartengono alle tradizioni culturali di molte popolazioni concentrate nel continente africano, ma rintracciabili anche in altri continenti. Le loro radici, individuate in tempi assai remoti, appaiono tutt’oggi ben salde e difficili da rimuovere. Le recenti massicce immigrazioni dall’Africa verso il nord hanno portato anche in Europa tali realtà, aprendo nuove dimensioni sociali, sanitarie e giuridiche che impongono severe riflessioni. 1 Secondo stime elaborate in dieci anni di ricerche (Grassivaro Gallo, 1998), attualmente vivono nel mondo circa 130 milioni di donne che hanno subito mutilazioni genitali e 6000 bambine al giorno vengono costrette alla stessa sorte. Ciononostante fino a qualche decennio fa, le FMG (female genital mutilation) rappresentavano un fenomeno circoscritto geograficamente che mobilitava le coscienze, ma riguardava essenzialmente organismi internazionali. La loro rilevanza a livello nazionale, soprattutto in Europa e principalmente in Italia, era scarsa a causa di un’esigua presenza di casi. Negli ultimi anni però, con il crescere dell’immigrazione, in particolare dal continente africano, la dimensione di tali pratiche si è estesa anche nei paesi della comunità europea, concretandosi in un grave problema d’attualità che investe diversi aspetti: responsabilità penali; assistenza e deontologia medica; riabilitazione medica e psicologica; prevenzione-dissuasione. Origini Le origini delle mutilazioni genitali femminili possono esser fatte risalire ad almeno 2000 anni a.C.. Negli anni ottanta, infatti, il ritrovamento di due cadaveri di donna ben conservati del tipo Camito-Semitico, databili nell’epoca del neolitico inferiore, ha mostrato chiare cicatrici da * Sociologo, Consulente in Sessuologia, Docente-Esperto al corso di “Psicopatologia della Sessualità”, presso la Scuola Medica Ospedaliera di Roma e della Regione Lazio. ** Psicologo clinico. *** Psichiatra, Psicoanalista (S.P.I.), Unità Operativa di Psichiatria, Università degli Studi di Palermo. infibulazione 2 . D'altronde la circoncisione maschile era stata già documentata da Chabas 3 , nel 1861, e da Loret 4 , nel 1889, ritrovando su reperti archeologici testimonianze rispettivamente risalenti al secondo ed al terzo millennio a.C.. La pratica dunque delle mutilazioni genitali, chiaramente raffigurata in templi ed opere monumentali, lascia supporre che circa 4000 anni fa non fosse solo praticata e conosciuta, ma già saldamente inserita nella tradizione. Si noti, per contro, che i primi casi di infibulazione effettivamente conosciuti risalgano ai primi del secolo diciannovesimo; che il primo articolo epidemiologico è stato pubblicato da Hosken negli anni ‘70 5 e che la prima ricerca strutturata su questo problema è stata fatta in Africa nel 1979. 6 Molte comunque sono le testimonianze ricavabili dai ritrovamenti nella valle del Nilo che confermano un’ampia diffusione delle mutilazioni genitali negli anni precedenti la venuta di Cristo. Radici così lontane danno immediatamente la misura di come tali pratiche siano sedimentate culturalmente e di conseguenza difficili da rimuovere. Classificazione e localizzazione geografica La classificazione delle mutilazioni genitali femminili è complessa poiché, come è noto, ne esistono di molte varietà che spesso si sovrappongono e si integrano rendendo non semplice il loro discernimento. Per di più, difficoltà di raffrontare espressioni descrittive formulate in diverse lingue e dialetti hanno nel tempo moltiplicato le differenze. A ciò va poi aggiunta la tradizionale circospezione di coloro che le praticano, tentando d’ammantarle di segretezza nei confronti di osservatori estranei alla loro cultura. Ci limiteremo pertanto ad una distinzione preliminare ed alla classificazione della WHO, rimandando per eventuali approfondimenti ai Riferimenti Bibliografici. Le modifiche dell’apparato genitale femminile, artificiosamente prodotte, possono essere distinte in deformazioni espansive o riduttive. Le deformazioni espansive possono interessare: - il clitoride e/o le piccole labbra con finalità di allungamento, distensione, ingrandimento. 1 Le figure e le tabelle riportate in questo articolo sono tratte dal sito web www.who.int della World Health Organization. Traduzione e modifiche grafiche a cura degli Autori. 