genova - Coro Soreghina

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genova - Coro Soreghina
G E N OVA
n u o v a
PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA
Anno IV – N. 1 – Gennaio - Aprile 2016
Direzione e Amministrazione: Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova – Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Genova
Assemblea dei delegati
Genova - Staglieno
Commemorazione
dei Caduti
120 anni fa: Adua
Attività della Sezione
Attività dei Settori
In Famiglia
RIMASTI NELLA PENNA
Errori nel numero 3-2015 di Genova Alpina Nuova
GRUPPO DI MASONE (pag. 42)
Per un salto di impaginazione (anche i computer sbagliano) nella stampa dell’articolo sul raduno del
Gruppo di Masone è scomparso un intero periodo.
Ecco la versione corretta:”… il capogruppo Piero
Macciò ha annunciato la novità di quest’anno, ovvero l’istituzione del premio “alpino d’oro”, consistente nella consegna di una medaglia dedicata
a coloro che si siano distinti nell’ambito della comunità masonese. Il riconoscimento in questa
prima edizione è andato alla signora Rachele Andreina Pastorino che, da oltre vent’anni, accudisce amorevolmente due nostri concittadini. Dopo
la consegna della pergamena e della medaglia
d’oro hanno preso la parola il Sindaco di Masone,
che ha elogiato l’attività degli alpini,….”
***
CAMBIO DI COMANDANTE AL 2° REGGIMENTO ALPINI (pag. 15)
Dall’articolo sono scomparsi i nomi dei due ufficiali
interessati: il Col. Fabrizio Recchi, cedente e il Col.
Paolo Romani, subentrante.
Ci scusiamo con tutti.
OFFERTE
Per Genova Alpina Nuova
Gruppo di Borzonasca........................... 70 €
Tripodi Saverio ....................................... 15 €
Renzo Minaglia....................................... 15 €
Vittorio Marchetti ................................... 15 €
Marco Sacchetto (sez. Torino) .............. 30 €
Carlo Fontana ......................................... 20 €
Per Fondo di Solidarietà
Gruppo di Borzonasca........................... 70 €
Tripodi Saverio ....................................... 15 €
Renzo Minaglia....................................... 15 €
Vittorio Marchetti ................................... 15 €
Marco Sacchetto (sez. Torino) .............. 30 €
Ezio Derqui ............................................. 50 €
Direttore responsabile:
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI 2016
SEZIONALI
SABATO e DOMENICA 3 - 4 SETTEMBRE
RADUNO SEZIONALE A MONEGLIA
SABATO 8 OTTOBRE ore 16,00
FESTA MADONNA del DON
e 144° ANNIV. TT.AA. A SAMPIERDARENA
DOMENICA 13 NOVEMBRE ore 09,00
RIUNIONE CAPI GRUPPO
INTERSEZIONALI
DOMENICA 19 GIUGNO
CAPANNETTE DI PEJ
RAGRUPPAMENTO
SABATO E DOMENICA 9 - 10 - 11 SETTEMBRE
RADUNO DEL I° RAGGRUPPAMENTO A SUSA
NAZIONALI
13 -14 -15 MAGGIO ASTI - ADUNATA NAZIONALE
DOMENICA 29 MAGGIO
MILANO - ASSEMBLEA DELEGATI
DOMENICA 26 GIUGNO
PELLEGRINAGGIO AL CONTRIN
DOMENICA 3 LUGLIO COL DI NAVA
DOMENICA 10 LUGLIO ORTIGARA
DOMENICA 31 LUGLIO ADAMELLO
DOMENICA 4 SETTEMBRE PASUBIO
SABATO E DOMENICA 8 - 9 OTTOBRE
MESTRE - MADONNA DEL DON
DOMENICA 20 NOVEMBRE
MILANO - ASSEMBLEA PRESIDENTI SEZIONE
DOMENICA 11 DICEMBRE
MILANO - MESSA IN DUOMO
CALENDARI
La Sezione ringrazia i Fratelli Migliorini per l’omaggio
dei calendari semestrali tascabili.
Nicola Pellegrino
Comitato di redazione Presidente: PIETRO FIRPO
Membri: ROBERTO MARTINELLI
GIANCARLO MILITELLO - LORENZO SANTAGATA
MAURO TIMOSSI - FRANCESCO TUO
PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA
Direzione e Amministrazione:
Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova - Tel.: 010 587236 - Fax: 010 5709480
e-mail: [email protected]
Autorizzazione: Trib. di Genova N. 4-2013 del 17/05/2013
Stampa: Arti Grafiche Francescane srls - Corso Europa, 386 b 16132 Genova
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In copertina: Commemorazione dei Caduti di tutte le guerre a Staglieno.
GLI ALPINI DELL’ ALTAVALFONTANABUONA
LASCIANO LA SEDE DI OGNIO
G
iovedì 15 ottobre gli alpini del gruppo Altavalfontanabuona hanno consegnato definitivamente le chiavi della sede di Ognio nelle mani del sindaco Stefano Sudermania. Il complesso di Ognio era occupato dagli alpini da circa una decina di anni, il promotore dell’iniziativa era stato il socio fondatore Giorgio Crino nel 2006. La
proposta era stata accettata subito con entusiasmo da
tutti gli alpini, benchè lo stabile si trovasse in condizioni
di grave abbandono e necessitasse, quindi, di un notevole impegno di risorse lavorative e finanziarie.
In breve tempo il complesso venne ristrutturato e il
fabbricato, con la vasta area adiacente, si presentava fin
da subito ordinato e accogliente. Seguirono poi diverse iniziative importanti quali l’intitolazione della sede al
pluridecorato caduto in terra di Russia Tenente Alpino
Piero Menada, (in merito a ciò è doveroso ricordare la
fattiva collaborazione dell’ alpino Alfredo Costa, per il
quale tutti gli alpini del Gruppo nutrono grande stima e
affetto).
Seguì poi la costruzione del monumento ai “caduti
alpini” realizzato in prossimità della sede e costruito
in gran parte dai soci Dino Garbarino e Andreino Schenone.
Negli ultimi mesi la nostra attenzione è stata rivolta
alla realizzazione di un’ area destinata all’ elisoccorso, la
quale ha impegnato notevolmente tutto il gruppo con
grande dispendio di giornate lavorative (giova qui ricordare il contributo di euro 300 dato agli alpini dalla passata Amm. Comunale di Tribogna e utilizzati per l’acquisto della segnaletica relativa proprio all’elisoccorso).
Purtroppo a questo punto l’intransigenza dell’Amm.
Comunale di Neirone mette in notevole difficoltà il
gruppo, costretto, infatti, al pagamento dell’acqua utilizzata nella sede (e quindi anche di quella utilizzata per
l’elisoccorso). Già il nostro gruppo annualmente (e da
quando si è insediato) paga una cifra dai 700 agli 800 euro per mantenere l’illuminazione esterna, la quale necessita di una potenza piuttosto elevata per lo svolgimento
di attività “ricreative” (tra l’altro mai verificatesi).
Alla luce di tutto questo riteniamo iniqua tale richiesta da parte del Comune, considerata inoltre la grande
mole di lavoro costantemente sostenuto dagli alpini per
mantenere nel migliore dei modi tutto il complesso.
Visto il “prendere o lasciare” dell’Amm. Comunale
di Neirone si è deciso, sebbene con un’immensa amarezza, di lasciare la nostra “baita”.
Tuttavia la storia degli alpini dell’Altavalfontanabuona fedeli alle tradizioni di caparbietà e laboriosità
non finisce certo qui; una nuova sede punto di riferimento e anima del gruppo in qualche altro punto del territorio risorgerà, unitamente al nostro monumento ai caduti
e all’asta per la nostra bandiera, il tutto intitolato al caduto alpino Tenente Piero Menada.
L’occasione ci impone a questo punto dei ringraziamenti, a chi in questi anni di permanenza in quel di Ognio ha prestato gratuitamente la sua opera e i suoi mezzi per la realizzazione delle nostre iniziative (e sono: Fiorenzo Basso, Umberto Caricci, Gianpiero Gardella, Pino
Cippero).
In ultimo i nostri “custodi” Fabrizio e Katia, che in
questi anni hanno sempre vigilato sulla sede, avvisandoci tempestivamente in caso di bisogno. Grazie anche a
Giansandro per l’ospitalità concessaci nel suo prezioso
giornale.
A PRESTO !
IL RESPONSABILE DEL GRUPPO
ALTAVALFONANABUONA
GIOVANNI BACIGALUPO
UN CONTAINER ALLA CROCE DI CASELLA
seguito di una telefonata di un responsabile del gruppo di Savignone, Mauro Timossi, a tutti noi bennoto, vengo a conoscenza che la Croce Verde di Casella necessita di un container.
“Ho pensato di rivolgermi a te, Cavagnaro, perché so che hai lavorato per lungo tempo nel settore marittimo riguardante il
trasporto dei container” mi dice al telefono con fare “complice” ed aggiunge: “e poi ti conosco, so che non ti tiri mai indietro ma che, al contrario, sei sempre disponibile!” …. E qui parte la sviolinata a fin di bene!
Potevo non attivarmi immediatamente?
Contatto il mio ex collega Ivano Bruzzone, direttore operativo della CMA-CGM di Genova che coinvolge nella ricerca il suo collega Vincenzo Scali responsabile del reparto M.&.R: e l’amministratore delegato del deposito Nuovo Borgo Terminal di Genova Voltri Sig. Salvatore Prato. In un tempo brevissimo viene trovato un contenitore da 20’, tanto per intenderci quelli più
piccoli da 6 metri, che viene donato alla P.A. Croce Verde di Casella per essere adibito a magazzino per le loro esigenze.
Conosco molte persone generose ma, a dire il vero, non speravo in una tale tempestività.
Il mio personale ringraziamento più caloroso, quindi, agli amici Bruzzone, Scali e Prato e ai loro collaboratori, ai quali va la
gratitudine della P.A. Croce Verde di Casella e, naturalmente, al gruppo di Savignone sempre attento alle priorità e alle esigenze del circondario.
Grazie di cuore!
Un saluto Alpino - MC
A
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E
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NO
L IO
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D UG
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R
C
ari
amici,
normalmente quando si parla del nostro amato Rifugio, si
descrivono momenti felici ma anche situazioni difficili, giornate rilassanti ma anche di duro lavoro, quello che conta
che alla fine della giornata abbiamo comunque tutti il
sorriso sulle labbra perché tutto, bello o brutto, lo facciamo sempre con passione e con il cuore.
Questo sorriso ora non c’è, tutti noi siamo a piangere la tragica scomparsa del nostro amico Gianni
Parodi, compagno di giornate indimenticabili.
Faccio fatica a raccontarvi ora le cose belle della
stagione appena trascorsa, del tempo che finalmente
è stato clemente, che abbiamo rifatto il dormitorio,
che sempre più alpini salgono al Rifugio, che gli stranieri ci scrivono per ringraziarci dell’ospitalità ricevuta e ci danno appuntamento al prossimo anno, che
il gruppo bellissimo
dei
bambini dello
Sci Club di Limone ha invaso il rifugio e
abbiamo lavato i piatti fino a mezzanotte….(Gianni li
asciugava!!!), che le famiglie salgono al Rifugio con i
loro bambini e questi ci dicono…” da grande voglio
fare l’alpino…”, che i nostri amici di Sanremo hanno
portato con loro la storia di un reduce, del loro amico
Renato del Btg. Pieve di Teco…grazie ragazzi.. e non
vado oltre perché le lacrime bagnano il foglio.
Le ho scritte perché in tutto questo Gianni c’era
come ci sarà in tutto quello che faremo in futuro.
Gianni non era un alpino, ma penso che nostro
papà Cantore nel suo Paradiso un angolino lo abbia
tenuto anche per lui.
Ciao Gianni
EMILIO ZAPPATERRA
Antonio Todde, IL VARIETÀ.
STORIA, ANEDDOTI, DIVAGAZIONI. Edizioni Le Mani
A
l giorno d’oggi le occasioni di sorridere non sono
davvero molte, perciò quando qualcosa mette di
buonumore sembra giusto farne cenno. È il caso di quest’opera, IL VARIETÀ. STORIA-ANEDDOTI-DIVAGAZIONI, senz’altro fuori dal comune sia per l’eleganza
della forma che per la ricchezza del contenuto. Si tratta
infatti di un’autentica miniera, oltre 300 pagine di grande formato, con 250 illustrazioni originali quasi tutte a
colori di una novantina di artisti, una ventina dei quali
genovesi. Chi va di fretta può semplicemente sfogliare il
volume, gustando ritratti, caricature, vignette. Assai più
proficuo, però, soffermarsi sul testo assaporando battute, aneddoti, citazioni presenti in quantità e apprezzando, ciliegina sulla torta, l’assenza di errori di stampa, così frequenti e fastidiosi nelle odierne pubblicazioni.
All’autore Antonio Todde, genovese d’adozione e amico degli alpini della Sezione di Genova, è dedicata una divertente scheda in cui viene definito “cultore dell’umorismo scritto, parlato, disegnato, dipinto, filmato,
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musicato, cantato e mimato”, “appassionato di storia
del varietà” (il libro lo dimostra chiaramente), “petroliniano fervente” (in copertina figura infatti Ettore Petrolini in una espressiva caricatura di Paolo Garretto). Tra
le persone cordialmente ringraziate non poteva mancare il genovese Ettore O. Petrolini, nipote del grande attore nonché ufficiale degli alpini.
Todde, oltre ad aver curato mostre e cataloghi d’arte,
ha pubblicato tra l’altro la biografia illustrata (a suo
tempo recensita su Genova alpina) del pittore e disegnatore Giuseppe Novello, il celebre “signore di buona famiglia”, che lo ha onorato di una lunga amicizia e di
due lapidarie attestazioni: «Quando non ricordo qualcosa
di me, lo chiedo a Todde»; «Todde è il mio storiografo: non posso uccidere nessuno, perché lui lo viene subito a sapere».
Novello, com’è noto, era un valoroso ufficiale degli alpini, decorato di una medaglia d’argento e una di bronzo
nella prima guerra mondiale e di un’altra d’argento a
Nikolajewka, 25 anni dopo.
Il volume si articola in trentatré avvincenti capitoli,
ognuno dei quali intitolato a famosi artisti o a forme di
spettacolo, con dati provenienti per lo più dalla biblioteca dell’autore, straordinariamente fornita (nella “Bibliografia” finale sono citati all’incirca 170 testi riguardanti attori o da loro scritti). Si parte dal café-chantant
(italianizzato in caffè concerto), antenato francese del
nostro varietà. Negli anni
’30 il varietà si sdoppia: convive con il cinematografo,
come spettacolo complementare, con recite che precedono la proiezione (l’avanspettacolo) o prosegue
come spettacolo autonomo e
concorrenziale (la rivista).
Ciascuna delle due forme di
intrattenimento è largamente illustrata, con dovizia di
nomi, fatti e immagini.
I capitoli successivi sono
intitolati a singoli attori, coppie (i Fratelli De Rege, Tognazzi & Vianello, Franco &
Ciccio), gruppi (Cavalli Marci) e anche autori (Garinei &
Giovannini, padri della commedia musicale all’italiana),
con un ampio spazio riservato ai genovesi Gilberto Govi
e Giuseppe Marzari (quest’ultimo conosciuto meno di
quanto meriterebbe) e al sanremese Carlo Dapporto. Di
rilievo il corposo capitolo, nel quale locali e artisti liguri
sono ben rappresentati, su “Il cabaret”. Si tratta di un
genere di spettacolo che, nato a Parigi con una connotazione intellettuale, anticonformista e d’avanguardia, in
Italia si afferma nel secondo dopoguerra in chiave prevalentemente comica: numeri brevi, sintetici, incisivi,
che si susseguono senza legame né filo conduttore.
Vengono menzionati alcuni locali storici di Roma,
Milano e Genova. Nella capitale spicca il rinomato Bagaglino, creato nel 1965 e approdato con successo in televisione già nel 1973. Tra i molti locali milanesi, due godono di fama universale dopo il loro approdo televisivo:
Zelig, fondato nel 1986 e dal 1997 sul piccolo schermo, e
il più recente Colorado, sul piccolo schermo dal 2003. A
Genova si distingue un locale esistente dal 1971 il cui
nome, Instabile, è quasi un programma, avendo cambiato cinque sedi. In materia di cabaret abbondano i comici
genovesi, da Beppe Grillo (in realtà nato a Savignone),
oggi in tutt’altre faccende affaccendato, a Piero Parodi,
Carlo Pistarino, ecc.
Dal cabaret proviene una miriade di interpreti, più o
meno bravi, che oggi per merito della televisione sono
conosciuti da un vasto pubblico. Proprio gli ultimi quattro capitoli del libro, cioè “Paolo Villaggio”, “Roby Car-
letta” (ufficiale degli alpini, socio della Sezione di Genova), “Cavalli Marci” e “Luigi Maio”, tra l’altro tutti genovesi, offrono lo spunto per sottolineare l’importanza del
mezzo televisivo nel lancio di un attore. Grazie alla televisione, seguita a ruota dal cinema, Villaggio ha raggiunto una straordinaria popolarità, mentre diversi fra i Cavalli Marci, come pure Carletta, si sono fatti conoscere
per le loro apparizioni sul
piccolo schermo. Il ruolo senza dubbio fondamentale della televisione è ribadito, stavolta in senso negativo, dal
caso di Luigi Maio, sul quale
è quasi d’obbligo aprire una
parentesi, ricordando che
suo padre Tino è stato alpinista provetto e corista “honoris causa” del Monte Cauriol.
Ecco le note caratteristiche di Maio tratte dal libro:
“musicattore©” (personale
crasi, scherzosa ma non troppo, di “musicista-attore”,
marchio registrato), capocomico, compositore, pianista,
cantante, trasformista, regista, scenografo, costumista,
“disegnattore©” (grafico, illustratore, caricaturista, cartoonist), traduttore... In tempo di
dominio televisivo, rimane
saldamente ancorato al teatro
e al ruolo dell’“attore solista”. Pluripremiato, nelle ultime
stagioni è presente al Duse di Genova e alla Scala di Milano. A questo punto è lecito chiedersi: quanto più popolare
sarebbe Maio se fosse comparso in televisione? Per chi
vuol saperne di più cinque pagine sono a lui dedicate.
Ma i pregi del volume non si esauriscono con l’ultimo capitolo. Si prosegue con un apparato di dati e informazioni davvero imponente e di grande interesse. Oltre
alla “Bibliografia” citata e all’utile “Filmografia”, figura
un’inedita “Cronologia” dove sono elencati, appunto in
ordine cronologico, poco meno di 600 attori, ciascuno
con luogo e anno di nascita. Originale poi la “Geografia
ecocomica”, con gli artisti suddivisi per regione di nascita o di elezione: risulta che la Liguria ne annovera così tanti da essere superata solamente da regioni ben più
popolose come Lombardia, Lazio e Campania.
Nel coro di entusiastici commenti al volume, un’osservazione è stata fatta all’autore: aver dato alla nostra
regione un risalto forse eccessivo (poc’anzi segnalato a
proposito dei quattro capitoli conclusivi). Tale considerazione, che si può anche condividere, potrebbe d’altra
parte essere per i lettori di questo periodico un motivo
in più per non lasciarsi sfuggire il libro di Todde.
g.d.d.
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VERBALE ASSEMBLEA
DELEGATI 2016
Estratto del verbale contenente la relazione morale del Presidente, le attività associative
e la sintesi di alcuni interventi.
I
l verbale completo è a disposizione in segreteria
per chi volesse consultarlo.
Dopo la S. Messa officiata da Padre Rossi, alle ore
9.30 inizia l’assemblea con la nomina del Presidente
Stefano Pansini e del segretario Carlo Zoccola.
