Voci Nel Buio - vita nell`aldila`

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Voci Nel Buio - vita nell`aldila`
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Leslie Flint
VOCI NEL BUIO
LA MIA VITA DI MEDIUM
Titolo originale dell'opera:
VOICES IN THE DARK
MY LIFE AS A MEDIUM
(Macmillan, London, 1971)
Traduzione di
Jeanette Ferretti
© 1971, Doren Montgomery and Leslie Flint, London.
© 1974, Casa Ed. Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo I
Malgrado una fanciullezza che darebbe degli incubi a qualsiasi psichiatra moderno
specializzato in bambini, o forse appunto per questo, ho raggiunto l'età di
cinquantanove anni senza essere un nevrotico e senza nemmeno urlare nel sonno. Sono un
uomo felice. Ho amici che mi danno grandi piaceri, hobbies che mi assorbono, e trovo
soddisfazione a compiere il mio lavoro. Faccio il mio lavoro stando pienamente sveglio
nel buio totale con persone che mi circondano.
Sono un medium. Posseggo il dono raro conosciuto sotto il nome di "voci dirette
indipendenti". Non parlo in trance, non ho bisogno di trombe o accessori. Le voci dei
morti parlano direttamente ai loro amici o parenti e si collocano nello spazio poco
sopra la mia testa leggermente di fianco. Sono voci obiettive e le persone che le
ascoltano possono registrarle sul loro registratore e ascoltarle dopo nell'intimità
delle loro case. A volte quelli che parlano dall'aldilà della tomba riescono solo a
mormorare, rauchi e affaticati, altre volte parlano chiaramente e correntemente con
voce facilmente riconoscibile per essere stata la loro durante la vita terrena. Anche
dopo trentacinque anni della mia vita di medium non posso capire quali siano le
condizioni che causano questo fenomeno che varia così. Quello che so è che ho imparato
di più sulla vita e sulla gente e sui problemi umani stando seduto nel buio, di quello
che avrei potuto imparare in qualsiasi altro modo e quelle che mi hanno insegnato di
piùMisono
sembra
le persone
che dopoche,
essere
morte
entrato
per questo
nel mio
mondo,
sessantesimo
vivono nell'altro.
anno, sia venuto il momento di
mettere su carta la storia del mio strano talento e della vita che ne ha seguito; e
come meglio cominciare se non dal principio?
Mia madre era troppo bella per avere una vita tranquilla, ed amava i piaceri e
l'ammirazione; pertanto nessuno fu sorpreso a St. Albans, nella sudicia strada dove
abitava con la madre vedova, quando lasciò il suo lavoro in una fabbrica locale e sparì
dalSenza
suo abituale
dubbio, ricovero.
molto caritatevolmente, pensarono al peggio; in questo caso avevano
ragione, ed io nacqui in una casa dell'Esercito
- 6 della Salvezza a Hackney. Mia madre si rifiutò di lasciarmi adottare e con molto più
coraggio di quello che avrebbe dovuto avere in analoghe circostanze ai nostri giorni,
ritornò a St. Albans con il suo sconveniente fardello affrontando le critiche dei
vicini. Ma la fatalità con l'aiuto di mia nonna, lavorava per lei, come si suol dire,
senonché la fatalità e mia nonna fecero un disastro completo. In luogo delle
recriminazioni e dell'ostracismo che mia madre si aspettava, trovò mio padre con
un'offerta di matrimonio ed una camera mobiliata. Cosicché la mia venuta al mondo fu
legalizzata
Il loro matrimonio
ufficialmente
era destinato
e divenne al
rispettabile.
fallimento fin dall'inizio. Erano troppo giovani,
disperatamente poveri e furono proiettati nella maturità dai loro genitori prima che
fossero pronti ad assumere le loro responsabilità.
Mia madre che amava l'allegria e le luci forti dei locali notturni, i bei vestiti e
l'ammirazione degli uomini, si trovò intrappolata in una misera camera con un bambino
che piangeva senza darle tregua ed un marito che beveva tutto il suo stipendio e
scommetteva il resto su dei cavalli che non sembravano mai vincere.
Malgrado ciò sopravvissero a tre anni di discordia, litigando continuamente fino allo
scoppio della guerra 1914-1919 quando io avevo compiuto tre anni. Mio padre fu uno dei
primi uomini di St. Albans ad arruolarsi volontario, non credo per fervente
patriottismo, ma piuttosto per uscire dall'inferno domestico in cui viveva.
Mia madre accettò tranquillamente la partenza del marito per la Francia e convinse
sua madre ad avere cura di me durante il giorno, ottenne un posto in una industria
locale di munizioni e ricominciò una nuova vita. Aveva il sussidio di guerra,
guadagnava denaro nell'officina e St. Albans era piena di uomini in licenza sul punto
di tornare in trincea, che erano ben contenti di portarla in giro e offrirle i
divertimenti
Uno dei miei
chepiù
desiderava
antichi ricordi,
ardentemente.
vivido ancor oggi, è di essermi svegliato nel buio,
e trovandomi solo nella stanza che era la nostra casa, sentirmi spaventato ed avere una
disperata paura che mia madre se ne fosse andata via come mio padre e che nessuno dei
due sarebbe mai più tornato. Mi vestii alla meglio nel buio ed uscii a vagabondare.
Ricordo ancora che sostai sotto la pioggia nella strada buia, chiamando ripetutamente
mia madre, ma non c'era nessuno ad ascoltarmi ed io mi sedetti sui gradini della casa
di un vicino e mi addormentai. Quando mia madre finalmente tornò a casa mi trovò seduto
davanti al loro focolare bevendo latte caldo. Mi riportò nella nostra stanza e mi
sculacciò sonoramente per averla svergognata nei confronti dei vicini.
- 7 –
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Accadde che quella notte di desolazione fu il preludio di un periodo di felicità. Mia
madre si rese conto che non poteva lasciarmi di nuovo solo nella nostra stanza ed
andare a divertirsi senza causare l'intervento dei vicini. Tuttavia non aveva
intenzione di rinunziare alla sua libertà e quindi concepì un piano. Ogni sera, dopo
essersi vestita per uscire, mi conduceva per mano al cinema locale e mi consegnava alla
signora Knight, la moglie del gestore, che per tre o quattro pence mi metteva su una
sedia dove poteva tenermi d'occhio e dove sarei rimasto fino al momento in cui il
cinema chiudeva e mia madre veniva a riprendermi. Io non ero abbastanza adulto da
capire la maggior parte dei numerosi film che vedevo, ma quelle serate al cinema mi
incantavano. Mi piaceva il mormorio che correva tra il pubblico quando le luci
si
spegnevano, la sensazione eccitante che qualcosa di meraviglioso stava per accadere.
Quando il film cominciava, il mormorio e l'agitazione cessavano di colpo e tutti gli
occhi erano fissi sulle tremolanti figure dello schermo. Mi piaceva la musica romantica
che il pianista suonava sul pianoforte verticale. Arrivai a riconoscere la musica
amorosa, la musica collerica e l'eccitante musica rapida quando l'eroe o la sua bella
si trovavano in qualche terribile situazione. Ogni minuto di quelle notti al cinema mi
piacevano.
Ma il tranquillo intermezzo ebbe una fine repentina quando mia madre fuggì con uno
dei suoi ammiratori e scomparve dalla mia vita. Fui raccolto da mia nonna e condotto a
vivere con lei in una casetta di due stanze sopra e due sotto in una povera strada di
abitazioni a terrazza dove essa sopravviveva, non viveva, con pochi scellini alla
settimana. Il costo di nutrire un'altra bocca era veramente al di là dei suoi mezzi, ma
mia nonna sapeva all'occorrenza quali fossero i suoi doveri.
Mia nonna non sapeva né leggere né scrivere e aveva solidi principi che mi inculcava
con mano pesante se lo riteneva necessario. Lavorava duramente e non la vedevo mai
ferma. Trascorreva, le sue giornate alla grande tinozza nella cucina lavando non solo
la nostra roba, ma anche la biancheria che prendeva dai vicini per guadagnare qualche
soldo in più. Se il tempo era bello la nonna appendeva la biancheria lavata in cortile,
ma nei mesi d'inverno ogni lunedì mattina stendeva corde attraverso la cucina, che era
anche la nostra camera, e le lenzuola, le camicie e le tovaglie battevano sulla nostra
faccia per due giorni finché non fossero abbastanza asciutte da poter essere stirate
con un pesante ferro. Il denaro in più così guadagnato ci aiutava a mantenerci. Avevamo
anche un inquilino che pagava pochi scellini per il vitto e l'alloggio e senza questo
con- 8 tributo al nostro bilancio dubito che avremmo potuto tirare avanti. Suppongo sia
difficile per i membri della nostra florida società immaginare una povertà disgraziata
come la nostra, ma in quel tempo un uomo adulto poteva guadagnare un salario di 12
scellini e mezzo per il lavoro di una settimana e un uomo sposato poteva mantenere la
famiglia con una sterlina alla settimana.
La nonna ed io ci prendevamo occasionalmente dei lussi. Mi ricordo di aver ricevuto 4
pennies per correre al negozio dell'angolo a comprare due pennies di biscotti rotti e
due di marmellata. Il carbone era un lusso spesso irraggiungibile e nell'autunno la
nonna prendeva in prestito da un vicino una vecchia e logora carrozzella da bambini e
andavamo a far legna nella campagna intorno a St. Albans e a raccogliere combustibile
da immagazzinare per l'inverno. Passavamo così molti pomeriggi perché la nostra vecchia
casetta a terrazzo era fredda ed umida in inverno e noi non avevamo denari per
malattie. Vedo ancora mia nonna seduta presso un fuoco di legna, rinforzato con la
fuliggine del camino per farlo durare di più accomodando, rattoppando e rammendando ed
io seduto ai suoi piedi godendomela al calore del fuoco.
Anche se gli abiti che indossavamo erano vecchi e frusti, rammendati e rattoppati,
erano però sempre puliti, tenuti con cura e rispettabili. La rispettabilità era
estremamente importante in quel tempo per la classe operaia e quando la nonna usciva,
sebbene i suoi vestiti fossero anche allora fuori moda, erano tuttavia di stile
vittoriano ed appariva sempre linda e in ordine.
Mia nonna aveva un'enorme influenza su di me e, poiché aveva un severo codice morale,
fui allevato secondo i suoi alti ideali di ciò che era giusto e ciò che era ingiusto,
sebbene senza alcuna formale osservanza religiosa perché la nonna avrebbe considerato
poco rispettoso entrare nella casa di Dio con i suoi vestiti logori e si rendeva conto
della sua mancanza di cultura che le impediva di seguire il servizio divino. Ma quando
ero piccolo mi mandò alla scuola domenicale; indossavo un abito da festa, un colletto
pulito, il mio viso era ben lavato ed i miei capelli spazzolati e lisciati. Il vestito
da festa sarebbe stato restituito il giorno dopo all'agenzia di pegni dove sarebbe
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
rimasto per quasi tutta la settimana in cambio di un paio di scellini che servivano a
comprare gli alimenti; ma alla scuola domenicale ero pulito, in ordine e rispettabile.
La scuola domenicale mi piaceva, specialmente nei mesi invernali, perché era calda e mi
divertiva ascoltare le storie della Bibbia, sentire parlare del cielo e dell'inferno,
di come i morti sarebbero risorti dalle loro tombe per essere giudicati quando l'angelo
Gabriele avrebbe suonato nell'ultimo giorno la sua tromba d'argento. Io accettavo come
verità tutto quello che udivo. Un giorno
- 9 scoprii che un ragazzo nella mia classe frequentava tre scuole domenicali e questo mi
lasciava perplesso. Avevano tutte differenti dèi? Che specie di storie raccontavano gli
altri maestri? Ma la cosa era più semplice. Frequentando tre scuole domenicali questo
ragazzo intraprendente aveva diritto a tre alberi di Natale.
L'albero di Natale era l'evento più importante ed eccitante di tutto l'anno. Vi era
un albero di Natale decorato in modo che a me sembrava togliere il fiato tanto era
meraviglioso e ogni bambino riceveva un giocattolo dai suoi rami carichi. Poi vi era
una lanterna magica che ci dava una rappresentazione seguita da uno stupendo festino di
sandwich di marmellata, gelati e dolci con limonate. Finalmente, al momento di andare a
casa ci regalavano una arancia e un pallone. Pensavo che quel bambino era terribilmente
intelligente per ottenere tre occasioni così brillanti in un anno.
Timidamente gli domandai se potevo imitarlo e molto gentilmente mi disse che forse
avrei potuto. E così per tutto un anno, all'insaputa di mia nonna, il mio amico e io
andammo a tre scuole diverse la domenica, meritandoci di diritto tre alberi di Natale.
Con gioia maligna guardando i miei tre giocattoli, le tre arance, i tre palloni, senza
menzionare il ricordo di averli fatti scoppiare, mi sentii vagamente colpevole ma
fermamente deciso di ripetere la manovra l'anno dopo.
Fu circa a quel momento, nell'estate del 1918 che ebbi quella che ora so essere stata
la mia prima esperienza psichica. Ricordo vivamente che ero in cucina con mia nonna
quando mia zia Nell entrò accasciandosi su una sedia piangendo. Suo marito era stato
ucciso in Francia e lei entrò seguita da un soldato che portava un sacco contenente gli
averi di mio zio Alf. Ma dietro questo soldato con il sacco camminava un altro soldato
che era in piedi nella nostra cucina, sembrava perduto e triste e tirava invano la
manica del vestito di mia zia Nell cercando di attirare la sua attenzione. Mia zia Nell
non sembrava notarlo affatto e dopo poco il soldato scomparve. Più tardi, quando mia
zia mi fece vedere una fotografia di mio zio Alf, potei riconoscere in lui il soldato
dall'aria triste che cercava invano di attirare l'attenzione di zia Nell. Ma quando le
raccontai quello che avevo visto, sia lei che mia nonna si arrabbiarono con me e mi
accusarono di dire bugie.
Quando mi misi ad insistere che avevo detto la verità mi presi uno schiaffo da mia
nonna.
Un'altra volta, di ritorno dalla scuola, sentii voci dalla cucina. La voce della
nonna e quella di una donna a me sconosciuta. Entrato in cucina, mia nonna non stava
parlando affatto, era seduta sulla seggiola di vimini cucendo, ma in piedi al suo lato
vi era una
- 10 donna anziana con un grosso neo sul mento che svanì quando entrai nella stanza. Quando
domandai alla nonna cosa fosse accaduto alla signora che stava parlando con lei, mi
disse che era immaginazione perché era stata sola tutto il pomeriggio. Descrissi la
donna che avevo visto e quando menzionai il neo sul mento ricevetti un altro schiaffo
perché "Stai parlando della signora Pugh che è morta e seppellita da più di un mese".
Dopo questo episodio imparai a tacere della gente che vedevo e che improvvisamente
spariva.
A scuola non ero fra i grandi intelletti, ma in un campo ero abbastanza brillante,
quello dell'arte. Mi piaceva disegnare e dipingere e mi piaceva il Signor Lewis, che
insegnava quella materia. Era un uomo alto e magro, credo vicino ai cinquanta ed era
stato malamente colpito dai gas in trincea, tanto che tossiva continuamente a colpi
brevi e secchi. Il signor Lewis lodava spesso i miei sforzi e mi incoraggiava ad
aspirare ad un corso di scuola d'Arte quando fossi più grande. Anche se io sapevo che
data la nostra povertà questo era un sogno quasi impossibile da realizzare,
quell'incoraggiamento e quella lode significavano molto per me e ricordo i giorni
memorabili in cui appendevamo i miei lavori per farli ammirare dalla scolaresca. Alla
fine credo che cominciai a considerarlo come una specie di figura paterna nella mia
vita, probabilmente perché mio padre vi era rimasto troppo brevemente. Ricordo ancora
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
il dolore e la forte impressione che provai quando il signor Lewis morì dopo una
malattia durata pochi giorni. Mi confortava un poco di sapere che sarebbe stato onorato
con dei funerali militari perché la sua morte era avvenuta per causa del suo servizio
nelle trincee e che dodici ragazzi delle scuole sarebbero stati scelti per seguire la
sua bara ricoperta dalla bandiera dell'Union Jack. Siccome ero stato uno dei suoi
allievi ed avevo preso tanto interesse nel mio lavoro ero sicuro che sarei stato scelto
per seguire la sua bara al cimitero, invece non venni considerato e il mio dolore per
la sua morte divenne ancora più amaro.
Quando ebbi dodici anni trovai un lavoro da farsi al mattino prima di andare a
scuola. Dovevo svolgerlo in una casa situata in quello che io pensavo fosse la parte
più elegante di St. Albans. L'ambiente era, molto bene ammobiliato ed aveva dei
tappeti, quindi ne dedussi che fossero gente molto ricca. Mi alzavo alle sei tutte le
mattine e andavo al lavoro camminando e fischiando allegramente al pensiero di
guadagnare veramente dei soldi, e per un'ora e mezzo pulivo le griglie, accendevo i
camini e facevo altre faccende domestiche, poi correvo a casa e trangugiavo qualsiasi
cosa trovassi sulla tavola per la colazione, di solito pane, margarina e tè, quindi
uscivo per andare a scuola. Poi mia nonna ebbe la pensione per la vecchiaia, 10
scellini
- 11 la settimana e mentre le nostre finanze prendevano un aspetto più brillante, tutti i
venerdì mattina divennero un incubo per me. La nonna poteva incassare la sua pensione
solo il venerdì e quando arrivava quel giorno della settimana eravamo già senza un
soldo; doveva quindi incassarla la mattina per comperare da mangiare. Siccome non
sapeva scrivere il suo nome faceva una croce sul foglio e mediante un accordo con il
direttore del piccolo ufficio postale di fronte a casa nostra, questi riconosceva la
sua croce quale valida firma e mi pagava i dieci scellini. Ma l'ufficio postale non
apriva fino alle nove ed io a quell'ora dovevo trovarmi a scuola, così tutti i venerdì
mattina dovevo aspettare fuori dall'ufficio che arrivasse il direttore ad aprirlo e
darmi i 10 scellini, pur sapendo che ogni minuto che passava sarei stato in ritardo
alla scuola ancora una volta.
Appena incassato, attraversavo la strada correndo per dare a mia nonna i soldi e poi
di corsa a scuola. Ma ogni venerdì mattina ero in ritardo alle lezioni e siccome mia
nonna non poteva scrivere la giustificazione per spiegarne la causa, venivo picchiato.
Infatti era diventato un rituale. Alle nove e mezzo tutti i venerdì bussavo timidamente
alla porta del Rettore ed alle dieci meno venticinque le buscavo regolarmente.
Non ero il ragazzo più coraggioso della scuola, ma malgrado che il Rettore fosse
molto duro verso di me il venerdì mattina non mi sono mai lasciato sfuggire il più
piccolo lamento e tutto questo dovuto al fatto che vi era un quadro appeso al muro del
suo studio. Era un ritratto della Regina Boadicea nel suo cocchio e per una ragione che
non sapevo spiegare, mi dava coraggio. Pensavo che Boadicea e io avevamo qualcosa in
comune e che dovevo essere coraggioso quanto lei lo era stata per essere degno di lei.
Mentre aspettavo fuori dalla porta dell'ufficio del rettore il venerdì mattina, mi dava
conforto il pensiero che l'avrei riveduta anche se questo significava essere picchiato.
Provavo di farmela dare sulla mano anziché sul sedere, benché facesse più male, in modo
da trovarmi di faccia a quel quadro e poter guardare la regina mentre il rettore
brandiva il suo bastone.
Per lungo tempo pensai che il mio quadro fosse la vera regina Boadicea ma quando
appresi che invece era un'impostora ne rimasi scosso. Qualche anno prima della mia
nascita a St. Albans avevano fatto una ricostruzione storica della parata ed uno degli
episodi era stato la rivolta di Boadicea contro i Romani. Il mio quadro era il ritratto
di una donna che aveva fatto la parte della mia eroina, e che era stata scelta perché
essendo la moglie del lattaio del quartiere poteva requisire il latte che sgorgava dal
cocchio. Appena conobbi l'assurda verità il quadro perdette il suo incanto e quando il
rettore mi picchiò con il bastone, piansi.
- 12 Non mi venne mai in mente di raccontare a mia nonna queste punizioni settimanali. In
quei tempi i ragazzi non avevano l'abitudine di lamentarsi e se lo facevano, i grandi
non avevano l'abitudine di ascoltarli. Una delle massime che mi inculcarono da bambino
era "ciò che non può essere guarito deve essere sopportato".
Mia nonna era una donna straordinaria. Mi dette tutto quello che poteva da quel poco
che aveva, ma la sua vita era troppo dura, la lotta giornaliera per le minime necessità
dell'esistenza troppo severa, troppo inesorabile perché potesse esistere tenerezza, fra
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
di noi. Le nostre finanze essendo ora migliorate era possibile per mia nonna e per me
di avere un po' di svago. Per tre o quattro pence potevamo andare al cinema del
quartiere ed evadere per un paio di ore in un mondo incantato dove tutte le donne erano
belle e tutti gli uomini dèi.
I film che vedevamo erano muti ed io leggevo i sottotitoli a mia nonna. Forse
l'assenza di parole stimolava maggiormente l'immaginazione, ma gli spettatori in quei
tempi si identificavano totalmente e completamente con le stelle idolatrate e
guardavano i film come se vedessero personaggi reali vivere una vita fatta di realtà.
Come godevamo oppure soffrivamo con l'eroina, come parteggiavamo per l'eroe oppure lo
avvertivamo delle macchinazioni del bruto che abitualmente salutavamo a fischi. Negli
anni di fame del 1920 la classe lavoratrice non era né sofisticata né educata come
quella dei tempi moderni, vi erano milioni di persone che non sapevano leggere e
scrivere e vivevano in squallida povertà. Il cinema portava romanticismo, incantesimo e
stimolo nelle loro vite ed anche se gli intellettuali lo chiamavano l'oppio delle
masse, per lo meno era una droga relativamente innocua e a un prezzo che anche il più
povero poteva pagarsi di tanto in tanto.
Mia nonna ed io vedevamo tutte le grandi stelle del cinematografo ed i film erano la
nostra delizia e la nostra gioia. Almeno una volta alla settimana compravamo dei
biglietti da 4 pence per il nostro mondo incantato e sedevamo con gli occhi fissi sullo
schermo completamente trasportati.
Seguivamo i veri episodi e se alla fine di uno di essi Pearl White era lasciata
legata mani e piedi sul binario di un treno espresso eravamo in angoscia fino al
prossimo per sapere se sarebbe stata salvata. Nel fondo di noi stessi sapevamo che per
forza doveva essere salvata ma questo non ci impediva di vivere in ansia per una
settimana.
Pressappoco a quel tempo St. Albans ebbe il suo primo super-cinema e ci doveva essere
una
rappresentazione
di
gala
per
l'inaugurazione
con
I
Quattro
Cavalieri
dell'Apocalisse di Rodolfo Valentino. I posti per questo grandioso evento erano cari e
poi erano tutti
- 13 comperati dai ricchi e dalla gente privilegiata della città, ma all'ultimo momento
sapemmo che ve ne erano alcuni a buon mercato per chi voleva fare la coda la sera del
grande evento. Naturalmente mia nonna ed io arrivammo al cinema alcune ore prima e ci
mettemmo in coda per i preziosi posti. Restammo a fare la coda per tre ore avanzando
centimetro per centimetro, ma finalmente riuscimmo ad entrare ed a sederci trionfanti
in due eleganti sedili nella prima fila dell'Auditorio. La lunga attesa e i sedili che
ci facevano venire il torcicollo e male agli occhi perché erano troppo vicini allo
schermo non ci impedirono affatto di goderci il film. Ci godemmo ogni momento della
serata e Rodolfo Valentino era per noi l'attore più meraviglioso che avessimo mai
visto. Da allora diventammo i suoi devoti ammiratori.
L'ufficio postale di fronte alla nostra casa era diventato una specie di luogo di
pubblica discussione per scambio di notizie, pettegolezzi e soprattutto di informazioni
per impieghi, specialmente per questi. Quelli erano i giorni in cui il lavoro
tristemente scarseggiava, per ogni posto libero vi erano dozzine di domande ed anche il
più piccolo indizio di un possibile impiego era abbastanza per far venire da lontano
uomini disperati nella speranza di essere accettati con qualsiasi salario, a qualsiasi
condizione pur di poter sfamare le loro famiglie e ritrovare il rispetto di se stessi.
Un giorno, poco dopo il mio tredicesimo compleanno, il capo dell'ufficio postale di
fronte a casa mia mi disse che il cimitero locale cercava un giovane forte e
volenteroso per lavorare come assistente ai giardinieri; benché non fossi entusiasta
all'idea di lavorare fra le tombe, mi decisi di provare ad ottenere l'impiego e nel
caso vi riuscissi avrei lasciato la scuola e cominciato la mia vita di lavoro. Lo
ottenni e così misi fine alla mia educazione e cominciai a lavorare al cimitero per 12
scellini alla settimana.
Il mio lavoro consisteva nel mantenere le tombe pulite ed ordinate, tagliare l'erba
all'orlo, e con una sarchiatrice e un rullo compressore schiacciare la ghiaia per fare
dei sentieri. Aiutavo anche a scavare le fosse e dopo i funerali a riempirle di nuovo.
Era un lavoro massacrante per la schiena, ma era un lavoro. Mi guadagnavo da
mantenermi.
Mi ricordo un giorno di freddo intenso in inverno quando lavoravamo nelle tombe
tagliando l'erba al margine, e aspettavamo la bara che doveva arrivare con il corteo
che seguiva il funerale. Noi, ovvero gli altri giardinieri e io, avevamo lavorato tutta
la mattina scavando la fossa per questa tumulazione e dopo qualche mese che lavoravo
nel cimitero avevo abbastanza esperienza da sapere che la durata del funerale dipendeva
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
dall'età del reverendo che seguiva il
- 14 –
feretro. Un giovane zelante avrebbe ignorato il vento pungente la pioggia e portato a
termine il servizio in una maniera reverente e tranquilla, ma uno più anziano avrebbe
affrettato quanto poteva per sfuggire al freddo e tornare al suo caminetto. Speravo
disperatamente che ne venisse uno anziano per un affrettato saluto al morto. La fortuna
mi sorrideva e l'anziano pastore che seguiva il corteo funebre fece una cerimonia lampo
e se ne andò di galoppo. Dopo che tutti se ne andarono, incominciammo a riempire la
fossa che era molto profonda perché in futuro avrebbe dovuto ospitare altre tre bare.
Il nostro primo compito fu di ritirare le corde con cui avevamo calato il feretro
nella fossa, ma una delle corde rimase impigliata e non si poteva disimpegnarla
malgrado tutti i nostri sforzi. Siccome io ero il più giovane, il più piccolo e il più
leggero di tutti i giardinieri del cimitero dovetti prendere una scala per scendere
nella fossa e, tenendomi diritto sul coperchio del sarcofago appena piazzato, liberare
la corda. Devo confessare che questo compito mi dette l'angoscia, ma essendo parte del
mio lavoro dovetti pur farlo. Forse lo feci troppo bene perché da quel giorno
ogniqualvolta che una bara rimaneva impigliata oppure una corda intrappolata, era
l'infortunato giovane giardiniere che veniva chiamato per eseguire questa orrida
operazione. Vi erano altri compiti nel cimitero che non trovavo di mio gusto, anzi
direi, paurosi, come per esempio quando un maggior numero di persone morivano durante
l'inverno e dovevamo riempire le nuove fosse durante la notte alla luce tremolante
delle lanterne. Era un lavoro malinconico e pauroso, ancora di più quando dovevo
scendere giù nella fossa per compiere il mio lavoro specializzato di disimpegnare le
corde.
Avevo quindici anni nell'estate 1926 e cominciavo a domandarmi se imparando tutto
quello che potevo dai giardinieri più anziani per le cure delle piante e dei fiori
avrei un giorno potuto sfuggire alle tristezze di un cimitero per lavorare sulle terre
di un gran signore in una tenuta in campagna. Con queste ambizioni in testa mi resi
molto impopolare verso gli altri giardinieri tempestandoli di domande e seguendoli
ovunque per osservare da vicino il loro lavoro.
In quell'anno, un caldo giorno di agosto, il mondo apprese meravigliato ed incredulo
che Rodolfo Valentino era morto subitamente a New York all'età di trentuno anni.
Milioni di persone avevano adorato l'uomo e l'ondata di violenta emozione e dolore
sembrava percorrere tutto il mondo. Nel mio cantuccio anch'io ero addolorato per la sua
morte e trovai il mondo più triste dopo quella perdita. Come potevo indovinare che nel
futuro sarei stato più amico di Valentino morto di quello che avrei potuto mai esserlo
quando era in vita?
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo II
Nel cimitero nascosto da una siepe di tasso vi era una capanna, ripostiglio degli
strumenti di giardinaggio, dove i giardinieri mangiavano i loro sandwich e facevano il
loro tè durante la sosta di mezzogiorno. Il signor Hobbs, mio superiore diretto, si
dilettava di dettar legge a tutti noi e la sua voce scricchiolava come la ghiaia sotto
i piedi e dominava durante quelle riunioni. Era un uomo magro e provato dal suo lavoro
all'aria aperta e aveva l'abitudine di scuotere il magro indice profondamente
ingiallito dalla nicotina verso chiunque si indirizzasse. Aveva la reputazione di
leggere molto e questo gli dava un vantaggio nelle discussioni poiché invariabilmente
citava qualche libro che pretendeva di aver letto per poter contraddire qualsiasi
opinione diversa della sua. Siccome noi altri tutti leggevamo solo i risultati dello
sport, oppure, come nel mio caso, riviste che parlavano solo di stelle e delle loro
vite a Hollywood, il signor Hobbs era diventato una specie di oracolo.
Un giorno un timido signore chiamato Carter ci raccontava come si fosse convertito
grazie all'Esercito della Salvezza e non potei fare a meno di essere colpito dal modo
con cui si illuminava la sua faccia mentre ci parlava della felicità che provava
sapendo che era stato salvato. Ma il signor Hobbs non era d'accordo. Si mise a scuotere
il suo magro dito sulla faccia del signor Carter e cominciò a farsi beffa di lui.
"Dovreste leggere la teoria di Darwin, giovanotto. Ha dimostrato, anni fa, che queste
sciocchezze sono un sacco di bugie". Naturalmente il signor Carter non aveva mai
sentito parlare della teoria di Darwin, ma il signor Hobbs espose la sua versione della
teoria sulla selezione biologica. Ma il signor Carter si rifiutò di essere accecato
dalla scienza. "Io credo che se viviamo una vita decente quaggiù andremo verso la
nostra ricompensa nell'altra vita" disse risolutamente. Il signor Hobbs si infastidì
moltissimo. "Ho appena finito di dirvi che non esiste l'altra vita! Tutto è evoluzione.
Prima eravamo pesci, poi siamo diventati scimmie ed ora esseri umani; quando moriremo
saremo concime per le rose in qualche cimitero e questo è assolutamente tutto quello
che resterà di noi".
Io ero il più giovane dei giardinieri e troppo timido per con- 16 traddire i miei colleghi più anziani, però mi fece dispiacere di vedere che sulla
faccia del signor Carter si andava spegnendo quella luce che lo aveva illuminato poco
prima e timidamente provai a dargli ragione raccontando l'episodio di quando vidi lo
zio Alf nella nostra cucina dopo che era già stato ucciso. "Era solo la tua
immaginazione, ragazzo. Pensavi al morto ed hai immaginato di vederlo. Ti sei
ipnotizzato da te stesso, molto probabilmente". Fatto forte da uno sguardo riconoscente
del signor Carter, insistetti.
"Non ho mai visto lo zio Alf in tutta la mia vita, come potevo immaginarlo? Non
sapevo neppure chi era, fino al momento che la zia Nell mi fece vedere la foto che
aveva trovato nel suo sacco militare".
Il signor Hobbs mi fissò con i suoi occhi celesti appassiti, si picchiò la fronte con
le sue dita ossute. "Ascolta il mio consiglio, giovanotto; non ti far sentire da nessun
dottore altrimenti ti ritroverai ricoverato al manicomio prima che ti riesca di
invecchiare". I suoi occhi e il suo dito mi diedero fastidio.
"Sì, signor Hobbs" dissi timidamente.
A sedici anni io mi interessavo della vita, di guadagnare, di crescere e di godere i
piaceri che mi capitavano e non mi davo molto pensiero della questione della vita dopo
la morte, ma l'incidente avvenuto nel ripostiglio degli attrezzi mi fece pensare a
queste cose seriamente per la prima volta. E’ vero, lavorare nel cimitero mi dava
l'impressione che la morte fosse un evento abbastanza definitivo. Quando le persone in
lutto se ne erano andate e la terra veniva gettata e compressa sulla nuova tomba,
sapevo molto bene che il cadavere era già in decomposizione, e la resurrezione al suono
della tromba d'argento dell'Arcangelo Gabriele all'ultimo giorno, sembrava una
impossibile bugia. Aveva ragione il signor Hobbs? Eravamo forse delle scimmie che
avevano appena imparato a essere più intelligenti dei loro antenati che vivevano sugli
alberi? Era forse il nostro universo un incidente cosmico destinato infine al completo
annientamento? Ma allora cos'era quella convinzione che dava al timido signor Carter
una scintilla interna e gli dava il coraggio di far fronte al formidabile signor Hobbs?
Mi misi a pensare a quando da bambino vidi lo zio Alf e la signora Pugh. Non mi erano
apparse delle persone fuori dell'ordinario in quel momento, eppure erano morte ed il
cadavere della signora Pugh doveva essere in avanzato stato di decomposizione. Li avevo
veramente visti oppure mi avviavo verso il manicomio, come il signor Hobbs sembrava
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
pensare? Per giorni e giorni mi misi a ponderare su tali ed altre questioni,
domandandomi dove potevo indirizzarmi, da chi potevo andare per avere una risposta alle
domande. Cominciai a pensare che
- 17 la cosa più importante nella vita fosse di capire il significato della morte.
Diedi la caccia alle chiese del mio quartiere. Tutte le settimane andavo dall'una
all'altra con la speranza di trovare un indizio, un grano di verità in cui potevo
credere, ma come Omar, "sentii grandi discussioni ma sempre uscivo dalla stessa porta
per la quale ero entrato". Desideravo assai di più di quello che la Chiesa poteva
offrirmi. Non mi accontentavo di "avere fede in" oppure di "sperare in", volevo sapere,
avevo bisogno di qualche convinzione su cui costruire la mia vita. Se la morte
significava oblio lo avrei accettato, anche senza rimpianti, ma volevo esserne certo.
Se vi era la vita dopo la morte ne volevo la prova e volevo sapere che tipo di vita
sarebbe stata.
Dopo varie settimane di intense ricerche nelle chiese cristiane di varie
denominazioni non trovavo né convinzione né speranza e cominciavo a disperare.
Lessi un articolo nella biblioteca del mio quartiere in cui parlavano di una riunione
della Società di Teosofia; qualcuno avrebbe parlato dell'Antica Sapienza. Questo sembrò
fatto per me poiché quello che io cercavo non era forse la sapienza? Mi feci prestare
un dizionario dalla biblioteca per guardare il significato di "teosofico" ed ebbi un
tremito di gioia nel leggere che "teosofia" era l'immediata divina illuminazione
posseduta come dono speciale da persone dotate di certi poteri.
Ero impaziente di arrivare alla sera della riunione.
Vi erano assai poche persone nella sala la sera del grande evento e ne provai
dispiacere per il conferenziere venuto da Londra proprio per quell'occasione, così che
quando lo vidi salire sul podio mi misi a battere le mani anche quando gli altri
avevano già finito per fargli sentire che era desiderata la sua presenza. Si mise a
parlare con un tono di voce molto sofisticato, usava parole che non avevo mai sentito
prima di quella sera e mi misi a pensare che doveva essere molto colto e siccome era
dotato di quei poteri speciali come diceva il dizionario Chambers, mi preparai a bere
ogni sua parola. Purtroppo la maggior parte del suo discorso non potei capirla. Aveva
molto da dire sul Corpo Astrale ma non si prese la pena di spiegare cosa fosse. Le cose
migliorarono quando si mise a parlare di anime che avevano progredito spiritualmente
nell'aldilà ed a volte si reincarnavano in corpi umani per compiere un lavoro speciale.
Le cose si mettevano meglio. Per lo meno questo signore colto e particolarmente dotato
era sicuro che c'era un aldilà. Poi venne il momento culminante. Il conferenziere mise
solennemente in guardia il pubblico che non bisognava avere niente a che fare
- 18 con gli spiritualisti i quali, quando entravano in contatto con i morti, lo erano
solamente con entità non sviluppate che giravano vaganti sulla terra e che a causa
delle loro basse vibrazioni non potevano essere di nessun aiuto. Questa era la prima
volta che sentivo che era possibile mettersi in contatto con i morti e l'idea mi eccitò
molto. Se questo era vero, allora qualsiasi entità con la quale si entrasse in
contatto, con vibrazioni alte o basse che fossero, provava certamente che vi era la
vita dopo la morte, o per lo meno così mi misi a ragionare in quel momento.
Era chiaro che il prossimo passo da fare era di cercare questi spiritualisti con le
loro basse vibrazioni, qualsiasi cosa esse fossero, e vedere cosa potevo imparare da
essi. Seguitavo a domandare a tutti dove potevo trovarne, ma nessuno sembrava saperne
nulla in proposito. A volte le persone a cui domandavo reagivano in modo strano. Si
allontanavano da me e sembravano offese oppure facevano un gesto pietoso come per dire
che ero pazzo. Cominciai a credere che seguivo le tracce di una sinistra società
segreta.
Oggi lo Spiritualismo è una rispettabile religione ufficiale con tre milioni di
aderenti in questo paese, ma in quel tempo i medium rischiavano di essere perseguitati
con la legge contro le Streghe del 1785 e per la maggior parte praticavano
clandestinamente. Non lo sapevo in quel momento, naturalmente e ne conclusi che avevo
raggiunto un'altra strada senza uscita.
Dopo qualche settimana, quando avevo più o meno abbandonato la ricerca di questi
Spiritualisti inafferrabili ebbi l'incarico di rimettere in ordine una fila di tombe
note col nome di "Contratti" perché i parenti pagavano al cimitero una somma fissa
annuale per il loro mantenimento. Quando ebbi finito, notai oltre quella fila una tomba
trascurata e coperta di erbe selvagge. Ebbi pena dello sconosciuto del quale nessuno si
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
curava e avendo un poco di tempo prima dell'interruzione di mezzogiorno, decisi di
rimetterla in ordine. Mentre ero occupato a tagliare l'erba alta e le erbacce di quella
tomba abbandonata, una donna giunse attraverso il sentiero portando un fascio di fiori
freschi. Tolse dalla tomba che stava visitando i fiori che, ai miei occhi non critici,
sembravano quasi freschi, li gettò in un cesto di rifiuti, mise sulla tomba i fiori
freschi e se ne andò via. In quel momento i miei sforzi erano riusciti a scoprire il
nome sulla pietra della mesta tomba sulla quale stavo lavorando e vidi che l'uomo
seppellito era una volta conosciuto col nome di Edwin Lewis. Con un ricordo pieno di
emozione esaminai le date sulla pietra tombale e non mi rimase alcun dubbio che quella
era la tomba del caro signor Lewis, il mio maestro, il quale era convinto che un giorno
avrei potuto diventare un artista. La tomba fu pulita
- 19 e messa in ordine per quanto mi riuscì, quindi ricuperai dai rifiuti i fiori quasi
freschi buttati dalla donna, li scossi un poco, li misi in ordine nel miglior modo
possibile e messi in un vaso di marmellata li posi sulla tomba del signor Lewis con una
piccola preghiera per la sua felicità, ovunque egli potesse essere.
Mentre stavo seduto in un angolo del ripostiglio per attrezzi facendo lo spuntino di
mezzogiorno, potevo sentire la voce stridente del signor Hobbs sopraffare le altre come
d'abitudine. "E così, dissi alla signora, è un mucchio di maledette sciocchezze. Da
trent'anni seppellisco cadaveri, dico, e credetemi rimangono seppelliti. Come possono
tornare indietro? Questi spiritualisti vogliono i vostri quattrini, stupide bestie!".
Rimasi quasi soffocato dal mio sandwich di prosciutto. Il signor Hobbs continuò con la
sua voce stridula “Inoltre, dico, se mettete piede questa sera nella sede dell'Incontro
Amici per cercare di chiamare i defunti finirete tutti all'inferno bruciati!”.
Il discorso del signor Hobbs fu sommerso dall'eccitazione. Finalmente avevo
un'indicazione per arrivare a questi Spiritualisti inafferrabili. Qualsiasi cosa
accadesse sarei stato quella sera nella sala di ritrovo dei Quaccheri.
Ripulito e con l'abito della domenica arrivai alla casa dell'Incontro Amici e lessi
un avviso posto all'entrata che diceva vi sarebbe stata quella sera una funzione
spiritistica e la signora Anna Johnson, la ben nota medium che andava in trance,
avrebbe pronunziato un discorso seguito da chiaroveggenza. Trance? Chiaroveggenza?
Ebbene c'era solo un mezzo per sapere cosa fossero ed entrai.
La sala era piena solo per metà e decisi di sedermi nell'ultima fila, vicino il più
possibile all'uscita per il caso che volessi eseguire una veloce ritirata prima della
fine della seduta. A poco a poco la sala si riempì e furono distribuiti i libri degli
inni. Sulla copertina del mio io lessi Libro degli inni dei più grandi spiritualisti
cristiani del mondo. Ah, pensai, così sono cristiani, non è vero? Ma guardandomi
intorno non mi parve che vi fosse molta atmosfera di chiesa in quella sala spoglia.
La gente parlava, perfino ridevano insieme, non vi erano gli ornamenti religiosi che
mi ero abituato ad ammirare durante i mesi che avevo girovagato nelle altre chiese
cristiane in cerca della verità. Quando ebbe principio il servizio rimasi ancora meno
impressionato. Sembrava una funzione fatta per caso. Consideravo che vi mancava un
tocco professionale. Infatti, mi sentii in un certo qualmodo superiore a quella gente
semplice che cantava gli inni e che pregava chiacchierando come se stesse parlando a
Dio in termini di amicizia. Mi sembrava molto presuntuoso. Pensai, questo è il peggior
servizio religioso a cui ho assistito fino ad oggi.
- 20 Improvvisamente vi fu subbuglio ed un fruscio nell'assemblea, mentre un uomo ed una
donna si misero a camminare insieme nella navata fino alla piattaforma che si trovava
all'estremità della chiesa. Si sedettero su due sedie dagli schienali rigidi di fronte
a noi.
L'uomo era piccolo, curvo, anziano, mi ricordava irresistibilmente una fotografia che
avevo visto del famoso Dr. Crippen il quale aveva fatto a pezzi la moglie ed era
fuggito per sposarsi con la sua dattilografa, prima che io nascessi.
La donna era solennemente vestita di viola con una grande croce d'argento sul petto.
Approvavo la croce, dava un senso di autenticità alla funzione. Il Dr. Crippen si alzò
e recitò una delle sue interminabili preghiere, poi ci invitò a cantare un inno insieme
a lui. Durante i canti osservai la mia signora vestita di viola che si stava lentamente
addormentando. Dopo l'inno, il Dr. Crippen ci annunciò che la signora Annie Johnson era
caduta in "trance" e che ora ci avrebbe fatto la sua allocuzione. Capii che la mia
signora vestita di viola era una medium, ma non aveva capito quello stupido piccolo
dottor Crippen che si era addormentata?
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Con mio grande stupore la donna addormentata si alzò in piedi e cominciò a parlare.
Mi alzai di botto alla prima parola, poiché rimbombando nella navata usciva dalle
labbra di questa donna addormentata una voce che una donna non aveva diritto di avere,
una voce profonda, risonante, una voce indiscutibilmente di un uomo colto. Poteva
essere un uomo vestito da donna, mi domandai? Chi poteva osare di fare una cosa simile
in una chiesa cristiana? Ma nessuno nelle mie vicinanze sembrava sorpreso o perturbato;
stavano ascoltando attentamente quello che udivano, ed allora smisi di preoccuparmi ed
anch'io mi misi in ascolto. La conversazione era sulla Vita Eterna. La voce maschile
che usciva dalle labbra della signora Johnson diceva che era felice di tornare sulla
terra per confortare quelli che piangevano per la perdita fisica dei loro cari, per
assicurarli che essi erano solo persi per la vista degli umani, ma che vivevano e che
amavano ancora quelli che avevano lasciato sulla terra, e che dal mondo felice dove si
trovavano ora potevano a volte mandare messaggi di amore e di speranza a noialtri sulla
terra, e questa sera avrebbe aiutato alcuni che erano "andati avanti" a mandare dei
messaggi ai loro amici presenti in questa riunione. Per dir poco, ero barcollante.
Questa donna, oppure quest'uomo, ci proponeva di chiamare i morti? Mi venne in mente
che i teosofici ci avevano messo in guardia sui pericoli delle vibrazioni basse e mi
domandavo se a questo punto del programma dovessi andarmene. Ma avvenga quel che
avvenga dissi a me stesso, e mi rimisi a sedere. La medium si sedette ed il Dr. Crippen
ci invitò o cantare un inno chiamato "Si- 21 –
lenziosamente, ti aspettiamo". Mentre cantavano mi domandai cosa aspettassero e pensai
che ero stato giudizioso a rimanere, ma non volevo spingermi oltre le file di donne fra
me e l'uscita, quindi più per timidezza che per convinzione rimasi e mi misi a cantare
assieme a tutti gli altri.
Gli inni ebbero termine e ci mettemmo tutti a sedere- La signora Johnson si mise a
camminare sull'orlo della piattaforma, indicò una donna nella prima fila della
congregazione e cominciò a parlarle con una voce femminile pacata, totalmente diversa
dalla voce che aveva usato durante il sonno. Disse alla donna che suo marito era in
piedi vicino a lei e che era ansioso di fare sapere a sua moglie che non aveva più quei
terribili dolori al petto di cui soffriva prima della sua morte. La signora Johnson
descriveva il marito specificandone perfino il colore del vestito e della cravatta che
portava. La donna accettò quello che le veniva detto con un vigoroso gesto di
approvazione della testa. Forzai i miei occhi per cercare di vedere quest'uomo che la
signora Johnson sosteneva fosse in piedi al fianco della donna, ma non potei vedere
nulla di lui; conclusi che questa era una messa in scena fatta fra i due e non mi
impressionò affatto. Vi furono altri messaggi di simile natura per altre persone nella
sala ed una o due persone si emozionarono molto mentre accettavano quello che la
signora Johnson pretendeva essere la verità. Ero ancora convinto che la signora Johnson
lavorava con dei complici mescolati nell'assemblea.
"Voglio parlare con il giovane nell'ultima fila" disse la signora Johnson
improvvisamente indicando me direttamente. Rimasi pietrificato di essere stato scelto e
mi guardai attorno con la speranza di vedere se vi fosse un'altro giovane a cui essa si
fosse indirizzata, ma ero l'unico maschio nell'intera fila ed il suo dito continuava a
puntare verso di me. "Alza la tua mano, giovanotto" disse la signora Johnson
finalmente, e molto nervosamente alzai il mio braccio. "Sì, disse, volevo dire lei. C'è
qui un uomo che vuole ringraziarvi per i fiori che avete posto sulla sua tomba questa
mattina. Mi sta dicendo che era il Preside della scuola ed il suo nome è Erwin Lewis.
Capite quello che dico?". Ero sbalordito, ma la signora Johnson non aveva finito di
parlarmi. Seguitò dandomi una accurata descrizione del signor Lewis come io lo
ricordavo quando era sulla terra. Gli hanno fatto un funerale "militare" aggiunse
casualmente. A quel momento mi accorsi di avere molto caldo sotto il mio colletto. Come
poteva questa donna che non avevo mai visto in vita mia, che non poteva sapere niente
di me, parlarmi di un uomo che avevo conosciuto durante la mia infanzia e descrivermi
quello che avevo fatto al mattino quando ero completamente solo sulla tomba
- 22 del signor Lewis? Ma la signora Johnson non aveva ancora finito di parlarmi- Mi
descrisse altre persone che diceva di vedere attorno a me, compreso un arabo. Cosa
faceva un arabo vicino a me, mi domandai, e cosa voleva da me? E' una guida, disse la
signora Johnson, e non è veramente un arabo, ma qualcuno vestito da arabo. Questo mi
sembrò ancora più strano. Quando la signora Johnson finalmente mi disse che questo
giovane arabo che in realtà non era un arabo, voleva che io sviluppassi i miei poteri
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
di medium per essere al servizio dell'umanità, pensai che era completamente fuori
pista. "In futuro non molto lontano" insistette la signora Johnson, "farete lo stesso
lavoro che io faccio e diventerete un celebre medium". Questo mi sembrò pazzesco ed
impossibile per cui scrollai le spalle e me ne andai silenziosamente cercando di farmi
notare il meno possibile.
Per lungo tempo prima di addormentarmi quella notte pensai e ripensai a quegli eventi
che erano nella mia mente, e più pensavo a quello che mi aveva detto la signora
Johnson, più fantastico mi pareva. Non potevo più credere che fosse un imbroglio fatto
con l'aiuto delle persone della congregazione perché era capitato a me e nessuno a
parte me, poteva sapere quello che avevo fatto quando ero completamente solo, senza
sapere dell'interesse particolare che aveva il signor Lewis per me ed il mio affetto
per lui. Tutto era successo quando ero molto giovane ed io non ero un bambino che
discuteva i suoi sentimenti intimi con altri, neanche mia nonna aveva la minima idea
del profondo affetto che quel bambino affamato di amore, sentiva per il signor Lewis.
Mi ricordai le persone morte che avevo visto durante la mia infanzia e che sparivano
all'improvviso quando le avvicinavo e pensai che questi incidenti erano legati in un
certo qual modo con quello che aveva detto la signora Johnson sia a me che ad altri
nella sala. Eppure dubitavo ancora; non potevo accettare che i morti potessero o
volessero ritornare sulla terra da qualsiasi parte essi si trovassero, nello spoglio
salone della Società Riunione Amici per mandare un messaggio ai loro cari mediante una
signora dall'apparenza così ovviamente terrestre come era la signora Johnson. Ma la
verità di quello che mi era stato detto seguitava a infastidirmi e prima di
addormentarmi ero deciso ad investigare oltre.
Fu così che per molte settimane dopo quella serata presi parte alle riunioni tutti i
mercoledì sera puntualmente alle sette e trenta. Al principio sedevo timidamente
nell'ultima fila come la prima sera, ma quando cominciai a sentirmi di casa ed in
termini di amicizia con gli altri membri della congregazione mi avventurai più vicino
alla prima fila.
- 23 A poco a poco apprezzai la semplicità e sincerità del breve servizio divino che
durante la mia prima visita pensavo fosse ingenuo e da dilettanti. Cercavo sempre di
essere ragionevole e obiettivo davanti alla chiaroveggenza di vari medium dopo il
servizio. Ho visto un grande numero di medium al lavoro durante quel periodo di
ricerche sullo Spiritualismo e non tutti mi impressionarono favorevolmente. Infatti
solo a un piccolo numero potevo riconoscere il dono psichico genuino, ma in quel
momento non ero affatto sicuro della sua natura. Vedevano e sentivano realmente lo
spirito dei trapassati oppure leggevano la mente? Troppi medium mi sembravano voler
indagare per informarsi sulle persone che avevano scelto, e dopo aver raccolto queste
informazioni a forza di domande gliele ricambiavano facendo credere che fosse un
messaggio del morto. In certi momenti ero indignato da quell'ostentato modo di fare e
mi arrabbiavo per l'ingenuità delle persone che accettavano con entusiasmo quelle
testimonianze che io consideravo ottenute in modo fraudolento. Varie volte dopo aver
ascoltato un medium di questo tipo ero tentato di rinunciare a tutto, ma in quei
momenti di delusione mi ricordavo della signora Annie Johnson ed andavo avanti
coraggiosamente come un soldato.
Ricordo una medium che mi impressionò molto. Ho da lungo tempo dimenticato il suo
nome ma conservo ancora un'immagine mentale di quella grassa piccola donna con i
capelli tinti di rosso che portava un vestito di chiffon color verde chiaro con
pannelli fluttuanti. Durante il servizio sia lei come la signora Johnson erano caduti
in trance, ma questa volta io sapevo quello che succedeva e non mi meravigliai quando,
ancora in trance, si mise a camminare sull'orlo della piattaforma e cominciò a
indirizzarsi al pubblico. Non alzai neanche un sopracciglio quando la voce che usciva
dalle sue labbra si rivelò come quella di un uomo educato ed istruito. Devo ammettere
malgrado ciò, che rimasi sorpreso quando durante la chiaroveggenza fra il sonno e la
veglia la sua voce divenne senza alcun dubbio quella di una donna puramente londinese.
In rare occasioni ricevevo messaggi anch'io, ma pensavo che per la maggior parte
potevano spiegarsi facilmente leggendo la mente oppure con informazioni ottenute
antecedentemente. In una o due occasioni il mio arabo si manifestò sempre con lo stesso
messaggio, dovevo diventare un medium, dovevo servire e aiutare l'umanità sofferente,
convincerla che la morte non era la fine; ma per lungo tempo rifiutai di accettare e
perfino di pensare a ciò, tanto mi sembrava impossibile, e neppure sforzando
l'immaginazione potevo figurarmi in piedi su un palco per dare messaggi al pubblico.
- 24 -
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Quelle serate alle riunioni degli Spiritualisti avevano anche i loro lati frivoli.
Cominciavo
a riconoscere
parecchie
persone
che venivano
regolarmente
e
che
invariabilmente si alzavano per reclamare messaggi che nessuno fra i presenti poteva
accettare oppure capire. "Sì, sì..." esclamavano ansiosamente "conosco Jack" oppure Jim
oppure William, o qualsiasi altro, "è mio cugino in Spirito". Li consideravo rapinatori
di corpi e erano oggetto di grande divertimento.
Anni dopo seppi che tutte le chiese di Spiritualisti hanno questi vecchi fedeli che
si accaparrano messaggi non reclamati da altri, ma allora avevo imparato a essere più
caritatevole verso di loro poiché sono spesso persone molto sole oppure addolorate,
desiderose di ricevere messaggi di conforto e nell'accaparrarsi messaggi oscuri sperano
che il medium possa eventualmente dar loro qualcosa che possano capire e accettare.
Una sera, dopo che il medium di turno aveva descritto l'arabo "che non era veramente
un arabo" e mi aveva dato il solito messaggio di sviluppare le capacità di medium che
possedevo per servire l'umanità e che io ero deciso a ignorare come al solito, fui
avvicinato da una gentile signora di mezza età che mi domandò cosa intendessi fare di
quei messaggi di cui aveva sentito parlare e che mi erano stati dati in varie
occasioni. "Niente", mormorai imbarazzato, "non sono un medium, e non ci posso far
niente".
"Potete venire a casa mia alle mie sedute e accertarvi se in questi messaggi vi è
qualcosa di vero", mi disse. "Se il messaggio che vi è stato dato è la verità, sedendo
in un circolo nelle nostre sedute le vostre doti si manifesteranno molto rapidamente".
Volevo sapere quello che succedeva durante quelle sedute in cui si sedeva in circolo,
prima di impegnarmi. La donna mi disse che usavano sedersi intorno a una pesante tavola
da pranzo dell'epoca vittoriana e che ricevevano messaggi con dei colpi. Accettai
l'invito e dopo aver deciso il giorno e l'ora me ne andai a casa.
Tornato a casa trovai una lettera sulla mensola del caminetto indirizzata a me con
una scrittura sconosciuta e con un francobollo tedesco. Non conoscendo nessuno in
Germania apersi la busta incuriosito, e lo divenni ancora più quando mi misi a leggere
la lettera. Scritta in un inglese eccentrico, era di una donna di Monaco che mi diceva
di avere assistito regolarmente da qualche anno a delle sedute spiritistiche e che
attraverso il medium in quelle riunioni aveva ricevuto il messaggio di uno spirito che
si faceva chiamare Rodolfo Valentino. Questo spirito le aveva dato il mio nome e
indirizzo in Inghilterra e le aveva chiesto di scrivermi per dirmi che aveva cercato da
parecchio tempo di prendere contatto con me attraverso vari medium senza alcun
successo. Il messaggio che mi voleva dare
- 25 era quello di sviluppare le mie capacità medianiche e mettermi al servizio
dell'umanità. Rimasi in piedi nella nostra squallida cucina per lungo tempo con lo
sguardo fisso nello spazio e senza espressione. Lessi e rilessi la misteriosa lettera e
mi ricordai dei messaggi che avevo ignorato. Mi domandai se "il giovane arabo che non
era veramente un arabo" potesse essere Rodolfo Valentino. Avevo visto e goduto due dei
suoi film in cui faceva la parte di un arabo. Lo Sceicco e Il figlio dello Sceicco, ma
potevano gli spiriti vestirsi a quel modo? Come poteva immaginare che io potessi capire
che i medium descrivevano lui e non un vero arabo? E anche se fosse Rodolfo Valentino,
perché volere entrare in contatto proprio con me? Non lo avevo mai conosciuto in vita
se non sugli schermi come un'ombra. Era vero che lo ammiravo e lo consideravo pieno di
talento divertendomi a tutti i suoi film, ma non più di tanti altri milioni di persone;
allora perché scegliere proprio me? Ma potevo discutere finché volevo, rimaneva certo
il fatto che a una donna in Germania di cui non avevo mai sentito parlare e che era
altrettanto certa di non aver mai sentito parlare di me fosse stato dato il mio nome e
corretto indirizzo attraverso un medium a Monaco e che le fosse stato chiesto di
trasmettermi lo stesso messaggio che avevo varie volte ricevuto ed ignorato da medium
inglesi. Quella sera andai a letto molto tardi e albeggiava prima che io mi
addormentassi.
