- Latinitas or Europa

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- Latinitas or Europa
Progetto Comenius
Latinità d’Europa dal
passato al presente, dal
presente al passato.
Liceo scientifico “Ugo Morin”
Mestre-Venezia
Anno scolastico 2003-2004
Classe IV D: Chinellato Sara
De Rossi Elisa
Horvath Mirco
Rossato Francesca
La popolazione di Concordia
Un confronto tra presente e passato
1. Origini del tessuto sociale concordiese
pag 2
2. Strati sociali della popolazione nell’epoca romana
pag 4
2.1.
La popolazione
pag 4
2.2.
L’esercito
pag 5
2.3.
La fabbrica di frecce
pag 5
2.4.
La comunità siriana e il ruolo commerciale di Concordia
pag 6
2.5.
Professioni e mestieri
pag 8
2.6.
Divertimenti, tempo libero, religione
pag 9
3. Strati della popolazione oggi
3.1.
pag 11
Distribuzione per età e settori di occupazione
4. Bibliografia
pag 12
1
Origini del tessuto sociale concordiese
Fasi della stratificazione sociale
Nucleo paleoveneto
Sviluppo cronologico
Dal 1000 a.C. con l’insediamento di
piccole tribù al III sec. a.C.
Nucleo abitato romanizzato prima della fondazione III sec. a.C. al 49 a.C.
della colonia
Fondazione della colonia, con la romanizzazione Dal 49 a.C. al 15 a.C.
vera e propria
Ultima fase della dominazione romana, con lo Con l’età augustea, dal 14 a.C. in
sviluppo dell’emporio.
poi, soprattutto tra I e V sec. d.C.
Già dal 1000 a.C. possiamo riscontrare la presenza d’insediamenti di piccole tribù di veneti
antichi nel territorio dove sorgerà la futura colonia di Concordia Sagittaria. Ma i paleoveneti
non ne furono i primi abitatori, li precedettero i Carni.
Secondo la mitologia greca, la stirpe dei veneti antichi risaliva ad antenati troiani. Gli
odierni studiosi parlano invece di popolazioni appartenenti al ceppo indoeuropeo, forse
provenienti dall’odierna Russia.
I paleoveneti si stabilirono su un dosso, ricco di acqua dolce (si trovava tra l’ansa
dell’attuale Lemene e un altro ramo dell’antico Tiliaventum), a due chilometri dal mare, con
dietro la pianura padana.
Costruirono le loro tipiche capanne di circa cinquanta metri quadri, con il pavimento di
terreno cotto, ciottoli come focolare ed un tetto di canne palustri, fango e argilla.
Gli uomini erano cacciatori o agricoltori, usavano armi di selce, ossa e corni. Le donne
invece accudivano ai figli e lavoravano a rudimentali telai.
Il tipo di organizzazione del territorio e delle sue acque superficiali è tipicamente
paleoveneto e presenta analogie con quello dei territori di Este e Padova.
I primi contatti amichevoli tra paleoveneti e Romani avvennero nel III secolo a.C. a causa
della vicinanza tra l’insediamento di veneti antichi e le città di Altino, Oderzo, Aqulieia.
Un contatto documentato tra queste popolazioni, fondamentale per la romanizzazione
degli antichi veneti, si ebbe nel 181 a.C. quando fu fondata Aquileia, raggiungibile solo
attraverso piste paleovenete. Inoltre i Romani offrirono protezione militare dai vicini Celti.
In base all’iscrizione dei magistrei (qui riportata) si può definire il primo nucleo romanizzato
un vicus, “in una forma di aggregazione residenziale con strutture di rappresentanza ad
autonomia limitata” L’iscrizione che menziona i quattro magistrei, della quale è rimasto
solo un frammento, è il più antico documento che testimonia un intervento di
amministrazione romana a Concordia, prima della fondazione della colonia. Ora è
conservata al Museo Nazionale Concordiese.
