Diario della Periegesi a Cipro 2013
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Diario della Periegesi a Cipro 2013
DIARIO DELLA PERIEGESI A CIPRO – 2013 A cura di Nicoletta Onesti Quest’anno la nostra mèta è Cipro, la grande isola che Antonio donò a Cleopatra. L’isola dove nacque Afrodite e dove si affermò saldamente il suo culto, prima di estendersi all’Egeo e alla Grecia. Dove la grecità, portata da un’antichissima colonizzazione di età micenea, si è incontrata con le correnti orientali di Ugarit, dei Fenici e dell’Egitto. Dove varie iscrizioni arcaiche attestano un’indecifrata lingua pre-greca, l’eteo-cipriota, e più tardi la presenza del greco nella varietà arcado-cipriota, espressa nel sillabario tipico dell’isola; questo è a sua volta derivato dai segni sillabici del greco miceneo, che qui si è trapiantato a partire almeno dall’XI secolo a.C. Con questi miraggi e col desiderio di vedere i luoghi sacri a Afrodite siamo partiti per la nostra XIII periegesi. carta di Cipro coi principali siti archeologici Venerdì 30 agosto Subito la mattina ci raduniamo alla fermata dell’autobus e andiamo in città a Pafos al museo archeologico. Contiene molti materiali preistorici, dell’età del bronzo, e infine geometrici e classici. Fuori in giardino, all’ombra dei pini, Primo mi esorta a parlare delle iscrizioni e del dialetto di Cipro; colta di sorpresa, improvviso un discorsino al pubblico periegetico presente, seduto sulle panchine, parlando di sillabario cipriota, dialetto arcadocipriota, lineare B, ecc. Quindi ci avviamo agli autobus per scendere in basso sul mare a visitare il sito archeologico dell’antica Pafos (che poi è ‘nuova’ rispetto a quella veramente antica, vicina al santuario di Afrodite). Lo scavo dell’antica città è molto interessante, arricchito da bei mosaici di età romana. Ma il sole picchia implacabile, e il clima di questa costa sud è insopportabilmente caldo-umido. Ceniamo al vicino ristorante Happy Island, dove ci portano una meravigliosa serie di mezes di pesce, e a me una faraonica moussakà. Dopo il pesce freschissimo arriva l’ottima uva (σταφύλι). Sabato 31 agosto - Abbiamo noleggiato un grosso pulmino con driver, che ci contiene tutti. Tutta l’isola, anche la parte occupata dai turchi, ha la guida a sinistra, come si conviene a un’ex colonia britannica. La mattina ci buttiamo subito a visitare il sito del famoso santuario di Afrodite. Sono le nove e l’aria è ancora abbastanza fresca; la posizione è bellissima, in alto sul mare. C’è anche un piccolo museo che contiene il prezioso betile, il simulacro aniconico di quella che sarà la dea di Pafo, la pietra venerata per millenni in questo luogo che è la culla del culto di Afrodite. Abbiamo molto letto sulla genesi della dea, dai testi antichi (Esiodo e gli altri) agli studi moderni che la mettono in relazione con Astarte e le grandi divinità orientali della fecondità e della regalità. Afrodite emerge come sintesi di questi culti precedenti, ed emerge dalla spuma del mare di Cipro, donde l’epiteto di Cipride usato da Omero. Da qui verrà grecizzata e accolta nel pantheon degli olimpii. I suoi santuari sono all’aria aperta, alla luce, al sole; anche questo di Pafo è un luogo luminoso. Il betile che ha preceduto la concezione antropomorfa della dea è una bellissima pietra nera di origine vulcanica, liscia e morbida, dalle linee sinuose, per secoli e secoli lavata e unta di oli profumati, nascosta da veli od esposta ai fedeli al centro di un santuario che in età romana era ancora frequentatissimo. Il betile ci sorprende, non ce l’aspettavamo così bello. Si comincia a scherzare, a scattare troppe foto, e quando anche Primo, arrivando buon ultimo, si unisce agli scherzi, il custode lo redarguisce, proprio lui che era assolutamente incolpevole. Ogni anno ci inventiamo qualcosa di giocoso: l’anno scorso il sarcofago immerso in mare, quest’anno le sequenze fotografiche col betile. Ma non dimentichiamo la presenza nella stessa sala di un gigantesco e bellissimo orcio di terracotta di età micenea o più antico, decorato a scanalature, che