Sise giugno 2005 finale.p65

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Sise giugno 2005 finale.p65
NUMERO 31 - GIUGNO 2005
SISE
SOCIETÀ
ITALIANA
DEGLI
STORICI
DELL’
ECONOMIA
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“Sistema universitario
e valutazione della ricerca”
GIORNATA DI STUDIO E ASSEMBLEA SISE
Roma, 23 aprile 2005
CONVEGNO DI STUDI SISE
“Luigi de Rosa
e la Storia Economica”
Napoli, 11-12 novembre 2005
Il 23 aprile scorso, si è svolta a Roma, nell’Aula Magna
del Rettorato dell’Università di Roma Tre, la Giornata di
Studio organizzata dalla SISE e dedicata a Sistema universitario e valutazione della ricerca. CARLO TRAVAGLINI, nel portare ai soci il saluto del Rettore Guido Fabiani, ha richiamato le giovani origini dell’Università di Roma Tre, staccatasi da “La Sapienza” nel 1992 e oggi in grado di attrarre
circa 40.000 studenti. Ha fatto seguito la relazione del prof.
FRANCO CUCCURULLO, Rettore dell’Università di ChietiPescara e presidente del Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca (CIVR), sul tema La valutazione scientifica nel sistema universitario.
Il prof. Cuccurullo ha illustrato il sistema di valutazione
avviato dal CIVR per il triennio 2001-2003. Il CIVR è un organismo governativo e non universitario che ha lo scopo di misurare i risultati della ricerca universitaria e quella prodotta
da enti pubblici. Tutti gli atenei italiani hanno aderito all’iniziativa; ad essi si sono in seguito aggiunti 25 enti – 12 pubblici e 13 convenzionati – e, su richiesta del prof. Carlo Rubbia,
l’ENEA. Il meccanismo di valutazione è partito con l’elezione,
in via telematica, di un presidente per ciascuna delle 14 aree
scientifiche e delle altre 6 aree speciali individuate dal CIVR, e
con la suddivisione di queste ultime in 157 panel scientifici di
riferimento. La composizione dei panel è stata concordata con
la comunità scientifica attraverso un ampio giro di consultazioni e le procedure di accorpamento sono state seguite da un
gruppo di osservatori neutrali, insieme ad una rappresentanza di CUN, CRUI, del settore industriale e degli enti di ricerca. Sono stati poi nominati altrettanti responsabili di panel:
75 di essi sono docenti di atenei italiani; altri 44, tra cui molti
italiani che vivono e lavorano all’estero, appartengono a università ed enti di ricerca stranieri; 19 provengono da enti di
ricerca e organismi statali italiani; 19 dal mondo dell’industria e delle professioni.
Questo Convegno, ospitato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, apre il nuovo quadriennio 2005-2008 di attività
della SISE. Esso è dedicato alla commemorazione scientifica
di Luigi de Rosa, scomparso nell’ottobre del 2004. Studioso di
vaglia internazionale, egli profuse tutto il suo impegno e la
sua autorevolezza nelle istituzioni accademiche e culturali di
cui di volta in volta venne a far parte, per il sempre più incisivo radicamento della Storia Economica nell’ordinamento
degli studi universitari e nella ricerca scientifica.
L’occasione commemorativa consente inoltre di effettuare una lettura della nostra recente storiografia attraverso
un osservatorio particolare, quale l’ampia e articolata
pubblicistica scientifica di uno studioso che ha operato intensamente per circa cinquant’anni spaziando dalla storia economica alla storia del pensiero economico, dall’età moderna
alla contemporanea, dall’ambito nazionale e meridionale in
specie a quello internazionale, toccando di volta in volta temi
e problemi di tutti i settori della storiografia economica.
A poco più di un anno dalla scomparsa di Luigi de Rosa,
una prima rilettura della sua opera scientifica, oltre che
motivo di conoscenza e di arricchimento per i più giovani
studiosi, costituisce sicuramente una più generale occasione di riflessione sul cammino percorso in questi ultimi lustri dalla nostra disciplina.
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Attività SISE
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Conferenze e convegni
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Visto?
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Eventi
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Call for papers
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Giornata di Studio e Assemblea SISE
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Ai responsabili di panel sono stati inviati, per la valutazione, i 18.500 prodotti selezionati dalle strutture di ricerca
(atenei o enti). La quantità di prodotti richiesta a ciascuna
struttura è stata tarata al 50% del numero di “ricercatori
equivalenti” presenti nelle stesse strutture di ricerca: nell’università, dove l’attività di ricercatori e docenti è, per convenzione, egualmente suddivisa tra didattica e ricerca, occorrono due unità per formare un “ricercatore equivalente”;
negli enti di ricerca, in cui non si svolge didattica, il rapporto e di 1:1. Nella fase di valutazione, i responsabili di panel
si avvalgono della consulenza di circa 13.000 esperti italiani e stranieri, i cui nominativi sono inseriti in una banca
dati appositamente creata dal CIVR; ad essi si aggiungono
altri 1.500 nominativi liberamente indicati dai responsabili di panel allo scopo di valutare specifici prodotti. Per ogni
prodotto di ricerca sono richiesti due giudizi a cura di altrettanti esperti, poi ricondotti a giudizio unico ad opera
del responsabile di panel che lo sottopone all’approvazione
finale dell’intero panel.
L’intera procedura di valutazione – compresa una piattaforma di discussione comune che coinvolge anche il CIVR
– è condotta per via telematica, con grandi vantaggi economici e di tempo. Il costo totale dell’operazione si aggira
infatti intorno ai 5 milioni di euro, contro i 47 milioni di
sterline di un analogo progetto britannico. Quanto ai tempi di realizzazione dell’indagine relativa al triennio 20012003, si prevedeva di concludere le operazioni di valutazione entro il 30 giugno 2006, ma, grazie all’utilizzo della
telematica, si ritiene possibile anticipare quel termine a
fine dicembre 2005. Attualmente il processo è a metà strada: i prodotti sono stati tutti trasmessi ai responsabili di
panel ed è in corso la loro trasmissione agli esperti, che
hanno già prodotto le prime valutazioni. Attraverso un
“cruscotto”, il CIVR può verificare in tempo reale l’andamento dell’intero percorso e trarre sin da ora alcune considerazioni. L’area medica è quella che ha presentato il
maggior numero di prodotti (2.832); la tipologia dei prodotti selezionati dalle strutture ha visto prevalere gli articoli su rivista (72%) rispetto ai libri (17%), ai capitoli di
libri e ai brevetti; sono stati privilegiati gli articoli pubblicati su riviste ISI (94%) rispetto alle riviste non ISI (6%);
pur con alcuni distinguo a livello disciplinare, la lingua
maggiormente utilizzata è l’inglese (76%), seguita dall’italiano (22%). Nel concludere la sua relazione, il prof.
Cuccurullo ha ricordato che i dati elaborati dal CIVR avranno un’importante ricaduta sulla distribuzione delle risorse alle strutture di ricerca, le quali provvederanno poi alla
loro ridistribuzione interna. Ciò non vuol dire una
penalizzazione automatica dei settori con valutazione bassa. In termini di assegnazione dei finanziamenti, i singoli
Atenei potrebbero decidere di sostenere e potenziare que-
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sti ultimi per recuperare eventuali ritardi tecnico-organizzativi ed elevarne la produttività.