2 Scoperta del paleo-patologo H. Dieck, nel 1981. 3 In tempio tebano. Khonsu. XXI dinastia. 4 In complesso funerario. Saqqarah. IV dinastia. 5 “The Hosken Report”, 1978 6 Facoltà di medicina del Sudan. I metodi per ottenere tali effetti – se si eccettua l’azione irritante prodotta sul clitoride da punture di formiche appositamente allocate per produrre edemi e renderlo più idoneo alla suzione, in uso nelle Caroline orientali – non risultano particolarmente cruenti o dolorosi, inserendosi spesso in un contesto ludico-erotico. - La regione vulvo-vaginale con finalità d’ampliamento. Gli interventi di dilatazione vaginale vanno dalla semplice dilatazione ottenuta per mezzo di massaggi ed applicazione d’unguenti (tipica delle regioni centro-africane) all’introcisione, praticata in alcune zone dell’Australia. L’introcisione (aralkatana, ovvero taglio della vulva), contrariamente ai massaggi, si sostanzia in una vera e propria mutilazione, consistendo nella deflorazione e nel taglio della connessura labiale posteriore. Secondo Letourneau, mutilazioni simili erano anche praticate dagli Aztechi nell’era precolombiana (Erlich, 1990). Le deformazioni riduttive possono interessare: - clitoride e piccole labbra. In questo caso può trattarsi di resezione del prepuzio con o senza escissione del clitoride o di parte di esso. Siffatta mutilazione, detta “circoncisione sunna”, è prevalentemente praticata nelle società di religione musulmana del nord Africa, del sud dell’Arabia ed in Indonesia; può altresì comprendere l’escissione parziale o totale delle piccole labbra. Questa variante, maggiormente mutilante è la più diffusa e riguarda soprattutto le donne dell’Africa centrale, non risparmiando neanche quelle di religione cristiana. - regione vulvo-vaginale. Si opera qui un restringimento, molto prossimo alla chiusura, dell’introito vaginale con escissione parziale o totale dei genitali esterni. Tale usanza, chiamata correntemente infibulazione o circoncisione faraonica, è presente particolarmente tra i musulmani dell’Africa centro-orientale. Inserisci cartina Africa Fig. 1 (tratta da: www.who.int - sito internet della WHO) Come si vede, non è certo facile distinguere all’interno delle mutilazioni genitali femminili, purtroppo così diffuse da differenziarsi anche all’interno delle stesse comunità etniche e religiose. Pertanto, nell’intento di mettere ordine tra le differenti FGM, il Technical Working Group della World Health Organization ha elaborato nel 1995 la seguente classificazione, suddivisa in tre tipi ed in un sottotipo di mutilazioni non classificabili: TIPO I: escissione del prepuzio, con o senza asportazione di parte o tutto il clitoride. TIPO II: escissione del clitoride con parziale o totale escissione delle piccole labbra. TIPO III: escissione parziale o completa dei genitali esterni e sutura/restringimento dell’apertura vaginale (infibulazione). TIPO IV (non classificato): include la sutura, il piercing o l’incisione del clitoride e/o delle labbra; lo stiramento del clitoride e/o delle labbra; la cauterizzazione del clitoride e del tessuto circostante per mezzo di bruciatura; la demolizione del tessuto circostante l’orifizio vaginale (“angurya cuts”) o taglio della vagina (“gishiri cuts” 7 ); l’introduzione di sostanze o di erbe nella vagina; ed ogni altra procedura volta a produrre alterazioni dell’area genitale femminile. Tassi di prevalenza stimati, aggiornati a maggio2001 L’informazione circa la prevalenza delle FGM proviene da fonti di diversa qualità ed affidabilità. Nelle seguenti tabelle le informazioni sono state organizzate in base all’affidabilità delle fonti. Fonti più affidabili: perizie nazionali Paese 7 Prevalenza (%) Anno— Burkina Faso 72 1998/99 Central African Republic 43 1994/95 Côte d’Ivoire 43 1994 Egypt 97 1995 Eritrea 95 1995 Guinea 99 1999 Kenya 38 1998 Mali 94 1995/96 Niger 5 1998 Nigeria 25 1999 Somalia 96-100 1982-93 Sudan 89 1989/90 Tanzania 18 1996 Togo 12 1996 Yemen 23 1997 In questo tipo di taglio, la vagina viene incisa fino allo sfintere anale, danneggiando naturalmente anche quest’ultimo, per favorire la fuoriuscita delle