Ellen Mac Arthur
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Ellen Mac Arthur
www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Foto: J. Vapillion/DPPI/O.C. Ellen MacArthur She didit! E’ record: 71 giorni, 14 ore, 18 primi e 33 secondi. L’inglese ha così battuto, a solo un anno di distanza, il primato di Joyon di Marco Gepis E Foto: I. Wilkins/DPPI/O.C. llen MacArthur ne ha combinata un’altra delle sue. Questa taciturna inglesina, capace di riscrivere di proprio pugno e orgogliosamente in lingua inglese, l’ultimo lustro della “Course au Large”, stavolta l’ha veramente combinata grossa. Sola, senza effettuare scali e senza beneficiare di aiuti esterni, a 28 anni e neppure 55 chili di peso, ha detronizzato il grande Francis Joyon dal suo altare. La piccoletta, al suo primo tentativo, si è impossessata del primato mondiale più ambito e difficile: il giro del mondo in solitario. Le sono bastati 71 giorni e 14 ore e una manciata di minuti per compiere la storica impresa. Un gesto, che si riallaccia alla grande epopea dello yachting inglese, quello dei vari Blyth, Chichester e Robin Knox Johnston, tanto per intenderci. Sola, a bordo del suo trimarano gigantesco, sembrava spersa tra onde oceaniche. Più che a un tentativo di record, sembrava di assistere a un’impresa impossibile. Eppure questa ragazza, è riuscita nuovamente a ribaltare una situazione che certamente non la vedeva favorita, dando un’energica spallata alla “grandeur” nautica di cui tanto va orgogliosa la Francia. Sembra incredibile, eppure è successo. Un navigatore solitario, o meglio, una navigatrice solitaria è riuscita a interrompere l’egemonia francofona suscitando nell’intero mondo anglosassone, un interesse e un seguito senza precedenti. Al suo arrivo a Falmouth - lo scorso 8 febbraio - migliaia di persone si sono assiepate lungo la costa e accalcate nel porto stesso, pur di manifestare la gioia e l’ammirazione che questa giovane navigatrice ha saputo riaccendere nei loro cuori. “Erano trent’anni che non si vedeva una partecipazione così corale ed entusiasta, a un evento velico” - il soddisfatto commento di David Roth, manager del trimarano “B&Q” sul quale Ellen ha stabilito il nuovo record. Un entusiasmo nazionalistico che gronda anche dai palinsesti delle principali antenne televisive anglosassoni. Interviste, speciali, documentari, programmi futuri e descrizioni entusiastiche dell’intera vita di Ellen, hanno invaso indistintamente tutte le televisioni inglesi, contagiando anche chi di vela non si è mai interessato. Quella di Ellen MacArthur sta assumendo tutti i connotati dell’impresa che resterà indelebile nella storia. L’inglesina, con la sua apparente fragilità, è riuscita a fare leva non solo sui contenuti tecnici della sua impresa, comunque maiuscoli, ma anche sull’indimenticata e solo apparentemente sopita passione degli inglesi per le grandi imprese veliche. Una passione ancestrale, che trae le sue origini dall’arte marinaresca britannica, dalla flotta che ha scritto la storia del mondo e dalla consapevolezza di un intero popolo di essere storicamente “confinato” su un’Isola. L’impresa del trimarano “B&Q” è riuscita a far riaffiorare tutto questo, arricchendo le indubbie doti veliche della MacArthur, con il gusto sottile di sconfiggere i grandi navigatori bretoni sul campo a loro più congeniale. Una sensazione divina che agl’Inglesi è apparsa dolce come il miele nel thè, come il ricordo ormai sbiadito di aver, per primi, inventato e dominato le regate trans-oceaniche dei romantici an ni sessanta e settanta. Marzo 2005 45 Foto: J. Vapillion/DPPI/O.C. IL GUASTO In Atlantico del sud, risalendo verso l’arrivo, Ellen si è trovata a dover affrontare un guasto all’albero. Per un’usura anomala, si era rotta la rotaia sulla quale scorrono i carrelli della randa che, quando passavano da quel punto - nel continuo atto di prendere terzaroli e issare nuovamente la randa - uscivano dalla loro sede. Sostituire un pezzo di rotaia, a circa venticinque metri dal livello del mare, non è una cosa agevole. Se si aggiunge lo stress dovuto al tempo del record (in quel tratto Ellen ha perso tutto il vantaggio accumulato in precedenza) e alla navigazione che comunque deve continuare al meglio, allora diventa un’impresa. J. Vapillion/DPPI/O.C. B. Black/DPPI/O.C. V. Curuchet/DPPI/O.C. www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela LA BARCA V. Curuchet/DPPI/O.C. Alla base dello storico successo, l’aver stabilito il nuovo record del giro del mondo in solitario, c’è un investimento e un lavoro importante. Nulla è stato lasciato al caso, dalla scelta dello skipper, alle dimensioni della barca, passando anche per una rigorosa analisi del record da infrangere. Tutto è stato ideato e concepito per il massimo. Il massimo della tecnologia, per stabilire il più difficile dei primati. Dopo un’attenta analisi dimensionale effettuata dal team di progettazione capeggiato da Nigel Irens e Benoit Cabaret, la scelta è ricaduta su un’imbarcazione non estrema e dotato di tre scafi: un trimarano. Un multiscafo che potesse essere leggero e gestibile come i collaudati e velocissimi 60 piedi protagonisti del circuito ORMA ma, al contempo, che fosse 46 Marzo 2005 molto più potente per consentire medie giornaliere dell’ordine delle 400 miglia, senza dover necessariamente tirare al limite. Il compromesso ideale, la misura oltre la quale i pesi sarebbero lievitati notevolmente, ha fatto fermare la crescita dimensionale di “B&Q” alla soglia delle otto tonnellate. Il che, utilizzando i tessuti di carbonio pre-impregnati oggi disponibili, consente di ottenere un tri lungo circa 23 metri e largo 16. Un multiscafo equilibratissimo, leggero quasi come un 60 piedi ma dotato di un rapporto peso-potenza simile ai maxi-multi di ultima generazione. La scelta del trimarano, si giustifica invece con le ottime caratteristiche di sicurezza che questo vanta rispetto a un catamarano, da sempre più soggetto a scuffie, soprattutto se condotto in solitario in condizioni estreme. Il risultato finale, frutto di tre anni di studi, ha dato vita a una macchina da regata tecnologica, veloce e affidabile; l’ideale per lanciarsi nelle impegnative sfide che gli attuali record impongono. LE PREMESSE A un solo anno dal varo, avvenuto a Sydney lo scorso inverno, “B&Q-Castorama” ha dimostrato un’affidabilità e una velocità media, eccezionali. Merito della meticolosa messa a punto. Ma merito anche dell’impegnativo programma di test organizzato e rigorosamente portato a termine dal team. Prima di partire per il tentativo di record, “B&Q” aveva già navigato per oltre 20 mila miglia e il tutto, in soli 10 mesi. Un lavoro di messa a punto febbrile e costoso, che ha però consentito a Ellen di centrare l’obiettivo al primo tentativo. Successo non facile, che se da un lato si appoggiava sulla grossa aspettativa originata dai fans inglesi, dall’altro si trovava ad affrontare il “tempone” stabilito esattamente un anno fa da Francis Joyon col suo trimarano “Idec”. Nel suo veloce periplo, il carismatico Bretone aveva incontrato condizioni meteorologiche estremamente favorevoli, soprattutto nella risalita finale dell’Atlantico, tanto che da più parti si ritenevano i 72 giorni da lui impiegati, un muro praticamente insormontable per un solitario e con i mezzi odierni. Figuriamoci poi, se donna. Marzo 2005 47 LA REGATA J. Vapillion/DPPI/O.C. V. Curuchet/DPPI/O.C. Supportata meteorologicamente dallo staff del “Commanders Weather”, la nostra navigatrice si è lanciata dalla Manica alla conquista del mondo lo scorso novembre. Tra lei e il record vi erano solo i 17 sistemi meteorologici che bisogna necessariamente attraversare per completare il periplo del pianeta. Una circumnavigazione che prevede la partenza al traverso dell’isola di Ushant, nello stretto della Manica, la discesa dell’intero Atlantico, lasciando quindi Capo di Buona Speranza (l’Africa), Cap Leewin (l’Oceania) e Capo Horn (l’America), alla propria sinistra, prima di risalire l’intero Oceano Atlantico e tornare a doppiare il faro di Ushant, esattamente da dove si era partiti, ma in direzione opposta. Una regata massacrante, che dopo la discesa dell’Atlantico, prevede di navigare per quasi un mese alle siderali latitudini tra i 40° e i 50° sud, sfiorando iceberg ed effettuando l’attraversamento completo del deserto più grande del mondo; l’unica parte liquida del nostro pianeta, in cui le onde non incontrano mai terre emerse, in cui perturbazioni eterne si inseguono profonde e vigorose: ed Ellen MacArthur è proprio lì che ha fatto la differenza. Tra i Quaranta ruggenti e i Cinquanta urlanti, ha capitalizzato un vantaggio giunto a sfiorare i cinque giorni rispetto al periplo effettuato del francese. Un vantaggio importante, ottenuto principalmente mantenendo una rotta più fredda e diretta anche se più pericolosa. Un tracciato che dimostra di che tempra sia fatta l’inglese e a quale forcing abbia costretto se stessa e la barca. Poi, le bonacce e le calme equatoriali incontrate nella faticosa risalita al largo del Brasile. E l’imprevista rottura della rotaia della randa, che l’ha costretta a una lunga e dura riparazione in navigazione; lei sola, sull’albero, a tagliare, sostituire, montare; poi issare nuovamente la randa e ripartire. 