A seguito dell’appello dal quale risultano rappresentati 50 gruppi sui 57 che compongono la sezione
prende la parola il socio Molfino che spiega il lavoro
fatto con De Dominicis e Imazio per la stesura di un
numero unico nel quale è elencato e brevemente descritto l’operato di più di 300 soci che con il loro impegno hanno contribuito alla vita sezionale. Viene distribuita a ciascun capogruppo una copia invitando
all’acquisto di altre copie da distribuire a parenti o
conoscenti di figure di spicco riportate nel volume.
Prende poi la parola il Presidente cui giunge l’invito
di un delegato alla lettura del verbale relativo all’anno 2015 che viene quindi effettuata.
Considerando di fondamentale importanza ed esaustivo il richiamo all’Alpinità inserito nella relazione morale dell’anno 2015 il Presidente passa ad elencare le manifestazioni dell’anno trascorso con particolare riferimento all’incontro della Pace realizzato
con Assoarma, Comune di Genova, Comando Militare e Croce nera Austriaca e alla commemorazione a
Forcella Fontananegra per i cento anni dalla morte di
Cantore organizzato assieme alla sezione Cadore.
Ancora il Presidente relaziona sulle assemblee di
gruppo ( 55 su 57 ) con le votazioni sulla proposta di
modifica dell’art. 8 del regolamento Nazionale sul
quale la maggioranza si è espressa in maniera contraria. Nell’anno centenario della ricorrenza della G.G.
per l’Italia la sezione itinerante del museo di Savignone è stata richiesta anche da altre sezioni fra le
quali è da ricordare l’esposizione ad Acqui in concomitanza con il raduno del 1° raggruppamento oltre
ad uscite meno importanti ma non meno impegnative. Sono seguite poi le relazioni sul nostro periodico
Genova Alpina Nuova dal direttore Pellegrino, sull’attività nelle scuole dal Vicepresidente Militello,
sul rifugio Regina Elena da Zappaterra, sul coro sezionale da Cavagnaro, sulla protezione civile da M.
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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Rossi e un accenno sulle opere di volontariato seguite da Bellatti.
Ha preso quindi la parola il tesoriere Parodi con
una puntigliosa descrizione dei movimenti economici della sezione alla quale ha fatto seguito la conferma del buon operato da parte del revisore dei conti
Vassallo. Il presidente dell’assemblea apre quindi la
discussione per l’approvazione della relazione morale del Presidente che viene approvata all’unanimità,
e quella finanziaria con le interpellanze del past president Belgrano, del capogruppo di Valbrevenna Firpo e del Consigliere e coordinatore Banchero, in relazione alla mancata esposizione della relazione economica nei giorni precedenti l’assemblea,all’effettuazione del Pellegrinaggio alla Guardia in data differente da quelle tradizionalmente tenuta nei 18 anni
della sua Presidenza,alla ricorrenza di Gennaio a Staglieno svoltasi nella penultima domenica anziché
nell’ultima, al vanto esibito da Assoarma per l’organizzazione delle due commemorazioni fatte in maniera congiunta, al motivo del mancato intervento
della nostra P.C. in Valbrevenna e Montoggio, chiede
chiarimenti sul numero di mezzi di Protezione civile
e sui costi assicurativi ed infine presenta una nota di
demerito per la mancata convocazione scritta all’assemblea in oggetto ed una al revisore dei conti.
Alle interpellanze viene risposto con un mea culpa dal Presidente per la mancata convocazione scritta, con il diritto di veto posto per l’intervento in Valbrevenna trattandosi di operare su rifiuti speciali,
nessun problema sulla possibilità di ripristinare le
date di fine aprile e fine gennaio per commemorazione e pellegrinaggio.
Il Presidente chiarisce ancora l’argomento relativo al numero e ai costi assicurativi dei mezzi di P.C. e
conferma, come già ampiamente chiarito il diritto di
qualsivoglia delegato di poter controllare i libri contabili. L’assemblea si conclude con un accorato invito
del Vicepresidente vicario Militello all’alpino Gianni Belgrano, nella sua qualità di Past President per una fattiva collaborazione con l’attuale CDS ed in particolare con il Presidente Sezionale.
CORO
SOREGHINA
CANTAMIGRANTES 2015
etti che ci sia un gruppo di amici di un
coro ANA che vivono i valori alpini. Metti
che ci sia in atto una situazione mai vista prima
di flussi migratori verso il nostro paese. Metti anche
che quel gruppo di amici legga questa situazione e la
vagli col setaccio dei valori alpini e il gioco è fatto: dal
2013 il Coro Soreghina organizza Cantamigrantes
(nato da un’idea del Presidente Onorario Raffaello Pignatelli) con il desiderio, appunto, di contribuire ad una maggiore conoscenza e accoglienza delle comunità di stranieri presenti nella nostra città attraverso
uno dei modi migliori: il canto. Sì, perché il canto è una delle più grandi modalità di espressione di un popolo.
Cantamigrantes è un incontro Musicale, al quale
partecipano alcuni gruppi corali di comunità appartenenti a etnie diverse presenti nella nostra città.
A questa terza edizione l’8 novembre u.s., nella
prestigiosissima cornice del Salone del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale, hanno partecipato, oltre al
Coro Soreghina, organizzatore e padrone di casa, il
Coro S. Caterina da Genova della Cura Pastorale Latinoamericana, composto da Ecuadoriani e Peruviani, il
M
Coro della Comunità Ucraina presso la Chiesa di S.
Stefano, il “ Filipinos Religious Group” della Comunità
Filippina e, molto gradita novità di questa edizione, il
Gruppo African Gang Stars, formato da giovani richiedenti asilo, provenienti dalla Nigeria, dal Gambia e dal
Mali ed ospiti dei Centri della Caritas di Genova.
I numerosi spettatori presenti hanno potuto assistere ad un grande spettacolo e “portarsi a casa” o
riscoprire una cosa: il cuore dell’uomo è lo stesso, indipendentemente dalla provenienza geografica; questo lo si poteva percepire nei canti di tutti i gruppi e
nel silenzio ricco di partecipazione e unità alla “preghiera” finale espressa in canto della tradizione friulana: ai preat….ho pregato che il Signore fermi la
guerra, tutte le guerre!
Francesco Del Sorbo
CORO SOREGHINA NATALE ...IN CORO
abato 12 dicembre il nostro Coro Sezionale
“Soreghina” ha offerto alla città il tradizionale
Concerto di Natale.
I numerosissimi partecipanti che hanno gremito la
bellissima chiesa medioevale di San Donato sono
stati introdotti e avvicinati al Natale da un programma molto vario, fatto di canti popolari e
d’autore, alpini e non, natalizi e non.
Non appena il coro si è schierato è
stata letta la Preghiera dell’Alpino,
accompagnata dal “muto” di “Signore
delle cime”, dopodiché il coro, magistralmente diretto per l’occasione da Roberto
De Luca, ha eseguito il programma, iniziando con il tradizionale “Adeste Fideles”,
quasi ad invitare gli ascoltatori ad “esser presenti”, attenti cioè, per non perdersi nulla di quanto “raccon-cantato” e questo era lo scopo di tutti i
canti eseguiti, sia che si riferissero a Quel Natale di
S
2000 anni fa a Betlemme (Nenia di Gesù Bambino,
Lauda dell’Epifania , I pastoi, in dialetto genovese),
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
sia che volessero ricordare Natali più recenti, passati in condizioni difficili, come quello degli Alpini
durante la ritirata di Russia (L’Ultima Notte).
Come bis, per congedarsi e ringraziare tutti i presenti, il coro ha eseguito per la prima volta in pubblico una canta friulana imparata per l’occasione “In
cil’e jè une stele”, la cui bellissima armonizzazione di
Andrea Mascagni sottolinea, con il suo incalzare di
accordi sospesi fino al pacificante accordo finale,
che se ci si saluta (jo ti dis mandi ninine) non si può
impedire al cuore di desiderare, di sperare con una
“speranza certa” che ci vedremo ancora domani (si
viodarin doman).
L’impegno per i concerti natalizi non si è esaurito
con il 12 dicembre, infatti il coro ha addirittura raddoppiato l’impegno del sabato successivo 19 dicembre: nel pomeriggio ha partecipato all’inaugurazione
del famoso presepe di Pentema, alla presenza del
Consigliere Regionale Pippo Rossetti, della neo eletta Presidente dell’ Ente Parco Antola Daniela Segale
e del Presidente del G.R. pentemino, che, con il pub-
blico presente, hanno molto apprezzato l’intero concerto, iniziato con una conosciutissima poesia delle
valli liguri, recitata in modo commovente dal corista e
Presidente Sezionale Piero Firpo; alla sera, invitato
dalla Pro loco di Busalla, il Soreghina si è
esibito nella Cappella di N.S. della Guardia, dove un
pubblico attento e numeroso ha potuto gustare i
canti eseguiti che lo hanno proiettato verso il Natale;
al termine, sulla piazza del Comune, ancora alcuni
canti durante il rinfresco offerto ai coristi.
Infine, giovedì 24, il coro ha partecipato al
Presepe vivente di Bavari, accompagnando la rappresentazione, cantando durante la Santa Messa di
mezzanotte e offrendo agli intervenuti un mini concerto natalizio al termine della celebrazione.
Insomma, un dicembre particolarmente intenso,
durante il quale il nostro Coro Sezionale ha portato,
ad appassionati e non, i valori e le tradizioni degli
alpini e della montagna, che ben accompagnano il
cammino verso il Natale.
Ernesto Barbieri
CHIAVARI
STELMILIT, CAMBIO DELLA GUARDIA ALLA SCUOLA DI TLC,
unedì 28 settembre ha avuto luogo alla caserma
Leone di Chiavari il passaggio di comando, dopo
due anni, tra il Comandante cedente, Capitano di Va-
L
scello Vincenzo Luigi Ciriello, ed il pari grado subentrante, Giuseppe Cannatà.
La cerimonia, suggestiva e ricca di significato, si è
svolta alla presenza dell’Ammiraglio di Squadra Ruzittu, Comandante delle scuole della Marina Militare, e di
numerose Autorità civili, religiose e militari. Da parte
alpina erano presenti i Consiglieri Sezionali Lazzari e
Sciandra, con Vessillo, ed i Gagliardetti dei Gruppi di
Carasco, Casarza Ligure, Cogorno, Favale di Malvaro,
Orero, e S.Colombano Certenoli, oltre il consocio reduce e ferito di guerra, Generale di Divisione Modesto
Marchio.
Rammentiamo, peraltro con orgoglio, che da circa
un anno è alloggiato presso la Scuola, e dalla stessa
gestito, un nucleo militare formato da alpini a rotazione, per il servizio a Genova, di “strade sicure”.
Il giorno seguente la cerimonia del cambio di Comandante, il 29 settembre, in occasione della festività
dei SS.Arcangeli, coincidente con la festa dell’Arma
delle Trasmissioni, il Vessillo sezionale, portato dal
sottoscritto, è ritornato in Caserma, alla Cappelletta
della Scuola, ed ha preso parte alla speciale funzione
celebrata per la ricorrenza, alla presenza dei massimi
rappresentanti militari sia della Scuola che delle Autorità cittadine.
In chiusura degli interventi, nota comune è stato il
richiamo all’attenzione sulla ingiusta protratta detenzione in India del nostro fuciliere di Marina.
Valter Lazzari
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MARCINELLE 3 - 4 OTTOBRE 2015
MILANO 13 DICEMBRE 2015
1°MESSA
RADUNO
DEGLI ALPINIDEGLI ALPINI IN EUROPA
a Messa nel Duomo di Milano è sempre un appuntamento importante per gli Alpini che anche quest’anno hanno voluto manifestare con la
loro presenza che non si deve aver paura di testimoniare i valori civili e morali di cui sono portatori: rispetto, carità, famiglia, altruismo e tolleranza.
Ancora una volta, gli Alpini sono stati elogiati per
la capacità con cui riescono a mettersi al servizio
delle comunità: con “educazione e riservatezza”
ha detto Monsignor Borgonovo, “svolgono il loro
servizio di sicurezza davanti a questa Chiesa”.
Valori che varrebbe la pena di diffondere e sostenere nei giovani ha ribadito il Presidente Luigi
Boffi, della sez. di Milano, durante l’allocuzione in
piazza dopo la S. Messa. “In alto i cuori” ha cantato il Coro ANA “Mario Bazzi” di Milano e mentre
il generale Luigi Morena, medaglia d’argento al
valor militare, ha recitato la preghiera dell’Alpino
nessuno è stato dimenticato: né i caduti, che sono “andati avanti”, né i due Marò, la cui situazione non è ancora risolta.
Carlo Fontana
L
Gagliardetti nel Duomo
Cappellani alpini
Preghiera dell’Alpino
Il Gagliardetto di Rezzoaglio
In Piazza
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
C.A.S.T.A. 2016
l 25 gennaio 2016 si è svolta al Sestriere in Val
Chisone la 68° Edizione dei C.A.S.T.A.( Campionati
Sciistici delle Truppe Alpine ).
Era presente il nostro Vessillo Sezionale scortato
dai consiglieri Ten. Gino Berta e Pier Angelo Fassone
(foto 1)
Come sempre, i vari momenti della manifestazione, sono stati emozionanti dall’inizio della sfilata delle 16 rappresentative straniere insieme agli atleti nazionali della F.I.S.I.P. (Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici) al suono del 33 (foto 2), al toccante passaggio del tedoforo, l’Alpino Ferdinando
Giannini, Medaglia d’Argento al Valore Civile (perdeva l’arto inferiore destro travolto da un mezzo mentre
prestava soccorso sull’autostrada a persone ferite in
un incidente). (Foto 3)
Al suono degli inni nazionali eseguiti dalla Fanfara della Brigata Alpina Taurinense, venivano issate
sui 16 pennoni le rispettive bandiere, con il sole che
faceva capolino dietro le meravigliose montagne innevate.(foto 4)
Durante i giorni delle gare sono stati raccolti fondi a favore della F.I.S.I.P.
Berta e Fassone
I
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BRESCIA 23 GENNAIO 2016:
“PERCHÉ I CADUTI NON MUOIANO”
el suo “Cristo con gli alpini” il beato Carlo Gnocchi così intitolava un racconto: “perché i caduti
non muoiano”, che proseguiva: e molti andavano lentamente alla deriva in quella marea scomposta di
sbandati, uscivano barcollando ai margini delle colonne, perdevano terreno, si accasciavano lungo le piste,
si rialzavano ebbri di freddo, di stanchezza e di fame,
per trascinarsi ancora un poco (qualcuno a quattro
mani, come gli animali!) e poi si abbandonavano perdutamente nella neve, facendosi punti oscuri sempre
più piccini ed insignificanti in quella pianura sterminata di neve bianca …(Cristo con gli alpini, ed ‘Ancora,
2011 p.105).
Sono le immagini che ritornano ossessive nelle
giornate della “memoria”, oggi a Brescia, domani a
Staglieno ed altrove ovunque si celebri il ricordo di
quei fatti di settantatre anni fa.
Siamo davanti alla scuola Nikolajewka in una giornata tiepida che contrasta con i racconti di freddo e
neve, al microfono un vecio della Cuneense, 2° regg.
alpini, btg Dronero, tornato ”a baita” perché fortunosamente trovatosi nella scia della Tridentina: il suo
racconto è fatto di neve, fame, enormi carri armati
che stritolano sotto i cingoli i nostri giovani.
Il pensiero di chi ascolta ritorna nella pianura infinita di neve, a quei puntini neri ora solitari ora in lunghe tortuose disperate file che vanno verso ovest ignare di quello che c’è dietro a quel dosso, là all’orizzonte.
Prende la parola il presidente Favero e parla della
scuola che è li testimone della memoria, dell’asilo a
Rossosch, di un ponte che costruiremo là dove tanti
giovani dell’una e dell’altra parte hanno lasciato la vita, i più coperti solo dalla neve pietosa … “per non di-
N
La lapide
Il Presidente Nazionale e i Reduci
La Fanfara
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
menticare”, parole ripetute da Favero più
volte, l’ultima urlata
come a farsi sentire
anche da chi pare
non avere orecchi né
per i morti, né per i
valori di cui la nostra
civiltà dovrebbe essere fiera portatrice.
Valori ed il tener
viva la memoria ritornano nei brevi saluti
del sindaco, del rappresentante dei reparti in armi in piazza
Della Loggia, nella
cattedrale nell’omelia del cardinale Re
concelebrante con
mons. Bazzari ed alcuni cappellani alpini
ed infine durante la
presentazione di due
volumi sull’argomento “Russia” tenutasi
nella sede sezionale
sita a due passi dalla
scuola per diversamente abili Nikolajewka.
Oggi c’è ancora
chi ricorda, ma … domani?
Gagliardetti in sfilamento
Carlo Fontana
Piazza della Loggia
GENOVA 24 gennaio 2015
MESSA PER I CADUTI A STAGLIENO
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S
an Sereno continua a mostrarsi ben disposto verso noi Alpini. Anche quest’anno la
tradizionale commemorazione dei Caduti presso il Cimitero Monumentale di Staglieno si è
svolta sotto un cielo azzurro. Come di consue-
to, decine di Alpini, schierati davanti al vessillo
della sezione di Genova e a tanti gagliardetti dei
Gruppi, insieme alle Associazioni d’Arma e alle autorità civili e militari della provincia di Genova,
hanno reso omaggio al sacrificio di tutti i Caduti,
con la deposizione di corone al monumento all’Al-
pino e a quelli dei Caduti in Russia e dei Morti senza Croce.
La Santa Messa, celebrata dal nostro cappellano Padre Rossi, è stata accompagnata dai canti
del Coro Soreghina, e seguita dalla preghiera dell’Alpino.
RAPALLO
10 FEBBRAIO 2016
GIORNO DELLA MEMORIA
lpini e Marinai delle Sezioni di
Genova nella Giornata della
Memoria per i Martiri delle foibe.
A
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
Nel 120° anniversario
dell’infausta battaglia
APPUNTI SUGLI ALPINI DI ADUA
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Adua è una località dell’Etiopia (o Abissinia, come si
diceva una volta), presso il confine con l’Eritrea. Nei
suoi dintorni un corpo d’operazione italiano, al comando del generale Oreste Baratieri, subì il 1° marzo 1896
contro le truppe del negus Menelik una grave disfatta,
dovuta agli errori tattici dei comandi oltre che all’inferiorità numerica (lo stesso Baratieri nelle sue Memorie
d’Africa parlò di “catastrofe di Adua”).
scelto soprattutto perché la durata della leva era di un
anno invece di tre e la paga era maggiorata). Non va inoltre dimenticato che diversi ufficiali degli alpini erano in organico ai reparti di fanteria e indigeni.
Premesso che le informazioni disponibili nei particolari riguardano come al solito gli ufficiali e assai di rado i sottufficiali e la truppa, è opportuno cominciare
4
1
La battaglia di Adua, qui raffigurata nell’insieme da
un artista etiopico [fig. 1] e in un macabro dettaglio da
Giovanni Fattori [fig. 2], rappresentò per gli alpini il
cruento battesimo del fuoco ma anche l’inizio del “mito”, grazie all’eroico comportamento del I battaglione
alpini d’Africa.
Questo era un reparto di formazione, composto da
personale volontario tratto dai reggimenti alpini (l’arruolamento volontario nelle truppe coloniali veniva
2
dalla fotografia dedicata al “battaglione alpini d’Africa
che partecipò alla battaglia di Adua” [fig. 3]. Ci sono diciotto ufficiali: il tenente colonnello genovese Davide
Menini (12), comandante, il tenente Carlo Marchiori (8),
aiutante maggiore, e sedici ufficiali in ragione di quattro
(un capitano, uno o due tenenti, uno o due sottotenenti)
per ciascuna delle quattro compagnie di cui è composto
il battaglione.