L'indomani scrissi alla signora di Monaco che avevo ricevuto la sua lettera. Le
domandavo di chiedere a quello spirito che si faceva chiamare Rodolfo Valentino se
poteva farsi conoscere a me in qualche modo in Inghilterra per potermi convincere.
Giunse la sera della seduta spiritica e arrivai presto come mi aveva suggerito la
padrona di casa per fare conoscenza con gli altri soci prima di cominciare. Eravamo
sei, tre donne e tre uomini. La seduta doveva aver luogo in una stanza dove si trovava
la grande tavola da pranzo dell'epoca vittoriana descrittami dalla padrona di casa. Mi
spiegò che quella tavola si poteva anche usare come tavola da biliardo e che il marito
e il figlio spesso la usavano per quello scopo. Ci sedemmo attorno alla tavola e la
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
padrona di casa spense le luci a gas, lasciando appena un poco di luce per vederci
l'uno con l'altro molto distintamente, poi tutti posammo le nostre mani con le palme
volte sulla superficie della tavola.
Eravamo seduti così da dieci minuti o quasi quando sentimmo un forte colpo che veniva
apparentemente dal centro della tavola. La padrona di casa disse che questo significava
che gli spiriti erano pronti a comunicare con noi. Seguitò a spiegare che avevano
adottato un mezzo di comunicazione che benché lento e laborioso risultava dare buoni
risultati. Uno dei presenti recitava l'alfabeto lentamente
- 26 ed alla lettera voluta vi era un colpo. Un altro era incaricato di scrivere tutte le
lettere e poi di leggere il messaggio. Prima gli spiriti mi diedero il benvenuto come
nuovo socio nel circolo spiritico, poi trasmisero il messaggio che io avevo grandi
poteri. Ciò doveva essere inteso in senso psichico, naturalmente. Il messaggio che
seguiva ci informava che avevo portato con me uno spirito che voleva mandarmi un
messaggio, e dissero che questo spirito fu dotato di grandi facoltà psichiche durante
la sua vita, e che il suo nome era Valentino. Il messaggio che seguiva, probabilmente
di Valentino, era esattamente lo stesso messaggio che conteneva la lettera di Monaco e
mi chiedeva di ringraziare la signora per avermelo recapitato.
Poi mi chiesero se ci sarebbe piaciuto vedere come era più grande il potere quella
sera a causa della mia presenza. Alla nostra risposta affermativa, la pesante tavola
ebbe un violento rollio, poi si raddrizzò per rimanere dritta su un angolo.
Considerando la misura ed il peso della tavola stentavo a credere l'evidenza che mi si
presentava davanti agli occhi. Dopo questo, il messaggio continuava e ci dissero che
nel futuro potevamo fare a meno della tavola e semplicemente sederci tranquilli in
circolo. Volevano sperimentare il potere, ci dissero, e in particolare con la mia
presenza poiché avevo notevoli doti medianiche; infatti speravano in futuro di poterci
parlare con voci dirette.
Dopo la seduta furono offerti caffè e dolci e ci mettemmo a discutere gli eventi
della serata mentre mangiavamo e bevevamo in perfetto accordo. Tutti i soci del circolo
erano felici dei risultati e dissero che mai prima di oggi avevano avuto manifestazioni
così sensazionali. Mi chiesero di continuare a frequentare le sedute cosa che io
promisi e poi li salutai.
Me ne andai a casa camminando per la città buia con molti pensieri per la testa. In
che cosa mi ero impegnato promettendo di continuare quelle sedute, volevo veramente
diventare un medium? Durante tutto il cammino verso casa meditai sugli avvenimenti
della serata e finalmente arrivai alla conclusione che era vero. I morti potevano
comunicare.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo III
Per un giorno o due dopo la seduta nella casa della signora che conoscevo sotto il
nome di signora Cook fui raggiante per la mia nuova scoperta, ma a mano a mano che si
avvicinava il giorno della prossima riunione i miei dubbi di diventare un medium
crescevano sempre più. Non potevo immaginarmi in piedi su di una piattaforma rivolto
alla congregazione, descrivendo spiriti e trasmettendo messaggi. Sentivo di essere
troppo giovane e che nessuno mi avrebbe preso sul serio, specialmente perché avevo
notato che in chiesa i membri della congregazione, sia ortodossi che spiritualisti,
erano per la maggior parte gente anziana. Era una eccezione vedere fra di loro qualcuno
della mia età. Vi era anche il fatto che avevo sempre disperatamente ambito di fare un
lavoro di natura artistica, benché mi rendessi conto che mi sarebbe stato difficile
realizzare questa ambizione dato che non avevo praticamente nessuna educazione, e non
conoscevo nessuno che mi avrebbe potuto aiutare ad uscire dalla strada che la povertà e
le circostanze mi avevano imposto. Ciò nonostante avevo la speranza di trovare un
migliore impiego e allora avrei potuto un giorno pagarmi delle lezioni e studiare arte.
La mia decisione ondeggiava in questa direzione il giorno in cui mi dovevo trovare in
casa della signora Cook. Sapevo che se andavo a quell'appuntamento sarei stato
obbligato di andarci tutte le settimane per un periodo indeterminato; settimane, mesi,
forse anche per degli anni per quel che ne sapevo. Dopo averci pensato profondamente
decisi finalmente di accontentarmi della convinzione che mi era stata data della
sopravvivenza dopo la morte e dimenticarmi le idee grandiose di servire l'umanità per
occuparmi invece della mia vita.
Decisi di non ritornare dalla signora Cook. Le scrissi una lettera molto gentile
facendole parte della mia decisione, ma prima di avere il tempo di imbucarla mi giunse
un'altra lettera da Monaco. In questa lettera, la mia sconosciuta corrispondente mi
diceva che Valentino ancora una volta aveva parlato per mezzo del medium durante le
loro riunioni e l'aveva pregata di scrivermi e supplicarmi di accontentarlo nel suo
desiderio di sviluppare le facoltà medianiche che possedevo e che lui mi avrebbe
aiutato per poi insieme fare conoscere la verità all'umanità. Aveva aggiunto che voleva
ripagare un poco del- 28 l'affetto che semplici uomini e donne gli avevano dimostrato in vita e che il miglior
modo per farlo era di sviluppare in me i miei poteri di medium. Questa lettera mi
giunse con la prima posta del mattino prima che io avessi lasciato la casa per la mia
giornata di lavoro e sulla mensola del caminetto si trovava la lettera indirizzata alla
signora Cook che avevo lasciato la sera prima per ricordarmi di imbucarla recandomi al
cimitero. Guardai la lettera proveniente dalla Germania e poi quella sulla mensola del
camino. Cosa dovevo fare? Ci avrei pensato durante la giornata e decisi di ignorare per
il momento la lettera venuta dalla Germania, avrei sempre potuto imbucare quella
diretta alla signora Cook tornando dal lavoro quella sera.
Quel giorno ci fu un funerale che mi sembrò ancora più straziante del solito. Una
donna di mezza età vestita in gramaglie, come si usava a quel tempo, sembrava disperata
e il vecchio pastore assieme agli amici avevano difficoltà ad impedirle di gettarsi
nella fossa. Quando la cerimonia ebbe termine e i suoi amici cercavano di portarla via
dal cimitero si aggrappò al braccio del pastore e sentii che mormorava con una voce
soffocata dalle lacrime, "Come posso lasciarlo solo in questo orribile buco? Non posso
andarmene senza di lui, non posso!". Il pastore le parlò affettuosamente. "E' stata la
volontà di Dio di prendersi Jim prima di lei, bisogna chiedere la grazia della
rassegnazione e Lui la conforterà". La vedova diede un urlo che sembrava soffocato, "Se
è stata la volontà di Dio di portarmelo via e lasciarmi sola, allora lo odio, lo
odio!". "Per favore signora Wilson, si controlli", disse il pastore seccamente. Poi
rivolgendosi agli amici che la sorreggevano: "Portatela a casa il più presto
possibile!". Gli amici persuasero la vedova ad incamminarsi verso le automobili che
attendevano, il pastore si affrettò a uscire in direzione opposta. Impulsivamente mi
diressi verso la povera donna straziata dal dolore; volevo dirle che non aveva perso
suo marito per sempre, che lui era sempre vicino a lei, amandola e proteggendola come
sempre, ma mi fermai di colpo rimanendo immobile nel mezzo del sentiero cosparso di
ghiaia. Che diritto avevo di intromettermi nel dolore di quella donna? Avrebbe visto la
mia tuta di lavoro piena di fango e pensato che fossi impertinente e presuntuoso, e poi
come potevo confortarla anche se mi avesse ascoltato? Solo un medium poteva farlo, un
ponte umano fra i vivi ed i morti. Rimasi alcuni momenti con questo pensiero che mi
martellava in testa, poi lentamente tirai fuori dalla mia tasca la lettera indirizzata
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
alla Signora Cook stracciandola a pezzettini e lasciandoli cadere fra i rifiuti. Da
quel momento mi sentivo impegnato. Avrei cercato di sviluppare le mie facoltà
medianiche se questo era quello che mi si chiedeva.
La sera della riunione la signora Cook e i suoi amici mi diedero
- 29 un cordiale benvenuto; il loro calore e la loro gentilezza mi ricompensarono di aver
rinunciato alla mia libertà. Uno degli uomini del circolo della signora Cook che ci era
stato presentato la settimana prima, il signor Herbert, era in ritardo e quando
finalmente giunse mi sembrò che portasse con sé una corrente di tristezza, ma nessuno
parve accorgersene e la signora Cook suggerì di formare il cerchio con le nostre sedie
facendo a meno della tavola, secondo le istruzioni ricevute l'ultima volta. La luce a
gas fu messa molto bassa e la seduta cominciò al canto degli inni. La signora Cook
recitò una semplice preghiera domandando protezione ed offrendo la nostra riunione a
Dio, quindi sedemmo in silenzio aspettando un cenno. Mi domandavo cosa sarebbe successo
e rimpiangevo la mancanza della tavola che ci aveva procurato emozioni così
interessanti. L'orologio sul caminetto batteva forte ed il suo suono monotono mi portò
sollievo rassicurandomi. Aspettammo per molto tempo, ma non succedeva niente; il caldo
della stanza mi faceva assopire, ma nello stesso tempo provavo una sensazione di grande
benessere. Finalmente non mi ricordai più di nulla e mi addormentai.
Quando mi svegliai tutti erano fermi ai loro posti come prima che io mi
addormentassi. Mi domandavo cosa diavolo potevano pensare di me e cominciai a scusarmi,
ma la signora Cook mi interruppe recitando una preghiera che era chiaro significava la
fine della riunione e io stetti zitto. La luce fu riaccesa e la signora Cook uscì dalla
stanza per portarci i rinfreschi. Una delle signore si rivolse verso di me con un
raggiante sorriso. "E' stata una riunione meravigliosa" disse. Mi sentivo ancora più
colpevole, non solo ero stato maleducato verso queste persone, ma avevo anche perso le
cose meravigliose che erano accadute. "Sono spiacente", mormorai imbarazzato, "la
stanza era così calda che non potevo stare sveglio". Il signor Herbert mi sorrise
gentilmente. "Lei non ha dormito, lei era in trance", disse. "Lei è nato medium". Lo
fissai completamente incredulo. "Mia moglie mi ha parlato", seguitò il signor Herbert.
Ero contento di saperlo soddisfatto e di vederlo tanto più felice di quando era
arrivato, ma ancora non potevo crederci. La signora Cook ritornò con un carrello pieno
di rinfreschi e anche lei mi guardava approvandomi.
Mentre bevevamo il tè e mangiavamo i sandwich di uova e lattuga, un po' troppo
delicati per il mio appetito, potei sentire altri frammenti di quello che era successo
mentre io dormivo, oppure mentre ero in trance, oppure qualsiasi cosa fosse stata! Il
fidanzato di un'altra signora che era stato ucciso in guerra le aveva parlato, e un
signore aveva avuto una conversazione con sua madre. Sarà stato molto bello per loro,
pensavo amaramente, hanno passato una magnifica serata, ma per me è stato un vuoto
totale. Speravo che nella
- 30 prossima seduta si sarebbe ripresa l'abitudine del tavolo, affinché anche io potessi
essere parte degli eventi. La signora Cook mi offrì un piatto di dolci. "Stavo per
dimenticare", disse distrattamente, "un attore di cinema si è manifestato, Valentine...
o comunque dicesse di chiamarsi, quello che morì due anni fa". "Valentino?" mi azzardai
a dire. "Sì, ecco proprio lui", rispose la signora Cook "ha detto di farle sapere di
continuare a svilupparsi in questo campo". Naturalmente non può essere un'anima molto
elevata, e a mano a mano che le sue facoltà si svilupperanno noi speriamo di poterci
mettere in contatto con delle entità molto più spiritualmente avanzate di un attore di
Hollywood". "Che sfacciata", pensai, "chi si crede di essere per poter giudicare quale
sono le anime più avanzate". Come potevo sapere, a questo punto della nostra amicizia,
che la signora Cook rivendicava il privilegio di essere guidata da uno spirito molto
elevato chiamato Shu-Shu, che era stata una sacerdotessa nel tempio di Isis durante la
sua vita terrena, e che per questa ragione la signora Cook era decisa di fare in modo
che in queste riunioni vi fossero solo persone ad alto livello, sia spiritualmente che
intellettualmente? Sfortunatamente nessuno mi mise in guardia contro Shu-Shu che
finalmente divenne la ragione della mia caduta in disgrazia nel circolo della signora
Cook.
Quella sera feci insieme al signor Herbert un tratto di strada per tornare a casa,
sperando di conoscere cosa aveva detto Valentino mentre io ero in trance. Ma non ebbi
fortuna; il signor Herbert mi parlò continuamente di sua moglie morta tragicamente
all'improvviso pochi mesi prima. Il loro era stato un matrimonio ideale, disse, e senza
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
di lei la vita era diventata squallida e solitaria finché grazie a me quella
sera
aveva potuto parlarle. Naturalmente, ero contento che per mio mezzo fosse restituito un
significato alla sua vita, ma speravo proprio che avrebbe trovato un momento per
rispondere alla mia timida domanda su quello che aveva detto Valentino e i suoi
messaggi rivolti a me. Volevo sapere come era la sua voce, se era una voce americana
oppure con accento italiano e soprattutto se vi fosse stata l'evidenza assoluta che
egli fosse Valentino. Dato che la signora Cook non aveva neanche pronunciato
correttamente il suo nome non potevo esserne certo. Ma il signor Herbert era troppo
immerso nelle sue proprie esperienze per potermi dare una risposta esplicita. Vi
rinunciai, seguitando a camminare fino al momento in cui bruscamente mi rivolse una
domanda. "Lei parlava con le altre persone prima che io arrivassi, vero?". Gli risposi
che ero arrivato puntualmente e che avevo conversato con tutti fino alla sua venuta.
"Immagino che le avranno raccontato la morte tragica di mia moglie?", disse molto
seccamente. "No", risposi, "in realtà nessuno mi parlò di lei o di sua
- 31 moglie". Me ne informerò" disse, "perché spero che lei mi abbia detto la verità". Un
poco stizzosamente gli risposi che non era mia abitudine dire delle bugie. Il signor
Herbert si fermò di colpo sotto un lampione guardandomi in faccia. Sembrava molto
solenne. Quella comunicazione con sua moglie, mi disse, era troppo importante per
poterla accettare senza indagare. Voleva essere certo che non fosse il prodotto del mio
subcosciente o anche della mia mente cosciente.
Se dovevo diventare un medium dovevo aspettarmi di essere a volte messo in dubbio, e
solo i ciarlatani e gli imbroglioni potevano risentirsi di essere investigati da
persone intelligenti. Gli risposi che prevedevo questo, ma quello che vedevo ancora più
chiaramente era il fatto che essere un medium doveva essere un mestiere molto duro se
tutti dovevano sospettare di trovarsi davanti ad un bugiardo o a un imbroglione. Ma il
signor Herbert non aveva ancora finito. "Ancora una cosa, Flint", seguitò: "E' un
grande onore per un giovane che lavora trovarsi nelle riunioni della signora Cook.
Quindi viva onestamente e sia degno della grande occasione che le è stata data". Anche
se non abbiamo sale da bagno nella nostra casa, scommetto che sono pulito quanto lei,
pensai, ma dissi solamente che dovevo correre a casa perché mia nonna mi aspettava e il
mio ritardo poteva impensierirla. Così mi lasciò andare.
Assistei regolarmente alle riunioni della signora Cook per molti mesi senza che la
procedura cambiasse di molto. Poiché la signora voleva che le sue riunioni fossero
altamente spirituali cominciavamo sempre con un inno e una preghiera, poi io cascavo in
trance, come dicevano, e vari spiriti parlavano attraverso di me. Alla fine le altre
persone mi raccontavano ciò che era accaduto, ma per quel che mi riguardava era un'ora
persa della mia vita; non vedevo nulla, non sentivo nulla e dovevo accontentarmi di
quei frammenti di informazioni che potevo raccogliere quando uscivo dal sonno che mi
procurava lo stato di trance. Comunque, mi piacevano gli inni e le preghiere, i
sandwich e i dolci che venivano offerti alla fine della riunione erano deliziosi. E poi
tutti mi dicevano continuamente come si sviluppavano bene le mie facoltà medianiche e
così ero incoraggiato a perseverare.
Una sera, dopo circa un anno di quelle riunioni, la signora Cook cadde in trance e
uno spirito chiamato Shu-Shu venne a parlarci. Shu-Shu ci incitava a non incoraggiare
le entità vicine alla dimensione terrestre come avevamo fatto fin'ora ma invece di
aspirare a comunicare con le anime più elevate e progredite.
Da quella notte in poi le mie trance divennero sempre più rare finché si fermarono
completamente per lasciare il posto alla signora Cook e Shu-Shu. Mi domandavo se il mio
sviluppo non si fosse arre- 32 stato. Ero curioso di sapere quel che accadeva come pure lo erano gli altri membri
delle nostre riunioni, con l'eccezione della signora Cook, la quale era convinta che la
sua guida Shu-Shu aveva fatto in modo che le cose si svolgessero così perché il cerchio
diventasse più spirituale e non si accontentasse di sole comunicazioni con gli amici e
i parenti nell'aldilà attraverso le mie facoltà. Per essere giusto verso la signora
Cook devo dire che era molto interessata allo sviluppo ai gradi più elevati di quelle
che lei diceva essere le mie grandi possibilità. Per questo, come guida delle nostre
riunioni spiritistiche, ci ordinò di cantare più inni e recitare più preghiere in
futuro.
Continuai regolarmente ad assistere a quelle serate, ma adesso potevo sentire tutto
quello che succedeva poiché era la signora Cook che andava in trance, e era sempre lo
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
spirito chiamato Shu-Shu che ci faceva un discorso molto elevato, pieno di parole di
cui non capivo il significato, ma che pensavo dovesse essere molto profondo.
Una sera mentre la signora Cook era caduta in trance, Shu-Shu ci disse che voleva
dimostrarci per mezzo della medium uno dei riti che usava adempiere quando era
sacerdotessa nel tempio di Isis. Tutti eravamo d'accordo per dirle che sarebbe stato un
privilegio poter assistere a questa funzione e la pregammo di farci questo onore. La
signora Cook era ben lontana dall'essere una silfide, era larga di spalle ed il suo
petto aveva proporzioni molto terrestri. In trance, questa robusta figura si alzò dalla
sua sedia e avanzò al centro del nostro cerchio cominciando a danzare. Turbinava i suoi
fianchi muovendo le braccia ripetutamente, cantando quello che a me sembrava essere un
canto inarticolato, ma che fu acclamato dagli altri per essere una melodia dell'antico
Egitto. Il suo generoso petto si muoveva sgraziatamente in modo allarmante prima da una
parte poi dall'altra e le sue braccia sembravano i tentacoli di un polipo. Volevo non
guardare, ero imbarazzato per la signora Cook, ma benché ci provassi i miei occhi erano
fissi su quello spettacolo. Sentivo quello che sarebbe successo, tentai disperatamente
di evitarlo ma inutilmente e cominciai a ridere scioccamente, in un primo momento
sommessamente grazie ai miei sforzi di volontà soffocando i singhiozzi, ma poi vedendo
che seguitava a turbinare ed a muovere le braccia ripetutamente cadendo grottescamente
da tutte le parti persi completamente il controllo di me stesso e mi misi a ridere,
ridere finché le lacrime colavano sulla mia faccia come l'acqua di un ruscello. Più gli
altri sì indignavano e si arrabbiavano con me e più io ridevo, fino a che la signora
Cook uscì dalla sua trance e con uno sguardo che mi ridusse in cenere si rimise a
sedere sulla sedia.
Più tardi quando mi accompagnò alla porta per salutarmi non fui sorpreso di sentirmi
dire molto gentilmente, date le circostanze, "Pen- 33 so mio caro ragazzo che siete ancora troppo giovane e forse troppo emotivo per
continuare a sviluppare i vostri talenti. Sarebbe meglio se evitaste di ritornare fra
noi". Mi aprì la porta e mi resi conto che fuori pioveva a dirotto. Con uno stipendio
di 12 scellini alla settimana un impermeabile era un lusso che non mi potevo pagare,
così mi preparai a uscire e inzupparmi. Ma la gentile signora Cook piena di
comprensione, per addolcire il colpo che mi aveva dato, mise le sue braccia intorno a
me con l'ovvia intenzione di darmi un bacio d'addio. Ero commosso dalla sua generosità,
ma riluttante di farmi stringere contro quel generoso petto, così che mi scansai e con
tutta la goffaggine dei miei diciassette anni le pestai pesantemente il piede. "Proprio
sul mio callo, maledetto imbecille", mi gridò. Mormorando delle scuse uscii nella notte
sotto la pioggia.
Sguazzando verso casa con le mie scarpe bucate mi misi a pensare agli umilianti
avvenimenti della serata. Diventavo sempre più depresso e avevo vergogna di me. Mi era
stata data la rara opportunità di sviluppare i miei talenti di medium in un cerchio di
persone educate, gente spirituale ed elegante e avevo rovinato le mie possibilità
insultando la guida del nostro gruppo. Come se ciò non bastasse, l'esaltata Shu-Shu
aveva detto che io lavoravo con basse vibrazioni, allora come potevo diventare utile
all'umanità come Valentino mi aveva promesso? Adesso gli amici non mi volevano più fra
di loro, avevo fallito miserabilmente e non sarei mai diventato un medium utile al
mondo. Quando raggiunsi la mia casa, mentre seduto nella cucina bevevo la coca-cola che
mia nonna mi aveva preparato, ero venuto a una decisione. Avrei rinunciato a tutto il
lavoro per diventare un medium, non avrei più avuto nulla a che fare con lo
Spiritualismo, invece sarei andato avanti occupandomi della mia vita, e cercando di
farne qualcosa che ne valesse la pena.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo IV
Occhi chiari penetrarono i miei ed il dito ossuto flagellò l'aria a due centimetri
dal mio naso. "Credi che un posto sicuro come questo si trova ad ogni angolo? Ti
pentirai di questo giorno, ragazzo mio, te lo dico io". Mi sentivo rivoltare lo stomaco
al pensiero di essere senza lavoro, ma avevo deciso di fuggire dai morti e tenni duro.
"Lavorerò fino alla scadenza del preavviso, ma voglio lasciare il cimitero". Finalmente
queste parole mi uscirono dalle labbra secche. "Non credere che potrai tornare qui dopo
aver consumato le tue scarpe cercando lavoro". Evitai il dito. "Se uscirai da questa
porta non mi occuperò più di te". Il signor Hobbs se ne andò impettito, lamentando
l'avventatezza e la follia delle giovani generazioni. Cercai di consolarmi con il
pensiero che potevo trovare un lavoro prima del prossimo ed ultimo giorno di paga ma il
mio stomaco si rivoltò ancora al pensiero della lunga fila al locale ufficio del
lavoro. Avevo bruciato i miei vascelli, avevo passato il mio Rubicone; fra una
settimana sarei stato un membro di quella fila senza speranza.
Durante la mia ultima settimana al cimitero mia nonna ascoltò avidamente i discorsi
sui posti vacanti che si facevano all'ufficio postale del quartiere, ma non sentì nulla
per me ed il venerdì fui pagato per l'ultima volta, con la terrificante prospettiva di
rimanere disoccupato per chissà quanto tempo.
Leggevo la colonna "Offerte d'impiego" ogni volta che usciva sul giornale e un giorno
vidi "cercasi ragazzo, rivolgersi personalmente al direttore del cinema Regent di St.
Albans". Partii come una freccia per domandare il posto e semplicemente per il fatto
che l'uniforme indossata dal mio predecessore mi andava come un guanto, fui abbastanza
fortunato di essere assunto con disappunto degli altri ragazzi che si erano presentati.
Era tale la gioia di aver un nuovo lavoro che la paura e la vergogna di essere
disoccupato mi lasciò quasi immediatamente e promisi a me stesso che nessuno sarebbe
stato più volenteroso di me. Potevo anche imparare qualcosa sulla proiezione dei film
se tenevo aperti gli occhi e le orecchie e un giorno avrei potuto diventare io stesso
direttore di un cinema; davanti a me si apriva un panorama di brillanti occasioni ed il
- 35 salario era come al solito di 12 scellini e mezzo settimanali. Così la mia sventata
follia aveva dato un risultato.
I miei compiti al cinema, che era lo stesso frequentato da mia nonna e da me,
cominciavano alle nove di mattina quando io comparivo puntualmente in abito da lavoro
per spazzare il cinema, lavare il vestibolo e rendermi generalmente utile fino alle
quindici, quando avevo due ore di permesso. Alle diciassette, indossando l'uniforme
ereditata, mi mettevo all'entrata del cinema per mantenere l'ordine nelle varie file.
Cercavo di impedire che ostruissero il marciapiede, mi precipitavo su quelli che si
insinuavano davanti agli altri che aspettavano da più tempo e li convincevo a
rimettersi in fila, rispondevo cortesemente a domande come "il film finisce bene?"
oppure i "posti da 4 pennies hanno una toeletta vicino?". Il mio giorno finiva quando
il cinema chiudeva alle ventidue e trenta. Era una lunga giornata, ma non mi importava
perché oltre al mio salario di 12 scellini e mezzo avevo il delizioso vantaggio dei
momenti in cui potevo vedere il film dalla porta dietro le poltrone. Questi frammenti
di visione potevano sommarsi fino a rappresentare quasi l'intero film in tre giorni e
poiché il programma cambiava due volte alla settimana, potevo vedere quasi due film
alla settimana, più di quello che potevo permettermi quando dovevo pagare per un posto
in un sedile ribaltabile.
Nella parte dell'edificio sotto il cinema vi era una sala da ballo dove si ballava
ogni sabato sera. In quelle occasioni dovevo essere di servizio al guardaroba per
uomini per consegnare i biglietti numerati in cambio di cappelli e soprabiti, e quando
nel guardaroba vi era un po' di calma portavo in giro vassoi di bibite, su ordini del
barista. Per queste serate danzanti non ricevevo una paga straordinaria, ma mi davano
da mettere sul banco del guardaroba un piattino dove i clienti facevano cadere uno o
due pence quando consegnavano o ritiravano i loro indumenti e queste mance erano il mio
guadagno occasionale. Talvolta le monetine nel piattino ammontavano alla bellezza di 3
scellini ed io mi consideravo ampiamente ricompensato.
In quelle serate del sabato, cominciai a prendere interesse al ballo. Quando avevo
qualche minuto libero mi mettevo al margine della pista osservando i ballerini e
invidiando la loro abilità. A quei tempi si ballava il foxtrot, il valzer, il tango, e
una nuova manìa: il charleston. Morivo dalla voglia di poter ballare come gli altri e
osservavo i ballerini imparando a memoria i passi, quindi correvo nel guardaroba per
provarli prima di dimenticarli.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Alla fine pensai che avrei potuto fare una figura abbastanza buona avendo imparato
quasi tutti i balli e morivo dalla voglia di
- 36 poter far pratica con una compagna. Ciò era impossibile; mi era assolutamente proibito
con minaccia di licenziamento di avvicinarmi alle clienti della sala da ballo, e mi
dovetti accontentare del manico della scopa che si trovava nel guardaroba tenendolo
stretto fra le mie braccia ed immaginando che fosse una delle belle ragazze vedute
sulla piattaforma, e anche se la mia immaginazione dovette essere messa a dura prova,
il manico della scopa era meglio che niente.
Una sera che la scopa ed io stavamo esercitandoci a ballare il valzer fummo
interrotti da un cliente che avevo spesso guardato e ammirato dal mio posto di
osservazione all'orlo della piattaforma. Dall'espressione della sua faccia quando mi
vide danzare con tanto entusiasmo con il manico della scopa, capii che pensava che
avessi perso il ben dell'intelletto, così che quando mi chiese cosa diavolo facessi
benché mi sentissi un perfetto sciocco glielo spiegai. Con mio grande stupore mi tolse
la scopa e mi prese nelle sue braccia, "Lascia che ti faccia vedere un nuovo passo che
ancora non è arrivato fino a St. Albans", e cominciò a farmi ballare attorno al
guardaroba illustrandomi i nuovi passi man mano. Ma stavo imparando a girare dalla
parte sbagliata poiché dovevo seguire la guida come se io fossi una donna. Cercavo di
imparare per il meglio l'inclinazione del nuovo passo per poterlo in seguito praticare
nel giusto modo con la mia scopa, quando la lezione ebbe termine bruscamente con
l'arrivo del direttore. Egli sembrava molto nero, chiese al mio maestro di ritornare
nella sala da ballo oppure di andarsene se preferiva. Il cliente sembrava confuso ed
imbarazzato e si affrettò ad uscire, ed io rimasi da solo a far faccia all'ira del
direttore. Mi aspettavo il peggio, non dovevamo prenderci nessuna intimità con i
clienti che pagavano; invece il direttore mi parlò molto gentilmente. "Tienti lontano
da quell'uomo", mi disse, "è un invertito". Non avevo mai sentito quella parola che si
riferiva ad un omosessuale, perciò dovevo avere l'aria molto sorpresa. "Va bene, non fa
niente, nel futuro fai bene il tuo dovere, ma se ti rivedo con lui la prossima volta ti
caccio via immediatamente". Se ne andò lasciandomi pensare che il mio volontario
maestro era fuggito dall'asilo dei pazzi o qualcosa del genere, ma ero deciso di
evitarlo come la peste pur di non perdere il mio posto.
Mentre le settimane passavano e io seguitavo a praticare con la mia scopa, cominciai
a desiderare sempre di più una vera ragazza come compagna e finalmente decisi che gli
spiccioli che guadagnavo il sabato sarebbero serviti per pagare delle lezioni di ballo
nella serata che avevo libera una volta alla settimana. Mi misi alla ricerca e mi
arruolai nella Scuola di Ballo della signorina Florence dove mi
- 37 avrebbero insegnato danze moderne nella mia serata libera per 2 scellini la lezione.
La scuola della signorina Florence era in una sala vuota nel retro di un edificio di
uffici. La musica per le lezioni era suonata a volte da una vecchia signora pianista, a
volte da un grammofono a cassetta che io preferivo perché pensavo fosse più simile alla
musica di un vero ballo.
La signorina Florence era un'eccellente maestra e dopo pochi mesi di insegnamento ero
abbastanza progredito da decidere di smettere con le lezioni e dedicare la mia sera
libera e i miei due scellini ad accompagnare a un vero ballo una ragazza bionda sulla
quale avevo messo gli occhi. Con questo in mente arrivai alla scuola per la lezione che
era mia intenzione fosse l'ultima, e quando questa finì attesi che il resto della
classe se ne fosse andato per dire alla signorina Florence che non sarei più tornato.
Con mia sorpresa mi offrì di continuare le mie lezioni gratuitamente se acconsentivo di
aiutarla con gli allievi più difficili. Naturalmente fui lusingato, ma volevo godermela
nelle future notti libere e rifiutai il più cortesemente possibile.
La signorina Florence era alta, sottile, elegante e sicura di sé e io non potevo
credere alle mie orecchie quando insistette perché io rimanessi nella classe. Mentre
parlavamo ne scoprii la ragione e dovetti compatire questa signora distaccata e sicura
che mi era sembrata essere così lontana dagli squallidi, piccoli problemi che
affliggevano gente ordinaria come me. Risultò che la signorina Florence doveva
mantenere una madre vecchia e malata e la scuola non rendeva abbastanza denaro per
impiegare un secondo maestro che potesse prestare attenzione individuale agli allievi
più difficili; quindi questi ultimi minacciavano di andarsene in un'altra scuola. Non
so ancora oggi se la confidenza della signorina Florence sollecitò maggiormente la mia
vanità o la mia compassione, ma cacciando dalla mia mente la piacevole immagine di me
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
stesso e della bionda che mi faceva palpitare mentre scivolavamo insieme sul pavimento
di qualche sala da ballo tra gli applausi spontanei degli spettatori, accettai di
rimanere nella classe alle condizioni della signorina Florence.
Non tardai molto ad accorgermi che gli allievi più difficili erano uomini oppure
matrone obese che portavano rigidi busti, e non era un compito facile cercare di
inculcare loro le gioie del ballo. Desideravo tanto andare ad un vero ballo con una
vera compagna che seguendo la mia guida avrei sentito leggera come una piuma nelle mie
braccia, ma non potevo sperarlo a meno di cambiare il mio impiego per trovarne uno che
mi lasciasse libero la sera. Mi
- 38 ricordavo troppo bene la vergogna di essere senza lavoro per rischiare di perdermi
quello attuale nella speranza di trovarne un altro. Mi consolavo all'idea che per lo
meno imparavo tutti i passi alla moda.
Un sabato sera quando il programma al cinema stava per terminare, una delle maschere
mi chiese di chiudere il contatore principale che controllava tutti gli altri nella
sala da ballo. Mi precipitai per accontentarla ansioso di farle questo piacere. Il
contatore si trovava in una piccola stanza all'uscita del vestibolo. Diedi uno sguardo
al grande quadrante, ma non ci capivo niente. Vidi due leve che mi sembravano essere
due delle più importanti ma non avevo la minima idea quale delle due controllava la
luce della sala da ballo, e per essere sicuro di non sbagliare, le tirai ambedue. Ne
seguì un fracasso, ed un bagliore, poi dal quadrante cominciò ad uscire un fumo
ondeggiante e le luci si spensero. Sentendomi colpevole sgattaiolai fuori dal vestibolo
per trovarmi nel caos e nella totale oscurità. I clienti fuggivano in tutte le
direzioni urlando, il direttore brandendo una torcia prometteva a tutti di ridare i
soldi, anche le maschere con una torcia in mano dirigevano i clienti terrorizzati verso
l'uscita, le donne ed i bambini strillavano, gli uomini si facevano strada spingendosi
verso l'uscita. Una cosa era chiara come il giorno; in quella infernale oscurità non si
sarebbero più fatti affari quella sera, né al cinema né nella sala da ballo. L'indomani
avvenne l'inevitabile "post-mortem" e allora seppi che avevo bruciato la valvola
principale dell'intero edificio e per colpa della mia stupidità la compagnia aveva
perso centinaia di sterline. La sentenza del direttore e della sua corte fu l'immediato
licenziamento. Divenni uno dei tanti della triste coda dell'Ufficio Collocamenti, e per
la prima volta in vita mia ero disoccupato.
Le settimane passarono senza speranza e la paura e la vergogna di essere senza lavoro
non mi davano pace. Camminavo per chilometri in cerca di lavoro e quando le suole delle
mie uniche scarpe decenti furono consumate, mia nonna me ne fece delle nuove con del
cartone molto spesso e una volta pulite con un ottima cera strofinate energicamente con
le sue mani, divenni ancora una persona rispettabile.
Alla fine un impiegato dell'Ufficio Collocamenti mi chiese se avrei lasciato la mia
città per accettare un posto di barista in un locale pubblico a Londra. Questa offerta
mi mise in imbarazzo. Mia nonna dipendeva dai pochi scellini che spremevo dal denaro
che mi procuravano i sussidi di disoccupazione; se io lasciavo St. Albans mi domandavo
come avrebbe potuto vivere. Cercavo di risolvere questo dilemma quando mi accorsi dello
sguardo sprezzante dell'im- 39 piegato che diceva chiaramente anche senza parole come odiava le classi inferiori che
si lamentavano sempre per il lavoro e le case ma che quando avevano l'offerta di una
buona opportunità rifiutavano e quando ricevevano un alloggio mettevano il carbone
nella vasca da bagno. Pensai che avrei risolto per il meglio il problema di mia nonna
in un secondo tempo, e accettai l'impiego a Londra.
Tutto andò per il meglio perché questo locale pubblico non era in realtà nel cuore di
Londra, ma a Barkinside, che allora era un quartiere abbastanza decente con alberi e
prati invece delle sudicie e minacciose case di Londra che io temevo. Il bar dove io
dovevo lavorare si chiamava Fairlop Oak e lo dirigevano una coppia irlandesi molto
cordiali che mi accolsero piuttosto come un amico che rivedevano che come il nuovo
giovane lavapiatti e factotum. Mi portarono in una cameretta pulita e mi dissero che
quella sarebbe stata tutta per me, e questa notizia mi diede grande gioia perché da
quando potevo ricordarmi dovevo dividere la camera al piano di sopra in casa di mia
nonna con l'affittuario che mi teneva sveglio russando. Non solo avrei avuto l'intimità
di una camera tutta per me ma la finestra guardava su di un giardino e mi svegliavo con
la vista degli alberi ed il canto degli uccelli.
I signori Ryan erano molto pazienti con gli sbagli che facevo e incoraggiavano i miei
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
sforzi per imparare il mestiere; per questo lo imparai molto rapidamente. Dopo poco
tempo fui promosso da lavapiatti a aiutante barista e mi diedero maggiori
responsabilità nella cantina. Il mio lavoro mi divertiva, mi affezionai ai clienti che
venivano regolarmente e avevano il loro boccale con il loro nome in vista su di uno
speciale scaffale. Il locale era allegro e ben diretto e io ero molto felice. Mi
ricordo della passione che aveva il signor Ryan per i dischi del tenore John McCormack,
il tenore irlandese, e come lavoravamo tutta la giornata al suono della sua voce d'oro
che cantava ballate irlandesi che il mio padrone amava tanto. Ogni volta che sento
"Danny Boy", "Killarney", "Mother Machree" o qualsiasi altra, anche oggi mi sento
trasportato nel passato quando lavoravo in quel bar e auguro ogni bene ai signori Ryan
ovunque essi si trovino.
Nei miei giorni di libertà prendevo l'autobus per andare a Londra e passavo il tempo
nei musei, nelle gallerie d'arte, di tanto in tanto andando al cinema. Stavo pensando
di riprendere lezioni in qualche sala da ballo ma quando confrontavo il mio unico
vestito con quello dei signori che frequentavano il quartiere del West mi rendevo conto
che avevo l'aria troppo misera per mischiarmi con loro. Ovviamente dovevo comperarmi un
vestito, ma benché avessi guardato tutte le vetrine non trovavo nulla per meno di 30
scel- 40 lini, somma astronomica per qualsiasi persona che riceveva una paga come la mia.
Sembrava che avessi fatto fiasco ancora una volta, ma la gentile signora Ryan venne in
mio aiuto avanzandomi i 30 scellini per il mio vestito se io promettevo di ripagarla
del prestito con 5 scellini alla settimana. Questo significava che dovevo ritardare i
miei tersicorei trionfi fino a pagamento completo del mio debito per poter seguitare a
mandare a mia nonna il piccolo vaglia postale che le facevo tutte le settimane.
Finalmente giunse il giorno della grande occasione e con il mio vestito nuovo, le
scarpe lucidate, i capelli lisciati e dieci scellini in tasca in tutto e per tutto,
saltai su un autobus per raggiungere Piccadilly Circus con il fiato corto
dall'eccitazione.
Avevo già deciso di frequentare l'Astoria Dance Hall a Charing Cross perché ero stato
informato che le signore si potevano invitare a ballare senza la formalità di una
presentazione. Quando vi giunsi rimasi sbalordito dalla meraviglia, il pavimento lucido
come uno specchio, l'orchestra in uniforme, il decoro esotico e gli effetti delle luci
colorate che si riflettevano sui ballerini rappresentavano per me il colmo
dell'eleganza e dello chic. Mi sentivo alla parità della gioventù dorata di Londra. Per
alcuni minuti rimasi immobile da una parte per osservare la procedura. Per quel che
potevo giudicare non c'era che da scegliere una delle signore in gruppo che erano prive
di cavalieri, farsi avanti e domandarle di ballare. Molto azzardatamente mi avvicinai
ad una abbagliante bionda. Scivolò fra le mie braccia e poco dopo giravamo sulla pista
con molto stile, scambiandoci brillanti frammenti di conversazione di ordine comune,
come per esempio se frequentava spesso il locale e quello che pensava dell'orchestra.
Devo ammettere che nessuno dei presenti irruppe in applausi dopo la nostra esecuzione,
ma malgrado questo sentivo che non avevo fatto fare brutta figura alla mia compagna.
Ballai con varie dame ma sempre ritornando alla mia avvincente bionda non solo perché
era una buona ballerina ma aveva un modo speciale di avvinghiare il suo corpo al mio e
lo trovavo molto eccitante. In quei tempi l'intimità fra i sessi non era affatto
immediata come oggi e rimasi molto contento quando mi chiese di chiamarla Muriel.
Alla fine della serata mi si presentò un problema. Volevo ballare l'ultimo valzer con
Muriel ma questo significava che avrei dovuto accompagnarla a casa e non avevo la
minima idea dove abitava. Sarei stato felice di accompagnarla fino a Land's End, ma una
bella ragazza come lei senza dubbio si aspettava di essere portata a casa con un taxi e
con quello che avevo speso per il biglietto di entrata, le limonate che avevo comperato
per le signore, mi rimaneva solo
- 41 mezza corona che mi sarebbe bastata per l'autobus e per vivere fino alla prossima paga.
C'era una sola risposta, non avrei ballato l'ultimo valzer con nessuno dato che non
potevo farlo con Muriel, così non l'avrei tradita. Ero in piedi in disparte con lo
sguardo piuttosto triste guardando l'ultimo ballo quando due mani soffici si posarono
sui miei occhi e girandomi mi accorsi che era lei che mi sorrideva. "Vuole camminare
con me fino a casa?" mi chiese. "Il mio appartamento è a pochi passi da qui".
Immediatamente mi sentii al settimo cielo.
La luce soffice dei lampioni facevano un'aureola attorno ai biondi capelli di Muriel
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
e mi appariva molto bella mentre camminavamo per le strette e sudicie strade e ci
fermammo fuori di una porta la cui pittura si sgretolava a pezzi, fra un barbiere e un
negozio di vini ancora illuminato. La ragazza aperse la porta malandata con la chiave
rivelando un piano di scale di legno. "Seguimi" disse allegramente. Mormorai a mala
pena che dovevo prendere l'autobus. "Su, vieni per un momento" insistette e prendendomi
la mano mi spinse su per le scale con lei.
Diedi uno sguardo attorno a quella stanza per vedere cosa non andava. La mobilia era
trasandata, ma io ero abituato a questo, c'era qualche cosa d'altro. Era una stanza
tutta rosa, piena di fronzoli femminili, con una grande bambola con piume in testa
sulla mensola del caminetto e un orsacchiotto pure rosa sulla coperta da letto. Una
tenda di chintz a grandi fiori sgargianti, nascondeva la cucina a gas e uno scaffale
con pentole e padelle. Bruscamente mi resi conto di perché era diversa dalla mia,
mancava l'odore del sapone e della cera che prevaleva in casa di mia nonna. Questa
stanza era trascurata e sporca. La ragazza aprì un armadio e ne prese un indumento
nero. Poco dopo sentii l'acqua che colava e mi domandai pieno di speranza se stava
preparando una tazza di tè.
Poco dopo l'acqua smise di colare e Muriel ritornò nella camera vestita del solo
indumento nero trasparente e nuda completamente sotto. Non avevo mai avuto esperienze
del genere perciò rimasi in piedi inchiodato al mio posto con l'aria di un rozzo
ragazzo di campagna come in realtà io ero. Prontamente la mia divinità bionda tirò la
coperta e le lenzuola. "Non ti spaventare se questa è la prima volta, Muriel la sa
lunga". Cinque minuti dopo, annientato, accasciato e vergognoso ero di nuovo in piedi
in mezzo alla stanza. Mormorai qualcosa a proposito dell'autobus che dovevo prendere e
mi avviai verso la porta, ma prima che io vi arrivassi Muriel mi sbarrò la strada come
un angelo vendicativo. "Metti i tuoi cinque scellini sullo scaffale del camino prima di
fare un passo fuori da questa porta" disse urlando. La fissai in completo stupore.
Nella
- 42 mia ingenuità pensavo che tutti e due ci eravamo lasciati trasportare da un
irresistibile desiderio e anche se avevo vergogna di essermi lasciato andare a quello
che io pensavo fosse lussuria, non mi era passato per la mente che la transazione
diventasse finanziaria.
Quando Muriel si rese conto del fatto che non potevo assolutamente pagare i 5
scellini mi disse esattamente quello che pensava di me e non risparmiò le sue parole e
nemmeno i miei sentimenti. Dopo che ebbe finito io mi sentivo come se fossi stato
lacerato. Piena di sdegno mi ordinò di uscire immediatamente, e io me ne andai
ringraziando di essermela cavata. Mi apparve ancora una volta in cima alle scale,
mentre le scendevo di corsa, per gettarmi l'ultimo insulto: "Vattene, te e il tuo
vestito da 30 scellini" mi buttò in faccia e poi svanì dalla mia vista.
Durante tutto il tragitto per ritornare a Barkinside, fra momenti di colpevolezza ed
altri di vergogna, mi domandavo come Muriel avesse saputo che il mio vestito costava 30
scellini, ma quando raggiunsi il santuario della mia cameretta a Fairlop Oak vidi che
l'etichetta con il prezzo era ancora attaccata al colletto della mia giacca.
Avevo molto sentito parlare dei film sonori al cinema Regal a Marble Arch; davano Il
cantante pazzo con Al Johnson, e tutti i clienti del mio bar ne erano entusiasti. Più
pensavo ai film parlati ed in questo caso anche cantati, più meraviglioso mi sembrava e
sempre di più desideravo sentirli e vederli. Finalmente venne il giorno in cui presi il
mio posto nella lunga fila che partiva da Edgware Road, preparato ad avanzare a un
centimetro alla volta con gli altri per il tempo che ci sarebbe voluto e dopo essere
stato in piedi per due ore e più mi sedetti sul mio sedile con il solito eccitamento
procurato dall'attesa ed aumentato al momento in cui si spensero le luci.
Il film era cominciato da soli pochi minuti quando mi resi conto che la musica in
scatola non avrebbe mai potuto rimpiazzare l'accompagnamento orchestrale dei film muti.
La voce degli attori suonava strana e acuta, mi ricordava i primi dischi dei grammofoni
e non ritrovavo l'incanto dei film muti. La gente sullo schermo non era più bella, né
affascinante o misteriosa, le loro voci erano metalliche e non adatte alla loro
apparenza. Questo nuovo miracolo mi colpì perché artificioso e terribilmente monotono.
Uscii dal cinema Regal convinto che la nuova pazzia per il film sonoro non avrebbe
durato.
Passò molto tempo prima che io ritornassi a vedere un film parlato; invece ricercavo
i piccoli cinema che non avevano potuto pagarsi il lusso di installare i costosi
equipaggiamenti per il suono
- 43 -
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
e che erano obbligati a chiudere per la concorrenza. Mi ricordo di un direttore che
mise fuori il cartello annunciando "Il Silenzio è d'oro", ed io ero d'accordo con lui
in tutti i sensi.
Nei primi tempi dei film sonori, che con mia grande sorpresa continuavano a
prosperare, molte delle più grandi stelle del firmamento di Hollywood scomparvero
perché le loro voci non erano adatte oppure discordanti e cominciai a pensare ancora
una volta a Rodolfo Valentino. Mi domandavo se la sua voce sarebbe stata all'altezza
della sua grazia e della sua bella apparenza oppure se anche lui sarebbe stato
distrutto dal suono. Pensai che forse era stato fortunato di morire prima che la
leggenda che aveva creato potesse diventare ridicola e antiquata. Pensando a questo mi
vennero in mente i messaggi che avevo ricevuto dalla Germania in cui mi supplicava di
sviluppare le mie facoltà medianiche per servire il mondo. Mi domandavo cosa poteva
pensare di me Valentino se veramente questi messaggi provenivano da lui. Certamente
servivo degli spiriti, ma non certo quelli che lui aveva voluto dire, ed avevo preso la
mia decisione di andare avanti nella vita alla maniera da me voluta. Così accantonai
questi pensieri nel retro della mia mente e dimenticai Valentino.
Qualche tempo dopo durante il mio giorno di uscita decisi di andare a teatro. Dopo
avere esitato sulla scelta decisi di andare al Prince of Wales, dove davano quello che
io pensavo fosse una commedia che trattava di nautica "Outward Bound". Avevo sempre
amato i film di mare, avevo letto Moby Dick e mi avviai verso il teatro convinto di
divertirmi. Outward Bound aveva molto poco a che fare con il mare, ma invece trattava
molto della vita dopo la morte. Era vero che mi ero divertito a quella
rappresentazione, era stata una grande e commovente esperienza, ma avevo l'impressione
che ancora una volta i morti si fossero ricordati di me, non potevo sfuggire a loro
perché mi era stato detto quale era il mio dovere verso l'umanità, e benché ora sembri
stupido, allora pensai che la scelta di questa commedia mi era stata imposta come una
spinta religiosa verso il cammino che io dovevo percorrere in futuro.
Quella notte nella mia cameretta a Fairlop Oak rimasi sveglio per ore pensando alla
commedia a cui avevo assistito, domandandomi se non dovevo rinunciare al mio impiego e
ritornare a St. Albans per cercare di trovare un nuovo gruppo di persone per aiutarmi a
sviluppare le mie qualità di medium. Il mio buon senso mi diceva che non potevo alla
leggera lasciare il mio lavoro senza una ragione plausibile, e che ciò facendo non
avrei avuto neanche il beneficio dell'aiuto assistenziale dall'Ufficio Collocamenti
mentre ero disoccupato. Mi girai e rigirai nel mio piccolo letto, doman- 44 dandomi cosa dovessi fare, discutendo con me stesso prima in un modo poi in un altro
finché mi addormentai. Mi svegliai l'indomani mattina con gli occhi gonfi ma sapendo
esattamente quello che avrei fatto. Diedi alla signora Ryan le solite due settimane di
tempo volute dalla legge e quando venne l'ultimo giorno comperai un economico biglietto
di ritorno e presi il treno per St. Albans.
Era piacevole ritrovarmi a casa nella mia città, ma mi si rivoltava lo stomaco quando
pensavo che avevo agito d'impulso nel lasciare il mio lavoro al bar di Fairlop Oak
senza avere neanche una immediata speranza di trovarne un altro. Mentre camminavo nella
strada principale avviandomi verso la casa di mia nonna, vidi un cartello esposto a una
finestra di una sartoria. "Cercasi giovane". Speravo proprio di essere il giovane di
cui avevano bisogno, perché io senza dubbio avevo bisogno di loro. Entrai nel negozio
domandando di parlare con il direttore. Quando lo vidi uscire dal retrobottega gli
domandai se mi volesse prendere in considerazione per il posto vacante. Risposi nel
modo in cui meglio potevo a tutte le sue domande, senza omettere di raccontargli il
disastro che avevo causato nel cinema, e con mio grande sollievo si mise a ridere. Alla
fine il mio stomaco si tranquillizzò e quella sera mi addormentai dopo essere stato
assunto per il posto vacante. Lo stipendio era quello solito di 12 scellini alla
settimana, e fra i miei doveri vi era quello di tenere pulito il negozio, facendo
brillare le vetrine, eseguendo le consegne e rendendomi utile per varie altre faccende.
L'ultima battaglia fu vinta quando mi promise di lasciare il posto libero fino al mio
ritorno da Londra. Una volta di più avevo bruciato la mia nave e passato il Rubicone,
ma mi domandavo cosa avrei trovato dall'altra parte.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo V
Mi piaceva il mio posto al negozio Maxwell di abiti pronti per uomo, i miei compiti
erano più leggeri di quelli che avevo avuto nel passato, il direttore e i suoi
assistenti erano gentili e avevo le sere libere. La mattina spazzavo, spolveravo e
lucidavo il negozio, poi salivo su una scala a pioli posta sul marciapiedi, lavavo e
pulivo le grandi vetrine fino a farle brillare. Per lo meno brillavano fino a trenta
centimetri dalla sommità perché la mia testa non era fatta per le altezze e solamente
in rare occasioni mi sforzavo di salire sull'ultimo scalino per completare il lavoro.
Durante il resto della giornata facevo qualsiasi lavoro saltuario che mi veniva
richiesto, facevo commissioni e consegnavo gli acquisti nelle case dei clienti.
A casa di mia nonna, dove abitavo di nuovo rimpiansi con tristezza l'intimità di una
stanza mia, come avevo a Fairlop Oak. Dovevo ancora una volta dividere una stanza da
letto con Giorgio, il vecchio inquilino, e tentare di non sentire il suo russare e il
suo odore mattutino di sudore stantio e di birra della notte precedente. In quel tempo
Giorgio era sulla sessantina un uomo taciturno dal colorito rubicondo dell'uomo di
campagna e con un lungo paio di baffi tristemente cascanti. Un tempo verso il 1870,
aveva cominciato a lavorare come ragazzo di scuderia alla "Vecchia casa del miglio",
una vecchia locanda per diligenze a un miglio da St. Albans, e vi lavorava ancora. Per
molti anni Giorgio aveva curato i cavalli e pulito le carrozze della classe possidente
finché il trionfo dell'automobile aveva fatto chiudere le stalle e ridotto Giorgio a
fare l'uomo tuttofare con il salario di una sterlina alla settimana. Come mia nonna non
sapeva né leggere né scrivere; non cessava mai di brontolare per la sparizione dei suoi
amati cavalli dalle strade e non mancava di maledire il rumore e la puzza delle
automobili.
Nella nostra casa vi era un salotto che era conosciuto come la stanza anteriore. Era
ammobiliata con duri sofà di stile vittoriano, una tavola rotonda di mogano coperta da
un panno con palline e diversi scaffaletti pieni di bric-a-brac. Vi era una credenza
con sopra una vetrina contenente due caraffe che, a mia conoscenza, non avevano mai
contenuto liquori e che durante la mia fanciullezza avevano preso la via del negozio
di pegni nei periodi di particolare crisi
- 46 finanziaria. Alle finestre, due ordini di tende, quelle di merletto che venivano lavate
ogni lunedì e quelle di velluto pesante che durante il giorno erano tenute semi chiuse
per evitare che il sole stingesse il tappeto a disegni messo di traverso sul consunto
linoleum. Vi era una carta rossa crespata, pieghettata a ventaglio nella griglia vuota,
ed il vaso di coccio contenente giunchi secchi che stava in un angolo era da ritenere
provvedesse quel tocco che tradizionalmente solo una donna può dare.
Avere un salotto era una parte importante dell'idea che mia nonna si faceva della
rispettabilità ed era molto orgogliosa del suo. I mobili di mogano erano lucidati fino
a brillare; mia nonna si metteva in ginocchio per strofinare il linoleum e quando era
secco si metteva nuovamente in ginocchio per lucidarlo. Ogni pezzo di bric-a-brac senza
valore sugli scaffaletti carichi era lavato in acqua calda insaponata e asciugato con
tenera cura una volta alla settimana. Spendeva ore per rattoppare i buchi fatti sulle
tende di merletto dall'età e dai lavaggi troppo frequenti e li rammendava con punti
piccoli e delicati, cercando di ricreare il disegno scomparso.
Sarebbe stato impensabile usare questo Sancta Sanctorum in un'occasione meno
importante del giorno di Natale o per il funerale di un parente prossimo; così sedevamo
tutto il tempo in cucina.
Quando Giorgio e io tornavamo dal lavoro ci dava un pasto che veniva chiamato tè ma
che in realtà era il pasto principale della giornata, mangiavamo tortino con piselli,
salsicce e purè di patate oppure ragù di montone, il tutto innaffiato da tazze di tè
molto forte accompagnato da illimitate porzioni di pane e margarina. Quando avevamo
terminato, tutti e tre ci sedevamo vicino al minuscolo camino della cucina, la nonna
seduta sulla sua poltrona di vimini rammendando oppure facendo la calza, Giorgio con i
piedi sul vecchio sofà fumando la sua pipa di argilla, rigidamente seduto sulla sedia
di cucina poiché era l'unico posto ove sedersi.