La relazione del Presidente del CIVR ha sollecitato gli interventi di FRANCO AMATORI, ROBERTA MORELLI, ISABELLA
FRESCURA, FRANCESCO BALLETTA, GIOVANNI FEDERICO, TOMMASO
FANFANI, GIGLIOLA PAGANO DE DIVITIIS, ENNIO DE SIMONE, ERCOLE
SORI, MARIA LUISA CAVALCANTI, GIUSEPPE DI TARANTO. Nell’insieme, è emersa una generale preoccupazione per i criteri
utilizzati dalle università nella fase di selezione dei prodotti
della ricerca da presentare alla valutazione. Si è osservato
che, in numerosi casi, le Commissioni interne avrebbero omesso di selezionare prodotti della disciplina; in altri casi, le scelte sarebbero state condizionate dalla presenza o meno
dell’impact factor di certe discipline, che ha portato ad escludere dalla valutazione interi settori disciplinari. Il sistema di
valutazione premia i saggi apparsi su riviste internazionali e
sottovaluta la pubblicazione di volumi, secondo una gerarchia propria delle discipline scientifiche. Alle osservazioni, il
prof. Cuccurullo ha replicato che precise linee guida relative
ai criteri di selezione erano state inviate alle strutture interessate, che l’impact factor non era richiesto e che il CIVR non
può entrare nel merito delle scelte effettuate dalle strutture
di ricerca. Né, d’altra parte, si può procedere, come pure suggerito da qualcuno, ad una valutazione di tutti i prodotti della ricerca, circa 400.000, sia per i costi che per i tempi di realizzazione di una simile indagine. Non si esclude, comunque,
l’introduzione di correttivi che possano perfezionare il sistema di valutazione attuale.
La seconda parte della giornata SISE è stata dedicata
all’Assemblea della Società, introdotta da una relazione del
Presidente uscente, ANTONIO DI VITTORIO, sull’attività svolta
nel quadriennio del suo mandato. In quest’arco di tempo, la
SISE ha promosso tre convegni e sette giornate di studi, che
hanno sempre registrato una larga partecipazione di soci. I
tre convegni di studi sono quelli su Nuove linee di ricerca
nella Storia Economica (Bari, 23-24 novembre 2001);
Storiografia d’industria e d’impresa in Italia e Spagna in
età moderna e contemporanea (Padova, Stra, Vicenza, 17-18
ottobre 2003); Tra vecchi e nuovi equilibri economici. Domanda e offerta di servizi in Italia in età moderna e contemporanea (Torino, 12-13 novembre 2004). Gli atti di quest’ultimo Convegno sono in corso di pubblicazione, mentre quelli del Convegno sulla Storiografia d’industria e d’impresa
in Italia e Spagna in età moderna e contemporanea, curati
da ANTONIO DI VITTORIO, CARLOS BARCIELA LÓPEZ e GIOVANNI
LUIGI FONTANA, sono stati pubblicati l’anno scorso dalla CLEUP
di Padova. Quanto ai seminari di studio, questi sono stati
prevalentemente dedicati a un’analisi della identità e delle
prospettive didattiche e scientifiche della storia economica,
anche alla luce dei cambiamenti introdotti dalla riforma universitaria. Oltre alla giornata di studio appena svolta su
Sistema universitario e valutazione della ricerca, Di Vittorio ha ricordato quelle su La Storia Economica nel nuovo
ordinamento didattico (Pisa, 24 febbraio 2001); Identità e
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didattica della Storia Economica nei nuovi ordinamenti universitari (Prato, 30 giugno 2001); La Storia Economica nei
percorsi post-laurea (Napoli, 23 marzo 2002); Nuove fonti e
nuove metodologie di ricerca per la Storia Economica (Brescia, 15-16 novembre 2002); I giovani e la Storia Economica
(Roma, 29 marzo 2003); Formazione e ricerca nella Storia
Economica (Prato, 3 aprile 2004). La SISE ha inoltre patrocinato la costituzione di seminari permanenti di studio. A
quello sulla Storia dei gruppi professionali, fondato nel 1984
e coordinato da PAOLA MASSA (Università di Genova) e ALBERTO GUENZI (Università di Parma), si sono aggiunti: Storia della pesca e delle attività derivate (GIUSEPPE DONEDDU,
Università di Sassari); Storia della contabilità (PAOLA
PIERUCCI, Università di Chieti-Pescara); Storia della fiscalità
in Italia in età spagnola (GAETANO SABATINI, Università de
L’Aquila); Storia marittima (ANTONIO DI VITTORIO, Università di Bari); Le fonti aziendali per la storia economica medievale (LUCIANA FRANGIONI, Università di Campobasso); Storia
dell’industrializzazione in Italia (MARIO TACCOLINI, Università di Brescia). Nel frattempo, il seminario permanente
sulla Storia della finanza pubblica, coordinato da ANGELO
MOIOLI (Università di Milano) e FAUSTO PIOLA CASELLI (Università di Cassino) si è trasformato nel Centro
Interdipartimentale di Ricerca sulla Storia Finanziaria Italiana (CIRSFI). A livello internazionale, la SISE ha promosso
la costituzione di Comitati bilaterali per lo sviluppo e il rafforzamento delle relazioni scientifiche. Il primo Comitato è
stato quello italo-spagnolo, coordinato da CARLOS BARCIELA
LÓPEZ e da ANTONIO DI VITTORIO, che ha dato luogo alla pubblicazione di tre volumi, frutto di altrettanti convegni tenutisi i primi due a Bari e Alicante, su La storiografia marittima in Italia e in Spagna in età moderna e contemporanea.
Tendenze, orientamenti, linee evolutive (Bari, Cacucci, 2001)
e Las industrias agroalimentarias en Italia y España durante los siglos XIX y XX (Alicante, Universidad de Alicante,
2003), mentre il terzo è stato organizzato a Padova, sulla
storiografia d’industria e d’impresa in Italia e in Spagna. A
questa prima iniziativa ha fatto seguito, più di recente, l’istituzione del Comitato italo-francese, coordinato da GIOVANNI
LUIGI FONTANA e GÉRARD GAYOT, mentre FRANCO AMATORI,
ANDREA LEONARDI e PAOLA PIERUCCI hanno rispettivamente
avviato contatti con l’Inghilterra, la Germania e la Croazia
per la costituzione di analoghi comitati.
Terminata la relazione di Antonio Di Vittorio, il Tesoriere della SISE, Marco Belfanti, ha dato lettura del bilancio
SISE 2004 che, dopo la relazione di Giampiero Nigro per il
Collegio dei Revisori dei Conti, è stato approvato nei seguenti termini: Entrate. Saldo precedente: 20.622,02 €; Contributi vari: 15.000,00 €; Quote sociali: 12.850,00 €; Interessi attivi: 103,09 €; Totale: 48.575,11 €. Uscite. Convegni:
5.603,60 €; Bollettino e sito web: 4.425,24 €; Rimborsi
spese: 3.437,90 €; Spese postali: 1.605,25 €; Gestione c/c:
283,21 €; Varie: 1.455,62 €; Totale: 16.810,82 €. Saldo al
31 dicembre 2004: 31.764,29 €.
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L’Assemblea si è quindi espressa a favore dell’ingresso di
15 nuovi soci, che portano ad oltre 400 il totale degli iscritti alla
SISE. Si tratta di Guido Alfani, Francesco Ammannati, Alberto
Bianchi, Fabrizio Bientinesi, Valeria Chilese, Augusto Ciuffetti,
Silvia Antonia Conca Messina, Fabio Di Vita, Pierina Ferrara,
Federico Lucarini, Maurilia Morcaldi, Stefano Palermo, Mauro
Rota, Giuseppe Stemperini, Francesco Maria Vianello.
Si è quindi insediata la commissione elettorale, composta
da Francesco Dandolo, Gaetano Sabatini e Donatella Strangio,
e si sono avviate le operazioni di voto per il rinnovo delle
cariche sociali per il quadriennio 2005-2008. Lo scrutinio ha
dato i seguenti risultati:
Presidenza: Antonio Di Vittorio (182 voti). Schede bianche 9; schede nulle 1. Consiglio Direttivo: Carlo Marco
Belfanti (72 voti); Giuseppe Bracco (32); Bernardino Farolfi
(47); Giovanni Luigi Fontana (80); Vincenzo Giura (33); Paola Massa (102); Giampiero Nigro (64); Nicola Ostuni (49).