secrezioni vaginali. Altre stime Paese Prevalenza (%) Anno— Fonte Benin 50 1993 Ricerca del National Committee, non pubblicata. Chad 60 1991 Ricerca UNICEF, non pubblicata. Ethiopia 85 1985; 1990 Gambia 80 1985 Ghana 30 1986; 1987 Due ricerche in regioni differenti; diversi risultati. Liberia 60 1984 Ricerca non pubblicata. Senegal 20 1990 Ricerca nazioinale. Sierra Leone 90 1987 Koso-Thomas O., (1987): “The circumcision of women: a strategy for eradication”. London, Zed Press. Ricerca del ministero della Salute, sponsorizzata dall’UNICEF; ricerca InterAfrican Committee. Ricerche. Fonti meno affidabili Paese Prevalenza (%) Cameroon 20 Democratic Republic of the Congo 5 Djibouti 98 Guinea-Bissau 50 Mauritania 25 Uganda 5 Complicanze Come è intuibile le complicanze nelle FGM sono frequentissime e quasi sempre rilevanti. Chirurghi improvvisati, condizioni igieniche insufficienti, se non pessime, assenza d’anestesia, ferri chirurgici sostituiti da coltelli d’uso comune, rasoi, pezzi di vetro o pietre taglienti, spine d’acacia invece di fili di sutura, uso degli stessi attrezzi in sequenze rituali su più bambine: questo è quasi sempre il contesto nel quale vengono praticate le mutilazioni genitali 8 . Per di più, va considerato che le donne una volta infibulate non hanno finito il loro calvario in quanto saranno defibulate e reinfibulate prima e dopo sequenze di rapporti sessuali ed il parto. Le complicazioni sono dunque difficilmente evitabili. Senza addentrarci nell’argomento – facilmente immaginabile e diffusamente conosciuto – ci limitiamo, per completezza, ad elencare alcune delle più frequenti e gravi complicanze a livello medico ed a tracciare un breve profilo di quelli che possono essere gli effetti di rilievo psicodinamico. Complicanze a breve termine: morte, emorragie, shock, lesioni dell’interno della vagina, dell’uretra, della vescica, dello sfintere anale, infezioni, setticemia, tetano, contagio da HIV, epatiti. Complicanze a medio e lungo termine: cisti ed ascessi, dismenorrea, vaginismo, infezioni croniche, incontinenza urinaria, neuromi, sterilità, gravi problemi durante la gravidanza ed il parto, infezioni puerperali. Per quanto riguarda i problemi psicologici, esclusi pochissimi studi clinici, non sembrano a tutt’oggi esistere ricerche approfondite sulle conseguenze del trauma rispetto all’integrità psichica della donna sottoposta a FGM. Interpretazioni psicologiche di disegni di donne sottoposte a tale pratica indicano che l’autostima e la percezione del proprio Sé sono disturbate sia sul piano fisico 8 Ultimamente, in alcuni paesi le mutilazioni genitali femminili vengono compiute anche da medici. Stime della WHO considerano in Egitto una percentuale dal 13 al 46% di “interventi” sui genitali femminili eseguiti da personale medico. sia su quello psicologico. Alcuni ricercatori hanno poi osservato come l’esperienza del trauma non sia limitata nel tempo e successivamente rimossa, ma rimane sempre presente, a diversi livelli di consapevolezza. E’ infatti facile pensare che il processo di mentalizzazione del loro corpo, cioè la progressiva integrazione delle esperienze sensoriali, emotive, relazionali, sarà fortemente segnato. E’ il corpo anatomico (soma) che subisce uno sfregio, una mutilazione della quale non si può parlare e, come nel caso delle violenze carnali, il corpo può divenire muto. Si determina una rottura nella continuità del soggetto, frattura che disarticola il corpo dalla psiche Come conseguenza dell’impatto di un evento traumatico esogeno di energia inaspettata si può generare nell’apparato psichico una configurazione reattiva che si fissa nei termini di un trauma psichico. Un trauma capace di riattualizzare la paura sotto forma di stati di angoscia. L’evento traumatico, per tutte quelle vicende psichiche che non sono suscettibili di elaborazione, non storicizzabili, comporta il costituirsi di un “corpo estraneo” che sollecita meccanismi espulsivi di tipo arcaico, nell’ordine della scissione, del diniego, dell’identificazione proiettiva. La mente, nel tentativo di espellere il fantasma (espressione del fallimento del lavoro elaborativo), impoverisce progressivamente le proprie funzioni, come a dire che