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Una fase di romanizzazione molto avanzata ma non ancora totale è quella che vede la
concessione dello ius latii, dall’89 a.C., a tutti i transpadani e ovviamente anche alla
popolazione concordiese.
Ancora oggi si dibatte sulla data dell’effettivo passaggio di Concordia da semplice vicus, o
forse stazio, a vera e propria colonia. La data più attendibile è il 40 a.C..
Questo passaggio è comunque preceduto, nel 49 a.C., dall’acquisizione da parte di tutti gli
abitanti del territorio della cittadinanza romana.
Il primo nome, Iulia Concordia, è riferito alla gens Iulia, a cui è appartenuto Gaio Giulio
Cesare e alla pace tra i triumviri stipulata a Brindisi.
In seguito il nome venne modificato in Augusta Concordia in onore di Ottaviano Augusto.
Le tracce di centuriazione rinvenute nel territorio concordiese hanno delineato un reticolato
costituito da 800 centurie, ognuna suddivisa in quattro lotti da 50 iugeri l’uno.
I primi coloni furono circa 3.000, la maggior parte dei quali probabilmente veterani, che in
nome di Roma centuriarono e governarono il territorio. A questi le terre vennero assegnate
come premio per la loro carriera di soldati e per tenerli lontani dalla capitale. Ma si trattò di
una deduzione a carattere misto, infatti, oltre ai militari intervennero anche dei civili, a
causa delle grandi opportunità economiche e commerciali.
Il processo di colonizzazione non avvenne violentemente ma fu graduale e l’elemento
indigeno non fu azzerato ma assimilato progressivamente nei costumi romani; ciò è
provato da antiche iscrizioni concordiesi nelle quali figurano nomi di origine mista: si
possono notare alcuni nomi di origine gentilizia, come Baianius, Ennius, Lemonius,
Mulvius, alcuni cognomi come Enno, Rancho, Veitior, che tradiscono un’origine non
romana, e cognomi tipicamente romani, come Romulus (indizio di un desiderio di
assimilazione dei neocittadini?) Il nucleo indigeno venne comunque rispettato nelle sue
tradizioni insediative; lo dimostrano i segni della centuriazione che risparmiano il nucleo
urbano e le sue immediate adiacenze e anche la sopravvivenza di almeno quattro pagi.
Già a partire dal I secolo a.C. alla colonia Iulia concordia confluirono individui provenienti
dalle più disparate regioni d’Italia: n’è un esempio l’iscrizione che ricorda i fratelli Calii,
cavalieri romani originari di Cremona ma iscritti alla tribù Claudia di Concordia, e
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l’iscrizione che nomina i Varieni, persone di una certa abbienza di origine mantovana.
Questi sono indizi dell’importanza che la nuova colonia comincia ad assumere in età
augustea, grazie soprattutto alla sua favorevole posizione per i commerci.
Un altro concreto indizio della precoce presenza a Concordia di una comunità ricca e di
un’élite largamente romanizzata sono le manifestazioni artistiche di alto livello, databili già
dalla fine della repubblica e soprattutto agli inizi dell’età augustea: ritratti. Opere
urbanistiche come il teatro, le mura, decorazioni architettoniche di lusso.
Ma è soprattutto a partire dal I –II sec. d.C. che la colonia sviluppa la funzione di emporio,
grazie alle potenzialità commerciali e strategico- militari offerte dalla sua posizione
favorevole, equidistante sia da Aquileia sia da Altino. Essa quindi era a contatto con
l’Oriente, ma anche con le popolazioni transalpine. A ciò è dovuta la presenza nella
colonia di un armamentarium, cioè di un arsenale di attrezzature militari che già tra I e II
sec. d.C. sembra preannunciare a Concordia il ruolo di città- fabbrica d’armi.
La facilità di collegamenti verso il nord ha esposto la comunità alle invasioni barbariche,
ma l’ ha segnalata all’attenzione del potere centrale, qualificandola come retrovia
strategico, aumentandone l’importanza e quindi il numero di presenze e soprattutto di
traffici.