I capitani al comando delle quattro compagnie sono
Giovanni Trossarelli (13) alla 1ª, Ernesto Mestrallet (4)
alla 2ª, Lorenzo Blanchin (3) alla 3ª, Pietro Cella (18) alla
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4ª. Il battaglione comprendeva inoltre un ufficiale medico, il tenente Luigi Mauri, e un ufficiale di vettovagliamento, il tenente Davide Lomarini (17), per un totale di
venti ufficiali. Per la precisione nella foto manca il sottotenente Alfredo Marini della 4ª compagnia mentre c’è il
tenente Lomarini.
Dal punto di vista uniformologico, interessante l’apposito elmo o casco coloniale, detto familiarmente “pentolone”, indossato dal tenente Alessandro Grassi (11) e
posato ai piedi del sottotenente Guido Bassi (15). Nella
foto un elmo per la truppa in dotazione agli alpini d’Africa appartenente alla collezione Paolo Cera [fig. 4].
BATTESIMO DEL FUOCO
Il corpo d’operazione nella battaglia di Adua era costituito da quattro brigate (brigata indigeni, I, II e III brigata fanteria), comandate rispettivamente dai generali
Matteo Albertone, Giuseppe Arimondi, Vittorio Dabormida, Giuseppe Ellena. Supportati dall’artiglieria con
56 cannoni, ne facevano parte il I battaglione alpini d’Africa e altri 22 battaglioni: 16 nazionali (14 di fanteria e 2
bersaglieri) e 6 indigeni. La composizione dei battaglioni non era però omogenea, tanto che i battaglioni indigeni avevano mediamente un numero di effettivi più
che doppio rispetto ai battaglioni nazionali. La forza di
questi ultimi era costituita per il 7% dal battaglione alpini, ma non era insolito trovare ufficiali degli alpini anche nei reparti di fanteria e indigeni.
Gravissime le perdite: sebbene manchino dati definitivi, si calcola che circa 4.600 militari italiani, di cui 263
ufficiali (tra loro 2 generali, 2 colonnelli, 3 tenenti colonnelli e 16 maggiori), furono uccisi nei combattimenti e
1.700 catturati. Gli effettivi del battaglione alpini impiegati nei combattimenti erano meno di 600, di cui 20 ufficiali. Come specificato dal ruolino nominativo, 15 ufficiali, 23 sottufficiali e 463 uomini di truppa risultarono
“dispersi, morti o prigionieri” (i dati provengono da approfondite ricerche di M. Dominioni e P. Scolè).
Questa carneficina ha una spiegazione: gli alpini, inquadrati nella brigata di riserva Ellena e schierati in ordine sparso quando le sorti della battaglia erano ormai
segnate, si sacrificarono per proteggere i reparti (e lo
stesso generale Baratieri, come si vedrà più avanti) che
ripiegavano disordinatamente. La cartolina [fig. 5] documenta la tragedia. Sono caduti sul campo nove ufficiali, che saranno decorati con una medaglia d’oro, sei
d’argento e due di bronzo: il tenente colonnello Menini,
il capitano Cella (al quale fu conferita la prima medaglia
d’oro al valor militare nella storia degli alpini), sei tenenti e un sottotenente.
Stranamente nella cartolina non c’è il capitano Blanchin, che aveva lasciato il comando della 3ª compagnia
al tenente Carlo Cora, medaglia d’argento alla memoria,
essendo rimasto al campo di Saurià. Blanchin si distinse
in combattimento lì e durante la ritirata alla testa di un
reparto eterogeneo, cadendo infine nella difesa delle
salmerie, ma inspiegabilmente non gli fu concessa alcuna decorazione nonostante la relativa proposta.
Altissimo il numero di onorificenze al valor militare
5
conferite agli ufficiali del battaglione alpini d’Africa: 1
medaglia d’oro alla memoria, 8 d’argento (di cui 6 alla
memoria), 7 di bronzo (di cui 2 alla memoria). Numerose pure le ricompense (medaglie d’argento e di bronzo,
encomi solenni) date a sottufficiali, graduati e soldati.
Non meno glorioso il futuro di alcuni appartenenti
al battaglione. Basterà citare il capitano Trossarelli, già
decorato per Adua, che nell’agosto 1915 sarà insignito
di medaglia d’oro alla memoria quale colonnello comandante dell’89° reggimento fanteria sul Mrzli.
Al tenente Giuseppe Treboldi, anche lui decorato per
Adua, sarà assegnata una medaglia d’argento nella
campagna di Libia nel 1912. In precedenza aveva comandato nel 1907 la “compagnia grigia”, formata da elementi della 45ª compagnia del Morbegno, che aveva
sperimentato la nuova uniforme, adottata l’anno dopo.
Iniziata la guerra 1915-18 come maggiore, diverrà brigadier generale dopo aver comandato battaglioni alpini,
reggimenti, gruppi alpini e brigate. Nominato cavaliere
e poi ufficiale dell’Ordine militare di Savoia, sarà ispettore delle T.A. dal 1929.
Il sottotenente Alfredo Marini, uno dei quattro ufficiali non decorati per Adua, avrà modo di rifarsi abbondantemente. Come tenente riceverà una prima medaglia d’argento al valor militare nel 1900, in tempo di pace, per aver disarmato un soldato che, ubriaco, aveva
sparato delle fucilate contro i passanti durante i campi
estivi nell’alta valle della Stura di Demonte. Dopo aver
ricevuto un’altra medaglia d’argento come capitano in
Libia nel 1913, ne otterrà una di bronzo nella prima
guerra mondiale da maggiore comandante di un battaglione alpini; infine, tenente colonnello alla testa del
246° reggimento fanteria, cadrà prigioniero dopo Caporetto proteggendo strenuamente il ripiegamento delle
altre unità sul Tagliamento.
PRIGIONIERI DI ADUA
Si è visto sopra che il bilancio delle perdite di Adua
fu terribile: oltre ai 4.600 uccisi, ci furono circa 1.700 militari italiani catturati, con molti cannoni. Nella serie di
francobolli emessi dall’Etiopia nel centenario della battaglia (1996), il quinto valore [fig. 6] mostra appunto il
momento della cattura. Una curiosità filatelica: nel fran-
15
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cobollo è usato il nome inglese della località, ossia
“Adwa”.
Si legge invece “Adua” in un precedente francobollo
[fig. 7], il valore più alto di una serie di sei sovrani etiopici emessa nel 1964. Dedicato a Menelik II, effigiato nel
tondo con l’anno (1889) della sua ascesa al trono, il francobollo rappresenta schematicamente ma con efficacia il
campo di battaglia. La vittoria etiopica appare attribui-
gnia, il tenente Giuseppe Treboldi e il sottotenente Giuseppe Borgna della 2ª compagnia, l’aiutante maggiore
tenente Carlo Marchiori (i primi due insigniti di medaglia d’argento, gli altri di medaglia di bronzo). Numerosi pure i sottufficiali, graduati e soldati alpini catturati,
anche se risulta praticamente impossibile conoscere le
vicissitudini di tutti.
GIUDIZI AUTOREVOLI
6
bile all’intervento soprannaturale di san Giorgio, raffigurato peraltro anche nel dipinto mostrato all’inizio
[fig. 1]. Da notare l’ordinale “II”: secondo la tradizione
locale, infatti, il primo Menelik sarebbe il leggendario figlio del re Salomone e della regina di Saba.
Tra gli ufficiali catturati, una sessantina, c’erano il
generale Matteo Albertone, comandante della brigata
indigeni, e il maggiore Giovanni Gamerra, comandante
di un battaglione indigeni, i quali scontarono l’intero
7
periodo di prigionia. Il colonnello Luigi Nava, comandante del 5° reggimento di cui faceva parte il battaglione alpini, fu invece rilasciato con altri già in maggio,
mentre i prigionieri rimanenti rimpatriarono a partire
da fine anno.
Dato che - come detto sopra - gli ufficiali alpini considerati “dispersi, morti o prigionieri” nella battaglia di
Adua sono quindici, oltre ai dieci caduti accertati ci furono cinque prigionieri. Sono il tenente medico Luigi
Mauri, il sottotenente Riccardo Gritti della 3ª compa-
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Fra i giudizi sugli alpini di Adua, tutti oltremodo favorevoli, uno dei primi fu espresso poche settimane dopo la battaglia dall’esperto colonnello Costantino Gazzera, secondo il quale il battaglione alpini d’Africa «ha
scritto la migliore e più splendida pagina di storia e di martirio che mai fu dato scrivere ad alcun reparto di truppa».
Di particolare importanza e degno di un commento
dettagliato appare senza dubbio il giudizio del generale
Baratieri, il comandante unanimemente considerato responsabile della disfatta, che dopo la battaglia aveva inviato al governo italiano un telegramma in cui accusava
di sbandamento se non di vigliaccheria le sue truppe.
Per la verità, nelle sue memorie egli insisté che le notizie
trasmesse erano cifrate e riservate, affermando testualmente: «Se fossero state pel pubblico avrei scritto ben diversamente, né mi sarebbe sfuggita parola che potesse far torto ai
nostri soldati».
Comunque, tra l’altro si leggeva: «Allora non valse
nessun ritegno, nessun ordine per ritirata successiva. Invano
ufficiali cercavano trattenere soldati su qualcuna delle successive posizioni, perché nemici irrompenti e pochi cavalieri scioani [da Scioa, la regione dell’Etiopia centrale con
capoluogo Addis Abeba il cui ras Menelik era divenuto
nel 1889 negus d’Etiopia (N.d.R.)] scorrazzanti in basso
bastarono a travolgere tutto. Allora ricominciarono le vere
perdite; soldati come pazzi gettavano fucili e munizioni per
l’idea che se presi senz’armi non sarebbero stati evirati, e quasi tutti gettavano viveri e mantelline».
Poche righe prima era scritto che «anche battaglioni
alpini della riserva [per l’esattezza si trattava di compagnie del I battaglione alpini (N.d.R.)] non erano più grado di
opporre resistenza venivano travolti dai fuggiaschi man mano
che si presentavano». In effetti, come precisa l’africanista
Gian Carlo Stella, «Buona parte dei morti non si ebbero in
battaglia, bensì nella ritirata; questa durò più giorni con strazi
inenarrabili, ma non imposti dagli armati di Menelik, che non
inseguirono gli italiani oltre Saurià, ma dalla regione in fiamme, dai predoni e dai contadini fattisi audaci».
Ciò premesso, risulta ancor più lusinghiero per gli
alpini quanto dichiarato dallo stesso generale Baratieri
in una lettera dell’ottobre 1897: «Ricordo l’arrivo ad Adigrat del battaglione alpino quale avanguardia dei rinforzi italiani e il modo col quale si è presentato serio, pronto, disciplinato, eccitando l’entusiasmo degli indigeni e degli europei
[gli ascari, impressionati dall’enorme carico portato dagli alpini, li chiamarono simpaticamente “elefanti bianchi” (N.d.R.)].
Ricordo la serena energia fisica e morale con la quale conservava la sua forza e il contegno esemplare nei disagi, nelle
privazioni e nelle marce, resistendo con tenacia alpina alle influenze deleterie.
Ricordo come parecchi mi hanno fatto gli elogi del contegno degli alpini durante la battaglia del 1° marzo, malgrado le
circostanze difficilissime nelle quali hanno dovuto combattere
le quattro compagnie.
Ricordo come ufficiali e soldati alpini si sono accostati a
me nei momenti più terribili della ritirata e come nell’ultimo
disperato tentativo di costruire un nucleo di retroguardia, parecchi alpini risposero con altri soldati all’appello e come ultimo vidi presso di me il tenente colonnello Menini, il quale cadeva subito dopo per secondare i miei sforzi».
ALPINI IN POESIA*
Mentre i giudizi dei due ufficiali possono apparire in
certo qual modo scontati, sorprendente è l’interesse destato dagli alpini di Adua in Olindo Guerrini, poeta verista popolarissimo a fine ’800 e conosciuto con vari
pseudonimi, tra i quali Lorenzo Stecchetti e Argia Sbolenfi. Scrittore e giornalista, studioso e critico letterario,
erudito e bibliofilo, nonché avvocato non praticante e
consigliere comunale, le sue opere erano sovente improntate alla denuncia e alla satira talvolta feroci del
conformismo morale, religioso, sociale.
Guerrini portò avanti una contestazione socialistoide, ma non anarchica o rivoluzionaria, e nella vita privata tutelò valori tradizionalmente borghesi, come la famiglia e il lavoro, occupandosi pure di cucina, turismo,
fotografia. In particolare condannò duramente la politica coloniale del governo, accusato di favorire il tornaconto dei capitalisti a danno del proletariato urbano e
rurale, che vedeva i propri figli andare a morire in terra
africana.
Nelle Rime, sotto il titolo “Affrica” (come si scriveva
allora) compaiono diverse poesie di aspra polemica
contro la guerra combattuta lì dagli italiani, quali “Mentre partono”, “In anticamera”, “Alpini”, “Ultime notizie”, “Alle madri”, “Ai reduci dallo Scioa”, “Agli eroissimi” (in cui figura un motto da lui coniato che avrà un
enorme successo: “armiamoci e partite”).
Il sonetto “Alpini”, di forma classicheggiante ma di
contenuto tragico, mentre ribadisce il concetto di “inutil
sacrificio”, conferma al tempo stesso che il comportamento eroico fino all’estremo del I battaglione alpini
d’Africa era ormai di pubblico dominio.
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PER GRAZIA RICEVUTA
Infine, due interessanti ex voto provenienti da santuari piemontesi ci tramandano i nomi di due alpini impegnati nella battaglia di Adua, detta anche di Abba Garima da un’altura nei pressi della città. Si tratta di Lorenzo Sibona, sopravvissuto alla prigionia, e Francesco
Barachino, “reduce d’Affrica”.
Espressivo e storicamente accurato il primo ex voto
[fig. 8], dove si vede Sibona in tenuta di marcia ferito e
catturato da cavalieri galla, accanto a due commilitoni
uccisi (gli Oromo o Galla sono il gruppo etnico più numeroso e di ceppo più puro in Etiopia e la loro cavalleria
ebbe un ruolo determinante nella battaglia).
Va ricordato che Sibona figura tra i sei alpini semplici insigniti di medaglia d’argento al valor militare per
Adua, con questa significativa motivazione: «Combatté
con fermezza e valore fino all’irrompere del nemico nelle posizioni occupate dal suo reparto, finché, ferito e sopraffatto, venne tratto prigione [fatto prigioniero]».
Nell’altro ex voto [fig. 9], di stampo più tradizionale,
l’alpino Barachino, tornato a casa per grazia ricevuta
dalla madre raffigurata in preghiera, indossa la tipica uniforme in uso nella madrepatria.
Gabriele de Dominicis
9
Quando l’ora verrà, l’ora che deve
esser l’estrema che vedrete al mondo,
voi cercherete invan col moribondo
occhio l’alpe natìa, bianca di neve
e indarno de’ ghiacciai la brezza lieve
ricercherete nell’ansar profondo...
Oh, quanto lungi al labbro sitibondo
saran le fonti ove il camoscio beve!
Ahimè, madri dolenti e fidanzate
dolenti, dite voi se questo è il santo,
il giocondo avvenir che sognavate?
Vanno all’inutil sacrificio e intanto
noi veneriam le vanità sfacciate
cui piacque il sangue loro e il vostro pianto!
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(Quasi) un secolo
di Alpini Genovesi
A
lla fine del 2013 il socio Gabriele de Dominicis
manifestò il proposito di ricordare i personaggi
che, nel corso di quasi un secolo, si sono avvicendati nel gestire le varie attività della Sezione di Genova (fino al 1961 Sezione Ligure) o hanno contribuito
a farla conoscere al meglio. Allo scopo si formò un “comitato di redazione” (Gabriele de Dominicis, Federico
Imazio, Bruno Molfino) che ha concretizzato l’idea, basandosi sulla provvidenziale memoria e competenza di
Bruno, sulla ricerca effettuata sui giornali sezionali da
Federico e sulla puntuale stesura dei dati da parte di
Gabriele. Il tutto è stato migliorato con la chicca delle
foto di (quasi) tutti i personaggi citati, più di 300.
Mentre tante sezioni, compresa la nostra, hanno impostato in ordine cronologico la loro storia, che possiamo paragonare a una “ruota”, in quest’opera sono stati
elencati in ordine alfabetico i suoi “raggi”, ossia i singo-
ANA
genova
li che hanno fatto procedere nel tempo la Sezione di Genova. Occorre precisare che sono citati nella quasi totalità le cariche e gli incarichi sezionali che si sono avvicendati negli anni e quanti ultimamente si stanno avvicinando con assiduità alla vita sezionale. Non sono stati però dimenticati alcuni amici degli alpini che hanno
fatto conoscere aspetti poco noti della storia alpina con
i loro scritti o sono stati determinanti per la buona riuscita di importanti iniziative sezionali.
Quanto ai capigruppo, che rappresentano la spina
dorsale dell’A.N.A., sono stati menzionati soltanto coloro che hanno ricoperto cariche o incarichi di vario genere a livello sezionale o hanno contribuito a far conoscere la Sezione di Genova con monumenti o costruzioni sul loro territorio o con manifestazioni di particolare
rilievo o con un appoggio concreto alle attività sezionali. Quindi mancheranno certamente dei capigruppo di
primo piano, che peraltro hanno svolto la loro opera
meritoria unicamente nell’ambito dei loro gruppi.
In linea di massima, per ogni personaggio sono stati evidenziati inizialmente i dati anagrafici, l’eventuale
partecipazione a eventi bellici, le cariche più importanti ricoperte prima a livello sezionale e poi di gruppo,
quindi in ordine cronologico i vari incarichi svolti, gli
interventi di protezione civile, le partecipazioni a singole attività sezionali, ecc.
Il comitato di redazione che, a suo insindacabile giudizio, ha scelto i nominativi qui elencati si scusa con le
persone che, pur essendo state anche più meritevoli di
tante citate, non figurano per mancanza di informazioni su quanto hanno fatto. Ciò è dovuto, prima della seconda guerra mondiale, all’inesistenza di stampa alpina
sezionale e alla perdita dei documenti conservati nella
sede di via San Giuseppe distrutta nei bombardamenti.
Nel dopoguerra, invece, alla carenza di dati significativi e di comunicazioni opportune.
Giunto alla fine del lavoro, fiducioso che i nuovi soci vi possano trovare e apprezzare la memoria storica
dei loro illustri predecessori destinata altrimenti a perdersi, il comitato non può fare a meno di constatare
amaramente la scarsa collaborazione avuta, salvo alcune lodevoli eccezioni, nella ricerca di dati e foto.
Il Comitato di Redazione
Il libro è a disposizione presso
la Segreteria della Sezione
di Genova al costo di euro 10,00
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BELLUNO, 2-3 aprile 2016 20° CISA
(Congresso Itinerante Stampa Alpina)
SIAMO (QUASI) I CAMPIONI
Q
uesta ventesima edizione del CISA è stata veramente positiva sotto più di un aspetto. Non
solo per l’ottima organizzazione e gestione logistica, ma anche perché la nostra rivista “Genova Alpina Nuova” ha vinto il secondo premio del concorso
biennale Vittorio Piotti per le pubblicazioni dei Gruppi e delle Sezioni dell’Associazione Nazionale Alpini.
E come potete leggere sull’attestato firmato dal
Presidente Nazionale, per poco nomn abbiamo vinto
il primo premio; solo per colpa di una copertina graficamente un po’ scarsa siamo stati superati dalla Sezione di Udine.
Pazienza, le indicazioni sono precise, vedremo di
rimediare tra due anni.
Oltre alla soddisfazione per il riconoscimento e
l’apprezzamento, che naturalmente sono estesi anche
a tutti i collaboratori del nostro periodico sezionale,
mi ha fatto piacere ritrovarmi dopo trentasette anni
nella mia sede di naja e vedere la mia ex caserma (del
Gruppo art. mont. Lanzo) salvata dall’abbandono
grazie al trasferimento da Feltre del 7° alpini nei due
complessi contigui delle Caserme D’Angelo (ex
Gruppo art . mont. Lanzo) e Salsa (ex B.a.r. Belluno);
anche se, ad essere sinceri, all’epoca avevo avuto
spesso pensieri dinamitardi (non a caso le due caserme si trovano in Via Col di Lana).