Oggi sentiamo molto parlare della mancanza di comunicazioni fra generazioni, ma
dubito che i giovani di oggi possano immaginare la quasi mancanza di comunicazione
inflitta dall'analfabetismo. Mia nonna e Giorgio non potevano leggere i giornali,
l'apparecchio radio che avrebbe potuto tenerli al corrente degli avvenimenti era troppo
caro per loro e così non avevano assolutamente nessun argomento di conversazione
all'infuori delle piccole cose di tutti i giorni che succedevano durante le ore di
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
lavoro e le chiacchiere del paese, e quando veniva la sera tutti e due erano troppo
stanchi, troppo scoraggiati per interessarsi dei fatti giornalieri accaduti all'uno e
all'altra. Giorgio fissava nel vuoto, fumando la sua puzzolente pipa di argilla, e la
nonna cuciva in silenzio fino al momento di andare
- 47 a letto. Spesso uscivo anche se non sapevo dove andare, solo per sfuggire quelle
monotone serate mortalmente silenziose attorno al camino nella nostra cucina.
Qualche volta andavo a riunioni spiritistiche con la speranza di ricevere qualche
messaggio che mi dicesse come dovevo fare per servire l'umanità, ma in quei giorni non
vi erano mai messaggi per me, e siccome quelli della congregazione non mi parlavano né
cercavano di essermi amici, non ero capace di prender contatto con nessun gruppo con
cui avrei potuto avere riunioni che avrebbero sviluppato le mie facoltà medianiche,
come mi era stato ordinato nelle lettere pervenutemi da Monaco. Cominciai a diventare
molto depresso e a domandarmi se queste lettere fossero state un elaborato scherzo, ma
poi ritornavo al fatto che quella donna di Monaco non poteva assolutamente sapere il
nome e indirizzo di un giovane totalmente sconosciuto in una piccola città
dell'Inghilterra, e ammettendo che lo avesse saputo quale mai sarebbe stata la ragione
di giocare un tiro così complicato a uno sconosciuto di cui non avrebbe mai potuto
vedere le reazioni?
Mi misi a rimuginare pensando a queste cose e mia nonna mi consigliò di calmarmi con
uno sciroppo allo zolfo che era la sua panacea per curare tutti i mali. Mi rifiutai di
bere la pozione che non potevo sopportare e decisi che dovevo uscire da quella crisi
con i miei propri sforzi e rimettermi a ballare.
Miss Florence fu felice di rivedermi, aveva avuto tanto successo in quegli ultimi
mesi che non poteva occuparsi di tutti gli allievi che volevano arruolarsi nella sua
scuola di ballo. Sembrava che tutta l'Inghilterra avesse perso la testa per il ballo,
giovani, persone di mezza età e vecchi volevano essere alla moda e imparare il foxtrot,
il tango, il nuovo valzer, il blackbottom e tutto il resto. Ci mettemmo d'accordo che
io avrei aiutato gli allievi più lenti ad imparare ed in cambio avrei ricevuto lezioni
private dalla signorina Florence.
Ritornai alle mie lezioni di ballo con tutto l'entusiasmo di un pesce rimasto fuori
dall'acqua che improvvisamente si ritrova al suo posto. Mi esercitavo nel negozio fra
un lavoro e l'altro, mi esercitavo in camera da letto sotto gli occhi di Giorgio che
sembravano avere l'itterizia, ballavo il walzer e il tango attraverso le corde che
reggevano il bucato di mia nonna nella nostra cucina, e quando non ballavo con i piedi
ballavo con il pensiero. La signorina Florence disse che se perseveravo potevo anche
farmi una carriera come maestro di ballo e ne fui molto contento.
L'assistente direttore del negozio fu trasferito improvvisamente a un'altra sede
della società e il direttore mi chiese di prendere il
- 48 suo posto. Non solo il mio stipendio era aumentato a 15 scellini alla settimana ma
potevo comperarmi a prezzo di costo un abito con giacca nera e pantaloni a righe da
portare nel negozio.
Malgrado la mia posizione più elevata dovevo ancora spazzare, lucidare e spolverare
il negozio tutte le mattine come prima e pulire le vetrine, ma quando avevo finito
questi compiti sgattaiolavo nel retro bottega e mi toglievo la tuta da lavoro per
indossare il vestito con il quale mi sentivo un vero dandy. Ero anche autorizzato a
comperare vestiti con lo sconto ed a pagare a rate. In questo modo riuscii con il tempo
a mettere assieme un guardaroba. Comperai due vestiti, uno di gabardine blu e uno color
prugna per esprimere meglio la mia personalità. Comperai un paio di pantaloni larghi di
flanella che andavano di moda e che si chiamavano Oxford e una giacca di tweed, i due
insieme mi costarono due sterline, poi un impermeabile per 25 scellini. Vestito così
parevo un vero dandy. Ogni qualvolta portavo a casa un indumento mia nonna mi faceva
notare che l'abito non fa il monaco, ma segretamente era molto fiera della mia nuova
personalità e passava ore pulendo, stirando affinché io fossi sempre immacolato.
Giorgio, a mia conoscenza, non portava mai altro che le sue tute di lavoro di velluto
di cotone e una camicia a righe con un fazzoletto attorno al collo che era l'uniforme
delle unioni a cui apparteneva e guardava alle mie stravaganze con sardonico
divertimento perché, diceva, ero molto lontano dal sembrare un signore e la prima volta
che indossai il mio vestito color prugna si sdraiò sul vecchio sofà della cucina
ridendo fino alle lacrime.
Dopo qualche mese che facevo parte delle classi della signorina Florence come
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
allievo-insegnante venne una ragazza che io pensai fosse nata ballerina. Si chiamava
Gladys, era piccola e snella e leggera come una driade, aveva capelli castani e due
grandi occhi verdi. Era vestita con semplice eleganza, ma si vedeva che portava tutta
roba che doveva essere molto cara. Simpatizzammo dal primo giorno e i nostri passi
erano in perfetto ritmo, ero sicuro di aver trovato la compagna ideale che sognavo da
tanto tempo, appena trovai un po' di coraggio le chiesi se voleva accompagnarmi a una
serata di ballo e con mia grande gioia accettò l'invito.
La sera tanto aspettata, indossando il mio abito di gabardine blu e la più bella
delle mie cravatte, arrivai davanti al portone di casa all'indirizzo che Gladys mi
aveva dato, e il mio cuore fece un salto. Questa era una casa di gente molto ricca la
di cui figlia sarebbe stata troppo per le mie capacità finanziarie. Nondimeno suonai il
campanello pensando che se non altro mi sarebbe rimasto il ricordo di quella serata
prima che i suoi genitori mi cacciassero via
- 49 malamente. La porta mi venne aperta da una cameriera vestita di nero con grembiule e
accessori bianchi, domandai nervosamente se la signorina Gladys era pronta per
accompagnarmi al ballo. La cameriera si mise a ridacchiare, poi subito si controllò.
"Entri dalla porta di fianco e suoni il campanello", — disse bruscamente — e mi chiuse
la porta in faccia. Feci il giro della casa fino alla porta domandandomi se il modo
secco della cameriera poteva essere il primo segnale della disapprovazione dei genitori
e suonai il campanello. Mi aprì la porta Gladys, portava una pelliccia bianca sopra un
vestito da sera color fiamma. "La cuoca ci offrirà uno sherry se è di buon umore,
perciò entri" — disse quella visione — e fui guidato in una cucina dove una signora con
una faccia rossa e grembiule bianco sporco di uova rotte sui risvolti, ci versò due
bicchieri di sherry da una bottiglia con una etichetta marcata "per uso cucina" dandone
uno a Gladys e uno a me. Bevendo lo sherry che perfino al mio inesperto palato sembrava
mancasse di finezza, seppi che Gladys era la cameriera del piano superiore di questa
imponente residenza e ingenuamente mi confidò che gli eleganti vestiti che portava le
erano stati regalati dalle due figlie della famiglia che la impiegava. Dopo essermi
sentito sollevato all'idea che dopo tutto Gladys non era al disopra dei miei mezzi e
con il vino che mi era andato in testa non essendo abituato a bere, lasciai la casa a
braccetto con Gladys e sentendomi al settimo cielo mi incamminai con lei fino al salone
da ballo.
Ballare con Gladys significava avere trovato la perfetta compagna; era leggera come
una piuma fra le mie braccia e sapeva seguirmi con precisione mentre scivolavamo senza
sforzi sul pavimento in armonia l'uno con l'altra. Alla fine della serata facevamo già
progetti per il nostro futuro come ballerini professionisti. Pensammo che era meglio
farci conoscere prima in un cabaret, oppure di vincere uno dei grandi concorsi, e in
seguito aprire insieme una scuola e fare fortuna. Ci mettemmo d'accordo di esercitarsi
il più possibile e di girare in coppia per tutte le sale da ballo locali non solo per
provare tutte le variazioni dei nuovi passi con le migliori orchestre ma anche per
farci conoscere nel quartiere come ballerini professionisti il che poteva portarci a
ricevere un invito per esibirsi oppure a qualche offerta di lavoro in un cabaret.
Gladys e io ci divertivamo specialmente a ballare il tango e fu così che alla nostra
prima dimostrazione pubblica (per modo di dire) la nostra versione della bella danza
piacque talmente al pubblico che ci guardava ballare attorno alla pista da ballo che ci
applaudì chiedendo un bis, proprio come io avevo sognato se avessi avuto la fortuna di
trovare una compagna come Gladys.
- 50 Poche persone imparano a ballare bene il tango, conoscono forse bene tutti i passi e
seguono il ritmo, ma per ballare veramente bene bisogna avere il temperamento e la
maggior parte degli inglesi sono troppo rigidi, troppo inibiti per lasciarsi andare a
quella romantica sensualità che è il vero significato del tango.
Quando lasciai Gladys alla porta di servizio della residenza dei suoi padroni, tardi
nella notte, eravamo già diventati con la nostra immaginazione una celebre coppia
conosciuta nel mondo intero e rinnovammo le nostre promesse di lavorare duro,
scambiandoci qualche bacio.
Nelle settimane che seguirono andammo a tutti i balli che potevamo trovare e
diventammo molto noti nel quartiere come esperti ballerini ormai abituati agli applausi
e ai bis che il pubblico chiedeva. La nostra relazione personale rimase a livello delle
nostre ambizioni, ma spesso vi furono momenti in cui avrebbe potuto trasformarsi in
tenerezza se non fosse stato per le inibizioni di Gladys che insisteva "di non essere
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
quel tipo di ragazza" e non voleva sentir parlare di "ciò" prima che il certificato di
matrimonio fosse firmato, sigillato e consegnato nelle sue mani. La parola matrimonio
era per me una doccia fredda, ricordavo troppo bene la miseria e la discordia nella
logora camera mobiliata che fu la casa dei miei genitori. Ma Gladys ed io andavamo
avanti bene così e ballare con lei era pura delizia.
Nell'autunno del 1931, fu progettata una festa di beneficenza nel quartiere,
organizzata per raccogliere fondi nella sala da ballo più grande di St. Albans e gli
organizzatori chiesero a Gladys e a me di esibirci nel cabaret di mezzanotte ma senza
ricevere paga per contribuire alla causa. Eravamo talmente certi che questo fosse il
primo scalino sulla scala della celebrità e della fortuna che accettammo con
entusiasmo. Decidemmo di ballare il nostro tango, ora diventato una versione drammatica
con vari passi inventati da noi e seguiti da un passo doppio in caso ci chiedessero un
bis. Gladys rivelò un inaspettato talento di organizzatore; propose di vestirci da
spagnoli per ballare il tango e che io avrei sostenuto le spese del materiale mentre
lei avrebbe cucito a macchina a casa dei suoi padroni. A me sembrava che il tempo
impiegato per cucire fosse sprecato e che sarebbe stato meglio far pratica per la
nostra esibizione, ma Gladys era sicura del colpo che avremmo creato e così le diedi la
mia parte di denaro. Dopo lunghe discussioni sulle stoffe da impiegare, Gladys escogitò
due stupendi costumi, benché, debbo dire, non fossi del tutto convinto del cappello
cordovese trovato per me. Ero già cosciente di essere di statura troppo bassa per fare
il ballerino professionista e mi sembrava che il cappello mi schiac- 51 ciasse completamente, ma Gladys era decisa a farmelo mettere e dovetti ubbidire.
Il successo fu strabiliante e finimmo la nostra esibizione con applausi che rompevano
i timpani e non finivano mai; era come un dolce canto per noi tanto eravamo felici del
nostro successo e per ringraziare il pubblico mi tolsi il cappello. Mentre Gladys
faceva una graziosa riverenza e io mi inchinavo al pubblico che seguitava ad
applaudire, tutti e due eravamo sicuri che dipendeva soltanto da noi fare la carriera
tanto desiderata.
Qualche settimana dopo questo debutto Gladys ed io stavamo passeggiando quando i
nostri passi ci portarono davanti a una grande casa di stile vittoriano nella parte
residenziale della città. La casa apparteneva a due anziane sorelle che ne avevano
fatto un asilo per bambini al di sotto dei cinque anni. Si chiamava "Asilo-scuola", e
in tempi in cui le donne normalmente non lavoravano fuori delle loro case era facile
trovare bambinaie con bassi stipendi. La clientela per questi asili dove scaricare
rampolli non era molta, come avrebbe potuto esserlo ai nostri giorni, e lo "Asiloscuola", immagino che fosse tutt'altro che un risonante successo finanziario. In ogni
caso, quel giorno vi era un cartello attaccato a un albero che offriva la scuola in
affitto come luogo di riunioni per feste, conferenze e feste da ballo per una modica
somma. Gladys e io ci fermammo di colpo tutti e due con la stessa eccitante idea. I
suoi occhi verdi danzavano per l'eccitazione. "Niente di male a chiedere" — mi disse —
ed entrammo attraverso un viale.
Tirai la maniglia vecchio stile del campanello e dietro la massiccia porta d'ingresso
udimmo un suono metallico. Poco dopo la porta fu aperta da una donnetta silenziosa come
un sorcio, vestita di seta grigia, che ci guardò interrogativamente senza parlare.
Quando le chiedemmo informazioni per l'affitto del salone da ballo ci disse che era
meglio parlare con sua sorella. La seguimmo in una stanza che evidentemente doveva
essere la sala da gioco per i bambini. Infatti c'era in un angolo, un cavallo a dondolo
grigio pomellato, con delle belle narici scarlatte ed una lunga coda e si potevano
vedere altri giocattoli ordinatamente riposti in un armadio aperto. La sorella
maggiore, con i capelli in disordine, stava dipingendo un birillo con pittura bianca;
alzò la testa mentre la sorella che sembrava un sorcio grigio ci introduceva nella
stanza; aveva un baffo di pittura sulla punta del naso. Le domandai educatamente se
potevamo vedere la sala da ballo allo scopo di affittarla due volte alla settimana per
dare lezioni di danza. La maggiore delle sorelle rispose incongruamente che al giorno
d'oggi non si ballava più la gavotta e neanche la quadriglia, ma che ella pensava che
anche i più umili
- 52 hanno i loro diritti. La signorina vestita di grigio prese questa frase come un
permesso per farci visitare il salone da ballo e ci invitò a seguirla.
Demmo uno sguardo al pavimento, che una volta doveva essere quello del più bel salone
della casa e malgrado i danni causati dai piedi dei bambini, di cui si vedevano le
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
impronte dovunque, ci manifestammo reciprocamente la nostra soddisfazione. Il salone
era ideale per il nostro scopo. Vi era pure un grande piano vicino alla finestra e un
vecchio armadietto con dentro un grammofono appoggiato al muro. La signorina che
rassomigliava a un sorcio fu d'accordo di includere nel prezzo anche il grammofono, ma
ci disse di portare le nostre puntine e di essere responsabili per l'apparecchio.
Pensammo che fosse giusto e ci mettemmo d'accordo promettendoci di richiamarla per
stabilire quali giorni della settimana volevamo affittarlo. Poi salutammo e ce ne
andammo per discutere della cosa fra noi.
Ufficialmente ero diventato "l'accompagnatore di Gladys" e spesso la cuoca mi dava da
mangiare in cucina nelle sere in cui Gladys doveva rimanere di servizio. In una di
quelle occasioni Gladys ed io elaborammo un opuscolo per la pubblicità della nostra
Scuola di Ballo: Direttori: L. Flint e G. Hayes. Il prezzo era una ghinea per un corso
privato di sei lezioni con uno dei due direttori e due scellini per persona in una
classe in comune. Poi trovammo un tipografo in una delle stradine secondarie per far
stampare mille copie degli opuscoli e tutti e due passammo ore, durante il periodo in
cui non lavoravamo, per distribuirlo nelle fabbriche, lasciandoli distrattamente sui
banchi nei negozi oppure mettendoli nelle buche delle lettere delle case. Dopo poco
tempo la Scuola di Ballo comprendeva molti allievi e benché ve ne fossero solo due che
prendevano lezioni private, spesso ne avevamo anche venti nella classe in comune.
Avevamo difficoltà con la musica. Il grammofono era sfiatato e vecchio e i dischi
eran pochi. Ciò ci faceva perdere molto tempo per ricaricarlo e cambiare il disco e gli
allievi si lamentavano di non averne abbastanza per i loro soldi a causa di quelle
pause. Ci guardammo attorno per cercare qualcuno che venisse a suonare il piano per i
pochi soldi che potevamo offrire, ma senza successo.
Una mattina che stavo sulla scala fuori dal negozio per lucidare le finestre, mentre
il mio pensiero volava verso i nuovi passi che volevo inventare, una donna mi chiamò
dalla strada. Scesi dalla mia scala per vedere chi fosse e riconobbi una signora che
qualche volta si occupava della libreria nella chiesa degli Spiritualisti nei giorni
che li frequentavo. Si presentò come signora Mundin e mi
- 53 disse che non mi aveva visto nella chiesa da tanto tempo e che nel vedermi aveva
sentito il bisogno di parlarmi. Doveva avere sui quarant'anni e si presentava ancora
molto attraente con un modo di fare allegro che trovavo molto gradevole. Le dissi che
avevo completamente perso l'interesse per lo spiritismo e che dedicavo il mio tempo
cercando di farmi una carriera nella vita. "Che peccato" — disse la signora Mundin —
"ho sentito che lei dava segni di poter diventare un grande medium, nelle riunioni
della signora Cook". Nel ricordarmi quello che era successo, benché fosse passato tanto
tempo diventai rosso dalla vergogna al pensiero della disastrosa serata che mise
termine alle mie serate in casa della signora Cook. "Non voglio diventare un medium",
dissi deciso, "mi sembra una vita molto sgradevole".
La signora Mundin mi guardò tristemente e mi disse che era un peccato sprecare un
talento così raro, perché i buoni medium erano pochi. Le risposi che molto
probabilmente non sarei mai stato buono a nulla in quel campo e che ero troppo occupato
in questo mondo per preoccuparmi di quell'altro. Gli occhi grigi della signora Mundin
mi diedero uno sguardo di disapprovazione. "Se lei possiede un dono, è suo dovere
svilupparlo e usarlo", mi disse. "Terremo delle sedute a casa mia e sarò molto felice
se lei vorrà unirsi a noi". Non volendo apparire villano, sorrisi gentilmente scuotendo
la testa. "Venga per una tazza di tè domenica, le voglio presentare i miei amici"
insistette con la sua voce soffice e gentile, "prenderemo il tè e faremo due
chiacchiere, e poi forse suonerò il piano". A queste parole aprii le orecchie. "Lei
suona musica da ballo oppure musica classica?", le domandai ansioso. Quando la signora
Mundin mi disse che suonava sia l'una che l'altra accettai il suo invito.
Mettendo piede nel grazioso salottino della signora Mundin mi resi conto che sia lei
come i suoi amici erano molto al di sopra della mia classe e da principio rimasi
paralizzato dalla timidezza e dal mio complesso di inferiorità. La vista del servizio
d'argento, delle delicate tazze da tè sul carrello non fecero che aumentare la mia
timidezza. Fortunatamente per me sia la signora Mundin che i suoi amici avevano quella
vera gentilezza che non mette mai a disagio quelli che sono stati meno privilegiati e
dopo poco mi trovai con loro a mio agio come in un paio di vecchie scarpe. Dopo una
deliziosa tazza di caffè, la signora Mundin che avevo cominciato a chiamare Edith, si
mise a suonare Chopin, Brahms e Bach e devo ammettere che quei signori fino a poco
prima sconosciuti mi impressionarono in un modo che non mi aspettavo. Poi, per farmi
piacere, Edith si mise a suonare tutti gli ultimi motivi con tanta maestria che i miei
piedi non potevano stare fermi dalla voglia che avevo
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
- 54 di ballare. Questa fu la mia prima esperienza in una casa dove si giudicava una persona
non per quello che era né per il luogo da dove veniva, ma unicamente dal tipo di essere
umano che rappresentava, e potei capire d'istinto che malgrado la mia grammatica
incerta, la mia povertà e la mia mancanza di educazione, queste persone mi accettavano
come uno di loro e mi volevano fra loro. Volevo rivederli più spesso e così quando mi
domandarono di far parte delle loro riunioni accettai di andare ogni mercoledì sera
perché era la mia serata di libertà e non avrebbe interferito con le mie altre
attività. Malgrado questo, mentre tornavo a casa camminando, mi misi a pensare se avevo
fatto bene a ricominciare le sedute spiritistiche, ma ero deciso a non lasciarle
interferire con i miei sforzi per riuscire a creare una importante classe di ballo
assieme a Gladys. Questo mi fece venire in mente che a Gladys non sarebbe piaciuta
l'idea che io sviluppassi le mie facoltà medianiche. Decisi che in questo caso la
discrezione era la cosa migliore e non feci parte a nessuno della mia decisione.
Non avevo bisogno di preoccuparmi per questo poiché, pur essendo presente tutti i
mercoledì alle riunioni, nulla fino allora si era manifestato per quanto riguardava il
mio potere psichico, e ne conclusi che, seppure lo avevo avuto una volta, ora mi era
sfuggito per sempre. Non lo avrei rimpianto se non fosse stato per la delusione di cui
sarei stato la causa fra i soci del circolo che avevano tanto sentito parlare del mio
meraviglioso dono, ma in tutte quelle serate prive di esito nessuno di essi mi fece
sentire che non ero stato all'altezza e cominciai a sentire un vero e profondo affetto
per loro. Mentre sedevamo in circolo tutti insieme, durante quelle serate senza esito
sentivo veramente la felicità che procurano la pace e la tranquillità quando è divisa
fra amici. Quello di cui non mi resi conto fino a molto tempo dopo era il fatto che
proprio durante quei mesi in cui non succedeva nulla eravamo noi stessi a creare le
condizioni di armonia e di amore in cui il dono del medium può meglio fiorire.
Con Gladys avevamo ancora problemi per la nostra musica; non potevamo trovare nessuno
che volesse suonare il piano per quella modesta somma che potevamo dare e seguitavamo a
lottare con il grammofono, ma perdemmo molti allievi per le lunghe pause causate da
quella vecchia macchina. Quando Edith seppe delle nostre difficoltà si offrì subito di
suonare per noi due volte alla settimana e benché anche lei non fosse in condizione
agiata, si rifiutò di essere pagata. Gladys era diventata molto possessiva e avevo una
certa apprensione per la reazione che avrebbe potuto avere contro Edith, ma il fatto
che avevamo acquisito una pianista che
- 55 non dovevamo pagare le fece sormontare la paura di perdermi. La stima che avevo di
Gladys diminuì considerevolmente quando il primo giorno del loro incontro, dopo che
Edith se ne era andata a casa mi disse in tono maligno, "La tua amica è piuttosto
anzianotta, vero?".
Una sera mentre stavamo seduti in riunione come sempre, la stanza divenne di ghiaccio
all'improvviso e sentivo che perdevo conoscenza. Quando ripresi coscienza seppi che
vari spiriti avevano parlato attraverso di me, compreso il defunto marito di Edith che
era stato il fratello di Herbert Mundin il famoso attore.
Man mano che passavano i mesi il nostro cerchio divenne un gruppo sempre più
armonioso. Qualche volta andavo in trance e i defunti parlavano attraverso me. Al
principio erano parenti e amici di qualcuno facente parte del nostro gruppo, ma questa
fase ebbe termine dopo un lungo periodo e spiriti più progrediti parlarono di filosofia
e morale attraverso me dall'aldilà. Edith prendeva nota di tutto quello che veniva
detto mentre io ero in trance e quando riprendevo coscienza rimanevo meravigliato dai
discorsi colti che erano usciti dalle mie labbra.
Dopo un periodo di lunghi mesi un nuovo aspetto delle mie facoltà medianiche si
sviluppò e divenni chiaroveggente. Potevo vedere e descrivere gli spiriti che ci
circondavano durante le nostre sedute. Li vedevo vivi e fatti esattamente come
qualsiasi persona del nostro gruppo, ma avevano la stessa sconcertante abitudine di
svanire all'improvviso come le persone che avevo visto da bambino.
Alla fine le difficoltà finanziarie di Edith si fecero così acute che dovette
abbandonare la sua casetta perché non poteva più pagare l'affitto ed assieme a suo
figlio Owen, un intelligente ragazzo di nove anni se ne andò a stare nei dintorni di
St. Albans; Edith prese un lavoro in una fabbrica di rifiniture per capelli. Anche
durante questo tempo di cambiamenti e smembramenti non interrompemmo mai le nostre
riunioni, solo il luogo della riunione era cambiato e andavamo in casa di due altri
membri per fare in modo che le mie facoltà medianiche non soffrissero di quegli
inconvenienti.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Nelle sere in cui non andavo alle riunioni spiritistiche, accompagnavo Gladys in
qualche sala da ballo del quartiere, oppure insegnavo nella nostra scuola. Gladys
diventò sospettosa perché non accettavo mai di uscire il mercoledì sera anche se la
serata si presentava delle più allettanti e cominciò a chiedermi apertamente che cosa
fosse l'attrazione che rendeva i miei mercoledì così sacrosanti. Sapevo benissimo che
si sarebbe messa a ridire di me oppure mi avrebbe tormentato per farmi rinunciare e
così le risposi solamente che erano fatti miei.
- 56 Il mio amoreggiare con Gladys mi causò ancora fastidi con mia nonna. Malgrado avessi
ventidue anni si rifiutava di darmi la chiave di casa. Questo significava che quando
tornavo tardi dal ballo o stava sveglia ad aspettarmi e mi faceva entrare in casa con
una faccia da arcangelo offeso, oppure si metteva a letto e io dovevo tirare sassi alla
finestra di Giorgio per svegliarlo dal suo sonno di ubriaco di birra e pregarlo di
aprirmi la porta. Non sapevo quale fosse la peggiore alternativa, ma la situazione
aveva creato molte discussioni esasperanti. Cominciai a temere i ritorni a casa dal
lavoro per trovarmi di faccia a una nonna battagliera oppure a un fiume di insulti di
Giorgio, e talvolta ad un concertato attacco da parte di entrambi.
Edith pure non era felice in quel tempo, abitava lontano da tutti i suoi amici e
vicini che avevano l'abitudine di tenerle compagnia, e non aveva fatto nuove conoscenze
fra quelli della casa comunale i quali le rimproveravano la sua educazione superiore e
i suoi interessi intellettuali. A parte la sera del mercoledì, quando il circolo si
riuniva, era molto sola ed io presi l'abitudine di passare da lei per vederla insieme
al giovane Owen nelle serate in cui non avevo altri impegni, piuttosto che rimanere a
casa nella severa atmosfera generata da mia nonna e da Giorgio. Edith era sempre
piacevolmente lusingata di vedermi e aveva sempre tempo e pazienza per ascoltare i miei
problemi, darmi consigli e consolazione. Anche Owen mi piaceva molto e cominciai a
considerarlo come un fratello minore; credo che anche lui mi volesse molto bene.
Ricordo che un giorno di S. Stefano Edith ed io progettammo di farlo divertire.
Mettemmo insieme il nostro denaro e prendemmo il treno di prima mattina per Londra dove
facemmo la fila per i posti in platea al teatro Drury Lane e dopo una lunga attesa
entrammo per vedere la meravigliosa pantomima che il teatro rappresentava ogni Natale.
Dopo la rappresentazione mangiammo al ristorante Lyons con l'accompagnamento di
un'orchestra d'archi prima di ritornare a St. Albans con il treno della sera. Fu una
bellissima gita che per tutti e tre non costò più di trenta scellini.
Non lo sapevo più di quanto lo sapessero gli altri membri del nostro circolo, ma la
mia evoluzione come medium entrava nella sua ultima e più importante fase. Ero ancora
molto appassionato del cinema e vi andavo il più spesso possibile per vedere dei film
parlati con i quali mi ero ora riconciliato. Ma ogni volta che sedevo nella
confortevole oscurità del cinema con gli occhi fissi sullo schermo, mi rendevo conto di
strani bisbigli intorno a me; potevo afferrare solo qualche parola ogni tanto, ma le
voci erano quelle di uomini e di donne ed era chiaro che altri del pubblico potevano
udirle perché mi dicevano continuamente di fare silenzio e quelli dietro a me mi
battevano sulle spalle con collera. Protestavo che non avevo aperto
- 57 bocca, ma poiché i bisbigli continuavano e la gente che si lagnava aumentava, finivo
purtroppo con lo strisciare fuori del cinema senza vedere il film. Questo accadeva così
spesso che dovetti rinunziare completamente al cinema. Ora so che erano le prime
manifestazioni della voce medianica che doveva portarmi fama, se non denaro, e che era
resa possibile dal fatto che sedevo nell'oscurità della sala circondato da molte
persone le cui menti concentrate sullo schermo escludevano pensieri diversi che
potevano distrarli; ma in quel tempo mi causavano perplessità e mi privavano di uno dei
miei più grandi piaceri.
La mia vita a casa diventava sempre più difficile. Io non volevo rinunciare alle mie
classi di ballo e mia nonna era sempre più riluttante a darmi le chiavi di casa; le
continue discussioni in casa mi rendevano di cattivo umore, depresso e infelice. Edith
mi venne in aiuto offrendomi di trasformare in casa sua un ripostiglio in camera da
letto se volevo affittarlo per pochi scellini alla settimana compresa la colazione al
mattino prima di andare al lavoro. E così senza rimpianti dalle due parti lasciai la
casa di mia nonna che era stata la mia per tanti anni e mi trasferii in casa di Edith
come suo ospite pagante. Con le sue attenzioni e la pace della sua casa ritrovai la
felicità, ero contento e senza dubbio a causa di questa armonia che sentivo dentro di
me le mie facoltà medianiche si accelerarono e nelle nostre riunioni cominciammo a
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
sentire voci con sempre maggiore frequenza. Al principio era solo un confuso mormorio,
più tardi divennero forti e chiare, davano il loro nome e indirizzo e ci raccontavano
la loro vita terrena. Con mia grande felicità non andavo più in trance quando quelle
voci si manifestavano. Anzi potevo prendere parte ed apprezzare tutto quello che
succedeva nel nostro cerchio. Effettivamente potevo avere conversazioni intelligenti
con alcuni spiriti che si manifestavano per mezzo delle mie facoltà e ancora oggi posso
farlo.
Per lungo tempo dopo l'accelerarsi dello sviluppo delle mie facoltà medianiche nel
nostro cerchio ero tormentato fra il desiderio di farmi una carriera di ballerino
professionista assieme a Gladys e le costanti insistenze degli spiriti che dall'aldilà
mi chiedevano di rinunciare a tutto per servire e confortare l'umanità grazie al mio
dono di medium. Bramavo ancora le luci e gli applausi della carriera di un ballerino
professionista e non potevo decidermi all'idea di dover rinunciare a tutto. Per lungo
tempo cercai di prendere alla lettera il meglio dei due mondi in cui vivevo e mentre il
mercoledì sera era riservato "per l'altra vita", le altre sere della settimana erano
dedicate alle mie ambizioni di ballerino assieme a Gladys.
Un sabato sera erravo per la strada principale di St. Albans guardando le vetrine e
facendomi strada tra le madri di famiglia e i loro
- 58 mariti che facevano le spese di fine settimana. Sembrava che il sabato vi fosse più
gente ancora degli altri giorni e fui piuttosto contento di vedere Gladys che mi veniva
incontro attraverso la folla, benché ultimamente avessimo avuto parecchie liti a causa
della sua possessiva gelosia che era diventata patologica. Mi fermai per salutarla
sorridendo e mi balenò per la mente di domandarle di accompagnarmi a fare un giro in
campagna con l'autobus perché ero deciso di procurarle un giorno di svago. Si fermò di
fronte a me, e prima che io potessi accennare a un saluto, mi schiaffeggiò con tutta la
sua forza, gridando che io vivevo con una donna che poteva essere mia madre. Dopo aver
fatto scoppiare questa bomba girò i tacchi e uscì per sempre dalla mia vita.
Mentre stavo sul marciapiede, rosso in faccia e imbarazzato, con il viso dolorante
per lo schiaffo di Gladys, mi resi conto degli sguardi divertiti e ironici della folla
che aveva assistito alla scena e che da lungo tempo non si era divertita tanto.
Improvvisamente mi resi conto della cieca convinzione che da ora in poi avrei
rinunciato alla mia carriera di ballerino. Sapevo che avevo qualcosa di molto più
importante da fare nella mia vita. L'avrei dedicata completamente al dono che possedevo
e avrei dato tutta la mia devozione per servire l'umanità e per provare per mezzo delle
mie facoltà medianiche la gioiosa e confortante verità della sopravvivenza dell'uomo
dopo la morte del suo corpo.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo VI
Una sera durante la solita riunione successe qualcosa che mi convinse al disopra di
ogni dubbio di aver preso la giusta decisione.
Eravamo in sei, seduti nella pace data dall'oscurità quando la voce di un uomo si
fece sentire in una lingua straniera. Lo ascoltammo senza potere capire una parola.
Finalmente Edith fece un tentativo, "Non sono sicura, ma credo che potrebbe essere
italiano". "Sì, signora" — disse la voce dello spirito — "l'italiano era la mia madre
lingua quando vivevo sulla terra ma parlavo anche un poco inglese e parlerò in questa
lingua per farmi capire da tutti voi. Il mio nome è Valentino e sono venuto questa sera
per dirvi quanto sono felice che questo giovanotto abbia finalmente accettato di
seguire il cammino che deve intraprendere e desidero dirgli che un giorno, quando sarà
un celebre medium, terrà una seduta in una stanza che fu la mia camera da letto nella
mia casa di Hollywood e io verrò quella sera per parlargli". Finalmente, dopo tanti
messaggi ricevuti dai vari medium, dopo le numerose lettere da Monaco, Valentino mi
aveva parlato con la sua voce attraverso le mie facoltà medianiche ormai sviluppate, e
anche se l'idea che io potessi un giorno raggiungere Hollywood mi sembrasse assurda a
quel tempo, questo messaggio mi riempì di felicità e di desiderio di aiutare quelli che
soffrono.
Da quella sera in poi, Edith cominciò con molto tatto e gentilezza ad educarmi per
prepararmi a fronteggiare il pubblico come avrei dovuto fare in avvenire. Mi faceva
leggere e poi correggeva la mia grammatica e la mia pronuncia. Mi insegnò a stare a
tavola e molte delle piccole cortesie e raffinatezze che mi avrebbero dato sicurezza il
giorno che avrei dovuto far fronte al pubblico ed incontrare gente di tutti i tipi.
Molte volte devo averle urtato i nervi per la mia ignoranza e la grossolanità dei
miei modi, ma non me lo fece mai capire e lentamente con infinita gentilezza mi cambiò
da un ragazzo di campagna quale ero in un uomo accettabile da qualsiasi classe della
società. Mi aprì un nuovo mondo fatto di libri, musica, arte, fece della mia vita una
esperienza ricca e piena che senza di lei non avrei mai potuto avere. Le dovevo tanto
da non poterla mai ripagare.
Qualche mese dopo il discorso di Valentino, una sera che tor- 60 navo dal lavoro, Edith mi venne incontro dandomi la notizia straordinaria che il medium
di una piccola chiesa spiritualistica era fuggito con un membro della sua congregazione
e il comitato della chiesa mi aveva invitato a prendere il suo posto nella tribuna al
prossimo servizio. Mi domandavo se fossi abbastanza preparato per parlare e dare
dimostrazioni in pubblico, ed infatti solo all'idea tremavo dalla paura, ma Edith mi
disse di avere completa fiducia negli spiriti che si servivano di me per farsi sentire
ai vivi ed accettai di prendere il posto del medium fuggito.
Il giorno della funzione che doveva essere il mio primo contatto di lavoro con il
pubblico in qualità di medium, Edith e io andammo in chiesa un'ora prima che
cominciasse il servizio per mettere dei vasi di fiori sulla tribuna. Al nostro arrivo
sulla porta della chiesa con le braccia cariche di fiori e foglie rimanemmo sorpresi di
vedere due uomini che caricavano sedie su di un camion fuori dall'entrata. In chiesa
apprendemmo da un turbato membro del comitato che le sedie venivano riprese dalla casa
che le aveva vendute perché i pagamenti rateali erano molto in arretrato.
Il pensiero di una funzione dove non solo la congregazione, ma anche quelli in
tribuna, compreso il medium, non avevano dove sedersi era poco incoraggiante. Dopo una
diligente ricerca delle nostre risorse da parte di Edith e mia più i miei 30 scellini
andammo da quegli uomini per chieder loro di lasciarci le sedie ancora per una sera
mediante la somma raccolta. Furono molto comprensivi davanti al nostro dilemma, ma ci
dissero che dovevano avere tutto l'ammontare oppure ritirare le sedie. Ero in piedi
davanti alla chiesa tristemente guardando le ultime sedie sparire nel furgone quando
qualcuno mi diede un amichevole colpo sulla spalla. "Su, giovanotto, non c'è bisogno
di lasciarsi andare così!". Mi rigirai e vidi il signor Whittaker, un cordiale signore
dello Yorkshire che assieme a sua moglie veniva spesso alle riunioni della signora
Cook. "Sapevamo tutti che ne avevi la possibilità e stasera voglio darti l'occasione di
poterlo dimostrare". Il signor Whittaker, che Dio lo benedica, tirò fuori il suo
libretto di assegni e subito le sedie furono trasportate di nuovo in chiesa.
Quella sera appena salito sull'orlo della tribuna per parlare, sentii la ben nota
sensazione della sala che mi sfuggiva e persi conoscenza. Quando ritornai in me dopo il
mio stato di trance seppi che avevo fatto un interessante discorso seguito da una
brillante dimostrazione di chiaroveggenza, mentre ero sotto il controllo di uno spirito
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
che si era presentato con il nome di Parrucca Bianca, e che era uno delle entità
progredite che spesso si impadroniva di me nel nostro cerchio, prima che si
sviluppassero le mie facoltà delle voci dirette. Siccome era impossibile per le voci
dirette di potersi manifestare in una sala
- 61 illuminata, Parrucca Bianca era venuto in mio aiuto la sera della mia prima comparsa in
pubblico prendendo controllo della mia persona durante il mio stato di trance.
Dopo la fine della riunione vari membri della congregazione si strinsero attorno a me
per dirmi della meravigliosa dimostrazione da me data che i morti vivono in un'altra
dimensione e che continuano a proteggere le persone amate che hanno lasciato dietro di
sé. Mentre vedevo la felicità che brillava negli occhi di quelli che mi raccontavano la
storia di come si erano manifestati i loro mariti, padri, figli, madri, per provare la
continuazione della loro vita in un'altra dimensione, mi sentii umile e grato di essere
stato la causa della loro felicità.
Quella sera Edith e io restammo fino a tardi a chiacchierare degli avvenimenti della
serata e fummo d'accordo nel pensare che se nello stato di trance io avevo portato
tanto conforto alle persone addolorate, quanto più convincente sarebbe stata la prova
se potevo farli parlare direttamente con i loro cari e sentire le risposte per mezzo
delle mie facoltà medianiche di voci dirette. Sapevamo tutti e due che per offrire quel
conforto alla gente dovevamo aprire una missione che ci appartenesse dove ci si potesse
liberamente riunire nell'oscurità, poiché nelle chiese spiritualistiche abituali non
era richiesto dato che le dimostrazioni di chiaroveggenza possono essere date in piena
luce.
E' solamente la dimostrazione fisica, la materializzazione e l'apporto delle voci
dirette che devono essere condotte nel buio totale. Avevamo bisogno di un capitale e io
dovevo lasciare il mio lavoro. Quella sera parlammo a lungo, e fino a tardi prima di
andare a letto, sulla possibilità di risolvere questo problema e decidemmo di
economizzare ogni centesimo con la speranza che un giorno si sarebbe raccolto
abbastanza per aprire una chiesa di nostra proprietà.
Dopo il buon esito della serata nella chiesa del quartiere, fui invitato alle
riunioni di molte altre chiese fuori della zona in cui vivevo, e a poco a poco divenni
conosciuto e i miei servizi furono richiesti in tutto l'Hertfordshire, ma conservavo
sempre in me il sogno di avere una missione di mia proprietà, e per farne una realtà
seguitavo a risparmiare.
Una domenica pomeriggio mentre Edith e io eravamo seduti vicino al camino, dopo
quello che io avevo imparato a chiamare il pranzo di mezzogiorno, vidi che si era messa
a guardare fuori della finestra e la sua faccia diventava bianca, mentre si mordeva le
labbra come se qualcosa l'avesse irritata. Quando le chiesi che cosa era successo mi
disse che i suoi genitori erano fuori con la ovvia intenzione di suonare il campanello.
Edith era affezionata ai suoi genitori, ma da lungo tempo si era
- 62 allontanata dalla loro rigida ortodossia religiosa e li rimproverava per la loro
intolleranza verso lo Spiritismo di cui lei aveva capito la verità molto tempo prima di
conoscere me. Come tante altre persone psichiche posso raramente avere premonizione di
un disastro personale e quella domenica non fu una eccezione alla regola. Mi alzai per
ricevere i genitori di Edith quando lei li fece entrare nel salone con la ingenua
cordialità di un cane che agita la coda. Sorridendo diedi loro un affettuoso saluto di
benvenuto pronto a dare una stretta di mano a suo padre. Con mio grande stupore
allontanò la mano come se vi fosse una specie di serpente velenoso e iniziò una tirata
contro lo spiritismo in generale e i medium in particolare; gli insulti che uscirono
dalla sua bocca non ebbi mai più l'occasione di sentirne degli uguali, eppure ogni
parola che disse poteva essere pronunciata con perfetta proprietà di linguaggio nel più
snob dei saloni. Prima mi punì per quello che chiamava le mie diaboliche ricerche nei
misteri del Diavolo, poi fece un quadro molto vivido delle torture che mi aspettavano
all'inferno dopo la mia morte per essermi permesso di venire usato dal diavolo e dagli
spiriti il cui scopo era solamente quello di sedurre le anime e allontanarle dalla
verità. Lo ascoltai a bocca aperta, non avevo mai sentito prima un simile parere sulla
filosofia in cui credevo. Non potevo credere alle mie orecchie. Quando Edith provò a
fermare il fiume di parole di suo padre che mi denunciavano, si rivoltò contro di lei e
con nostro stupore l'accusò con frasi che si riferivano al Vecchio Testamento di vivere
con me in peccato e libertinaggio. Quando tentai di intervenire per farle capire sia
l'ingiustizia che l'inesattezza dei suoi attacchi non fece altro che aggiungere sulla
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
mia testa barcollante un nuovo fiume di insulti. Quando il patriarca ebbe esaurito le
sue forze e i suoi tuoni si riunì con la sua metà più introversa e la spinse fuori
della dimora dei peccaminosi.
Quando se ne furono andati cercai di asciugare le lacrime di Edith confortandola e
mentre facevo questo mi resi conto ovviamente che provavo un vero amore per questa
donna così buona che mi era amica, era la mia maestra, la mia confidente e il centro
della mia vita. A quel momento stesso la supplicai di sposarmi. Si rifiutò perfino di
volerlo considerare a causa della differenza di età che ci divideva, e più io la
pregavo più dura diventava. In quella occasione almeno, rinunciai a convincerla.
Finalmente venne il giorno in cui ci rendemmo conto di avere messo da parte
abbastanza soldi per aprire la nostra Missione. Diedi al negozio di John Maxwell dove
lavoravo un preavviso di due settimane e negli ultimi giorni trovai una grande stanza
non ammobiliata situata sopra un negozio vicino a Warford che affittai per pochi
scellini. Confesso che il coraggio mi venne meno al pensiero che mi pren- 63 devo quell'impegno quando presto sarei stato senza lavoro. Edith e io passavamo tutto
il nostro tempo libero a dipingere, colorare e lucidare il pavimento ed a fare tende, e
quando vi installammo le due dozzine di sedie comperate a rate, la stanza in una
stradetta di Watford che prima appariva tetra, era stata trasformata in una piacevole e
confortevole chiesa. Per ultimo, un annuncio nel giornale locale annunciava che la
Missione Spiritualistica di Watford aveva aperto le sue porte.
Per quanto io possa vivere e qualsiasi gioia mi riservi la vita, nulla potrà mai
uguagliare il brivido di felicità che provai al mio primo servizio nella mia chiesa.
Tutte le sedie erano occupate ed i ritardatari affollavano il retro della stanza.
Entrai in stato di trance per l'allocuzione e per la chiaroveggenza e quando rinvenni
in me la sensazione di felicità che si era impossessata della folla era indescrivibile.
Tutte le settimane di arduo lavoro, le dure economie e le ansietà erano state
ricompensate dall'esito di quella serata.
Continuammo come avevamo cominciato e molto presto dovemmo comperare altre sedie
malgrado dovessimo ancora pagare le rate della prima serie. Inutile dire che anche
queste ultime dovevano essere a rate. Malgrado il grande numero di gente presente nella
Missione, erano per la più parte persone in difficoltà finanziarie come me e nella
colletta che si faceva alla fine del servizio c'era appena il giusto necessario per
pagare l'affitto, la luce, il riscaldamento e le rate delle sedie. Per potermi
mantenere dovevo dipendere dalle sedute private che facevo con voci dirette nel salone
della casa di Edith e per le quali facevo pagare una ghinea per due persone.
Volevo che gli impossibilitati ad assistere alle riunioni private, sia perché non le
potevano pagare, o perché erano al lavoro in quelle ore, non fossero privati di fare
questa esperienza che di tutte le forme spiritistiche è quella che dà la prova più
convincente della sopravvivenza dell'uomo dopo la morte del suo corpo. Per questo Edith
e io decidemmo che tutti i giovedì sera, dopo il solito servizio, ci sarebbe stato
quello che si chiama un "circolo aperto" a beneficio di tutti gli altri. Quando la
riunione terminava e la congregazione si disperdeva tornando ciascuno a casa sua,
rimaneva qualche persona che aveva fissato una sedia per due scellini e seduti al buio
potevamo conversare con quelli che il mondo chiama morti. A quel tempo le mie facoltà
medianiche con le voci dirette si erano completamente sviluppate e il più delle volte
ero del tutto cosciente durante queste sedute in gruppi e dovevo per forza ascoltare
tutto quello che si dicevano sia i vivi del nostro cerchio che i loro amici e parenti
dall'aldilà. Qualche volta le loro conversazioni erano tanto intime e così cariche di
emozione che io mi sentivo come uno che origliasse alla porta. In
- 64 una occasione si fece sentire la voce di un uomo che chiese di parlare con suo figlio
Giorgio e gli rispose uno dei presenti nel nostro circolo. Il padre senza corpo
cominciò a rimproverare suo figlio vivente e gli chiese di smetterla con le sue
stravaganze, di bere meno e di essere più gentile e rispettoso con Anna. Quando la
seduta ebbe termine e la gente se ne stava tornando a casa una signora e un signore
rimasero per parlarmi. Il signore si presentò e seppi che era un famoso regista. Mi
disse di essere pienamente convinto di avere parlato con suo padre morto non solo
perché nessuno mai lo chiamava Giorgio, che non era il suo nome di battesimo, ma anche
per la predica che gli aveva fatto e per il suo modo di parlare che era tipico di suo
padre quando era in vita. Poi spingendo in avanti la signora che lo accompagnava mi
presentò sua moglie Anna.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Durante un altro di questi giovedì sera in cui si tenevano tali riunioni, dopo che
amici e parenti si erano manifestati come sempre, sentimmo la voce di una donna che
cercava di parlarci, ma aveva difficoltà come spesso succede a quelli che parlano per
la prima volta. Alla fine la sua voce divenne più chiara benché fosse molto agitata. Ci
disse di chiamarsi Lucy Doris Covell, che aveva vissuto a St. Albans Road, a Watford,
che era stata una segretaria assassinata e che il suo corpo non era stato mai trovato.
La sua voce stava sparendo e una delle entità che mi guidano dall'aldilà mi venne in
aiuto per dirmi che la ragazza era molto agitata per il modo come era morta e molto
preoccupata per l'uomo che l'aveva uccisa che era stato il suo amante e assai meno da
biasimare per quello che era successo di quello che non lo fosse lei. Naturalmente
seguimmo attentamente i giornali dopo questa riunione per sapere se i fatti che la
ragazza ci aveva raccontato potevano essere verificati e solamente dopo qualche giorno
leggemmo che il corpo della ragazza era stato ritrovato, ma che l'uomo con cui viveva
era sparito. Nella riunione seguente la ragazza assassinata ritornò a parlarci e benché
fosse più calma era ancora preoccupata per il suo amante che la polizia non aveva
ancora trovato. Ci disse che la notte della sua morte il suo amante era stato fuori
città e ritornando a casa nelle piccole ore del mattino l'aveva svegliata e avevano
avuto una furiosa lite. Lei gli aveva detto delle cose cattive ed amare che lo avevano
messo fuori di sé e lui l'aveva picchiata con la pompa della bicicletta che aveva in
mano. Non avrebbe voluto ucciderla ma a causa di una sua anormalità fisica il colpo
l'aveva uccisa. Poiché era terrificato al pensiero che nessuno avrebbe creduto alla sua
storia, era stupidamente fuggito. La ragazza ci disse che la polizia lo avrebbe trovato
nel parco del vicinato giocando con un pezzo di corda e sul punto di trovare il
coraggio di suicidarsi. Qualche giorno dopo leggemmo sul giornale che l'uomo era stato
ritrovato esattamente come
- 65 la ragazza ce lo aveva descritto. Fu arrestato e processato per assassinio e durante il
processo la ragazza ritornò parecchie volte a parlarci. Ogni volta ci diceva con grande
certezza che il suo innamorato non sarebbe stato giudicato colpevole dell'assassinio,
ma che invece l'imputazione sarebbe stata ridotta a omicidio involontario e che sarebbe
stato condannato a soli cinque anni. Infatti fu proprio quello che successe. Siccome il
suo amante potrebbe benissimo essere ancora in vita e il suo debito è stato pagato alla
società molto tempo fa, non sarebbe giusto di riaprire il caso menzionando il suo nome,
dato che aveva sofferto abbastanza per questo, ma ci devono essere molte persone a
Watford e nelle sue vicinanze che si ricordano di queste riunioni in cui la ragazza ci
parlò della sua morte, e la storia della sua morte, come pure il processo del suo
innamorato, vennero fuori su tutti i giornali di quel tempo.
Una sera, in un'altra delle mie riunioni aperte, una donna dall'aldilà parlò ad un
uomo che sedeva nel gruppo e disse di essere la sua prima moglie che era morta bruciata
in un incendio nella loro fabbrica. Gli disse che voleva egli sapesse quanto fosse
felice nel vederlo sposato con la sorella minore ed era contenta si fossero molto
divertiti durante la luna di miele passata in Brasile. Quest'uomo rimase dopo la seduta
e venne a dirmi quanto era rimasto impressionato dalla dimostrazione della mia capacità
di medium; poi mi domandò se poteva parlarmi in privato di una questione di grande
importanza. Acconsentii di accompagnarlo in un bar vicino dove avremmo potuto parlare
prendendo un caffè.
Mi disse di essere il signor Noè Zerdin, uno dei fondatori e ora il capo
dell'Associazione di collegamento dei circoli che si facevano in case private. Scopo di
questa organizzazione era di riunire quanti più soci fosse possibile in tutto il mondo
per uno scambio di informazioni sulle esperienze spiritistiche realizzate nei vari
circoli e per dare a tutti gli interessati un terreno d'incontro comune.
Il lavoro che il signor Zerdin faceva con l'Associazione mi interessò molto, ma feci
un salto sulla sedia quando mi domandò se mi rendevo conto che rischiavo la vita ogni
volta che tenevo una delle mie riunioni aperte per sentire la voce diretta. Suppongo
che la mia incredulità fu evidente perché Zerdin continuò spiegandomi quanto fosse
pericoloso permettere a qualsiasi tizio che veniva dalla strada di partecipare alle mie
sedute. Mi disse che in quei momenti trasudava dal mio corpo una forza viva chiamata
ectoplasma per mezzo della quale le voci degli spiriti potevano manifestarsi e se una
qualsiasi persona fra i presenti per cattiveria o per semplice curiosità faceva
brillare su di me una luce intensa, questa forza viva sarebbe rientrata nel mio corpo
con tale violenza che, nel migliore dei casi,
- 66 -
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
mi avrebbe causato un colpo violento, nel peggiore una emorragia interna e la morte.
Rimasi a bocca aperta: non potevo mai immaginare che delle persone aiutate e consolate
dal mio potere medianico volessero farmi del male. Ci sarebbero sempre stati quelli che
mettevano in dubbio l'autenticità dei fenomeni, spiegò il signor Zerdin, e costoro
avrebbero pensato di agire nell'interesse degli altri smascherando qualche medium che
attirava molti seguaci. Protestai che certamente il buon senso doveva insegnare a
questa gente essere per me impossibile conoscere i dettagli intimi della vita delle
persone di cui parlavano gli spiriti e non potevo, per quanta immaginazione avessi,
parlare nelle centinaia di voci e di accenti che si udivano nelle mie sedute. Il signor
Zerdin insistette nell'ammonirmi che molti avevano radicati pregiudizi contro i
fenomeni dello spiritismo, o per fanatismo religioso o per convinzione intellettuale di
natura anarchica, e questa gente avrebbe colto con piacere l'occasione di creare
disordini alle mie sedute senza preoccuparsi del male possibile che ne sarebbe derivato
al medium, anche se conoscevano abbastanza la materia da sapere il danno che potevano
infliggere. Il signor Zerdin continuò dicendo che poteri di medium come i miei erano
così rari che dovevo conservarli, custodirli gelosamente e proteggerli in modo che il
maggior numero di persone ne potesse beneficiare. Mi propose di tenere per qualche
tempo sedute regolari nel circolo di casa sua, ogni membro del quale aveva una profonda
esperienza nelle scienze psichiche e durante queste sedute tutto il circolo si sarebbe
concentrato unicamente per un maggior sviluppo dei miei poteri di medium. Poi, quando
il tempo fosse maturo, avrebbe esaminato il miglior modo di farmi uscire dall'oscurità
per servire in un campo più largo e più pubblico dove, invece di convincere poche
persone della mia missione, avrei potuto diffondere a migliaia la verità sulla
sopravvivenza dell'uomo dopo la morte.
Ritornando a casa con l'autobus quella sera, riflettei a tutto quello che mi aveva
detto Zerdin. Noè Zerdin era allora e lo è ancora ad ottant'anni, un uomo fuori
dall'ordinario. Ero stato profondamente commosso dalla sua ardente sincerità e la pietà
che lo spingeva a condividere le sue convinzioni con il maggior numero di persone.
Evidentemente era stato un ateo per molti anni prima che la convinzione nella
sopravvivenza avesse cambiato per il meglio la sua vita e desiderava intensamente
aiutare l'umanità come egli era stato aiutato. Quando arrivai a casa ero deciso non
solo a seguire il suo consiglio di essere più prudente nei riguardi della buona fede di
coloro che sedevano con me nelle mie riunioni aperte, ma anche di accettare la proposta
di andar alle sue riunioni per sviluppare maggiormente i miei poteri.
- 67 Per molti mesi dopo quella sera sedetti regolarmente nel circolo di Noè che si teneva
nella piacevole casa in Merton Park dove viveva con la sua deliziosa moglie Goldie. A
causa della maniera disinteressata e devota con la quale il circolo Zerdin concentrava
su di me i suoi pensieri le voci aumentarono molto di forza.
Continuavo il mio lavoro nella Missione durante quei mesi, ma avevo smesso le
riunioni che facevo dopo a causa di un nuovo impegno che mi ero preso con una
organizzazione chiamata Link per piccoli gruppi dove le mie facoltà mentali potevano
operare in migliori condizioni. Continuavo anche la mia seduta settimanale in casa di
Edith mentre era al lavoro e suo figlio Owen a scuola, per potermi guadagnare quei
pochi soldi in più che mi erano indispensabili per vivere.
Un pomeriggio ero in piedi davanti alla finestra del salone di Edith aspettando che
arrivasse una certa Miss Tucker che mi aveva dato un appuntamento per lettera. I miei
occhi mi saltarono fuori dall'orbita quando vidi una Rolls-Royce immacolata fermarsi
davanti alla nostra casa e un elegante chauffeur porgere la mano per aiutarla ad uscire
a una grossa signora che presumevo fosse Miss Tucker. Automobili di quell'eleganza
erano molto rare nel quartiere popolare dove abitavamo e l'avvicinarsi della grossa
signora verso la nostra porta d'entrata era seguito con vivo interesse da tutti i
vicini usciti sulle porte delle loro case o che spiavano dietro le finestre per meglio
vedere. Andai ad aprire la porta udendo suonare il campanello e seppi che veramente era
Miss Tucker la quale dimostrò essere una persona molto gentile, che non si dava grandi
arie come temevo potesse fare la proprietaria di una simile meravigliosa automobile.