Schede bianche 6; schede nulle 1. Revisori dei conti: Luciano Palermo (93 voti); Paola Pierucci (102); Carlo Maria
Travaglini (97). Schede bianche 11; schede nulle 10.
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I lavori si apriranno venerdì 11 novembre alle ore 18. Ai
saluti introduttivi farà seguito l’intervento di ANTONIO DI
VITTORIO, Caratteri ed orientamenti della storia economica
di Luigi de Rosa. Il giorno successivo, sabato 12 novembre,
i lavori riprenderanno alle ore 9 con una sessione dedicata
a La storia economica in Luigi de Rosa, presieduta da SERGIO ZANINELLI. In programma, gli interventi di LUIGI DE
MATTEO, La storia dell’industria; GAETANO SABATINI, La storia della banca in età moderna; GIOVANNI ZALIN, La storia
della banca in età contemporanea; NICOLA OSTUNI, La storia
finanziaria; ANDREA GIUNTINI, La storia dei trasporti e del
commercio; PIERO BARUCCI, Luigi de Rosa storico del pensiero economico. Seguirà nel pomeriggio, dalle ore 15.30, una
sessione su Iniziative, ricerche, relazioni internazionali nell’attività scientifica di Luigi de Rosa, sotto la presidenza di
GIORGIO MORI. Sono previsti interventi di MARIO DEL TREPPO,
PAOLO FRASCANI, GIUSEPPE GALASSO, ANTONIO MIGUEL BERNAL,
LUIS MIGUEL ENCISO RECIO, JOHN DAVIS, PETER MATHIAS,
HERMAN VAN DER WEE, IRA GLAZIER.
Il Convegno è stato organizzato con il concorso del Comune di Napoli, dell’Università “Parthenope” di Napoli, dell’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo (CNR), dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, della Fondazione Istituto Banco di Napoli e del Gruppo Bancario “Capitalia” di Roma.
Segreteria organizzativa del Convegno: Iginia Lopane,
Dipartimento di Studi Europei - Sezione di Storia Economica, Università degli Studi di Bari, via C. Rosalba 53, 70124
Bari, tel.: 080.504.92.26, fax: 080.504.92.27, e-mail:
[email protected].
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CONFERENZE E CONVEGNI
Convegno di Studi: Gino Luzzatto storico dell’economia, tra impegno civile e rigore scientifico, Venezia, 5-6 novembre 2004.
L’Ateneo Veneto ha dedicato un Convegno di Studi, tenutosi nei giorni 5 e 6 novembre 2004, alla figura di Gino
Luzzatto (1878-1964), fondatore degli studi di storia economica in Italia, intellettuale antifascista impegnato nelle lotte
politiche degli anni precedenti e immediatamente seguenti
la prima guerra mondiale, Rettore di Ca’ Foscari e assessore a Venezia negli anni della ricostruzione.
L’incontro, organizzato da PAOLA LANARO, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, e da ALFREDO BIANCHINI, presidente dell’Ateneo Veneto, si è aperto con il saluto di quest’ultimo, seguito dal Rettore di Ca’ Foscari PIER FRANCESCO GHETTI e da ANTONIO DI VITTORIO dell’Università di Bari, presidente della SISE. La discussione della mattinata di venerdì,
coordinata da MAURIZIO RISPOLI, docente e già rettore a Ca’
Foscari, ha visto gli interventi degli storici MAURICE AYMARD,
dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, di MARCO CATTINI, dell’Università Bocconi di Milano, e di
PAOLA LANARO. AYMARD si è soffermato sul contributo dato
da Luzzatto al rinnovamento degli studi di storia economica e sociale a livello europeo, letto attraverso i suoi rapporti
con la scuola delle Annales sin dagli anni ’30. CATTINI ha
invece fatto riferimento alla sua costante attenzione per
l’evoluzione della teoria economica, intesa come uno degli
strumenti indispensabili per interpretare lo sviluppo delle
società umane. LANARO ha sottolineato il suo ruolo nell’indirizzare la storia economica di Venezia verso un approccio
capace di tener conto del contesto europeo, nonché nel proporre domande e ipotesi che, sebbene in parte ridefinite dai
risultati di ricerche successive, mantengono una notevole
vitalità grazie all’indipendenza critica di Luzzatto rispetto
alle tendenze storiografiche dominanti del suo tempo.
Il pomeriggio è stato dedicato a una riflessione, coordinata da PAOLA LANARO, sul ruolo giocato dallo storico Luzzatto
nel contesto dell’Italia liberale, fascista e del dopoguerra.
GIAN MARIA VARANINI, dell’Università di Verona, ha preso in
esame gli anni della formazione agli studi di Luzzatto, sottolineando l’importanza della scuola padovana nel determinare l’approccio saldamente ancorato all’uso filologico
della documentazione archivistica che caratterizza i primi
lavori dello studioso. ANDREA ZANNINI, dell’Università di
Udine, ha sottolineato la centralità della riflessione sui rapporti tra spirito imprenditoriale e interesse generale come
filo conduttore che lega il Luzzatto storico della Venezia
rinascimentale al polemista politico antiprotezionista. GIOVANNI FAVERO si è occupato del contributo di Luzzatto all’Enciclopedia Treccani, indicativo degli spazi sempre più esigui che restavano aperti alla libera espressione del pensie-
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ro scientifico in campo storico nel contesto di regime. MAURO
MORETTI, dell’Università per stranieri di Siena, ha chiuso la
giornata segnalando l’importanza degli interventi di
Luzzatto nel dibattito sul riordinamento universitario degli anni ’20.
Nella giornata di sabato, coordinata da MARCO CATTINI,
SIMON LEVIS SULLAM, dell’Università Ca’ Foscari, ha messo in
evidenza come l’interesse, pur marginale, di Luzzatto, ebreo,
per gli studi ebraici si inserisca in una più ampia rete di
sociabilità che vede accomunati dall’antifascismo numerosi
esponenti di diverse minoranze religiose, in particolare ebrei
e protestanti. L’intervento di GIUSEPPE BERTA, dell’Università
Bocconi, letto da Cattini, ha concentrato l’attenzione sull’interpretazione critica data da Luzzatto delle proposte di
riorganizzazione economica che circolavano a livello internazionale negli anni ’20. In chiusura, OMAR MAZZOTTI, dell’Università di Bologna, ha presentato i risultati del lavoro di catalogazione dell’Archivio Luzzatto conservato presso il Dipartimento di Scienze Economiche di Ca’ Foscari, che, resi ora
disponibili in rete (cfr. infra), rappresentano un utile strumento per gli studiosi che vorranno ricostruire le modalità di
lavoro dello storico, i suoi rapporti scientifici, accademici e
politici, il suo universo umano.
Il Convegno ha costituito l’occasione per numerosi interventi da parte di un pubblico quanto mai attento e partecipe, che hanno sottolineato aspetti inediti dell’esperienza di Luzzatto, dal suo interesse per la geografia economica
alla sua partecipazione al movimento federalista europeo
attraverso la Società Europea di Cultura. Ne esce un ritratto a tutto tondo di uno storico sempre sensibile al significato attuale del passato che studia.
∗ ∗ ∗
L’Archivio Luzzatto in “rete”. Sul sito web della Biblioteca di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è ora
disponibile, all’indirizzo http://www.unive.it/bec, all’interno
della sezione “Collezioni”, l’inventario dell’Archivio personale di Gino Luzzatto, custodito presso la medesima Biblioteca.