Strati sociali della popolazione nell’epoca romana
Le informazioni più attendibili sulla stratificazione sociale dell’antica Concordia ci sono
fornite dalle iscrizioni rinvenute al cimitero delle milizie. Quest’area extraurbana reca
tracce d’uso fin dal I sec. a.C., ma conobbe tra il III e il V sec. d.C. una costante funzione
cimiteriale: qui si possono trovare le indicazioni che individuano le più importanti famiglie
di questa colonia e che appartenevano a cittadini, operai, commercianti e soldati. Grazie a
queste fonti si è potuto capire com’era strutturata la società a Concordia a partire dal
periodo augusteo,
La popolazione
La popolazione nel suo complesso si articolava in coloni (municipes o cives), che
possedevano la cittadinanza e i diritti romani e li potevano esercitare anche nella colonia;
incolae, gli abitanti della zona preesistenti alla fondazione alla colonia, ai quali era stata
estesa la cittadinanza grazie ad una legge del 49 a.C.; peregrini (advanae o hospites),
stranieri liberi, che invece non avevano la cittadinanza.
Quella degli equites era la classe sociale più elevata in ambito cittadino. Questa era una
classe intermedia tra patrizi e plebei e sotto Augusto era formata da ingenui, nati liberi e di
moderata ricchezza. In età imperiale ebbero anche la possibilità di entrare in senato.
Inoltre c’erano i seviri augustali, un collegio di sei membri scelti tra i ricchi liberti, a causa
delle spese che tale carica comportava. Il titolo si conservava anche dopo lo scadere della
carica e perciò costituiva una classe intermedia tra i cavalieri e il popolo. I seviri
praticavano inizialmente il culto dei Lari, ma poi, dopo la morte dell’imperatore si unisce
anche il culto di Augusto.
Infine c’era la plebe, popolazione anonima ma provvista di diritti politici. A conferma di ciò,
in numerose iscrizioni appare la dicitura Claudia Tribus, una delle 35 tribù alle quali erano
iscritti tutti i cittadini romani, come vincolo ideale con l’epoca in cui i Romani esercitavano il
diritto di voto. In particolare la tribù Claudia era una delle tribù rustiche; l’appartenenza ad
una tribù era essenziale per la persona, poiché fino al II sec. d.C. essa era la prova
dell’appartenenza alla cittadinanza.
Soprattutto negli ultimi anni dell’impero si determina un forte cambiamento nella struttura
sociale che risulta disomogenea dal punto di vista etnico, religioso e culturale. Infatti, a
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Concordia è attestata la presenza di elementi provenienti dalla Germania settentrionaleoccidentale e anche di Goti, Visigoti, Ostrogoti, Ebrei e Orientali.
Le famiglie dell’antica nobiltà concordese assunsero un atteggiamento aperto nei riguardi
di questi nuclei, intrattenendo anche rapporti di amicizia. Non furono rari i matrimoni misti,
anche se meno diffusi.
Lo schiavo (servus ordinarius) era soggetto alla potestà del padrone e non era capace di
rapporti giuridici personali o patrimoniali, non poteva contrarre matrimonio. Al posto di
questo vi era l’unione servile (contubernium). Si ha notizia inoltre di schiavi al servizio di
altri schiavi. Si tratta della figura del servus vicarius, che era al servizio del servus
pecurialis. Quest’ultimo riceveva in dono dal padrone il peculium, una piccola somma di
denaro di cui poteva liberamente disporre pur rendendone conto al padrone.