L'accompagnai nel salotto e dopo averla fatta sedere comodamente spensi le luci e la
seduta cominciò. Dopo qualche minuto la voce infantile dialettale di Mickey, lo spirito
di un bambino che durante le sedute mi aiuta come se fosse il maestro di cerimonie,
salutò la signora promettendole di aiutare sua madre e sua sorella a venire a parlarle.
Infatti mantenne la sua promessa e dopo poco Miss Tucker era in grado di conversare
intimamente e affettuosamente con sua madre e sua sorella. Quando questi due spiriti ci
ebbero salutati sentimmo la voce di un uomo che si annunciò con il nome di Edison e
chiese perché la signora non aveva portato con sé Louis. Ebbero una breve conversazione
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
e Miss Tucker promise di portare Louis la settimana seguente se il medium le avesse
dato un altro appuntamento. Naturalmente fui lieto di farlo.
All'ora esatta dell'appuntamento la settimana seguente la grossa Rolls si fermò
un'altra volta davanti alla nostra casa e Miss Tucker ne uscì con un vecchio signore.
Era piccolo, rosso in faccia e con l'aria gioviale, portava un monocolo. Aprii la porta
e Miss Tucker mi pre- 68 sentò il gioviale piccolo uomo dicendomi che era il signor Louis e passammo nel salotto
per iniziare la nostra seduta.
La madre di Miss Tucker venne a parlarle per un breve momento, ma dopo Mickey le
disse che i suoi cari si sarebbero messi da parte in questa occasione perché il signor
Edison era molto ansioso di parlare con Louis. Subito dopo la voce maschile che avevamo
sentito la settimana prima si fece sentire. "Ciao, Louis, è Thomas che ti parla".
"Thomas?" disse il piccolo uomo, "Chi è Thomas?". "Non ti ricordi più di me, Louis? E'
Thomas Alva Edison che ti parla" disse la voce. "Non ti ricordi, eravamo insieme negli
Stati Uniti? Non puoi certamente avere dimenticato che lavoravamo insieme, lottando per
inventare cose?".
Il piccolo uomo dopo avere riconosciuto lo spirito che gli parlava lo salutò con
entusiasmo e ne risultò un'interessante conversazione che non potevo fare a meno di
ascoltare. Si misero a parlare di persone che avevano conosciuto nel passato e del
tempo felice trascorso insieme. Più di una volta li sentii pronunciare il nome di
Houdini il quale, venni a sapere più tardi, era un famoso prestigiatore che una volta
si fece incatenare in un barile e fece il salto delle cascate del Niagara riemergendo
sano e salvo per raccontare la sua avventura. Parlarono di Maskelyne e di Devant che
secondo lo spirito di Edison si esibivano regolarmente al St. Georges Hall al principio
del secolo. Ascoltavo affascinato la loro conversazione malgrado che tutti quei nomi mi
fossero sconosciuti e solamente più tardi venni a sapere chi erano stati e quello che
avevano fatto.
Quando la riunione ebbe termine e le luci furono riaccese Miss Tucker mi confessò che
il signore presentato con il nome di Louis in realtà era suo marito il dottor Louis
Young, il quale era stato grande amico di Edison alla fine dell'altro secolo quando si
trovava negli Stati Uniti. Mi aggiunse che Tucker era il suo nome di ragazza, nome che
usava sempre in affari perché era la proprietaria della Tucker Manufacturing Co. di
Harlesden, e che aveva voluto trarmi in inganno di proposito con i suoi nomi per
constatare la credibilità dei risultati. Il dottor Young mi disse di aver conosciuto
molti medium sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, ma le prove di oggi erano le
migliori che avesse mai avuto. Siccome si era reso conto al tempo di Maskelyne e Devant
dei vari inganni ed illusioni, era adesso cosciente delle possibilità di frode, ma dopo
aver parlato con i suoi vecchi amici e diviso con loro i ricordi del tempo passato non
poteva mettere in dubbio di aver parlato realmente con Thomas Alva Edison in persona.
In seguito rividi spesso Miss Tucker e suo marito quando venivano alle mie riunioni e
diventammo grandi amici. Molte personalità
- 69 vennero a parlare al dottor Young il quale aveva conosciuto molti uomini di scienza e
di lettera. Sir Arthur Conan Doyle, Sir Oliver Lodge e molti altri eminenti spiriti
venivano regolarmente per parlargli.
Dopo parecchi mesi di dimostrazioni le varie società Spiritualistiche si accordarono
per organizzare a Londra una grande riunione intesa a dimostrare le mie capacità
medianiche, che ora erano diventate evidenti.
La riunione fu annunciata molte settimane in anticipo sulla rivista spiritualista
Psychic News e doveva avere luogo dopo la quinta conferenza annuale della Società Link
a Bloomsbury nella grande sala chiamata Vittoria Hall, il sabato 16 maggio 1935.
"Grande seduta spiritistica mediante Voci Dirette con il famoso medium Leslie Flint",
diceva l'annuncio con grandi titoli che facevano tremare il mio cuore nel leggerli.
Come potevo sapere, come qualcuno poteva sapere che le voci si sarebbero fatte sentire?
Non potevo assicurare allora come non posso assicurare oggi che il fenomeno si sarebbe
manifestato, e allora mi domandavo perché diavolo avevo autorizzato questo entusiasmo
da parte dei miei garanti che mi avevano convinto ad apparire davanti ad un pubblico di
centinaia di persone che avevano pagato con la certezza di udire? Non sapevo allora più
di quanto sappia oggi, quali sono le condizioni perché le voci si manifestino, ma avevo
dei forti dubbi che una grande sala, con un pubblico di centinaia di persone i motivi
dei quali variavano, che avevano modi diversi di pensare e non tutti in armonia gli uni
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
con gli altri, costituisse la condizione ideale. Passai giorni neri prevedendo la mia
umiliazione pubblica per aver fallito e fu Edith a ricordarmi con la sua dolcezza che
quelli che mi aiutavano dall'aldilà non mi avrebbero mai abbandonato.
Questo mi diede un sufficiente aiuto morale per salire con lei sull'autobus della
Green Line per dare principio al viaggio che mi doveva portare a Londra per il grande
giorno, e durante tutto il viaggio invidiai gli altri passeggeri che non erano Leslie
Flint in viaggio verso Londra per essere ridicolizzati dal loro pubblico.
Una volta seduto nella pedana della Victoria Hall, circondato da persone che
conoscevo della Società Spiritualistica Noah, mi sentii più a mio agio, benché le
persone che gremivano la sala mi sembrassero una macchia minacciosa. Ascoltai i vari
discorsi senza in realtà udire una parola, poi Noè si fece avanti sull'orlo della
pedana e disse a quella macchia che stava per iniziare un esperimento con la voce del
nuovo medium Leslie Flint. Era venuta la mia ora. Noè chiese che venissero spente tutte
le luci con la sola eccezione del segnale della porta di emergenza che doveva rimanere
accesa in conformità delle regole di sicurezza. Quando questo fu fatto, mi accorsi con
spavento
- 70 che la sala era piena di luci che filtravano non solo dalle porte di emergenza, ma da
tutte le direzioni e questo avrebbe reso ancora più difficile la mia dimostrazione, più
difficile di quello che avevo pensato. Con tutto l'ottimismo di Daniele che entra nella
fossa dei leoni mi sedetti sulla sedia che mi era stata assegnata e aspettai.
Dopo qualche minuto quelli sulla pedana udirono parlare una voce molto sommessa,
troppo sommessa per farsi udire dal pubblico nella sala. Qualcuno suggerì di
proteggermi dalla luce con la sua giacca e se la tolse per tenerla di fronte a me.
Questo sembrò giovare perché si udirono varie voci sufficientemente forti per essere
udite dai pubblico. Ascoltai varie brevi conversazioni fra i vivi nella sala e quelli
nell'aldilà, ma non potevo impedirmi di pensare quanto queste fossero poco
impressionanti in confronto di quelle che si scambiavano nella mia Missione a Watford.
Uno spirito che disse di chiamarsi Earl Jellicoe parlò a un signore del pubblico e
questi immediatamente si mise rigidamente sugli attenti. Ne seguì una piccola
conversazione tra i due e quando lo spirito svanì il signore disse al pubblico che
aveva servito in marina sotto l'ammiraglio Jellicoe e che quello che aveva udito era
prova di una perfetta evidenza. Vi fu qualche altro tentativo di comunicazione che io
pensai fosse molto poco brillante e poi la riunione ebbe termine.
Anche se la dimostrazione non era affatto il disastro totale che temevo, ero
profondamente disilluso per i risultati ottenuti e fui ancora più meravigliato quando
il pubblico irruppe in un lungo applauso prima che io abbandonassi la pedana. Ero
imbarazzato perché non pensavo che la dimostrazione che avevo dato meritasse tanto
entusiasmo e non potevo impedirmi di pensare quanto questo generoso pubblico avrebbe
apprezzato le mie riunioni nella Missione di Watford. Felici che la dura prova fosse
finita, Edith e io sgattaiolammo fuori da un'uscita laterale per cercare un ristorante
dove poter mangiare.
Durante la riunione che seguì nel nostro circolo privato si ebbe una lunga
discussione per sapere come superare il problema delle luci durante le dimostrazioni in
pubblico poiché l'oscurità totale è essenziale per ottenere risultati con il fenomeno
delle voci dirette. Noè suggerì di rinchiudermi in una cabina dove non potesse
penetrare nessuna luce e lasciare invece la sala completamente illuminata. Il microfono
sarebbe stato collocato fuori dalla cabina la quale avrebbe avuto una pesante cortina
davanti, fissata dai lati. Fu deciso di costruire una cabina sperimentale su questa
base benché nel fondo di me stesso mi domandavo come avrei resistito per un periodo che
avrebbe potuto durare anche e forse più di un'ora, rinchiuso in una cabina senza aria,
come allegramente avevano progettato per me.
Ma prima di aver avuto il tempo di costruire questa cabina per
- 71 gli esperimenti, Miss Tucker e il marito, il dottor Louis Young, mi vennero a trovare
in casa di Edith per farmi una proposta. Mi fecero sapere che si proponevano di
comprare una casa più vicina a Londra di quella di St. Albans, che avremmo potuto
affittare per esattamente lo stesso prezzo pagato ora da Edith. Questa mi sembrò una
proposta stravagante, ma Miss Tucker non fu d'accordo. Ci disse che i suoi motivi erano
soprattutto egoistici, perché era grande inconveniente per lei venire fino a St. Albans
quando con suo marito desiderava partecipare a una seduta spiritistica in casa nostra.
Aggiunse che prima o poi in ogni modo avrei dovuto avvicinarmi a Londra man mano che il
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
mio lavoro fosse più conosciuto, e allora perché non decidermi ora a condizioni che
erano convenienti non solo a lei, ma anche alle sue finanze. Indagai se veramente
sarebbe stato un buon affare per la sua tasca e mi rispose che aveva un buon istinto
per gli affari e che senza dubbio una casa vicino a Hendon avrebbe aumentato molto di
valore. Rimasi senza parlare durante la discussione che seguì a proposito del capitale,
degli interessi del mutuo e del progetto, perché malgrado potessi vantarmi di sapere
manovrare la mia piccola rendita ero completamente perso quando si trattava di finanze
ad alto livello. Alla fine Edith e Miss Tucker si misero d'accordo e conclusi che
avremmo preso in affitto una sua casa nelle vicinanze di Hendon, quando si fosse
trovata una proprietà adatta alle nostre necessità. Decidemmo che un giorno della
prossima settimana si sarebbe andati tutti con l'automobile di Miss Tucker per cercare
di trovarla.
Fu deciso il giorno e partimmo tutti insieme con una lista di case da visitare nelle
vicinanze di Hendon. Visitammo tutti i luoghi della nostra lista, ma in alcune case non
valeva nemmeno la pena di entrare. Finalmente arrivammo al 31 di Sydney Grove, l'ultima
casa nella lista. Sydney Grove era una strada senza uscita e mi piacque la sua
apparenza appena la vidi. Una vecchia coppia di coniugi erano i proprietari della casa
e sentivo che vi avevano vissuto e l'avevano amata per lungo tempo e la casa era
impregnata di felicità e serenità. Senza esitazioni tutti fummo d'accordo che quella
sarebbe stata la nostra casa e dopo poche settimane lo divenne.
Il furgone da trasporto si fermò davanti la porta della nostra casa e in poco tempo
tutto quello che possedevamo era stato messo dentro. Nell'auto che Miss Tucker ci aveva
messo a disposizione, seguimmo il furgone fino alla porta della nostra nuova casa,
Edith, suo figlio Owen, io e il nostro cane Rags che tutti noi amavamo. Rags era più
tranquillo di tutti e il più fiducioso nel futuro di tutti noi. Mi domandavo cosa mi
riservava l'avvenire e rimpiansi la mia Missione di Watford. Vi avevo svolto un lavoro
molto soddisfacente. Ma poi Edith mormorò "Tutto va bene, caro" e improvvisamente fu
così.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo VII
La nostra nuova casa a Hendon diventò presto un centro di attività psichica e
spiritistica, tanto che io e i soci del mio circolo decidemmo di formare
un'associazione allo scopo di procurare prove della continuazione della vita dopo la
morte fisica per mezzo della dimostrazione di doni psichici. Fu redatto uno statuto, fu
eletto un comitato per dirigere gli affari e chiamammo la società il Tempio della Luce.
Continuai a lavorare con l'Organizzazione di collegamento e a intervalli regolari
davo dimostrazioni pubbliche della voce diretta in qualcuna delle più grandi sale di
Londra, davanti a pubblici che arrivavano fino a duemila persone. Venivano a quelle
dimostrazioni da tutte le parti del paese. Torpedoni pieni di gente acquistavano intere
file di posti e si riusciva ad ottenere prove notevoli malgrado fosse impossibile
oscurare completamente quelle grandi sale e la luce che penetrava rendesse più
difficile il contatto con l'altra parte. Tuttavia le voci arrivavano, si rivolgevano ad
amici e parenti tra il pubblico, per dare la prova di una continua esistenza; molte
migliaia di persone rimanevano convinte e le loro vite volsero al meglio.
Ricevevo un'enorme quantità di posta e la Società fu costretta ad impiegare un
segretario a tempo pieno per rispondere alle centinaia di lettere provenienti da tutto
il mondo. L'ufficio non era una sinecura; le ore erano lunghe, il lavoro interminabile
ed il salario relativamente modesto, ma fummo abbastanza fortunati nel trovare un
perfetto collaboratore in Bunny Parsons, già segretaria nei teatri di posa di Elstree.
Il dottor Young e la moglie diventarono nostri frequenti visitatori a Sydney Grove ed
a causa degli interessi scientifici e psichici del dottor Young mi sottomisi ai
numerosi esami che egli giudicò necessari per confermare l'obiettività delle voci e la
autenticità delle mie facoltà medianiche. Il dottor Young aveva avuto varie esperienze
con medium sia in Inghilterra che negli Stati Uniti e dato che aveva letto molti libri
sulle ricerche parapsicologiche la sua conoscenza in materia era di vasta portata.
Avendo lavorato con Edison inventando trucchi e illusioni per Maskeline e Devant era
perfettamente al corrente delle frodi e degli inganni che medium fraudolenti potevano
esco- 73 gitare e ne aveva smascherati parecchi, durante le sue ricerche negli Stati Uniti. Era
l'amico ed il sostenitore di quei medium che considerava genuini, ma non aveva altro
che recriminazioni per quelli fraudolenti che approfittavano delle persone addolorate e
che erano la vergogna e la disgrazia dello Spiritualismo.
Gli esami a cui fui sottoposto rendevano la frode impossibile, eppure non fui mai a
disagio né soggetto a sforzi mentali. Una delle prove più semplici ma più efficienti fu
eseguita con successo nella sala delle nostre riunioni durante una delle regolari
sedute al Tempio della Luce. Dopo essere stato legato fermamente a una sedia con una
corda e prima che le luci si spegnessero, il dottor Young mise in un bicchiere acqua
colorata, che venne misurata e che io dovevo mantenere in bocca per la durata della
seduta. Le luci furono spente e dopo pochi minuti. Mickey, il mio spirito guida Cockney
venne a parlare come al solito con la sua voce cristallina e chiara. Per venti minuti
seguirono varie voci fino a che la seduta ebbe termine e le luci si accesero di nuovo.
Allora io fui in grado di restituire nel misurino l'acqua che avevo in bocca e la
quantità in meno era solo frazionale. Qualsiasi persona che voglia fare questa prova su
di sé troverà che è impossibile parlare con la bocca piena di acqua e come sia
difficile non ingoiare neanche una goccia per almeno venti minuti.
In quell'epoca durante le nostre riunioni si manifestarono le forme materiali
attraverso le mie facoltà medianiche, e il dottor Young suggerì di sederci alla luce di
una debole lampada rossa per permettere ai presenti nel cerchio di vedere allo stesso
tempo me e lo spirito che si manifestava. Quando ciò fu fatto il dottor Young e i
presenti rimasero soddisfatti perché le apparizioni erano distinte e separate dal mio
corpo. Quelle materializzazioni erano perfettamente compatte e solide e potevano essere
tanto toccate quanto viste. Si muovevano attorno a noi e qualche volta parlavano ai
presenti. Non ero in trance durante quelle manifestazioni, ma ero cosciente di un
freddo umido che mi avvinceva mentre si materializzavano le forme e vi era un odore
appena percepibile che trovavo sgradevole. Questo raro tipo di fenomeno cessò dopo poco
tempo e fummo informati dagli spiriti guida del nostro circolo che avevano solo voluto
provare il mio potere fisico, ma che si erano resi conto che la materializzazione
toglieva forza alle voci, e che loro consideravano fosse meglio di concentrarsi sulle
voci dirette per poter dare soddisfazione alle centinaia di persone che si riunivano
nella grande sala. Fui contento, perché a parte le sensazioni sgradevoli che sentivo
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
durante quelle manifestazioni, rimanevo esausto e irritabile ogni volta che erano
terminate.
Ero giovane, nel mezzo dei miei vent'anni ed alla sommità delle forze fisiche, la
maggior parte delle mie sedute avevano buon esito
- 74 ma qualche volta fallivo. Qualche volta io e le persone che prendevano parte alla
seduta aspettavamo per un'ora seduti al buio e nulla avveniva. Questo era molto
deludente per quelli venuti da lontano. Fortunatamente, la maggior parte di queste
persone era sufficientemente al corrente delle scienze psichiche per capire che questo
fenomeno non si può manifestare a comando secondo la nostra volontà e che nessun medium
è in grado di "chiamare i morti" come tanti critici ignoranti credono si possa fare. In
verità i fatti sono ben altri. Spesso una persona viene da me con l'idea di mettersi in
contatto con uno spirito e invece questo non si manifesta, ma ottengono eccellenti
prove della sopravvivenza di qualcun altro in cui non hanno grande interesse. Non ho
mai avuto il modo di poter sapere in anticipo se la seduta sarà un successo o meno. Se
mi sento male oppure troppo affaticato, il mio buon senso mi dice che vi saranno poche
speranze di riuscire, e così rifiuto di lavorare in quelle circostanze. D'altra parte
vi sono state occasioni in cui mi sentivo benissimo e di buon umore, ma la seduta fu
un fiasco totale. Ho imparato con l'esperienza che l'attitudine mentale delle persone
presenti è di grande importanza per i risultati. Un approccio ostile ed egoista oppure
troppo insistente può inibire il fenomeno, mentre un onesto scetticismo non è un
ostacolo. Un medium genuino accetta con piacere le ricerche di quelli che non sono
convinti della verità sulla sopravvivenza, sempre che la persona lo faccia con mente
aperta, cosciente del fatto che le facoltà medianiche sono di natura che non si possono
predire e che ci vuole una grande pazienza sia dalla parte del medium che dalla parte
di chi cerca la verità.
Fra le persone note che venivano da me molto spesso nella mia casa di Hendon, vi era
Shaw Desmond lo scrittore commediografo irlandese ben conosciuto che era anche l'autore
di vari libri sulle ricerche parapsicologiche. Il primo giorno rimase anonimo; era
accompagnato da una sua amica ed anche lei tacque il suo nome. Non avevo la più pallida
idea di chi fossero quando cominciò la seduta e la luce fu spenta, ma dopo pochi minuti
Mickey annunciò che portava Jan per parlare con suo padre. Dalla voce giovanile di Jan
era evidente che doveva essere passato nell'altra vita quando era molto giovane. Il
padre e il figlio senza corpo ebbero una lunga e piacevole conversazione come qualsiasi
padre e figlio avrebbero potuto avere fino al momento che Jan lo salutò. Quando se ne
andò ebbi la sorpresa di sentire la voce ben nota di Rodolfo Valentino che parlava alla
signora a me sconosciuta. Da quello che si dicevano era chiaro che si erano conosciuti
mentre Valentino era in vita. Alla fine la signora gli chiese se poteva ricordare dove
si erano visti l'ultima volta e Valen- 75 tino rispose menzionando un ristorante di New York dove avevano pranzato e ballato.
Dopo la seduta Desmond presentò se stesso e la sua compagna che risultò essere la
bella, dotata Ruby Miller. Mi disse che aveva spesso cenato con Valentino in Nuova
York, ma la volta che andarono nel ristorante nominato fu l'ultima nella quale si
incontrarono prima della sua morte prematura. Aggiunse che ogniqualvolta uscivano
insieme passavano la maggior parte del tempo parlando di questioni psichiche per le
quali avevano entrambi un appassionato interesse e spesso ridevano pensando quanto
sarebbero rimasti delusi i giornalisti se avessero potuto ascoltarli.
Shaw Desmond diventò un frequentatore regolare e talvolta saliva sul palco quando
davo dimostrazioni pubbliche delle mie capacità di medium nelle grandi sale di Londra.
Faceva un piccolo discorso sulle mie doti di voci dirette, garantiva la loro
autenticità e raccontava qualcuna delle sue esperienze alle mie sedute.
In una grande riunione nella sala Aeolia, mentre egli era sul palco e le voci degli
spiriti si rivolgevano ai loro amici in platea fornendo prove della loro identità, una
fanatica religiosa gridò dalla galleria: "In questo non vi è Dio" e continuò ad urlare
che la seduta doveva essere sospesa "In nome di Cristo". Il pubblico cominciò a
cantare, i commessi fecero uscire dalla sala la disturbatrice e la dimostrazione fu
ripresa.
Quando finì, Desmond si rivolse al pubblico e disse che una delle missioni del
movimento spiritistico doveva essere quella di ricondurre le chiese cristiane a quel
Cristianesimo che, nei tempi in cui il suo Fondatore camminava sulla terra, fu reso
manifesto con la dimostrazione di quei doni spirituali che le chiese odierne tentano di
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
sopprimere.
In quel periodo facevo sedute regolari per un gruppo di coraggiosi ecclesiastici che
si nominavano La Confraternita. Questi uomini si erano convinti della realtà di
comunicazione fra questo mondo e l'altro partecipando per alcuni anni alle sedute di
vari medium rispettabili e il loro scopo era di portare lo spiritismo nella struttura
della Chiesa Cristiana come parte del culto. Quando avessero ottenuto ciò, pensavano
che i medium il cui dono aveva reso possibile questa comunione sarebbero stati protetti
dall'abuso delle loro facoltà, e la Chiesa avrebbe provveduto ai loro bisogni materiali
allo stesso modo di quelli degli ecclesiastici.
Si poteva pensare che la gerarchia della Chiesa avrebbe accolto con entusiasmo l'idea
di poter offrire la prova delle sue proprie dottrine sulla vita eterna avendole a
portata di mano, ma non fu affatto il caso e i pionieri della Confraternita dovettero
affrontare conside- 76 revoli ostilità e rimproveri da parte dei loro superiori ed una militante reazione dai
loro confratelli.
Il Reverendo Arthur Sharpe della Chiesa di S. Stefano in Hampstead fu uno dei membri
di quel circolo di pionieri e venne spesso alle mie sedute. Alla fine diventò il
presidente al Tempio della Luce.
Mi ricordo di un gruppo che venne con il reverendo Charles Drayton Thomas il quale
era uno dei capi della Confraternita. Dray come lo chiamavamo, aveva scelto i membri di
questo gruppo con grande cura, misurandone i bisogni spirituali prima dell'ammissione e
io fu scelto come il loro medium.
Prima che Dray spegnesse le luci, il giorno della riunione, lasciò che i miei occhi
facessero il giro dei volti del gruppo. Conoscevo così bene la povertà che non mi fu
difficile di capire che erano tutti molto poveri e pregai di potere essere io a dare il
conforto e l'aiuto di cui ognuno di questi individui aveva bisogno.
Appena spente le luci Mickey parlò quasi subito e portò diversi amici e parenti che
provavano la continuità della loro esistenza. La seduta stava per terminare quando la
voce di un uomo chiamò "Annie Blyth". Una donna appartenente al gruppo ammise di
chiamarsi Annie Blyth e domandò un poco sospettosa: "Ma chi siete?", "Sono Fred Blyth"
rispose lo spirito "Non sono stato buono con te, Annie, quando ero sulla terra e sono
venuto a chiederti scusa e ti prego di volermi perdonare". "Bene", rispose Annie con
tono furioso, "te ne puoi andare al diavolo ancora una volta. Ne ho avuto abbastanza di
te quando stavi sulla terra, sei stato un mascalzone. Vattene, vattene, levati di
mezzo!".
La voce del povero Fred svanì confusamente e Mickey tornò per supplicare la
recalcitrante Annie di perdonare suo marito il quale era veramente pentito del modo
come si era comportato in vita. Malgrado che Mickey la supplicasse spiegandole l'agonia
e il rimorso di Fred e come languiva per avere una parola di perdono, Annie si rifiutò
di cambiare parere e la riunione ebbe fine.
Un giorno Padre Sharp venne accompagnato da una vecchia signora senza dirmi chi fosse
né da dove venisse, poiché questa era sempre la sua abitudine. Dopo qualche minuto
sentimmo la voce di Mickey che diceva essere presente un uomo chiamato Alex che voleva
parlare con "la nuova signora", e subito dopo una forte voce di uomo chiamò "Julia!
Julia". La nuova signora rispose e l'uomo continuò "Sono Alex, tuo padre, sono qui con
Emily, tua madre. Siamo venuti insieme per parlarti. Abbiamo avuto le nostre difficoltà
quando eravamo sulla terra, quasi sempre per colpa mia, ma ora ci capiamo meglio.
Vorrei avere agito differentemente in vita, ma ecco tua madre che ti vuole parlare".
Una voce femminile molto
- 77 colta parlò. "Ciao, Julia cara, sono la mamma, ti ho seguita tutti questi anni. Ho
portato Fred e Dennis e spero che potranno parlarti fra un momento". Quando la voce di
questa signora non si fece più sentire un uomo si annunciò dicendo di chiamarsi Fred e
dalla conversazione che emerse fra i due mi resi conto che si trattava di Fred Terry,
il famoso attore-direttore, e la nuova signora era sua moglie. Capii che si trattava di
Julia Neilson Terry, la famosa affascinante attrice. Quando Fred Terry la salutò,
Dennis Neilson Terry si mise a parlare e a mandare i suoi affettuosi ricordi a sua
sorella ed alle sue figlie, Hazel e Monica. Chiese a sua madre di ritornare a parlargli
e di provare a portargli Phyllis. Al momento che stavamo per terminare Fred Terry
ritornò per dire che sua sorella Nell voleva dire due parole; Ellen Terry allora ci
parlò con la sua voce soffice e la sua meravigliosa dizione che più tardi imparammo a
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
conoscere bene nel nostro gruppo quando divenne una delle nostre voci più gradite.
Ancora adesso torna spesso a conversare quando vi è fra noi qualcuno che appartiene al
mondo del cinema, o del teatro.
Un pomeriggio aspettavo due signore che avevano preso un appuntamento telefonico con
il nome di signora Brown e signorina Smith. Pensavo un poco ironicamente che avrebbero
potuto dimostrare un poco più di immaginazione nello scegliere i loro pseudonimi; era
chiaro che le signore erano sospettose. Avevo imparato con dure esperienze ad essere
filosofo per quel che riguardava l'attitudine che certe persone adottavano verso di me.
Vi erano quelle che rimanevano sorprese di vedere che ero un uomo come tutti gli altri,
né mago né spettrale. Altre dimostravano chiaramente che la loro unica ragione era
quella di rendersi conto quali trucchi io usavo per produrre le voci. Altre invece
cercavano di mettermi su di un piedistallo, preparandosi ad adorarmi.
Al principio mi faceva molto male di essere sospettato di ciarlataneria, ero così
pieno di meraviglia del dono che avevo ricevuto, sentivo un bisogno così urgente di
confortare quelli che avevano bisogno di me, che mi pareva di ricevere uno schiaffo
quando sentivo di essere sospettato e non creduto. Ma ora ero serenamente fiducioso
nelle mie facoltà medianiche e in quelli che mi guidano e mi aiutano dall'aldilà e
nessuno può più farmi del male né causarmi dispiacere. Quando le signore arrivarono le
salutai cordialmente facendole entrare nella sala dove eravamo soliti riunirci.
Dopo pochi minuti di attesa, Mickey ci diede il suo solito allegro saluto e lasciò il
posto a un uomo che disse di chiamarsi Alec. Una delle signore rispose domandando quale
era il suo cognome e lo spirito disse di chiamarsi Alec Holden. Una conversazione
animata ebbe luogo fra i due. Era la vedova di Alec Holden e sia lei che l'amica
- 78 che l'accompagnava occupavano una situazione di grande importanza e fiducia, ma cosa
fosse esattamente non fu chiarito. Prima che Alec Holden le salutasse fece sapere che
una persona che in vita era stata un noto personaggio voleva parlare con loro. Appena
la voce di Alec svanì sentimmo la voce di un uomo anziano che cercava di farsi capire,
ma aveva ovviamente delle difficoltà. Dopo poco la voce si fece più forte e chiara e
senza identificarsi disse come era contento di potere parlare di nuovo con le due
signore. A questo punto fui sorpreso di sentire le due donne spingere indietro le loro
sedie e strisciare i loro piedi. Non potevo capire cosa facessero. Fui ancora più
meravigliato quando con un tono di profondo rispetto dissero insieme: "Vostra Maestà!"
e la voce rispose, "Sì, sono Giorgio, conosciuto sulla terra con il nome di Re Giorgio
V". Ne seguì una conversazione fra questo spirito e le mie due signore. E prima che la
sua voce sparisse mandò i suoi saluti a May e Luoise e le sue benedizioni ai suoi
figli.
Subito dopo la signora Holden e la sua amica si presentarono a me rivelandomi che
avevano fatto parte del personale della Casa Reale per molti anni e che avevano
riconosciuto la voce del defunto re appena egli era riuscito a farsi capire. Mi dissero
che senza alcun dubbio la voce era quella del re al punto che tutte e due si erano
alzate automaticamente dalle loro sedie per fare la riverenza appena l'avevano
riconosciuta. Mi chiesero di poter ritornare con un amico ma senza volerne rivelare il
nome. Fui d'accordo di darle un appuntamento a questa condizione.
Quando tornarono erano accompagnate da un uomo alto, molto dignitoso, che mi domandò
ansiosamente se avevo ben capito che desiderava rimanere anonimo; lo rassicurai, ma
avvertendolo che quando le persone non volevano farsi conoscere Mickey, la mia guida le
salutava chiamandole per nome.
Tuttavia non fu Mickey a fare la gaffe, ma una donna dall'aldilà che chiamava
"James, come stai James? Sono, o meglio ero, la Contessa Camperdown". Questa voce se ne
andò e fu seguita dalla voce di un uomo con un forte accento scozzese. Si annunciò con
il nome di John Brown e ci disse che era stato il servo devoto della Regina Vittoria e
anche il suo medium quando durante la sua vedovanza comunicava con il suo adorato
marito, il Principe Alberto. Seguitò dicendo che era venuto per aiutare Lady Camperdown
a parlare un'altra volta perché era stata una amica della Regina e James l'aveva
servita altrettanto fedelmente quanto aveva servito la Regina Vittoria. La voce della
lady si fece risentire chiedendo a James se si ricordava i vecchi tempi a Weston nella
casa di Hill Street. Si scambiarono an- 79 cora altre parole e poi la voce di Lady Camperdown si affievolì e la seduta ebbe
termine.
Quando la luce fu riaccesa, il signore sommerso dall'evidenza dopo quello che aveva
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
sentito gettò al vento l'anonimato e si presentò dicendo di essere John James. Mi
raccontò che era stato un cameriere al servizio della Contessa Camperdown molti anni fa
quando era ancora un ragazzo. Aveva servito sia nella sua casa di campagna a Weston nel
Warwickshire che nella sua casa di Londra a Hill Street, Mayfair. Dopo la morte della
Contessa Camperdown aveva servito in varie case di grandi signore ed attualmente era da
molti anni amministratore della casa di Sua Altezza Reale la Principessa Louise, al
Palazzo di Kensington.
La Principessa Louise era la quarta figlia e la sesta dei figli della Regina Vittoria
ed aveva allora novantanni. Il signor James era rimasto così impressionato dalle prove
ricevute che mi chiese di potere venire regolarmente alle mie riunioni e feci in modo
da poterlo ricevere una volta al mese. Quando l'altero signor James mise il suo sigillo
di approvazione sulla mia persona, la signora Holden mi confidò di essere stata per
molti anni la dama di corte onoraria della Principessa Louise.
John James era nato nelle montagne in un villaggio del Wales nel 1872 e aveva già
passato i sessant'anni quando ci conoscemmo. Aveva passato tutta la sua vita al
servizio di persone più privilegiate di lui, ma non vi era in lui nessun risentimento
come spesso si ritrova nelle persone di servizio. Aveva una dignità sincera e una
grande integrità. Era un uomo che sapeva esattamente chi fosse.
Dalle persone che serviva si aspettava una perfetta condotta nei suoi riguardi e se
non si dimostravano degni del suo rispetto lasciava il loro servizio. A quelli che si
meritavano il suo rispetto dava lealtà e devozione non solo per la paga e i vantaggi
che poteva ricavarne, ma semplicemente perché era un uomo che non poteva dare di meno.
James divenne molto importante nella mia vita perché mediante lui conobbi varie
celebrità sia in questo mondo che nell'altro. Aspettavo sempre ansiosamente le mie
riunioni con lui domandandomi quale alta personalità sarebbe venuta a parlare. La
Regina Vittoria si manifestava spesso e mandava affettuosi messaggi a sua figlia Louise
e ad altri membri della Famiglia. Invariabilmente nei suoi messaggi alla Principessa
Louise le menzionava qualche infimo dettaglio oppure ricordava l'infanzia della
Principessa per farle capire che era veramente sua madre che trasmetteva il messaggio
per mezzo di James.
Una volta la Regina Vittoria ringraziò James per avere curato sua figlia e io seppi
dopo che era un guaritore spirituale e che varie
- 80
volte era stato capace di alleviare gli acuti dolori artritici di cui soffriva la
Principessa Louise.
Una volta alle nostre riunioni si fece sentire un uomo che disse di chiamarsi John
Sutherland. Mandava i suoi affettuosi saluti a Louise e chiedeva a James di dirle che
aveva con sé il loro cane Tina. Seppi dopo che John Sutherland era stato il Marchese di
Lorne ,più tardi diventato Duca di Argyll, che la Principessa aveva sposato nel 1871
nella Cappella di San Giorgio, a Windsor, quando la Regina Vittoria aveva accompagnato
sua figlia all'altare. La serata fu un poco rovinata quando Dean Alford fece un atroce
gioco di parole chiamandola la sposa abbandonata. Era stato un matrimonio di veri
innamorati e furono perfettamente felici fino alla morte del Duca nel 1914. Tina era
stata la cagnetta che sia la principessa che suo marito avevano molto amata molti anni
prima e che avevano tanto rimpianto quando venne uccisa da una automobile. A sentire
James erano rimasti così addolorati della morte di Tina che il Duca aveva composto un
epitaffio in versi da incidere sulla pietra posta sulla sua tomba.
James mi chiese di non rivelare a nessuno le nostre riunioni, come pure di non
diffondere la notizia di avere ricevuto e trasmesso messaggi ai vari membri della
famiglia reale. La famiglia reale aveva il dovere di sostenere la religione di Stato
che non vedeva di buon occhio lo spiritismo e sarebbe stato imbarazzante per loro se
queste riunioni fossero venute a conoscenza del pubblico.
Fino a oggi non mi sono mai lasciato sfuggire una parola né uno scritto in proposito,
ma ora tutti quelli che erano intimamente interessati sono passati nell'altra vita e il
clima delle opinioni è talmente diverso di quello di trenta anni fa che mi ritengo
libero di raccontare questa storia per la prima volta.
"Devi trovarti un sarto e farti un abito, Leslie", disse Edith una mattina durante la
colazione. "Non puoi assolutamente farti vedere in pubblico sul palco con questo
vecchio vestito".
La guardai allarmato attraverso il barattolo della marmellata. "Mi è costato 50
scellini questo vestito, e l'ho portato solo un anno. E poi non mi sono mai fatto fare
un vestito in vita mia. Non sono pieno di denaro".
"Quando sei salito sulla pedana ieri sera al Wigmore Hall, in mezzo a tutta quella
gente, con i pantaloni che sembravano una fisarmonica e la giacca che cascava da tutte
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
le parti, Owen e io abbiamo deciso che è venuto il momento di farti un vestito
decente".
Guardai Owen seduto in faccia a me, era diventato un bel ragazzo di diciotto anni. Mi
fece un largo sorriso. "Vi erano tutti gli aristocratici sulla pedana vestiti con i
loro eleganti abiti, e la
- 81 persona più importante della serata si fa vedere con un vecchio abito a buon mercato.
Non può assolutamente andare mio caro".
Mentalmente passai in rivista le mie finanze. Non vi era dubbio che stavo meglio di
quanto ero mai stato prima di oggi, la gente veniva da tutte le parti per fare la fila
ed assistere alle mie sedute e io ricevevo una percentuale del ricavato delle riunioni
nel grande salone che era sempre gremito fino alle porte, ma le mie spese erano pesanti
e non era nelle mie abitudini di fare pagare neanche un soldo di più di quello che
poteva pagare il più povero che voleva partecipare alle mie sedute spiritistiche. La
paura di rimanere senza lavoro che avevo avuto nel passato era sempre viva in me e
cercavo di risparmiare quanto potevo per prevenire quei maledetti giorni. Scossi il
capo. "Non me lo posso pagare", dissi.
"Io potrei metterci qualche soldo" disse Owen allegramente. La bontà umana quando è
sincera mi fa sempre venire le lacrime agli occhi e dovetti ingoiare per non farle
notare. Quando Owen aveva lasciato la scuola due anni prima, un mio amico gli aveva
gentilmente procurato un impiego in uno studio cinematografico di Boreham Wood e faceva
parte del gruppo junior dei cameramen. Owen era entusiasta del suo lavoro e sperava un
giorno di diventare famoso come Gunther Krampf o Jimmy Harvey, il fratello della
incantevole Lilian, la stella raggiante del film Il Congresso si diverte. Owen
guadagnava molto poco ma contribuiva alle spese di casa ed io sapevo che segretamente
risparmiava ogni centesimo per comperarsi una motocicletta che tanto desiderava. Eppure
mi offriva i suoi risparmi perché potessi comperarmi un vestito. "Non fare lo stupido",
dissi in modo burbero, "Certo che posso trovare i soldi per farmi un abito se tua madre
lo stima necessario". Non avevo finito di dirlo che sentii il solito brivido di paura.
"Non ti preoccupare, caro", disse Edith, "Troverò un sarto che non ti faccia pagare
prezzi esorbitanti e poi posso facilmente ridurre le spese di casa". Poteva sempre far
brillare il sole quando si era eclissato.
Sembra inverosimile oggi, ma da quando vivevamo a Hendon mi ero così isolato nella
torre di avorio del mio lavoro, ero così avvolto nella felicità domestica che ero solo
per metà cosciente del pericolo che incombeva sulla Germania con la salita di Hitler al
potere.
Presero le misure per il mio nuovo abito in una camera al di sopra di un negozio di
dolci a Golden Green dove per poche sterline Nathan Hirsch lavorava con la delicata
sapienza di un maestro dell'arte. Con l'aiuto di un dizionario con cui cercava di
imparare la lingua del nostro paese dove era venuto per rifarsi una vita, il
- 82 signor Hirsch mi spiegò quello che succedeva alla sua gente in Germania. Quando il mio
abito fu finito gli eserciti di Hitler marciavano in Austria. L'Inghilterra si
consolava con racconti di testimoni che nei giornali parlavano di carri armati fatti di
cartone, di fucili senza munizioni, di aeroplani incapaci di sollevarsi dal suolo, e di
soldati-bambini vestiti con stracci. Respiravamo di nuovo. Hitler non era pronto, non
ci sarebbe stata la guerra.
Un giorno dell'estate che seguì l'occupazione dell'Austria, John James stava per
andarsene dopo una delle sue sedute regolari quando mi disse come per caso "Vi farebbe
comodo venire a Kensington Palace giovedì prossimo alle quindici?". Rimasi stupidamente
a bocca aperta. Egli spiegò che la principessa Louise voleva incontrarmi e poiché stava
per lasciare Londra, il giovedì seguente sarebbe stato per lei molto conveniente. Il
mio libro di appuntamenti era pieno ma avevo la vaga idea che gli inviti regali
equivalevano a comandi e nella mia mente confusa passava la visione di una prigione
sotterrane nella Torre di Londra. Dovevo solo riordinare in qualche modo i miei
appuntamenti. Dissi che giovedì mi andava bene.
Elegante nel vestito blu a righine del signor Hirsch, il cui taglio pensai dovesse
essere approvato anche da una principessa del sangue, quel gran giorno emersi dalla
stazione della sotterranea all'angolo di Hyde Park per scoprire che, nella mia ansietà
nervosa di essere puntuale, avevo davanti a me un'ora per fare in autobus il percorso
di quindici minuti fino a Kensington. Decisi di andare al palazzo attraversando il
parco a piedi.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Era un giorno meraviglioso e a mezza strada sedetti su una panchina per godermi una
fiammata di gerani scarlatti e per riflettere quanto fosse inverosimile ed assurdo che
mi trovassi sul punto di far visita a una principessa reale nel suo palazzo. Mi
domandavo se la sua servitù non mi avrebbe guardato dall'alto in basso. Non avevo mai
incontrato domestici, ma avevo la sensazione che dovevano essere persone arroganti ed
altere. Mi consolai al pensiero dell'impeccabile taglio del vestito del signor Hirsch e
non ci pensai più. Un nuovo pensiero mi disturbò. Si doveva baciare la mano di una
principessa al momento della presentazione ed in tal caso come si faceva? Ebbi la
rapida visione di un attore in qualche film che avevo visto piantare un bacio sulla
palma di una signora e risalire mangiucchiando fino a metà del suo braccio, ma respinsi
questa tecnica perché inappropriata. Infelicemente sicuro che se vi era qualsiasi
tranello d'etichetta vi sarei certamente cascato continuai per la mia strada.
John James mi venne incontro all'ingresso del palazzo e mentre
- 83 mi conduceva in quello che chiamava il salottino mi fece alcuni accenni sul modo di
condurmi con l'ospite reale.
Paragonato al numero 31 di Sidney Grove il salottino non mi sembrò tanto piccolo.
S.A.R. la principessa Luoise stava seduta molto eretta su una sedia con un alto
schienale intagliato quando James mi introdusse nella stanza ed il problema del
baciamano fu risolto subito quando stese la sua mano in maniera amichevole come
qualsiasi altra padrona di casa. Quando ebbi leggermente stretto la mano della
Principessa, essa mi indicò una comoda sedia ed invitò anche James a sedersi. Mi
guardai attorno, e strano a dirsi qualcosa mi ricordava il salottino di casa nostra di
cui mia nonna era così fiera. Questo salotto era infinitamente più lussuoso e più
bello, ma la pesante mobilia, le tende di velluto alle finestre, gli oggetti d'arte e i
bric-a-brac di valore assieme ai quadri i cui muri erano pieni avevano lo stesso odore
di rinchiuso di quello che era l'orgoglio di mia nonna. Non vi mancava neanche l'odore
della cera per lucidare. Il fatto era che sia l'una che l'altra casa riflettevano il
gusto di un'epoca passata e tutte e due appartenevano a vecchie signore per le quali il
passato era più vivido del presente.
La Principessa iniziò la conversazione domandandomi se avevo notato fuori dal palazzo
la statua della Regina Vittoria nell'abito che portava il giorno della sua
incoronazione. Mi disse che l'aveva disegnata e eseguita lei da un solo pezzo di marmo
di Carrara per commemorare i cinquant'anni di regno. Era evidente che la principessa
Louise era stata molto devota alla Regina Vittoria che chiamava "Mamma" in modo
commovente.
Il ghiaccio fu rotto e potemmo conversare a nostro agio parlando del mio lavoro e
delle prove che James le aveva portato da parte di sua madre e di suo marito. Mi
ricordo che disse di non temere più la morte che considerava come una specie di
emigrazione in un nuovo paese dove avrebbe raggiunto i suoi cari che avevano viaggiato
prima di lei. Fece menzione delle difficoltà che incontrava qualche volta a causa della
sua nascita e mi disse che spesso spiegava a quelli che in sua presenza si sentivano a
disagio o inibiti che non era colpa sua se era figlia d'una regina e che dovevano
provare a non pensarci. Ricordava la sua infanzia al castello di Windsor come un
periodo felice come pure quello passato in Canada con suo marito quando questi era
Governatore Generale. Era orgogliosa del fatto che i canadesi avevano chiamato una
delle loro Provincie Alberta perché era uno dei suoi nomi di battesimo.
Malgrado che la Principessa non ne desse alcun segno mi resi conto dopo poco che
soffriva intensamente dei suoi dolori artritici e quando ci chiese se volevamo una
tazza di tè guardai James interro- 84 gandolo con gli occhi. Scosse leggermente la sua testa e io mi scusai salutando quella
gentile e graziosa signora.
Quando scesi dall'autobus all'angolo di Hyde Park per prendere la metropolitana che
mi avrebbe portato a Hendon il mio cuore fece un balzo nel vedere i titoli dei giornali
fuori dalla stazione. Hitler aveva ricominciato. Questa volta domandava i Sudeti dai
Cecoslovacchi.
Nel treno pensai alla mia infanzia e al dopoguerra che doveva essere la fine di tutte
le guerre. Mi ricordai degli uomini che erano tornati storpi, colpiti dallo shock delle
bombe, con i polmoni marci per i gas asfissianti, aspettando in lunghe code pazienti e
senza speranze per ricevere il sussidio di disoccupazione e mi misi a pregare che
questo macello senza senso non si ripetesse.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Durante quell'estate di tensione che saliva e l'ansietà per la crisi cecoslovacca il
mio lavoro continuava, ma vi erano più insuccessi del solito e quelli che dall'aldilà
erano la mia guida ci dissero che l'atmosfera che circondava la terra era così piena di
paura e di pensieri di guerra che era diventato molto duro per quelli che vivevano
nella luce di penetrare questa barriera che a loro appariva come una folta cortina di
nebbia.
Malgrado ciò vi furono riunioni con felice esito e ultimamente ho ricevuto una
lettera in data 4 luglio 1970 da Mr. William A. Pritchard abitante all'85 di Bishopston
Road, Swansea, per ricordarmi di una di queste cose. Penso che il meglio sia di farne
conoscere un passaggio.
"L'unica volta che ho partecipato a una riunione con lei è stato trenta anni fa,
nell'estate del 1938. Mia madre era con me, venuta in vacanza dalla Rhodesia dove
viveva insieme a mio padre. Prendemmo appuntamento per telefono e nessuno ci chiese il
nostro nome né noi lo avevamo dato. Eravamo otto persone e le voci vennero senza
l'aiuto della tromba e tutti i presenti poterono quella sera sentire le voci dei loro
cari. Una voce si indirizzò a me:
VOCE: Ciao, ho pensato di venire a farmi conoscere.
IO: Molto bene ma chi siete?
VOCE: Dick.
IO: E dove ci siamo conosciuti?
VOCE: Eravamo nell'aviazione insieme in Sud Africa.
IO: Come sei arrivato lì dove sei ora?
VOCE: Sai come fu... ero sulla mia motocicletta e andai a cozzare contro un muro di
mattoni e d'improvviso mi ritrovai qui...
"La mia memoria tornò indietro di dodici anni durante il corto periodo che avevo
passato nelle forze aeree militari sudafricane. Fra i novizi vi era un giovane
conosciuto a tutti con il nome di
- 85 'Bonzo'. Era un bravo ragazzo, ma lento di intelletto, era afflitto da uno strano male
alle mani perché non poteva coordinarne i movimenti. Quello che faceva con una mano
doveva automaticamente anche farlo con l'altra a meno che non facesse uno sforzo
supremo di volontà per fermarne una. La storia della morte di Bonzo mi fu raccontata
dopo poco il mio ritorno in Inghilterra nel 1929. Pare che avesse acquistato una
motocicletta e era uscito per una breve corsa quando a un incrocio tirò fuori il suo
braccio destro per indicare le sue intenzioni. A quel momento il suo braccio sinistro
fece lo stesso per simpatia e Bonzo finì diritto contro un muro di mattoni in faccia a
lui.
"L'anno dopo la mia riunione a casa vostra, nel 1939, ritornai in Sud Africa e quando
mi trovai a Pretoria feci una gita a Roberts Heights che era il Quartier Generale delle
Forze Militari Aeree. Nella sala degli ufficiali vi erano due sergenti che si
ricordavano di me e anche di Bonzo, ma anche allora ignoravano il suo nome. Guardammo
nei registri per scoprire che il suo nome era Dick Lundin.
"Quando mi domandano quale io consideri essere la prova più evidente che ricevetti
nella nostra riunione, ripeto quelle parole 'Eravamo insieme nelle Forze Militari Aeree
in Sud Africa' perché nessuno in quella stanza poteva immaginarsi che mia madre e io
avevamo legami con il Sud Africa e ancora meno con le Forze Aeree Militari".
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo VIII
Dopo la dichiarazione di guerra l'Inghilterra visse per mesi una esistenza di calma
apparente. Era una specie di periodo di adattamento all'oscurità, al razionamento e
alla perdita delle libertà personali. Tutto sembrava in apparenza talmente normale che
molti cominciarono a sperare che quelle mezze ostilità si sarebbero esaurite
completamente con una pace negoziata che pensavano sarebbe stata una vittoria per la
civilizzazione. Nel frattempo, le fabbriche, i cantieri navali, gli arsenali lavoravano
a tutto spiano preparandosi per la vera guerra.
La mia prima riunione pubblica in tempo di guerra ebbe luogo al Tempio di Rochester
Square al nord di Londra. Il Tempio aveva un tetto di vetro che era stato dipinto di
nero per obbedire alle norme dell'oscuramento. Non posso sapere se durante la notte la
pittura servisse al suo scopo ma di giorno non impediva alla luce di filtrare nella
sala. Tuttavia presi il mio posto in uno stanzino improvvisato in fretta sul palco e
sperai per il meglio.
Per citare una relazione del tempo sulla riunione "malgrado le condizioni avverse le
voci furono udite in tutta la sala sebbene non fossero usati microfoni".
Verso la fine della riunione mentre sedevo nel mio stanzino buio e senza aria,
domandandomi quanto avrei potuto durare prima di svenire per il caldo e l'esaurimento
nervoso, sentii una voce di donna parlare così vicino allo stanzino che sembrava quasi
si rivolgesse personalmente a me.
"Sono Edith Cavell", disse la voce; "venni da questa parte della vita perché sentii
che il patriottismo non era sufficiente. Sebbene ammiri l'uomo e la donna di sentimenti
patrioti, al tempo stesso dobbiamo renderci conto che vi è una cosa più grande di
questo. Dovete amare vostro fratello sia o no un nemico. Provate ad amare e
dimenticare, non ad odiare".
La voce svanì ma il suo messaggio rimase e mi aiutò a risolvere un problema che mi
aveva dato molta ansietà sin dallo scoppio della guerra.
Avevo spesso ascoltato le voci d'oltre tomba di uomini e donne stroncati da morte
improvvisa nel fiore degli anni. Esse parla- 87 vano della loro confusione e angoscia e del fatto che dovevano ancora aggrapparsi alla
terra perché era tutto quello che avevano conosciuto. Avevo sentito i loro rimproveri:
"Perché non sapevo? Perché qualcuno non me lo diceva?". Io ero un patriota ed il mio
paese era in guerra per una causa che credevo giusta. Ma quando quella mezza guerra di
sogno fosse diventata una cosa reale, la carneficina sarebbe cominciata sul serio e io,
come gli altri uomini validi, sarei stato chiamato alle armi. Eppure dopotutto avevo
udito dall'altro lato della vita che l'anima è sconcertata quando è improvvisamente
cacciata fuori dal corpo verso un altro piano di esistenza. Come potevo prendere la
responsabilità di mandare impreparato nell'eternità qualsiasi spirito umano? Avevo una
vivida memoria di una scena osservata nella mia fanciullezza durante lo scoprimento di
un monumento commemorativo della guerra 1914-1918. Nel mezzo della cerimonia un gruppo
di donne si volse verso un uomo che stava guardando. Le donne lo investirono e gridando
gli dettero spintoni fino a farlo allontanare. Quando domandai a mia nonna cosa
avesse fatto di male, ella mi rispose che durante la guerra era stato un obiettore di
coscienza e quelle donne avevano perduto i loro figli nel conflitto. Mi dispiaceva per
quelle donne il cui dolore si era cambiato in risentimento contro qualcuno che esse
ritenevano uno scansafatiche, ma pensavo che forse ci voleva uno speciale coraggio per
andare contro la corrente della guerra. Speravo solo che sarei stato capace di trovarlo
perché da quel momento decisi che al momento della chiamata sarei stato un obiettore di
coscienza. Avrei detto come Lutero "Questa è la mia posizione. Non posso cambiarla".
Qualche settimana dopo ricevetti una lettera da un socio di una ricca organizzazione
spiritistica americana. Lo scrivente mi diceva che aveva assistito a una delle mie
pubbliche sedute a Londra e in seguito anche ad una privata nella mia casa di Hendon.
Mi descrisse l'evidenza che gli era stata data e disse che questo provava al di sopra
di ogni dubbio la sopravvivenza di una persona a lui cara. Siccome sia lui che i suoi
colleghi temevano che le mie facoltà medianiche potessero essere perdute per il mondo
se io rimanevo in Inghilterra mi offrivano riparo nel loro paese per la durata della
guerra. Il mio passaggio sarebbe stato pagato da loro e i miei mezzi di sussistenza
garantiti fino a quando sarebbe stato prudente per me di rimanere negli Stati Uniti.
Potrà sembrare illogico che proprio io, che avevo rifiutato il pensiero di andare
sotto le armi potessi indignarmi all'idea che qualcuno immaginasse che io volessi
lasciare l'Inghilterra in tempi
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
- 88 come quelli, ma fu proprio quello che sentii. Il più educatamente possibile risposi a
giro di posta che rifiutavo.
Venne il Natale e la guerra era ancora in un inquietante stato di stasi. Noi tre a
Sidney Grove cercavamo di illuderci che tutto era come sempre. Mangiammo la cena
tradizionale, facendo le cose tradizionali, e curando amorosamente le sorprese che ci
eravamo preparati l'uno per l'altro. Forse ci sforzammo troppo perché il cuore era
assente e non vi era nessuna vera gioia in quello che facevamo. Come poteva essere
altrimenti con la paura che l'anno nuovo ci avrebbe portato la bufera che si ammassava
all'orizzonte?
La notte dell'ultimo dell'anno Edith ci fece la sorpresa di tirar fuori dal suo
nascondiglio una bottiglia di vino spumante per brindare non solo all'anno nuovo ma
anche alla nuova decade. Allo scoccare della mezzanotte alzammo i nostri bicchieri
facendoci gli auguri e cantando la famosa canzone che inneggia al Nuovo Anno con la
voce vellutata di contralto di Edith che dava un nuovo significato e una più profonda
emozione alle parole che fino ad allora avevamo sempre cantato senza dargli uno
speciale significato.
Al principio del 1940 ebbi una seduta che non solo fu una dimostrazione che non
poteva lasciare dubbi, sulla sopravvivenza dell'uomo dopo la morte del suo corpo, ma
credo che fosse la più eccezionale che io abbia mai dato e mi portò quel sollievo di
cui tanto avevo bisogno.
La persona che prendeva parte alla seduta disse di chiamarsi signora Bowering e
sembrava avere da molto passato i sessanta anni. Entrammo nel salone e senza
chiacchiere preliminari spensi le luci. Mickey parlò alla signora quasi immediatamente.
"C'è qui un uomo che dice di chiamarsi Fred e che lei è sua moglie Alice".
"Sì", disse la signora Bowering, "Fred è mio marito, posso parlargli per piacere?".
Dopo poco si udì la voce maschile e i due ebbero una conversazione molto intima
ricordando il loro passato fino a quando lui si mise a ridere: "che strano, dopo tutti
questi anni ti sia preoccupata solo ora di esumare il mio corpo dalla tomba per farlo
cremare! Vedo che porti al tuo dito l'anello che avevi sotterrato con me. Ho incontrato
Bowering qui sai; e abbiamo simpatizzato molto. Infatti ci siamo divertiti tutti e due
vedendo che tieni sulla mensola del camino le nostre due urne, una da una parte e una
dall'altra".