La catalogazione del materiale ivi conservato, a cura di OMAR
MAZZOTTI, è frutto di un’importante iniziativa promossa e coordinata da PAOLA LANARO in occasione del Convegno di studi
dedicato allo storico dell’economia, svoltosi presso la sede
dell’Ateneo Veneto nel novembre scorso. L’obiettivo principale, giunto ora a compimento, era quello di riordinare e rendere disponibile agli studiosi della disciplina, ma non solo, la
ricchissima documentazione manoscritta, dattiloscritta, fotografica e a stampa, che Gino Luzzatto lasciò in dono all’allora Istituto di Storia Economica, confluito in seguito nel Dipartimento di Scienze Economiche. La stessa scelta di
Frontpage quale software su cui organizzare il materiale
rispecchia l’esigenza di agevolare la gestione, l’integrazione e
l’inserimento dello stesso in database più ampi (come quelli
delle reti bibliotecarie), facilitando così la consultazione on
line da parte di tutti gli interessati.
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All’interno delle 18 buste che costituiscono l’Archivio è
possibile ritrovare, oltre ad articoli e recensioni apparsi su
quotidiani e riviste, numerosi appunti e dissertazioni di lezioni e conferenze tenute a Ca’ Foscari e in sedi italiane e
straniere su temi riguardanti la storia economica. Ai fini
della ricostruzione dell’attività dello storico, rivestono particolare importanza le innumerevoli schede bibliografiche
ed archivistiche: le prime mostrano la sua straordinaria
attività di lettore, le seconde indicano la grande fedeltà alla
fonte diretta da lui scandagliata con grande sistematicità.
Di notevole interesse è soprattutto l’epistolario, costituito
da 1.236 lettere che testimoniano, per un arco temporale
compreso fra il 1935 e il 1964, lo scambio di idee con studiosi quali, ad esempio, Corrado Barbagallo, Fernand Braudel,
Luigi Einaudi, Lucien Febvre, Alexander Gerschenkron.
Proprio la ricchezza del materiale conservato nell’Archivio ha posto le premesse alla realizzazione di una nuova
bibliografia dello storico, curata da ANDREA CARACAUSI (Università Bocconi), di prossima pubblicazione negli Atti del
Convegno e consultabile in un link allo stesso inventario.
L’elenco si presenta come il più completo degli scritti di
Luzzatto, eccezione fatta per alcuni articoli di carattere politico-economico apparsi in diversi quotidiani nel secondo
dopoguerra. Oltre alle opere contenute nelle precedenti raccolte, sono state inserite e ordinate una sessantina di voci
redatte da Luzzatto per l’Enciclopedia italiana Treccani, una
quindicina di articoli presenti nell’Archivio e oltre duecento recensioni edite in riviste italiane e straniere, per un risultato finale di 772 titoli.
L’inventario e la bibliografia sono stati presentati dai
curatori il 12 luglio 2005 presso il Dipartimento di Scienze
Economiche dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, all’interno di un seminario coordinato da MICHELA DAL BORGO (Archivio di Stato di Venezia).
Convegno internazionale: Guerra y sociedad en la
Monarchía Hispánica. Política, estrategia y cultura
en la Europa moderna (1500-1700), Madrid, 9-12 marzo 2005.
Soltanto negli ultimi anni, anche per l’influenza della
storiografia anglosassone, la storia militare (intesa non più
come obsoleta histoire-bataille, imperniata su una semplicistica ricostruzione delle operazioni belliche) ha attirato
l’interesse del mondo accademico continentale, dando vita
ad una progressiva rivalutazione del “militare”, soprattutto
per quel che riguarda le sue relazioni con la società civile.
Tale processo di rielaborazione ermeneutica non poteva non
interessare la Monarchia degli Asburgo di Spagna, che per
lungo tempo ha rappresentato una delle principali potenze
strategiche a livello continentale e planetario.
Il Congresso madrileno si proponeva di studiare le complesse interazioni tra le diverse entità geopolitiche che componevano la Monarchia, analizzandone aspetti salienti, quali
la struttura delle forze armate, l’organizzazione logistica,
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le dinamiche sociali interne al mondo militare, il finanziamento dell’attività strategica, le implicazioni politiche, fiscali e socio-economiche della presenza di numerosi contingenti sul territorio.
Tra gli interventi, frequenti sono stati i riferimenti alle
problematiche fiscali e finanziarie della Monarchia, anche nel
tentativo di ricostruire il contributo delle varie componenti
allo sforzo bellico della corona. Tali tematiche sono state affrontate dalle relazioni di PORFIRIO SANZ CAMAÑES, sul regno
di Aragona nel secondo Seicento e sul peso della fiscalità militare all’interno di una provincia ritenuta a lungo privilegiata dal punto di vista contributivo; di FRANCISCO ANDUJAR
CASTILLO, sul tema spinoso della creazione di un sistema di
impresari militari incaricati di provvedere al reclutamento
delle truppe, sostituendo così gli amministratori statali; di
ELENA GARCÍA GUERRA, sulla creazione di uno specifico sistema di contabilità per verificare le spese di guerra.
Particolarmente significativo, nell’ottica dell’analisi della
mobilitazione delle risorse, è apparso lo studio comparativo
dei sistemi ottomano e spagnolo ad opera di RHOADS MURPHEY,
che ha messo in risalto i punti di contatto e le divergenze
tra gli apparati militari delle due principali potenze mediterranee, e definito i rispettivi livelli di efficienza.
Proprio per quel che riguarda la mobilitazione delle risorse, la cooptazione delle élite provinciali e le relazioni tra centro e periferia, l’impatto economico e fiscale dell’incessante e
colossale impegno strategico degli Asburgo, particolare attenzione si è dedicata alle province italiane della Monarchia.
Nel corso del Cinque e Seicento, Milano e Napoli rappresentarono due dei principali serbatoi da cui la Monarchia attinse
competenze, beni, uomini e denari per poter sostenere le proprie posizioni imperiali. Gli interventi di MARIO RIZZO (sulla
complessità dell’impegno strategico asburgico in Lombardia
durante la seconda metà del Cinquecento e l’importanza della spesa strategica nel contesto regionale) e di GAETANO
SABATINI (sul ruolo del Regno di Napoli nel contesto della grande strategia spagnola in un periodo generalmente negletto
dalla storiografia, quale il secondo Seicento, fondamentale
per poter meglio comprendere l’evoluzione della politica difensiva e fiscale nel Mezzogiorno e, più in generale, nell’intero bacino del Mediterraneo) rappresentano la cartina di tornasole dei nuovi indirizzi di ricerca circa il ruolo della penisola nel sistema imperiale.
Da segnalare altresì gli interventi di GIOVANNI MUTO sul
sistema difensivo meridionale – visto anche come strumento di controllo capillare della società – e di ANGELANTONIO
S PAGNOLETTI sulla costruzione di un sistema di onori
imperniato sulla carriera delle armi al servizio dei sovrani
asburgici, in cui l’aristocrazia partenopea riuscì a ritagliarsi un ruolo di primo piano, grazie al quale poté accrescere
la sua posizione predominante all’interno del regno. Di particolare interesse è stata anche la relazione di PAOLA BIANCHI (dedicata a un’area esterna alla Monarchia, ma strettamente connessa con l’azione strategica asburgica, quale il
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ducato di Savoia), che ha illustrato la creazione di un sistema di milizie nel Cinque-Seicento e analizzato lo sviluppo
di un efficiente sistema fiscale-militare, volto al mantenimento dei soldati del duca, oltre che alla creazione di un
meccanismo di controllo delle spese militari.
Convegno internazionale: Bolzano nel sistema
fieristico europeo del XVII e XVIII secolo. Nuove
acquisizioni e prospettive di ricerca, Bolzano, 7-9 aprile
2005.