L’esercito
Dalle iscrizioni rinvenute nel cimitero si sono riusciti a rintracciare circa 43 militari, ma
bisogna tenere conto del fatto che molti non erano in grado di acquistare un’arca e che ad
alcuni non interessava servirsi di questo mezzo di comunicazione per lasciare un ricordo
di sé e quindi non si servirono del testo scritto degli epitaffi. Pur con queste limitazioni si
può capire che vi erano nella colonia ventuno reparti militari (detti numeri) al cui interno
erano arruolati soprattutto barbari oppure uomini dai nomi latini (Florus, Fortunatus),
germanici (Ilateuta, Silvimarus), celtici (Abruna, Vassio), greci (Ampio, Diocles), traci
(Ziper), giudaici (Cham). I gradi e le funzioni che ricoprivano questi uomini erano diverse:
si va dal soldato semplice (miles) al graduato (domesticus), fino agli ufficiali e agli alti
comandi (comites, centenarii, ducenarii, protectrores, tribuni militum, praepositi)
L’ipotesi più verosimile riguardo alla forte presenza militare a Concordia è l’esistenza di un
presidio stabile, avvalorata dalla menzione in Tracia di una I cohors concordensium, già
alla fine del III secolo d. C.. Le ragioni di ciò sono varie: perché Concordia era situata a
Nord, in una posizione favorevole per la difesa dell’impero, ma anche per le sue qualità
itinerarie, perché collegata con il quadrante danubiano e con quello padano.
La fabbrica di frecce
Correlata con la presenza di un presidio stabile nella colonia di un reparto di militari è
anche la dislocazione in città di una fabbrica di frecce, che risultò attiva già dall’inizio del
IV secolo d.C. e risultò essere un potenziamento dell’armamentarium protoimperiale, a
partire dal I sec. a.C.
La fabbrica aveva un’organizzazione militare e la gerarchia aveva gli stessi gradi
dell’esercito: c’era l’operaio semplice (fabricens), il biacurus, addetto all’ufficio di
approvvigionamento, il centenarius con ruoli dirigenziali e il praepositus, il capo struttura.
Terminato il servizio, erano definiti veterani. Tuttavia gli operai erano civili, esentati dal
servizio militare ed inoltre non dovevano pagare le tasse al fisco locale, ed avevano un
buon stipendio grazie al quale i fabricens di Concordia poterono permettersi i costosi
sarcofagi in pietra. Avevano però pesanti obblighi: di esercitare sempre la stessa
professione, di non lavorare per privati, di rispettare gli standard produttivi pena pesanti
multe. Erano sottoposti a prestazioni e ritmi di lavoro programmati e sorvegliati e questo
ruolo di operaio doveva trasmettersi di padre in figlio.La fabbrica sagittaria produceva un
articolo singolo per evitare il pericolo che dei ribelli potessero impradonirsi di un
armamento completo. L’agevole collegamento della città con le miniere di ferro del Norico
favoriva il ciclo produttivo, rifornendolo costantemente della materia prima necessaria.
L’ubicazione della fabbrica di frecce rimane incerta, anche se Bertolini asserì di aver
individuato la fabbrica presso l’odierna Via Claudia in un capannone a tre navate; nel
scavo sono state raccolte scorie ferrose di parecchi chilogrammi.
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La fabbrica sagittaria a Concordia è unica insieme a quella di Macon in Gallia, mentre a
Verona vi era quella di scudi e a Brescia quella di archi.
La comunità siriaca e il ruolo commerciale di Concordia
Nel sepolcreto delle milizie sono state ritrovate iscrizioni in lingua greca che hanno portato
gli studiosi a ritenere che a Concordia vi fosse una comunità orientale. Gli appartenenti a
questo gruppo provenivano dalla Siria e più precisamente, dai villaggi e dai distratti rurali
dell’agro di Apamea, il cui ricordo non manca mai di ricorrere negli epitaffi da loro
commissionati. I primi studiosi di queste iscrizioni supposero che gli orientali fossero
militari; le ricerche più recenti ne hanno individuato il ruolo di commercianti e, in
particolare, fungevano da tramite per la vendita delle merci.