La signora Bowering chiese se poteva parlare all'altro suo marito e subito udimmo la
voce di un altro uomo che la salutava "Sai Alice", disse "anche se hai messo le nostre
urne sul camino noi in realtà non siamo lì. Siamo da questa parte e veniamo spesso
assieme per cercare di aiutarti per il meglio, ma quelle sono ceneri e non
- 89 hanno più nulla a che fare con noi". Con mio grande stupore la signora disse ai suoi
due mariti che aveva incontrato un signore che si chiamava Wilson e che stava
considerando di sposarlo. Voleva sapere se i suoi due mariti avessero nulla in
contrario. Sia Fred che il signor Bowering risposero di no e che tutti e due volevano
solo la sua felicità.
Trovavo questa storia delle ceneri di due mariti messi l'uno vicino all'altro sul
camino così difficile da ingoiare che quando riaccendemmo la luce domandai alla signora
se la storia fosse vera. Mi rispose certamente lo era e mi raccontò tutte le difficoltà
che aveva avuto per ottenere il permesso di esumazione per poter cremare Fred. Sembra
che quando sotterrò Fred la cremazione non fosse un metodo molto usuale e così lo
dovette sotterrare nel modo convenzionale. Ma le cose erano cambiate quando morì il
signor Bowering che fu cremato e l'urna con le sue ceneri messa sul camino. Dopo poco
tempo la vedova cominciò a pensare che forse Fred si sentiva solo al cimitero e allora
aveva intrapreso le pratiche per esumarlo e cremarlo per metterlo vicino al signor
Bowering. Vi era finalmente riuscita ed ora aveva vicino a lei tutti e due i mariti e
si sentiva molto più felice. Mi confermò anche la storia dell'anello che portava e che
era stato per tanti anni al dito di Fred nella tomba. Era felice che nessuno dei suoi
due mariti facesse obiezioni a un terzo matrimonio perché la solitudine le pesava
molto.
Per due anni non rividi quella signora e pensai si fosse risposata e vivesse felice
in una nuova vita matrimoniale. Ma invece sbagliavo. Dopo lungo tempo ritornò ad una
mia seduta nel suo nuovo ruolo di signora Wilson e i suoi due mariti le parlarono di
nuovo. Per l'intera seduta lei non fece che rimproverarli tutti e due per non averla
avvertita che il signor Wilson non solo era un uomo di pessime abitudini, ma era anche
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
senza un soldo e lei lo doveva mantenere. I suoi due mariti espressero il loro
rammarico, ma le dissero che la decisione di risposarsi era stata solo sua e ora doveva
subirne le responsabilità. Ciò nonostante la signora Wilson mise in chiaro il suo punto
di vista e li rimproverò di non aver saputo vedere che tipo sarebbe stato il signor
Wilson per avvertirla in tempo.
La signora Wilson, divenne assidua alle mie riunioni fino alla sua morte, all'età di
ottanta anni. Viveva separata dal signor Wilson da molti anni e lui morì prima di lei.
Spesso mi domando quale dei suoi mariti ha il piacere della sua compagnia nell'altra
vita e come sia finito il signor Wilson in tutto questo.
La Principessa Louise morì ai primi di dicembre del 1939 e John James non aveva
potuto prendere parte regolarmente alle mie
- 90 sedute perché era molto occupato sotto la direzione del Duca di Kent a sgomberare
l'appartamento della Principessa che consisteva di quasi cento camere e che per volontà
della principessa il Duca, aveva ereditato. Pertanto verso la fine di marzo del 1940 mi
telefonò per un appuntamento e fui felice di darglielo.
Eravamo tristi riunendoci per la prima volta dopo la morte della gentile Principessa.
Ma non fu per molto tempo perché la Principessa in persona venne a dirci come fosse
felice di non soffrire più delle infermità della vecchiaia e di essere riunita con le
persone che amava. Ringraziò James per aver fatto quello che le aveva chiesto a
proposito del suo velo da sposa e degli anelli. Dopo la riunione James mi disse che la
Principessa si era riferita al suo desiderio di essere ricoperta con il suo velo da
sposa e di avere l'anello di fidanzamento e la fede nella bara insieme alle sue ceneri.
Prima di partir James mi fece vedere un paio di gemelli con iniziali che il Duca di
Kent gli aveva regalato per averlo aiutato a sgomberare l'appartamento a Kensington
Palace.
Nell'aprile di quell'anno la Germania invase la Norvegia e la guerra cominciò sul
serio. Mentre gli alleati tentavano di sbarcare le loro forze in Norvegia per aiutare i
norvegesi e tutta l'Inghilterra aveva il fiato sospeso fra un bollettino e l'altro,
Owen tornò a casa una sera e disse a me ed a sua madre che si era presentato volontario
nella Royal Air Force e passata la visita medica era stato giudicato idoneo. "Quando
devi andartene?" chiese Edith cercando di essere serena. "Quando saranno nei guai
chiameranno Mundin", disse Owen "fino ad allora non mi devo muovere". Bastò questa
proroga per confortare Edith, il giorno fatale non era ancora arrivato. Quando Owen
distrattamente mi chiese in quale ramo delle Forze Armate io avrei servito quando la
mia chiamata sarebbe venuta gli risposi che intendevo registrarmi come obiettore di
coscienza.
Temevo il suo sguardo severo perché amavo quel ragazzo come un fratello. Alzò il
sopracciglio in un modo che gli era familiare "Tanto meglio per te" disse
distrattamente. "Io non ho questo coraggio".
In maggio e giugno imparammo una nuova parola: la guerra lampo, mentre i colpi di
martello dei Nazi martellavano l'Olanda, il Belgio, la Francia e cacciavano gli inglesi
dall'Europa a Dunkerque dove stava succedendo quello che sembrava un miracolo a quel
tempo, il grosso delle nostre truppe veniva riportato a casa per lottare di nuovo in un
prossimo futuro.
Erano giorni pericolosi pieni di emozioni e mi domandavo costantemente se potevo
veramente tenermi indietro e lasciare che gli
- 91 altri facessero la guerra. Volevo servire la mia Patria, consideravo questa una giusta
guerra se mai una guerra può essere considerata giusta, ma ritornavo sempre al fatto
che non potevo, non volevo uccidere.
Più tardi, quello stesso anno, dopo che la battaglia per l'Inghilterra era stata
vinta nei cieli del nostro paese, Owen venne mandato in un campo d'aviazione vicino a
Cambridge per cominciare il suo addestramento da pilota.
Quando Edith e io lo accompagnammo alla stazione era allegro e pieno di fiducia.
"Coraggio, voi due", disse scherzosamente, "fra poco Mundin, il terrore dei cieli sarà
al lavoro". Quando il treno cominciò a muoversi si affacciò al finestrino per baciare
Edith "Tornerò presto mamma" disse piano. "Ci berremo una buona tazza. di tè", dissi, e
credo che nella mia vita non mi sono mai sentito tanto poco adatto alla situazione.
Finalmente venne il giorno in cui dovevo apparire davanti al Tribunale per discutere
il mio caso come obiettore di coscienza. Presi il treno per Londra e persi tempo per
trovare il posto dove si riuniva la Corte presieduta dal Giudice Hargreaves vicino a
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Victoria Station. Alla fine la trovai e fui fatto entrare in una sala d'aspetto dove
altri obiettori di coscienza aspettavano di essere ascoltati. Mi sedetti vicino a un
giovane con una barba molto in disordine che all'istante tirò fuori un volumetto dalla
sua tasca e cominciò a leggere concentrandosi attentamente. Capii subito quello che
dovevo fare e mi rimangiai le parole scherzose che stavo per pronunciare. Diedi uno
sguardo attorno a me e mi resi conto che nessuno parlava al suo vicino. Tutti i giovani
stavano seduti in silenzio e come assenti, ciascuno immerso nei suoi pensieri e nei
suoi problemi.
Ci chiamavano alfabeticamente e così dopo poco l'usciere mise la testa fuori dalla
porta e chiamò "Flint, Leslie!". Lo seguii fuori dalla stanza.
Mentre mi avviavo nella grande sala verso la tavola dove erano radunati i cinque
membri del Tribunale rimasi sorpreso di vedere che vi erano degli spettatori. Fossero
amici o parenti dei giovani che dovevano essere giudicati oppure solo un pubblico
curioso, ne avrei in tutti i modi fatto volentieri a meno. Rimasi soddisfatto di vedere
che i membri del Tribunale erano vestiti normalmente, avevo l'idea confusa che
sarebbero apparsi in abiti sfarzosi con tonache e parrucche. Vi era anche una donna fra
di loro, con un rassicurante cappellino molto frivolo meticolosamente posato sui
capelli ondulati. Seppi dopo che la signora con il cappellino guarnito di margherite
era l'osso più duro di tutti.
- 92 Rimasi in piedi diritto davanti ai cinque giudici della mia coscienza, deciso di non
avere l'aria di un cane frustato né di essere vergognoso. Rispondendo alle loro domande
ammisi di essere Leslie Flint, di avere trenta anni e per quello che mi risultava di
essere in perfetta salute e idoneo. Affermai pure che la base della mia coscienza non
mi permetteva di servire nelle Forze Armate nel presente stato di emergenza.
"Abbia la gentilezza di dire al tribunale se i suoi scrupoli sono di natura politica
oppure religiosa, Flint". Il presidente aveva aperto la partita. Dissi che mi rifiutavo
assolutamente di uccidere in base alle mie credenze religiose. Un vecchio signore con
dei baffi molto folti mi domandò a quale chiesa appartenevo. "Sono il medium in carica
della Chiesa Cristiana Spiritualistica a Hendon", dissi. Il vecchio signore soffiò
attraverso i suoi baffi facendomi venire in mente una foca petulante. "Non è una
denominazione riconosciuta dalla Chiesa cristiana", disse in tono di trionfo. Il
Presidente disse che avrebbe discusso il mio caso se io fossi stato riconosciuto come
un cristiano pacifista. La foca mormorò così forte nell'orecchio del suo vicino che non
potetti non sentirlo: "l'amico è una specie di eccentrico".
Un uomo dalla faccia rossa mi chiese se pensavo che Cristo fosse stato un pacifista.
Risposi che il suo insegnamento era pieno di amore fraterno e di pace fra gli uomini
sulla terra, e citai le parole di Cristo a proposito dell'altra guancia. L'uomo dalla
faccia rossa mi chiese a che avrebbe servito di dare a Hitler l'altra guancia. Fui
d'accordo nel dire che sarebbe stato un disastro, ma aggiunsi che questo fatto non
cambiava la mia determinazione di non uccidere. Il cappello con le margherite si
rivoltò nella mia direzione. "Se lei vedesse un soldato nazista violentare una donna
che lei ama starebbe a guardare senza fare nulla?" sputò fuori. "Oh, no! risposi, oh no
certo". "Bene" insistette il cappellino guarnito di margherite. "Ha detto che
difenderebbe la donna con tutte le sue forze, che lei ama o meno ma non ammazzerebbe il
soldato nazista. Se lei avesse un coltello nella sua mano lo adopererebbe?". Dal modo
come parlava pensai che durante la sua gioventù avesse frequentato una scuola molto
elegante. Risposi che avrei adoperato il coltello per impedire al soldato nazista di
violentare la donna ma non per ammazzarlo. La signora con il cappellino guarnito di
margherite emise un urlo stridente: "Un vero pacifista cercherebbe di ragionare con
lui", disse. Mi venne un pericoloso desiderio di ridere perché vedevo me alto poco più
di un metro e sessanta ragionare gentilmente con un soldato nazista alto metri 1,80.
"Lei accoltellerebbe l'uomo ma non gli sparerebbe in una lotta. E' questo il suo
ragionamento, Flint?",
- 93 mi domandò l'uomo dalla faccia rossa ritornando alla carica. Guardai le facce di coloro
che mi stavano giudicando, erano onesti membri della società che cercavano di essere
giusti, comprensivi ma che non potevano nascondere il loro crescente sospetto che io
fossi un vile oppure uno scansafatiche. Domandai al Presidente se potevo spiegare ai
giudici del tribunale la filosofia spiritualistica sulla quale era basata la mia
determinazione di andare in prigione piuttosto che di entrare nelle Forze Armate. La
foca fu sentita mormorare che non voleva stare ad ascoltare uno sproloquio sugli
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
spettri e che in ogni modo non ci credeva. Ma il Presidente mi disse di continuare e mi
pregò di essere breve.
Con una eloquenza di cui rimasi io stesso sorpreso, spiegai la confusione che avrebbe
provato un'anima gettata con vi nel fuoco e nella passione della battaglia senza avere
la conoscenza di quello che l'aspettava in una nuova dimensione di vita. Citai loro la
solenne invocazione dalla Litania, "dalla battaglia, dall'assassinio e da morte
violenta liberaci o Signore", ciò che dimostra come i Padri della Chiesa primitiva ne
sapessero più sulla vita ultraterrena dei loro successori d'oggi. Quando ebbi finito vi
fu un movimento di teste e molti sussurrii e consultazioni. Finalmente la signora dalle
margherite alzò la sua fredda voce tagliente: "Volete dire che i nostri valorosi uomini
alle armi avranno rimorsi nella prossima vita perché stanno uccidendo i nemici della
loro patria?". "No, signora dissi io — perché essi non sanno come so io quali
conseguenze ne derivano alle anime di coloro che mandano all'eternità. E' precisamente
perché io ho ricevuto questa conoscenza attraverso l'esercizio delle mie facoltà di
medium che io debbo rifiutare la responsabilità di togliere vite umane". "E tuttavia
voi indirettamente non siete riluttante dall'aiutare le Forze Armate ad uccidere con
più efficienza?" questa era la calma distaccata voce del Presidente. Dissi che il mio
paese era impegnato in una guerra che io consideravo una lotta del bene contro il male
e che io avrei fatto la mia parte il meglio possibile con la sola eccezione del
troncare la vita di un altro. Vi fu un'altra conferenza sussurrata e un uomo tranquillo
dalla faccia tetra che finora non aver a parlato alzò gli occhi; "come possiamo sapere
che siete sincero?", disse. Io mi avvicinai al Presidente gli consegnai una busta nella
quale vi era la lettera che mi offriva rifugio in America e la copia della mia
risposta. "Credo che queste due lettere rispondano alla domanda del signore", dissi. Il
Presidente lesse sia la lettera americana che la copia della mia risposta e la fece
girare perché gli altri la vedessero. Vi fu ancora mormorio ed ancora si concertarono,
e finalmente il Presidente mi
- 94 disse che nel prossimo futuro sarei stato chiamato a far parte di un corpo non
combattente.
Camminai fino alla stazione della metropolitana per prendere il treno e tornare a
Hendon. Era una perfetta serata per i bombardamenti perché la luna splendeva in cielo.
Quando raggiunsi la stazione le sirene fischiavano e la difesa aveva cominciato la sua
musica. Nei sotterranei le cuccette a ripiani erano già occupate da quelli che vi
dormivano ogni notte in una relativa sicurezza. Famiglie si organizzavano per
accamparsi e stendere coperte e cuscini, molti erano già rannicchiati, mangiando da
sacchetti di carta e bevendo tè da un fiasco. Qui come in tutti i rifugi della città vi
era lo stesso identico odore di paura, sudore e aria viziata e i londinesi sopportavano
tutto con pazienza e con un senso di umorismo e sfida. Erano buona gente.
Tornando a casa a piedi dalla stazione di Hendon fra la musica dei cannoni, le
schegge di granata ed il sibilare delle bombe che cadevano, pensai come provvedere per
Edith durante il tempo che sarei stato in servizio. Avevo risparmiato cento sterline
che le avrei lasciato e lei aveva una piccola pensione, ma quando pensai all'affitto,
le rate da pagare, il riscaldamento, la luce e vari altri conti che arrivavano sempre
con una regolarità deprimente, mi domandai quanto tempo sarebbero durate quelle cento
sterline. Quanto tempo ancora sarebbe andata avanti la guerra? La mia paga come soldato
semplice in una unità di non combattenti sarebbe stata di 2 pence al giorno; forse
avrei potuto risparmiare altri 10 pence alla settimana per mandare a Edith. Dovevo,
perché altrimenti per risolvere il suo problema sarebbe andata a lavorare in una
fabbrica di munizioni e non era abbastanza forte né abbastanza giovane per lavorare
lunghe ore.
Quando arrivai a casa, Edith mi disse che la signora Tucker e suo marito avevano
telefonato mentre io ero a Londra per dire che durante il periodo in cui io sarei stato
in servizio non dovevo pagare l'affitto di Sidney Grove. Le mie preoccupazioni
svanirono e mi ricordai una promessa che mi era stata fatta molto tempo prima da uno di
quelli che mi guidano dall'aldilà. "Non avrai mai tutto quello che vuoi", mi disse, "ma
fino a quando servirai fedelmente avrai sempre il necessario per vivere". Mi ricordai
quante volte l'aiuto mi era arrivato all'ultimo momento dalle parti più inaspettate e
mi rimproverai di avere mancato di fiducia.
Venne il giorno in cui dovetti lasciare la casa, il mio lavoro e tutto quello che mi
era caro. Edith venne a Londra per accompagnarmi fino a Paddington dove avrei raggiunto
il treno per Ilfracom- 95 -
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
be. Trovammo il treno e mi resi conto che era pieno di giovani della mia età tutti
diretti nello stesso posto per essere allenati nella stessa maniera. Alcuni mi fecero
posto gentilmente nel vagone zeppo. Rimasi affacciato al finestrino per parlare a Edith
fino all'ultimo secondo. La conversazione non era facile in un posto e in un momento
come quello e tutto ciò che trovammo da dirci furono banalità come per esempio: "non ti
dimenticare di scrivere", "fai attenzione alla tua salute", mentre invece ci sarebbero
state tante cose più sentite. Finalmente il treno diede uno scossone per mettersi in
movimento e baciai Edith che con un sorriso cercava di celare le sue lacrime. Mentre il
treno si allontanava rimasi al finestrino finché non potei più vederla. In quel vagone
pieno di gente nel treno che andava sempre più presto portandomi verso una vita
sconosciuta mi sentii molto solo.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo IX
Fuori dalla stazione di Ilfracombe due sergenti correvano avanti e indietro come due
cani da pastore di cattivo umore per radunarci in un sembiante di colonna. In abiti
civili, spiegazzati dal viaggio, dovevamo offrire uno spettacolo molto triste. "Che
orribile mandata!", sentii che diceva uno dei sergenti. "Una vera doccia fredda!",
rispose l'altro.
Seguiti dai nostri cani pastori, con passo irregolare, sbandati, ci fecero marciare
giù per una collina verso il nostro alloggio che era un hotel requisito in riva al
mare, completamente privato dal suo comfort di prima della guerra e che sembrava una
desolata baracca.
Dopo averci dato da mangiare, i due nuovi guardiani ci misero in fila fuori del
magazzino dove ci avrebbero dato le uniformi. Alcuni degli obiettori di coscienza non
si erano resi conto di dover indossare l'uniforme militare, cosa che gli era talmente
ripugnante che si rifiutarono energicamente di indossarla. Dopo varie discussioni ed
urla la polizia militare li portò via e non furono mai più rivisti. Non so cosa
successe di loro, ma è da supporre che sarebbero finiti in una prigione civile, se non
avessero cambiato atteggiamento.
Dopo che mi ebbero dato la rozza biancheria, l'uniforme militare color kaki, gli
stivali pesanti e il resto della roba che doveva completare il mio equipaggiamento, mi
portarono al mio dormitorio e mi ordinarono di indossare la nuova uniforme. La camera
era larga e spoglia, con una fila di cuccette che sembrano identiche a quelle della
stazione della metropolitana di Londra. Mentre lasciavo cadere pesantemente il sacco su
una delle cuccette superiori notai un grosso giovanotto seduto su quella in basso che
piangeva a calde lagrime. Mi sentivo io stesso abbastanza di cattivo umore, comunque
cercai di consolarlo come meglio potevo. Finalmente riuscii a convincerlo ad indossare
l'uniforme come ci aveva ordinato uno dei nostri guardiani. Dopo esserci ambedue
cambiati nei nostri nuovi panni ci guardammo l'un l'altro e scoppiammo a ridere. La sua
uniforme era stretta come la pelle di una salsiccia, mentre la mia, troppo grande di
parecchie misure, mi pendeva dandomi l'aspetto di uno spaventapasseri. Ridemmo tanto di
noi stessi che ambedue dimenticammo le nostre avversità. Il nome del mio recente amico
era Ernie, un popolano di
- 97 Londra vissuto fino allora più di espedienti che di serio lavoro, come egli mi disse
con un certo orgoglio, aggiungendo che era molto abile nell'evitare il lavoro o
qualsiasi altro genere di cose spiacevoli. Presto scopersi che non era una vanteria.
Non era solo molto abile, era anche un esperto.
Quello che odiavo più di qualsiasi altra cosa durante il corso di addestramento erano
gli esercizi giornalieri. Non potevo far nulla correttamente. Avevo due piedi sinistri,
ero un caso senza speranza. Il sergente Jones, il veterano che ci addestrava, diventava
rosso ed i suoi occhi uscivano dalle orbite quando mi gridava per i miei stupidi
sbagli. Più cercavo di fare quello che voleva, più diventavo goffo e malaccorto e più
quello urlava. Per accrescere la sofferenza, gruppi di civili si radunavano per
guardare e le loro risa sfrenate infuriavano il sergente umiliando me. Dopo un po' di
tempo credo che il sergente cominciò a credere che io in realtà mi divertivo a fare una
parte comica, perché smise di gridarmi e si limitò a farmi rapporto quando mi
comportavo da idiota. L'accusa era generalmente "insolenza muta" dalla quale è
impossibile difendersi.
Dal cambio di tattica del sergente ne risultò che passai tanto tempo nel pelare
patate o facendo altre corvées che vidi molto poco della città. Ernie non era
certamente un soldato modello, ma riusciva sempre ad evitare fastidi o lavori faticosi
ed era sempre ampiamente provvisto di fondi. Dopo seppi che guadagnava delle utili
sommette vendendo calze del mercato nero alle donne del villaggio; ma era un buon amico
e spesso rinunziava ad una serata per aiutarmi a pelare montagne di patate o per
lucidare ettari di pavimenti.
Poco prima della fine del corso, Ernie ed io passeggiando in città vedemmo un
fotografo a buon mercato e decidemmo di farci le fotografie. Risultarono veramente
orribili. Non so chi di noi due sembrava più brutto. Stracciai le mie, eccetto una
copia che mandai ad Edith sperando che almeno l'avrebbe fatta ridere.
Finalmente il corso finì e, almeno in teoria, eravamo stati foggiati in una specie di
forma militare. Ci dettero permessi di viaggio e sette giorni di permesso con
l'istruzione di presentarci ad un campo militare al confine del Galles.
La prima notte che passai a casa Edith combinò una seduta del nostro circolo intimo
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
abituale, ma la seduta era appena cominciata che si sentì la sirena e presto cominciò
una pesante incursione aerea. Uno o due dei membri del circolo proposero di andare nel
ricovero e di rimandare la seduta, ma il suggerimento era appena stato dato che Mickey
sopraggiunse per dare il suo veto. Ci disse che alla nostra casa non poteva accadere
nulla e ci chiese di continuare la seduta. Facemmo come ci aveva detto Mickey, ma
l'incursione diventò sem- 98 pre più pesante finché una bomba particolarmente grande non cadde vicino e tutta la
casa fu scossa dalle fondamenta. Mickey tornò subito a parlarci e ci disse che una
bomba era caduta a poche strade da noi e molti erano stati uccisi. Disse che centinaia
di spiriti erano già sulla scena del disastro per aiutare le vittime a passare la
frontiera di questa vita per quell'altra e per spiegare loro che erano morti solo
fisicamente, ma che la loro vita continuava in un'altra dimensione. Mickey normalmente
è allegro, irreprimibile, pronto a scambiare botta e risposta, ma quella sera ci parlò
molto seriamente e mentre parlava la sua voce da bambino cambiò timbro e divenne più
adulta, più colta e più risonante. Il punto principale del discorso di Mickey era
costituito dai grandi sforzi fatti nel mondo degli spiriti per assicurare che nessuna
vittima di guerra rimanesse attaccata alla terra per ignoranza sulla loro futura vita.
Ci disse che centinaia di spiriti si erano dedicati per andare ovunque vi era bisogno
di loro e guidare i morti recenti ancora in stato di stupore a prendere il loro posto
nella nuova vita.
Tardi quella sera, mentre gli altri bevevano il tè razionato e mangiavano sandwich di
tempo di guerra, andai di sopra per prendere un golf per le signore. Il golf si trovava
con diversi altri sul copriletto di Edith e rimescolandoli per trovarlo notai sul suo
comodino da notte la spaventosa fotografia che le avevo mandato per scherzo da
Ilfracombe. Adesso si trovava in una cornice d'argento. Al pensiero che Edith amasse
tanto quella orribile fotografia rimasi molto commosso. Mi decisi di provare di nuovo a
convincerla di sposarmi. Mentre stavano in cucina lavandoci dopo la partenza degli
invitati, la supplicai di diventare mia moglie. Si mise a ripetere le solite scuse che
avevo sentito tanto sovente, ma le misi la mano sulle labbra per fermarla. "Sei te che
voglio sposare", le dissi, "nessun altra donna fa per me". Due giorni dopo eravamo
sposati nell'ufficio locale delle registrazioni e la prima cosa che facemmo dopo la
breve piccola cerimonia fu di mandare un telegramma a Owen. La sua risposta fu
immediata e diceva: "Cari idioti, questa notizia è in ritardo da molto tempo, sono
felice - Owen". I giorno che rimanevano del mio permesso li spendemmo felicemente a
casa.
Pochi degli uomini con cui avevo fatto il mio allenamento erano stati mandati nel
nuovo campo, ma fui felice di ritrovare Ernie quando ritornai. Il nostro lavoro
consisteva nel preparare un nuovo binario ferroviario e dalle otto del mattino fino a
sera inoltrata dovevamo portare e posare pesanti mattoni. Era un lavoro molto duro, ma
una volta che i miei muscoli si furono abituati mi piaceva di lavorare all'aria aperta
in pieno giorno perché era un cambiamento dopo anni di sedute nella oscurità di una
camera per guadagnarmi la vita. Inoltre,
- 99 grazie a Dio, non c'era tempo per gli esercizi in quel campo dove eravamo tutti molto
occupati a lavorare. Per quel che riguardava Ernie il lavorare così duro sotto gli
occhi di un sergente pronto a picchiare uno scansafatiche era un oltraggio. "Non
abbiamo libertà!", si lamentava arrabbiato, "sono un uomo che ha un cervello, hanno un
bel coraggio di farmi fare questo tipo di lavoro!". Ernie non era un uomo da soffrire
passivamente e mise il suo grande talento in opera per ottenere di essere trasferito ad
un lavoro meno detestabile. Fece finta di essere malato un'infinità di volte, sgobbando
per farsi venire vari sintomi di malattie, e un paio di volte svenne così
realisticamente durante il lavoro nella libreria, dove avevamo libera entrata, che alla
fine il vecchio dottore non potendone più lo mise a fare lavori più leggeri. Gli
diedero un lavoro nella cucina del campo, dopo di che tutte le mattine Ernie ci
guardava oziosamente mentre il sergente ci faceva marciare per andare a lavorare al
binario ferroviario.
Gli uomini con cui lavoravo erano dei pacifisti per varie ragioni. La maggioranza di
loro erano sinceri e si erano registrati per convinzioni religiose. Altri invece erano
scansafatiche che volevano semplicemente evitare di andare in guerra, specialmente sul
continente. Altri avevano idee politiche che li facevano pensare che la guerra fosse
uno sfruttamento dei lavoratori, o così essi dicevano. Molti di essi erano
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
semplicemente degli imbroglioni ed il loro ego sviluppatosi internamente assieme alle
loro appassionate illogicità li rendeva odiosi e difficili da accettare. Mi ricordo di
un uomo appartenente a una piccola setta religiosa che fu preso da terrore quando seppe
che non solo facevo dello spiritismo, ma che ero anche un medium da cacciare a pedate.
Si rifiutava di parlarmi e perfino di avvicinarsi a me perché diceva che appartenevo al
diavolo.
Nel nostro dormitorio ostentava di inginocchiarsi e, pregava ad alta voce vicino alla
sua cuccetta per essere liberato dall'insidia dei servi del demonio, fino a che gli
altri uomini si stufavano e cominciavano a tirargli gli stivali, le spazzole, qualsiasi
cosa avessero sotto mano pur di farlo star zitto. Dopo qualche sera sparì per sempre
dalla nostra baracca e la pace tornò a regnare. Più tardi si seppe che era andato a
dormire in una delle baracche esterne e che era stato scoperto dall'ufficiale di
guardia. Quando questi gli chiese il perché della sua originale condotta il soldato
rispose che preferiva morire piuttosto di dover dormire nello stesso dormitorio con un
"negromante" e si eccitò talmente durante la sua spiegazione che l'ufficiale, una
persona molto umana, gli disse che sarebbe stato trasferito in un altro dormitorio. Per
qualche tempo non udimmo più parlare del nostro Fratello, poi un giorno alla riunione
per ricevere la paga lo vedemmo
- 100 che stava stracciando drammaticamente il denaro appena ricevuto, urlando che non
accettava "denaro fatto di sangue".
Ciò causò sensazione, e qualche dito fu schiacciato malamente nell'intento di
raccattare il denaro gettato a terra. Poco dopo il Fratello fu congedato dall'esercito
per disturbi psichici e non fu mai più riveduto. Mi dispiaceva per lui pensando che
fosse sincero nei suoi principi e che la tensione della vita militare gli avesse fatto
girare il cervello. Ma Ernie era convinto che il Fratello aveva trovato il filone
perfetto per farsi rimandare a casa e si infuriò per non averci pensato prima lui.
Dopo questo episodio io fui l'oggetto di molte prese in giro sullo spirito e fui
spesso sfidato a "produrre immediatamente uno spirito". Era solo uno scherzo, ma
siccome si ripeteva continuamente me ne stancai ed una sera dopo che le luci furono
spente nel nostro dormitorio e gli uomini avevano ricominciato il solito giuoco, chiesi
loro di sdraiarsi e rimanere rilassati nelle loro cuccette perché forse qualcuno
sarebbe venuto a parlar loro dall'aldilà. Dopo qualche risatina soffocata e qualche
colpo di tosse significativo, gli uomini erano sdraiati tranquilli e Mickey cominciò a
parlare. Parlò quasi a tutti individualmente dando consigli sui loro vari problemi di
cui io non mi ero reso conto, e finalmente fece venire la sorella di uno di loro che
era morta qualche settimana prima. L'uomo e la sua amata sorella stavano facendo una
conversazione quando uno dei sergenti cominciò a picchiare alla porta e fece irruzione
nel dormitorio per sgridare uno degli uomini che aveva lasciato gli arnesi fuori sotto
la pioggia e la nostra seduta terminò bruscamente con l'accendersi della luce sopra le
nostre teste. Questo causò che l'ectoplasma, che era stato preso dal mio corpo al fine
di produrre la laringe eterea attraverso la quale parlano gli spiriti, dovette
ritornare precipitosamente nel mio corpo e io mi sentii come se mi avessero preso a
calci nel plesso solare. Mentre giacevo sul mio letto sfiatato e vomitando, mi ricordai
l'avvertimento che Noè Zerdin mi aveva dato anni fa in un piccolo caffè a Watford. Per
la prima volta nella mia vita di medium realizzai esattamente il significato di
quell'avvertimento. Quando mi sentii meglio, e il sergente se ne era andato, il soldato
che aveva parlato con sua sorella disse agli uomini nella baracca che non aveva detto a
nessuno di avere una sorella né viva né morta. Non vi furono più scherzi in proposito,
e spesso mi domandarono di fare un'altra seduta nella nostra baracca, ma temendo
un'altra brusca interruzione mi rifiutai di provarci.
Molto tempo prima che avessimo finito il binario ferroviario molti fra di noi
compreso Ernie, furono trasferiti secondo le bizzarre abitudini militari, in un campo
vicino a Salisbury dove il lavoro con- 101 sisteva nel fare una nuova strada vicino a una grande stazione della R.A.F.
Fare strade è altrettanto stancante che fare un binario ferroviario, ma preferivo
questo lavoro. Potevo andare spesso a casa in permesso di fine settimana e radunare il
sabato sera un gruppo di persone scelte da Edith che avevano particolarmente bisogno
del mio aiuto. Ero felice di riprendere il mio vero lavoro anche se per un tempo molto
limitato.
Nel nuovo campo per la prima volta da quando ero militare, avevo incontrato uno
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
spiritista. Stavo con parecchi uomini incaricati come me di ripulire la superficie di
una strada a pezzi e stavamo lavorando vicino ad una di quelle snervanti perforatrici
quando ebbi la visione di un uomo anziano in piedi vicino a uno degli uomini che
lavoravano. Lo spirito mi appariva come se fosse in carne e ossa talmente era ovvio e
cercava di attirare l'attenzione del soldato. Malgrado la spaventosa distrazione che mi
causava la perforatrice mi resi conto che lo spirito voleva dire al soldato che gli
rincresceva avergli fatto opposizione per qualcosa. Diffidavo di dare questo messaggio
perché per quel che ne sapevo il soldato poteva condividere le idee dei fanatici
religiosi nell'altro campo. Poi la perforatrice si fermò per qualche secondo e il mio
rapporto con l'anziano spirito aumentò di forza fino a quando capii senza più l'ombra
di un dubbio che voleva dire a suo figlio quanto gli dispiaceva di essere stato così
contrario al suo interesse nello spiritismo, perché ora ne aveva capito il significato.
Non avevo ragione di esitare più a lungo e raccontai al soldato la visione che avevo
avuto. Egli mi disse di chiamarsi Hubert Finnemore e di aver riconosciuto suo padre
morto dalla descrizione accurata che avevo fatto di lui. Mi confermò anche che suo
padre si era fortemente opposto allo spiritismo e che a causa di questo vi erano stati
amari diverbi fra padre e figlio. Hubert fu molto commosso che suo padre avesse fatto
lo sforzo di entrare in contatto attraverso di me per chiedergli scusa. Diventammo
molto amici e avemmo piacevoli conversazioni sulla parapsicologia che interessava tutti
e due. Infatti Hubert e sua moglie sono ancora oggi miei buoni amici.
Il trasferimento da Shrewsbury aveva fatto piacere a me ma non al mio amico Ernie.
Non poteva più godersi lo spettacolo di noialtri marciando al lavoro mentre lui se ne
stava piacevolmente a far poco o niente. Ernie adesso era diventato uno di quelli che
marciavano al lavoro, e fabbricare strade non era di suo gusto più che non lo fosse
stato quello di posare mattoni. Cominciò la solita commedia di farsi credere malato e
si fece venire qualche impressionante svenimento, ma il nuovo dottore militare non era
né vecchio né ingenuo
- 102 come l'altro e si rifiutò di attestare che Ernie era troppo debole per lavorare alla
costruzione della strada, malgrado tutti i sintomi che questi aveva mostrato.
Dopo questo fiasco Ernie diventò molto amico con alcuni soci di una esoterica setta
religiosa che si radunavano la sera per leggere la Bibbia e cantare degli inni. Ernie
era un assiduo a queste riunioni e ben presto era raro di vederlo senza una Bibbia
sotto il braccio. Una sera mentre bevevamo una tazza di caffè nella caffetteria mi
disse con grande solennità che era stato salvato, e benché non volesse offendermi
adesso sapeva che non poteva più rimanere amico con un uomo che aveva dato la sua anima
al diavolo. Questo era un discorso che avevo sentito varie volte e scossi il capo
dicendo: "non funziona, Ernie è troppo presto dopo che ci ha provato l'altro e inoltre
il sergente Grant era nel campo di Shrewsbury quando successe ". Ernie sogghignò
disarmato: "mi ero dimenticato del sergente Grant", disse. "E va bene! Devo pensarne
un'altra". Gli suggerii di provare a rassegnarsi davanti all'inevitabile e mi diede uno
sguardo ironico. "Io uscirò fuori di qui anche a costo di morire", disse; "sono negli
anni migliori della mia vita e sudo per guadagnarmi due scellini al giorno. E'
ridicolo, ecco quello che è! Non si può neanche prenderci una bella sbronza di gin
perché costa cinque sterline la bottiglia!". Era un furfante; ma era anche buono,
generoso e simpatico e valutavo la sua amicizia, per questo gli comperai una birra
augurandogli buona fortuna.
Owen era adesso in servizio attivo con una squadra di bombardieri e le lettere di
Edith erano piene di paura per lui. Temevo che se qualcosa fosse successo a Owen non lo
avrebbe sopportato. Vi erano altri figli da un suo primo matrimonio che avevano
lasciato la casa per sposarsi e fare la loro vita molti anni prima e malgrado che il
legame con la loro madre fosse molto forte, Owen era il più giovane e il suo preferito.
Una mattina ricevetti un telegramma annunziante che il ragazzo era stato ferito e
giaceva in un ospedale vicino a Canterbury. Mi diedero settantadue ore di congedo per
stare vicino a mia moglie.
Ci sedemmo su di una panchina fuori dell'ospedale per aspettare il dottore. Sapevamo
solo che il suo aeroplano era stato malamente danneggiato dalla contraerea sulla
Germania e che ce l'aveva fatta a malapena a tornare alla base con un atterraggio di
emergenza. Non avevamo la più pallida idea se fosse stato ferito gravemente e neanche
se sarebbe morto oppure sopravvissuto. Aspettammo un'ora, due ore e nessun dottore si
fece vivo. Sapevo l'inferno che era per Edith questa attesa e mi arrabbiai molto per
quello che sembrava essere una raffinata tortura da parte del personale dell'ospedale.
Mi avviai
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
- 103 per chiedere qualche attenzione per mia moglie ma Edith mi fermò con la sua abituale
dolcezza. "Vi sono tante persone ansiose di sapere, a qualcuna tocca di aspettare",
disse. Non avevo stimato abbastanza mia moglie, valeva veramente il suo peso in oro.
Finalmente venne il dottore, era giovane, appariva tormentato e affaticato. Owen era
ferito solo leggermente benché il suo sergente fosse stato ucciso. Non vi erano ossa
rotte, solo parecchi tagli superficiali, lividi e una brutta commozione cerebrale. "Lo
faremo tornare alla sua squadra in meno di un mese", disse il giovane dottore
allegramente. Vidi il fremito sulle labbra di Edith, riuscì a sorridere e disse,
"questo lo farà felice, ne sono sicura".
Quando ritornai al campo Ernie non si trovava da nessuna parte. Domandai a tutti
quelli che vedevo dove fosse finito e finalmente mi dissero che era stato mandato in un
ospedale psichiatrico. Mi dissero che Ernie si era scolorito i capelli una sera mentre
gli uomini dormivano nella baracca e che l'indomani mattina con loro grande sorpresa
era saltato fuori apparendo davanti a tutti come un evanescente biondo. Si era in
seguito messo a gridare correndo per tutto il campo che non avrebbe potuto dormire una
notte di più nella baracca con questi bellissimi uomini senza perdere la testa.
Tutti gli sforzi che avevano fatto per calmarlo non erano serviti che a farlo ridere
istericamente ed a causare fiumi di lacrime. Finalmente due attendenti lo avevano
portato via in una jeep verso una destinazione volgarmente chiamata "il recipiente".
Siccome sapevo che la vita sessuale di Ernie era perfettamente normale e sempre attiva,
era ovvio che questo era stato il suo nuovo e disperato colpo per porre fine ai suoi
doveri militari. Non ho la più pallida idea se la sua impresa sia riuscita, ma nessuno
di noi vide più Ernie.
Quando la nuova strada fu quasi finita venne un annuncio sul bollettino del campo che
chiedeva volontari per disinnescare le bombe. Era uno dei precetti elementari della
vita militare di non essere volontari qualsiasi fosse la ragione, e questo invito a
giocherellare con delle bombe attive fu considerato uno scherzo di cattivo genere. Devo
confessare che per lungo tempo passai davanti a quel bollettino senza sentire mai il
bisogno di iscrivere il mio nome nello spazio gentilmente provveduto per le firme dei
volontari. Questo spazio rimase completamente in bianco per molte settimane. Venne il
giorno che mi resi conto con stupore e noia che cominciavo a sentire un senso personale
di colpa per non avere risposto a quell'appello. Provai a discutere con me stesso con
impeccabile logica per liberarmi da questo senso di colpa ma il pensiero persisteva e
cominciò seriamente a disturbarmi. Cercavo di allontanare il mio sguardo quando passavo
davanti al bollettino, poi cominciai a fare dei giri per evitarlo
- 104 completamente, ma non potevo liberarmi da quel riprovevole senso di colpa. Ero portato
a domandarmi se il mio contributo allo sforzo di guerra era sufficiente. Migliaia di
altri uomini rischiavano la loro vita ogni giorno mentre io stavo facendo una strada.
Si capisce, la strada era richiesta per motivi militari, ma io vivevo in condizioni
notevolmente meno pericolose di quelle dei civili in una qualsiasi delle grandi città;
le incursioni aeree erano poche e lontane dai boschi del Wiltschire dove era situato il
nostro campo. Una mattina, mentre stavo facendo la solita deviazione per evitare il
bollettino del campo mi fermai e senza essere conscio di quello che facevo mi diressi
decisamente verso il quadro e scrissi il mio nome nello spazio che per tanto tempo mi
aveva atteso. Quando fu fatto mi ritrovai in pace con me stesso.
A tempo debito fui assegnato ad un'unità alloggiata in una grande casa di un
quartiere residenziale di Cardiff dove imparai come rendere innocue le bombe inesplose.
Tutti gli uomini del reparto si erano presentati volontari per questo mestiere
pericoloso e, sia perché dovevamo affrontare gli stessi pericoli o perché i nostri
caratteri si incontravano felicemente, vi era fra noi molto cameratismo. Nei giorni in
cui dovevo sistemare le bombe non incontrai mai quel fanatismo che mi aveva
sommariamente condannato perché ero un medium spiritista. Fui accettato per quello che
ero e per la parte che avevo nel lavoro del mio reparto. Quando arrivai mi spaventai di
scoprire che il maggiore nostro comandante era un maniaco dell'addestramento, delle
parate e della disciplina militare. Non mi occorse molto per capire che la disciplina e
l'addestramento al coordinamento erano i fattori da cui sarebbero dipese le nostre vite
quando saremmo diventati un reparto operativo. Mi sforzai duramente di superare la mia
apatia durante le esercitazioni ed alla fine diventai un soldato passabile.
A Cardiff mi feci un certo numero di amici che gentilmente mi invitarono nelle loro
case quando avevo tempo libero; era per me una benedizione ritrovare l'atmosfera di una
casa, anche se non la mia. Quando la chiesa spiritualistica del posto scoperse chi ero,
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
fui sommerso da richieste di sedute. Feci quelle che potevo nel mio tempo libero e fu
una gioia di esperimentare ancora la soddisfazione di aiutare e rassicurare quelli che
ne avevano bisogno.
Quando il reparto divenne operativo, smontare una bomba era una pratica disciplinata
e fare la cosa giusta nel modo giusto era diventato una seconda natura. Certamente non
perdemmo mai il nostro salutare rispetto per le bombe che maneggiavamo, ma la
precisione con la quale la squadra lavorava insieme e la nostra totale fiducia
reciproca rendevano minimi sia il rischio che la tensione nervosa.
- 105 Dopo molti mesi il numero di bombe che il nostro reparto doveva maneggiare diminuì
fino a ridursi a zero e diventammo oziosi e piuttosto annoiati, mancandoci lo stimolo
periodico del pericolo. Circolarono rumori che il reparto stava per essere sciolto ed
infatti fummo alla fine invitati a fare domanda per altri servizi perché il nostro
addestramento era superato da nuovi tipi di bombe.
Presto mi recai a Londra per un corso di tre mesi in dattilografia, stenografia e
pratica d'ufficio. Mentre il treno percorreva la campagna mi misi a sognare ad occhi
aperti. A volte nel sogno vedevo un generale che somigliava al vincitore di El Alamein
e che stava esaminando una carta. Talvolta lo vedevo seduto davanti ad un tavolo
imponente ed altre volte sistemato in modo primitivo in una roulotte; ma dovunque fosse
era circondato da ufficiali con le mostrine rosse dello Stato Maggiore. Con un gesto
d'impazienza congedava gli ufficiali "Flint si occuperà di questo", disse. Questa era
la battuta che attendevo per entrare nel sogno con la mia bella valigetta contenente i
documenti. In una successiva versione anch'io avevo le mostrine rosse. Questo
abbellimento mi fece ridere finché quasi soffocai ed un uomo anziano seduto di fronte a
me mi domandò se doveva darmi dei colpi sulla schiena. Per il resto del viaggio mi
contentai di immergermi piacevolmente nel pensiero che durante il mio corso ad Holborn
avrei potuto vivere a casa.
Per anni avevo scritto a macchina con due dita da vero novellino, ma ero molto
orgoglioso della velocità che riuscivo a mantenere malgrado tutto. Il primo giorno di
classe rimasi molto male nel sentirmi dire che facevo tutto in modo sbagliato e che se
volevo diventare un buon dattilografo dovevo d'ora in poi usare tutte le dita. Mi
diedero il diagramma di una tastiera da appoggiare di fronte a me e sottomesso
incominciai ad imparare il nuovo metodo. Anche archiviare era più complicato di quanto
credevo. Non si trattava solamente di mettere le carte in ordine alfabetico e riporle
in una scatola come avevo creduto fino ad allora. Vi erano cassetti, pannelli
scorrevoli, etichette di vari colori, cartelle, rubriche e l'archiviare una sola
lettera era un incubo e mi sembrava che la lettera andasse perduta per sempre. In
quanto alla stenografia trovavo quei geroglifici abbastanza sconcertanti senza
aggiungervi la complicazione di segni pesanti e segni leggeri, punti e lineette e tutto
il resto. Se non fosse stato per la felicità di vivere a casa e il fatto che avevo le
mie serate e i fine settimana liberi credo che avrei rinunciato per la disperazione di
non potere mai mettermi in testa degli esami che dovevo passare alla fine del corso e
che pesavano sulla mia testa come la spada di Damocle.
Le nostre riunioni avevano ripreso regolarmente da quando ero
- 106 a casa e una sera la voce di una donna si fece sentire in tono molto agitato chiedendo
di parlare con suo figlio.
Chiedemmo il suo nome e rispose che si chiamava Clara Novello Davies. Uno dei
presenti ci fece notare che doveva essere la madre di Ivor Novello. Lo spirito rispose
che era proprio lei e che era estremamente ansiosa di potere parlare con suo figlio.
Spiegammo a questo spirito che nessuno di noi lo conosceva, ma che avremmo fatto tutti
gli sforzi per rintracciarlo se aveva un messaggio da mandarle. Lo spirito ci
ringraziò, ma disse che voleva parlare personalmente a suo figlio perché quello che
aveva da dirgli era troppo personale per altre orecchie che le sue. Naturalmente ci
domandammo perché la madre di Ivor Novello pareva così angosciata, ma quando se ne fu
andata non ci pensammo più. Qualche settimana dopo un mio amico attore mi chiese di
fare una seduta nel suo appartamento perché era molto ansioso di aiutare una sua amica
che si interessava di spiritismo. Fui d'accordo e quando arrivai nel suo appartamento
mi presentò alla sua amica che non era altro che l'incantevole Beatrice Lillie,
Appena le luci furono spente David, il figlio di Miss Lillie che era in Marina ed era
stato disperso in guerra si presentò e fu una felice riunione fra madre e figlio.
Quando David se ne era andato fui sorpreso di sentire la voce di Clara Novello Davies
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
che si indirizzava a Beatrice Lillie. Domandò a Miss Lillie di entrare in contatto con
Ivor e di fare in modo che venisse a una seduta perché aveva urgente bisogno di
parlargli. Miss Lillie domandò alla madre di Novello di dirle qualcosa che la
identificasse per poterla ripetere a Ivor, affinché non avesse dubbi che era veramente
sua madre che aveva parlato. Lo spirito rispose che Ivor era entrato in questo momento
nel suo appartamento di ritorno da Oxford dove era stato a fare una visita a una sua ex
maestra. Appena le luci furono riaccese Beatrice Lillie telefonò a Ivor Novello
raccontandole tutto quello che era successo durante la riunione. Seppe che quello che
sua madre aveva raccontato del suo ritorno da Oxford era la verità e Novello dimostrò
grande interesse. Fu deciso per telefono in quel momento che ci saremmo riuniti per una
seduta spiritistica nel suo appartamento la sera dopo la rappresentazione di The
Dancing Years.
La sera in cui dovevo andare in casa di Ivor Novello incontrai il mio amico attore in
un ristorante dove mi aveva invitato per cenare. Dovevamo incontrare Ivor dopo lo
spettacolo e andare insieme in casa sua. Mentre stavamo pranzando Ivor telefonò al
ristorante per annullare l'appuntamento. Sia io che il mio amico eravamo delusi e anche
in un certo qualmodo seccati di essere stati avvertiti all'ultimo minuto senza neanche
una scusa plausibile. Il mio amico pen- 107 sò che forse Ivor aveva avuto paura all'idea di parlare con gli spiriti nella sua
propria casa immaginando che sarebbe rimasta perseguitata dai fantasmi per sempre. La
nostra lieve irritazione fu presto dimenticata e ci godemmo un eccellente pasto di
tempo di guerra. Dopo qualche settimana leggevamo sui giornali che Ivor doveva essere
processato per una infrazione al razionamento della benzina. Probabilmente andava nella
sua casa di campagna per passare i fine settimana usando la benzina che le aveva
procurato una delle sue tante ammiratrici, senza rendersi conto che in tempo di guerra
questo significava commettere un atto criminale. Allora fu ovvia la ragione per la
quale Clara Novello Davies aveva fatto tanti sforzi per mettersi in contatto con suo
figlio e avvisarlo di non accettare la benzina. Se Ivor non avesse annullato il suo
appuntamento all'ultimo momento come aveva fatto, molto probabilmente avrebbe evitato
la vergogna e le sofferenze che dovette subìre più tardi quando venne condannato a un
mese di carcere.
Incontrai Ivor Novello anni dopo questi avvenimenti e divenne mio assiduo
frequentatore. Molto spesso sua madre veniva a parlargli. Mi disse che una volta,
mentre era in prigione seduto nella sua cella, sentendosi molto depresso e domandandosi
se ne sarebbe uscito senza avere un esaurimento nervoso, sua madre gli apparve. Disse
che sembrava viva quanto lo era stata in vita e lo sguardo di amore e di
incoraggiamento che gli aveva dato gli diede il coraggio di andare avanti e di non
perdere la ragione.
Ero al teatro la sera che Ivor diede la sua prima rappresentazione dopo aver scontato
la sua pena e fu una serata indimenticabile; tutto il pubblico si alzò in piedi e gli
applausi sembravano non voler mai finire. Fu una meravigliosa serata teatrale e potetti
dare l'assicurazione a Ivor che il suo passato era dimenticato e che il pubblico gli
aveva conservato il suo affetto.
Beatrice Lillie venne da molto spesso dopo la prima volta e una sera Rodolfo
Valentino venne a parlarle. Menzionò il loro incontro a Hollywood e Miss Lillie gli
domandò se si ricordava ancora le circostanze. Valentino rispose che era stato in
occasione di una festa sulla spiaggia in casa di Costance Talmadge e menzionò una
fotografia che mostrava lei e Valentino seduti su uno steccato con le braccia attorno a
Pola Negri. Dopo quella seduta Miss Lillie mi disse che quella festa sulla spiaggia era
stata l'unica volta in cui aveva incontrato Rodolfo Valentino e la fotografia da lui
menzionata si trovava in un baule a New York nel suo appartamento.
La spada di Damocle inevitabilmente discese su di me e mi presentai agli esami
destinato a essere eliminato con quelli che non avevano attitudine per lavorare in un
ufficio. Non avevo mai acquista- 108 to attitudine per il loro sistema di archiviare e neanche ero riuscito a dominare tutti
quei geroglifici della stenografia e usavo ancora il mio sistema di battere a macchina
con due dita invece che con tutte e dieci. Inutile dire che fui eliminato e la visione
inverosimile dell'eminenza grigia seduta dietro la scrivania del generale svanì per
sempre.
Mentre stavo ancora curando le mie ferite dopo questo scacco, mi dissero che c'era
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
urgenza di uomini per lavorare nelle miniere ed assicurare alla nazione i rifornimenti
di carbone, perché pochi volontari avevano risposto a questo appello. Risposi
avventatamente a questa mal celata allusione e poco dopo mi trovai seduto in un treno
che mi portava a Wolverhampton per essere allenato come minatore. Per alcune ragioni
che mi furono spiegate in quel momento, non era possibile rimanere un militare se si
diventava minatore; perciò prima di salire sul treno per Wolverhampton dovetti
ritornare a essere un civile.
Quello che non avevo preso in considerazione quando decisi di assicurare alla nazione
i rifornimenti di carbone era il fatto che durante i corti periodi in cui ero stato
rinchiuso in una cabina durante le mie dimostrazioni pubbliche, invariabilmente avevo
sofferto di claustrofobia. Il grado dipendeva dalla grandezza della cabina e dall'aria
che mancava. I sintomi erano spiacevoli, ma non tanto severi da farmi rinunciare e
avevo potuto sopportarli per la durata delle sedute. Stupidamente non avevo considerato
la possibilità che lavorare nel ventre della terra per tante ore di seguito mi avrebbe
causato gli stessi sintomi, ma mille volte peggiori.
Durante il periodo di allenamento provai con tutta la mia forza di controllare la
paura che avevo di rimanere intrappolato e soffocato e l'irrazionale terrore che mi
assaliva ogni volta che scendevo nella miniera, ma mentre le settimane si trascinavano
capivo sempre più che non potevo diventare un minatore e ogni ora che passavo laggiù
era una indescrivibile tortura. Quando non ce la feci più fui rimandato all'esercito e
destinato in un grande campo non lontano dai magazzini di Liverpool. Il nostro lavoro
consisteva nel caricare sui camions pesanti casse di rifornimenti che sarebbero state
spedite alle forze armate sul continente. Benché il lavoro fosse duro e faticoso e il
campo sembrava essere un bersaglio per le incursioni notturne e diurne era decisamente
una benedizione dopo l'orrore del lavoro nella miniera. Vi rimasi, relativamente
felice, fino alla fine della guerra.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo X
Nel gennaio 1946 qualche giorno dopo il mio trentacinquesimo compleanno, cambiai la
mia uniforme militare con un abito civile paternamente provveduto dal governo e uscii
dal centro di smobilitazione con un biglietto ferroviario per tornare a casa e la
libertà in tasca.
Mentre stavo aprendo la porta di casa con la mia chiave, Edith usciva dalla cucina
con una teiera in mano. Fu talmente eccitata nel rivedermi che la fece cadere sulla
tavola lucida dell'entrata e si gettò nelle mie braccia. Per alcuni anni la macchia
dell'acqua bollente rimase in evidenza e né l'uno né l'altra avevano il coraggio di
pulirla perché ci ricordava quella felice riunione. Più tardi, lo stesso giorno, Owen
che era diventato tenente e portava sul petto la decorazione al valor militare, ritornò
inaspettatamente in permesso e la famiglia si trovò riunita al completo.
Nella nostra casa la felicità era sempre condivisa con gli amici e invitammo tutti a
celebrarla con noi. Andai al negozio di liquori vicino a casa per vedere cosa potevo
comperare per la festa, aspettandomi di trovare molto poco, poiché le scorte di vini e
liquori erano mancate dall'inizio della guerra e ora si facevano rare. Il padrone del
negozio era un uomo che qualche volta aveva assistito alle mie sedute. Prima ancora che
gli chiedessi una bottiglia di vino mi mostrò una bottiglia grande di champagne. Mi
confessò che era l'ultima della sua scorta, che l'aveva tenuta per il giorno in cui
sarei tornato a casa definitivamente, e non mi permise di pagarla.
Più tardi quella notte quando i brindisi furono terminati e i nostri amici se ne
erano andati, mi resi conto sotto la luce delle lampade delle nuove rughe sul volto di
Edith. Anni di incertezze, costante paura per Owen, notti di insonnia mentre le bombe
cadevano attorno alla casa avevano lasciato la loro traccia. Appariva vecchia e stanca,
ma io non la vidi mai così bella.
Mi concessi qualche giorno per abituarmi alla vita civile e poi le .porte del Tempio
della Luce furono aperte di nuovo e ripresi il lavoro per cui ero nato.
A una seduta in cui assisteva il maresciallo dell'Air Force Lord Dowding, un convinto
spiritista che era quella sera l'ospite d'onore,
- 110 Mickey, la mia guida, presentò un giovane aviatore con queste parole: "C'è un giovane
qui che era nell'aviazione e vuole mettersi in contatto con i suoi genitori. E'
talmente eccitato che mi domando se sarà capace di parlare ma cercherò di aiutarlo".
Poco dopo udimmo la voce di un aviatore che ci chiedeva di metterci in contatto con suo
padre e sua madre. Era stato spesso a trovarli, ma loro non lo avevano visto. Ci
raccontò che era rimasto ucciso quando il suo aeroplano si era infranto sulla Norvegia
e lui aveva venti anni ed era l'unico figlio. "Vi prego, dite a mia madre che ora sto
bene", ci supplicò, "è tanto disperata che si sta ammalando".
Siccome nessuno del gruppo conosceva questo giovane spirito, il signor Walter J.
West, Vice-Presidente del Tempio della Luce domandò al ragazzo il suo nome e indirizzo
e gli promise di mettersi in contatto con i suoi genitori se ciò sarebbe possibile.