E parlando con i Bellunesi, veci, bocia e donne (anzi “mule”), mi sono reso conto che anche loro sono
contenti che a Belluno siano rimasti gli Alpini, speriamo per un bel po’ ancora.
IL DIRETTORE (SODDISFATTO MA NOSTALGICO)
NICOLA PELLEGRINO
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
Le quattro cupole corazzate del forte Montecchio/Lusardi di Colico (Lecco)
I
progressivi miglioramenti delle artiglierie contribuirono al rapido declino delle costruzioni militari
con coperture in pietrame totalmente incapaci a resistere alle granate torpedini introdotte dal 1885; la
successiva introduzione della spoletta ritardata montata su proiettili con esplosivo ad alto potenziale permise di aumentare notevolmente il potere distruttivo.
Esperimenti balistici furono svolti in vari stati europei
come in Francia negli anni 1886-87 e successivamente
in Belgio e Prussia.
In Italia si fecero esperimenti negli anni 1909-10 utilizzando come banco di prova il forte Varisello nei
pressi del Moncenisio, un’opera in pietra costruita solo
trent’anni prima.
Le valutazioni dei risultati indusse le autorità militari italiane ad avviare un importante piano fortificatorio: un comitato governativo fu incaricato di pianificare opere da costruire secondo le più moderne dottrine
militari su tutto l’arco alpino con particolare attenzione alla difesa di Venezia e Verona.
La commissione dopo un lungo lavoro di ricerca
sul territorio elaborò le sue proposte presentando un
articolato documento comprendente ben novantasette
Piazze fortificate. Fra il 1908 e il 1914 tutto il confine
Forte Col Vidal in Cadore
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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nord del Regno d’Italia venne trasformato in un vero e
proprio cantiere, creando una linea fortificata costituita da moderne fortificazioni in calcestruzzo e acciaio,
materiali nuovi per l’epoca, ritenute indistruttibili. Il
promotore delle opere austroungariche fu Franz Conrad von Hotzendorf (1852-1925).
Arrivato nel 1905 all’apice della carriera mai aveva
nascosto la sua avversità verso l’Italia, nonostante fosse alleata con l’Austria - Ungheria tramite il trattato
della Triplice Alleanza.
Per quanto riguarda l’Italia il generale del genio
Enrico Rocchi scrisse molti saggi riguardanti la fortificazione permanente italiana; le sue idee innovative
nell’utilizzo delle fortezze del tutto indipendente alla
difesa del fronte diedero le linee guida alla fortificazione italiana del confine.
Il forte modello Rocchi era semplicissimo: una
stretta costruzione rettangolare di calcestruzzo lungo
60-80 metri e largo 10-15 metri; l’armamento di artiglieria era costituito in genere da 4 cannoni da 149/35
in acciaio, disposti in linea retta, installati nelle cupole
corazzate a “pozzo” ad intervalli di 10-15 metri l’uno
dall’altro.
I pozzi erano serviti da un lungo corridoio che percorreva in lunghezza la costruzioni e tramite una breve rampa di scala si accedeva all’interno della cupola. L’interno
della cupola era illuminato mediante
lampade elettriche di bassa potenza
mentre il ricambio dell’aria era assicurato da un ventilatore che immetteva aria
pura; erano presenti gli alloggiamenti
per i proiettili pronti all’uso e i tubi acustici portavoce con i quali era possibile
comunicare con la centrale di tiro.
La cupola poggiava su un treno di
sfere di acciaio dal diametro di 10 cm,
mentre la rotazione a 360° era ottenuta
mediante un ingranaggio moltiplicatore
mosso a manovella.
I servizi per il personale, depositi e
laboratori polveriera per i proiettili erano ricavate fuori dal forte in luoghi
defilati al tiro del nemico.
Questo costrinse a collegare le
batterie con lunghi corridoi e scale e
con sistemi di trasporto del proiettile
su rotaia. Il confronto con le batterie
austriache che si sarebbero contrapposte in guerra si concentra sui criteri
di costruzione e sulla resistenza ai
proiettili di artiglieria. Mentre gli austriaci corazzavano i forti, provandoli
sotto il tiro dei 305 mm, con gettate di
calcestruzzo di 4-5 metri di spessore e
cupole corazzate di 300 mm, gli italiani installavano cupole con spessore
di 140 mm e i muri spessi non più di
2-2,5 metri. La differenza fra cupole italiane e quelle austroungariche è
notevole.
La cupola italiana aveva un aspetto più schiacciato, quasi lenticolare
per presentare una superficie più
sfuggente ai tiri diretti e composta da
due o tre “spicchi” saldati. L’unica
eccezione a queste tipi di cupole corazzate è rappresentato dalla batteria
Chaberton, costruita tra il 1898 e il
1910 in alta Val di Susa, dotata di cupole in lamiera a corazzatura leggera
dallo spessore di cinque centimetri a
tipica forma navale.
Le cupole imperiali erano semisferiche, forgiate in fonderia in un
pezzo unico d’acciaio affogate di oltre 2 metri nel cemento del forte offrendo una maggiore resistenza al
complesso “cupola/pezzo”. E’ inoltre da notare che se le cupole italiane
erano disposte in linea retta quelle
austriache avevano una disposizione
Le cupole corazzate del forte di Pian dell’Antro in Cadore mimetizzate
durante una esercitazione prima del conflitto (collezione L. Santagata)
Primo piano delle casematte del forte Chaberton: si possono notare i
supporti per la manutenzione esterna e l’oblò posteriore. (collezione L.
Santagata)
più casuale e con maggiore mimetismo
naturale intervallate da finte cupole in
cemento per ingannare il nemico.
Le batterie corazzate italiane, costruite in massima economia con scarsa qualità del calcestruzzo, nate già vecchie rispetto alla veloce evoluzione tecnologica
dei proiettili dimostreranno tutto la loro
inadeguatezza alla prova del fuoco; tuttavia le batterie di primo Novecento, nei
pochi esempi rimasti integri, con tutte le
loro architetture ancora legate ad una
bellezza estetica ci offrono splendidi esempi di arte e tecnologia che vale la pena di valorizzare dal punto di vista turistico.
Sezione di una cupola corazzata per forte modello Rocchi.
Lorenzo Santagata
21
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
LA GRANDE GUERRA DI GIACOMO TORTORA: IL 1915
seconda puntata
Il 21 ottobre, nell’ambito della
apertisi. Ai primi di novembre la
III battaglia dell’Isonzo, in soli 3
Bergamo, si sposta di poche centinaia
giorni la Bergamo registra 1356
di metri verso nord per provare ad
perdite per nuovi insensati attacattaccare l’adiacente ugualmente imchi. Il giorno 24 il Val Dora appena
prendibile collina di Santa Maria e
uscito dalla trincea e costretto a
sotto q. 588 arrivano le brigate Benetransitare per un passaggio obblivento e Messina: a quest’ultima verrà
gato, viene falciato. Il suo comanproprio in quei giorni assegnato il
dante, maggiore Soria, rifiuta sdegiovane neo sottotenente genovese
gnosamente di riportare inutilGiacomo Tortora. I resoconti parlano
mente gli uomini al massacro: viedi clima proibitivo, di trincee terrose
ne destituito il giorno dopo “per
“ruscellanti per la pioggia” che le
malattia”. Nell’imminenza della
sbriciola distruggendo i precari ricocattiva stagione e della sospensioveri, di un mare di fango che appene delle operazioni su tutti i fronsantisce le divise dei soldati ed inti, tuttavia qui si impartisce diceppa le armi, delle prime notti gelisposizione che i reparti continuide.
Luglio 1915 – Il caporale Giano ad esercitare forte pressione como Tortora a Genova di ritorChi è Giacomo Tortora? Nasce il
sul nemico. Inizia così la stagione no dal fronte pochi giorni pri23 settembre 1894 a Conegliano Vedelle pericolosissime pattuglie ma di essere inviato al Corso
neto (TV), dove il padre Stefano, oriUfficiali di Modena. Pornotturne che strisciano fin sotto le Allievi
ginario di Oneglia (oggi Imperia),
ta ancora le mostrine della briopere passive nemiche trascinan- gata Salerno.
svolge le funzioni di Pretore. La mado i tubi di gelatina per aprire
dre è la genovese Luigia Costa, figlia
varchi. I rischi sono altissimi, in molti non tornano,
di Giacomo Costa, importante industriale oleario e
spesso gli esplosivi non si innescano per varie caufuturo capostipite di una tra le più note dinastie itase, gli esiti di queste temerarie imprese nulli perché
liane di armatori. Ai primi del Novecento, e dopo la
il nemico si è attrezzato con gabbioni costruiti con
nascita nel 1899 del fratello Emilio, la famiglia si trafilo spinato che vengono facilmente spinti con precisferisce definitivamente a Genova, presso il cui Trisione dall’alto andando a tappare eventuali varchi
bunale il padre ottiene l’incarico definitivo. Conseguita la maturità classica presso il
Ginnasio Liceo “Cristoforo Colombo”, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza. A partire dal novembre
1913 presta servizio militare, come
allora potevano svolgerlo gli studenti, in qualità di “Soldato Volontario di 1 anno”, arruolato nel 90°
Rgt. Fant. - Brigata Salerno, di stanza a Genova. Dalle lettere che scrive
alla famiglia si apprende che il reparto svolge l’addestramento sull’Appennino Ligure, tra le località
di Casella, Busalla, Ronco Scrivia e
alture circostanti. In tali frangenti si
rivela un ottimo camminatore, dotato di notevole resistenza. Questa
dote, che gli rimarrà per tutta la vita, gli consentirà di effettuare numerose escursioni e di diventare un
10 ottobre 1915 – L’allievo ufficiale Giacomo Tortora al corso di Modena esperto conoscitore delle scoscese
indossa già la divisa da ufficiali. L’aspetto austero dei suoi Genitori
montagne dell’Appennino ligure.
maschera viva apprensione.
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
22
Un alpino senza la penna!
Congedato col grado di caporale il 30 novembre 1914,
viene richiamato il 10 maggio 1915 per la mobilitazione generale in vista dell’ormai imminente dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria; due giorni dopo, infatti, parte con la Salerno, inserita nell’ 8ª Divisione di
Fanteria, IV° Corpo d’Armata, per il settore dell’Alto
Isonzo, dove il reparto sarà
duramente impiegato in
sanguinosi ed infruttuosi
attacchi sui Monti Mrzli e
Sleme.
Proprio in quei primi
giorni del conflitto matura
in lui l’idea di tenere un
diario, che avrà quindi il
La testa di ponte di Tolmino ripresa da nord con a sinistra la cittadina; al cenpregio di abbracciare tutta tro l’Isonzo che scorre dal basso della foto verso l’alto in direzione di Gorizia;
la sua vita militare (dal ’15 alla sua destra il Mengore (Santa Maria) e dietro il Cvetje (Santa Lucia).
al ’19); ma intanto quella di
salimmo, per sentieri orribili, su per la collina di S. Lucombattente/soldato semplice è destinata a durare
cia. Alla mezzanotte raggiungo il comando della compaassai poco, perché i militari istruiti – e quindi tutti
gnia, quasi in trincea, in località detta: Roccione.
gli studenti universitari – devono diventare ufficiali
di complemento, ruolo di cui nell’esercito italiano
del ’15 c’è una gravissima carenza. Destinato a frequentare un Corso accelerato per Allievi Ufficiali di
Complemento nell’Arma di Fanteria all’Accademia
di Modena, ritorna in linea nel novembre 1915 con il
grado di Sottotenente, in servizio presso il 93° Rgt.
Fant. - Brigata Messina, che opera nel settore del Medio Isonzo, tra Tolmino e Canale. Attraverso il diario seguiamo ora la sua avventura sul Santa Lucia.
17 Novembre. Giungo, assieme a circa altri 300 ufficiali, a Cividale e mi presento al Comando di Tappa.
19 Novembre. Sono assegnato al 93° Reggimento di
fanteria: alla mattina, con gli altri ufficiali destinati al
133°, si parte in camion per Prepotto e indi, risalendo la
valle dello Iudrio, per Kambresco e Pusno. Indi a piedi
scendemmo per la mulattiera che discende in valle Doblar, e arrivammo alle 19 circa al comando di reggimento
(Casa Stergari). Quivi io sono assegnato al 4° Battaglione: 16a Compagnia.
20 Novembre. Faccio la conoscenza del capitano comandante del mio battaglione (cap. Chamard), del mio
comandante di compagnia (sott. Limentani) e gli altri: il
battaglione è attendato in una regione tutta fangosa,
chiamata: Scuole Rute.
21 Novembre. Viene annunziato a me e agli altri nuovi venuti che alla sera saremmo andati in trincea. Ci mettemmo in cammino alla sera verso le 19: per una mulatCartina della testa di ponte di Tolmino, dove il Santa
tiera si scese attraverso un folto bosco al torrente Usnik,
Lucia è indicato col nome della cima Selski Vrh (m.
attraversammo la famosa e pericolosissima passerella e ri588).
23
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
per un lungo camminamento
si arriva sulla linea dei piccoli
posti. Posizione infelicissima:
gli austriaci sopra, e noi sotto,
a 40, o cinquanta metri. Il ricovero per l’ufficiale è una tana scavata nella terra, nella
parete di un camminamento a
circa 1 metro da terra. E’ molto
umida e, con la bassa temperatura era tutta incrostata di
ghiaccioli: avvolti in una coperta, ci si riposava ugualmente!
24 Novembre. Alla notte
vengo estratto a sorte per frequentare una lezione sull’uso
dei tubi esplosivi. Vengo quindi sostituito in trincea dal
sott.te Limentani e, assieme al
sott.te Petruzzi, nelle prime oIl Santa Lucia da sud est; dietro la mole squadrata del Mrzli con alla sua destra
il Vodil ed alle sue spalle lo Sleme. La punta innevata che domina la zona è il re del mattino discendiamo da
Monte Nero.
S. Lucia e risaliamo a Scuole
Rute. Qui ci inviano a Vo22 Novembre. Essendo di servizio nella sovrastante
grinki dove si giunge verso le 9 dopo più di 6 ore di martrincea un altro sottotenente, io rimango col comando di
cia faticosa e continua. Essendo stati rimandati gli especompagnia anche per assuefarmi un po’ al luogo. Di giorrimenti, alla sera, con altre 6 ore di cammino, ce ne torno si può appena uscire, per un paio di metri fuori dalniamo a S. Lucia.
l’entrata di una grotta, a causa delle mitragliatrici e dei
25 Novembre. Appena da due ore eravamo giunti,
fucili puntati degli austriaci.
quando un nuovo ordine, giunto per telefono, ci ingiunge
23 Novembre. Alle 6 di mattino, prima che facesse
di trovarci per le 8 del domani mattina a Vogrinki. Di
completamente giorno, vado su in trincea a fare il mio
gran fretta ci rimettiamo, sebbene stanchi, in cammino, e
turno. Si sale una difficile scalinata nella viva roccia e poi
giungiamo in tempo. Un colonnello del genio, ci dà alcune spiegazioni sui tubi a gelatina esplosiva. Stando là ho occasione di vedere in azione i
grossi mortai da 210. Alla sera
siamo rimandati d’urgenza in
trincea, perché al domani dovrà aver luogo un attacco a S.
Lucia. Verso mezzanotte giungiamo: per la via dell’Usnik
incontriamo grosse colonne di
muli portanti rifornimenti e
munizioni: inoltre circa 400
complementi destinati al 93° e
tutto il 4° Bersaglieri, che recavasi in linea.
La distanza per sentieri
tra S. Lucia e Vogrinki si aggira sui 15 chilometri in terreno mediamente accidentato (questo all’incirca il percorso: discesa dal S. Lucia,
salita a Scuole Rute – situate
Schizzo a cura dello Stato Maggiore del Santa Lucia che mostra chiaramente
tra
il Krad Vrh ed il Varda
le sacrificate e precarie posizioni tenute fino al gennaio 1916 dalle truppe itaVrh – quindi ridiscesa in Valliane.
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
24
le Doblar e risalita fino a Vogrinki); il nostro protagonista, compiendo nell’arco di
poco meno di 48 ore due
volte tale percorso, avrebbe
quindi coperto circa 60 Km
in un tempo di 24 ore complessive di marcia: il tutto
per “… alcune spiegazioni
sui tubi”!
26 Novembre. All’una di
notte il comando di Battaglione ci avverte che per le ore 4
dovranno essere posti e essere
fatti brillare tubi esplosivi nei
reticolati austriaci di quota
588: incaricati di ciò sarò io e
Petruzzi con una quindicina
di soldati. Con grande circospezione usciamo dai camminamenti, occupati dalla 15a
comp. e dai bersaglieri e si at- Tali foto dei giorni nostri mostrano il terreno impervio degli scontri e la completa scomparsa in superficie di segni di quelle battaglie. In particolare, la foto
traversa il tratto di circa 40 m. sotto è stata scattata sul punto di massimo avanzamento italiano (zona del
separante le nostre posizioni muretto di sacchi a terra): nella boscaglia si intuisce quota 588.
dalle avversarie. I tubi sono
accesi, ma non esplodono (si
seppe poi che il genio si era dimenticato di mettere le capsule
tra la miccia e la gelatina). Segue poi nella mattinata un discreto bombardamento delle
trincee nemiche. Alle ore 11 i
bersaglieri del 4° regg.to escono all’assalto, ma essendo i reticolati intatti, falciati dalle
mitragliatrici, devono ripiegare nelle primitive posizioni.
Nonostante il fallimento
della missione, l’ordine di
attacco era stato ugualmente impartito.
27 Novembre. Alle 4 del
mattino io e Petruzzi, dietro
ordine del capitano Chamard e
del tenente colonnello Rubino,
dei bersaglieri, andiamo a porre altri tubi al medesimo punto
timo, vado a Casa Stergari dove sono presentato al codel giorni prima. Questa volta scoppiano benissimo e amandante della “Brigata Messina”, magg. generale Baprono un discreto varco nel reticolato.
ronis. Sia l’aiutante di campo, capitano Duprais, che il
30 Novembre. Scoperto un secondo reticolato nemico,
generale, mi annunziano di avermi proposto per una ripochi metri più in là del primo, sono nuovamente inviato
compensa al valore. Al pomeriggio ritiro dall’ufficio ama far brillare i tubi a quota 588. Constatata la eccessiva
ministrazione l’indennità di entrata in compagnia (Lire
profondità di queste opere accessorie, l’imperversare del
365.=), conferita per questi fatti.
maltempo, pare che il comando abbia abbandonato l’idea
“Bollettino Ufficiale 18 Ottobre 1916 – Disp. sa 92a
di seguitare negli attacchi a S. Lucia. Il 4° bersaglieri la– pag. 5401: S. Ten Tortora Giacomo, del 93° Regg. Fanscia le trincee e va a riposarsi in 2a linea a Scuole Rute.
teria. Medaglia di Bronzo al valore: Incaricato di dirigere
15 Dicembre. Assieme ai miei colleghi promossi da ul-
25
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
94°, ritorniamo alle nostre
compagnie. I lavori che erano
sempre stati chiamati “di seconda linea” proseguono con
crescente alacrità: da due
notti numerose corvèes di
muli e di uomini hanno portato via dalla collina di S. Lucia tutto il materiale trasportabile: lamiere, scudi, tubi inesplosi rimasti dal 26 nov.,
armi, ecc. Si lavora ininterrottamente tutta la giornata.
31 Gennaio. Giornata fresca. Alla sera grande movimento, che preannuncia
qualcosa di insolito. … noi
riceviamo l’ordine di prepararci ad andare in trincea.