ricorda vagamente i grandi vasi per derrate che c’erano nella Creta minoica. Si fa poi una corsa anche al tempio di Apollo Ylates, dove tra le molte cose da vedere ci sono anche resti ben conservati di terme romane; scattiamo diverse foto tra le colonne e all’ombra di un grande olivo. Al ritorno non possiamo non fermarci a fare il bagno alla spiaggia di Afrodite. Tradizionalmente la Petra tou Romiou è considerata la spiaggia dove approdò la dea nata dal mare. L’acqua è di un turchese intenso, accanto ai grandi scogli bianchi un piccolo scoglio nero emerge dalle acque come un macigno a poca distanza dalla spiaggetta; ci tuffiamo tutti. In realtà le spiagge sono due, ce n’è un’altra ancora più bella, lunga, bianca e sabbiosa, ma è esposta al vento e la risacca batte forte, per cui nessuno va in mare da quella parte. Peccato perché è bellissima e soprattutto la battigia è continuamente spazzata da una schiuma straordinariamente abbondante, pannosa e bianchissima portata dalla veemenza delle onde, che forse è stata spunto per il mito. Nuotando nell’acqua calda e mossa ci accorgiamo che è eccezionalmente salata, tanto che si galleggia più del normale, cioè più che nei mari italiani a cui siamo abituati. Davanti a noi non c’è nulla: solo mare aperto fino all’Egitto, nulla fino al delta del Nilo e al Sinai che ci stanno idealmente di fronte. In un minuscolo baretto sulla strada mangiamo un boccone, un gelato e un caffè, fino alle 2 e mezzo. Poi si deve correre all’albergo di Pafos perché alle quattro inizia ufficialmente il nostro convegno su Afrodite (vedi il programma in appendice). La saletta per conferenze è molto simpatica, dà su un terrazzo panoramico davanti mare. Gli oratori si alternano, a cominciare da Zerbetto, per finire con le interessanti considerazioni sui ‘giardini di Adone’ da parte di Isa Bergamini. Finiamo elegantemente nei termini di tempo che ci eravamo imposti, e torniamo a cena nello stesso ottimo posto di ieri. Domenica 1 settembre - Nella giornata siamo riusciti a visitare tanti luoghi e a fare molti bagni in mare. La mattina partiamo verso nord, ma prima di arrivare sulla costa nella zona di Polis, ci fermiamo a visitare un bellissimo monastero bizantino, sorto sul rifugio rupestre dove si ritirò S. Neofito (άγιος Νεόφυτος). C’è la messa ortodossa e la bella chiesa medievale è stipata di gente, l’aria è piena di incenso che forma una nuvola profumata sospesa a mezz’aria. I popi cantano e leggono salmodiando, alla fine della funzione diverse donne escono portando vassoi pieni di semi, mandorle, grani, chicchi di melograno e altre simboliche delizie vegetali. Le offrono a tutti, anche a noi. Isa mi assicura che è un’usanza conosciuta anche da loro. Insieme ai riflessi dei giardini di Adone, comincio a pensare che davvero la Puglia conservi molto della cultura greca, e faccia ancora un po’ parte dell’impero bizantino. Visitiamo il piccolo museo di icone sacre, accanto alle quali c’è una raccolta di vasi di età geometrica! Strane giustapposizioni che sembrano indicare la continuità della grecità. Il ritiro rupestre del santo è una piccola grotta tutta affrescata di pitture duecentesche che si estendono a ricoprire anche il soffitto. Il luogo è circondato da alberi e freschi giardini. Andiamo poi a vedere il sito archeologico di Marion, dove però non c’è quasi più niente. Passata Polis andiamo al bagno di Afrodite (Λουτρα της Αφροδιτος) e alla vicina spiaggia. Si tratta di un bel percorso affacciato sul mare, in un parco protetto che ospita anche l’orto botanico. La passeggiata porta a una fonte che forma un grazioso laghetto tra le rocce, da cui stillano fili d’acqua argentea, e su cui si intrecciano rami di ogni genere, tra cui un bel fico. Sopra la vicina spiaggia c’è un bar dove si può anche mangiare. Noi ci fermiamo prima solo per un caffè, che abbiamo fretta di scendere al mare. La padrona del bar è una statuetta fenicia rediviva, sottile di corporatura, e con un naso notevole. L’accesso al mare non è bellissimo, ma basta fare due bracciate per trovare un’acqua limpidissima, verdeazzurra; io