"Grazie tanto", rispose il ragazzo morto, "avevo tre nomi di battesimo, Peter William
Handford e il mio cognome era Kite". Poi diede il suo indirizzo al nord di Londra dove
disse vivevano ancora i suoi genitori. Ma questo non fu tutto, perché Peter Kite parlò
a un uomo del nostro gruppo e gli disse: "Io la conosco, lei si chiama signor Turner,
mi strappò un dente". Nessuno del gruppo sapeva che il signor Turner era un dentista e
nemmeno conoscevano il suo nome. Il signor Turner ci disse che si ricordava quando
Peter Kite era venuto a farsi curare qualche anno prima, ma non sapeva che era stato
ucciso e nemmeno che era ufficiale di aviazione.
Dopo la seduta il signor West andò a Grange Park e trovò la casa dove Peter Kite
aveva detto vivevano i suoi genitori. La madre del ragazzo morto, la signora May Kite
venne ad aprire la porta e nell'udire quello che il signor West era venuto a
raccontarle accettò immediatamente l'invito di partecipare assieme al padre di Peter ad
una speciale seduta al Tempio della Luce.
Siccome nessuno del gruppo conosceva questo giovane spirito, ed era stata la presenza
di lord Dowdina alla seduta precedente che aveva aiutato il luogotenente Kite a
manifestarsi, lo invitammo a partecipare come membro di questo speciale gruppo di cui
sarebbero stati ospiti i genitori di Peter. Accettò l'invito con piacere.
Appena le luci furono spente Mickey ci disse che Conan Doyle voleva dire due parole
ai signori Kite prima che loro figlio venisse a parlare. Doyle che durante la sua vita,
dopo anni di sedute con vari medium si era finalmente convinto dello spiritismo, si
mise a parlare con molta comprensione ai genitori del ragazzo che non avevano nessuna
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
conoscenza di parapsicologia. Spiegò loro come Peter, dopo che il suo aereo era stato
colpito, si era ritrovato in vita con un corpo più leggero, ma che assomigliava in
tutto e per tutto al suo
- 111 corpo fisico che egli vedeva giacere fra i rottami. In un primo tempo Doyle spiegò ai
genitori che il loro figlio era rimasto sorpreso perché malgrado vedesse il suo corpo
giacere non poteva capire come mai si sentiva così vivo e non poteva credere di essere
morto. Quando due contadini vennero per investigare il rottame dell'aereo Peter era
rimasto confuso perché questi non lo vedevano né lo udivano, ma molto presto alcuni
suoi amici che egli sapeva che erano morti, vennero a spiegargli le sue nuove
condizioni di vita e lo portarono nella sua nuova dimensione.
Quando Conan Doyle ebbe terminato di parlare Peter Kite con voce eccitata venne a
salutare suo padre e sua madre. "Ho il cane, mamma", disse ridendo, "è un alsaziano".
Questo si riferiva a uno scherzo che aveva fatto a sua madre pochi giorni prima di
morire. Peter amava i cani e aveva telefonato a sua madre per dirle che mandava a casa
un cane alsaziano che aveva comperato. La signora Kite non amava i cani e il pensiero
di un enorme alsaziano che le avrebbe strappato tutto in casa la repugnava. Dopo averla
presa in giro per un momento Peter le ricordò che era il primo di aprile.
"Ho visto che mettevi la mia foto nella tua borsetta assieme a quella fatta in
Norvegia prima di partire da casa", seguitò la voce dello spirito. La signora Kite ci
disse che aveva preso un'altra borsa prima di partire da casa per venire alla seduta, e
aveva cambiato il contenuto compreso la fotografia di suo figlio e quella che le era
stata recentemente mandata della sua tomba in Norvegia.
"Ti occupi molto bene del giardino", disse Peter. "Mi piace la parte che hai
trasformato in un giardino di memorie. Lo sai che gli uccellini che fanno il nido fra
gli alberi di ciliege mi possono vedere anche se tu non lo puoi?". I genitori ci
dissero che dopo la morte di Peter, avevano trasformato una parte del giardino
piantando alberi di ciliege in sua memoria e che gli uccellini vi facevano il nido in
questa stagione. "Vado spesso in camera mia e non hai cambiato neanche una cosa", Peter
seguitò; "il mio aeroplano modello è ancora lì e tutti i miei libri e la carta da
parati che non mi piaceva!". Era vero che i genitori avevano lasciato la camera del
loro figlio esattamente come era il giorno della sua morte e che la carta ai muri non
gli era mai piaciuta. "Sono contento che la mia auto serve ancora, ma è un po' piccola
per te papà, non ti pare?". Il signor Kite fu d'accordo nel dire che la macchina sport
di suo figlio era un poco stretta per lui, uomo alto e molto grosso. "Vi dico tutte
queste stupidaggini per farvi sapere che sono veramente io che vi parlo e che vengo a
trovarvi, ma soprattutto voglio che tu e la mamma sappiate che sono vivo, più vivo ora
di quanto lo sia mai stato".
- 112 Per quasi quaranta minuti la voce di Peter seguitò ammucchiando prove contro prove,
dettagli infimi in se stessi, ma che messi tutti insieme davano una prova
incontestabile ai suoi genitori della continuità della sua esistenza.
Quando la seduta ebbe termine, i genitori dichiararono che la sopravvivenza di loro
figlio era stata confermata in modo determinante. "Non ho mai creduto a queste cose",
disse il signor Kite, "ma ora sono fermamente convinto". La signora Kite aggiunse "da
quando mio figlio è morto questo è il primo conforto che io provo e sento di aver perso
molto dell'amarezza che avevo".
Durante una delle mie licenze quando ero nell'esercito, avevo ricevuto la signora
Marie Barrat, una belga che vive a Golden Green e che aveva perso suo figlio in
servizio attivo al principio della guerra. George si era manifestato durante una seduta
e aveva dato prove talmente ovvie che il dolore della madre si era attenuato e aveva
ripreso la forza di vivere. La signora Barrat era ricca e aveva un cuore generoso. In
memoria di suo figlio e per ringraziare la sorte che le aveva dato la opportunità di
avere le prove della sua sopravvivenza decise di dare a tante altre madri che avevano
perduto i loro figli l'opportunità di ricevere lo stesso conforto. Appena ritornai a
casa dopo il servizio militare la signora Barrat organizzò delle sedute settimanali a
cui partecipavano madri venute da tutte le parti dell'Inghilterra e per cui ella pagava
le spese da un Fondo speciale creato a questo scopo.
Prima di ogni seduta la signora Barrat spiegava a queste madri che il medium era
completamente all'oscuro di chi esse fossero, che non gli aveva dato neanche i loro
nomi, allo scopo di rendere le prove ancora più evidenti. Vi furono molte riunioni
commoventi in queste sedute e le madri se ne andavano confortate.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Una volta una delle mamme non si fece vedere in tempo alla seduta e, dopo averla
attesa qualche minuto decidemmo di cominciare senza di lei. Dopo poco udimmo la voce di
un giovane che domandava di sua madre. La signora Barrat gli chiese chi fosse e ci
rendemmo conto che doveva essere il figlio della signora che non si era presentata alla
seduta. La signora spiegò che sua madre non era venuta e avevano dovuto procedere senza
di lei. "Il treno di mia madre era in ritardo", disse la voce, "ma è qui ora. E' seduta
su una sedia nel pianerottolo fuori di questa stanza. Vi prego lasciate che io le
parli". Con dispiacere la signora Barrat disse al ragazzo che non poteva aprire la
porta della camera in cui sedevamo per far entrare sua madre perché la luce che veniva
da fuori avrebbe danneggiato il medium. "Devo provare a parlarle a tutti i costi",
disse il giovane "è tanto addolorata per la mia morte che mi rende infelice e non
- 113 posso sistemarmi nella mia nuova vita". Allora successe una cosa meravigliosa. Di
solito le voci delle persone liberate dal corpo parlano da un punto sopra la mia testa,
leggermente di fianco alla mia persona nello spazio chiamato da Mickey "emanazione
d'oro", ma quando questo spirito si mise a parlare la sua voce si mosse subito da me
per attraversare la stanza e arrivare fino alla porta chiamando sua madre a voce molto
alta. Dall'altra parte della porta la madre rispose e il ragazzo morto ebbe un dialogo
con la madre viva fino a quando ella si convinse che suo figlio era veramente
sopravvissuto e l'amava come quando era in vita.
In un altro gruppo di persone fu una ragazza che ritornò per confortare sua madre.
Una certa signora Maxon che viveva a Oxford mi chiamò un pomeriggio, in un momento di
impulsività, mi disse, e siccome vi era un posto vacante le diedi appuntamento. La
ragazza ricordò alla madre l'ultimo balletto che avevano visto insieme al Covent
Garden: "Le Silfidi", e raccontò che quando era morta aveva incontrato Anna Pavlova per
la quale aveva sempre avuto una grande ammirazione e rispetto perché era la più grande
ballerina del mondo. La ragazza ricordò anche quando aveva marinato la scuola anni fa
per fare una coda durata tre ore sotto la neve al fine di procurarsi un biglietto di
galleria per vedere la Pavlova ballare in una rappresentazione diurna. Mickey era
confuso per il vestito che, disse, indossava la ragazza. Prima ci disse che doveva
essere un vestito da sposa, poi uno da prima comunione, ma quando si mise a descrivere
delle rose rosse sulla sottana, la signora Maxon immediatamente riconobbe il vestito
lungo da ballerina che sua figlia portava la sera del balletto e ci disse che aveva
cucito lei stessa quelle rose rosse sulla sottana poco prima della malattia di sua
figlia. "Ho avuto assoluta prova della sopravvivenza di mia figlia", scrisse la signora
Maxon a Psychic News dopo quella seduta, "Nessuno sapeva niente di me. Presi
l'appuntamento per telefono da Oxford e ero sola".
La maggior parte di quelli che comunicano dall'aldilà alle mie sedute parlano della
loro felicità nella loro nuova condizione di vita, ma mi ricordo di uno spirito che
allarmò uno dei miei gruppi, perché irritato e di cattivo umore. Ci disse di essere un
soldato americano ucciso nel "blitz" di Londra e quando una signora fra i presenti gli
disse che era meravigliata di sentirlo parlare a quel modo egli rispose: "Beh, non è
mica divertente venire fino a Londra per morire sotto un bombardamento!".
Le mie sedute hanno normalmente due restrizioni imposte. La prima è il buio assoluto,
la seconda che solo un numero limitato di persone possa assistervi. Sia prima che
durante la guerra Noè Zerdin e il suo gruppo avevano esperimentato una cabina speciale
nella quale
- 114 sedevo durante le riunioni per potere eliminare queste restrizioni. Alla fine questi
esperimenti riuscirono così bene che fu deciso di celebrare il quindicesimo
anniversario dell'Associazione Link con una grande seduta in piena luce con un pubblico
di oltre mille persone.
Quella sera fu il Maresciallo Lord Dowding a presentarmi al pubblico rendendosi
garante dell'assenza di ogni frode.
La cabina, alta sette piedi e larga quattro, fu piazzata nel centro della pedana dove
poteva essere vista da tutti i presenti. Quelli che stavano in fondo alla galleria
potevano molto probabilmente vedere tutto intorno. I quattro lati della cabina erano
stati coperti da un'incerata nera che non lasciava passare nessuna luce e io ero
all'interno seduto su una sedia comune. Di fronte alla cabina, a una distanza di circa
cinquanta centimetri vi era un microfono e i membri della società Zerdin erano seduti
attorno in forma di una ellissi avendo la cabina per punto focale. In queste
condizioni, sotto le luci abbaglianti della sala, fu data a un pubblico la
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
dimostrazione delle voci dirette indipendenti a differenza di quelle esperimentate
generalmente da un piccolo gruppo privato.
La voce chiara di Mickey con il suo accento cockney fu la prima a essere sentita
quella sera e siccome mettere la gente a suo agio sembrava facesse parte delle sue
funzioni alle nostre sedute, ci disse ridendo con voce arzilla, "Bella gente c'è qui
stasera, non vi pare? Immagino che molte persone non sanno niente di queste cose ma
farò del mio meglio per loro!" e da quel momento lo fece veramente.
Il primo visitatore dell'aldilà disse di chiamarsi Roy Marchant e fu subito
riconosciuto dai suoi genitori che si trovavano fra il pubblico. "Ciao mamma! Ciao
papà", disse Roy tutto eccitato. "Voglio che sappiate che non sono morto, sono
meravigliosamente vivo e mando il mio affetto a voi e a baby". I genitori risposero
affettuosamente. Poi Roy ringraziò sua madre per la festa di bambini che aveva dato per
suo figlio. "Non pensate a me come se fossi lontano", seguitò. "Non lo sono. Sono
spesso con voi infatti ero con voi in Svizzera! Non vi è nessuna separazione fra noi".
Lo spirito che seguì disse di chiamarsi Gladys Richmond e parlò a un signore nella
prima fila dell'uditorio supplicandolo di perdonarla per alcuni malintesi fra loro
quando era sulla terra. "Sono spiacente per tutto l'accaduto", disse "è stata una
disgrazia — lo credi, vero?". Il signore assicurò che la credeva e che capiva. "Sono
così felice di sapere che hai capito", disse Gladys "e sappi che ti amo e che un giorno
saremo riuniti di nuovo. Leggi spesso l'ultima lettera che ti scrissi dalla Scozia, ti
vedo quando la leggi".
"Mi sento come una intrusa, ma spero che non ci farete caso",
- 115 disse una voce di donna. "Sono Stella Patrick e vi voglio presentare Leslie Howard". Ci
fu un fruscio di emozione in tutto l'uditorio. Leslie Howard, il famoso attore, era
morto tre anni prima in un aereo civile abbattuto da un bombardiere tedesco, e la sua
morte aveva causato vivo rimpianto nel mondo intero.
Una voce di uomo colto fu sentita. "Dio vi benedica tutti! Sono felice di essere
potuto venire a parlarvi in questo modo. Molti di voi forse non capiscono bene che la
morte non esiste. Noi altri qui che veniamo a parlarvi lo facciamo per guidarvi e darvi
coraggio. La guida spirituale non finisce mai, quello che è successo duemila anni fa è
successo ancora attraverso i secoli e ancora oggi. Andavo a riunioni di questo genere
quando ero in vita e lo trovavo di grande conforto e interesse. Non ero forse uno
spiritista, ma credo certamente alla sopravvivenza dell'uomo dopo la morte". Parlando
in modo più personale la voce di Howard seguitò: "Vorrei parlare a Phyllis James, la
mia segretaria". La signorina James rispose e lui le chiese di mandare i suoi
affettuosi saluti a "Ruth" e di fare sapere alla sua famiglia che era apparso questa
notte. "La morte non mi ha derubato di nessuna delle mie facoltà", concluse. "Che Dio
benedica ciascuno di voi presente stasera a questa seduta".
Una delle scene più commoventi di quella serata cominciò molto silenziosamente quando
Mickey disse: "Voglio parlare con la signora tutta vestita di grigio in fondo alla sala
perché c'è qui il suo ragazzo. Era in marina, il suo nome è Jim". Una donna proprio in
fondo alla sala rispose: "E' per me?". Al momento che sentimmo la sua voce si udì un
patetico grido "Mamma! Mamma! Sono così felice che sei venuta!". "Caro, caro!", fu
tutto quello che la madre poteva rispondere. "Non sono morto sai", Jim ansiosamente
cercava di rassicurarla. Nel cercare di convincerla l'ansietà di Jim aumentava. "Non
sono annegato. Sono vivo!". Le parole gridate facevano eco nella sala, cariche di
dolore, non sapendo se con il conforto che cercava di arrecare sarebbero state capite
veramente. A questo punto Mickey intervenne per salvare il brusco passaggio da concetti
difficili a frasi più banali ridando il sorriso a tutti i presenti. "Jim è molto più
vivo di lei, signora, glielo dico io!".
Quando la seduta volgeva alla fine una voce femminile con una perfetta dizione si
fece udire, era la voce che spesso veniva a parlarci nelle nostre riunioni, la voce di
Ellen Terry. "Signori e Signore", disse "mi hanno chiesto di venire qui stasera per
parlarvi alcuni momenti, sebbene io sappia molto bene che altri hanno più competenza di
me. Per quelli di voi che hanno fede nello spiritismo e la sicurezza nella conoscenza
che la vita continua dopo la morte, non vi sono ragioni per cui non possiate
sviluppare il grande dono dello
- 116
spirito nelle vostre proprie case. Qualche volta vi sentirete scoraggiati e depressi e
vi sembrerà di non fare progressi sufficienti; noi da questa parte vi aiutiamo quanto
possiamo, ma non possiamo dirvi quanto tempo ci vuole per sviluppare le facoltà
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
medianiche di un individuo. Per alcuni ci vogliono anni, altri invece sviluppano molto
rapidamente se sono perseveranti; ma abbiate fede, riunitevi in sincerità spiritica e
usate i vostri doni per servire l'umanità. Il dopo guerra ha lasciato il mondo in un
caos, più che mai sarete utili per trasmettere l'aiuto che possiamo darvi noialtri da
questa parte. L'ignoranza e l'egoismo umano hanno portato grandi sofferenze all'umanità
e la gente dice: 'Perché Dio permette queste cose?'. Ma Dio vi ha dato una libera
volontà. Cercate di trovare il legame con quelli che sono spiriti e ricordate le parole
di Gesù quando vi riunite in sedute spiritistiche, 'Sono con voi sempre'. Andate avanti
coraggiosamente e sappiate che anche voi, potete essere di aiuto per servire Dio. Siate
i Suoi servi, i Suoi figli, e questo vi porterà la pace eterna".
Con queste parole terminò la prima dimostrazione pubblica in piena luce delle voci
dirette indipendenti; era stato un successo al di là delle nostre speranze e la prima
di molte altre che dovevo dare in futuro non solo a Londra, ma anche nelle più grandi
sale di tutta l'Inghilterra, e io sentivo più che mai che la mia vita doveva essere
dedicata a confortare quelli che piangevano ed a dare la certezza a quelli che
cercavano di sapere cosa si trovi al di là dell'illusione che chiamiamo morte.
Dopo quella serata le lettere giunsero a sacchi al Tempio della Luce. Molte persone
volevano partecipare a sedute private oppure unirsi a gruppi, molte società sparse in
tutta l'Inghilterra volevano una dimostrazione delle mie facoltà medianiche. Divenne
evidente che dovevo limitare severamente il mio lavoro per evitare un esaurimento
nervoso e la possibile conseguenza di perdere completamente il mio prezioso dono. Da
quel momento il Tempio della Luce fu riorganizzato e tutta la parte amministrativa e
finanziaria non dipese più da me ma dal Comitato, per cui mi fu possibile lavorare
senza pensieri ne ansietà e il mio lavoro poté essere organizzato in modo che le mie
facoltà medianiche venissero usate per aiutare quanta più gente fosse possibile senza
consumare le mie forze né il mio sistema nervoso. Il Reverendo Arthur Sharp diede le
sue dimissioni dalla chiesa di Santo Stefano per diventare il nostro Presidente e il
Reverendo Charles Drayton Thomas si unì al nostro Comitato. Ero circondato da persone
meravigliose e piene di entusiasmo.
A un'altra dimostrazione in piena luce, questa volta al Teatro della Scala di Londra,
una voce che disse di essere John Wesley fece una magnifica orazione in cui ci fece
parte dei progetti che
- 117 si facevano nel mondo degli spiriti per portare la luce al nostro mondo oscurato e
diffondere la verità sulla vita dopo la morte. Mentre stavo chiuso nella mia cabina
senz'aria sul palcoscenico, rimasi stupito dell'eloquenza e del linguaggio che era
molto al di sopra della mia educazione.
Quando la voce di Wesley si affievolì e varie altre entità avevano parlato ai loro
amici, fra il pubblico sentimmo la voce di una giovane ragazza che appariva molto
eccitata e emozionata. Disse che era la prima volta che tentava di comunicare; la sua
voce era esitante ma chiara.
"Come ti chiami?", domandò Drayton Thomas che era seduto sul palcoscenico assieme a
Lord Dowding e quelli del mio gruppo. "Il mio nome è Doreen" rispose la ragazza. "Puoi
dirci il tuo cognome?", le fu chiesto. Rispose Mickey dicendo che il suo cognome era
Marshall, perché la ragazza sembrava avere difficoltà di parlare. Vi fu un momento di
eccitazione fra il pubblico perché ci si domandava se Doreen Marshall poteva essere una
delle vittime di Neville Heath, il perverso assassino che era stato impiccato per
l'assassinio di un'altra disgraziata ragazza, poco tempo prima.
"C'è qualcuno qui che ha conosciuto Doreen Marshall?", chiese Drayton Thomas al
pubblico. Un uomo nei primi ranghi della sala rispose che aveva abitato di fronte alla
sua casa. Allora la ragazza provò di nuovo a parlare. "Sto bene ora", disse; poi
rivolgendosi al signore che aveva detto di essere stato il suo vicino seguitò:
"accarezzavo sempre il suo cane". In quel momento la ragazza fu invasa da una forte
emozione e il filo fu interrotto. Mentre ascoltavo il pubblico che ancora bisbigliava
emozionato, non potei impedire di sentirmi triste al pensiero che gli sforzi di
comunicare di quella povera ragazza assassinata avevano apparentemente avuto un effetto
più grande sul pubblico di quella magnifica orazione che ci aveva dato la voce che
diceva di essere John Wesley.
Quando Owen fu smobilitato riprese il suo lavoro negli studi cinematografici di
Elstree, però, man mano che le settimane passavano, ci accorgevamo con preoccupazione
che non era più il ragazzo spensierato di prima della guerra. Era irrequieto e turbato
e aveva preso l'abitudine di passare le serate chiuso in camera sua invece di uscire
con gli amici come faceva una volta. Supponevo che questo strano modo di comportarsi
fosse il risultato di anni faticosi come pilota da bombardiere, e lo scusavo per questi
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
salti di umore e per i momenti di irritabilità che non gli assomigliavano affatto.
Pensando alla commozione cerebrale di cui aveva sofferto dopo l'abbattimento del suo
aereo, ci domandavamo se soffrisse di mal di capo, disturbi della vista oppure
vertigini. Ma l'oggetto della nostra sollecitudine ri- 118
spondeva sempre con segni esasperati oppure alzando gli occhi al cielo in attitudine
di rassegnazione.
Edith cominciò a parlare frequentemente di nevrosi e di doppia personalità causata da
tensione e mi accorsi che leggeva testi di psicologia presi in prestito dalla
biblioteca del quartiere e che nascondeva appena entrava Owen.
La risposta ai disturbi di Owen era molto più semplice di quanto pensasse sua madre.
Durante il periodo di allenamento in California si era innamorato di una ragazza
americana e per tutta la guerra erano rimasti in corrispondenza. Appena tornato alla
vita civile le aveva scritto per farle la proposta di matrimonio. Siccome era stato
perfettamente onesto riguardo al suo avvenire finanziario che non era dei più brillanti
e la ragazza era figlia di genitori ricchi, Owen era in una febbrile attesa che si
alternava con momenti di euforia e la più nera disperazione. Appena ricevette il
telegramma che lo informava che lei sarebbe arrivata con il primo piroscafo in partenza
per l'Inghilterra, Owen ritornò a essere se stesso.
Owen e Jane furono sposati da Padre Sharp nella sua antica parrocchia di Santo
Stefano a Hampstead. Jane era una bellissima sposa e Owen uno sposo molto orgoglioso. I
superstiti dello squadrone di Owen facevano da guardia d'onore e siccome i genitori
della sposa non avevano potuto venire in Inghilterra per la cerimonia io feci le loro
veci e portai Jane all'altare. Fu un matrimonio allegro anche se la madre dello sposo
sparse qualche lacrima quando la coppia partì in viaggio di nozze. Più tardi si
stabilirono in un piccolo appartamento a Maida Vale e ebbero una bambina che diede una
grande felicità a Edith e ai suoi giovani genitori.
La bufera venne inaspettata. Eravamo usciti con amici trascorrendo una piacevole
serata; mentre tornavamo a casa con la metropolitana Edith mi disse di sentirsi strana
e guardandola sotto la luce mi accorsi che la sua faccia era grigia.
Era l'alba quando mi svegliai di colpo sentendo che stava succedendo qualcosa di
strano. Guardai Edith che sembrava dormire tranquilla. Ma la sensazione che avevo di
qualcosa di strano persisteva e allora la guardai molto da vicino. Un lato della bocca
era storto. Saltai giù dal letto e corsi al telefono. Quando il dottore venne mi disse
che Edith aveva avuto un colpo. Mia moglie era diventata improvvisamente una persona
impotente dopo essere stata una donna piena di vita e la sua malattia doveva durare
cinque anni.
Una sua figlia sposata venne ad aiutarmi a curarla durante il periodo più difficile,
ma presto quando lei e il marito e tutta la loro famiglia dovettero traslocare in un
altro quartiere mi adattai a fare da solo per il meglio.
- 119 Benché io sia capace di parlare con quelli che mi guidano e mi aiutano dall'aldilà
così come fanno le persone radunate alle mie sedute, non ho l'abitudine di chiedere
aiuto per i miei problemi materiali perché mi hanno sempre detto chiaramente che non
devo aspettarmi che la mia vita sia facile e neanche devo immaginarmi che io abbia il
diritto di ricevere speciali privilegi per il fatto di essere un medium. Ma quando fare
la spesa, cucinare, curare mia moglie e nello stesso fare il mio lavoro divennero
fardelli che mi davano l'incubo, mi decisi a chiedere il loro aiuto. E nella seduta
seguente chiesi loro di mandarmi qualcuno che mi assistesse.
"Qualcuno ti è già stato mandato", disse Mickey, "sta lavorando in questa casa e si
trovava fra i presenti all'ultima grande riunione a Kingsway". Non potevo immaginare a
chi Mickey alludeva. L'unica persona che lavorava in casa era un giovane che stava
ridecorando la camera da letto.
"Non vuoi dire il pittore?", dissi a Mickey. "Sì, è lui", mi rispose arzillo. "Si
chiama Bill Willis e si sta domandando cosa diavolo succederà di lui quando avrà finito
di lavorare qui perché il suo socio lo ha piantato. Domandagli se vuole restare e lui
ti toglierà tutti i pensieri e si interesserà anche del tuo lavoro". Era vero che in un
primo tempo vi erano stati due pittori e negli ultimi giorni uno dei due era mancato,
ma ciò nonostante la soluzione che mi proponeva Mickey mi sembrava piuttosto
impossibile. "Domandaglielo. Ti dico che accetterà", rispose Mickey con una inflessione
d'impazienza alla mia ovvia incredulità. "Va bene", dissi, "se lo dici tu Mickey".
L'indomani presi una tazza di tè e con molta diffidenza entrai nella camera dove il
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
pittore stava lavorando da solo. Per assicurarmi se quello che mi aveva detto Mickey
corrispondeva alla verità stavo per chiedergli se aveva assistito alla grande serata a
Kingsway quando fu lui il primo a parlarmi per dirmi quanto era stata interessante. Mi
disse che era seduto vicino a una signora che aveva perso suo figlio in guerra e che
questi le aveva parlato con la stessa voce che aveva avuto in vita. "E' proprio vero?",
disse Bill "è tanto bello che pare impossibile sia proprio così". Lo assicurai che era
la verità e poi sempre con l'intenzione di assicurarmi che Mickey mi avesse detto il
vero, gli domandai se il suo socio lo aveva lasciato in una situazione difficile. "Sì",
disse Bill. "Mi ha piantato in asso e sono nei guai. Non posso andare avanti da solo e
quello mi ha lasciato per davvero. Non so cosa farò quando avrò terminato questo
lavoro. Molto probabilmente dovrò trovarmi un lavoro in fabbrica".
"Vorrebbe venire a lavorare qui?", gli chiesi, "ho bisogno di qualcuno che si occupi
della casa e mi aiuti per le cure da dare a mia moglie".
- 120 Bill esitò, poi mi chiese se avrebbe avuto anche la camera per dormire. Gli risposi
affermativamente e mi disse che avrebbe provato, se a me non importava che imparasse a
cucinare a spese mie. Mi aggiunse che voleva anche sapere di più su questa faccenda
dello spiritismo.
Presto fu chiaro che avevo trovato in Bill un impagabile collaboratore. Imparò molto
presto il tran tran della nostra casa, cominciò a studiare libri da cucina e poi a
servirci deliziosi pasti pieni di immaginazione. Si affezionò molto a Edith e spesso si
agitava per lei come la gallina per il suo pulcino. Faceva tutto quello che poteva per
facilitarmi la vita, venne assiduamente alle mie riunioni e dopo poco una persona che
aveva conosciuta e amata venne a parlargli per dargli la convinzione assoluta della sua
sopravvivenza. Molti dei miei amici e clienti che lo conobbero prima della sua immatura
morte per un inoperabile tumore maligno, si ricorderanno di lui con affetto.
Il Comitato del Tempio della Luce organizzò un'altra grande dimostrazione al Kingsway
Hall. Come nell'altra occasione dovevo sedermi in quella cabina senz'aria sul
palcoscenico perché la sala doveva essere illuminata come in pieno giorno. Alcune
settimane prima della data annunciata tutti i posti erano stati venduti e quella sera
centinaia di persone non furono ammesse perché anche tutti i posti in piedi erano
occupati.
Come sempre Mickey fu il primo a parlare, ma questa volta per la prima volta ci disse
che Mickey era solo il suo nome nel mondo dello spirito e per il suo medium. Ci
raccontò che in vita si chiamava John Whitehead e che aveva venduto giornali nei
sobborghi di Camden Town e nella metropolitana fino al giorno in cui un camion lo aveva
investito quando aveva appena dieci anni. "Sono molto più felice qui di quanto lo fui
in vita", assicurò a tutti i presenti,. "potete dire che farmi ammazzare è stata la
miglior cosa che io abbia mai fatto!". Questo fu causa di una risata generale che pose
fine alla tensione e tutto il pubblico fu a suo agio.
Lo spirito che si fece sentire subito dopo diceva di essere "Jack Hickinbottom, una
volta abitante al 76 di Albert Street a Tipton, Staffordshire". Dalla galleria una voce
di donna rispose, "Sì figlio, sono qui!". La madre e il figlio fecero una conversazione
a proposito dell'abisso illusivo della morte, su banalità come il colore del suo
impermeabile, il nome del cane del vicino e la natura della malattia del figlio prima
che morisse; tutte queste cose erano di importanza relativa, ma per la madre venuta da
lontano e arrivata solo quella mattina senza conoscere anima viva a Londra, erano prove
evidenti che realmente le parlava suo figlio morto otto anni prima.
Alla fine della seduta il Reverendo Drayton Thomas fece un
- 121 breve discorso ai presenti dicendo che in queste dimostrazioni che davamo vi era
qualcosa di più profondo che il semplice fatto della comunicazione fra questo mondo e
l'altro; prove scientifiche, domestiche, emotive erano una cosa molto importante,
disse, ma se questo è tutto quello che rimane dopo queste sedute allora l'arancio è
stato sbucciato e il frutto può essere gettato. "Il vero significato di tutto ciò",
seguitò a dire, "è la vita che va avanti da un livello all'altro fino a raggiungere
Dio".
Qualche giorno dopo la seguente lettera fu pubblicata sulla rivista Psychic News:
"Numerose persone fra i presenti a Kingsway Hall alla dimostrazione delle voci
dirette sembrano domandarsi se l'attrezzatura fosse veramente genuina. Essendo io
l'ingegnere responsabile per tale attrezzatura, posso assicurare il pubblico che il
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
congegno viene installato il sabato mattina molte ore prima dell'arrivo dei membri
dell'organizzazione. Viene esaminato da me personalmente e durante tutta la seduta i
microfoni sono sotto il mio assoluto controllo.
Cinque tipi di velocità standard sono usati per i microfoni, i due di fronte alla
cabina sono collegati dietro l'amplificatore separatamente. Quello usato dal presidente
e quello sulla tavola sono unidirezionali, ricevono il segnale solo dalla parte
anteriore e sono legati con il filo metallico parallelamente. Un microfono con
interruttore del tipo per scrivanie viene collocato all'altra parte del tavolo e
diventa 'vivo' solamente quando l'interruttore viene abbassato. Questo viene usato per
indirizzarci alla gente nella sala, per dire a qualcuno di parlare oppure per una
spiegazione durante la dimostrazione. Faccio notare che se l'interruttore viene usato,
mi viene dato un immediato automatico segnale. E' assolutamente impossibile usare
segretamente questo microfono.
I microfoni di fronte alla cabina vengono messi in atto solamente pochi minuti dopo
che il medium ha fatto la sua entrata e allo stesso tempo i microfoni sulla tavola
vengono chiusi e non sono rimessi in opera sino a che il controllo ha indicato che il
medium ha finito. Questo lascia solo ai due microfoni nella cabina la possibilità di
percepire il segnale.
Francamente, quando ho installato questa attrezzatura qualche tempo fa non mi
aspettavo che questi microfoni potessero dare risultati positivi, o molto pochi; perché
fra loro e il medium vi è una tenda di stoffa molto spessa e se il lettore vuole
provare un semplice esperimento, appenda un asciugamano
- 122 su di una radio mentre qualcuno sta parlando. Naturalmente il suono viene attutito e
così avverrebbe per la voce di Mickey, ma tutti noi sappiamo che questo non succede.
Ora vi dico... e questo è importante, non sono uno spiritista né un amico personale
di nessun membro ufficiale e non conosco nessuno del personale di Psychic News, ma
vorrei avere la risposta a due domande.
La voce si trova dentro oppure fuori dalla cabina? Se nell'interno, come mai è così
chiara?
Allora perché le persone nell'immediata vicinanza della cabina non sentono ciò che
avviene nel microfono, dato che per avere i risultati ottenuti è necessario parlare
press'a poco a sessanta centimetri di distanza con una voce due volte più forte di
quella che viene usata per una normale conversazione? Ciò dovrebbe farvi pensare".
Questa lettera fu firmata dal signor Georges Muirhead, abitante al 99 di Drewstead
Road a Londra, S.W. 16 che a quel tempo era ingegnere del suono per la Tannoy Public
Addres Equipment Company.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo XI
Il Reverendo Charles Drayton Thomas faceva parte del comitato del Tempio della Luce
quale membro delle mie riunioni e usava un titolo diverso da quello che gli spettava
come membro della Società per Ricerche Psichiche. Questa Società venne fondata nel 1882
da un gruppo di studiosi e uomini di scienza il cui scopo era apertamente quello di
fare "una sistematica investigazione di certi fenomeni che appaiono inspiegabili in
base a qualsiasi ipotesi riconosciuta", e come società è generalmente considerata la
più scettica del mondo. Ciò malgrado a seguito di vari rigorosi esami quando il Rev.
Drayton Thomas fu convinto che il fenomeno prodotto dalle mie facoltà medianiche era
non solo genuino ma anche molto raro ebbe il coraggio della sua opinione e apparve con
me sulla pedana in varie mie dimostrazioni per testimoniare in pubblico la veracità
della voce.
Giunse alle orecchie di Drayton che alcuni suoi colleghi della Società Ricerche
Psichiche avevano espresso dei dubbi che le voci fossero prodotte dalle mie labbra
perché dicevano, potevo ottenere dei messaggi attraverso la chiaroudienza. Drayton era
deciso di trovare un mezzo che se fosse riuscito avrebbe una volta per tutte eliminato
queste chiacchiere. Naturalmente fui d'accordo per sottomettermi a qualsiasi prova
avesse desiderato come del resto ero sempre disposto a fare quando mi rendevo conto che
le ricerche erano oneste, sincere fatte con mente aperta. Per quel che riguarda i
risultati della prova a cui mi sottomise Drayton Thomas, non posso fare di meglio che
citare un passaggio pubblicato nella rivista Psychic News il 14 febbraio 1948.
"Il 5 febbraio misi sulle labbra ermeticamente chiuse del medium una striscia di
cerotto. Era lungo 14 centimetri e largo sette e fortemente adesivo. La premetti sulle
sue labbra e nelle fessure. Poi una sciarpa fu legata attorno alla sua bocca e le mani
del medium furono fermamente legate alla sedia; un'altra corda lo legava per evitare
che la sua testa potesse piegarsi. Quindi, supponendo che durante la trance egli
provasse a togliere la benda, gli sarebbe stato assolutamente impossibile farlo.
- 124 Chiunque può scoprire chiudendo le labbra ermeticamente che il suono ne uscirà
attutito e le parole che emetterà saranno assolutamente indistinguibili. Il mio
esperimento era designato a provare che malgrado le condizioni qui sopra menzionate le
voci dirette si manifestavano chiaramente. L'esperimento fu un completo successo. Le
voci si fecero subito sentire con la loro chiarezza abituale e Mickey mise in evidenza
la sua abilità parecchie volte strillando molto forte. Vi erano presenti dodici persone
e tutti abbiamo sentito più del necessario per convincere lo scettico più ostinato che
la chiusura ermetica della bocca del signor Flint non aveva affatto impedito agli
interlocutori invisibili di dire quello che volevano. Alla fine della seduta esaminati
le corde e il cerotto trovandoli intatti al loro posto. Il cerotto aderiva talmente
forte che ebbi grandi difficoltà a toglierlo senza causare dolore al medium".
Poco dopo diedi una dimostrazione a Kingsway e quando ebbi finito la mia parte
Drayton Thomas descrisse la prova e l'esito positivo che aveva avuto davanti a un
pubblico di duemila persone.
Drayton era molto ansioso di ripetere questa prova in presenza del Capo della Società
Ricerche Psichiche che a quel tempo era il Dr. D. J. West. Fui d'accordo di collaborare
e il 7 Maggio 1948 Dray venne con il Dr. West e altri tre invitati nella sala delle mie
sedute spiritistiche a Sydney Grove.
Dopo che tutti i presenti ebbero esaminato la cabina per assicurarsi che non vi
fossero nascosti né microfoni né altri congegni, presi il mio posto là dentro e mi
sedetti su una sedia qualsiasi in posizione eretta. Il Dr. West e il signor Parsons
legarono con una cinghia le mie braccia ai braccioli della sedia poi arrotolarono una
sciarpa di seta varie volte attorno a ciascuna delle mie braccia. Poi misero un cerotto
sulle mie labbra, due strisce sovrapposte orizzontalmente, fissate da strisce verticali
incrociate e marcarono la posizione del cerotto tracciando intorno un segno con una
matita indelebile. La cabina venne chiusa e le luci nella sala rimasero accese. Il
risultato di questa seduta spiritistica venne stenografato ed eccone il resoconto:
Il Reverendo Drayton Thomas disse la preghiera. Si udì brevemente una musica e dopo
pochi minuti una voce disse: "Buona sera". Questa voce era molto forte e chiara. Il
signor Drayton Thomas rispose, "Sono felice di sentire la vostra voce!".
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
- 125 UN'ALTRA VOCE: Ciao, potete sentirmi?
RISPOSTA: Sì, vi sentiamo perfettamente.
MICKEY: Ciao, Dray!
DRAYTON THOMAS: Ciao Mickey, sono felice di sentirti, specialmente in condizioni così
difficili!
UNO DEI PRESENTI: Come sta Leslie! E' confortevole, Mickey?
(Nessuna risposta)
VOCE: Buona sera, potete sentirmi?
RISPOSTA: Sì, ti possiamo sentire molto bene, amico.
(Il respiro del signor Flint divenne molto pesante).
VOCE: Sì, penso di sì, mi domando se volessero avere...
MICKEY: Ciao, come stai? Dray come stai?
DRAYTON THOMAS: Mi rallegro di sentire la tua voce Mickey, prova a farci vedere
quanto puoi gridare in condizioni così difficili.
VOCE: A suo tempo! (Si udirono due voci che discutevano, parlavano molto piano, e non
si poteva distinguere tutto quello che dicevano, ma una voce disse, "sì, dobbiamo fare
questo, sì, lo so, dobbiamo fare questo, adesso sta bene").
UNO DEI PRESENTI: Non vi possiamo sentire bene, potete parlare un poco più forte?
VOCE: Vi è una certa tensione laggiù. Dobbiamo essere indulgenti. Ci fate il piacere
di dare uno sguardo al medium?
DRAYTON THOMAS: Lo sapete che qui siamo in piena luce?
VOCE: Solo per soddisfare voi stessi.
DR. WESTt: Volete dire che dobbiamo guardare il medium adesso? Siamo pronti a alzare
la tenda se voi volete. Siamo pronti a guardare ora se lo dite voi!
VOCE: Fate pure.
Il Dr. West alzò la tenda. Il signor Flint era sulla sua sedia in trance, con le
cinghie e i cerotti intatti. Il Dr. West fece una minuta ispezione e poi richiuse la
cortina (erano le 8,15 pomeridiane).
VOCE: Tutto bene?
DR. WEST: Grazie amico.
DRAYTON THOMAS: Sembra che lo abbiate fatto cadere in profonda trance!
VOCE: Era indispensabile per un esperimento come questo.
DRAYTON THOMAS: Willis! Musica per piacere!
VOCE: Non essere così impaziente, signor Drayton Thomas!
DRAYTON THOMAS: Credo che in questo momento sono impaziente, ma se è per questo ho
molta pazienza e potere di durata.
VOCE: Da quanto tempo vi occupate di queste cose?
DRAYTON THOMAS: Da trent'anni!
- 126 VOCE: Come sta sua moglie?
DRAYTON THOMAS: Grazie, sta molto bene, come non stava da molto tempo.
VOCE: Sono contento. Voglio che vi rendiate conto che lavoriamo in condizioni molto
difficili.
DRAYTON THOMAS: Questo è chiaro, ma sentiamo tante di quelle voci!
MICKEY: Vi siete dimenticati di me? Sono qui adesso.
DRAYTON THOMAS: Sì, Mickey, siamo felici di sentire la tua voce con tanta
chiarezza.
VOCE (molto chiara e forte): Dio vi benedica tutti. Sono Parrucca Bianca. Sono molto
felice di essere qui. Voglio che vi rendiate conto che lavoriamo con difficoltà, ma
siamo molto felici di essere qui con voi.
RISPOSTA: Grazie tanto, siamo felici di potervi sentire.
PARRUCCA BIANCA: Senta signor Willis, la sua cabina non è buia, no! La luce entra da
sopra — non dall'apertura, dalla tenda. Questo rende tutto più difficile. Non importa,
siamo molto ansiosi di aiutarvi e cooperare con voi tutti.
DR. WEST: Siamo felici di sentire questo.
PARRUCCA BIANCA: Voglio dirvi che stiamo facendo tutto il possibile per aiutarvi, e
vi abbiamo fatto vedere il medium a metà della seduta spiritica. Vi siete resi conto
che non ha per niente turbato il medium? Vogliamo farvi sapere che abbiamo molti
esperimenti che vogliamo fare con voi, e desideriamo mostrarvi tante cose, ma siate
pazienti, non vi lasciate scoraggiare. Tutti noi da questa parte vi mandiamo i nostri
saluti, il nostro affetto, fino alla prossima volta!
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Arrivederci!
La tenda fu alzata lentamente. Il signor Flint era ancora in trance. Il Dr. West
ancora una volta esaminò i legacci e il cerotto, che poi tolse. Il signor Flint ci
disse di non essersi reso conto che la tenda era stata alzata durante la seduta. A nome
di quattro inviati presenti il Dr. West espresse il suo ringraziamento per avere avuto
l'occasione di assistere ad una dimostrazione così estremamente interessante e
ringraziava particolarmente il signor Flint per il faticoso sforzo che aveva reso
possibile questo esperimento.
Benché io fossi stato in trance durante tutta la prova e questo mi aveva evitato il
disagio di sentirmi legato alla sedia e di avere la bocca sigillata dal cerotto così
forte da impedirmi di respirare, quando ritornai in me dopo la seduta ero
completamente sfinito.
- 127 Questa stanchezza persistette anche dopo una notte di riposo e così, sapendo che la mia
seduta di quel giorno non avrebbe dato risultati positivi a causa della mia
spossatezza, cancellai tutti i miei appuntamenti per alcuni giorni al fine di darmi il
tempo di recuperare la mia normale attività. Fui avvilito quando Drayton Thomas mi
disse che uno degli invitati della Società di Ricerche Psichiche presente alla prova
aveva affermato che potevo parlare dal mio stomaco! Qualche giorno dopo ricevetti una
lettera del Dr. West che mi diceva di non essere soddisfatto della prova perché alla
fine della seduta aveva osservato che uno dei cerotti non era più in linea con il segno
fatto dalla matita indelebile. Aveva accettato la colpa di non aver applicato il
cerotto con le dovute attenzioni, ma diceva dato che il cerotto era stato mosso la
prova era stata rovinata ed era senza nessun valore. Mi chiese di sottomettermi a
un'altra prova nelle sale della Società per Ricerche Psichiche in condizioni dettate da
lui e mi offriva un onorario per i miei servizi se io accettavo. Ero troppo deluso e
troppo urtato per accettare e rifiutai questo invito.
Il mio temperamento è vivace, una gentilezza inaspettata può farmi risorgere dal
profondo della depressione alla cima della felicità, per questo quando trovai una
lettera di Mae West sulla mia tavola all'ora della prima colazione in cui mi chiedeva
di assistere a una delle mie sedute spiritistiche, tutti i miei risentimenti e le
amarezze che sentivo forse ingiustamente verso l'ingiustizia della Società per Ricerche
Psichiche, sfumarono e mi sentii al settimo cielo.
A quel tempo Mae West era a Londra al Teatro Prince of Wales con il famoso spettacolo
che aveva avuto tanto successo a Broadway Diamond Lil e decidemmo di fare la seduta nel
suo appartamento dell'Hotel Savoy dopo la rappresentazione serale.
Un signore si presentò dicendo di essere il manager di Mae West, dopo seppi che si
chiamava Timoney; mi venne incontro quando arrivai all'Hotel Savoy e mi fece passare
nell'appartamento grande e lussuoso quale poteva averlo una stella famosa come Mae
West. Non rimasi sorpreso di trovarmi davanti a parecchi signori vestiti con eleganza,
seduti attorno a tanti fiori e circondati da numerosi pacchi di regali che riempivano
il salone dell'appartamento. Il signor Timoney fece un cenno molto generico nella loro
direzione, mormorò qualcosa parlando di appuntamenti di affari e non ebbi mai
l'occasione di conoscerli individualmente.
Quando Mae West fece la sua entrata, il lusso standardizzato dell'appartamento
d'albergo, prese vita, personalità e fascino. Aveva poco più di cinquanta anni a quel
tempo, ma era difficile credere che non fosse una giovane ragazza. Era piacente in
modo abba- 128 gliante e la sua pelle veramente bellissima. Rimasi sorpreso nel vederla piccola perché
me la ero sempre immaginata alta e statuaria. Si mise a sedere accanto a me e parlammo
dei suoi film che avevo visto tutti e che avevano fatto la mia felicità. Poco dopo il
signor Timoney condusse l'anonimo gruppo di uomini d'affari fuori dall'appartamento e
rimasi solo con lei. Per gradazioni seguitammo la conversazione fino al momento che ci
mettemmo a parlare di parapsicologia. Mi resi conto che Mae West era molto lontana
dallo strepitoso simbolo sexy che rappresentava sulla scena e nel cinema. Non fumava né
beveva e la sua moralità era più rigorosa di quella di tante altre attrici; la sua
conversazione era spiritosa e molto intelligente e aveva passato tanti anni a leggere
nel campo delle ricerche psichiche e della religione prima di trovare la sua verità
nello Spiritismo attraverso la meditazione e una disciplina imposta per sviluppare il
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
potere delle sue facoltà medianiche. Era ed è ancora una donna straordinaria e
considero un privilegio essere considerato uno dei suoi amici.
Durante le nostre sedute spiritiche varie entità parlarono a Mae West prima che in
una di queste si manifestasse sua madre sotto il nome di Matilda. Mae e sua madre
parlarono affettuosamente per qualche tempo fino a che Mae senza dubbio per accertarsi
che fosse veramente sua madre le chiese di farle sapere il nomignolo che lei le aveva
dato in vita. La madre rispose "Diamond Lily". Mae più tardi mi spiegò che chiamava sua
madre con questo strano nome perché dopo ogni successo a Broadway lei aveva l'abitudine
di regalare a sua madre una spilla, un anello, oppure orecchini di brillanti. La madre
dopo che le fu posta la domanda, disse che prima di sposare il padre di Mae si chiamava
Doelger.
Dopo quella riunione spiritica all'Hotel Savoy, Mae venne in varie occasioni a quelle
in casa mia a Hendon. Non vi era alcun dubbio che Mae fosse una grande stella e il suo
arrivo creava sempre sensazione.
Uno spirito che recitò parola per parola i versi che erano stati scritti per
commemorare la sua morte creò stupore in una delle mie dimostrazioni a Kingsway Hall.
Una voce femminile disse che il suo nome era Beatrice May Strude e desiderava parlare
con Laura. Una donna nella sala disse di essere Laura. "Sono io, sono Beatie!", disse
la voce dello spirito, "sono così contenta di poterti parlare".
"Parlami e dimmi qualcosa, Beatie" rispose Laura. "Faccio del mio meglio", rispose lo
spirito, "sono morta il 6 febbraio 1945 e avevo cinquantasette oppure cinquantotto
anni?". "Da dove venivi?", le chiese Laura e la risposta fu immediata. "Dalla Nuova Ze- 129 landa". Al suo turno Laura fu interrogata dalla voce dello spirito. "Torni in Nuova
Zelanda?". Laura rispose affermativamente. "Sei stata a Bedford? Era lì che ci siamo
viste l'ultima volta", disse Beatrice, "mi ricordo i versi che hai scritto per
commemorare la mia morte". Più tardi ci dissero che Beatrice e Laura erano non solo
cugine ma anche amiche molto care, e che il corpo di Beatrice era stato inumato a
Bedford.
"Puoi dirmi le parole che sono state scritte, Beat?", chiese Laura. "Ci proverò",
rispose la voce dello spirito, e poi molto lentamente recitò parola per parola nove
righe di versi molto sentimentali. "E' giusto, Beat", disse Laura. "So che ritorni in
Nuova Zelanda fra due settimane", continuò la irreprensibile Beatrice, aggiungendo: "ti
ricordi di Hetty Court?". Laura rispose affermativamente e Beatrice le raccontò che
Hetty ora si trovava nel mondo degli spiriti e che aveva dovuto cambiare alcune delle
sue idee. "Ti ricordi che era una Christian Scientist?". Beatrice d'improvviso
annunciò: "Spurgeon è qui fra noi!". In quel momento Laura si alzò per dire che lei e
sua cugina erano le discendenti dirette del famoso predicatore.
Quando Edith poté riprendere una vita normale anche se tristemente limitata e la casa
funzionava regolarmente sotto la direzione di Bill, il mio Comitato mi mandava sempre
più lontano per dimostrazioni sia in provincia che in varie città. Partivo da Londra il
giorno della seduta spiritica accompagnato da Padre Sharp oppure da Drayton Thomas o
qualsiasi altro che faceva le veci del presidente e quando si arrivava a destinazione
si rimaneva sempre insieme fino all'ora che cominciava la seduta affinché il presidente
potesse onestamente assicurare al pubblico che il medium non aveva avuto la possibilità
di raccogliere notizie andando a girare per i cimiteri, studiando l'annuario
telefonico, ascoltando le chiacchiere del paese, oppure altre cose del genere. Dopo la
riunione ritornavo a Londra. Queste sedute fuori città erano particolarmente stancanti
per via del viaggio di andata e ritorno e perché non mi trovavo nel mio elemento, ma
non le ho mai evitate malgrado lo sforzo che mi costavano perché molte migliaia di
persone non avrebbero potuto avere l'occasione di avere il conforto di comunicare con i
loro cari attraverso le voci dirette.
Mi ricordo una volta al Central Salem Hall a Leeds quando una delle più evidenti
comunicazioni ebbe luogo facendo scoppiare dal ridere più di mille persone. Mickey si
mise a parlare con una signora seduta nelle prime file e le domandò se affittava camere
a persone del mondo teatrale. Quando la signora rispose affermativamente, Mickey le
disse che vi era un "tizio" che voleva
- 130 parlarle perché aveva fatto la parte del gatto nella commedia intitolata Dick
Whittington sette o otto anni prima e aggiunse: "Era tanto piccolo che sembrava un
nano". La signora aveva cominciato a dire che sapeva chi fosse quando venne interrotta
dalla voce dello spirito che parlava eccitato. "Questo è un fatto sorprendente" disse
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
"non avrei mai creduto poterti parlare così! Ti ricordo", replicò la signora "ti piace
ancora il pesce con patate fritte?". Mickey le fece ricordare che nel mondo dello
spirito queste cose non sono più necessarie. Il gatto di Dick Whittington interruppe di
nuovo per dire: "Ero il miglior gatto che ci fosse mai stato, nessuno era alla mia
altezza". La sua amica fra il pubblico replicò, "Io l'ho sempre pensato". Il gatto
allora ricordò alla sua amica una certa fotografia che lei ancora possedeva e che lo
mostrava nel suo costume di gatto, tenendosi la testa fra le mani, e le chiese se aveva
ancora quel letto con i pomi di ottone. La signora che più tardi venne identificata
come la signorina Hennessy di Brunswick Terrace a Leeds, disse che lo aveva regalato.
Mickey le parlò ancora per dirle che il gatto ora stava parlando di Bella "che ora
andava a tutta velocità!". Quando la signorina Hennessy fece sapere al pubblico che
Bella era la moglie del gatto, tutta la sala scoppiò in una frenetica risata.
Un investigatore di ricerche psichiche il cui nome ho dimenticato da lungo tempo, una
volta pubblicò una teoria la quale suggeriva che le voci sentite dalle persone che
assistevano alle mie sedute spiritiche non erano voci reali ma una combinazione di
potere ipnotico da parte mia e di desiderio subcosciente da parte del pubblico,
creatrice di una allucinazione che faceva dire quello che il pubblico ardeva di
sentire. Questa scorrevole teoria fu elegantemente eliminata con un colpo in testa nel
settembre del 1948 durante una dimostrazione a Denison House a Londra, quando un
congegno americano fu usato con l'intenzione di riprodurre su dischi di grammofono le
voci degli spiriti. L'esperimento ebbe grande successo, ogni messaggio venne registrato
chiaro e netto come lo era stata la voce della persona senza corpo che comunicava.
Sperai per lungo tempo che il padre della teoria delle allucinazioni potesse spiegare
come fosse stato possibile registrare voci illusorie, ma per quel che mi risulta, non
lo fece mai.
Nelle sue facoltà di membro del Consiglio per le Ricerche di Parapsicologia, Drayton
Thomas si era messo in contatto con un altro investigatore in questo campo il quale era
un esperto elettronico e capace di fornire vari mezzi che potevano essere usati per
provare o smascherare la verità sulle mie voci e fecero una serie di prove, alcune
nell'appartamento dell'esperto elettronico, altre nella sala della Società per
Ricerche Parapsicologiche sotto la sorveglianza del
- 131 reverendo Drayton Thomas e in presenza di noti investigatori quali il generale R. C.
Firebrace, Padre Arthur Sharp, il signor F. Sibley e altri troppo numerosi per poterli
menzionare qui.
Le condizioni applicate per questi esperimenti erano: (a) le mie labbra erano
sigillate con un cerotto, (b) applicarono alla mia gola un microfono collegato con un
amplificatore di modo che il minimo suono emesso dalle mie laringi sarebbe stato
ingrandito enormemente, (c) gli investigatori potevano vedere ogni mio movimento nel
buio mediante un telescopio a raggi ultra-violetti e finalmente (d) le mie mani erano
tenute da persone poste ai due lati.
Le voci parlarono durante queste prove anche in simili condizioni e in varie
occasioni l'investigatore poté vedere attraverso il telescopio a raggi ultra-violetti
la formazione nella laringe dell'ectoplasma attraverso la quale parla la persona senza
corpo a circa sessanta centimetri di distanza da me e che è il punto nello spazio dove
la voce dello spirito si colloca normalmente durante le mie sedute spiritiche.
Voglio ringraziare il generale Firebrace per la sua cortesia che mi permette di
citare un passaggio della lettera che mi ha scritto recentemente e che parla da sé:
"Mi ricordo molto bene l'esperimento fatto con lei e Drayton Thomas. Durante quella
prova lei aveva un telescopio a raggi ultra-violetti centrato sulla sua persona e un
microfono sulla sua gola. Vi era presente un esperto di elettronica che sorvegliava gli
strumenti che venivano attaccati al microfono. Mi ricordo benissimo che in quelle
condizioni si udivano molto bene le voci dirette che non registravano assolutamente
nulla sul microfono attaccato alla sua gola. Ma le voci erano più sommesse di quelle
sentite nelle altre sedute spiritiche a cui avevo assistito. Il momento più
interessante è stato all'ultimo quando mentre parlava una voce molto sommessa il
telescopio a raggi ultra-violetti si guastò; la voce immediatamente raddoppiò di
volume. Questo mi prova che i raggi ultra-violetti indeboliscono le facoltà medianiche
in qualche maniera. Devo aggiungere che lei non poteva assolutamente sapere che il
telescopio era fuori uso. Nell'insieme una prova impressionante di esibizione
parapsicologica".