Il Convegno internazionale, tenutosi a Bolzano dal 7 al 9
aprile, ha visto la partecipazione di JEAN-FRANÇOIS BERGIER
(Zurigo), ANDREA BONOLDI (Trento), MARKUS DENZEL (Lipsia),
ANTONIO DI VITTORIO (Bari), MAURA FORTUNATI (Genova), HANS
HEISS (Bressanone), GABRIEL IMBODEN (Briga), ANDREA LEONARDI
(Trento), FRANZ MATHIS (Innsbruck), ANGELO MOIOLI (Milano),
MICHAEL NORTH (Greifswald), HELMUT RIZZOLLI (Bolzano), e UWE
SCHIRMER (Lipsia). L’incontro, nato da una collaborazione tra
il Dipartimento di economia dell’Università di Trento,
l’Historisches Seminar dell’Universität Leipzig, l’Archivio
provinciale di Bolzano e il Gruppo di Ricerca per la Storia
Regionale / Arbeitsgruppe Regionalgeschichte, aveva due
obiettivi principali. Da un lato, fare il punto sulla situazione
degli studi sul ruolo delle fiere nell’economia continentale di
antico regime, alla luce dei nuovi impulsi di ricerca emersi in
questi anni sull’onda dell’approccio neoistituzionalista. Dall’altro dare maggiore visibilità alle fiere di Bolzano che, tenuto conto della loro caratteristica di interfaccia tra mondo
mediterraneo ed Europa centro-settentrionale e di una situazione particolarmente felice delle fonti, sono state finora
scarsamente studiate.
Quattro i nodi tematici emersi nell’incontro:
1. la posizione delle fiere bolzanine nel XVII e XVIII secolo nel contesto del circuito fieristico europeo e di una rete
di piazze commerciali e finanziarie sempre più strettamente integrata;
2. il ruolo e l’evoluzione delle diverse attività delle fiere
di Bolzano – dallo scambio di beni alla circolazione finanziaria e cambiaria – sia nel contesto dell’attività dell’istituzione, che in un’ottica di comparazione internazionale;
3. la funzione delle fiere di Bolzano come mediatrici di
conoscenze mercantili tra area mediterranea ed Europa
centro-settentrionale;
4. la posizione che ebbero le fiere di Bolzano nell’ambito
delle dinamiche economiche e culturali del Tirolo e delle
regioni alpine circostanti.
Per quanto riguarda il primo punto, alcuni relatori
(DENZEL, MOIOLI, SCHIRMER, MATHIS, BONOLDI) hanno osservato come le fiere di Bolzano assumano nel contesto delle
reti commerciali internazionali, una posizione e un ruolo
che sebbene non comparabile con quello delle grandi fiere
internazionali dell’epoca, da Medina del Campo, a Lione,
ad Anversa, e in una certa misura alla stessa Lipsia, ha
nel suo essere ponte tra il circuito mercantile padano-
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veneto e toscano e quello della Germania meridionale una
funzione indubbiamente rilevante. A partire dal Duecento, e grazie all’ascesa delle due aree immediatamente al
di qua e al di là delle Alpi, centri tra i più vitali dell’economia europea, e all’azione di poteri territoriali in alcune
fasi, sebbene non sempre, consapevoli dell’utilità della
promozione dell’attività di traffico, cominciano a depositarsi, lungo i percorsi tirolesi, conoscenze, competenze,
infrastrutture e istituzioni che rendono la via del Tirolo
particolarmente appetibile al transito mercantile. Sul percorso si consolida tanto il traffico che coinvolge le produzioni manifatturiere, in primo luogo tessili, delle aree
prealpine meridionali e settentrionali, dai panni lana del
Bergamasco ai fustagni d’Augusta, e più tardi alla seta,
quanto l’intermediazione di prodotti finiti, materie prime
e semilavorati su raggio più ampio, con l’intermediazione
di Venezia prima, e Trieste poi, ad esempio per il cotone
grezzo, le spezie, l’olio d’oliva e gli articoli provenienti dall’oriente, mentre verso sud non mancano, tra gli altri, i
tessuti in arrivo dalle Fiandre e dall’Inghilterra. In questo contesto, pare rilevabile, in maniera sempre più marcata nel corso del Settecento, un processo che avrebbe inciso profondamente sulla realtà della fiera, ossia il ruolo
di crescente importanza rivestito dalle case mercantili
bolzanine, che in qualche modo, una volta costituitesi come
agenti permanenti del transito commerciale attraverso le
Alpi, finirono per indebolire l’istituzione fieristica, e in
qualche modo per sostituirla.
FRANZ MATHIS ha ricostruito in maniera sintetica ed efficace il complesso sistema del transito commerciale tirolese,
frutto del depositarsi di secoli di esperienze e di interventi.
Un campo nel quale, soprattutto per quanto riguarda un
corretto dimensionamento del traffico sui diversi percorsi,
la ricerca, pur in presenza di contributi rilevanti come ad
esempio quelli di Stolz o Hassinger, ha ancora molta strada
da fare. Molto migliore pare, in questo campo, la situazione
documentaria relativa alle fiere di Lipsia, di cui ha parlato
UWE SCHIRMER, sottolineando con forza un elemento che, fatte le debite proporzioni, le accomuna alle fiere bolzanine,
ossia il fatto di essere sullo spartiacque tra due aree economicamente e culturalmente differenti, cosa che forse contribuisce a spiegare il successo e la capacità di mantenersi
nel tempo dell’istituzione.
ANGELO MOIOLI, invece, ha portato alla luce una fonte di
primaria importanza per l’organizzazione delle relazioni di
mercato in Italia settentrionale alla fine dell’antico regime,
un’inchiesta statistica redatta durante il periodo
napoleonico, dalla quale scaturiscono interrogativi essenziali per la comprensione di una delicata fase di passaggio
da un sistema di distribuzione basato sulle istituzioni concentrate e periodiche, fiere e mercati, verso uno nel quale
cresce d’importanza la commercializzazione diffusa.
Per quanto riguarda il secondo tema emerso dal Convegno, ossia la diversificazione delle attività di fiera, da
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quella strettamente commerciale alla cambiaria e creditizia,
il contributo di MARKUS DENZEL ha messo in luce come proprio sulla base delle caratteristiche del traffico cambiario,
per definizione legato alla dimensione internazionale di piazze finanziarie accreditate e vicendevolmente quotate, sia
possibile seguire il modificarsi della proiezione internazionale, o se si preferisce sovraregionale, del mercato bolzanino.
Da una fase iniziale, in cui la circolazione cambiaria nell’ambito delle fiere locali, sviluppatasi anche nel contesto
della disgregazione temporanea del mercato dei cambi italiano dei primi decenni del Seicento, appare fortemente legata a Venezia, si passa con la fine del secolo a una maggiore centralità dei più dinamici mercati finanziari nordeuropei,
e dalla metà del secolo all’involuzione su di un raggio d’azione strettamente locale. Appare evidente come in questo gioco elementi interni legati alla trasformazione della tipologia
e dell’estensione del commercio di fiera bolzanino, cui il traffico cambiario è in gran parte, anche se non integralmente,
legato, si coniughino con dinamiche esterne, come appunto
lo spostamento del baricentro della finanza europea, o anche l’evoluzione e la diffusione e diversificazione degli strumenti di pagamento.
La relazione di MICHAEL NORTH, in questo senso, ha consentito di tracciare un parallelo interessante con una fiera
importante come quella di Francoforte, che nel corso della
sua storia ha conosciuto un processo di trasformazione che
non s’è risolto, come molti autori del passato hanno sostenuto, necessariamente in un declino complessivo, per quanto il flusso creditizio e dei pagamenti alla fiera sia stato in
gran parte intercettato da un’altra istituzione, ossia la borsa. Importanti gli elementi sottolineati, come quello relativo alla tolleranza e apertura della città verso gli stranieri e
la fissazione della moneta di conto come strumento di stabilità nelle transazioni (Wechselgulden o Taler).
Le questioni monetarie messe in luce in prospettiva locale
da HELMUT RIZZOLLI evidenziano quanto complesso e articolato
sia il gioco attorno alla moneta nel commercio internazionale
di età moderna, tra oscillazioni legate al valore intrinseco, problemi di circolazione connessi alla moneta divisionaria e interventi politici. Rizzolli ha inoltre presentato una fonte, un registro di conti, legata a un aspetto rilevante, ma poco indagato
delle fiere di Bolzano, ovvero il loro ruolo quale centro di distribuzione sul territorio tirolese di beni importati.