Sull’imbrunire si occupano le
nuove trincee, da noi stessi
Zona del punto del massimo avanzamento italiano con il muretto di sacchi a terra costruito dal Val Dora (vedi prima puntata). sotto q. 588 - Sullo sfondo l’imcostruite dalla metà di dicemprendibile vetta del Santa Lucia - Foto scattata dopo la riconquista austriaca.
bre in poi. Si sa che il 94° nella notte abbandonerà le posialcuni militari di truppa nel collocamento e brillamento
zioni di S. Lucia!…. La 16a comp. ha l’ordine di appodi tubi esplosivi nei reticolati nemici, eseguiva tale comstarsi sullo Lible-vrh (uno sperone avanzato) per protegpito per tre giorni consecutivi, ottenendo lo scopo, sotto il
gere il ripiegamento, nell’eventualità che il nemico se ne
fuoco violento di fucileria, bombe a mano e a gas asfisaccorgesse. Tutto procedette nel massimo ordine: il 94°
venne via a scaglioni: alla mezzanotte anche le ultime
siante. S. Lucia di Tolmino – 26-28 Novembre 1915”.
vedette avevano lasciato l’infausta collina di S. Lucia e
Gli ultimi di gennaio 1916/primi di febbraio,
avevano passato la passerella dell’Usnik, distruggendoTortora annota infine queste importanti notizie.
la: il ripiegamento era avvenuto.
30 Gennaio. Consegnate le truppe ad ufficiali del
1 Febbraio. All’alba lasciamo l’appostamento e
prendiamo posto nelle trincee nuove in prossimità della
Sella del Krad-Vrh. … gli
austriaci non si sono accorti
per niente del nostro ripiegamento: anzi, forse stimolati
dal nostro silenzio, si accaniscono nel lanciar bombe
contro le antiche nostre posizioni.
Oggi di tutta quella lotta sul Santa Lucia non esiste più traccia, fa notare il
prof. Alliney. I folti boschi
cresciuti dopo la guerra ed
il terreno piuttosto instabile hanno cancellato ogni
genere di postazione; solo
qualche reperto metallico
affiora dal terreno.
Impressionante foto aerea della collina di Santa Lucia con le linee delle trincee
ed i colpi delle artiglierie. A sinistra si vede l’abitato di Selo, a destra verso l’alto la cima della collina (q. 588). Sotto sinuoso, da destra a sinistra, corre
l’Isonzo verso Gorizia.
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Giancarlo Militello
ALPINI DELLA GRANDE GUERRA
Simone Pennazio
I
l sergente maggiore Simone Pennazio, classe 1883,
sottufficiale del battaglione “Val Dora” del 3° Reggimento Alpini, fu decorato di medaglia d’ argento
al V. M. con la seguente motivazione:
“Esempio costante ai dipendenti di attività militare, dava continua mirabile prova di perizia e coraggio
nel guidare il proprio plotone durante il combattimento, non desistendo dal suo compito, sebbene ripetutamente ferito.- Monte Ortigara, 19 giugno 1917.”
Il battaglione “Val Dora”, del 3° Reggimento Alpini, era costituito dalla 231a e 232a compagnia, alle quali si aggiunse poi, alla fine del 1916, la 3a, già del “Pieve di Teco”, a seguito dello scioglimento di questo battaglione.
Il “Val Dora” allo scoppio delle ostilità, inquadrato
nel Gruppo Alpini B, opera nella zona dell’Isonzo, partecipando a duri combattimenti, soprattutto nell’agosto e settembre 1915 nel settore di Santa Maria e Santa
Lucia di Tolmino. Dall’11/2/1916 presidia Monte Rosso, approntando sistemazioni difensive e lottando contro neve e tormenta. Il 27/3/1916 lascia il settore dell’
Isonzo e viene trasferito in Carnia, dove, il 21/4/1916,
passa a far parte del Gruppo Alpini C.
Nel marzo 1917 è assegnato al 2° Gruppo Alpini e
trasferito in Trentino. Nel giugno, mentre è in corso la
battaglia dell’Ortigara, il battaglione è trasferito in
questo settore prima a Pozza dell’Ortigara, poi, il 15
giugno, al Passo dell’Agnella, dove viene sottoposto a
violentissimi bombardamenti. “Il mattino del 19 ,” come si legge nella storia ufficiale del battaglione “Val
Dora”,” la 231a si slancia all’attacco di quota 2105 conquistandola insieme ad altri riparti, mentre la restante
parte del battaglione punta verso M. Castelnuovo.
Vengono catturati molti prigionieri e molto materiale;
le perdite riportate dal “Val Dora” però sono sensibili:
più di trecento uomini.” E’ in queste drammatiche circostanze, evidentemente, che si distingue e viene gravemente ferito il sergente Simone Pennazio.
Il battaglione “Val Dora” nel novembre e dicembre
1917, dopo il disastro di Caporetto, è duramente impegnato nella difesa delle nostre linee a Monte Tondarecar, Monte Badenecche, Malga Lora in rincalzo alle
truppe che difendono Monte Fior, e infine sulle pendici di Monte Castelgomberto. Il 9 dicembre 1917 il reparto è sciolto, a seguito delle gravissime perdite subite, che, nei tre anni di guerra ammontano a 11 ufficiali
caduti, 32 feriti, 35 dispersi; 285 sottufficiali, graduati e
alpini caduti, 699 feriti, 563 dispersi.
Nella foto del sergente maggiore Pennazio, scattata, probabilmente alla fine del 1918, sono visibili, sulla
parte alta della manica destra, cinque distintivi di ferita. Per curare tali gravi ferite fu ricoverato anche nell’
Ospedale Militare di Genova, e successivamente in
Francia. Il sergente maggiore Pennazio, come si legge
in un documento ufficiale, era nativo di Riva presso
Chieri, in provincia di Torino. Congedatosi, tornò alla
famiglia, conducendo con laboriosità, tenacia e energia
una prospera azienda agricola a Poirino (TO). Si spense prematuramente, nel 1942, a causa di una malattia,
aggravata dalle ferite riportate in guerra. Salutiamo la
figlia, signora Laura, residente da lunghi anni nella nostra Riviera di Ponente, alla quale porgiamo i nostri
più vivi auguri; la ringraziamo delle foto e dei documenti che ha messo a nostra disposizione per ricordare
questa splendida figura di alpino, di combattente, di
marito e padre esemplare e di lavoratore intelligente e
appassionato.
Francesco Tuo
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE GENOVA - GRUPPO DI NERVI
Ricordo di GIOVANNI BATTISTA SALVI
Capizzone (BG) il 29 Agosto 1920 “Alpino, Reduce di Russia”
re il fatto, la circostanza; quello che
mi preme che il lettore colga, sono
invece le sensazioni che io, figlio, ho
provato nel sentire frammenti di vita vissuta, di episodi, di emozioni
che ho fatto mie, centellinate goccia
a goccia, come di un raro distillato,
in questi anni fortunati che mi hanno consentito la vicinanza con mio
padre.
Le emozioni che ho ricevuto,
quasi rubato, da brevi cenni con
parenti, amici alpini, non sono stati
voluti da Giovanni, schivo da ogni
protagonismo, ma gli sono stati
carpiti.
Introduzione
La storia
Questa storia è una delle tante
storie di uomini nati intorno al 1920
che hanno subito tutto il peggio della loro gioventù negli anni della 2a
Tutto inizia con l’arruolamento
nella Divisione Tridentina date le
sue origini bergamasche, fronte Italo Francese, per l’esattezza Monte
Bianco, Entreves, ed è forse stato il
periodo più spensierato, primo perché nuova esperienza (e a 20 anni
partire per una avventura, bella o
brutta che potesse essere, aveva
sempre un suo fascino), poi perché
nulla di troppo cruento e forte da
vivere è avvenuto in quel periodo.
Nel 1974 iniziai a frequentare
Courmayeur che nel frattempo era
diventata una famosa località sciistica e mondana e quando nei week
end partivo, mio padre mi guardava con uno sguardo pensieroso e la
sensazione che ne avevo era di un
suo senso di pena per me.
Perché?
Raramente si faceva scappare,
Lui che vive al mare, “ne hai proprio voglia di andare a prendere un
sacco di freddo; senti come si sta bene qua!” Ma in questa dichiarazione solo dopo anni ed anni ho capito
cosa si nascondeva: un senso di
freddo costante che aveva subito e
che gli era rimasto dentro, per esserci andato con un equipaggiamento alquanto povero, cappottone
di lana, scarponi di pelle che poco
avevano di diverso dal cartone, coperta di lana pesantissima ma che
poco riparava dal freddo.
Guerra Mondiale e che si sono portati dentro per altri 74 anni considerandolo un prezzo dovuto per essere riusciti a sopravvivere a quegli eventi.
La storia di Giovanni Battista
Salvi è proprio una di queste, era uno degli ultimi rimasti e a Giugno
2014 ci ha lasciati. Proprio perché
così rara e preziosa, prima che il ricordo delle sue gesta si spenga definitivamente, voglio raccontarvela
affinché sia ad esempio per noi figli
e soprattutto per nipoti e pronipoti.
Non ho mai saputo ed ho avuto
il pudore di non chiedere cosa si
prova a vent’anni nell’essere chiamato alle armi perché la tua nazione è entrata in Guerra, ma posso
solo immaginare che le speranze
nel futuro vengano inghiottite dagli
eventi e dal vivere attimo dopo attimo, consapevoli che ogni minuto,
ora, giorno , siano: un dono di Dio,
una “fortuna”, un segno del destino, tutto fuor che quello che avresti
voluto.
Questo ricordo non vuole essere
un racconto di cronaca di episodi
della guerra che ha coinvolto mio
padre, solo alcuni momenti e nomi
di luoghi verranno citati, per defini-
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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Cosa potevo saperne, io, che andavo con il piumino Monclair prima e con i doposci di pelo o foderati di goretex, dopo.
Ma questo era ancora niente, rispetto a quello che sarebbe accaduto successivamente sui fronti prima
Greco –Albanese e poi Russo.
In casa da sempre o almeno da
quando io le ho potute vedere, sopra il frigorifero, ci sono due carapaci di tartarughe di terra e immaginate la curiosità di un bambino
che le vede, dopo aver visto nell’album da colorare un disegno della
tartaruga.
La domanda che ne scaturiva è
“ma il corpo dov’è?” Dal volto di
mio padre si apriva un sorriso e la
risposta era “sono morte” e le ho
trovate in Albania, un posto di là
dal mare, dove ci sono andato in nave ed era il mio primo viaggio per
mare.
Diversi anni dopo venni a sapere che i mesi passati nella guerra in
Albania erano stati mesi di pioggia
e pioggia dove più che in guerra col
nemico erano stati in guerra con il
fango, impantanati a spingere i cingolati o le camionette, con pochi viveri, ortaggi rubati nei campi e brodo di tartaruga, animale alquanto
frequente in quelle terre e quei due
carapaci erano solo una minima
rappresentanza, presentata come
un ricordo di quella terra.
La campagna di Russia
E’ evidente che il periodo più
triste, fatto di sofferenze fisiche, ma
soprattutto morali, strazianti, prima che l’abitudine alla perdita degli
amici fosse cosa divenuta “normale,” si è consumato sul fronte Russo.
Di stanza sulle rive del Don, lo
scopo era quello di fermare le truppe russe e di non farle avanzare, erano alleati ai tedeschi di cui avevano rispetto, ma soprattutto invidia
dei loro equipaggiamenti, i mezzi
meccanici e le armi, non a caso i primi a scappare verso la fine del ‘43
ed iniziare la ritirata sono stati pro-
NOTIZIE DAI SETTORI
prio loro subendo perdite nettamente inferiori a quelle italiane
Inizialmente è stata una guerra
di posizione, dove la mira dei cecchini, su un fronte o sull’altro, faceva la differenza, il freddo era tanto,
ma trincee, igloo, e baracche lo mitigavano.
Poi il tempo, il gelo e la fame,
hanno iniziato a minare gli equipaggiamenti, i muli, gli uomini.
Le scarpe di cartone non tenevano più e parecchi iniziavano ad avere segni di congelamento.
Anche Battista ne venne colpito,
a due dita del piede destro e ciò gli
consentì di essere rimpatriato a Tivoli in ospedale per le cure, riuscì a
salvare le dita, e cosa più importante dopo tanti mesi, a rivedere mia
madre, la sua fidanzata di allora.
La convalescenza durò poco e
presto ritornò sul Don, giusto in
tempo per partecipare da attore alla
ritirata, ma forse fu proprio grazie a
quel breve periodo passato in Italia
che si salvò. Il tempo di rifocillarsi e
ritornare in forza prima della più
grande sciagura che migliaia di uomini avessero a subire.
Ormai, tanto è stato scritto e tanto abbiamo letto su questo argomento; fin dalle medie, per fortuna,
ci hanno fatto leggere Mario Rigoni
Stern e Giulio vedeschi.
Ingenuamente, da ragazzino,
pensavo che mio padre, che aveva
vissuto quell’avventura, e ne era uscito vivo, potesse essermi di aiuto
nel fare il riassunto di Centomila Gavette di Ghiaccio o del Sergente nella
neve… invece, quando chiedevo, il
suo viso si adombrava, trovava
qualcosa di urgente da fare e mi
sfuggiva.
Per anni, in estate, già nel 1966
avveniva tra la nostra famiglia e
quella di Fagetti di Chiavenna (So)
lo scambio del periodo di vacanze
tra i figli di entrambi, che per coincidenza avevano la stessa età, mia
sorella Laura di 18 anni, la Rosaria
di 19, suo fratello di 13 ed io di 12.
Per tutti era una festa, per Rosaria e suo fratello occasione di venire
al mare, per Laura ed io di andarcene ai monti e soprattutto in gita in
Svizzera per gli acquisti di cioccolato e dadi da brodo che mia madre
riteneva essere molto più buoni che
quelli italiani.
Avevamo la fortuna che il Fagetti avesse una macelleria nel centro
di Chiavenna e che producesse una
bresaola da favola, nel solo scrivere
la parola mi ritorna in bocca il sapore e sento il profumo di quei pezzi
di carne aromatizzata, che ci davano per merenda.
Era occasione perché i due amici
si incontrassero e questo è stato per
parecchi anni, erano giorni sacri,
dove i due passavano pomeriggi in
loro solitudine o nei famosi Crotti,
incontri a cui raramente partecipavano sia i figli che le mogli.
Il Fagetti era un alpino e assieme
a Giovanni Battista si era fatto la famosa ritirata di Russia. Credo che
mio padre, compagnone per natura
e simpaticissimo, non abbia avuto
nei suoi 94 anni vissuti un più bel
rapporto intimo di fratellanza, oso
dire neppure con i suoi tanti fratelli.
Il ricordo, in questa retrospettiva, va alle volte che passeggiando o
frequentando qualche locale assieme, a Chiavenna o a Nervi, se incontravamo un alpino la prima cosa
che facevano era di presentare l’amico e di presentarlo come un
“compagno di Russia”. A seconda
dell’interlocutore e dell’attenzione
a loro rivolta, in poche parole e
sguardi si passava da stati d’animo
in netto contrasto; il sorriso si spegneva e non di rado gli occhi diventavano lucidi; Per noi sentire nominare persone, date, luoghi irripetibili come Nikolaiewka, Polsen,
Brennero, 8 settembre, era una noia
una perdita di tempo, ma quei volti,
quegli sguardi ci facevano capire
che qualcosa di triste era da associare a quelle parole.
Accadeva anche spesso che un
banale accadimento, il passaggio di
una cornacchia, un rumore li facesse iniziare a raccontare dei fatti per
noi insignificanti, ed iniziassero a
ridere sino alle lacrime…chissà a
cosa avesse fatto ripensare.
Ancora sino a pochi mesi fa, mio
padre,nella sua quotidianità, utilizzava due oggetti da cui credo non avrebbe mai voluto separarsi.
Sono una cintura di cuoio nera,
ormai lucida e consunta dagli anni
(per l’esattezza, 70) ma sempre utile
allo scopo e un cucchiaio di acciaio
Krupp il cui ovale è ridotto a due
terzi dall’uso quotidiano e dallo
sfregamento col piatto, sì perché da
settanta anni usava quello e non c’è
altra posata che lo sostituisse, così
come la cintura sembrava sostenere
non solo i calzoni, ma la sua intera
esistenza.
Devo dire che per anni non avevo fatto caso a questi due elementi,
mi sembrava che fossero di uso comune, finché un giorno, apparecchiando, avevo scambiato il cucchiaio.
Con un gesto di stizza si alzò e
subito sostituì la posata, ebbi la
sfrontataggine di dirgli che sempre
di un cucchiaio si trattava e lui folgorandomi con un’occhiataccia mi
disse che quello era il Suo cucchiaio.
Solo recentemente, con l’avanzare dell’età, fatto alquanto comune, le persone anziane, forse pensando che non avranno ancora molto tempo per le relazioni, tendono
ad aprirsi agli altri e in un momento
di confidenza mio padre mi comunicò che sia la cintura che il cucchiaio provenivano dalla steppa
russa.
Mi raccontò che durante la ritirata, incontrando alcune isbe, entravano per chiedere ai contadini russi
un po’ di pane o nella migliore delle
ipotesi una minestra calda che grazie ai buoni modi italiani di rapportarsi dei nostri soldati alcune volte
riuscivano ad ottenere.
In una serata di inizio 1943, già
in ritirata, entrò con due suoi compagni in una casa dove trovarono,
imboscati due soldati tedeschi a cui
sicuramente in quella notte , sono
venuti a mancare la cintura, il cucchiaio, probabilmente le scarpe e
spero solo questo, dato che altro
non sono venuto a sapere anche se
confido che per molto altro tempo
abbiano tenuto su i loro calzoni con
lo spago fornito in cambio da mio
padre e mangiato la minestra direttamente dal loro piatto.
Durante una riunione di alpini,
dei quali feci orgogliosamente parte anch’io, anche se ho partecipato
in tempo di pace nella Cadore a Belluno, in un racconto sulla ritirata
sentii dire da mio padre queste parole che mi sono rimaste stampate a
fuoco nella memoria:
“Era un inferno, il gelo era implacabile e animali e uomini costret-
29
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
NOTIZIE DAI SETTORI
ti a camminare di continuo. Se dagli
stenti crollava a terra un cavallo, dovevi subito usare la baionetta, per
staccarne le poche rimaste carni, altrimenti un minuto dopo sarebbe
stato impossibile tagliarle; ma spesso accadeva al tuo vicino di passo,
all’amico di tanti momenti condivisi
in quella tremenda avventura, allora il terrore ti prendeva, ti confidava
che non aveva più le forze per andare avanti, lo spronavi, gli ricordavi
dei genitori della ragazza a casa e se
con le ultime forze riusciva a continuare sino al riparo successivo lo avresti salvato, altrimenti solo un segno di croce potevi fare in vece di
saluto eterno, prima che il ghiaccio e
la neve lo seppellissero”.
Non ricordo i nomi delle persone con cui stesse parlando e mi sorprese per la crudezza del racconto.
Ma se chiudo gli occhi, riconosco le
facce delle persone presenti e…
quanta voglia avrei di chieder loro
se ricordassero quel racconto, pronto a scommettere tutto quello che
ho, che non una parola sarebbe stata persa nel ricordo di quell’incontro con quel” vecio”.
La battaglia finale per uscire
dalla sacca si svolse nella notte del
26 gennaio 1943, varie le testimo-
nianze del generale Reverberi di
molti scrittori e alpini reduci, quello
che so io di quella battaglia vissuta
da mio padre è nella motivazione
delle onorificenze a suo tempo conferitegli dallo Stato e successivamente consegnate dalla Sezione ANA di Genova su proposta del
Gruppo di Nervi.