A partire dal I sec d.C. ma soprattutto dal II al V sec. d.C., Concordia ebbe un ruolo
commerciale molto importante per la sua posizione centrale, in particolare assunse la
funzione di centro di smistamento delle merci in arrivo dalle regioni transalpine e di quelle
provenienti dalle altre zone dell’impero. Inoltre la colonia svolse anche l’importante ruolo di
centro di passaggio per le derrate e le merci destinate all’approvvigionamento delle truppe.
Infatti, era inserita nella rete di vie di comunicazione sviluppatesi dopo la fondazione di
Aquileia e valorizzate dall’allargamento dei mercati transalpini e dalla romanizzazione del
Norico e della Pannonia. Infatti, a Concordia confluivano la Via Annia e quella che portava
ad Aquileia, da cui proseguiva verso l’Istria e poi le regione danubiane; i percorsi lungo il
Tagliamento portavano anche al Norico. Inoltre vi era uno scalo fluviale sul Lemene e il
porto presso la zona di Caorle.
La funzione di snodo tra il commercio padano e quello transalpino svolta da Concordia
risulta anche evidente dall’analisi delle fonti epigrafiche. Infatti, appaiono evidenti i suoi
contatti con Iulium Carnicum, dove ricorrono nell’amministrazione della città le stesse
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gentes presenti nelle più antiche iscrizioni concordiesi.Ugualmente dimostrati sono i
contatti precoci con il Norico.
I prodotti che venivano importati erano soprattutto oggetti in terracotta o ceramica che
venivano anche utilizzati per il trasporto di derrate alimentari.La maggior concentrazione di
materiale si attesta tra il I ei II sec. d.C. Tra le classi predominanti c’è la ceramica ad uso
domestico, con recipienti per la cucina o la mensa realizzati con ceramica ad impasto
grezzo o depurato. Vi è una grande percentuale di manufatti di provenienza padana, come
piatti e coppe, in terra sigillata (con questa termine si indica tutta la ceramica fine da
mensa, decorata o liscia, rivestita di vernice brillante in diverse gradazioni di rosso) e di
bicchieri e coppette, in ceramica a pareti sottili (così chiamata per l’esiguo spessore delle
pareti dei manufatti variabile tra 0.5 e 4 mm). Ben documentata è la produzione di vasai
nord-italici, che firmano i loro prodotti con bolli entro cartigli rettangolari e in planta pedis,
cioè a orma di piede. Notevole è l’importazione di ceramica fine da mensa dalla zona
centro-italica e dalla Gallia mentre dall’oriente e dall’Africa giungevano piatti e coppe in
terra sigillata.
I prodotti alimentari venivano trasportati entro anfore di terracotta di forma e di colore
variabile a seconda dei periodi e delle aree di produzione. L’olio veniva importato
dall’Africa e il vino dalla zona alto-adriatico e dall’area egeo-orientale; dalla Spagna
proveniva il garum, una salsa di pesce molto apprezzata dalla cucina romana; dalla isola
di Lipari l’allume, un minerale utilizzato in medicina e nel trattamento di concia e tintura
delle pelli; venivano importate anche frutta, miele (usato come dolcificante), oggetti in
bronzo, ferro, piombo. A partire dal V sec. d.C. si affermò anche un felice esperimento di
monocultura dell’olivo che comportò l’esportazione del surplus produttivo in tutte le località
d’Occidente ove era molto richiesta la fornitura d’olio.
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Professioni e mestieri
Numerose sono le professioni e i mestieri attestati dalle iscrizioni concordiesi: l’actor, si
trattava di schiavi che svolgevano attività collegate all’agricoltura; il porcinarius, un’attività
legata all’allevamento del bestiame a al commercio di carni suine, il medicus, questa
professione era esercita da schiavi e liberti e pertanto non godeva di grande
considerazione; l’architeter, era il medico municipale, ossia eletto dalla città per curare
gratuitamente gli indigeni e probabilmente si trattava di un medico al seguito delle truppe;
l’architetus, cioè il corrispondente architetto moderno; il lascivus, schiavo allenatore dei
murmillones, gladiatori così per l’immagine di un pesce (murma) raffigurato sul loro casco.