i pensieri impensabili finiscono con il danneggiare l’apparato preposto alla elaborazione dei pensieri stessi. Certamente anche qui l’effetto sarà di un’amputazione: della propria sessualità integrata, del proprio corpo, della propria capacità di amare, di pensare, etc. Il permanere, l’intensità, l’estensività, il livello dei meccanismi difensivi legati alla scissione determinerà la prevalenza del quadro clinico con manifestazioni sintomatologiche tra le più disparate. D’altro canto, la potenzialità costituzionale dell’individuo ad entrare in uno stato ipnotico, la violenza traumatica (dolore insopportabile) tale da fratturare, drammaticamente, ogni schermo protettivo, nessun sostegno riparatorio da parte dell’ambiente esterno sono fattori che possono determinare un tragico precipitare degli elementi non pensati o non pensabili e generare la possibilità dell’utilizzo, da parte della bambina, di difese dissociative, atte a collocare l’esperienza traumatica in un altro luogo, in un altro tempo, in un altro corpo, altrove… La dissociazione può essere una modalità difensiva temporanea in risposta all’evento traumatico o strutturarsi come difesa prevalente e dar luogo alle personalità multiple. L’utilizzo di difese dissociative, quando si è fatti oggetto di violenze terribili per mano di coloro che avrebbero dovuto proteggerci, comporta contemporaneamente, da una parte, il non potersi fidare delle autorità e quindi non potere denunciare gli accaduti, dall’altra lo strutturarsi di un patto denegativo/perverso con il gruppo carnefice, patto per cui la vittima si sente importante e quindi confermata nel proprio valore fondamentale per gli altri (ciò spiegherebbe il perché del fenomeno delle FGM si abbiano solo stime e non cifre precise). Le madri di queste bambine sono donne che a loro volta sono state sottoposte a FGM e che trovano nella mutilazione della figlia, una ragione per significare la propria, un effetto diretto dell’azione del meccanismo dell’identificazione con l’aggressore. Le bambine L’età delle bambine sottoposte a FGM è molto variabile, oscillando dai primi mesi di vita (in Nigeria, ad esempio) ai 17 anni, con una prevalenza nel periodo tra i 4 ed i 12 anni (in Israele fino a 17 anni). L’età media tende comunque a restare bassa, oltretutto più la bambina è grande tanto più diviene difficile contenerla fisicamente nel momento della mutilazione che, come accennato, avviene senza anestesia. Spesso dopo aver subito le lesioni degli organi genitali, anche a causa dello shock patito e delle frequenti complicanze, le bambine scolarizzate sono costrette ad allontanarsi per un lungo periodo dalla scuola, non riprendendo il più delle volte gli studi. In altri casi si rende necessario legare le gambe della bambina per 2-6 settimane dopo la mutilazione, accrescendo le già enormi sofferenze. Il tessuto sociale dove però permangono tali trazioni non consente né alle povere bambine, né alle famiglie d’esimersi con facilità dalle pratiche di mutilazione. L’adolescente non escissa o infibulata viene derisa ed allontanata dalle coetanee e considerata dagli adulti una giovane “facile” di cui nessuno si è preso cura. Ciò, oltre ad emarginarla dalla vita sociale, produce il grave rischio di essere oggetto di abusi sessuali che in alcuni paesi, anche se subiti contro la propria volontà, possono portare persino alla lapidazione. Presupposti mitologici, socio-culturali e psico-sessuologici Il fenomeno delle FGM, va subito evidenziato, non è un fenomeno di matrice religiosa. La sua presenza in società con confessioni religiose differenti (animisti, cattolici, coopti, ebrei, protestanti, musulmani 9 ) ci dimostra che la sua natura è svincolata dalla necessità di aderire a basilari pratiche di culto. I suoi presupposti vanno dunque individuati in credenze mitologiche, ragioni socio-culturali e motivazioni psico-sessuologiche: 9 Alcune comunità Muslim praticano le FGM nella credenza che sia richiesto dalla fede Islamica. La convinzione che le donne non mutilate siano impure è presente in molti paesi musulmani. Questa categoria di ragioni non costituisce, comunque, la motivazione principale. - credenze mitologiche: incremento della fertilità e promozione