e Cristina ci allontaniamo da riva verso un grosso scoglio di pietra scura. Poi un lunch all’ombra, sotto la tettoia, e ci rimettiamo presto in moto. Corriamo verso l’insediamento dell’età del bronzo di Maa-Palaiokastro. Che nome sarà Maa? A me mi ricorda il Ma Ga di Eschilo (Eumenidi) che significa ‘Madre Terra’; vattelappesca. Si tratta di un promontorio fra due spiagge, due antichi attracchi, fortificato e con fondazioni di abitazioni quadrate; in una rotonda sotterranea sono esposte le illustrazioni della storia e della posizione di Cipro in età micenea. Sono moltissime le tracce di questa fase storica sull’isola, è infatti il periodo che ha dato una decisa svolta all’ellenizzazione di Cipro. A Coral Bay infine ci fermiamo per un altro bel bagno. Prima di tornare in albergo a Pafos andiamo a dare un’occhiata allo strano insediamento preistorico di Lempa, dove sono state ricostruite alcune capanne circolari del neolitico. In una di queste fu trovata la famosa statuetta femminile detta ‘the lady of Lempa’. Lunedì 2 settembre - Oggi è la giornata della trasferta a Nicosia. Procedendo da Pafos verso est ci fermiamo per prima cosa a visitare la località di Kourion, i cui resti archeologici vanno dal periodo miceneo all’età classica. È in posizione privilegiata, alta sul mare, piena di luce. Il sito è molto vasto, camminiamo a lungo fra il teatro (molto ricostruito) e le belle case ellenistico-romane, dove ancora si ammirano fantastici mosaici, a volte spiritosi. Ammiriamo la ‘casa dei gladiatori’ e quella ‘di Achille’, così detta perché c’è un bellissimo mosaico che raffigura Achille vestito da donna fra le figlie del re di Sciro: un Achille roseo con dei riccioloni biondi parecchio divertenti. Kourion, teatro: Cristina, Daniela, Sara, Nora. Andando ancora verso est entriamo nel traffico di Limassol, dove ci fermiamo al museo archeologico (ma quanti ne abbiamo visti…). Qui sono raccolti molti bellissimi materiali, pezzi preistorici, e poi micenei, geometrici, romani. Tra questi ultimi una strepitosa collezione di vetri e ampolle conservate integre. Franco avvista uno ‘scolapaste’ di terracotta di età geometrica che è veramente notevole, forse era un setaccio, un filtro, un colino, ma è divertente perché ha i manici come un vero scolapaste. Quei secoli un po’ bui di passaggio dal tardo-miceneo al geometrico, che in Grecia è un’epoca un po’ povera, qui hanno tutta un’altra rilevanza: ormai si è capito, vedendo tanti musei, che a Cipro questa è una fase a lungo prospera, vivificata anche da intensi traffici con l’oriente, dove gli immigrati greci conservano quella floridezza che in patria si era perduta. Mangiamo da Danae, all’ombra di una pergola. Riprendendo il viaggio, sostiamo a vedere Amathous (Amathounta, in italiano Amatunte)1. I resti più belli e visibili sono dell’età classica, ma il luogo è di fondazione micenea, e Primo sale fin sull’acropoli dove vede tracce di mura ciclopiche; doveva essere frequentato comunque anche in epoca più antica, perché nell’entroterra c’erano le principali miniere di rame, quelle per cui Cipro acquistò l’importanza che sappiamo. Prima di passare definitivamente a Nicosia ci fermiamo curiosi sul luogo neolitico di Choirokoitia (Chirokitìa). Inserito nel Patrimonio dell’umanità dell'Unesco, il sito è stato abitato a partire dal VII millennio fino al 6.000 a.C. Vi è traccia di un culto dei morti, che venivano sepolti sotto il pavimento delle case. Kostas poi ci lascia all’hotel Classic di Nicosia, dove salutiamo il nostro bravo driver, sempre professionale e gentilissimo. Per la cena arriviamo fino al check-point della frontiera tra la Cipro greca e quella turca. Il passaggio è semplicissimo, basta mostrare un documento e conservare il foglietto timbrato che ti dà la polizia. A quel punto andiamo avanti incuriositi nella zona occupata, ma le strade sono semideserte, la voce registrata del muezzin ci trapassa le orecchie, e l’unico ristorante aperto nelle vicinanze è quello consigliato dai poliziotti! Martedì 3 settembre - Dunque l’isola è divisa in due zone, quella