Quando fu attiva la fabbrica di frecce naturalmente si aggiunse anche la possibilità di
ottenere un posto come operaio; inoltre molto redditizia, a partire soprattutto dal I sec al V
sec d.C., era l’attività del mercante e del commerciante, dato che Concordia, come
abbiamo visto, si era rivelata un emporio molto importante, anche per il rifornimento delle
truppe.
Diffusa e molto attiva era anche l’attività artigianale. Il materiale più usato era la terracotta
per fabbricare recipienti usati in cucina, come mortai, pentole, olle, tegami, coperchi;
oppure gli oggetti utilizzati a tavola, come piatti, scodelle, coppe, brocche,
anforette.Sempre di questo materiale erano realizzati i contenitori di grande dimensione
destinati al trasporto e alla conservazione delle derrate alimentari e di liquidi, come i dolii e
le anfore, e così le lucerne per l’illuminazione. Questi ultimi oggetti avevano grande
importanza perché servivano per conservare i cibi e spesso venivano interrati; inoltre
erano corredati da targhette di piombo, attaccate con lacci, che indicavano la merce
immagazzinata, i nomi dei mercanti, numeri d’inventario. Altri oggetti di produzione locale
sono grandi olle e brocche, i mortai a grattugia costituiti da larghe coppe la cui superficie
interna risultata rivestita di granuli di diverse dimensioni che permettevano di triturare i cibi
con il pestello. Le olle, oltre alla funzione domestica, potevano avere una destinazione
funeraria, usate cioè per urne cinerarie o balsamari per il corredo del defunto. Invece a
concordia non è documentata la presenza di impianti produttivi di oggetti in ceramica fine
da mensa, prodotti invece ad Arezzo, sia con la tecnica della terra sigillata, sia a parete
sottile.
Un’altra professione attestata a Concordia era quella del margaritarius, che lavorava il
bronzo o l’oro per ottenere oggetti ornamentali, come le armille (bracciali e braccialetti),
anelli, orecchini, collane e pendenti, spesso impreziositi da castoni in pietra dura importata
grezza dal Norico (corniola) o dall’oriente (diaspro). Erano prodotte anche fibule,
indispensabili per trattenere vestiti e mantelli. Veniva lavorata anche l’ambra, importata dal
mar Baltico, per preparare i corredi funerari, specialmente delle donne. Anche il vetro
veniva utilizzato e lavorata per ottenere i balsamari. Il bronzo veniva utilizzato anche per
oggetti di uso comune, come chiavi e serrature, campanelli per chiamare la servitù o per
adornare le statue, posate, vasi di diverse dimensioni, lucerne (utilizzate per
l’illuminazione). Altri oggetti avevano un uso più specifico, come uncini, bisturi, linguale
(cucchiai obliqui terminanti con una punta all’estremità opposta), usati come strumenti
chirurgici.
A partire dal II secolo a.C. si attivarono la fabbriche di mattoni; questi venivano prodotti
con argilla e paglia e, una volta impastati con fango, venivano cotti nel forno o lasciati
essiccare al sole. I mattoni erano utilizzati in molti campi, per le abitazioni, per esempio, in
particolar modo per i tetti, i quali necessitavano anche delle antefisse, per tenere bloccate
le tegole. I mattoni prodotti molto spesso venivano contrassegnati da timbri, una sorta di
marchio di fabbrica, come avveniva per i vasi. Un esempio sono le scritte: C. FLAVI, E
VARIST. Questi marchi, come per i vasi o le anfore, potevano indicare il nome del
proprietario, del capo dell’officina, ecc.
Altre professioni diffuse a Concordia erano quelle dello scultore o dello scalpellino, che
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lavorava il marmo o il ferro battuto; la materia prima, la pietra d’Istria solitamente giungeva
da Pordenone o da Trieste.