della sopravvivenza della prole; purificazione da forze demoniache 10 . In alcuni paesi (Etiopia e Somalia), si crede poi che il clitoride possa crescere fino a divenire un pene. - ragioni socio-culturali: identificazione con la cultura di appartenenza, acquisizione dell’identità di adulto, integrazione sociale e mantenimento della coesione sociale; - motivazioni psico-sessuologiche: i genitali femminili esterni sono considerati sporchi ed inguardabili, per cui si rende necessaria la loro rimozione per promuovere l’igiene e per fattori estetici. La riduzione od eliminazione del tessuto sensitivo all’esterno dei genitali, in particolare il clitoride, ritenuto la sede del piacere sessuale femminile, viene inoltre stimata efficace per attenuare il desiderio nella donna, mantenere la castità e la verginità prima di maritarsi e la fedeltà dopo il matrimonio. FGM e circoncisione maschile Una trattazione sulla circoncisione maschile, seppur ridotta come la presente sulle FGM, richiederebbe almeno altrettanto spazio. Ricordiamo, pertanto, solo per completezza, che la suddetta pratica non è esclusiva della religione ebraica o della tradizione islamica, ma che è altresì presente in culture e religioni sia dell’Africa che dell’Asia, dell’Australia e dell’America. Detto ciò, poniamoci la domanda: la circoncisione maschile può essere assimilata alle mutilazioni genitali femminili? Che si tratti della privazione di una parte del corpo non v’è dubbio, quindi anche dal punto di vista lessicale potrebbe essere appropriato parlare di mutilazione. 11 Che, analogamente alle FGM, non vi sia il consenso libero e consapevole della parte che subisce la circoncisione è altrettanto evidente, poiché sappiamo che per lo più si pratica su bambini, a volte su adolescenti che vengono iniziati alla vita adulta o, come nella religione ebraica, compiuta l’ottavo giorno successivo alla nascita. Che poi ne resti un segno indelebile per tutta la vita e che non venga eseguita da un medico, è egualmente indubbio. 10 Si pensi che in alcune culture viene attribuito al clitoride un potere nefasto: sia l’uomo durante il rapporto sessuale che il nascituro al momento del parto non devono assolutamente toccarlo per evitare conseguenze sulla salute che possono portare addirittura alla morte. 11 Voce mutilare in Dizionari della lingua italiana: Mutilare (mu-ti-là-re) v.tr. (mùtilo, ecc.) ~ Privare di una parte essenziale o evidente, compromettendo irrimediabilmente l’integrità, talvolta in modo cruento, talvolta deturpante. Devoto-Oli, Le Monnier Mutilare [vc. Dotta, lat. mutilare, da mutilus ‘mozzo’;1803] v.tr.1 Privare di una parte del corpo […] Zingarelli, Zanichelli Il Dizionario Enciclopedico Italiano, edito dall’Istituto dell’ Enciclopedia Italiana, fondata da G. Treccani, alla voce circoncisione, sostituisce tale termine con mutilazione sessuale. Cfr. D.E.I. (1970), Vol. III, CAT-DET, Pag. 243, sec. col., riga 12. Le differenze sostanziali ineriscono, invece, all’entità della mutilazione, alle complicanze ed alle conseguenze. Non è, infatti, in alcun modo paragonabile la circoncisione maschile con la circoncisione faraonica, che comporta l’escissione completa o parziale dei genitali femminili esterni (conformemente la circoncisione maschile dovrebbe contemplare l’amputazione del pene), né tanto meno con l’infibulazione. Per contro è possibile un oggettivo accorpamento con la circoncisione sunna che prevede, nella sua forma ridotta, la sola resezione del prepuzio, senza l’asportazione del clitoride. (Notiamo, per cronaca, che il governo olandese ha proposto la legalizzazione di questo tipo di circoncisione femminile, ma che l’Ordine dei Ginecologi l’ha respinta). Per ciò che riguarda le complicanze, così come per le conseguenze il paragone risulta improponibile (quantunque non ci sia consentito, ad esempio, di valutare il trauma psichico del neonato circonciso). La differenza formale è da individuare nel contesto: religioso, come per la circoncisione maschile ebraica 12 ; culturale, ovvero della tradizione (sunna, dall’arabo “tradizione”) per ciò che attiene le FGM. (Torneremo, in conclusione, su questa distinzione, poiché di primaria importanza per la riflessione sul