ANDREA BONOLDI ha rilevato nella sua relazione come la
situazione della finanza pubblica tirolese sia un elemento
fondamentale da considerare nella lettura del rapporto tra
istituzioni di fiera e poteri politici locali, e ha suggerito come
il fatto che alcune primarie case mercantili della città siano
andate affermandosi come intermediarie permanenti del
commercio di transito lungo i percorsi tirolesi, abbia contribuito al declino dell’attività di fiera a partire dalla seconda
metà del Settecento.
Più problematica, sebbene ricca di interessanti implicazioni, la questione legata alla funzione della fiere di Bolzano
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come momento di passaggio di elementi della tecnica e legislazione mercantile e cambiaria di origine italiana verso l’area
tedesca. Sebbene si tratti di una tesi ribadita da più parti e
sebbene paia assodato come il regolamento cambiario emesso alle fiere di Bolzano nel 1635, contestualmente al rilascio
dei privilegi di fiera, rappresenti uno dei primi atti normativi
di questo genere in terra tedesca, manca ancora una ricerca
che metta adeguatamente alla prova tale ipotesi.
Un quarto punto riguarda il riflesso delle fiere di Bolzano
sulla realtà locale. ANDREA LEONARDI ha analizzato gli appuntamenti fieristici alla luce dello stimolante concetto della
formazione della cultura dell’ospitalità, cultura fatta di una
mescolanza di abitudine e attitudine al rapporto con l’altro,
di serietà professionale nella gestione dei servizi di trasporto,
di ristorazione e alberghieri. Elementi che si sarebbero depositati anche grazie alla funzione commerciale di Bolzano
e del Tirolo in generale, per poi servire, almeno in parte, da
base per lo sviluppo turistico successivo del territorio. HANS
HEISS ha opportunamente richiamato la necessità di una
storia sociale e culturale delle fiere di Bolzano, che furono
anche un importante momento di formazione e trasformazione dell’identità urbana e segnarono l’avvento di un gruppo
sociale, quello dei mercanti, che guadagnò, con la seconda
metà del Seicento, una posizione egemone nell’ambito dell’amministrazione civica.
Numerose delle evidenze emerse dal confronto rimandano a una necessità per l’avanzamento degli studi sulla
realtà delle fiere bolzanine, ossia quella di affiancare all’eccezionale realtà costituita dall’archivio del magistrato mercantile, che rappresenta una fonte per così dire “istituzionale”, l’analisi degli archivi delle singole imprese commerciali operanti sulla piazza. Solo in questo modo sarà infatti
possibile ricostruire in maniera più completa le caratteristiche del traffico di merci e della circolazione finanziaria, e
indagare le motivazioni e l’articolazione dell’azione degli
operatori presenti, le loro competenze, le forme con cui si
concretizzava la loro “razionalità economica”. In tal modo
anche le ipotesi sulla partecipazione della piazza bolzanina
all’avanzare del “Geist des Kapitalismus” in area alpina,
secondo la provocatoria, ma euristicamente fruttuosa ipotesi di GABRIEL IMBODEN, potrebbero essere messe alla prova
su basi meno incerte. Ciò in sintonia con quello che sembra
essere un orientamento emergente degli studi in materia,
in cui il formarsi e il consolidarsi dell’economia capitalistica vengono indagati attraverso un gioco incrociato tra strutture economiche presenti o in mutamento e l’apporto dato
dalle singole individualità degli imprenditori, all’interno di
un processo che è comunque storicamente determinato.
Proprio il richiamo alla necessità di storicizzare e
contestualizzare l’istituzione fiera è parso emergere in modo
più o meno evidente da tutti i contributi presentati. L’approccio neoistituzionalista, che tanti meriti ha avuto nel dare
nuovi impulsi allo studio del funzionamento dei mercati in
prospettiva storica, sembra oggi correre il rischio, in alcune
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sue applicazioni, di trasformarsi in una nuova ortodossia,
con la conseguente produzione di uno schema interpretativo
che tende a irrigidirsi. L’inquadramento iniziale offerto da
JEAN-FRANÇOIS BERGIER ha messo in rilievo, su di una prospettiva di lungo periodo, come la natura stessa delle fiere
come istituzione tenda, ed è ovvio, a mutare nel tempo. Concetti come “fiducia”, “ordine”, “diversificazione funzionale”,
“adattamento alle nuove forme di consumo emergenti sui
mercati”, o anche il richiamo alla continua mobilità delle
gerarchie delle fiere nel contesto europeo, rimandano all’opportunità di non affidarsi a una definizione di fiera troppo
rigida e schematica, sulla quale poi applicare ipotesi generali di crescita e declino dell’istituzione. Anche ANTONIO DI
VITTORIO ha messo bene in luce come pure nel mondo italiano meridionale le forme di mercato riconosciute come fiera
mutino nel tempo, e come mutino nel tempo reti e gerarchie
dei centri protagonisti, tanto in connessione alle dinamiche
sottostanti della produzione e del consumo quanto sulla base
dei provvedimenti politici. Nella stessa ottica si può leggere
l’intervento di MAURA FORTUNATI, storica del diritto, la cui
relazione ha aggiunto temi e categorie diversi rispetto a
quelli di gran parte degli altri relatori.
In sintesi, dunque, da quanto è emerso in questo Convegno, pare di poter dire che, in merito alla storia delle fiere, e a
quella dell’organizzazione dei mercati in generale, l’approccio neoistituzionalista ha fornito alcuni importanti suggerimenti metodologici, che hanno dato nuovi impulsi a un campo d’indagine in cui le ricerche segnavano decisamente il passo. Proprio dai rapporti tra strutture di potere, razionalità
degli operatori e meccanismi di funzionamento del mercato,
scaturiscono rilevanti elementi di novità che hanno notevolmente arricchito le conoscenze in materia. I risultati migliori
paiono scaturire, in questo senso, non tanto da un impiego
generale e acritico dello strumentario teorico
neoistituzionalista, quanto piuttosto da una selezione di temi
e metodi ben calibrata sulla realtà storica da indagare.
Oltre a costituire un significativo momento di confronto
sullo stato di avanzamento delle ricerche e sulle questioni
di natura interpretativa di cui s’è detto, il Convegno ha anche fornito l’occasione per rafforzare i contatti tra il mondo
della ricerca storico-economica di lingua tedesca e quello
italiano, consentendo di prospettare nuove collaborazioni
per il futuro.
Convegno di Studi: Arti, tecnologia, progetto. Le
esposizioni d’industria in Italia prima dell’Unità, Brescia, 15 aprile 2005.
Il Convegno, tenutosi presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Brescia e organizzato dal Centro
di Studio e di Ricerca “Brescia Industriale tra Passato e
Futuro”, dal Dipartimento di Studi Sociali dell’Università
degli Studi di Brescia, dall’Istituto Lombardo di Storia Contemporanea di Milano e dal Seminario Permanente sulla
Storia dell’Industrializzazione Italiana, ha permesso la
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messa a punto nazionale sul tema e a visto la partecipazione di studiosi di numerosi istituti di ricerca.
Già in uso alla fine del Settecento come incentivi all’avanzamento delle arti produttive, i pubblici conferimenti di premi, associati a esposizioni di prodotti industriali, passarono, nel corso dell’Ottocento, da una dimensione locale o nazionale a una internazionale divenendo veri e propri simboli della nuova società borghese e dei suoi valori. Con la
premiazione si voleva infatti onorare il talento creativo,
suscitare l’emulazione, divulgare le conquiste tecnologiche,
stimolare il valore individuale, far apprezzare i prodotti
dell’industria nazionale, accrescere la considerazione sociale
per attività fino ad allora sottostimate.