Posso
dire
in
tutta
certezza,
di
essere
stato
il
medium
più
investigato
che
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
l'Inghilterra abbia mai avuto, e aggiungo anche il medium più rassegnato a lasciarsi
investigare ogni qualvolta sentivo che le condizioni impostemi da genuini investigatori
avrebbero servito per dimostrare la verità. Sono stato rinchiuso in gabbie, legato,
- 132 sigillato, imbavagliato, e malgrado ciò le voci sono venute a parlare della vita
eterna. Ho fatto sedute spiritistiche in camere di albergo, in case di stranieri,
all'estero, in sale pubbliche, teatri e chiese, spesso in condizioni dove era
impossibile ottenere l'oscurità totale, oppure dove il clima mentale era di estremo
scetticismo ed anche di ostilità e malgrado tutto questo le voci si sono manifestate.
Al principio quando mi lasciavo fare ero abbastanza innocente per pensare che se le
prove fossero state un successo gli uomini di scienza e gli investigatori che mi ci
avevano sottomesso in condizioni da loro dettate, avrebbero proclamato al mondo la
verità della vita dopo la morte. Troppo presto ho imparato che molti di quelli che si
chiamano investigatori hanno un immutabile modo loro di pensare che esclude la credenza
in un significato o in una ragione di esistenza dell'uomo oppure nella possibilità
della vita dopo la morte. La loro preoccupazione era più diretta a confutare la realtà
delle mie voci affermando qualsiasi alternativa anche la più assurda piuttosto che
ammettere le implicazioni di un esperimento positivo. Ebbi doppia fortuna quando dopo
aver incontrato ed essere stato investigato da persone del calibro del Rev. Drayton
Thomas, di Padre Arthur Sharp e del generale Firebrace essi proclamarono pubblicamente
le loro proprie convinzioni sul potere delle mie facoltà medianiche.
Una delle spiegazioni favorite per i fenomeni delle mie voci è che io sono un
superventriloquo con mimica. Temo che quelli che prendono sul serio questa assurda
teoria sono completamente ignoranti nell'arte del ventriloquo. Qualsiasi ventriloquo
può dirvi che gli è impossibile lavorare nell'oscurità totale. Egli ha bisogno di un
pupazzo che muova le mascelle per aiutarlo a creare l'illusione e distrarre
l'attenzione del pubblico dai lievi movimenti dei muscoli della sua faccia che sono
inevitabili perché usi la sua voce. Per quel che riguarda il mio talento mimico
lasciate che io vi dica, migliaia di voci di persone senza corpo sono state registrate
per i posteri, parlando in diversi dialetti, in lingue forestiere a me sconosciute e
perfino in lingue non più usate su questa terra, e sono sicuro che sarete d'accordo con
me nel pensare che la teoria della mia mimica è una assurdità impensabile!
Quando tutte le teorie si sono esaurite lo scettico a prova di bomba non esita a
dichiarare che le voci non sono altro che frode. E' stato anche insinuato che potrei
avere un complice nascosto in un'altra stanza che imita le voci dei defunti e che io
nasconda dei registratori con dei messaggi preparati prima. Non vi è fine per i trucchi
ingegnosi che mi sono stati attribuiti da quelli decisi a non credere e che il più
delle volte non erano neanche presenti alle mie
- 133 sedute. Se dovessi preoccuparmi per tutte queste chiacchiere fatte da persone stupide e
ostinate dovrei, per essere giusto, domandar loro come queste mimiche nascoste oppure
questi registratori occultati possano produrre una lunga conversazione di due persone,
in cui una massa di dettagli e di reminiscenze da parte della persona senza corpo
risulta nell'evidenza irrefutabile della vita dopo la morte. Potrei anche chiedere a
questi cinici ostinati come questi miei presunti complici, anche se molto abili nella
loro mimica, possano riprodurre la voce riconoscibile di una moglie o di un marito o di
qualsiasi altro defunto congiunto di una persona che potrebbe anche darsi sia appena
arrivata dall'Australia, dall'India, oppure da Timbuctu. Non voglio sprecare le mie
preziose energie ripetendo parole di scettici che sono così mal informati e pieni di
pregiudizi. Io e migliaia di persone che hanno assistito alle mie sedute sappiamo la
verità.
Quando scoppiò la guerra e rifiutai il gentile invito di rifugiarmi negli Stati Uniti
per la durata delle ostilità immagino che i miei sentimenti fossero molto simili a
quelli di Giulio Cesare quando rifiutò la Corona di Roma, perché da quando il cinema e
le stelle del cinema erano la mia passione non vi era un paese che ardevo più di
visitare. Per questo fui così felice quando nell'estate del 1949 mi fu data una nuova
occasione di andare in America e dopo la doccia fredda iniziale, quando seppi che si
potevano portare fuori dall'Inghilterra solo cinque sterline, l'agitazione per il
visto, il garante e i certificati medici e dopo aver installato Edith in casa di sua
figlia a St. Albans, finalmente potei partire per New York; non stavo in me dalla
felicità.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo XII
La Queen Mary era ancora una bella nave, ma per avere trasportato truppe tanti anni
appariva logora e trasandata: una signora stanca che invecchiava e con urgente bisogno
di rifarsi la faccia. Eravamo tre in cabina e non avevo bisogno di essere un veggente
per capire l'odio che vi era fra gli altri due. Uno era tedesco e l'altro un ebreo
polacco, e nessuno dei due parlava la lingua dell'altro e neppure l'inglese.
La mancanza di comunicazione era totale, in quella cabina, eccetto per l'odio che la
riempiva in maniera malevole. Durante i cinque giorni di viaggio mi domandai quale
tragedia personale ognuno di questi uomini aveva lasciato dietro di sé nel caos del
dopo-guerra del suo paese per aver fatto nascere tanta cattiveria.
Una mattina, dopo due giorni di navigazione, un cameriere di bordo picchiò alla porta
entrando in cabina prima che io avessi avuto il tempo di sfuggire all'oppressivo miasma
che circondava i miei due compagni andando a prendere una boccata d'aria fresca sul
ponte. "Il capitano le porge il suo saluto, signor Flint", disse il cameriere
educatamente, "vorrebbe sapere se lei sarebbe tanto gentile da voler celebrare il
servizio religioso domenica alle undici". L'idea che un personaggio così importante
sapeva che io esistevo, per non dir niente della sua strana richiesta, mi sorprese
talmente che rimasi come uno stupido a bocca aperta cercando di formulare una risposta.
"Lei è indicato sulla lista passeggeri come Ministro religioso", disse il cameriere con
un paziente sospiro, "accetta di fare il servizio?". "Certamente no!" dissi senza
riflettere. "Non sono affatto quel tipo di ministro!". Il cameriere di bordo emise un
sospiro di pazienza ancora più profondo e uscì dalla cabina, ovviamente domandandosi
che tipo di matto io fossi. Mi domandai perché avevo dato ascolto al Padre Sharp quando
mi aveva aiutato a riempire il formulario per la richiesta del mio primo passaporto.
La mattina del quinto giorno di navigazione eravamo in acque americane e lì davanti a
noi si scorgevano i sensazionali grattacieli di New York e la Statua della Libertà.
Arrivati alla dogana fui preso dal panico. E se gli amici che mi avevano invitato in
America non fossero venuti a prendermi? Non
- 135 avevo un soldo eccetto i miseri resti delle cinque sterline e nessuna speranza di
poterne guadagnare. Mi sarei trovato in difficoltà quella notte in un paese straniero
senza neanche i soldi per un letto in un dormitorio pubblico.
Il modo poco galante con cui mi avevano ricevuto le autorità del porto non era tale
da rassicurarmi. Con la scusa di frugare per il contrabbando un doganiere mise
sottosopra la mia valigia che avevo fatto con tanto ordine spargendo a terra il
contenuto, e dopo averla rovistata lasciò a me il compito di rifarla. Quando ebbi
finito, con la mia immaginazione mi vedevo già sparuto, sporco e mendicando centesimi
fra i poveri della città. Appena uscito dalla dogana il calore degli amici che erano
venuti a incontrarmi fece sparire la visione del mendicante nel retroterra della mia
consapevolezza.
Quando vidi l'appartamento che i miei amici avevano affittato per me, il mio cuore
fece un tonfo. La mia dimora temporanea consisteva in un intero piano di una di quelle
vecchie case di New York alla 88 strada Ovest, che una volta era la parte residenziale
più elegante, ma a quel tempo lo era assai meno. La mobilia dell'appartamento era
elegante confortevole e in quanto alla camera da bagno non ne avevo mai visto di così
grandi e lussuose. Immediatamente mi agitai domandandomi come avrei potuto pagare tutto
questo; ma prima che mi facessi venire una ulcera seppi che ero l'ospite del Reverendo
signora Bertha Marx, una ben nota medium a capo del Centro W. T. Stead, la Società
Spiritistica che occupava il pianterreno della casa e così chiamata in memoria
dell'editore, riformatore e Spiritista W. T. Stead, morto nel disastro del Titanic.
Cara Bertha! Non solo aveva provveduto a mettermi un tetto sulla testa, ma aveva
anche organizzato il mio lavoro presentandomi a molti dei più noti Spiritisti in
America e grazie a lei il mio soggiorno rimase uno dei ricordi più belli e memorabili
della mia vita.
Feci anche una nuova e piacevole conoscenza in Caroline Chapman, "Chappie" che ancora
oggi è una dei medium più amati negli Stati Uniti come pure una delle poche confermate
per le sue facoltà medianiche dalla Società per Ricerche Parapsicologiche altrettanto
severa e scettica della sua controparte britannica.
Amavo New York e passavo molte ore camminando per le strade, per scoprirla e cercare
di conoscerla. Qualche volta mi perdevo nella grande confusione e ci volle un po' di
tempo prima che io potessi raccapezzarmi nella metropolitana e prendere il treno nella
direzione giusta, ma anche quando mi perdevo era tutto divertente in quella città che
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
offre infinite varietà.
La comunicazione più impressionante fra un mondo e l'altro è quella in cui la persona
uscita dal corpo, sconosciuta a tutti, dà una
- 136 informazione che è ritenuta falsa dai presenti, ma che invece si rivela corretta in un
secondo tempo. Questo tipo di comunicazione elimina la popolare teoria della telepatia
e può essere considerata non solo una prova della sopravvivenza, ma anche un fatto
impossibile da rinnegare.
Tale comunicazione fu data a un gruppo di 75 persone ad una riunione che io feci al
Centro W. T. Stead di New York ed il ricevente era il signor Robert Bolton che allora
abitava alla 40 strada Est.
Dopo che vari spiriti ebbero parlato ai loro amici, Mickey annunciò la presenza di
uno che era stato conosciuto sulla terra con il nome di Carl Schneider. Nessuno fra i
presenti rispose e sembrava che nessuno lo conoscesse. Mickey insisteva dichiarando che
qualcuno fra i presenti lo conosceva e invitandolo a farsi riconoscere per aiutare lo
spirito a comunicare. "Conosco un signore che si chiama così" disse il signor Bolton
finalmente, "ma per quel che ne so è vivo e vegeto". Niente scoraggiava Mickey il quale
asseriva che Carl Schneider era con loro e che stava per parlare.
Finalmente udimmo la voce di Carl che si mise a conversare con il signor Bolton. "Da
quando sei dall'altra parte?", chiese il signor Bolton. "Da dodici mesi, forse poco più
di un anno", rispose lo spirito. "Era la voce di Carl! Ho riconosciuto senza l'ombra di
un dubbio il suo tono rauco", dichiarò il signor Bolton dopo la seduta.
Il signor Bolton era talmente sorpreso di aver sentito la voce del suo amico
dall'aldilà da cadere in uno stato di agitazione nell'attesa che gli venisse confermata
la morte dell'amico Carl Schneider. La mattina dopo la prima cosa che fece fu di
chiamare un numero di telefono che Carl gli aveva dato una volta. Quando una voce
rispose al telefono egli chiese di parlare con il signor Schneider e la risposta fu:
"Mi dispiace ma Carl è deceduto". Siccome ancora non poteva crederlo, il signor Bolton
insistette: "Ne siete sicuro?". La voce al telefono rispose: "Come posso non saperlo.
Sono io che l'ho trovato morto, si è suicidato circa un anno fa".
Robert Bolton tornò da me con un altro gruppo e in un'altra occasione Mickey gli
disse che Carl era felice di sapere che si era informato della sua morte perché ora
poteva finalmente essere sicuro della sua sopravvivenza.
Ho menzionato questa esperienza con il signor Bolton perché egli scrisse
volontariamente una lettera a Psychic News a Londra descrivendo quello che era successo
durante una seduta con me. In quella lettera il signor Bolton valuta la sua esperienza
con questo commento: "Non sono così ingenuo da credere che questo racconto possa
- 137 far sì che la fede nel mondo dello spiritismo si riveli anche a uno scettico beffardo.
Ciò nonostante questa relazione può ispirare un onesto scettico a non negarsi la
possibilità di una simile esperienza. E' l'unico modo scientifico di accostarsi alla
verità...".
Troppo presto dovetti lasciare New York per andare a Chicago dove mi era stata
preparata una grande dimostrazione pubblica al Kimball Hall. Uscendo dall'albergo la
sera per dare uno sguardo alla città, la prima cosa che vidi fu il nome di Beatrice
Lillie in grandi lettere illuminate all'entrata di un teatro. Recitava assieme a Ray
Bolger in una commedia di grande successo. Me la godetti proprio e i due attori mi
fecero ridere fino alle lacrime. Andai a trovarla nel suo camerino dopo la
rappresentazione; era sempre la solita incantevole amica di una volta malgrado i suoi
favolosi successi negli Stati Uniti e tutta l'adulazione che riceveva dal pubblico.
Quando la sera dopo arrivai al Kimball Hall per dare la mia dimostrazione ebbi una
notizia che mi fece l'effetto di una bomba. Gli organizzatori della serata avevano
preso in prestito da un altro medium una cabina per me, ma questi aveva lasciato la
città e la cabina era rimasta nel suo appartamento di cui nessuno aveva la chiave.
Inoltre, era impossibile oscurare la sala; tutti i biglietti erano stati venduti, e non
vi era più un posto, la gente era in piedi nei corridoi laterali. "Faccia una
conferenza seguita da chiaroveggenza", disse uno dei miei garanti con pazzesca
incoscienza. Gli risposi che erano anni che non facevo questo tipo di sedute in
pubblico. Senza dire una parola quell'incurabile ottimista mi indicò la serrata fila
del pubblico che aspettava di vedere apparire "il famoso medium di Londra". Anche se io
avessi fatto una conferenza seguita da chiaroveggenza, quale sarebbe stata la reazione
del pubblico che aveva pagato per una dimostrazione di voci dirette? Il mio fiducioso
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
amico mi disse che il pubblico avrebbe capito la ragione qualora gli fosse stata
spiegata, e con mia grande meraviglia avvenne proprio così. Quando salii sulla
piattaforma fui salutato da caldi applausi. Quasi immediatamente, pensieri e
impressioni inondarono la mia mente e cominciai a parlare. La conferenza ebbe fine con
molti applausi e ciò mi ridiede fiducia, calmò la mia agitazione e mi fu possibile
iniziare la chiaroveggenza. Se posso usare la parola in questo contesto, la seduta fu
un atto di valore da parte mia. Per un'ora di seguito le evidenze sgorgarono dalla mia
mente. Non un nome fu pronunciato senza essere riconosciuto da qualcuno del pubblico,
non un messaggio andò a vuoto. Non solo ebbi la soddisfazione di dare felicità ai
riceventi, ma fu una vera gioia per me di vedere che questo lato delle mie facoltà
medianiche funzionava ancora efficientemente.
- 138 Quando lasciai il mio albergo l'indomani mattina per visitare la città fui sorpreso
di essere fermato da tanta gente sconosciuta che voleva ringraziarmi per le prove che
avevo dato loro della sopravvivenza dei loro cari e che mi supplicavano di riceverli in
sedute private. Dovetti deluderli tutti perché era venuta l'ora di proseguire per Los
Angeles dove andavo ospite del dottor Carl Menugh nel suo appartamento di Long Beach
per fare qualche seduta privata con i suoi amici.
Il solo contatto che avevo avuto con il dottor Menugh era stato per corrispondenza, e
quando arrivai alla stazione di Los Angeles mi guardai intorno per cercare un dottore
tipo quelli cortesi di famiglia come io pensavo dovesse essere il dottor Menugh. Non
vidi nessuno che rispondesse a quelle descrizioni e allora restai fermo guardando nel
vuoto, cercando di farmi riconoscere come 'il famoso medium venuto da Londra' e
rimpiangendo di non essermi messo una cravatta più sobria di quella che portavo.
Presto fui raggiunto da un uomo della mia età che disse di essere Carl Menugh, e più
tardi seppi che il suo dottorato era in filosofia.
Forse la seduta più drammatica che ebbi a Los Angeles fu quella dove un padre ritornò
per dire a suo figlio la verità sull'incidente che aveva causato la sua morte,
scagionando il conducente della macchina con cui era stato ucciso.
Il figlio, che chiameremo Bill, venne con la moglie ad una seduta di gruppo
organizzata dalla loro amica signorina Artie Blackburne di Los Angeles. La sola cosa
che la signorina Blackburne mi aveva detto dei suoi amici era che il marito era un noto
inventore e uomo di scienza e che avrebbe rifiutato di accettare qualsiasi evidenza che
non potesse essere provata sottomettendola prima a delle accurate analisi.
Durante la seduta Mickey venne per parlare a Bill e gli domandò se era associato con
la Texaco Corporation. Bill rispose affermativamente, pur pensando che la signorina
Blackburne avesse dato questa informazione al medium. Sia Mickey che la signorina
Blackburne negarono ciò risolutamente. Infatti, per essere chiari, non permetto mai
agli amici delle persone che assistono alle mie riunioni di darmi informazioni su di
loro, perché non solo ciò renderebbe nulla qualsiasi prova, ma anche perché so per
esperienza che se a qualcuno senza volerlo sfugge una parola divento cosciente di
quello che mi è stato detto e la seduta quasi sempre è un fiasco totale.
"Tuo padre è stato ucciso molto inaspettatamente in un incidente di automobile?", fu
la domanda che Mickey porse a Bill, il quale rispose affermativamente. "Cos'è La
Brea?", chiese Mickey subito
- 139 dopo. "E' il nome dell'autobus che uccise mio padre", fu la risposta di Bill (E' d'uso
che certi autisti di autobus diano un nome al loro veicolo negli Stati Uniti). "Tuo
padre dice che la colpa non fu del conduttore come tutti avete creduto, e che non
dovevate far causa alla Compagnia perché la colpa era invece sua. Credeva che avrebbe
fatto a tempo a traversare la strada prima dell'autobus. Dice che il conduttore non
poteva evitarlo e che non fu affatto colpa sua". Mickey, suggerito dalla voce del padre
di Bill, si mise a raccontare le circostanze esatte di come era avvenuto l'incidente,
poi d'improvviso cambiò soggetto: "Tuo padre mi sta dicendo che tu non hai fatto quello
che lui desiderava fosse fatto con il suo orologio a catena massonica". Bill, un poco
urtato, rispose che lo aveva regalato ad un amico di suo padre pensando che quello
fosse il suo desiderio. "Gli hai regalato l'orologio", disse Mickey, "ma cosa hai fatto
della catena?". La moglie di Bill a questo punto interruppe: "Oh, caro", disse, "ho
tenuto la catena perché volevo portarla io". Mickey seguitò a dare messaggi da parte
del padre di Bill che chiedeva di non andare così spesso al cimitero. "Tuo padre ti fa
dire di non cogliere i fiori dal suo giardino per metterli sulla sua tomba perché
preferisce vederli crescere piuttosto che messi su una tomba dove lui non c'è". Era
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
infatti vero che Bill portava i fiori del giardino sulla tomba del padre perché egli e
sua moglie abitavano ora nella casa che era stata la sua. "E cosa è successo del
bastone di tuo padre?", chiese Mickey. "Mio padre non ha mai camminato con un bastone
in vita sua", rispose Bill. Mickey imperturbato replicò, "Sta parlando del bastone che
teneva nel suo cassettone. Girava per tutta la casa alla sera picchiando alle porte e
ai lucchetti per assicurarsi che tutto fosse chiuso ermeticamente". "Oh, quel bastone!"
disse Bill, "è ancora nel suo cassettone".
Quando più tardi venne chiesto a Bill cosa pensava di quella seduta spiritica egli
rispose: "Questa è la serata più meravigliosa della mia vita. Questa è la serata in cui
comincia il mio sviluppo spirituale".
Nei giorni che seguirono Bill ritornò ad una mia seduta e in quella occasione il
padre venne a parlare a lui e alla moglie; la voce era tale da non lasciare alcun
dubbio.
Mi ero abituato al modo in cui gli ospitali americani telefonano a persone del tutto
estranee, come ero io, per offrire ospitalità, e non rimasi troppo sorpreso quando un
signore Le Fevre mi propose di andare a Hollywood a passare la giornata con lui e sua
moglie. Hollywood: quel nome menzionato casualmente al telefono da uno sconosciuto era
bastato per fare rivivere nella mia mente ricordi di un passato incantevole. Malgrado
gli anni passati, nel mio cuore ero
- 140 rimasto il ragazzo che impazziva per le stelle quando andava al cinema da quattro
pennies.
Mentre passavamo lungo Sunset Boulevard prendendo la salita che porta a Beverly Hill,
il signor Le Fevre mi disse che lui e sua moglie avevano venduto la loro catena di
alberghi a San Francisco e avevano comperato una casa a Hollywood dove si erano
ritirati. "Una volta apparteneva a Rodolfo Valentino, l'attore cinematografico", disse
il mio nuovo amico. "Lo ha mai sentito nominare?".
Era passato molto tempo, ma io sentivo ancora l'eco della voce di Valentino: "Un
giorno quando sarete un medium famoso si farà una seduta spiritistica nella stanza che
fu la mia camera da letto nella casa di Hollywood ed io verrò a parlarvi". Poi vidi
un'indicazione e lessi: "Il Covo del Falco" e l'auto si avviò verso la casa.
Era una casa incantevole e i signori Le Fevre ospiti molto cortesi. Fui contento di
accontentarli quando mi chiesero di fare una seduta spiritistica per loro e i loro
amici. Quando mi chiesero di scegliere la camera che preferivo per la mia riunione
risposi che quella che si apriva sul patio mi sembrava la più adatta e non fui per
nulla meravigliato quando il signor Le Fevre mi disse, "Quella era la camera da letto
di Valentino".
Valentino venne a parlarmi immediatamente alla prima seduta nel "Covo del Falco" e
subito dopo averci salutato disse di esser felice di aver finalmente potuto mantenere
la promessa che mi aveva fatto tanti anni addietro. Ringraziò i signori Le Fevre per
avermi invitato nella sua casa, ma temeva che l'avrebbero venduta dopo poco. Questo
provocò un sussulto al signor Le Fevre poiché egli aveva acquistato la casa solo pochi
mesi prima con l'intenzione di farne il suo quartier generale per il Movimento Mondiale
della Pace.
Valentino aveva intuito il timore del signor Le Fevre e lo assicurò che non sarebbe
stato per nessuna ragione spiacevole. I signori Le Fevre avrebbero continuato il loro
lavoro per il Movimento Mondiale della Pace in quella casa e poi avrebbero preferito
abitare in qualche altra parte e di conseguenza venduto il Covo del Falco.
Dopo la seduta ci sedemmo nel grande salone della casa che aveva le tende aperte per
lasciarci vedere tutta la vista di Hollywood che si estendeva davanti ai nostri occhi,
uno scintillio di luci romantiche e di bellezza a distanza. Mi pareva impossibile di
essere veramente seduto nel salone di Rodolfo Valentino con la vista della capitale del
cinema davanti a me come aveva dovuto fare lui tante volte durante la sua vita. Mentre
guardavo stupito, mi resi conto con certezza che Valentino non era mai stato felice in
quella casa e che nessuno avrebbe potuto esserlo. Dopo vari mesi al mio ritorno a
Londra qualcuno mi mandò un ritaglio di giornale che parlava del
- 141 Covo del Falco venduto a Doris Duke, la ricca ereditiera del tabacco aggiungendo
Le Fevre erano andati altrove.
Ebbi un altro immediato contatto con Valentino quando incontrai Mae Murray. Ai
dei film muti Mae era la stella più nota della Metro Goldwyn Mayer, la regina
corona di Hollywood. I suoi riccioli biondi, la sua bocca a forma di cuore
che i
tempi
senza
e la
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
flessibilità dei suoi movimenti avevano affascinato la generazione del jazz e le
avevano portato la ricchezza, la fama e l'adulazione; ma l'avvento dei film sonori e il
suo disastroso matrimonio con il principe David Mdivani l'avevano fatta cadere dal suo
trono e quando l'incontrai il suo tenore di vita era notevolmente diverso da quello dei
giorni quando la sua Rolls-Royce aveva maniglie d'oro e tappeti di zibellino. Mae era
ancora molto attraente ed era un vero piacere stare in sua compagnia perché aveva un
meraviglioso senso dell'umorismo e non si impietosiva per niente sulla sua sorte,
malgrado poche donne siano state sfruttate disonestamente come Mae ai tempi in cui il
suo nome e i suoi film facevano furore ed erano la fonte di grossi guadagni per i
produttori.
Furono Mae ed il suo primo marito, il direttore Bob Leonard, a dare a Valentino la
prima occasione per una parte principale in un film quando egli era ancora uno
sconosciuto ballerino ai margini dell'industria cinematografica, e la loro amicizia fu
durevole e sincera fino alla morte di Valentino. Parlando con Mae, ascoltando le sue
storie su Valentino imparai sempre di più a conoscere e ammirare la persona buona e
gentile che si celava dietro l'attore cinematografico che si era fatta la reputazione
del famigerato amante di tutte le donne di Hollywood.
Mae Murray mi ricevette nella sua casa di Hollywood che si trovava nell'elegante
residenza chiamata Ravenswood Apartments. Mae non solo abitava in quell'edificio ma ne
era anche proprietaria di una gran parte poiché al contrario di tante altre grandi
attrici lei è anche una donna di affari molto esperta e attraverso gli anni ha saputo
investire i suoi enormi guadagni molto giudiziosamente. Trovai la decorazione della sua
casa sensazionale, a dir poco. Era quasi interamente bianca. Le mura, i tappeti, le
tende, la mobilia, tutto era bianco eccetto qualche tocco di un colore forte, ad
esempio dei fiori scarlatti in un vaso bianco, un cuscino color giada sul sofà bianco.
Tutto ciò sembrava essere la cornice per una statua di Mae nuda a grandezza naturale
che dominava il salotto. Come ambiente per la bellezza di Mae e per la sua personalità
tutta questa decorazione era meravigliosa, ma non potevo impedirmi di sentirmi
terribilmente nostalgico per Edith e la mia modesta casa a Sydney Grove.
- 142 Il giorno prima che io lasciassi Hollywood era l'anniversario della morte di
Valentino e feci un pellegrinaggio sentimentale al Memorial Cemetery per mettere fiori
sulla sua tomba. Trovai che il bianco mausoleo era già ricoperto di fiori e il
guardiano del cimitero mi disse che malgrado fossero passati più di venti anni dal
giorno della sua morte, già dal mattino da tutte le parti del mondo erano arrivati quei
tributi floreali. Lo stesso guardiano mi indicò un vaso nella cripta che conteneva 13
rose, dodici rosse e una bianca e mi disse che per poco avevo mancato di vedere la
Donna in Nero, la donna misteriosa vestita a lutto che appare sulla sua tomba con
tredici rose tutti gli anniversari della morte dell'attore.
Qualche anno dopo il mio mancato incontro con la Donna in Nero ebbi la rivelazione
datami da lei stessa, del suo pellegrinaggio annuale al Memorial Cemetery e siccome fa
luce su una parte sconosciuta al pubblico della vita di Valentino voglio rivelare
questa storia.
La Donna in Nero era una violinista ed una pianista, il suo nome era Ditra Flame.
Aveva incontrato Valentino nel 1918 quando egli era ancora povero e sconosciuto e
cercava di farsi una carriera come ballerino. Ditra aveva allora quattordici anni; poco
tempo dopo il loro incontro ella si ammalò gravemente e fu mandata in ospedale. La
ragazza aveva paura di morire e ossessionata all'idea che nessuno si sarebbe
preoccupato di lei né si sarebbe ricordato di lei dopo la sua morte. Valentino passava
ore al suo capezzale cercando di darle la forza di vivere e di confortarla. Ogni
qualvolta egli veniva a trovarla le portava delle rose rosse e non avendo ancora fatto
carriera doveva essere una spesa difficile da affrontare. Un giorno la trovò piangente,
che si sentiva prossima a morire e che sarebbe stata sola e dimenticata nella sua
tomba. Allora Valentino le promise che se fosse morta lui le avrebbe portato delle rose
rosse tutti i giorni. "Ma ricordati", aggiunse, "che se io dovessi morire prima di te
neanch'io voglio essere solo e dimenticato". Lui morì prima e Ditra non ha dimenticato.
Benché le lettere da casa fossero immancabilmente allegre, cominciai a essere in
pensiero per la salute di Edith e appena arrivato a New York prenotai il biglietto per
il mio ritorno sul Queen Mary.
Quando entrai nel nostro salone a Sydney Grove la faccia di Edith si illuminò e
questa fu la mia ricompensa per aver tagliato corto il mio viaggio negli Stati Uniti.
Stava seduta su una sedia vicino alla finestra, e siccome era un giorno caldo mi
domandai perché avesse una coperta drappeggiata attorno alle ginocchia. Quando mi
inginocchiai vicino a lei per prenderle le mani e farle tutte le domande che riempivano
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
la mia testa, mi accorsi della ragione per cui aveva la coperta; Edith cercava di
nascondermi più a lungo possibile che era seduta su di una sedia a rotelle. Quando
Edith vide la mia fac- 143 cia capì, come sempre capiva, cosa passava nella mia mente e mi sorrise, quasi con il
sorriso radiante che sempre la distingueva. "Adoro la mia sedia, caro", disse, "posso
girare meravigliosamente bene in giardino e dappertutto".
Più tardi quella sera scappai dal dottore di Edith per sapere la verità sulla salute
di mia moglie. Mi disse che Edith aveva avuto un altro piccolo attacco di paralisi
durante la mia assenza e che era poco probabile che ritrovasse l'uso delle gambe.
Quando gli feci la domanda inevitabile mi disse essere sua opinione che non avrebbe
potuto vivere più di due anni. Ero deciso a fare di quei due ultimi anni i più felici
della sua vita.
Mentre ero in viaggio il mio comitato aveva organizzato un programma molto pesante;
vi erano grandi sedute a Londra, Birminghan, Leeds e varie altre città, e quasi tutte
si facevano in grandi sale che contenevano fino a duemila persone. Non ho mai posseduto
una automobile, ma ogni qualvolta mi era possibile prendere un treno per tornare a casa
dopo queste sedute correvo alla stazione anche se era tardi nella notte. Tornando a
casa facevo il tè e lo portavo in camera di Edith su un vassoio per berlo insieme a lei
mentre le raccontavo tutto, le prove evidenti che erano avvenute alla riunione, e le
piccole cose divertenti che erano successe prima che cominciasse la serata. Tutta la
giornata in qualsiasi strana città io mi trovassi pensavo a quel momento in cui avrei
ritrovato Edith e chiacchierato con lei fino a tarda ora.
L'affetto che Bill portava a Edith si manifestava negli sforzi che faceva per
inventare cibi che tentassero il suo appetito e nelle costanti cure per rendere la sua
vita più confortevole. Qualche volta mi mettevo d'accordo con il direttore del cinema
del quartiere e insieme a Bill portavo Edith sulla sedia a rotelle per farle vedere un
film. Quelle uscite le facevano tanto piacere perché le sembrava partecipare a una vita
normale e le rimontavano il morale.
A una delle sedute al Kingsway Hall si manifestò uno spirito che aveva urgente
bisogno di comunicare con i suoi genitori benché costoro non si trovassero fra le
duemila persone nella sala. Un certo numero di messaggi erano stati trasmessi quando
Mickey parlò della presenza di un giovane che rifiutava di dare il suo nome, ma che
descriveva come si era tolto la vita mentre i suoi genitori erano al teatro Empire a
Hackney. "L'ho fatto in un momento di pazzia, e adesso me ne rammarico. Tornarono a
casa dopo il teatro e mi trovarono impiccato alla ringhiera della scala".
Immediatamente un signore seduto nell'uditorio che si chiamava Shead disse di
ricordarsi di aver incontrato un signore poche settimane prima ad una riunione mondana
il quale gli aveva raccontato dell'inesplicabile sui- 144 cidio di suo figlio e le circostanze descritte erano analoghe a quelle che descriveva
Mickey. "So di questo ragazzo!", disse forte il signor Shead, aggiungendo: "Ho
incontrato il padre recentemente e mi ha raccontato la tragica morte di suo figlio!".
Mickey ritornò per parlare con il signor Shead. "Il ragazzo è disperatamente ansioso di
far sapere ai suoi genitori che è vivo e che gli dispiace di aver causato loro un
dolore così grande. Vuol farglielo sapere?". Il signor Shead promise di farlo.
Quella stessa sera si manifestò un altro suicida per esprimere il suo rammarico per
quello che aveva fatto.
La signora Bullock di Kenton fu accolta dalla voce di suo marito il quale diceva di
essere accompagnato da un giovane di cui diede il nome. Mickey interruppe per dare
alcuni dettagli. "Questo giovane era nel Home Guard e vuole che lei dica a sua madre
quanto si rammarica di aver fatto quello che ha fatto. Capisce il terribile chock che
ha provato sua madre trovandolo morto in cucina. La prego di salutare Pearl". La
signora Bullock allora disse al pubblico che il giovane aveva vissuto nel loro
villaggio e che si era sparato in cucina nella casa dei suoi genitori. Pearl era la sua
ragazza.
Non tutte le riunioni andarono lisce, me ne ricordo una al Corn Exchange a Bedford in
cui Mickey accettò una sfida con un tale che interrompeva sostenendo che vi fosse un
microfono nascosto nella hall attraverso il quale un complice faceva la voce di Mickey.
Mickey aveva individuato una signora Bonning e presentato uno spirito che voleva
comunicare chiamato Punter il quale diceva di conoscere la signora Bonning. La signora
ammise che aveva conosciuto il signor Punter, quando lo spirito si mise a parlare
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
direttamente. Con voce chiara disse che abitava a Luton dove aveva posseduto una
fabbrica di cappelli. "Abbiamo avuto un incendio e cercai di salvare alcune delle
ragazze intrappolate", disse. La signora Bonning si ricordò dell'incendio e aggiunse,
"Lei faceva parte della Chiesa degli spiritualisti di Luton". "No", replicò lo spirito,
"quello era mio fratello". Il signor Punter stava ancora parlando quando un giovane
aviatore della Air Force chiese ad alta voce che si rimuovesse il microfono dalla parte
anteriore della cabina. Il signor Collins, che era il mio presidente, domandò a quale
scopo e il sergente replicò che per quel che ne sapeva Mickey poteva parlare da un
altro microfono nascosto nella sala. Nel mezzo di questo alterco tra il signor Collins
e il sergente, Mickey urlò che se fosse necessario si poteva togliere il microfono. Fu
allora piazzato distante dalla cabina e da un lato.
- 145 A quel momento Mickey schiamazzò "Mi potete sentire nel retro della sala?". Non avevo
mai sentito Mickey urlare così forte, la sua voce riempì l'intera sala di frastuono.
Il signor Collins chiese al sergente se fosse convinto che non vi erano microfoni
come aveva insinuato e timidamente il giovane fu d'accordo, ma aggiunse ferocemente che
probabilmente il ricevente dei messaggi era un complice piantato fra il pubblico. Ero
furioso di sentire questo mentre ero seduto nella cabina fino a quando mi ricordai che
questo era esattamente quello che io avevo sospettato degli altri medium nei tempi in
cui facevo ricerche nel campo dello spiritismo.
La signora Bonning che si era arrabbiata per essere stata calunniata da chi metteva
in dubbio la sua integrità si alzò e rispose con tanto vigore che una volta per tutte
al sergente fu chiusa la bocca, ma le condizioni di armonia nella sala furono rotte
dall'incidente provocato dal signor Collins e la riunione ebbe termine.
I momenti culminanti nella limitata vita di Edith erano le visite di Owen con la sua
adorabile bambina. Giorni prima che arrivassero faceva progetti con Bill per i pranzi
da preparare e pensavo ai giocattoli che avrebbero potuto sorprendere e divertire la
bimba.
Dal momento del loro arrivo fino al momento della partenza Edith ritrovava un poco
del suo radiante sorriso e tutto era quasi come se gli antichi tempi fossero tornati.
Owen non poteva mai evitare che i suoi sentimenti si riflettessero sul suo viso e un
giorno quando venne tutto solo a trovare Edith mi accorsi subito che aveva una notizia
che temeva di darle. Con molte precauzioni egli disse alla madre che il padre di Jane,
un uomo di affari benestante, gli aveva offerto un posto di direttore nella sua ditta e
che lui e la moglie avrebbero lasciato l'Inghilterra per una nuova vita in America.
Quando Owen ebbe terminato di parlare, Edith disse, "Ma certo devi andare, caro, è
un'occasione meravigliosa. Sono così felice per te". Non l'ho mai tanto ammirata come
quel giorno.
Il giorno della partenza di Owen annullai tutti i miei appuntamenti per rimanere
vicino a Edith fino al momento che la nave fosse salpata, sapendo che la mia presenza
le era indispensabile. Era pazientemente seduta sulla sedia a rotelle, le sue mani,
rese goffe e incerte dalla malattia, raccogliendo dei fili da un groviglio di lana che
cercava di sbrogliare, i suoi occhi fissi sull'orologio a mano a mano che si avvicinava
l'ora della partenza di suo figlio. Quando le lancette si fermarono all'ora dovuta,
sospirò, e ancora una volta sentii la mia voce con lo stesso tono inadeguato di sempre
in simili casi che diceva, "Vado a preparare il tè".
- 146
Da quel giorno la salute di Edith peggiorò rapidamente fino al giorno in cui non poté
più alzarsi dal letto e il dottore mi avvertì che la fine era vicina.
Una sera mentre ero seduto vicino al suo letto raccontandole tutto quello che era
successo durante la giornata come piaceva tanto a lei vidi che il suo volto aveva
cambiato in maniera indefinibile e con una voce debole mi disse: "Ti amo tanto", poi
cadde in coma che durò due giorni prima che il suo spirito si liberasse.
La cremazione ebbe luogo a Golders Green e la cappella era piena di amici e di fiori
variopinti. L'organista suonava la musica che Edith aveva amato e il nostro vecchio
amico, reverendo Sharp, pronunciò le parole d'addio. Non vi furono lamenti né lacrime,
solamente la tristezza di vedere una persona cara intraprendere un viaggio quando il
giorno della riunione è ancora sconosciuto.
Quella sera quando tutti gli amici se ne furono andati ed io ero solo nella camera
che Edith e io avevamo diviso per tanti anni fui preso da un'ondata di disperazione
perché mi rendevo conto che non ero rassegnato alla perdita della sua presenza fisica;
la mano che metteva nella mia nei momenti di scoraggiamento, il suo sorriso, gli
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
scherzi che ci facevamo nei momenti di intimità. Mi domandavo se potevo seguitare a
vivere in una casa piena di ricordi di una felicità passata.
L'indomani ricevetti due lettere dalla California, una era di Owen che mi invitava in
casa sua per un periodo indeterminato e l'altra da una Società Parapsicologica di Los
Angeles che mi chiedeva di diventare il loro medium residente.
Come sempre quando una decisione tocca il mio lavoro spirituale, decido di chiedere
consiglio ai miei invisibili protettori per sapere quale di queste due offerte dovevo
accettare. L'indomani in una seduta in casa mia posi la domanda.
Con mia grande sorpresa, e devo ammettere anche disappunto, mi chiesero di rifiutare
ambedue le offerte, mi dissero che dovevo rimanere in Inghilterra per fare un nuovo e
speciale lavoro che avevano in mente di farmi fare. Mi dissero inoltre che la fase
pubblica spiritistica doveva ora terminare perché le grandi dimostrazioni e i viaggi
necessari insieme al resto del mio lavoro avrebbero affievolito le mie energie in modo
tale che non solo la mia salute ma anche le mie facoltà medianiche erano in pericolo.
Finalmente mi fecero sapere che molto presto mi sarebbe stato offerto un grande
appartamento nel cuore di Londra che i miei mezzi potevano pagare e di accettarlo. Devo
confessare che non mi sembrava vi fosse la più remota possibilità di una simile
offerta. Vi era una carenza acuta di case vuote nel centro della città e i proprietari
potevano
- 147 chiedere ai futuri inquilini affitti molto alti oltre una forte somma per prendere
possesso della casa.
Tre mesi dopo mi trovavo in un appartamento con giardino in una grande casa a
Bayswater dando istruzioni dove piazzare i miei mobili agli uomini che mi traslocavano
e domandandomi quale sarebbe stato il lavoro speciale che dovevo fare in futuro.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo XIII
Non ho mai ignorato i consigli di quelli che dall'aldilà mi proteggono durante tutta
la mia vita di medium e neppure ignorai il loro ammonimento quando mi dissero che il
dono che io possedevo era in pericolo per aver lavorato troppo. Appena sistemato nella
mia nuova casa, senza alcun dubbio ottenuta grazie a loro, mi ritirai dalla vita
pubblica. Rifiutai energicamente qualsiasi invito per sedute pubbliche attraverso tutto
il paese anche se queste erano molto tentanti finanziariamente. Il mio nuovo numero di
telefono non era nell'annuario telefonico ed evitai pubblicità di ogni genere. Limitai
rigorosamente il numero delle sedute private a persone che sinceramente cercavano la
verità ed a quelli che erano nella disperazione.
Naturalmente la mia rendita fu molto ridotta, ma l'affitto che dovevo pagare a Leon e
Rose, i proprietari di casa, era molto modesto e guadagnavo abbastanza per vivere
tranquillamente e continuare a pagare lo stipendio di Bill. Per la prima volta in vita
mia avevo il tempo di riposare, meditare e dedicarmi ai miei due hobbies gemelli, la
fotografia e l'arte del film muto, e di godermi la compagnia dei miei amici. Divenni
più calmo, più rilassato e la mia salute migliorò molto.
Durante quei mesi aspettavo che mi venisse indicato il nuovo lavoro di cui mi avevano
parlato quelli che mi guidano dall'aldilà. Una di quelle sedute mi è rimasta impressa
nella mente, per la strana riluttanza di una madre scettica di accettare e perfino
rispondere agli sforzi frenetici di un figlio morto che desiderava provare la sua
identità.
Patrick Selby, Direttore Generale di un'organizzazione che controlla le attività dei
due teatri più importanti del West End venne a una seduta in casa mia accompagnato da
sette amici fra cui vi era una signora che chiameremo signora Carr perché questo non è
il suo vero nome. Appena la riunione era cominciata fu ovvio che tutto quello che
succedeva era diretto verso la signora Carr per convincerla che suo figlio Justin era
sopravvissuto alla morte fisica. Appena Mickey ebbe salutato il signor Selby e i suoi
amici udimmo una voce debole che diceva: "Mamma, sono Justin. E' meraviglioso
- 149 di avere questo momento". La signora spinta dai presenti, rispose, ma la sua voce era
piena di incredulità. Con una voce che non era mai più forte di distinto mormorio,
Justin cercava di convincere la madre della sua identità menzionando vari episodi della
sua vita passata, ma la signora Carr rimaneva distante e disinteressata malgrado tutte
le evidenze. Finalmente, come per stringere la verità il ragazzo morto chiese: "Ti
ricordi quando eravamo sul fiume con i cigni?". Con la stessa distaccata freddezza la
signora Carr rispose: "No, non mi ricordo". La voce dello spirito prese un tono di
tragica disperazione: "Ma è impossibile che non ti ricordi, mamma, i cigni attaccarono
la nostra barca!". Ma sembrava che la signora Carr non si ricordasse affatto
dell'episodio. Ma una ragazza fra i presenti intervenne per dire che ricordava molto
bene l'episodio perché era successo quando lei e la sua famiglia abitavano vicino ai
Carr e le due famiglie andavano spesso in barca insieme. Incoraggiato da ciò Justin
seguitò a ricordare a sua madre piccole cose avvenute durante la sua vita terrestre, ma
la signora Carr le riceveva tutte con mancanza completa di entusiasmo e una evidente
incredulità. Alla fine, e si poteva capire l'esasperazione nella voce del ragazzo,
scoppiò urlando: "Mamma, ti convincerò anche se dovessi morire!". Malgrado la serietà
del momento gli altri presenti, me compreso, non potemmo fare a meno di ridere per
questa frase. E' triste da dire, malgrado tutte le prove ed i tentativi del figlio per
convincere la madre della sua sopravvivenza, la signora lasciò la riunione altrettanto
scettica e inflessibile di quando era entrata.
Una mattina stavo aspettando due amici del Reverendo Drayton Thomas per i quali egli
aveva preso appuntamento per telefono. Dray che era un serio investigatore di
parapsicologia non mi disse nulla dei suoi amici eccetto che si chiamavano Newton.
Quando Bill li fece entrare nel salone fui seccato di vedere che erano seguiti da un
cane alsaziano. Bill sapeva molto bene che non tolleravo animali durante le mie sedute
e stavo per chiedergli a che cosa pensava quando mi balenò in mente che questo non era
un cane terrestre.
Durante la seduta il signor Newton parlò con suo padre il quale dopo aver dato prova
della sua identità disse al figlio che Rex era con lui, ed aggiunse che al principio il
cane non capiva perché era stato separato dal suo padrone, ma ora si era abituato e era
molto felice "con mamma e con me". A questo punto con mia grande sorpresa e imbarazzo
mi accorsi che il signor Newton singhiozzava.
Quando la seduta ebbe fine seppi dalla signora Newton che la coppia era
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
recentemente arrivata dall'Australia con l'intenzione di
- 150
stabilirsi in Inghilterra. Prima di imbarcarsi la signora aveva persuaso suo marito di
fare ammazzare il cane perché sarebbe stato più facile cominciare una nuova vita senza
di lui. Suo marito non si era ancor perdonato
di
aver
accettato la proposta di
uccidere il cane che tanto amava.
Quella seduta non era la prima e nemmeno doveva essere l'ultima in cui avevo avuto
prove che anche gli animali domestici vivono in un'altra dimensione. Sono convinto che
l'amore che diamo ai nostri animali su questa terra serve per innalzarli in una
dimensione più elevata di quella dove normalmente finiscono le altre forme di vita e
che quando moriremo li ritroveremo per darci il benvenuto.
Ogni tanto succede a due persone sulla terra di fare un patto che quello che morirà
prima farà tutti gli sforzi per comunicare dall'aldilà e si mettono d'accordo su una
parola oppure un codice per identificarsi fra di loro e provare la loro sopravvivenza
dopo la morte.
La signora Grover che ora vive a Dulverton nel Sommerset, fissò un appuntamento con
me quando abitava a Londra qualche anno fa, con la speranza di confortare sua figlia
più giovane mettendola in contatto con il marito morto recentemente. Durante la seduta,
Bill, il genero della signora Grover, venne a parlare chiamandola "Gerry" come faceva
durante la sua vita terrena e domandando della sua salute. Poi con una voce carica di
tensione disse: "Mamma Orso, Papà Orso e Brumas". Dopo aver ripetuto varie volte questa
frase priva di senso, disse confuso: "Non so perché dico questo per provare la mia
identità". La signora Grover non solo rimase delusa, ma anche disorientata per quella
frase che era stata ripetuta tante volte e che non significava nulla per lei. Tornando
a casa raccontò a sua figlia l'accaduto e rimase sorpresa di vederla radiante di
felicità. Quella stupida frase che Bill aveva mormorato tante volte e con grande sforzo
non era altro che il codice stabilito per cercare di comunicare fra di loro qualora uno
morisse prima dell'altro.
Qualche anno dopo la signora Grover ritornò da me per un'altra seduta spiritistica e
di nuovo Bill si manifestò. Siccome fu abbastanza gentile da mandarmi un estratto del
resoconto, non credo io possa far meglio che menzionarlo.
"Sedemmo per parecchi minuti e cominciavo a temere che il caro Mickey non sarebbe
venuto a parlarci, ma invece non fu così e dopo la solita chiacchieratina, egli disse:
'Bill è qui, zia Gerry'. Con mio grande stupore le prime parole che disse mio genero
furono: 'Gerry tu sei in pensiero per la tua salute'. Devo spiegare che il signor Flint
non aveva la minima idea che io fossi stata ma- 151
lata per un anno prima di lasciare Londra; avevo avuto dei dolori interni che mi
preoccupavano. Mentre ero a Londra in quel periodo avevo colto l'occasione per visitare
un chirurgo e avevo passato una intera giornata a fare vari esami e radiografie nella
clinica di Londra qualche giorno prima di questa seduta. Il chirurgo era stato
richiamato in Scozia per un'operazione urgente e per questa ragione la sua segretaria
mi aveva fatto sapere che sarebbe passato qualche giorno prima di conoscere i risultati
delle mie radiografie. Perciò risposi a Bill che infatti ero preoccupata per la mia
salute. Bill mi rispose: 'Non hai bisogno di preoccuparti. Ho visto le tue radiografie
e non vi è nessun tumore maligno. Non avrai bisogno di un'operazione, la chirurgia non
può uccidere un microbo! Ma in futuro dovrai fare molta attenzione alla tua dieta e
evitare i cereali'. Mio genero era stato medico e specialista in radiologia durante la
sua vita terrestre. Mi rimane da aggiungere che il giorno seguente la segretaria del
chirurgo mi telefonò per dire che le radiografie erano state viste dal dottore, e
ripeté esattamente le parole confortanti che Bill mi aveva detto durante la seduta in
casa del signor Flint".
Avevo fatto parecchie sedute con il signor S. George Woods, investigatore di
parapsicologia e uomo di grande integrità. Il signor Woods aveva preso l'abitudine di
portare un registratore (nastri di carta in quei tempi) e li faceva ascoltare non solo
ai membri della Chiesa Spiritualista locale, ma a chiunque poteva fare del bene
portando la verità che l'uomo vive dopo la sua morte, che gli piaccia o meno. Quando
George un giorno mi telefonò per domandarmi se poteva portare un'amica alla seduta
dell'indomani, fui d'accordo immediatamente e quando venne all'appuntamento era
accompagnato da una incantevole signora che mi presentò come signora Betty Greene,
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
spiegandomi che questa era la sua prima esperienza delle voci dirette, benché avesse
ascoltato con grande interesse tutte le registrazioni delle sedute in casa mia.
Vi erano altre persone presenti quando George Woods e Betty Greene si sedettero
insieme per la prima volta nel salone dove aveva luogo la riunione ed in quella
occasione lo spirito guida era Rose Hawkins. Uno spirito che ci aveva parlato altre
volte e che era sufficientemente istruito della complessità delle comunicazioni fra i
due mondi per parlare correntemente e intelligentemente con quella che io supponevo
fosse una buona riproduzione della sua voce terrestre, con un sapore 'cockney' perfino
più accentuato di quello di Mickey. Secondo quanto ci raccontò Rose, vendeva fiori per
le strade e il suo posteggio era vicino alla stazione di Charing Cross
- 152 nel cuore di Londra. Aveva vissuto una vita difficile in estrema povertà. Rose era
sempre disposta a rispondere alle domande che le si facevano, ma aveva ammesso
modestamente di non essere uno spirito molto evoluto nel senso spirituale e che non
aveva nessuna conoscenza delle condizioni in cui vivono le anime più evolute nelle
sfere più alte. Quando George chiese a Rose come fossero le sue condizioni di vita ella
rispose: "Questa sì che è una domanda difficile da rispondere! Volete che io vi
descriva il nostro mondo nella vostra lingua materiale! Non saprei da che parte
cominciare. Ma se potete immaginarvi tutte le cose belle del vostro mondo senza tutte
quelle sgradevoli, avreste una vaga nozione di quella che è la nostra".
Una persona del gruppo le chiese se nel loro mondo si pensava al denaro e Rose
rispose sprezzante. "Qui non si compera niente con il denaro, amico! Quello che ricevi
lo devi al tuo carattere, a come hai vissuto e a quello che hai fatto!".
Un'altra persona voleva sapere se vi era una legge e un ordine in quella vita e Rose
disse: "Vi è la legge naturale, mio caro, che tutti impariamo a riconoscere appena
arriviamo qui. Non vi sono leggi e regole come per esempio Governi, ma vi sono leggi
che sono leggi comuni e tutti le riconosciamo".
Quando Rose si mise a parlare del lavoro creativo che fanno gli spiriti fu enfatica
nello spiegare che lo fanno solo perché amano farlo, tutto in questo mondo è fatto per
amore, per esempio, chiunque durante la sua vita terrestre avesse voluto diventare un
musicista e non ne avesse avuto la possibilità qui poteva diventarlo.
Se mi volto indietro ora che sono passati gli anni, capisco che l'invito che George
fece a Betty quella sera fu l'ultimo anello di una catena di avvenimenti che doveva far
conoscere in modo più vasto il mio lavoro di medium.
George e Betty vennero molto spesso a riunioni private dopo quella serata e ogni
volta registravano su nastri affinché altri beneficiassero delle loro esperienze.
Divenni sempre più cosciente durante gli anni della mia associazione con loro
dell'atmosfera di speciale armonia che era stata creata quando erano assieme, e
malgrado alcune volte, come spesso succede nello spiritismo, non si ottenessero
risultati, in altre occasioni ricevevamo comunicazioni da spiriti che avevano evoluto
molto al di là del nostro mondo materiale.
Da quando avevamo lasciato Hendon, la salute di Bill andava lentamente peggiorando,
ma siccome sapeva che la sua morte era solo un passo per una vita più bella egli
guardava in faccia la morte con calma e serenità e senza paura. Quando Bram venne a
vivere con noi Bill lo istruì per insegnargli i suoi doveri, che lui aveva adem- 153 piuto così fedelmente e poi secondo il suo desiderio ritornò nella città dove aveva
vissuto da bambino per viverci il tempo che gli rimaneva da stare in vita.
Erano già due o tre anni che Betty Greene e George Woods venivano alle mie sedute,
quando un giorno Ellen Terry (*) venne a parlarci, e questo è quanto ci disse: "Vi
consiglio di continuare regolarmente il contatto per ottenere il potere e rinforzare il
legame che abbiamo creato apposta per le vostre registrazioni affinché possiate
ricevere delle straordinarie comunicazioni. Vi sono anime da questa parte che hanno un
grande desiderio di approfittare di questa opportunità per darvi informazioni sulla
vita nel nostro mondo e sulla meccanica delle comunicazioni fra il vostro mondo e il
nostro. I nastri da voi registrati saranno il nostro mezzo per raggiungere le persone
nel vostro mondo e li adopereremo quanto più abilmente possibile. Vi porteremo varie
anime da differenti sfere di vita del vostro mondo che vi parleranno e faranno
conferenze che potranno essere ascoltate in tutto il mondo da milioni di persone.
Questa è la ragione per cui vi chiediamo di riunirvi regolarmente con questo medium per
rafforzare il potere che si sviluppa e rendere possibile la venuta di queste varie
entità che verranno a parlarvi di loro e di molte cose importanti per l'umanità".
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Non ho mai avuto dubbi sulla realtà delle mie voci e neanche ho mai discusso
l'integrità degli spiriti che mi guidano, ma mentre ascoltavo la voce di Ellen Terry
improvvisamente mi sentii incerto e triste. Come potevano le registrazioni di George
essere ascoltate da milioni di persone ovunque nel mondo? Sapevo che George durante
tanti anni di ricerche parapsicologiche aveva avuto tante prove della sopravvivenza
dopo la morte, che il suo grande desiderio era quello di dividere le sue convinzioni
con più gente possibile ma... milioni? Non aveva senso.
Quando la voce di Ellen Terry svanì saltai dalla mia sedia per accendere la luce e
domandai a George se poteva farmi sentire la registrazione. Quando udii lo
straordinario messaggio di Ellen Terry per la seconda volta, capii subito che anche se
la cosa sembrava inverosimile prima o poi le registrazioni di George sarebbero state
ascoltate da milioni di persone. Quella sera stessa fu deciso che George e Betty si
sarebbero riuniti regolarmente da me e da quel giorno fino a oggi lo abbiamo sempre
fatto.
La signora Bryant che abitava a Palace Gate veniva da me di tanto in tanto e spesso
il suo defunto marito veniva a parlarle. Geor- - (*) Ellen Terry la più grande attrice drammatica al tempo della regina Vittoria
(N.d.T.).
- 154 ge le dava consigli e l'aiuto che era adesso in suo potere di dare. Un giorno la
signora Bryant venne all'appuntamento accompagnata da uno sconosciuto. Era un uomo alto
e magro che giudicavo essere sulla cinquantina e la signora mi chiese se poteva
assistere alla nostra seduta. La signora, molto correttamente non mi disse il nome, ma
a modo di introduzione mi informò che il suo amico era un perfetto scettico che pensava
la comunicazione con gli spiriti fosse illusione e inganno e, nell'ipotesi peggiore,
frode. Aggiunse che lo aveva deciso a venire con lei contro la sua volontà per
provargli che aveva torto e fargli rimangiare le sue parole. La descrizione che mi
aveva fatto la signora Bryant non era certo una raccomandazione e mentre guardavo
l'uomo che aspettava in piedi nell'entrata, dritto come una bacchetta, non nutrivo
nessuna simpatia per lui, ma ero commosso dalla fede della signora Bryant e per questo
fui d'accordo nell'accoglierlo.