tema della prevenzione-dissuasione). Cenni sulla legislazione internazionale 13 La WHO si è chiaramente espressa contro ogni forma di mutilazione genitale femminile. Lo stesso deciso atteggiamento è stato preso dall’UNICEF. Nel 1982, in Svezia, è stata approvata una legge che proibisce la reinfibulazione dopo il parto, pratica medica consentita fino all’entrata in vigore della legge. Nel 1985, in Inghilterra, è entrata in vigore una legge che punisce con cinque anni di reclusione le FGM Nel 1991, in Francia, la Corte d’Appello di Parigi ha dichiarato le FGM equiparabili ad atti di persecuzione. Nel 1991, in Canada, l’Ordine dei Medici ha riconosciuto le mutilazioni genitali femminili in contrasto con l’etica medica. Nel 1996, lo stato di Washington (USA), tramite il Tribunale Amministrativo d’Appello, ha sancito che l’escissione del clitoride si configura come persecuzione e la ritenuta motivo valido per la richiesta d’asilo. Nella Repubblica Federale Elvetica l’art. 122 del c.p. punisce in modo severo le FGM. 12 13 Va ricordato che la religione ebraica non prescrive alcuna pratica mutilante degli organi genitali femminili. I dati del presente paragrafo sono i gran parte tratti da “Sessualità e legge” Cfr. Rif. Bibl. Negli stati africani dove sono praticate per tradizione le FGM non esiste nessun divieto di legge. Attualmente in Italia In Italia, alle soglie del 2000, le donne con mutilazioni genitali sono state stimate in circa 28.000. Tra queste, almeno 5000 bambine avrebbero subito clitoridectomia ed infibulazione nel nostro paese. La vigente legge in Italia, senza riferimento diretto alle FGM, le vieta e sanziona implicitamente, tutelando la salute come diritto: Art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività…” Art. 5 del Codice Civile “Atti di disposizione del proprio corpo” “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica…” E’ evidente l’incongruità di tale articolo nel contesto in oggetto, in quanto coloro che subiscono le mutilazioni, quand’anche vi si sottoponessero volontariamente, non ne avrebbero facoltà in quanto minori. Resta però il principio sancito. E’ importante, invece, evidenziare gli art. 582 e 583 c.p.: Titolo XII Dei delitti contro la persona Capo I - Dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale Art. 582 - Lesione personale “Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni…” Art. 583 - Circostanze aggravanti. La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni: 1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo[…] La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva: 1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso; 3) la perdita di una arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, … Queste dunque le norme. Ma la volontà d’applicarle? E’ noto che non sia infrequente, anche in Italia, il presentarsi di genitori presso strutture sanitarie pubbliche per rimediare ad atti di mutilazione non perfettamente riusciti eseguiti nei confronti delle loro bambine. Cosa ne consegue giuridicamente? Esiste la ferma determinazione di perseguire i responsabili? Ciò ci riconduce anche alle possibili responsabilità dei medici. Il Codice di Deontologia Medica è in materia estremamente chiaro: “E’ vietato al medico di praticare qualsiasi forma di mutilazione sessuale femminile”. 14 A proposito, in Sessualità e legge, M. Iorio, G. Rocchietti e P. Serafini scrivono: “Si debbono anche citare le escissioni ed infibulazioni praticate da circa venticinque anni in Europa e più recentemente anche in Italia –talvolta in ambiente medico 15 - ma più spesso clandestinamente…” 16 Riabilitazione medica e psicologica Oltre ad escludere, ovviamente, l’ipotesi del concorso dei medici nell’esecuzione delle FGM – anche con il caritatevole intento di alleviare la sofferenza e diminuire le complicanze – ciò che resta unicamente possibile è, in un secondo tempo, il ridurne al minimo le conseguenze con interventi medico-chirurgici. Quasi sempre, infatti, a causa della gravità delle mutilazioni, una riparazione di tipo medico, intesa come ripristino della situazione ante quo, non è possibile. Siffatti interventi però presuppongono un’espressa richiesta delle interessate o, quando minori, dei genitori. Il che implica, attualmente, decisioni e resipiscenze alquanto improbabili. Quel che invece sembra più realistico – e qualora accettato, sicuramente più efficace dal punto di vista riabilitativo – è il ricorso da parte delle bambine divenute adulte ad un supporto di tipo psicologico. In tale prospettiva è possibile immaginare le sinergiche confluenze di consulenze mediche e sessuologiche che, oltre ad aiutare le richiedenti, potrebbero contribuire a prevenire il perpetuarsi di analoghe mutilazioni sulle loro future figlie. 