La prima sessione, presieduta da CARLO MARCO BELFANTI,
dedicata ai modelli di riferimento europei, ha visto le relazioni di LUISA DOLZA (Politecnico di Torino), Dalle arti all’industria: Londra 1851, che si è soffermata sul grandissimo
successo avuto dai trattati tecnici e dalle opere illustrate
sulle macchine lungo i tre secoli precedenti le esposizioni
internazionali del XIX secolo. L ILIANE H ILAIRE -P ÉREZ
(Conservatoire National des Arts et Métiers di Parigi), Le
Conservatoire national des Arts et Métiers ou le civisme de
la technologie: pédagogie, conservation et promotion de
l’innovation, ha invece trattato della istituzione del
Conservatoire National des Arts et Métiers di Parigi, nato
su progetto dell’abate Grégoire alla fine del XVIII secolo
con una pluralità di obiettivi legati alla valorizzazione delle professioni “utili”, alla promozione dell’istruzione pubblica, alla conservazione di collezioni di macchine e di oggetti,
alla gestione dell’innovazione.
La seconda sessione, presieduta da MARIO TACCOLINI, è
stata dedicata al contesto italiano. Anche l’Italia, nel corso
del primo Ottocento, vide diffondersi questa pratica dei concorsi. Torino, Genova, Firenze, Lucca, Napoli, Venezia e Milano, divennero sedi di esposizioni, mentre altre città, per
iniziativa di accademie e associazioni, ne seguirono l’esempio. Gli sforzi tesi a elevare il contenuto tecnico dei processi
produttivi si istituzionalizzarono nell’età napoleonica, favoriti da una crescente consapevolezza dell’interdipendenza
tra economia e tecnologia. Si diede risalto attraverso premi
ed esposizioni alle innovazioni che provenivano dal basso;
risposte dinamiche di operatori economici o di inventori tout
court che trovarono nel governo un interlocutore attento e
generoso. Le più importanti di queste iniziative furono le
Esposizioni annuali d’arti e mestieri di Milano, che presero
avvio nel 1805, così come è stato evidenziato da FRANCO DELLA
PERUTA (Istituto Lombardo di Storia Contemporanea di Milano) nella relazione su L’Istituto nazionale e le esposizioni
di Brera. GIORGIO BIGATTI (Università Bocconi di Milano),
Tra pedagogia industriale e vocazione commerciale: echi italiani delle esposizioni d’oltralpe, ha analizzato gli echi che
il grande fenomeno delle esposizioni internazionali ha avuto in Italia nella seconda metà del XIX secolo, soffermandosi
sulla percezione che i contemporanei ebbero dell’evento,
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sulla funzione dell’esposizione come luogo di scambio di informazioni e “scuola dove imparare senza sfigurare”, sulla
composizione del pubblico presente e sulle motivazioni che
spinsero tecnici e curiosi a parteciparvi. SERGIO ONGER (Università degli Studi di Brescia), Le esposizioni d’industria a
Brescia (1825-1857), ha descritto il caso delle esposizioni a
Brescia, una delle poche città capoluoghi di provincia che
dava spazio a questo tipo di iniziative, promosse dall’accademia cittadina al fine di favorire il progresso di tutte le
“invenzioni e cognizioni” più utili. SILVANO MONTALDO (Università degli Studi di Torino), ha presentato Le esposizioni
torinesi da Napoleone I a Cavour. A Torino le esposizioni
industriali presero avvio nel 1805 con Napoleone I e vennero organizzate con continuità negli anni seguenti, continuità sancita nel 1827 da Carlo Felice di Savoia, accogliendo la
proposta della Regia camera d’agricoltura e di commercio
di Torino, con l’istituzione di pubbliche esposizioni triennali
di prodotti fabbricati esclusivamente nel Regno di Sardegna. GIUSEPPE MORICOLA (Istituto Universitario Orientale di
Napoli), Tra velleità e progetto: le esposizioni industriali nel
Regno di Napoli, ha descritto questi eventi come una sorta
di istituzione intermedia, una specie di “ente fiera” e di “contenitore di consumi vario”, di circuito ristretto e protetto
che ruota intorno al sistema di protezione pubblica, diretto
al miglioramento della funzione allocativa. F ERNANDO
MAZZOCCA (Università degli Studi di Milano), Le arti belle in
mostra, ha affrontato, con un intervento ricco di dettagli
attraverso i tipi di oggetti, di tessuti e di mobili esposti, il
tema della distinzione tra “arti belle” e manifatture alle esposizioni milanesi di Brera. GIOVANNI MEDA RIQUIER (Centro
Culturale Italo-Tedesco Villa Vigoni, Loveno di Menaggio),
Esporre l’industria. Enrico Mylius tra arte e progresso, presentando un notevole apparato iconografico, ha analizzato
alcuni episodi di celebrazione della modernità presenti nella pittura e nella scultura, in cui si esaltano le figure di
personaggi come Enrico Mylius, abilissimo commerciante
protestante. RAIMONDA RICCINI (Istituto Universitario di Architettura di Venezia), Tracce di design. La produzione di
oggetti fra tecnica e arti applicate, con riferimento al periodo delle prime esposizioni internazionali, in cui è ancora
prematuro parlare di design, ha definito le condizioni che
hanno portato alla nascita del disegno industriale, sottolineando come queste tracce si possano individuare nei tentativi di trovare forme adeguate per nuovi prodotti, di
categorizzare gli oggetti, di vestire d’eleganza le cose che
non rientrano nel settore tradizionale applicato all’arte.
ANDREA GIUNTINI (Università degli Studi di Modena e Reggio
Emilia), ha presentato la relazione La prima volta dell’Italia: l’esposizione del 1861 a Firenze. Subito dopo l’Unità d’Italia, nel settembre 1861, venne realizzata la prima Esposizione nazionale a Firenze, nella stazione ferroviaria di Porta a Prato, su una superficie di 112.000 mq, di cui 38.500
coperti, con 8.512 espositori e 373.000 visitatori. Pur essendo un’esperienza modesta, dove erano esposti prodotti agri-
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coli, industriali e artistici, segnò comunque l’ingresso del
nuovo Stato nelle grandi manifestazioni espositive del secondo Ottocento.
Convegno di Studi: Cinque secoli di carta. Produzione, commercio e consumi della carta nella “Regio
Insubrica” e in Lombardia dal Medioevo all’età contemporanea, Varese, 21 aprile 2005.
Il 21 aprile 2005, presso la sala conferenze di Villa
Recalcati in Varese, si è tenuto il Convegno Cinque secoli di
carta, promosso dalla Provincia di Varese, realizzato in collaborazione con l’International Research Center for Local
Histories and Cultural Diversities, la Facoltà di Economia
dell’Università degli Studi dell’Insubria e l’Istituto Varesino
per la Storia dell’Italia Contemporanea e del Movimento di
Liberazione. L’incontro ha visto la partecipazione, in qualità
di discussant, di RENZO SABBATINI e PATRIZIA MAINONI ed è stato
coordinato da RENZO PAOLO CORRITORE e LUISA PICCINNO. Obiettivo primario di tale iniziativa, affiancata da una mostra dal
titolo “A carte scoperte” con l’esposizione di opere in materiale
cartaceo prodotte da artisti di fama internazionale, è stato
quello di valorizzare la storia industriale e manifatturiera
della Lombardia e più specificamente del Varesotto e dell’intera Regio Insubrica, all’interno della quale la produzione
cartaria riveste un ruolo di assoluto rilievo.