greco-cipriota a sud, che fa parte della comunità europea ed ha l’euro, e quella della Repubblica Turca di Cipro Nord, non riconosciuta da nessuno né dall’ONU, la cui moneta è la lira turca (ma accettano spesso anche gli euro). Dopo tanti anni di guerra, stragi e fucilate reciproche, oggi la situazione si è un po’ stabilizzata e pacificata, e l’attraversamento non dà problemi; i turisti sciamano anche al nord, benché sia - come diritto internazionale - terra di nessuno, senza ambasciate né contatti ufficiali con nessun paese, eccetto la Turchia. Noi vogliamo vedere tutto e non abbiamo nessun timore. La zona occupata è comunque strana, non è né come la madrepatria turca, né mediorientale, né greca, e appare vagamente più depressa della zona greco-cipriota. La natura però è bellissima e sono molte le cose interessanti da vedere. Scopriamo intanto che il nome vero di Nicosia è Lefkosia (Λευκωσία), Nicosia sarebbe una deformazione medievale da parte dei francesi o degli italiani, che agli inizi del 1200 la chiamavano già così. 1 Citata anche da Catullo quando invoca Afrodite con le parole: nunc o caeruleo creata ponto,/quae sanctum Idalium Uriosque apertos /quaeque Ancona Cnidumque harundinosam /colis quaeque Amathunta quaeque Golgos… La dea dunque è ‘creata dall’azzurro mare’. La mattina andiamo subito al museo archeologico (‘Museo di Cipro’, fondato dagli Inglesi) che è nella parte greca della città. Restiamo a bocca aperta perché è uno dei musei più belli mai visti, da paragonarsi a quello eccelso di Iraklion a Creta. L’enorme ricchezza di materiali, la bellezza degli oggetti, il lungo arco di tempo coperto (dal neolitico alla civiltà bizantina), tutto concorre a farne un museo eccezionale. Vediamo gioielli, terrecotte dell’età micenea e geometrica, barchette e statuine di ceramica, pezzi di scultura di età romana di finissima fattura, statue d’influenza egizia, personaggi con copricapo di stile fenicio, tutto di straordinaria qualità artistica e in uno stile spiritoso e felice. Molte le iscrizioni sia in greco che in sillabario cipriota. I vasi e le svariate ceramiche hanno dipinti vivaci e originali, niente della severità attica, ma invece molta fantasia e briosa immediatezza delle immagini. Usciamo felici come pasque. L’unico neo di questi musei di Cipro è che non c’è mai niente di interessante da comprare nei museum shop; non fanno repliche, che secondo me invece andrebbero a ruba se riproducessero quei gioielli bizantini o quegli orecchini d’oro a forma di grappoli d’uva. Giriamo intorno alle mura veneziane della città e entriamo in centro a vedere il museo Levendis. Carta di Nicosia del 1597 con la cinta muraria, disegnata dal veneziano Jacomo Franco. È messo molto bene, con criteri moderni, e raccoglie diverse collezioni di materiali che vanno dalle ceramiche micenee alle icone bizantine, fino ai costumi del Sei-Settecento. Siamo sorpresi dai due bellissimi ritratti di Caterina Cornaro, la veneziana che fu l’ultima regina di Cipro (1454 -1510). Sono nientemeno che del Tiziano, uno della regina in veste verde, copia dell’originale che sta agli Uffizi. Ma ce n’è anche un altro, di Caterina in veste marroncina con bordi di seta a strisce arancio-e-beige, che non sembra essere una copia e che è assolutamente meraviglioso, una pittura di qualità eccelsa, che ha una luce chiara e viva, un esempio di prim’ordine del genio strabiliante del pittore.2 Ci incantiamo davanti al ritratto parlante della bella Caterina, e poi scendiamo in strada. Caterina Cornaro, quadro di F. Hayez (1841) La cena è squisita, servita e apparecchiata a regola d’arte, il cibo è un sontuoso crescendo di mezes, che partono dalle salsine, tzaziki, olive e antipastini di piccola taglia, fino alla sciabica, sardine fritte, polpi, granchietti, gamberi, merluzzi fritti con salsine, insalate greche, pomodori, patate arrosto, triglie, calamari e crostacei vari, e un pescione alla brace per gran finale! 2 In mancanza di questo ritratto, che non sono riuscita a trovare, metto una ricostruzione storica di fantasia di Francesco Hayez (1841).