Solo successivamente, nel 2011,
in occasione di una intervista del
Secolo XIX, ho letto, da una sua dichiarazione al giornalista, che si era
tenuto una bomba a mano tedesca,
quella con il manico di legno, per
farsi saltare in aria se fosse stato ferito o catturato.
E’ stato un pugno nello stomaco,
ma la grande delusione è stata che
mai prima di allora me ne avesse
accennato.
Se i fatti di quel pezzo di vita
strappatogli fossero finiti lì, già
molto materiale poteva essere usato
per costruirci un vero romanzo o
addirittura un film, che probabilmente non avrebbe fatto cassetta,
ma il destino ha voluto ancora metterlo alla prova e dopo l’8 settembre
al rientro in Italia al Brennero fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Austria in un campo di lavoro per militari.
Di quel periodo, durato sino alla
liberazione da parte degli americani, mi ha solo accennato alla fame
patita, al cercare di imboscarsi qualche buccia di patata, ai calci e botte
presi, che al ritorno a casa sono stati
presto dimenticati.
Il ricordo tangibile, che ancora
possiede, è il suo libretto di lavoro
“Arbeiter n. 876546…” del campo
di Polsen.
Se da un lato non mi capacito
per non essere riuscito a far emergere tutte le sofferenze patite da mio
padre per aiutarlo a portare il suo
pesante fardello, dall’altro gli sono
fortemente riconoscente di non aver
fatto pesare alla sua famiglia ed ai
suoi tanti amici questo suo vissuto,
che grazie alla forza immensa del
suo buon carattere, o forse solo per
pudore ci ha voluto risparmiare,
per proteggerci dal male.
Gli sono grato infinitamente del
suo amore e mi auguro che gli siano
grati tutti gli Italiani della mia generazione (oggi sessantenni) perché
con i suoi 5 anni spesi della giovinezza ha contribuito a farne una
migliore per noi.
Gianfranco Salvi
Gruppo Genova Nervi
SETTORE STURA PONENTE - GRUPPO DI MASONE
ENCOMIO SOLENNE
S
abato 05/12/2015, nella
Sala Consiliare del Comune di Masone, l’Amministrazione Comunale di
Masone, certa di interpretare il pensiero dell’intera cittadinanza, ha espresso al
Gruppo Alpini di Masone
un doveroso ringraziamento per il loro instancabile
contributo al paese.
Nel corso della cerimonia il Sindaco, Enrico Piccardo, ha conferito al Gruppo un encomio solenne,
consistente in attestato e
medaglia, consegnata al Capogruppo Piero Macciò, che
l’ha posta al collo del Vice
Salvatore Bruzzone.
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
30
NOTIZIE DAI SETTORI
Bellissima e toccante cerimonia,
al limite della commozione, cui
hanno preso parte la Prof. Virginia
Pastorino, che ha incantato i presenti con un’appassionante ricostruzione storica sulla storia degli Alpini,
presente l’amministrazione comunale al completo, il Presidente della
Sezione di Genova, Piero Firpo, il
Vice, Saverio Tripodi, i rappresentanti delle Associazioni locali, un
gruppo di bambini in età scolare, ed
un rappresentante della Gigi Ghirotti, Associazione che si dedica all’assistenza dei malati terminali,
con la quale il Gruppo Alpini di
Masone collabora da diversi anni.
Al termine i ringraziamenti di
rito e tutti in piedi a cantare in coro
l’Inno Nazionale.
SETTORE STURA PONENTE - GRUPPO DI SESTRI PONENTE
OBLAZIONE ALLA “GIGI GHIROTTI”
V
enerdì 11 Dicembre
2015 presso la sede del
Gruppo di Sestri Ponente alla presenza dei capigruppo e
del coordinatore Tripodi del
Settore Ponente è stata consegnata al Prof. F.Enriquet
dell’’Associazione Gigi Ghirotti una oblazione di Euro
2.000,00 ricavata dal 9° Raduno del Settore Ponente
svoltosi a Sestri Ponente il
19-20 Settembre 2015
SETTORE STURLA AVETO - GRUPPO DI SOPRALACROCE
ASSEMBLEA DEL GRUPPO
D
omenica 31 gennaio 2016 il
Gruppo Alpini di Sopralacroce si è ritrovato per l’annuale assemblea.
Davanti ai Monumenti dei caduti sono stati posti dei fiori in loro
memoria, Don Onesphore ha celebrato la Santa Messa in suffragio di
tutti gli Alpini “andati avanti”.
Presso la Sede, in un clima di
fraterna amicizia, è stato consumato
il pranzo e nel pomeriggio si è svolta l’assemblea e il tesserarnento.
31
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI CARASCO
MEMORIE DI GUERRA DEL “VECIO ANDREA”
V
ittorio Andrea Briasco nato il
17/12/1919 a Carasco (GE),
“Andrea” come gli piace essere
chiamato, è l’ultimo reduce del
Gruppo di Carasco e tra i più anziani soci iscritti al Gruppo stesso.
Da tempo afflitto da problemi
di salute legati alla vecchiaia, ma
dotato di grande memoria, oltreché di un buon carattere, in occasione di alcune visite da parte del
sottoscritto nei vari luoghi di degenza, ha manifestato il desiderio
di rendere parteci tutti gli amici alpini dei suoi ricordi di guerra ancora così vividi e chiari. “Venni giudicato abile ed arruolato ed inviato
a Mondovì il 17 Marzo del 1940,
preso in carico dal Btg.Valle Arroscia, con la qualifica di conducente
muli, battaglione che poi all’inizio
del conflitto, il successivo 10 giugno 1940, unitamente ai Btg. Val
Tagliamento, Btg. Val Fella, Btg Val
Natisone ed al Gruppo Art.Val Tagliamento, andrà a formare il 1°
Gruppo Alpini Valle con il motto
“Sarin simpri chei” (siamo sempre
quelli).
Nel periodo che va dall’inizio
del conflitto all’ottobre 1940 quando il Btg.Valle Arroscia venne disciolto, il nostro Andrea ebbe modo di vedere ed avere a che fare con
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
32
il mitico Cappellano Padre Generoso da Pontedecimo che il 1° Dicembre 1940 nel proprio diario annoterà “lascio l’ultimo saluto, l’ultimo ricordo ai miei alpini del
Btg.Valle Arroscia, appartenenti ora alla colonna salmerie del 1° Alpini”.
Esercitazioni, marce fino a
Maggio quando Andrea contrae il
morbillo e viene ricoverato all’Ospedale militare e dimesso il 24
giugno, due settimane dopo l’intervento del suo Gruppo nel breve
conflitto Italo-francese.
Raggiungerà il proprio reparto
al Forte di Fenestrelle e successivamente sarà acquartierato fino ai
primi di Settembre in Val Gesso, di
presidio ai valichi ex francesi ed ora in mani italiane. Andrea sarà accampato a Beinette, Rocca dei Bardi e Crava, impegnato in frequenti
esercitazioni dal settembre fino ai
primi di novembre del 1940 quando all’improvviso tutto il 1° Gruppo Alpini Valle, alpini e quadrupedi, è caricato sulle tradotte con destinazione Tarcento, Friuli Venezia
Giulia.
Da Tarcento il reparto si porta a
Ramanzacco ove è aggregato all’8°
Rgt. Alpini della divisione Julia; lì
vengono richiesti ventiquattro con-
ducenti volontari per costituire una sezione di Sanità alpina, la
XII.ma per l’esattezza, ed Andrea si
offre volontario.
In data 13 novembre una lunga
tradotta parte per Brindisi ove tra
un bombardamento e l’altro si attende circa due settimane la nave
che trasporti il reparto in Albania.
Finalmente nella notte del 4 dicembre la nave ‘Viminale’ di Genova, dopo le lunghe operazioni
d’imbarco, in specie dei quadrupedi, parte alla volta di Valona ove
giunge il 5 dicembre del 1940; dopo
le operazioni di sbarco attendamento sotto gli ulivi per qualche
giorno e poi colonna pronta, si parte per Berati e poi passando per
Fieri verso il fronte.
Il 24 dicembre in zona di guerra
incontra Pino Costa, conducente
muli compaesano di Carasco la cui
foto, nell’atto di aiutare il suo mulo
ad uscire dal fango, sarà immortalata da numerose istantanee scattate dal fotografo ufficiale della Cuneense, Vittorio Bulla di Moneglia
a cui oggi è intitolata la Sede locale
del Gruppo cittadino.
Al fronte le salmerie della sezione di Sanità provvedevano alle
incombenze della sepoltura di decine di Caduti al giorno ed a turno
portavano in prima linea viveri e
munizioni.
Il fronte, in movimento, nel
gennaio 1941 indietreggia fino alle
vicinanze di Berati ed in tale zona
ci si acquartiera in riposo per alcune settimane.
A febbraio ci si muove verso
Vermici e Bratai in prossimità del
fronte ove la sezione effettua servizio trasporto munizioni in linea.
In marzo il fronte è stabile.
La Grecia si arrende il 22 aprile
41, dopo l’intervento dell’alleato
germanico, il reparto di Andrea si
dirige a piedi-eufemisticamente la
burocrazia militare usava l’espressione ‘per via ordinaria’- a Scutari
ove poi rimarrà di servizio di presidio per circa tre mesi.
Nel Giugno 1941 la Tridentina
NOTIZIE DAI SETTORI
rimpatria “e tutti noi,” dice
Andrea, “eravamo in trepidazione per l’agognato e sperato rientro in patria”, ma il 20
luglio del 1941 scoppia, violentissima, la rivolta in Montenegro che assumerà per le
nostre truppe i connotati di una vera e propria guerriglia
urbana. Il reparto salmerie
della sezione di Sanità di Andrea viene aggregato alla
quinta divisione alpina Pusteria che riceve l’ordine di
partire per il Montenegro e si
dirige verso Pec e Pristina,
successivamente Podgorica, e
si iniziano estenuanti turni di
rastrellamento e di posti di
blocco, per alcuni mesi, sempre in massima allerta, perchè la guerra partigiana si rivela subito insidiosa e cruenta; vi è l’ordine tassativo di
muoversi solo in gruppo e
bene armati.
In questo periodo, ottobre
1941, nella zona di Podgorica,
si ricorda tralaltro l’orribile
uccisione di un plotone di camicie
nere disperso da giorni.
Il reparto si sposta a Danilograd nella cosiddetta zona della
“Valle Zeta”, con forti presenze di
partigiani titini.
Andrea racconta un episodio
accorso ad un suo commilitone,
Antonio, il quale attirato da una
bella ragazza nella sua abitazione
si rende conto di essere caduto in
un tranello, scoprendo il cadavere
di un soldato italiano occultato sotto il letto; riesce ad allertare una
ronda italiana che fortunatamente
passava dalla via; la famiglia viene
arrestata e successivamente passata per le armi.
Andrea conserva ancora un documento del comando della Divisione Pusteria, dal titolo “Non dimenticare diffida” ove si legge: ”Ti
dicono che sei “bono”? Ti offrono da
bere e da mangiare? Ti sorridono? Ti
allettano? Le femmine ti tentano e ti
invitano..? Apri l’occhio e diffida! Bono sì ma non fesso! Diffida sempre e
delle femmine diffida il doppio! Nella
tua patria lontana hai la casa, il campo, l’officina, non dimenticare mai!
Pazienta, là v’è una donna del tuo
cuore, madre, moglie, fidanzata, sorella, vi sono i bimbi del tuo amore, tutti
incessantemente pregano per il tuo ritorno e ti attendono come partisti,
NON DIMENTICARE! DIFFIDA
SEMPRE! “
Riguardo l’argomento delle
femmine ammaliatrici nella zona
di Pristina venne catturata una seducente diciottenne, appartenente
alle milizie titine, la quale, venne
accertato ufficialmente, aveva attirato con l’inganno, nel volgere di
pochi mesi, data la sua non comune avvenenza, ben sette alpini i cui
corpi senza vita ed oltraggiati erano stati poi rinvenuti celati in un
fienile in prossimità dell’abitazione
della procace assassina, arrestata
ed immediatamente giustiziata
grazie alle indicazioni di un ottavo
alpino che era riuscito miracolosamente a fuggire dalla trappola in
cui era caduto.
Il reparto si portò poi da novembre 1941 alla primavera del
1942 a Nics e Sciabenic ove continuarono con estrema violenza gli
episodi di guerriglia e contro guerriglia.
Andrea ancora seguente fatto di cui fu testimone: una vecchietta vestita di nero era solita
passare tutti i giorni, con una
bottiglia vuota di latte in mano,
a una certa distanza dalle tende
dell’acquartieramento alpino,
per recarsi a riempirla presso una vicina stalla e nel passare salutava, da distante, tutti gli alpini. Ma un giorno la vecchietta
anziché transitare all’esterno
dell’accampamento, inspiegabilmente, si diresse diritta verso
le tende sorridendo quando
un’esplosione la fece saltare in
aria.
Fortunatamente nessun alpino rimase ferito, se non lievemente, lo stesso Andrea se la
cavò con escoriazioni superficiali. La bonaria ed insospettabile vecchietta, sicuramente
con l’intenzione di uccidere, aveva con sé una bomba a mano
che per fortuna era esplosa in
anticipo, probabilmente poiché
con sicura incautamente già rimossa.
Nella superficialità dell’opinione pubblica, talora distratta, un alpino che non ha “fatto” la Russia è
uno che ha fatto ben poco ma Andrea che ha vissuto per ben un anno intero gli orrori della guerriglia
più spietata e disumana del Montenegro, non augura a nessun altro
alpino quella terribile esperienza
fatta di furtivi assalti notturni da
parte di ombre sfuggenti.
Finalmente una licenza nel
Giugno 1942. In camion Andrea si
reca a Podgorica, comando tappa,
e poi a Cattaro ove attende 15 giorni la nave Viminale che lo trasporterà a Bari, alla metà di Luglio, con
successivo periodo di due settimane di ricovero al Policlinico cittadino.
Su una tradotta militare Andrea,
da Bari giunge a Chiavari e rientra a
casa per la meritata licenza.
A settembre a termine licenza,
riparte per Udine, destinazione
Comando 8° reggimento Alpini,da
cui viene inviato in Valle d’Aosta
ed esattamente a Chatillon, che il
regime aveva ribattezzato “Castiglione d’Ora”, ove aveva posto il
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
NOTIZIE DAI SETTORI
ma
comando al XII sezione di Sanità
alpina.
Riparte per la Francia e ci si dirige a Grenoble ove, siamo a novembre del 1942, il reparto rimarrà
quaranta giorni con compiti di presidio.
Nel dicembre successivo il reparto ritorna in Italia, ad Acqui
Terme, ove fa vita di presidio ed effettua esercitazioni fino 20 luglio
del 1943 quando, improvviso,
giunge l’ordine di partire per Cividale del Friuli. (Nel frattempo Andrea, nel periodo di Acqui, nel febbraio 1943 si era sposato per procura e dopo 15 giorni poi il matrimonio religioso effettivo).
Da Cividale del Friuli il reparto,
a piedi, si dirige a Povoletto ove ri-
mane fino all’armistizio con compiti di guardie ed istruzione.
Dopo l’armistizio Andrea e
quattro altri liguri sfuggono ai tedeschi che nel frattempo stavano
disarmando gli italiani per mandare in Germania coloro che non si
schieravano al loro fianco. Lui e gli
altri “si imboscano” nella zona di
Ramanzacco, fino al dicembre 43,
rifugiandosi presso casolari e cascine ove effettuavano lavori saltuari
per sostentarsi e poi decidono di
tentare di rientrare in Liguria in
treno, ma dei cinque in fuga solo
Andrea, nascondendosi acrobaticamente nella sommità di una toilette, riuscirà ad eludere i controlli
dei posti di blocco tedeschi che alla
stazione di Voghera catturano gli
altri quattro e li inviano in prigionia in Germania. Giunto avventurosamente a casa a Carasco finalmente la fortuna gira, una volta
tanto, dalla sua parte e tramite un
parente e delle buone conoscenze
riesce ad avere documenti nuovi
ed un impiego stabile fino al termine del conflitto presso l’Impresa
Piacentini che collaborava con
l’Organizzazione TODT.
Auguri di tanti anni ancora
con noi al nostro Vecio del ‘19, decorato di Croce al Merito di Guerra, e che le sue terribili esperienze
siano di monito alle nuove generazioni ad evitare sempre ogni tipo di conflitto.
VALTER LAZZARI
SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI RAPALLO
SESSANTESIMO ANNIVERSARIO DEL GRUPPO
“C
ome sempre, per sempre, per
tutti” recitava lo striscione
che domenica 25 ottobre 2015, a
conclusione di tre memorabili giornate, tra due ali plaudenti di folla,
ha accompagnato per le vie del centro le centinaia di penne nere accorse da tutta la Liguria per festeggiare i 60 anni dalla fondazione del
Gruppo Alpini di Rapallo, voluto
dell’indimenticabile Generale Remigio Vigliero ed al giorno d’oggi
egregiamente capeggiato da Dante
Radici, aiutato da molti validissimi
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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collaboratori.
Il folto corteo, preceduto da un
plotone di figuranti in uniforme storica del 1915-18, si è snodato dall’Auditorium delle Clarisse per il
bel lungomare, Fanfara di Mondovì
in testa e reduci di guerra su camionetta militare, fino al monumento
cittadino ai Caduti per la resa degli
onori e la deposizione di una corona
di fiori al monumento, per poi continuare per le vie cittadine fino alla
centrale Parrocchia dei Santi Gervaso e Protaso ove è stata celebrata la
S. Messa a suffragio di tutti i Caduti
di ogni Arma e specialità e di ogni
guerra alla presenza delle principali
Autorità Cittadine e rappresentanze
d’Arma; solo per gli Alpini erano
presenti due Vessilli Sezionali e sedici Gagliardetti di Gruppi, anche di
altre Sezioni.
Una tre giorni di festa tra obiettivi raggiunti e nuove cime da conquistare, anche e soprattutto nel ricordo
degli alpini ”andati avanti” di quei
“protagonisti silenziosi della storia,”
come hanno ricordato Mons. Lelio
NOTIZIE DAI SETTORI
Rovetta ed il Cappellano
del Gruppo Filodemo Apollinaire, i quali hanno
dato la loro vita per la libertà, “un bene preziosissimo che molti giovani,
oggi, non apprezzano come dovrebbero, ritenendolo spesso un qualcosa di
scontato e dovuto”.
Al termine della santa
Messa, sulla piazzetta del
sagrato adiacente la parrocchia si sono avvicendati nei discorsi di rito il
Vice Sindaco cittadino,
Pier Giorgio Brigati, anch’egli penna nera, il quale ha sottolineato
l’importanza della presenza degli
Alpini a Rapallo con l’assidua partecipazione a manifestazioni sportive ed eventi pubblici, ma
ancor più con l’immane opera di recupero e ristrutturazione compiuta al
“Rifugio Margherita”, sul
monte Pegge, tornato ad
essere, sotto la gestione
degli alpini, un punto di
riferimento ed un sicuro
riparo per tutti gli escursionisti.
Il sottoscritto Consigliere sezionale e coordinatore del Settore Tigullio
comprendente il Gruppo
di Rapallo, ha avuto l’onore, in rappresentanza
sezionale, di rimarcare l’insostituibile opera del Gruppo di Rapallo il
quale, fortemente coeso e storicamente ben inserito nel tessuto sociale cittadino, espleta un costante
impegno nel campo della protezione civile e della solidarietà, sia come supporto ad associazioni benefiche del territorio che alle scolaresche, anche in termini di attività didattiche finalizzate alla difesa e tutela dell’ambiente.