Un’altra professione diffusa era quella del maestro: le lezioni si svolgevano solitamente
nella bella stagione, da marzo/aprile fino a settembre e perciò avvenivano all’aperto, al
riparo di un portico. Le prime nozioni riguardavano l’alfabeto che gli allievi scrivevano su
tavolette di cera d’api (il miele era un materiale molto prezioso anche come dolcificante e
la cera per l’illuminazione) incidendole con uno stilo. Su questi supporti però venivano
trascritte solo le nozioni fondamentali, per il resto era necessaria molta memoria.
Divertimenti, tempo libero e religione
Per il tempo libero dei coloni di Concordia era presente un teatro, che misurava 80 metri
di apertura e circa 120 in profondità; aveva una capacità di ben cinquemila persone. Erano
soprattutto i militari, anche quelli che stanziavano tra Concordia e Aquileia, ad usufruire di
questo servizio, nel periodo di pace. Un’altra fonte di divertimento erano le terme, un
edificio in cui gli ambienti principali erano il vestibolo, gli spogliatoi, il frigidarium (la vasca
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con l’acqua fredda), il tepidarium a temperatura ambiente, il calidarium, con l’acqua calda,
ambienti per i massaggi e per la sudorazione (saune). Ma le terme non erano solo un
luogo dove si poteva fare il bagno, ma era come un centro commerciale di oggi: vi era la
palestra, la biblioteca, osterie, negozi. Era quindi un centro importante dove venivano
trattati gli affari e i commerci, un luogo dove avvenivano gli scambi, anche d’informazioni,
notizie, di cultura.
Anche il foro, al centro della città, aveva molta importanza, infatti, questo era il luogo dove
si apprendevano le notizie e le novità. Vicino al foro era situato anche il tempio della
divinità principale, Giove. Divinità minori erano Minerva e Nettuno.
Strati della popolazione oggi
Distribuzione per età e settori di occupazione
Un confronto tra presente e passato si può operare solo osservando come i dati
riguardanti l’età media si sono modificati partire dall’epoca dei paleoveneti fino ad oggi.
18 anni
33 anni
40 anni
80 anni circa
Popolazione paleoveneta
Popolazione romana (mangiavano solo
verdure, pesche e poca carne, erano bassi
e in media abbastanza magri)
Popolazione medioevale
Popolazione attuale
Come si può notare la vita si è molto allungata, segno di mutate e migliorate condizioni di
vita, dovute ad una più regolata alimentazione, alla diminuzione di malattie mortali, ad un
apparato sanitario più efficiente, all’avvento delle tecnologie avanzate e ad un clima di
pace.
Concordia è stata, a partire dalla fondazione della colonia, un centro commerciale molto
attivo, ma con il passare del tempo questa funzione è diminuita. Ora Concordia Sagittaria
si può considerare come un grosso paese, ma non può essere certamente paragonata alle
grandi città moderne, come la vicina Pordenone o Trieste. Infatti, la popolazione calcolata
è risultata di circa 10562 abitanti, di cui 5100 maschi e 5462 femmine, su una superficie
urbana di 150 ettari. Le famiglie anagrafiche calcolate sono circa 3.448; la popolazione in
età lavorativa è di 7.501 persone, di cui 3748 maschi e 3753 femmine; i residenti all’Estero
sono 590, 318 maschi e 272 femmine; gli stranieri residenti 58, 31 maschi e 27 femmine.
Questo dato si può mettere in relazione con il passato: mentre nell’antichità a Concordia
risiedevano molto stranieri, come abbiamo visto anche dalle antiche iscrizioni (vedi ad
esempio la comunità siriaca), ora queste presenze costituiscono una netta minoranza
della popolazione. Questo ci porta a formulare una domanda: “Concordia Sagittaria ha
ancora quel ruolo di centro commerciale che ha rivestito nell’antichità?”