Durante la seduta il marito della signora Bryant non si manifestò come aveva
l'abitudine di fare, ma, dopo che Mickey aveva parlato ai due per qualche momento,
sentimmo la voce di un uomo che diceva di chiamarsi White e che era contento di potere
parlare con suo figlio dopo tanto tempo. Malgrado l'oscurità completa ebbi
l'impressione che la signora Bryant desse un netto spintone al suo amico per farlo
rispondere. Infatti rispose, ma in modo così seccato e condiscendente che avrebbe fatto
meglio a starsene zitto.
Lo spirito provò di nuovo, ma s'incontrò con la stessa mancanza di calore da parte
del mio riluttante cliente. Ne seguì una breve pausa in cui si potevano distinguere le
voci di due spiriti impegnati in una conversazione a bassa voce e da quello che potevo
capire discutevano una strategia.
D'improvviso tutti e tre fummo sbalzati dai nostri sedili quando la voce del signor
White si mise a tuonare: "Ti dirò certe cose figlio, da farti saltare in piedi!". Da
quel momento in poi il padre dette un fiume di prove della sua identità, aneddoti della
fanciullezza di suo figlio, ricordi di cose che avevano fatto insieme, posti dove erano
stati insieme, tutte prove irrefutabili che era veramente suo padre che gli parlava.
Poco dopo il mio scettico spettatore era ingaggiato in una animata e intima
conversazione che evocava il passato.
Quando la seduta ebbe fine, devo ammettere che fui stupito di vedere che l'amico
della signora Bryant rimaneva anche dopo che lei se ne era andata e cominciava a
sottomettermi ad un interrogatorio di terzo grado. Sapevo benissimo chi era, vero? Come
si chiamava il mio amico a Warwick? La signora Bryant mi aveva telefonato presto questa
mattina, non era forse così? Dove si trova il microfono? L'altoparlante? Poteva vedere
la mia copia dell'Almanacco della Polizia?
- 155 Queste e tante altre domande imbrogliate risuonavano in tono arcigno più veloci di una
mitragliatrice o per lo meno così mi pareva.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Finalmente quando la mia testa barcollava per lo sforzo di rispondere a un latrato
prima che ne uscisse un altro, il mio inquisitore cambiò la sua burbera espressione e
mi sorrise calorosamente. "Va bene!" disse e tirò fuori la sua mano come facevano nei
vecchi film quelli di una certa classe. Ci scambiammo la stretta di mano e si presentò
dicendomi di essere il Colonnello Geoffrey White, capo della polizia del Warwickshire e
mi ringraziò per l'interessante esperienza fatta.
Sapevo che l'esperienza fatta dal colonnello era qualcosa di più che un'interessante
esperienza, ma anni di spiritismo mi avevano insegnato che per lo scettico sincero è un
punto d'onore di non lasciarsi impressionare per riconoscere l'evidenza dei fatti.
Mentre in piedi davanti alla porta di casa guardavo il colonnello che si allontanava,
pensavo che non lo avrei mai riveduto.
Mi ero sbagliato perché qualche mese dopo una domenica mattina presto, mi telefonò
per sapere se potevo riceverlo subito. Gli spiegai che non ricevevo nessuno la domenica
e mi offersi di dargli un appuntamento verso la fine della settimana. Mi rispose che il
suo soggiorno a Londra era di breve durata e chiese di fare un'eccezione in suo favore.
Rimasi così impressionato dall'urgenza che sentivo nella sua voce, che fui d'accordo
nel riceverlo quella mattina.
Avevo appena avuto il tempo di spegnere la luce del salone dove eravamo riuniti
quando Mickey ci disse che il padre del colonnello voleva parlargli a proposito del suo
nuovo posto a Cipro. Ne seguì una lunga conversazione fra il colonnello e suo padre che
dovetti per forza ascoltare.
Il colonnello White era stato convocato al Ministero dell'Interno il venerdì
precedente e gli era stato richiesto di servire alle dipendenze dell'Ufficio Coloniale
per intraprendere la riorganizzazione delle forze di polizia a Cipro che allora
dovevano affrontare l'imbroglio Greco-Turco. Il colonnello l'indomani doveva avere una
seconda intervista al Ministero dell'Interno dove aspettavano la sua risposta, ma egli
si sentiva incerto sulla decisione da prendere. Il padre gli disse con una certa
veemenza che doveva accettare questo incarico perché le sue particolari capacità erano
necessarie a Cipro in un momento così pericoloso. Il padre assicurò il figlio che
avrebbe adempiuto molto bene al suo compito e che non correva nessun pericolo fino a
quando sarebbe stato nell'isola. Aggiunse che il colonnello sarebbe tornato in
Inghilterra molto più presto di quanto potesse immaginarlo all'ora attuale.
Quando accesi la luce dopo che la voce se ne era andata, vidi che il colonnello White
era appoggiato allo schienale della sua sedia
- 156 con una espressione di stupore sulla faccia. "Questo è veramente fantastico", disse,
"non solo son convinto che era mio padre che mi parlava, ma nessuno sulla terra,
eccetto io e l'alto ufficiale che ho visto al Ministero sapeva che mi era stato chiesto
di andare a Cipro. E' una missione così confidenziale che ancora non ne ho nemmeno
parlato a mia moglie!".
Il colonnello andò a Cipro e, terminato il lavoro per cui era stato mandato, ritornò
a casa sano e salvo e molto tempo prima di quello previsto.
Al suo ritorno in Inghilterra il colonnello White si fece un dovere di venire alle
mie sedute ogni qualvolta si trovava a Londra, fino al giorno in cui lessi sui giornali
che aveva avuto un attacco, non so di quale natura, mentre si alzava per fare un
discorso a un banchetto in onore della polizia e che era morto sul colpo. Voglio
sperare che suo padre lo aspettasse dall'altra parte.
Gli atei e alcuni membri di chiese cristiane ortodosse, specialmente quelli che non
hanno mai assistito a sedute spiritistiche di nessun genere, spesso ridicolizzano le
guide che aiutano i medium a fare da intermediari fra i due mondi. Pellerossa? Antichi
Egizi? Lama Tibetani? Bambini? Fin dove può arrivare l'inganno e il ridicolo di questi
Spiritisti? Schernitori con pretese in campo di parapsicologia parlano con conoscenza
di personalità secondarie, frammenti di consapevolezza drammatizzazione subcosciente e
fenomeni di auto-ipnotismo. Io non pretendo di sapere quello che vogliono dire e dubito
che anche loro lo sappiano. Certi credenti ortodossi non esitano di denunciare le
nostre guide e gli spiriti che comunicano con noi come diavoli e sostitutori di persone
ugualmente incuranti del salmo che dice. "E Lui ti darà un angelo per proteggerti da
tutti i mali".
Capisco che certi cristiani accettino il concetto dell'angelo guardiano, ma siccome
l'arte religiosa li ha rappresentati come dei super-men caucasiani inverosimilmente
equipaggiati di ali, bisogna essere perdonati se si suppone che l'evoluzione spirituale
è una prerogativa della razza bianca. La verità è più semplice e molto più bella.
Angeli, guide, spiriti protettori, chiamateli come più vi piace, una volta erano uomini
e donne di tutte le razze e di tutte le religioni che vivevano sulla terra e che
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
adesso, da qualsiasi sfera si trovino continuano a evolvere spiritualmente cercando di
aiutare e sollevare l'umanità attraverso l'organismo fisico di una persona sulla terra
che abbia un qualsiasi dono parapsicologico. Naturalmente non solo i medium hanno
spiriti che li aiutano e per parafrasare San Paolo, "Siamo tutti accerchiati da una
grande nube di testimoni", ciò che non vuol significare una moltitudine di spiriti che
gira attorno a noi spiandoci per osservare ogni nostra azione, anche se in privato, ma
semplice- 157 mente che le persone amate che ci hanno preceduto, si curano ancora di noi e si
avvicinano quando pensiamo a loro con vivo desiderio oppure quando mandiamo una
preghiera affinché ci vengano in aiuto.
Durante la guerra, ai miei spiriti guida se ne aggiunse un altro che si presentò in
una riunione dicendo di essere il dottor Marshall, che aveva vissuto, e praticato la
medicina, a Hampstead vicino a Londra. La sua personalità che la sua voce calda e
simpatica facevano intravedere era quella di un dottore ideale per qualsiasi famiglia.
Da frammenti di informazioni che il dottor Marshall ci dava sulla sua vita terrena
fummo capaci di verificare alcuni fatti.
Il dottor Charles Frederick Marshall era nato a Birmingham nel 1864 e aveva compiuto
la sua educazione medica nell'ospedale di Bart a Londra dove si era distinto
brillantemente sia in medicina che in chirurgia. Si interessava in ricerche
parapsicologiche al tempo in cui questo argomento era ancora considerato eccentrico, e
alla fine divenne convinto spiritista. Al principio si era specializzato in malattie
della pelle, ma più tardi si specializzò nelle ricerche sul cancro. Dopo anni di studi
era convinto di avere scoperto un nuovo approccio a quel male e un nuovo metodo per
curarlo. Nel 1932 pubblicò un libro su "Una Nuova Teoria per il Cancro" nel quale
propagava le sue teorie descrivendo un numero di casi avanzati che lui diceva di avere
curato. Sfortunatamente i dotti di quel tempo non ne furono interessati e morì deluso
nel maggio del 1939. Da quando venne a parlarci la prima volta, il dottor Marshall ha
consigliato e aiutato sulla loro salute e sul loro stato mentale migliaia di miei
clienti.
I miei cari amici il signor e la signora Archer vennero un giorno accompagnati dal
loro figlio Roland, di venti anni, che era nella Marina mercantile. Notai che un occhio
di Roland era gonfio e rosso e lacrimava abbondantemente e gli chiesi cosa fosse. Mi
disse che questo occhio gli dava dolori e fastidi da mesi, ma che nessun dottore era
riuscito a trovare la causa del male. Era evidente che il giovane era preoccupato,
anche perché recentemente era stato da un eminente oculista che non aveva saputo
spiegare neanche lui la ragione di quei sintomi. Durante la seduta il dottor Marshall
venne a parlare ai signori Archer e subito si interessò dell'occhio di Roland. Egli
ricordò al giovane che mesi prima aveva pulito gli oblò con un cuscinetto di lana di
ferro e gli disse che una minuta particella si era rotta e gli si era conficcata
nell'occhio: ciò gli causava dolore e irritazione. Consigliò Roland di tornare
all'ospedale oftalmico e con molto tatto suggerire all'eminente specialista questa
possibilità. Il giovane seguì il consiglio del dottor Marshall e la
- 158 particella di lana di ferro venne localizzata e tolta mediante una operazione.
Aspettavo con sempre maggior piacere le sedute con George Woods e Betty Greene. Le
entità che venivano a parlare erano varie e interessanti. Alcune erano state famose
durante la loro vita terrena altre invece avevano vissuto nell'oscurità, ma tutte
avevano qualcosa di interessante da dire, informazioni, frasi per sollevare il morale,
e tutto era registrato su nastri affinché Betty e George potessero dividere le
esperienze delle loro sedute spiritistiche con tutti quelli interessati ad ascoltare.
Una volta venne a parlare uno spirito con un marcato accento francese il quale ci disse
chiamarsi Richet, e durante la conversazione apprendemmo che era il defunto professor
Charles Richet, l'eminente psicologo francese il quale nel 1905 era Presidente della
Società di Ricerche Parapsicologiche a Londra. Mi spiegò come le mie facoltà medianiche
venivano usate dall'aldilà. Mi disse che ogni essere umano possiede una sostanza
chiamata ectoplasma, la quale è forza di vita, ma un medium come me ne possiede molto
di più degli altri. Durante una seduta spiritica, questa sostanza, che è anche chiamata
"la forza", viene estratta dal medium e modellata dagli spiriti i quali capiscono
queste cose e ne fanno la replica delle corde vocali conosciuta sotto il nome di
"scatola per la voce" e qualche volta anche "la maschera". Lo spirito comunicante a
quel momento concentra i suoi sforzi in questa scatola per la voce e facendo questo
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
crea una frequenza, o vibrazione, che raggiunge l'ascoltatore sulla terra con un suono
obiettivo.
Il professore defunto seguitò a spiegarci le difficoltà che incontra lo spirito per
comunicare in queste condizioni. Ci disse che non solo lo spirito deve abbassare le sue
frequenze a quella più bassa terrestre, ma simultaneamente deve ricordarsi il suono
della sua voce quando era in vita e richiamare alla memoria le cose avvenute per dare
prove della sua identità alla persona con cui desidera comunicare.
Quando al professore fu chiesto da uno dei presenti se poteva sia vedere che sentire
le persone sulla terra egli rispose che dipendeva dall'ammontare della concentrazione
che metteva nei suoi sforzi per riuscirci. Ma trovava più semplice percepire i loro
pensieri prima che fossero emessi in parole. Divenne molto aggressivo quando qualcuno
suggerì che spesso le voci non erano esattamente le stesse di quelle che erano state
durante la vita terrena e disse che era assai difficile che potessero esserlo dato che
non usavano le stesse corde vocali di quando erano in vita. Aggiunse che dovevamo
prendere in considerazione il fatto che lo spirito che comunica deve concentrarsi su
tre cose diverse nello stesso momento in cui ci parla.
- 159 Tutto quello che aveva detto Richet mi sembrava logico. Avevo spesso sentito le
osservazioni delle entità comunicanti sulla difficoltà che avevano di parlare
attraverso la scatola perché "oscilla tutto il tempo", oppure dire lamentosamente
com'era difficile ricordarsi certi avvenimenti che provassero senza dubbio alcuno chi
erano mentre si dovevano concentrare con tanta attenzione su altre cose. Come disse il
professor Richet in tono piuttosto irritato: "Il miracolo è di potere comunicare".
Benché certe entità parlino con quello che io chiamo una voce standardizzata (con
questo voglio dire che la voce di un vecchio signore risulta essere molto uguale a
quella di un altro di medesima educazione e livello sociale; anche i giovani ufficiali
morti durante la guerra tendono a parlare tutti con la stessa voce), quello che conta è
ciò che lo spirito racconta e la personalità che la sua voce esprime, assieme alle
prove per stabilire la sua identità a quelli con cui desidera parlare. Alcuni spiriti,
ciò nonostante, forse per la superiorità del loro potere mentale riescono a riprodurre
le voci che sono inequivocabilmente state le loro durante la vita terrestre, e una di
queste era quella di Lord Birkenhead, un ex Lord Cancelliere d'Inghilterra morto nel
1930.
La Legge Omicidi del 1957 puniva con la morte per impiccagione cinque categorie di
assassini e durante una seduta avvenuta mentre questa legge era in atto, si manifestò
lo spirito di Lord Birkenhead per parlare con eloquenza e urgenza per quasi un'ora
della necessità di abolire totalmente la pena di morte. Dopo essersi presentato con il
semplice nome di Birkenhead, disse: "Questo è un aspetto della legge sulla criminalità
che ha più bisogno di essere cambiato; che la pena di morte sia applicata mediante
impiccagione o con mezzi chiamati più umani, niente giustifica l'uccisione fuori dalla
legge come neppure in nome della legge".
Ammise che le opinioni espresse erano opposte a quelle che aveva avuto in vita e ci
spiegò perché era avvenuto questo cambiamento dicendo: "Ho visto gli effetti da questa
parte della vita quando la legge ci manda delle anime che non sono né preparate né
pronte, la loro mente è in stato di agitazione, piena di pensieri di odio, vendetta e
paura. Queste anime indugiano vicino alla terra", seguitò "e spesso quelli che sono
conosciuti sotto il nome di omicidi identici è dovuto a questi spiriti vendicativi che
si aggirano attorno alla terra e si intromettono nel pensiero di individui nel vostro
mondo mentalmente instabili e li obbligano a commettere lo stesso crimine per cui
l'individuo ha subìto la pena in base alla legge". Come alternativa alla pena capitale,
Birkenhead suggerì che "lo sfortunato individuo che ha commesso l'assassinio potrebbe
essere adoperato per
- 160 servire in qualche modo la società dandogli l'opportunità di salvarsi mediante il
pentimento". Verso la fine del suo impressionante discorso egli dichiarò: "La morte non
esiste. Noi viviamo e proviamo costantemente di ispirarvi. Vi chiedo, vi supplico, di
fare tutto quello che è in vostro potere per far valere le mie ragioni e portare la
verità all'umanità".
Quando la registrazione di questa comunicazione fatta dal defunto Lord Birkenhead fu
fatta ascoltare al signor Charles Loseby, egli disse: "E' Birkenhead. Nella mia mente
non vi è l'ombra di dubbio. Siccome fu grazie a lui che io diventai avvocato l'ho
conosciuto intimamente durante tutta la mia carriera". Il signor Loseby più tardi fu
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
intervistato alla televisione e ripeté le sue dichiarazioni davanti a milioni di
spettatori. Quando sentii che aveva fatto questo, mi ricordai la promessa fatta da
Ellen Terry, che allora sembrava impossibile potesse avverarsi.
Lilian Baylis, l'indomabile donna che aveva trasformato un teatro abbandonato in uno
famoso conosciuto dal mondo intero sotto il nome di Old Vic, inaspettatamente fece un
discorso drammatico in una seduta avvenuta due giorni dopo che il sipario era calato
per sempre nel suo teatro per far posto al Teatro Nazionale. La signorina Baylis
espresse il suo rammarico perché il teatro "Vic" non era rimasto in uso come scuola per
gli aspiranti di arte drammatica e chiese se fosse stato veramente necessario di
perdere un nome che per tanto tempo aveva tenuto alta l'arte drammatica in Inghilterra.
"Poteva almeno essere lasciato in uso in segno commemorativo del passato", disse
tristemente.
Quando uno dei presenti le chiese se fosse stata presente all'ultima rappresentazione
nel suo teatro, la signorina Baylis rispose con una traccia di impazienza:
"Naturalmente ero presente! Credevate che potessi mancare per l'ultimo atto? E' stata
una serata molto triste, ma ero molto fiera. Sono sicura che il Teatro Nazionale sarà
un successo perché ha le sue radici in quelle dell'Old Vic, e queste radici erano
forti".
Miss Baylis ci disse che molte altre famose personalità nel mondo del teatro erano
presenti alla serata d'addio, compresa sua zia Emma Cons che anni prima aveva diretto
il teatro.
Quando la registrazione della drammatica conferenza fatta da Lilian Baylis fu fatta
ascoltare al Capitano Newcombe di Hove, egli scrisse quanto segue: "La registrazione ci
ha certamente portato l'esatto ritratto della defunta Miss Baylis tale e quale io me la
ricordo; la voce, i manierismi erano senza alcun dubbio i suoi. Sono molto grato per
l'opportunità che mi è stata data di sentire ancora una volta la voce della mia vecchia
amica".
- 161 La signora Watson, che vive a Ho ve, è la figlioccia della defunta Lilian Baylis, e
quando sentì la registrazione scrisse: "Sono molto felice di confermare che quella era
la voce di Lilian Baylis, non ne ho alcun dubbio".
Una sera mentre ero in visita da alcuni amici chiacchierando del più e del meno,
cominciai a sentire una forte personalità che si impossessava di me psichicamente e,
benché facessi sforzi per ignorare la sua presenza, alla fine divenne troppo evidente
per resistere e allora io suggerii di chiudere la tenda e spegnere le luci per cercare
di sapere chi fosse questa personalità. La tenda fu chiusa e le luci spente, ma vi era
un'oscurità solamente parziale perché avevamo improvvisato la seduta. Fortunatamente
avevamo un nastro registratore. La mancanza di oscurità totale non impedì la
personalità di cui avevo intuito la presenza di parlarci quasi immediatamente con un
forte accento irlandese.
Al principio nessuno di noi aveva capito chi fosse, ma quando fece menzione delle sue
commedie e ci disse che malgrado i suoi successi non aveva nessun desiderio di
ritornare sulla terra perché di essere stato George Bernard Shaw era stata
un'esperienza molto importante per qualsiasi uomo, lo accogliemmo con entusiasmo.
Durante la sua vita terrena Shaw aveva sempre espresso scetticismo in una vita aldilà
della tomba, e una signora fra i presenti gli chiese quale era stata la sua reazione
quando dopo la morte si era reso conto di essere in errore. Egli rispose: "Ero molto
sorpreso e perturbato e allo stesso tempo esultante, se uno può avere tre emozioni così
diverse alla volta".
Uno dei miei amici provò a fargli criticare il teatro dei tempi presenti, ma egli si
rifiutò dicendo che non condannava nulla perché aveva imparato che era peccato. "Non ho
mai cercato veramente di essere un peccatore", aggiunse, "quando ci ho provato non ci
sono mai riuscito molto, con mio grande disappunto; un paio di volte volevo peccare con
due incantevoli donne, ma esse non volevano farlo per corrispondenza. Ero un vecchio
sentimentale, ma non volevo che se ne accorgessero e cercavo di nasconderlo con modi
bruschi, scuotendo la mia barba per spaventare la gente, ma penso di avere avuto più
successo con la mia penna di quello che ho mai avuto con la mia lingua".
Dopo aver chiacchierato con noi per un certo tempo, Shaw si mise a criticare se
stesso. "Alcuni dei miei personaggi erano solo burattini che esprimevano le mie idee e
devo ammettere che un paio delle mie commedie sono impossibili da rappresentarsi, ma mi
fa piacere di pensare che ho creato uno o due personaggi che vivranno".
- 162 -
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Quando questa registrazione venne ascoltata da L. F. Easterbrock, nel 1962, egli
scrisse: "Ho trovato la registrazione di George Bernard Shaw molto interessante. Più ci
penso più mi sembra impossibile per qualsiasi altra persona che non fosse lui di
esserne l'autore. Mi ha fatto tornare in mente quel senso di ilarità contagiosa che si
aveva stando con lui quando era con gli amici intimi e non cercava di brillare.
Sembrava che il mondo con tutte le sue follie fosse tremendamente divertente, da
prendersi in giro, sebbene con gentilezza e comprensione".
Per la stessa registrazione il Reverendo Barham scrisse nel giugno del 1970: "In
marzo 1959 ho fatto ascoltare la registrazione di George Bernard Shaw a George Bishop,
critico drammatico del Daily Telegraph e amico intimo di Shaw per vari anni. Dopo che
il signor Bishop ebbe ascoltato egli fece la seguente dichiarazione: 'Sia la mente che
l'umore sono di Shaw'".
Non tutte le personalità che venivano a parlare a George e a Betty durante le loro
regolari riunioni erano persone conosciute durante la loro vita. Uomini e donne che
avevano vissuto ed erano morti ignoti vennero a parlarci di loro, per dirci come erano
morti e quello che avevano trovato aldilà della vita. Per esempio vi fu Edward Butler
il quale con un caldo accento del Yorkshire ci pregò di chiamarlo Ted. Ci disse di aver
vissuto a Leeds fino a un sabato mattina nel 1923 quando se ne era andato con sua
moglie a fare delle spese. Come ce lo spiegò lui stesso: "Stavo traversando High Street
e prima di poter dire 'madre mia' qualche cosa mi urtò. Era un camion che mi inchiodò
al muro e mi mise fuori combattimento". Poi ci disse che vide una folla che guardava
qualcosa, allora si decise a dare uno sguardo e con sua grande sorpresa vide un uomo
steso a terra che gli assomigliava. "Al principio non mi resi conto che quell'uomo ero
io", disse "ho pensato questo è uno scherzo di cattivo gusto, potrebbe essere il mio
gemello. Non ho pensato che potevo essere io!". Ted vide sua moglie che piangeva fra la
folla, cercava di dirle che stava bene, ma lei lo ignorava completamente. Quando arrivò
l'ambulanza Ted vi entrò con sua moglie e il corpo, e durante il tragitto fino alla
camera mortuaria si adattò alla situazione. Poi Ted andò al suo funerale e a questo
proposito egli ci disse: "Dissi a me stesso in quel momento, tutto questo trambusto e
tutte queste spese per niente perché io ero lì nella carrozza con mia moglie e nessuno
mi dava retta".
Secondo quello che Ted ci disse, era stato un uomo molto materialista che non aveva
mai pensato alla religione e non credeva in un'altra vita. Per questo dopo la morte si
aggirò sulla terra per un certo tempo. Gironzolava attorno alla sua casa, andava in
tram, visi- 163 tava le case dei suoi amici, ma nessuno lo vedeva né lo ascoltava e allora cominciò a
sentirsi solo e infelice. Qualche volta sentiva anche la nostalgia di una birra, ma
benché egli si sentisse solido, quando cercava di prendere il bicchiere la sua mano lo
attraversava e non ce la faceva.
Un'altra volta venne a parlarci un'entità con un accento tedesco gutturale e ci disse
di essere un certo dottor Franck e di essere stato prigioniero a Dachau nel campo di
concentramento dove era stato ucciso perché si era rifiutato di fare "certe cose che
volevano che io facessi e che non mi piaceva fare".
Al principio quando fu mandato a Dachau, il dottor Franck era stato autorizzato a
praticare la medicina per aiutare gli altri prigionieri e allora la vita nel campo era
sopportabile, ma più in là avevano insistito perché lui cooperasse a fare certi
terrificanti esperimenti chirurgici sui suoi compagni di prigionia e quando egli si era
rifiutato lo avevano messo a morte. Ci disse che intorno a Dachau ancora oggi vi è
un'atmosfera di miseria e d'infelicità e di diaboliche crudeltà per tutte le cose che
sono state fatte. Quando al dottor Franck fu chiesto com'era la sua vita nell'aldilà
egli ci disse che era ancora un dottore, ma ora curava le anime per aiutarle a
liberarsi delle loro idee stagnanti, dalla paura, dall'odio e dai pregiudizi che
ostacolano il loro progresso spirituale. Prima di lasciarci il dottor Franck disse: "La
gente sulla terra dovrebbe realizzare che un uomo è quello che pensa, e con i suoi
pensieri e le sue azioni durante la sua vita, crea il suo proprio paradiso oppure il
suo proprio inferno qui".
Nel 1963 lo scandalo Profumo scosse l'Inghilterra e Stephen Ward, un osteopata alla
moda e artista di un certo talento, fu processato all'Old Bailey per essere coinvolto
nell'affare. Mentre era ancora in libertà provvisoria e prima che il verdetto o la
sentenza fossero pronunciate, Ward si suicidò. Non avevo mai incontrato Stephen Ward e
nemmeno i suoi amici intimi, i livelli sociali in cui ci muovevamo erano troppo
disparati per questo e non sapevo nulla di lui salvo quello che leggevo sui giornali e
sentivo dire dalla gente. Per questo rimasi molto sorpreso quando subito dopo la sua
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
triste e solitaria morte Stephen Ward venne a parlarci durante una delle nostre sedute.
Con uno stentato e rauco mormorio egli disse che gli era rincresciuto di doversi dare
la morte ma la sua coscienza era pulita perché non aveva commesso nessuno dei crimini
di cui la società lo aveva accusato. "Ho fatto errori e sono stato vanitoso e molto
sciocco, ma non ho fatto nessuna di quelle cose di cui sono stato accusato e avrei
dovuto difendermi fino all'ultimo".
Poco dopo quella difficile comunicazione, Stephen Ward ritornò fra noi a parlarci, ma
questa volta la sua voce era più forte e
- 164 poté parlare per lungo tempo. Ancora una volta espresse il suo rammarico per "essersi
arreso", ma disse che sentiva una rete di bugie stringersi attorno a lui per farlo
condannare mentre era innocente, quando la sua unica colpa era quella di essere stato
stravagante e snob per vivere la vita elegante fra quelli del jet-set. Ci disse che non
aveva parlato per proteggere quelli che poi divennero i suoi accusatori e che lo
avevano abbandonato e tradito. "E' stato un affare molto sporco", disse, "Io sono stato
il capro espiatorio in un affare che fondamentalmente era politico, ma in realtà
nascondeva qualcosa di più sinistro". Disse che il suo suicidio non aveva risolto i
suoi problemi, ma anzi li aveva resi più difficili da sopportare e ci parlò di alcuni
scritti che aveva lasciato da pubblicare. Era convinto che sarebbero stati soppressi in
Inghilterra, ma probabilmente pubblicati all'estero fra non molto.
Infatti credo che alcuni scritti di Stephen Ward furono pubblicati in Francia poco
dopo.
Ward continua a parlare con noi di tanto in tanto durante le nostre sedute e posso
dire che ha progredito spiritualmente al punto che non si rimprovera più di essersi
arreso e non ha più risentimenti verso gli amici che lo abbandonarono nei momenti di
necessità.
Ethel e Alfred Scarf che vivono a Ipswich venivano regolarmente alle mie riunioni e
mandavano le loro registrazioni a quanti le richiedevano come da tanto tempo facevano
George Woods e Betty Greene.
Nel gennaio del 1964 il signore e la signora Scarf entrarono in contatto con uno
spirito molto evoluto che disse di essere stato un membro della Chiesa Cattolica e un
monaco in un grande monastero in un luogo che oggi chiamiamo Bury St. Edmunds. Disse di
chiamarlo fratello Bonifacio e di essere stato un ribelle ai suoi tempi. Da quel giorno
fratello Bonifacio ha parlato con gli Scarf in varie occasioni, sempre con
scorrevolezza e con un meraviglioso frasario di cui io rimango meravigliato. I suoi
discorsi sono su tutte le questioni morali e uno dei temi che ricorre sempre è la
follia diabolica della discriminazione basata sulla razza, il colore, la classe o la
religione. Il signore e la signora Scarf hanno mandato in Africa molti dei suoi
discorsi su questo tema e ricevono continuamente lettere di richieste per altre copie.
Una volta ebbi l'occasione di far sentire la registrazione di Fratel Bonifacio al
Pastore della Chiesa di West End. Egli ascoltò con interesse e mi chiese se potevo
prestargli il nastro per farlo ascoltare a uno o due amici. Fui felice di
accontentarlo.
Qualche tempo dopo, un altro amico mio membro dell'elegante congregazione mi informò
che il pastore aveva letto quasi parola per
- 165 parola uno dei discorsi di Fratel Bonifacio durante il sermone della domenica, ma
inutile dire non fece menzione da dove veniva.
Al principio del 1970 George e Betty avevano già una raccolta di 200 registrazioni di
comunicazioni spiritiche. Questi spiriti parlano con varî accenti e in vari dialetti e
se alcuni sono stati famosi durante la loro vita terrena, altri invece sono uomini e
donne sconosciuti ritornati sulla terra per raccontarci le loro esperienze dopo la
morte e quello che hanno trovato dopo il loro arrivo nell'aldilà.
Vi è una registrazione fra questa vasta collezione che da lungo tempo ci ha lasciati
perplessi.
Durante una seduta Mickey annunciava che portava due persone che avevano vissuto
negli antichi tempi per parlare a Betty e George. Subito dopo un uomo e una donna
furono uditi parlare fra di loro in una lingua sconosciuta. Dopo poco la donna si mise
a cantare varie canzoni popolari. Speriamo sempre che un giorno troveremo non solo chi
possa identificare la lingua, ma anche tradurre la registrazione in inglese.
Avevo vissuto e lavorato silenziosamente e nell'oscurità per quasi diciotto anni
quando senza preavviso una domenica aprendo il giornale lessi due pagine che parlavano
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
del mio lavoro con George e Betty. La domenica dopo seguiva un altro articolo, che
concludeva "questo era uno straordinario caso che prova l'evidenza di una vita
cosciente dopo la morte".
Questa inaspettata pubblicità ebbe come risultato di ricevere un invito dalla
televisione.
Alcune registrazioni di voci registrate da Betty e George furono fatte ascoltare
durante il programma e fra queste, quella che meglio si adattava era la voce di Ellen
Terry, e io feci del mio meglio per esporre la verità ai milioni di spettatori che
ascoltavano.
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
Capitolo XIV
Quando il mio vecchio amico Padre Sharp morì nel 1960 aveva novantaquattro anni, ma
non aveva mai cessato di sperare che un giorno il coraggioso sogno della Confraternita
sarebbe diventato una realtà e che lo Spiritualismo avrebbe fatto parte delle teorie
della Chiesa. Uno dei suoi maggiori disappunti durante la sua vita fu la soppressione
da parte dell'allora Arcivescovo di Canterbury di un Rapporto sullo Spiritualismo
esposto da una Commissione di uomini di chiesa che avevano passato molti mesi a
investigare le sue rivendicazioni.
Questa Commissione era stata formata dal defunto dottor Cosmo Lang quando era
Arcivescovo di York, ma quando divenne primate d'Inghilterra egli soppresse le scoperte
della sua propria Commissione, i quali con un verdetto di maggioranza erano arrivati
alla conclusione che le rivendicazioni degli Spiritualisti che comunicavano con i morti
mediante persone dotate di un potere medianico, era la verità.
Lord Lang morì nel 1945 e un anno dopo egli parlò a Padre Sharp in una delle nostre
riunioni, mediante le mie facoltà medianiche. Questo è quanto disse: "Se solamente
potessi riavere la mia vita con la conoscenza che posseggo adesso come agirei
diversamente. Potevo fare molto, ma avevo paura". Seguitò a parlare delle migliaia di
giovani anime precipitate nell'altro mondo a causa della guerra, le quali avevano
risentimenti verso la Chiesa per non aver loro insegnato che la morte non è la fine e
un ponte può essere creato fra i due mondi.
Cosmo Lang parlò in un'altra occasione quando George Woods e Betty Greene erano
presenti. Nel 1959 egli disse: "Ho la convinzione assoluta che lo Spiritismo è di
un'importanza vitale e che tutti dovrebbero averne conoscenza, ma sono anche convinto
che è pericoloso adoperarlo erroneamente. Credo sia importante che università e società
siano organizzate affinché possano dare asilo e mantenimento ai medium mentre fanno il
loro periodo di allenamento in maniera idonea, per fare delle loro facoltà medianiche
una vocazione uguale a quella di un ministro della chiesa, dedicando la loro vita a
questo scopo, lontani dal mondo seppure appartenendo al mondo, servendolo. Se vogliamo
metterci in contatto con le più alte forze, le
- 167 forze del bene, quelle che sollevano l'umanità, dobbiamo avere dei medium oppure
istrumenti che abbiano la stessa mente e gli stessi pensieri e siano delle più alte
vibrazioni spirituali, e a me sembra che alcuni dei nostri medium sono sfortunatamente
di livello molto basso. Non voglio che voi crediate che io condanno, ben lungi da me,
sono al contrario ansioso di aiutare. Io penso che solamente quando lo Spiritismo verrà
usato nel giusto modo con medium di alti livelli mentali e spirituali, pronti a
rinunciare ai beni materiali per servire Dio nel vero senso della parola, medium che si
considerino istrumenti del potere divino per servire i figli della Terra, solamente
allora lo Spiritismo sarà un vero beneficio per l'umanità. A me sembra che al momento
attuale stiamo solo grattando la superficie del mondo astrale, come il novanta per
cento dei vostri medium sembrano fare, e in queste circostanze lo Spiritismo non solo
può essere un male, ma anche un pericolo poiché i simili attirano i simili. Entità di
basso livello che si aggirano sulla terra possono usare i medium e mediante loro dire
delle cose che non sono vere e possono essere la causa di molte sofferenze e
infelicità. Ancora più pericolosi, i risultati di queste sedute spiritistiche possono
essere quelli di rimanere ossessionati da entità a basso livello che vogliono
distorcere voi e distorcere la verità. E' molto importante scegliere con cautela il
vostro medium e di comportarvi nel modo giusto. Dovete prima avvicinarvi a Dio, non
solo quando pregate, ma nella vostra vita, per sforzarvi di farne una preghiera vivente
nel pensiero come nell'azione".
Il
Primate
seguitò
dicendo
come
la
Chiesa
di
oggi
si
era
allontanata
dall'insegnamento originale e dalle sue forze originali e come si era smarrita dal
semplice cammino che Gesù ci aveva preparato. Seguitò il suo discorso dicendo che gran
parte dell'insegnamento dello Spiritismo era l'assenza della Chiesa primitiva di quei
cristiani che riuniti possedevano il potere di Dio e vincevano i piaceri della carne
rinunziando a tutto per seguire Gesù! Concluse dicendo: "Se la grande verità della
sopravvivenza venisse dimostrata e manifestata nel modo vero e nel senso elevato come
dovrebbe, tutto il mondo potrebbe cambiare per il meglio".
Una registrazione di questa comunicazione di Cosmo Lang fu fatta ascoltare a Londra
alla Conferenza dell'associazione delle chiese per le Ricerche Parapsicologiche e Studi
Spiritualistici nel settembre del 1960 e vi furono molte discussioni fra i soci che
avevano conosciuto il dottor Lang durante la sua vita terrestre. Nel 1965 George Woods
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
ricevette la seguente lettera dal defunto Conan Shaw, il noto investigatore di ricerche
parapsicologiche e scrittore:
- 168 Caro signor Woods,
Registrazione del dottor Cosmo Lang (defunto Arcivescovo di York) 1° ottobre 1960,
mediante voci indipendenti. Medium: il signor Leslie Flint. Dopo aver ascoltato e
studiato questa registrazione vorrei che questa lettera venisse messa a verbale:
Come direttore del coro a York Minster (1908-15) ebbi molte opportunità di essere in
contatto diretto con il dottor Lang. In varie occasioni fui scelto per portare lo
strascico dell'Arcivescovo. Il dottor Lang usava portare noi coristi con una barca sul
fiume Ouse da Bishopthorpe Palace. Il parlare lento che usava quando faceva un discorso
era nella registrazione come pure i suoi manierismi. Le sue due mani afferravano la
cima della sua stola, poi su una parola od una frase creava un clima di attesa proprio
come lo ha fatto nella registrazione da me ascoltata appoggiando la parola ORA e la
frase "Allora si alzeranno in piedi nella chiesa e lo proclameranno" (questo si
riferisce alla comunicazione). Voltava la testa da sinistra a destra, poi da destra a
sinistra e infine al centro con la ferma intenzione di fare capire i suoi tre punti di
vista a tutta la congregazione. Sì, ho piena fiducia che sia il dottor Lang colui che
comunica, come afferma la registrazione
(firmato) Conan Shaw.
Le osservazioni critiche del defunto dottor Lang sui medium di oggi non sono senza
fondamento. In questi ultimi anni lo Spiritismo ha dovuto dipendere sempre di più da
dimostrazioni di medium intellettuali più che dotati di facoltà medianiche, e malgrado
ci siano stati molti meravigliosi veggenti, chiaroudienti e medium in trance nel
passato, oggi i medium dotati di facoltà medianiche intellettuali, salvo rare
eccezioni, non sono di buona qualità. Probabilmente se ne trovano nell'intimità delle
case dove si fanno sedute spiritiche private con il dono che io posseggo di voci
dirette indipendenti, oppure fra quelli che hanno il dono della materializzazione, con
cui gli spiriti si materializzano in forma riconoscibile per essere stata la loro
durante la vita, solidi a toccarsi e capaci di parlare.
Salvo queste rare eccezioni, i medium sono praticamente inesistenti. Per questo
biasimo i tempi in cui viviamo e la velocità con la quale scorre la nostra vita. Le
facoltà medianiche fisiche sono un dono della natura, ma richiedono molto tempo e molta
pazienza per arrivare al loro completo sviluppo. Nel mio caso ci sono voluti sette anni
di sedute regolari e senza interruzioni fra gente dedicata per arrivare a raccogliere i
frutti del dono che posseggo.
- 169 La vita frenetica di oggi che domanda il successo immediato, i risultati immediati,
facoltà medianiche immediate, non può produrre i medium di elevata qualità sia mentale
che fisica che erano disponibili agli investigatori nei tempi di ozio quando giganti
intellettuali come il professor William Barret, Sir William Crookes, Frederick Meyers,
Sir Oliver Lodge e altri grandi del genere potevano esperimentare con loro e finalmente
arrivare alla conclusione che la personalità umana sopravvive alla morte del corpo.
E' triste pensare che in tempi in cui questa verità è tanto necessaria i buoni medium
siano molto rari. Intorno a noi non vediamo che la distruzione dei valori morali, il
fallimento
dell'autorità, l'inattività
nelle Chiese,
l'esaurimento
della
vita
familiare, e la nostra gioventù, ribelle e inquisitiva, portata a una falsa percezione
chimica per qualcosa di "diverso" con gli allucinogeni che momentaneamente possono dare
loro soddisfazione a un prezzo così dannoso. Eppure fra questi ragazzi abbandonati e
delusi potrebbero trovarsi molti possibili medium i cui doni non saranno mai sviluppati
perché ora pochi tra noi possono convincerli e mostrar loro la via.
Nell'agosto del 1967 Cosmo Lang venne a parlarci ancora una volta, questa volta in
casa mia e vorrei citare un estratto della registrazione che abbiamo fatto del suo
discorso. Egli disse:
"Lo studio della razza umana da tempo immemorabile è di per sé oggetto di lezione per
tutti, eppure non facciamo caso alle lezioni che abbiamo imparato, non vediamo il
presente nel passato, ma che cosa è il presente se non il risultato di eventi passati,
errori passati, follie passate? L'uomo da secoli ha voltato le spalle alla verità e non
vede che dentro di lui, nel profondo della sua anima, si trova la suprema delle verità,
la verità indistruttibile che l'uomo è realmente uno Spirito e di conseguenza
immortale. Sovente penso ai tempi della mia gioventù e con questo entusiasmo ho deviato
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
dai sentieri dell'istruzione religiosa e dell'esperienza. Quante volte ho parlato dal
pulpito alla folla riunita per sentire la parola di Dio, e mi sono sforzato per far
capire la verità quale io la vedevo e sentivo. Guardandomi indietro, vedo che mi
mancava la semplicità e la conoscenza del potere dello Spirito in me. Se solamente io
avessi visto cosa si nascondeva nell'insegnamento non solo di Cristo, ma dei numerosi
profeti e dei grandi riformatori e insegnanti dei tempi antichi. Se io avessi potuto
vedere il filo d'oro che corre dai tempi antichi attraverso tutte le religioni
rendendomi conto che questo singolo filo è la base di tutte le verità, che tutti gli
uomini sono composti di Spirito e fanno parte del grande disegno e che la vita,
qualsiasi forma essa prenda, è indistruttibile perché anche le più basse creature sulla
terra hanno il loro posto e la loro ragione di
- 170 essere non solo nel vostro mondo ma anche nel nostro. Gli uomini molto spesso credono
che lo Spirito ha un'immagine, una forma, oppure una gloria che viene dopo la morte; ma
lo Spirito non è niente di tutte queste cose. E' la forza che anima tutti quelli che
hanno vissuto in forme umane, tutto nella natura, e tutte le manifestazioni di vista
nell'universo. E' la forza, il potere, le vibrazioni della vita e siccome tutto nella
vita è parte dello stesso Spirito, è indistruttibile. Mentre vivete sulla terra siete
sulla stessa lunghezza d'onda, sulle stesse vibrazioni o frequenza di quelli che vi
attorniano e di conseguenza i vostri sensi fisici percepiscono quello che vi circonda
in modo reale e solido. Ma la scienza vi ha insegnato che nulla sulla terra è reale o
solido, la sedia su cui sedete vi sembra solida ma in realtà consiste in circuiti
aperti di cariche elettriche che volteggiano attorno a un centro di nuclei a una
frequenza che è la medesima della vostra. Quando sarete morti continuerete a vivere nel
vostro indefinibile doppio che viene spesso chiamato il corpo astrale, il quale vibra a
una più grande frequenza del corpo fisico. Questo corpo astrale è della stessa
lunghezza d'onda della sfera dove abiterete dopo la morte e per questa ragione tutto
quello che si trova in quella sfera vi sembrerà reale e solido quanto vi sembravano le
cose che vi circondavano sulla terra.
"Qualche volta il corpo astrale è proiettato dalla sua fodera fisica durante la vita
di una persona. Questa proiezione può avvenire volontariamente oppure può essere il
risultato di uno chock, o sotto anestesia, o ipnosi, ma alcune persone hanno la
padronanza di questa tecnica e lo possono fare a volontà. Quelli che hanno fatto
l'esperienza di trovarsi 'fuori' in un altro corpo dicono che il corpo da cui si sono
separati è collegato con il loro corpo fisico da una corda vibrante fatta di luce
argentata che si allunga quando il 'doppio' si allontana dalla forma fisica. Dicono che
possono vedere il loro altro corpo allungato inerte nel luogo da dove è stato
proiettato, un letto, un sofà oppure anche seduto su una sedia. Qualche volta
riferiscono una sensazione di grande riluttanza a ritornare nel loro corpo fisico
perché si sentono così leggeri e allegri nel loro 'doppio'.
"Mentre sono fuori dal corpo fisico non hanno difficoltà di camminare attraverso le
pareti e possono trovarsi dove hanno desiderato di andare con il loro pensiero. Alcuni
che hanno fatto questa esperienza dicono che al toccare gli oggetti che vogliono
prendere in mano questi non sono afferrabili. Questo, se vi ricordate, è stato quello
che è successo a Ted Butler, lo spirito che ci raccontò le sue esperienze durante il
tempo che trascorse errando ai confini della terra. La maggioranza delle persone che
descrivono queste esperienze, non solo mettono in rilievo la felicità di essere 'fuori
dal corpo',
- 171 ma dicono di essere convinti che la controparte in cui si trovano è la forma in cui
continueranno a vivere dopo la morte. Mi hanno detto che la psichiatria ha una
spiegazione più plausibile di questa esperienza della separazione dei corpi. Ignoro
quello che può essere e forse neanche potrei capirlo se mi venisse spiegato, ma se vi
fosse uno psichiatra che avesse l'umiltà di imparare dalla Bibbia, forse questa
citazione dai versi 6-7 potrebbe farlo riflettere. 'Quando un giorno il cordone
d'argento sarà sciolto e la ciotola d'oro rotta... allora la polvere ritornerà sulla
terra come nel principio, e lo spirito ritornerà a Dio che glielo ha dato'".
In rare occasioni è successo che una persona vivente abbia parlato durante le mie
sedute spiritistiche e la persona presente abbia esclamato meravigliata che sua zia
oppure sua cugina o un amico, è ancora di questo mondo. La voce, abitualmente, in
questi casi molto debole, svanisce. Quando richiesta da me questa persona ha
controllato, è sempre risultato che la persona che si era manifestata era malata,
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
oppure in coma e anche profondamente addormentata al momento in cui aveva fatto sentire
la sua voce. La conclusione non lascia dubbi che quella manifestata era la controparte
spirituale, il corpo astrale oppure
il nostro 'doppio' composto da ectoplasma, che
comunicava mentre il corpo fisico era inconscio e inconsapevole.
Quando recentemente accadde che gli inquilini di una casa popolare furono traslocati
perché la loro abitazione era molestata da uno spirito che batteva dei colpi, possiamo
ammettere che questo fenomeno è stato riconosciuto ufficialmente. Spiriti che battono
dei colpi, luci che si accendono e si spengono da sole, terraglie che volano in aria e
si infrangono, rumori misteriosi e altre manifestazioni ancora più paurose, vengono
sempre attribuite dalle persone tormentate alla presenza di spiriti maligni. Qualche
volta si esercita il rito dell'esorcismo, ma nonostante questo lo spirito si ostina a
rendere intollerabile l'esistenza degli infelici occupanti delle case. E' stato fatto
osservare da chi si interessa di investigare questi fenomeni, che le agitazioni
avvengono molto spesso nelle vicinanze di un bambino oppure di una bambina vicina
all'età della pubertà. Se per questi fenomeni bisogna escludere la frode, oppure la
malizia, o qualsiasi altra causa fisica, allora è mia opinione che molto probabilmente
questi bambini siano gente come me, nati con un eccesso di potere ectoplasmico.
Data l'inesperienza delle giovani persone e l'ignoranza di questa forza che
possiedono in loro, delle entità venute da basse sfere dall'aldilà possono usare quelle
facoltà medianiche per manifestarsi in modo malizioso e irresponsabile. Visto la
mancanza quasi completa
- 172 di medium dotati fisicamente, è mia opinione che questi giovani, quando vengono
individuati, dovrebbero diventare il soggetto per cauti e responsabili studi perché le
loro facoltà medianiche possano essere sviluppate secondo le più strette regole
spirituali.
La gente che abita in case visitate da apparizioni di spiriti spesso ricorre al rito
dell'esorcismo per liberarsi dei loro indesiderabili ospiti, ma questo non è sempre il
modo migliore e nemmeno il più gentile per scacciarli. L'esorcismo, con la sua iniziale
scarica di parole: "Vade retro, Satana" presuppone che lo spirito sia un diavolo mentre
invece potrebbe essere solamente un'anima infelice e solitaria che si aggira ancora
sulla terra. Il modo più gentile è di procurarsi i servizi di un medium preferibilmente
accompagnato da quelli che fanno parte regolarmente delle sue riunioni spiritiche.
Non ha importanza se il medium è chiaroveggente, chiaroudiente oppure va in trance,
perché l'entità può entrare in contatto con ognuno di questi. Una volta avvenuto il
contatto il medium e i suoi amici possono sapere perché lo spirito è legato a quel
posto dove si aggira e offrendogli la loro comprensione e le loro preghiere possono
persuadere l'anima senza pace di smettere di dare fastidio agli altri e andarsene a
cercare il suo proprio posto nel mondo che le appartiene. Questo servizio offerto ai
morti è conosciuto con il nome di opera di soccorso e molte persone si riuniscono
settimanalmente per dedicare la loro seduta a quegli spiriti che hanno bisogno del loro
aiuto.
Vi è un altro tipo di spirito, quello che si manifesta come uno spettro per recitare
senza scopo e senza fine delle scene del passato nel posto dove ebbero luogo
originalmente. La scena è sempre la stessa che a quel tempo deve avere generato forti
emozioni e pensieri disperati, un assassinio oppure un suicidio o qualcosa del genere.
Gli spettri che recitano questa scena non sono necessariamente quelli che vi hanno
partecipato nel passato. Emozioni e pensieri molto forti possono registrarsi
nell'atmosfera del posto dove sono accaduti, e qualcuno con facoltà psichiche di cui
può non essere cosciente, può per un attimo fuggente riattivare questi pensieri ed
emozioni e dare dimostrazione della scena che ne fu la causa. Sappiamo molto poco di
quello che è il tempo ma penso che oggi vi sia un parallelo da prendere a confronto con
la radio e la televisione. Se i nostri ricevitori sono abbastanza sensibili e accordati
con le vibrazioni o frequenze adatte, possono raccogliere e registrare dall'atmosfera
le parole e le azioni delle persone che si trovano dall'altra parte del mondo e
portarle a noi al momento esatto in cui avvengono. A me pare del tutto verosimile di
sperare che un giorno i nostri scienziati possano scoprire la lunghezza d'onda o
frequenza op- 173 pure le vibrazioni in cui si agisce nell'altro mondo e quando queste saranno trovate la
comunicazione fra i due mondi potrà essere un fatto della vita di tutti i giorni.
Il 16 giugno del 1969 poche settimane prima che gli astronauti arrivassero sulla
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
luna, uno spirito che disse di essere John Grant, predisse che l'allunaggio sarebbe
stato un successo e che gli uomini sarebbero ritornati sani e salvi.
Uno degli avvenimenti più felici nella vita di un medium è quello in cui le sue
facoltà mentali vengono usate per confermare le facoltà di un altro medium. Ebbi questo
privilegio quando Rosemary Brown, il medium attraverso il quale parlano i musicisti
defunti come Liszt, Chopin, Busoni, Beethoven e molti altri, venne a una delle mie
sedute spiritiche.
Appena spente le luci si annunciò Sir Henry Wood per fare da presentatore. Attraverso
Sir Henry molti musicisti che sono gli ispiratori di Rosemary vennero per parlarle,
compreso Chopin il quale le disse: "Il gruppo di musicisti ha scelto Rosemary per la
sua semplicità, se avessero comunicato attraverso musicisti noti gli esperti avrebbero
messo in dubbio questa prova di sopravvivenza dell'uomo dopo la morte". Seguitò dicendo
che era necessario trovare una persona relativamente ignorante, ma "lei ha una grande
sensibilità e amore per la musica". Dopo che la seduta ebbe termine, Rosemary disse:
"Se qualcuno imitasse una voce per telefono alla fine sarebbe riconoscibile, come
imitazione. Non ho dubbi che queste erano voci genuine dei miei maestri di musica quali
io le ho conosciute attraverso le mie facoltà medianiche e quello che è ancora più
importante, è che hanno lasciato l'impronta delle loro personalità".
Sovente mi è stato chiesto quali sono i miei sentimenti durante una seduta
spiritica. Sono cosciente di quello che avviene? Posso influenzare il fenomeno? Mi
capita qualche volta di andare in trance?
E' raro che io vada in 'trance' a meno che la forza sia debole e gli spiriti che mi
guidano vogliano comunicare urgentemente per una ragione importante. Di solito sono
completamente sveglio e posso sentire tutto quello che viene detto sia dai presenti che
dalle voci degli spiriti. Spesso parlo con le voci e posso conversare con gli spiriti
che mi aiutano e mi guidano e domandar loro consiglio per dei problemi che mi
opprimono.
Vi sono registrazioni di sedute in cui si sentono le voci di più spiriti che parlano
insieme, e qualche volta mi si sente ridere oppure parlare o tossire allo stesso tempo
che lo spirito parla.
Sono sempre stato certo che le mie corde vocali non vengono mai usate dagli spiriti
per comunicare e ultimamente questo mi è
- 174 stato confermato da un esperto in materia, William Bennett, professore di Ingegneria
Elettronica all'Università di Columbia a New-York. La prima volta che il Prof. Bennett
fece parte delle mie riunioni fu nell'estate del 1970, e in seguito abbiamo avuto una
serie di piacevoli incontri quando ero in visita a New York.
Le seguenti dichiarazioni fatte dal professor Bennett sono citate con la sua
autorizzazione:
"La mia esperienza con il signor Flint è stata personale: ho sentito le voci
indipendenti. Inoltre, investigazioni di tecnica più moderna che una volta non era
possibile avere, non hanno fatto altro che confermare le conclusioni cui si era giunti
nel passato le quali sostenevano che le voci non provenivano da lui. Ma per essere
completamente certi bisogna prendere in considerazione la possibilità di complici,
specialmente quando la seduta avviene nella casa del medium. Questa ipotesi è da
scartarsi completamente per quel che mi riguarda, perché nel settembre 1970, a New
York, nel mio appartamento ebbe luogo una riunione improvvisata e le stesse voci, non
solo si fecero sentire, ma presero parte alla conversazione con i miei ospiti. La
logica rende impossibile credere che il medium si fosse portato dietro una compagnia di
attori per farli parlare. Questa ipotesi è troppo assurda per essere presa in
considerazione".
Per quel che riguarda il fenomeno di influenzare gli spiriti, sono assolutamente
incapace di poterlo mai fare, benché in rare occasioni io abbia ricevuto mentalmente
alcuni commenti oppure osservazioni un attimo prima che la voce dello spirito articoli
il suono. Sono naturalmente anche chiaroveggente, perciò posso spesso vedere quanto
sentire lo spirito che comunica, e qualche volta se sono incapaci di far sentire la
loro voce io ricevo da loro un messaggio che li identifica con la persona a cui essi
vogliono indirizzare, ciò che è una magra consolazione per una seduta andata male. Ma
come regola se le forze delle voci sono troppo deboli per poter comunicare, aspettiamo
sperando per un poco e se non succede nulla rinunciamo alla seduta.
L'unica sensazione strana che io provo qualche volta durante la seduta spiritica, è
quella di un freddo intenso anche in una giornata di grande calore quando tutti gli
LA MIA VITA DI MEDIUM di Leslie Flint
altri si lamentano del caldo.
Ho fatto uso del mio raro dono onestamente e altruisticamente come pure devotamente e
come meglio potevo per trentacinque anni e sono alla soglia dei miei sessant'anni.
- 175 Ignoro quanto tempo ancora mi resta per servire, e sono profondamente preoccupato
perché non conosco nessuno che possa prendere il mio posto. Forse dovrei terminare la
mia storia con la citazione presa da una conversazione con uno spirito che diede solo
il nome di Pierre; egli disse:
"Come mai lo spiritismo non ha spazzato il mondo e cambiato la faccia del vostro
mondo? La ragione è che lo Spiritista medio non si è ancora reso conto del significato
nel vero senso della parola, e cioè di essere pronto a rinunciare a se stesso per
servire Dio e il suo prossimo con amore, cosciente che le forze che sgorgano dal suo
Spirito possono cambiare non solo lui ma il mondo intero. Vi sono varie religioni nel
vostro mondo, molte sono confuse, vi sono idee e pensieri contrastanti, ma vi è una
sola verità, e questa è la verità della vita eterna, che tutti quelli che muoiono,
vivono; e noi che siamo da questa parte della vita e che veramente desideriamo il bene
della umanità, ci preoccupiamo di trovare delle anime ovunque esse siano sparse, per
usarle come strumenti nel senso più alto della parola. Questa è la ragione per cui
intendiamo proteggere questo medium, ve ne sono tanto pochi del suo calibro e della sua
qualità. Veglieremo su questo meraviglioso mezzo di comunicazione che abbiamo creato
attraverso gli anni andando contro la sua stessa volontà!
La gente crede che un medium sia come una macchina a gettoni, si mette la monetina
nella fessura ed automaticamente la macchina si mette in moto. Ma non è così. Un medium
non può funzionare ogni momento secondo i capricci della gente, sarebbe futile e
pericoloso, ma noi proteggeremo questo medium, sempre di più, e non solo ci aspettiamo
che si affatichi sempre meno, ma intendiamo conservare le sue forze medianiche affinché
siano usate solamente per ottenere comunicazioni che siano di valore per il mondo
intero".
F I N E