48 Marzo 2005 In queste due immagini, le ultime miglia di B&Q, in parte scortato da un’unità della Royal Navy Foto: B. Stichelbaut/DPPI/O.C. Con queste premesse, Ellen si è rimessa in discussione lanciandosi, lo scorso novembre, all’assalto dell’impossibile. Foto: J. Vapillion/DPPI/O.C. Royal Navy www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Risalita estenuante, fatta sui nervi, che ha eroso completamente il cospicuo vantaggio faticosamente accumulato: ma lei, indefessa e coriacea come solo gli inglesi sanno essere, si è messa a zigzagare tra le bonacce e le alte pressioni equatoriali, agganciando gli stabili venti del primo quadrante, prima di quanto abbia fatto nel suo periplo Joyon. Un’astuzia fondamentale, che le ha assicurato una trentina di ore di vantaggio sulla parallela corsa del francese. Vantaggio che, anche se ormai esausta, nulla al mondo le avrebbe fatto perdere e che è stata capace di portare intatto sino alla linea del traguardo. Analizzando i singoli passaggi parziali, anche se indistintamente tutti da primato, traspaiono evidenti le difficoltà incontrate da “B&Q” nella risalita dell’Atlantico. O meglio, traspare l’incredibile velocità mantenuta dal francese “Idec” che - fatto più unico che raro - non ha praticamente incontrato le classiche bonacce equa- toriali, che rallentano sempre chi si cimenta in questo genere d’imprese. Quattordici ore di vantaggio per la MacArthur al primo passaggio dell’equatore, ridotte poi a sole dieci ore al traverso dell’estrema punta meridionale dell’Africa, il mitico Capo di Buona Speranza, dopo quasi 20 giorni di navigazione: in pratica un’inezia. Dopo altri dieci giorni di navigazione al traverso dell’Oceania, Cap Leewin, il vantaggio rispetto al francese Joyon sale leggermente sino a toccare le 17 ore. Poi, in soli 15 giorni Ellen compie il capolavoro e ne rifila quattro al diretto concorrente dell’anno prima, cosicchè dopo 44 giorni di navigazione doppia Capo Horn con quattro giorni e tre ore di vantaggio. Quindi, inizia la risalita verso l’Inghilterra e “B&Q” comincia progressivamente a perdere terreno rispetto al francese, tagliando nuovamente l’equatore con solo un giorno e dieci ore di vantaggio dopo sessanta giorni di navigazione. Poco dopo il vantaggio non solo si azzera, ma diventa ritardo. Tanto che Ellen Ellen festeggia il suo si ritrova ad avere una manciata di ore da passaggio da Capo Horn con recuperare a circa 2000 miglia dal traguaruna mini di Moet & Chandon do. Poi, la fresca brezza da nord-est che e un autoscatto riaccende la speranza e le consente dopo 71 giorni, 14 ore, 18 minuti e 33 secondi di tagliare vittoriosamente e meritatamente il traguardo. Le miglia percorse sono state 27.348, a una velocità di 15,9 nodi. Per mantenere una simile media, la piccola Ellen ha preso circa mille volte i terzaroli alla sua ciclopica randa e ha dormito quattro ore al giorno scomponendo il sonno in otto blocchi di trenta minuti l’uno. Numeri impressionanti, che le hanno però permesso di agguantare un primato grandioso, costellato da cinque passaggi parziali da record, e che le consentiranno con tutta probabilità di ottenere i budget necessari per cimentarsi in altre sfide analoghe. Magari contro i venti dominati stavolta. Impresa che attualmente è appannaggio di altri velisti francesi. Non a caso, appena sbarcata, Ellen ha dichiarato che le spiaceva scendere dalla sua barca ma che sarà solo un arrivederci, in futuro infatti “... navigherò ancora molto sul mio trimarano” ha dichiarato testualmente, avvertendo il mondo che è sua intenzione impossessarsi di altri primati in solitario, non ultimo, quello delle miglia percorse nelle 24 ore. Brava, signorina MacArthur! Marzo 2005 49