Sicuramente è ancora un centro d’importanza rilevante, infatti, ha vicino un’autostrada che
la collega con altre città molto grandi, come Venezia, Trieste, Pordenone, ma nel corso dei
secoli ha perso la centralità che aveva conquistato nell’epoca romana. Infatti, durante le
invasioni barbariche è stata rasa al suolo e la sua eredità culturale venne raccolta dalla
Chiesa, l’unica istituzione in grado di porsi come punto di riferimento sociale e culturale.
Inoltre nel XVII secolo ci fu un fenomeno di spopolamento e depauperazione dei luoghi
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dovuti all’insalubrità della zona per la presenza di paludi e acquitrini a causa
dell’arretramento della laguna.Solo gli interventi di bonifica avviati nel secolo scorso
determinarono una ripresa economica della città, che tuttavia è rimasta segnata da questi
eventi. Durante le attività di bonificazione, vennero recuperati 2500 ettari di territorio e altri
2000 con l’agricoltura intensiva. Questo processo ha determinato in Concordia lo sviluppo
di un’economia di tipo agricolo ed artigianale, quindi il ruolo commerciale è stato perlopiù
abbandonato.
Ora il territorio è articolato in quattro frazioni (Sindicale, Cavanella, Paludetta, Teson) più il
centro. Ogni frazione è dotata dei servizi di base: strutture scolastiche, religiose, del tempo
libero.
Per quanto riguarda i mestieri e le professioni attuali, è attiva una distilleria ed è
presente un fiorente allevamento bovino ed equino. Inoltre è ancora attivo l’artigianato del
ferro battuto e del marmo, che ricorda l’artigianato che veniva praticato all’epoca della
colonia. Queste attività trovano la loro espressione in feste popolari, legate alla tradizione
cristiana di Concordia, soprattutto al culto della Madonna e di S. Stefano, patrono del
paese e nella seconda domenica del mese d’Aprile, nel centro storico, viene allestita una
pittoresca mostra mercato dei fiori.
In modo particolare la fiera allestita in occasione del patrono assume grande importanza,
soprattutto perché le sue origini sì perdono nel tempo. Infatti, per quest’occasione, il 4
agosto, nei secoli scorsi, accorrevano a Concordia venditori e compratori di cavalli e
bovini, mercanti e saltimbanchi, giunti per istallarvi attrattive per vivacizzare la gran festa,
caratteristica espressione di una cultura ad ampia partecipazione popolare, che continua
ancora oggi.
Una caratteristica curiosa su Concordia è il suo ricco e colorito dialetto, che si differenzia
per cadenza e vocaboli da quelli di stampo friulano o d’indole veneziana abituali nel
portogruarese.
Per quanto riguarda i monumenti, si può notare che davanti al palazzo municipale non è
presente una statua che ricorda uno dei personaggi famosi che qui nacquero, dato che
Concordia vanta alcuni figure illustri, ma invece venne innalzata una statua in marmo che
riproduce la figura di un lavoratore, uno delle migliaia dei “badilanti”, che negli anni Venti, a
forza di braccia e lavorando nel fango, hanno reso possibile quella bonifica da cui è
iniziata la rinascita del paese.
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Bibliografia e fonti
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“ Concordia 3000 anni di storia” esedra editrice 2001. Articoli di Giovanella Cresci
Morone, Francesca Veronese, Giovanna Maria Mandrini, Silvia Cipriano.
Articolo di Claudio Zaccaria “ Alle origini della storia di Concordia Romana”
“ Il museo nazionale concordiese di Portogruaro e le aree archeologiche di
Concordia Sagittaria” di Pierangela Croce Da Villa, stampa tipo Sagittaria,
Concordia Sagittaria, Ve, marzo 2001
“Il Veneto paese per paese” vol. II, Bonechi editore.
Materiale tratto da Internet , in particolare dai siti:
www. Archeologia.beniculturali.it
sbnp.provincia.venezia.it
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