Nelle due giornate precedenti, il
venerdì 23 ottobre, presso il Teatro
Auditorium delle Clarisse, al mattino, a beneficio delle scolaresche cittadine, ed alla sera, a beneficio del
pubblico, si sono svolte proiezioni
sul dramma dei soldati nella Campagna di Russia 1942-1943 con la
straordinaria testimonianza di un
alpino dell’A.R.M.I.R., proiezioni a
cura di un suo nipote, G.P. Pucciarelli, che si recherà in Russia alla disperata ricerca della tomba del congiunto nello sconfinato universo
delle attuali Repubbliche ex sovieti-
“bis” per i canti più noti e toccanti.
La manifestazione s’è conclusa
quindi al “campo Base” di piazzale
Escrivà, ove molti rapallesi hanno
voluto unirsi alle tavolate degli alpi-
che, allora sedi di sperduti campi di
prigionia.
Nell’intermezzo delle varie
proiezioni, il sottoscritto, appassionato di storia, ha succintamente rievocato i fatti più tragici della Grande Guerra, in occasione del Centenario 1915/1918, e successivamente
lo scrittore Pier Paolo Cervone, autore di numerose pubblicazioni sulla Grande Guerra, ha presentato
brevemente il suo ultimo libro “L’Italia in Guerra, da Sarajevo al Patto
di Londra”.
Sabato 24 ottobre alle ore
20.45,presso l’Auditorium si è svolta una bella rassegna di canti alpini
eseguiti dai cori “Voci d’Alpe” di
Santa Margherita Ligure e “Monte
Zerbion” di S.Olcese; grande la
commozione e l’apprezzamento del
pubblico, con reiterate richieste di
ni per consumare assieme il rancio
alpino e dimostrare così lo storico
affetto che la città nutre verso le
penne nere.
35
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
NOTIZIE DAI SETTORI
Al termine del rancio, si ha avuto luogo la consegna del distintivo
d’argento ai soci venticinquennali
del Gruppo, Mario Boni, Tiziano
Condomo e Mario Valentino, e di
quello d’oro al socio cinquantennale, Avvocato Angelo Canessa.
Inoltre, ai reduci di guerra Agostino Arata, classe 1919, detto “Gustin”, Guido Pilato ed Antonio Tolaini è stata consegnata una targa
commemorativa; una eguale targa
commemorativa è stata consegnata
anche al Generale di Divisione degli
Alpini, Modesto Marchio, classe
1922, socio del Gruppo di Chiavari,
reduce con due ferite di guerra e tre
croci al merito, già comandante del
Battaglione Belluno nel 1963, all’epoca del disastro del Vajont.
Complimenti a tutti gli amici alpini rapallesi, che con il loro fattivo
operato danno senz’altro lustro al
cappello alpino che tutti noi ci sforziamo di portare sempre con onore!
SETTORE VALLESCRIVIA GRUPPO DI RONCO SCRIVIA
INAUGURAZIONE NUOVA SEDE
I
n occasione delle feste natalizie il Gruppo Alpini di Ronco Scrivia ha
realizzato, in prossimità della nuova sede inaugurata il 2 Giugno 2015,
la rappresentazione della Natività con un caloroso apprezzamento da
parte della comunità locale.
VALTER LAZZARI
SETTORE VALPETRONIO - GRUPPO DI CASARZA LIGURE
I CENTO ANNI DI GINO DE PAOLI
I
l socio Gino De Paoli ha raggiunto il traguardo del secolo di età : è nato il 16 novembre 1915 a Valletti, nel
comune di Varese Ligure.
Arruolato nel maggio 1937 nel 1° rgt Alpini a Mondovì, congedato nel settembre 1938, richiamato nel 1939.
Nel 1940 partecipa alle operazioni sul fronte occidentale, poi viene trasferito alla Divisione Julia sul fronte Greco-albanese. Prigioniero nel gennaio 1941, liberato
a Sparta dalle truppe tedesche nel maggio dello stesso
anno.
Mobilitato per la campagna di Russia nel 1942, evita
la partenza grazie all’impiego come minatore sul Monte
Porcile, fino all’8 settembre 1943.
Tanti auguri, Vecio !
SETTORE VALPETRONIO - GRUPPO DI SESTRI LEVANTE
GLI ALPINI PER LA CASA DI RIPOSO
U
n’altra Domenica piena di dolci emozioni. Il 6 Dicembre
scorso abbiamo aggiunto al nostro
carnet di iniziative una “giornata al
servizio del sorriso” per gli altri.
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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Coloro che il sorriso hanno perduto
a causa della sofferenza fisica e per
povertà. Come nell’Ottobre del
2012 abbiamo voluto regalare un
pomeriggio insieme agli anziani o-
spiti della Casa di Riposo “Le 2
palme” di Sestri Levante. Allora
vennero a dar voce al concerto gli
amici del Coro ANA “Voci d’Alpe”
del gruppo di S.Margherita Ligure
NOTIZIE DAI SETTORI
e fu un gran bel successo. I canti alpini e della montagna diedero emozioni forti e chiusero il repertorio con “ma se ghe penso” molto
applaudito. Prima di lasciare la Casa di Riposo promettemmo ai responsabili della stessa che saremmo ritornati visto il toccante successo e così è stato; questa volta
però, forti dell’amicizia dei “Giovani Canterini di Sant’Olcese” abbiamo, o meglio, hanno omaggiato
tutti i presentidi un buon numero
di canti popolari genovesi. In sala
si sono alternati i “trallalleri” e la
lettura di poesie recitate da “nonno
Bruno”, Bruno Minardi ottantatreenne poeta “caruggé” genovese
di nascita e di Avegno per scelta di
vita.
E’ stato molto bello vedere molti
“occhi spenti” dal dolore e dal peso
degli anni ravvivarsi, labbra muovere al canto e al sorriso. Il capogruppo, vista la gradita presenza
dell’inossidabile e sempre attivo
Consigliere Sezionale 1° Capitano
degli Alpini e amico Valter Lazzari
lo ha pregato di dare chiusura del-
l’incontro recitando la “Preghiera
dell’Alpino”.
Una abbondante “merenda”
gentilmente offerta e allestita dal
personale ha preceduto il nostro
commiato e, dopo uno scambio di
doni un arrivederci “alpino”.
A cena ci siamo ritrovati al “rancio alpino” in sede e con gli ospiti
“canterini” capeggiati dagli amici
Paolo e Giuse che, non ancora stanchi, ci hanno allietati con altri bei
“tralalleri” fino a tardi. Da porre nel
dovuto rilievo l’opera prestata dal
nostro alpino Giovanni “Franco”
De Vincenzi che nella giornata stessa, per gli “altri” ha dedicato la sua
abilità dalle 7 alle 14 e oltre per confezionare il pranzo per i poveri organizzato e donato da una Associazione che ha Sede presso l’Opera
Madonnina del Grappa. Il resto della giornata per il rancio alpino in sede. Grazie Franco!
Vittorio Rino Biggi
SETTORE VALPOLCEVERA - GRUPPO DI BOLZANETO
COMMEMORAZIONE CADUTI DELLA GRANDE GUERRA
S
ignificativa per il numero dei
partecipanti la presenza degli
Alpini del Gruppo di Bolzaneto alla
manifestazione, organizzata dalla
locale sezione dell’ Associazione
Nazionale Combattenti e Reduci
“Nervesa” tenutasi a Bolzaneto domenica 8 novembre relativa alla ri-
correnza del 4 novembre (Anniversario della Vittoria e giornata delle
FF.AA).
Bolza Group
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE VALPOLCEVERA - GRUPPO DI BOLZANETO
MURTA, 6 NOVEMBRE 2015 - ALPINI & ALUNNI
Alpini e Alunni
Alzabandiera
Monumento
C
ommemorazione dei Caduti
della Grande Guerra, con deposizione di corona di alloro al Monumento ai Caduti della Grande
Guerra a Murta (opera dello scultore E. Paggiani, primo ad essere inaugurato in Liguria nel 1922) da
parte degli Alpini di Bolzaneto e degli alunni della classe 5a delle scuole elementari Doge Giovanni di
Murta.
Bolza Group
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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Saluto
I
SCARPONCINI
BARGAGLI – Elide, figlia del
socio Gian Luca Calautti.
CARASCO – Simone, figlio del
socio Roberto Lertora.
CARASCO – Vera e Aurora, bisnipotine del socio Giacomo
Cervini.
CROCEFIESCHI – Greta, nipote del socio Alberto Federigi.
FAVALE DI MALVARO - Vittoria,
nipote del socio Gianfranco
Mangini.
FAVALE DI MALVARO - Anita,
figlia del socio Enrico Crino e
nipote del Capogruppo Dario
Crino.
GENOVA CENTRO-BORZONASCA
Mattia, nipote del socio
Pietro Firpo (Presidente
sezionale) e del socio del
Gruppo
di
Borzonasca
Giuseppino Maschio.
MASONE - Andrea figlio del
Socio Piergiacomo Pirlo.
PIEVE LIGURE SORI – Matteo,
nipote del socio Luigi Olcese.
PIEVE LIGURE SORI –
Francesco, figlio del socio
Roberto Olcese.
REZZOAGLIO – Mattia, nipote
dei soci Gino (nonno) e
Serena (zia).
SAN COLOMBANO CERTENOLI
Zoe
nipote
del
Socio
Francesco Raggio.
SANTA
MARGHERITA
–
Lucrezia, nipote del socio
Enzo Neirotti (nonno).
SANTA
MARGHERITA
–
Gregorio, nipote del socio
Gianni Cecotto (nonno).
SANTO STEFANO D’AVETO –
Myiam, nipote del socio
Giovan Battista (Pino) Tosi
(nonno).
VALVERDE – Davide Paraboschi,
nipote del socio Stefano
Rebora.
VALVERDE – Annamaura, figlia
dell’amica degli alpini Lara
Rotondo, nipote dei soci
Mario Rotondo (nonno) e
Claudio Rotondo (zio).
*****
Ai genitori i più vivi rallegramenti e gli affettuosi auguri da
parte della famiglia alpina.
*****
ALPINIFICI
BORZONASCA - la gentile
signorina Manuela Boni, figlia
del socio Bruno Boni, col
Signor Danilo Formaggia.
MEZZANEGO - la gentile
signorina Roberta Ginocchio,
figlia del socio Giovanni e
nipote del socio Giuseppe
Ginocchio con il signor
Guglielmo Dal Fiume. SANTO STEFANO D’AVETO – il
socio Lorenzo Arado, con la
gentile signorina Margherita
Tassi.
*****
Da tutti gli alpini auguri di
tanta felicità ai novelli sposi e
tanti bocia.
*****
LUTTI
SOCI
BARGAGLI
–
il
socio
Gianfranco Panasidi.
BOLZANETO - il socio fondatore del Gruppo, Nicolò
Benvenuto, classe 1925.
BORZONASCA - il socio Gino
Maschio, fratello del Socio
Giuseppino Maschio.
CARASCO – il socio Gino
Podestà, classe 1945.
CASTIGLIONE CHIAVARESE - il
socio
aggregato
Albino
Chioino.
CICAGNA – il socio capo gruppo Stefano Cavagnaro, classe
1936.
COGOLETO - il socio Corrado
Cavallero, classe 1947, tesoriere del gruppo.
LAVAGNA – il socio amico
degli alpini Rino Poletto
(“Ammiraglio”).
MASONE – il socio Adriano
Pastorino classe 1932.
MASONE – il socio Giovanni
Ottonello, classe 1942.
MEZZANEGO – il socio Pietro
Mario Boero, classe 1917.
NE – il socio Bruno Garibaldi,
vicecapogruppo.
NE – il socio Giacomo
Podestà.
PIEVE LIGURE SORI – il socio
Franco Podestà.
RONCO SCRIVIA – il socio
Alessandro Tavella, fratello
dei
soci
Francesco,
Giancarlo, Giacomo e zio del
socio Luigi Tavella .
RONCO SCRIVIA – la socia
amica degli alpini Maria
Vittoria Ansaldi, vedova del
socio Severino Parodi.
SAVIGNONE – il socio Silvio
N
F
Dacà, classe 1937.
SESTRI LEVANTE – il socio
Giuliano Corradi, classe
1927.
SOPRALACROCE – il socio
Luigi Longinotti, classe 1948.
*****
FAMIGLIARI
ALTAVALFONTANABUONA – la
signora Luisa Musante, zia
del socio Franco Pastorino.
ALTAVALFONTANABUONA - la
signora Chiara Gardella, di
102 anni, suocera del socio
Franco Montaldo.
ALTAVALPOLCEVERA – il
signor Gianni Rivera, fratello
del Socio Angelo Rivera.
ALTAVAPOLCEVERA
la
mamma del socio Giorgio
Repetto.
BARGAGLI – la signora Luisa
Cevasco, moglie del socio
Otello Magnoler e sorella del
socio Carletto Cevasco.
BORZONASCA – la signora
Maria Solimano, cugina
dell’Alpino Franco Solimano
decorato con M.O.V.M. nella II
G.M.
CARASCO – il padre del socio
Anselmo Cella.
CARASCO - la zia del socio
Antonio Costa.
CARASCO – il suocero del
socio Piero Lavezzolo.
CASARZA LIGURE – la signora
Marisa Vattuone, sorella del
socio Franco Vattuone.
CHIAVARI – la signora Vittoria
Descalsi, centenaria, suocera
del socio Luciano Marrubio.
CHIAVARI – la signora Rita
Filippone, vedova del socio
Lucchetti.
FAVALE DI MALVARO – il
signor Michele Bafico, zio del
socio Mauro Foppiano.
FAVALE DI MALVARO – il
signor Rinaldo De Benedetti,
zio della socia aggregata
Raffaella De Benedetti.
ISOLA DEL CANTONE – la
signora Alice Persano, suocera del socio Luciano Persano.
LAVAGNA - la signora Giulia
Salamida madre del socio
Giuseppe Sanguineti.
LAVAGNA – La signora Guida
Vanda Ghizzoni, suocera del
socio Emanuele Soncini.
LAVAGNA - La signora
Alfonsina Macchiavelli vedova
Baratta mamma del socio
A
M
I
G
L
I
A
Francesco Baratta.
LORSICA – la signora Alma
Demartini, suocera del socio
Guido Demartini.
PIEVE LIGURE SORI – la
signora Maria Solimano, cugiFranco
dell’alpino
na
Solimano (M.O.V.M.) e madrina del gruppo.
RAPALLO - la signora Elena
Luciano suocera del socio
Mino Figari.
REZZOAGLIO – il signor
Giuseppe Cuneo, fratello del
capogruppo Armando Cuneo.
RIVAROLO – la signora Carla,
moglie del socio Emilio
Benevolo.
RONCO SCRIVIA – il signor
Stefano Guglielmino, fratello
del socio Luigi Guglielmino.
SANTA MARGHERITA - il signor
Mario Viano, suocero del
socio Mario Orecchia.
SANTO STEFANO D’AVETO – il
Antonio
signor
Campomenosi, suocero del
socio Paolo Pareti.
SANTO STEFANO D’AVETO –
la signora Giuseppina Cella,
madre del socio Paolo
Monteverde.
SANTO STEFANO D’AVETO –
la signora Maria Fugazzi, zia
del socio Marino Lusardi.
SANTO STEFANO D’AVETO – il
signor Maurizio Rezzoagli,
cugino dei soci Giampaolo
Cristoforo
e
Rossi
Campomenosi, e cognato del
socio Giuseppe Cella.
SANTO STEFANO D’AVETO –
la signora Lidia Mazza, zia del
socio Claudio Guardincerri.
SANTO STEFANO D’AVETO –
la signora Giulia Mazza, zia
del socio Antonio Bassa.
SERRA RICCO’ – Il signor
Magno Testa, suocero del
socio Vittorio Martignone.
SERRA RICCO’ – il signor
Otello Gori, padre del socio
Giorgio Gori.
SERRA RICCO’ – il signor
Vittorio Cassissa, fratello del
socio Emilio Cassissa.
SESTRI LEVANTE – il signor
Giovanni Sivori, fratello del
socio Albino Sivori.
SESTRI LEVANTE la signora
Amelia Lapi, sorella del socio
Arturo Lapi.
SESTRI LEVANTE – il signor
Jean Oneto, cognato del socio
Edoardo Vaccheri.
TORRIGLIA – la signora
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
I N
F A M I G L I A
Battistina Neri, madre del
socio marcello Sciutto e
cognata del Socio Zeno
Baccarani.
VALVERDE - La Signora
Giovanna Tola suocera del
Socio Battistino Rebora.
****
A tutti i famigliari l’espressione
del più vivo cordoglio da parte
delle penne nere genovesi.
*****
NOZZE D’ORO (50 anni)
BUSALLA – Il socio Arrigo
Sabbi, classe 1928 con la
gentile consorte signora Rita
Cavo, classe 1927.
FAVALE DI MALVARO - Il socio
Guido Mazza con la gentile
consorte signora Adriana
Giannini.
SAN COLOMBANO CERTENOLI
– il socio Giancarlo Podestà
con la gentile consorte signora Graziella.
SANTO STEFANO D’AVETO – il
socio Olivo Cella, capogruppo
benemerito con la gentile consorte signora Maria Teresa
Campomenosi.
SESTRI LEVANTE – il socio
Italo Nando Maggi con la gentile consorte signora Dorina
Acquistapace.
*****
Agli sposi le nostre sincere
congratulazioni
*****
CENTENARI
NERVI – la signora Natalina
Agnetti, 105 anni.
Auguri nonna
CASARZA LIGURE – il socio
Gino De Paoli, classe 1915,
100 anni
Auguri Vecio
*****
LAUREE
La
signorina
Emanuela
Banchero, figlia del socio
Enrico Banchero, si è laureata
in
Scienze
Umane
dell’Ambiente, del Territorio e
del Paesaggio.
Congratulazioni, Dottoressa
*****
La signorina Romina Mognol,
figlia del socio Agostino
Mognol, si è laureata in
Disciplina dell’Arte della
Musica e dello Spettacolo
(Drammaturgia e Regia Lirica)
Congratulazioni, Dottoressa
*****
La signorina Erica Giraldi,
nipote del Socio del Gruppo
Monte Federico Pastoris, si è
laureata in medicina presso
l’Università Case Western di
Cleveland (USA).
Congratulazioni, Dottoressa.
MEDAGLIE
L’ ingeniere Cinzia Noziglia,
figlia del Caporuppo di Zoagli,
Michele Noziglia, ha conquistato ben quattro medaglie
(un oro e tre argenti) ai mondiali di tiro con l’arco a Terni
.
*****
Congratulazioni Campionessa
GRUPPO DI CAMPOLIGURE
CRISTINO PASTORINO
Nota del Direttore: questa lettera è così bella che la
pubblichiamo integralmente.
Gentile redazione, sono la figlia di Cristino Pastorino, un alpino orgoglioso di esserlo, da sempre. Partecipa alle
manifestazioni, alle adunate, è tra i custodi del
Rifugio Elena e tra i suoi amici alpini si sente
sempre a casa.
Ho un regalo grande da chiedervi... il 22 gennaio
ha compiuto 80 anni e sarebbe felicissimo di leggere sulla vostra rivista, come augurio di buon
compleanno, questa poesia che avevo scritto per
lui. Ho provato a mettere in versi i sentimenti
che animano tutte le vostre iniziative...
AL MIO PAPA’ ALPINO
Infinita pazienza
e dolce calore
mani sempre pronte
a dare.
Universo chiuso tra quattro mura
semplice felicità di salde sicurezze.
Una vita, fiume veloce
acqua limpida
i tuoi sorrisi
sole che danza.
Ringraziandovi, vi mando un grande abbraccio alpino!!!
Patrizia
Allego anche una foto dove è con il suo amico Santo Oliveri, anni 95, reduce e prigioniero di Russia.
Anche per lui sarebbe una bella sorpresa ritrovarsi su GENOVA ALPINA!
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B U O N E
N O T I Z I E
GRUPPI DI GENOVA CENTRO
E BORZONASCA
GRUPPO
DI SANTA MARGHERITA LIGURE
MATTIA FIRPO
GREGORIO
I nonni Pietro Firpo (Presidente Sezionale ) e Giuseppino
Maschio (Gruppo di Borzonasca) orgogliosi e sorridenti
con il piccolo Mattia Firpo.