14 Codice di Deontologia Medica della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (1998), Capo IX, art. 50 15 Il corsivo è nostro. 16 Iorio M. et al. (2000): Sessualità e legge. Cfr. Rif. Bibl. All’uopo, in un panorama di umanitario intervento, sarebbe necessario istituire specifici servizi che, seppur inizialmente disertati, nel tempo offrirebbero uno stimolo alla riflessione, una tangibile via di fuga, un’alternativa meditata a modelli culturali d’abbandonare. E’ indispensabile sensibilizzare le adolescenti di oggi – ormai probabilmente mutilate – affinché domani non divengano mamme mutilatrici. Prevenzione-dissuasione Le società multietniche e multireligiose rappresentano sempre di più il modello sociale del secolo appena iniziato. Problemi dunque d’incongruità tra norme giuridiche, radicate tradizioni e religioni si fanno più frequenti. Altrettanto sovente si manifestano antinomie etiche o del comune sentire. L’omogeneità socio-cultrale-religiosa si va progressivamente incrinando e la dinamica di una cultura egemone che impone leggi, dettami religiosi e modelli di comportamento sembra ormai al tramonto. Il confronto con l’altro non è più eludibile. Tolleranza, comprensione, assimilazione sono elementi indispensabili per la convivenza. Ma esistono limiti che non possono e non devono essere in alcun modo superati. Le mutilazioni genitali femminili – come, d’altronde, ogni altro tipo di violenza – non possono essere consentite. La loro repressione in sede penale, come si è visto, è già prevista: è tempo d’applicarla con rigore. Certo la repressione, come sempre accade, non può bastare a sradicare usanze così consolidate. E’ necessario attuare un piano di dissuasione che si basi naturalmente sulla repressione, ma altresì sull’educazione e l’informazione. Le motivazioni che sottendono le FGM e che le hanno mantenute intatte nel tempo sono principalmente socio-culturali: l’infibulazione rappresenta una sorta di garanzia sulla disponibilità sessuale, un controllo sulla riproduzione; così come la clitoridecomia risponde ad errate credenze mitologiche. Arcaiche convinzioni a sostegno di primitive pratiche. Smantellare le prime vuol dire incrinare sicuramente le seconde. C’è d’attendersi poi che una progressiva integrazione tra le diverse etnie e le differenti culture favorisca un assorbimento di adeguati schemi di riferimento. Le FGM, come già sottolineato, non fanno parte dei precetti di alcuna religione: appartengono alle tradizioni. Ciò le derubrica dalla categoria delle norme sacre ed inviolabili e le rende di certo più permeabili nell’impatto con nuovi modelli sociali. Escludere, dunque, qualsiasi tipo di complicità, sia pratica che morale; evitare un pietoso o malinteso atteggiamento di tolleranza; esercitare un legittimo controllo non disgiunto dalla relativa repressione penale; predisporre piani educativi e d’informazione; attivare servizi di consulenza e promuovere confronti transculturali può lasciarci sperare oggi di contenere, domani di ridurre e, nel lungo termine, di veder sparire le sofferenze causate dalle mutilazioni genitali femminili. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Abbie J. (1997): Justifying the Unjustifable: Rite v. Wrong, 45 Buffalo Law Review 555. Bergeret J (1987): Clinica, teoria e tecnica, R. Cortina ed., Milano, 1990. Bonaparte M. (1952): Psicoanalisi e antropologia, Guaraldi ed., Bologna, 1971. Erlich M. (1990): La mutilation, Presse Universitarie de France, Paris. Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (1998): Codice di Deontologia Medica. Grassivaro Gallo P, Moro Moscolo E. 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