Lo scarponcino Gregorio in braccio al nonno, il socio
Gianni Cecotto.
GRUPPO DI SANTO STEFANO D’AVETO
GRUPPO DI ZOAGLI
Il socio Lorenzo Arado nel giorno del matrimonio con la
gentile signorina Margherita Tassi, socia amica degli alpini.
CINZIA NOZIGLIA
La figlia del socio Michele Noziglia continua a mietere
allori nel tiro con l’arco.
Ai campionati di Terni ha conquistato: il titolo mondiale
individuale, la medaglia d’argento nella prova a squadre, il titolo italiano nel tiro di campagna con arco nudo,
e la medaglia d’argento a livello assoluto.
Congratulazioni, pluricampionessa !
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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B U O N E
N O T I Z I E
GRUPPO
DI FAVALE DI MALVARO
NOZZE D’ORO
Il socio Guido Mazza e la gentile consorte
signora Adriana Giannini.
GRUPPO DI SESTRI LEVANTE
NOZZE D’ORO
Il socio Italo Nando Maggi con la gentile
consorte signora Dorina Acquistapace
GRUPPO DI BUSALLA
NOZZE D’ORO
Il giorno 15 ottobre 2015 il socio Arrigo
Sabbi, classe 1928, e la signora Rita Cavo,
classe 1927, contornati da tutti i familiari,
hanno festeggiato il compimento di 50 anni
del loro felice e fausto matrimonio.
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GRUPPO DI NERVI
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N O T I Z I E
RITROVARSI
In occasione del centenario della casermetta Romanin
di Forni a Voltri si sono incontrati il sottotenente Giorgio Fattoretto e il Caporal Maggiore Michele Noziglia,
del Gruppo di Zoagli in servizio negli anni 1965 - 1966
NATALINA AGNETTI
La signora Natalina Agnetti, classe 1910.
Centocinque, e non li dimostra !
GRUPPO DI ROSSIGLIONE
GRUPPO DI VOLTRI
IL Cav. BRUNO PASTORINO
BARTOLOMEO VALLE
Inossidabile Donatore di Sangue e Volontario della Croce
Rossa Italiana, è stato nuovamente eletto Presidente del
Comitato Croce Rossa Rossiglione.
50° di iscrizione all A.N.A.
Il socio Bartolomeo Valle, che ha raggiunto il 50° anno di
iscrizione alla nostra associazione.
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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L U T T I
GRUPPO DI BOLZANETO
GRUPPO DI CARASCO
NICOLÒ BENVENUTO
Difficile trovare le parole, che forse nemmeno esistono, per esprimere il dolore che dalle ore 17,00 del 27 gennaio scorso ci sta perforando il cuore. In quel giorno ed
all’incirca quell’ora è infatti “andato avanti” Nicolò Benvenuto, alpino, uno dei soci fondatori nel 1955 (ultimo
superstite) del Gruppo Alpini di Bolzaneto e che per lunghi anni ha ricoperto la carica di Capo Gruppo. Ma ”Nino” non era solo questo era anche e principalmente un amico fraterno, un saggio consigliere, un punto di riferimento, un “papà” (anche se non aveva avuto figli noi lo
abbiamo sempre considerato come un padre) e soprattutto un maestro di vita.
Nel giorno dei funerali la Chiesa Parrocchiale di S.
Francesco in Bolzaneto a fatica è riuscita ad accogliere
tutti. Con i famigliari, il “Cappello di Alpino” adagiato
sul feretro e la scorta dei “suoi Alpini” con la loro camicia a quadri verdi e blu e il cappello con la penna. Presenti il Consigliere nazionale Massimo Curasì, i Vice Presidenti Sezionali Orazio Bellatti e Saverio Tripodi (alpino
del Gruppo di Bolzaneto) ed i gagliardetti di sette gruppi alpini : Alta Val Polcevera -Busalla – Rivarolo – Sampierdarena – S.Olcese- Serra Riccò – Valverde oltre ovviamente al Suo gagliardetto quello del Gruppo di Bolzaneto.
Quasi al termine della cerimonia dopo le toccanti parole dell’elogio funebre pronunciate dall’ex Capo Gruppo Oscar Ochner e la successiva recita della Preghiera
dell’Alpino le struggenti note del “silenzio d’ordinanza”
hanno accentuato la palpabile commozione che già aleggiava nel Sacro Edificio.
Ma in fondo non ci devono essere unicamente tristezza e malinconia perché Nino non ci ha lasciato….è solo
andato avanti……ora è un passo avanti a noi.
Ciao Nino
BOLZA GROUP
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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GINO PODESTA’
Gino Podestà del Gruppo di Carasco è andato avanti.
Gino, ci hai lasciato all’improvviso, un vero fulmine a
ciel sereno, eravamo abituati a vederti di continuo perché tra di noi eri sempre il primo fra i presenti, abile,
operoso, di poche parole ma fortemente incisivo quando intervenivi o davi dei buoni consigli a chi, tanti, di
noi te li richiedevano conoscendo la tua proverbiale
saggezza ed esperienza.
Sempre con il tuo amato cappello dalla bella nappina
rossa del Battaglione Aosta ove, alla mitica caserma
Testafochi, avevi militato con fierezza in gioventù, e ci
raccontavi, con gli occhi che ti brillavano, delle lunghe
marce su e giù per i bei monti della Val d’Aosta che t’erano rimasti nel cuore!
E con il tuo bel sorriso sulle labbra, aperto, schietto e
sincero, proprio come è delle persone equilibrate ed in
pace con se stesse, avendo realizzato nella tua vita di
Uomo probo, Marito e Padre esemplare, quel successo
vero che è costruire una famiglia sana, fondata sui
principi dell’amore, della concordia, del rispetto, dell’onestà e della solidarietà verso il prossimo che molti
cercano ma non tutti riescano a realizzare.
Alpino dalla testa ai piedi, dopo la tua naturale prima
famiglia, veniva la seconda, quella degli alpini, alla
quale hai dedicato così tanto impegno, passione e sincero affetto, ricoprendo nel nostro Gruppo, con entusiasmo, un po’ tutte le varie cariche, alfiere, Consigliere
ed ogni ruolo che ti venisse richiesto!
Ti occupavi di tutto, anche dei particolari, apparentemente secondari, dall’intrecciare, ad esempio, con le
tue mani sapienti le corone di alloro che venivano poi
deposte, nelle varie occasioni, ai monumenti cittadini,
quelle tue mani abili che lavorando quelle fronde sempreverdi con riverenza pareva che sgranassero un rosario per i poveri Caduti di Carasco....
Chi può dimenticare che in tutte le occasioni, tante, in
cui bisognava preparare “armi e bagagli” per le varie
trasferte del Gruppo ai Raduni, Adunate e Feste varie,
I N
dopo aver provveduto ognuno degli alpini alle operazioni di carico e stivaggio del materiale, tutti si fermavano ed in silenzio guardavano a te, aspettando che tu
compissi l’ultima determinante manovra, ovvero il tuo
mitico “groppo alla carrettiera” con cui tirando ed
annodando funi varie, come solo tu sapevi fare, sigillavi in modo sicuro e definitivo tutto il carico!
Ora che tu stai scalando le amate cime valdostane per
raggiungere il ben meritato Paradiso degli alpini nella
luce del Signore, ove ritroverai gli amici alpini della
naja, del tuo gruppo e della tua sezione, rivivendo in
eterno tutti la fierezza e bellezza della gioventù, ti preghiamo di proteggere da lassù i Tuoi Cari e tutti coloro,
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L U T T I
tantissimi, che t’hanno voluto bene ed hanno avuto il
privilegio di incontrarti e conoscerti.
La tua diletta Anna Maria, moglie, figlia, cognata e
nipote di alpini, la quale sempre ti accompagnava in
tutte le “trasferte” alpine, ora è diventata la nostra
sorella più cara, ciao Gino, grazie per tutto l’amore che
ci hai donato, per tutto quello che ci hai insegnato, il
tuo esempio sarà per noi il solco maestro da seguire, sei
e sarai per sempre nei nostri cuori, non ti dimenticheremo mai!
Alpino Gino Podestà? PRESENTE!
GLI ALPINI DEL GRUPPO DI CARASCO
GRUPPO DI CICAGNA
STEFANO CAVAGNARO
Ciao Stefano, te ne sei andato un mattino uggioso di novembre, in silenzio, come eri abituato a vivere. Il silenzio
è la virtù dei forti. Nel chiasso e nel frastuono l’uomo è
debole, perché non ha nulla da comunicare. Tu agivi con
i fatti, da vero alpino. Non per questo rimanevi nell’ombra. Anzi! Il vuoto che sentiamo, a causa del tuo “andare
avanti”, è incolmabile per Fernanda, tua sposa dal 1972,
per i tuoi figli Mara, Marco e Mario, per i tuoi adorati nipotini Alice, Riccardo e la piccolina Erica e per noi, alpini, abituati ad averti accanto in ogni manifestazione, perché la tua presenza ci rassicurava, ci stimolava a prose-
guire nella vita del Gruppo, che tu avevi accettato di guidare dall’anno 2000.
Ti avevo conosciuto nel lontano 1975, quando fungevo
da Segretario ed il Gruppo aveva più iscritti. Il calo – fisiologico – non ti ha spaventato e hai contribuito a mantenere tra gli alpini quel vigore, quell’entusiasmo, quella
voglia di superare ogni difficoltà, con pazienza e con tenacia. Ne danno testimonianza la “Sagra della Castagna” e i Raduni Alpini annuali, che sono diventati un
motivo di incontro importante per tutta la Val Fontanabuona. Ne dà testimonianza la progettazione – nel 2002
- del caratteristico Monumento agli Alpini, realizzato in
granito, con la collaborazione del Comune e degli iscritti. Esso è il riferimento vitale per l’intera comunità di Cicagna, che onora i suoi Caduti nelle cerimonie della Patria.
Da sempre avevi sognato una sede alpina, tutta per noi e
ti sei dato da fare. Me l’hai ricordato più volte, con un
certo rammarico. “Non abbiamo casa !” Il seme gettato
darà frutto, ne sono certo. Avevi anche in mente un parco giochi per bambini, da realizzare con l’apporto del
Comune. Sei andato via troppo presto. Ora il testimone
passa a noi. Tu ci aiuterai da Lassù. Don Mario ha detto
di Te: “…è andato incontro alla Luce”.
L’iscrizione all’ANA è stata un esempio di affetto e di fedeltà all’Associazione, che i tuoi alpini del Gruppo, due
anni fa, hanno voluto riconoscerti, in occasione dei 50
anni di ininterrotta adesione. La tua partecipazione a infinite adunate alpine nazionali ha testimoniato la presenza del Gruppo Alpini di Cicagna nelle città dei raduni.
CAVAGNARO Stefano, classe 1936, Alpino della Julia,
Btg.Cividale, abbracciato da tantissimi alpini sulla scalinata della Chiesa dei Miracoli, mentre passi per la cerimonia del Commiato, tra due ali di Gagliardetti della
Fontanabuona, della Val Graveglia, della Valle Sturla, di
Casarza (La Spezia), di Rapallo, con in testa i il Presidente Sezionale Pietro Firpo : PRESENTE !
ENZO VALENCICH
ALPINO BTG.CIVIDALE
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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GRUPPO DI MEZZANEGO
GRUPPO DI PIEVE LIGURE - SORI
ADRIANO PICASSO
PIETRO MARIO BOERO
Pietro Mario Boero è andato avanti.
Pietro avrebbe compiuto 99 anni il 3 Maggio 2016. Nato a
San Siro Foce di Mezzanego, qui ha vissuto fino al 25
gennaio facendo il contadino.
Chiamato alle armi il 21-05-1938 è stato aggregato al 1°
Reggimento Alpini battaglione Pieve di Teco, è stato poi
trattenuto a causa degli eventi bellici.
Ha combattuto sul fronte alpino occidentale, dove è tornato nel 2011 per la commemorazione dei suoi commilitoni caduti e alla frontiera Greco-Albanese dove ha subito un principio di congelamento alle dita dei piedi.
Iscritto all’ANA dal 1961, prima con il disciolto gruppo
Semovigo-San Siro Foce, poi con il gruppo di Mezzanego, partecipando costantemente alle attività del gruppo.
Oltre ai riconoscimenti per il 25° e 50° anno d’iscrizione
ha ricevuto nel 1967 un diploma di benemerenza per l’opera svolta quale segretario del gruppo di S. Siro.
Un appuntamento al quale non è mai mancato fino a che
la salute glielo ha permesso, era la Messa celebrata a Semovigo alla cappella del Criste nel bosco a suffragio degli alpini andati avanti.
La foto lo ritrae appunto durante una delle ultime partecipazioni a questa manifestazione
Le spoglie riposano in pace nel cimitero di S. Siro
Ciao vecio
Gli Alpini del tuo gruppo
GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
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Nel terzo anniversario della scomparsa di Adriano Picasso, “Drè”, il Gruppo Pieve Ligure – Sori vuole onorarne
la memoria a dimostrazione del legame di affetto che ancora vive nel ricordo. Dapprima socio fondatore, poi consigliere all’interno del direttivo, è stato una figura unica e
speciale, sempre presente e disponibile nella vita dell’Associazione, dalle manifestazioni locali ai raduni nazionali all’impegno attivo e personale nei lavori di costruzione
della Cappelletta degli Alpini sul Monte Cornua. Per noi
soci insegnante di vita, di generosità, di vero spirito alpino, ci manchi tanto fisicamente con la tua allegra compagnia, la tua musica, le tue battute, ma continui a camminare insieme con noi, davanti a noi, ancora e sempre alfiere del gruppo, indossando con la consueta fierezza ed
il giusto orgoglio l’amato cappello alpino, presente più
che mai nella memoria e nel pensiero di noi alpini.
A noi piace soprattutto immaginarti così, ancora presente, bravo fisarmonicista e grande animatore del gruppo,
che dal Paradiso di Cantore accompagni con la tua musica i canti e i momenti di fraterna allegria dei tuoi alpini e
di tutti gli amici.
***
MARIA ROSA SOLIMANO
E’ tornata alla Casa del Padre, dopo una vita lunga ed
esemplare, Maria Rosa Solimano, cugina dell’Alpino
Franco Solimano decorato con M.O.V.M. nel secondo
conflitto mondiale. Figura molto cara a tutti e di primaria importanza per il Gruppo di Pieve Ligure-Sori
in quanto Madrina dello stesso, nonchè madrina all’inaugurazione della Cappelletta Alpini sul Monte
Cornua il 6 giugno 1994, e madrina al varo della
Fregata Alpino (F 594) presso la Fincantieri di Riva
Trigoso il 13 dicembre 2014.
La Signora Maria Rosa mancherà con la Sua presenza
fisica ma rimarrà sempre viva nel ricordo e nel cuore
di tutti gli Alpini che hanno avuto la fortuna di conoscerla e di apprezzare le doti naturali ed umane.
I N
GRUPPO DI PIEVE LIGURE - SORI
FRANCO PODESTA’
Anche se da qualche anno, per motivi di salute, non potevi più stare con noi, eri sempre il nostro Capo Gruppo!
Non posso dimenticare le belle serate in sede, sulle Tofane o ai
Raduni allietate dalle
note della tua fisarmonica, la tua gentilezza,il tuo saper ricomporre le diatribe che a
volte, come in ogni
Gruppo, nascevano
tra i soci e finivano, come giusto che sia, con
un bicchiere ed una
stretta di mano, il tuo
commuoverti quando
parlavi degli Alpini,il
tuo attivismo per far nascere il Gruppo Pieve L. – Sori,
per ristrutturare la lapide del Gen.Cantore sulle Tofane,
per l’edificazione della Chiesetta sul Monte Cornua.
Fiero di averti conosciuto ti chiedo un ultimo favore, ora
che sei nel Paradiso di Cantore, insieme al mai dimenticato “Dri” suonate e cantate ancora per noi!
Ciao grande amico Franco da oggi ci sentiamo più soli e
sarà un Natale più triste ma la tua presenza sarà sempre
tra noi!
MASSIMO
GRUPPO DI SESTRI LEVANTE
F A M I G L I A
L U T T I
Nato a Casarza Ligure nel 1927, durante il servizio militare di leva nel Corpo degli Alpini, 4° Reggimento - Battaglione Saluzzo conseguì il brevetto di Marconista e, in
una competizione Commiliter vinse il primo premio assoluto. In seguito, coltivando fin da ragazzo questa passione, ottenne la patente e la licenza di Radioamatore.
Nel 1952 insieme ad un buon gruppo di amici rifondò il
gruppo A.NA. Sestrese (nato nel 1937); parimenti prese
in mano l’A.R.l. ed ottenne, insieme ad altri appassionati
la sede sociale nella Torre Marconi sulla Penisola di Sestri
Levante. Organizzò giornate Marconiane negli anni 70
forte anche dell’amicizia personale che lo legava alla famiglia del grande inventore, portando alla Bimare la Vedova ND. Signora Marchesa Maria Cristina Bezzi Scali e
la figlia Elettra Marconi. Fu promotore della posa di due
importanti lapidi a “ricordo”. Una ai piedi della Torre
dalla quale il Marconi coronò con successo l’esperimento
di navigazione alla cieca con radiofaro guidando il suo
panfilo “Elettra”; l’altra lapide la fece porre in una curva
della cittadina di Borghetto Vara ove nel 1912 il Marconi,
proveniente dalla Toscana subì un violentissimo scontro
a seguito del quale perse la vista dall’occhio destro. Tale
cippo a ricordo venne posto nel Settembre 2007. Nell’Agosto del 2009 venne a mancargli l’adorata compagna
della vita, Olga, moglie e madre esemplare. Il nostro Alpino Giuliano l’aveva assistita amorevolmente nei lunghi
anni dell’infermità totale.
Ma ora chiudiamo queste note biografiche, speriamo che
il tempo ci aiuti a ricordarlo sempre come era, un grande
Amico Alpino pieno di slanci e di fraterni abbracci, sempre al lavoro alla Sua grande “consolle” di Radioamatore
o intento a risolvere il contenuto dell’immancabile
Settimana Enigmistica. Ciao ... Vecio ... ci mancherai non
poco! I Tuoi amici Alpini ed altri ...
VITTORIO RINO BIGGI
GIULIANO CORRADI
3 Marzo 2016, ragazzi ... il “Vecio” Giuliano questa notte
ci ha lasciati!
Giuliano Corradi in silenzio ci ha lasciati, ha spiccato il
volo dal Suo ultimo nido di Campegli per raggiungere
tantissimi altri Suoi Amici che Lo attendevano in quel
Paradiso dove Papà Cantore da quel 20 Luglio del 1915
rimette ordinatamente in fila tante Penne Nere.
Dire di Lui ci sarebbe
da scrivere un libro.
Era fortemente orgoglioso di avere prestato servizio negli
Alpini; diceva a noi
che dobbiamo fare
tesoro del nostro
Cappello perché è di
foggia speciale come
“speciali e migliori”
siamo noi che lo portiamo. Ma per brevità
e spazio è doveroso
per chi lo ricorda in
questa pagina trascriverne alcuni tratti
che lo riguardano.
GRUPPO DI SOPRALACROCE
LUIGI LONGINOTTI
Il giorno 4 dicembre 2015
l’alpino Luigi
Longinotti fratello del socio
Rino Longinotti e suocero
del socio aggregato Matteo Signaigo è
andato avanti
dopo una lunga malattia.
Il Gruppo Alpini di Sopralacroce si stringe intorno alla
famiglia con
affetto.
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GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016
RAPALLO
23 - 25 ottobre 2015
60° del Gruppo
Uniformi
del passato
ed un “Alpinetto”
del futuro