L’arco temporale individuato per l’analisi è il lungo periodo, partendo dal Medioevo per giungere all’Età contemporanea, al fine di consentire una valutazione complessiva
dell’incidenza del settore della produzione cartaria sia sull’economia regionale nel suo complesso, sia su quella dei
singoli centri produttivi. Gli aspetti esaminati dai singoli
autori sono compositi e con interessanti spunti di originalità. Significativa a tale riguardo è l’analisi del settore cartario
nell’antica diocesi di Como in età tardomedievale vista dal
lato della domanda (MARTA MANGINI). In quest’ottica vengono indagati aspetti quali la tipologia dei fruitori di questo
innovativo supporto scrittorio che gradatamente tende a
sostituire la tradizionale pergamena, le leggi che ne sanciscono l’affermazione sul mercato, le caratteristiche tecniche dello stesso e le finalità per il quale viene utilizzato.
Ulteriori elementi di riflessione si possono ricavare dall’analisi delle figure professionali che intervengono nelle varie
fasi del ciclo produttivo, quali i fornitori di materia prima
(interessante è la progressiva specializzazione e “ascesa
sociale” degli straccivendoli milanesi tra il XV e il XVI secolo), i maestri cartai e i mercanti, in molti casi divenuti a
loro volta imprenditori, ed il legame più o meno vincolante
tra le maestranze e il sistema corporativo (BEATRICE DEL BO).
Altrettanto cruciale è inoltre l’ambito territoriale entro
il quale sorgono gli edifici da carta e i fattori critici che intervengono nel guidare le scelte degli operatori economici.
Tra i fattori che influenzano la localizzazione delle cartiere
giocano un ruolo primario la disponibilità di manodopera
specializzata (il know how tecnologico assicurato dalla
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tradizione in molti casi sembra essere l’unica spiegazione
per giustificare la localizzazione di tali manifatture in aree
per altri aspetti svantaggiate), la vicinanza al mercato di
approvvigionamento delle materie prime e a quello di sbocco, la disponibilità di energia idraulica (interessante a tale
proposito la realtà comasca esaminata da FABIO CANI). In
particolare, il ruolo centrale del fattore “acque”, sia come
forza motrice che come materia prima (deve infatti essere
limpida, pura e non eccessivamente calcarea), fa sì che tali
insediamenti produttivi sorgano preferibilmente in campagna, a monte di piccoli centri abitati. Significativo il fatto
che il regime dei diritti delle acque ed il controllo statale
più o meno vincolante su tale elemento risultino condizionare talvolta in maniera determinante lo sviluppo di queste attività: emblematico è il caso di Besozzo, che già intorno al 1563 secolo vede lo sviluppo di una fiorente attività
cartaria grazie ad un regime di pressoché totale libertà di
uso delle acque del fiume Bardello (EMANUELE COLOMBO). Da
sottolineare che in questo centro l’attività cartaria è presente in maniera quasi ininterrotta dalla seconda parte del
XVI secolo a oggi.
Di notevole interesse è inoltre l’evoluzione tecnologica
che caratterizza tale comparto produttivo in funzione dell’aumento e della diversificazione della domanda verificatosi a partire dalla seconda metà del Settecento (I VO
MATTOZZI): a questo proposito, la tardiva adozione del cilindro olandese nelle cartiere varesine e comasche (analogamente ad altre realtà italiane) appare sintomatica di una
generale crisi del settore e di una produzione di modesta
qualità. In tale contesto l’eccezione è rappresentata dalla
cartiera Molina, fondata intorno al 1800 a Biumo Inferiore,
nel territorio di Varese. La messa in opera nel 1828 della
prima macchina per la produzione continua di carta da parte di Paolo Andrea Molina è infatti considerata una delle
pietre miliari dell’affermazione del macchinismo in Lombardia. Fino all’ultima parte del XIX secolo l’industria della carta rappresenta senza dubbio il settore più dinamico
dell’economia varesina e i Molina sono assoluti protagonisti. Significativo a questo proposito è il processo di accumulazione dei capitali da parte di questa famiglia, a lungo
impegnata nella produzione serica, ed il successivo processo di riconversione che la vede protagonista, con il progressivo abbandono della filatura, ormai in piena crisi, e l’avviamento della produzione cartaria (RENZO PAOLO CORRITORE).
La realtà cartaria varesina, sostenuta dall’intraprendenza della famiglia Molina, appare in netto contrasto con quanto si verifica in altri contesti regionali: meritevole di attenzione il confronto con la parabola evolutiva che caratterizza
la lavorazione della carta nella riviera bresciana del lago di
Garda, che vede uno sviluppo precoce, collocabile tra il XV e
il XVI secolo, ed un inarrestabile declino nel corso dell’Ottocento (LUCA MOCARELLI) Nel caso specifico le ragioni della crisi non appaiono solo di carattere tecnologico (la prima macchina continua viene infatti introdotta solo nel 1875), ma sono
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da ricercarsi anche nella conformazione del territorio (inadatto ad ospitare impianti di grandi dimensioni) e nei rivolgimenti politici che vedono protagonista questa regione.
I contributi presentati costituiscono una chiara testimonianza del grande spazio che ancora esiste per lo studio della
storia manifatturiera lombarda, sia con particolare riferimento a settori specifici di attività, sia in relazione ad aspetti
peculiari quali le differenti forme di organizzazione produttiva e la loro evoluzione nel corso del tempo.
I materiali del Convegno, Cinque secoli di carta. Produzione, commercio e consumi della carta nella “Regio Insubrica”
e in Lombardia dal Medioevo all’età contemporanea, a cura
di Renzo Paolo Corritore e Luisa Piccinno, Varese, Insubria
University Press, 2005, sono disponibili on line all’indirizzo:
http://www.eco.uninsubria.it/convegni2002.htm.
Convegno Internazionale di Studi: 250° anniversario dell’istituzione della cattedra di Commercio e Meccanica, Napoli, 5-6 maggio 2005.
Dopo la celebrazione dell’anniversario effettivo (1754) tenuta lo scorso anno alla Facoltà giuridica dell’Ateneo napoletano, gli stessi organizzatori (quella Facoltà e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) hanno patrocinato un più ampio
Convegno internazionale di studi sul 250° anniversario dell’istituzione della cattedra di Commercio e Meccanica, svoltosi il 5-6 maggio 2005 a Napoli, in Palazzo Serra di Cassano.
Al di là delle diverse sessioni in cui i vari contributi erano
stati incasellati, essi sono apparsi esprimere bene le due ottiche con cui oggi non solo si guarda alla prima cattedra europea di Economia e al pensiero del suo primo titolare, Antonio
Genovesi, ma più in generale agli economisti del passato. Da
un lato un’ottica più propriamente storica, attenta alle fonti
che cerca di leggere (o dovrebbe farlo) in maniera rigorosa; e
dall’altro un’ottica interessata più che altro all’attualizzazione
del pensiero economico del passato.
I contributi ascrivibili alla prima impostazione sono apparsi fortunatamente ancora maggioritari al Convegno. Esso
è stato aperto da RAFFAELE AJELLO (A. Genovesi nella storia
sociale del Regno di Napoli), che, inquadrando il celebre
cattedratico napoletano nell’evoluzione istituzionale e civile del Mezzogiorno, ne ha ricordato l’interpretazione
storiografica a suo avviso migliore, quella che ha visto in lui
come in Galiani due tipici economisti empirici, flessibili e
non etichettabili. In effetti, anche chi, e cioè ANTONIO MARIA
FUSCO, ha parlato subito dopo su Il mercantilismo di A. Genovesi, sembrando quindi porre in qualche modo un’etichetta, ha riproposto la sua vecchia tesi, forse non adeguatamente raccolta in questi anni dalla ricerca storiografica, del
doppio circuito con cui intendere quello che Franco Venturi
aveva chiamato mercantilismo “rinnovato” di Genovesi. Ad
andare avanti su questa strada della ricerca contribuirà ora
la tanto attesa e finalmente avvenuta pubblicazione, sempre a cura del benemerito Istituto filosofico napoletano, dell’edizione critica dell’opera principale di Genovesi, presentata
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al Convegno dalla sua infaticabile curatrice, MARIA LUISA PERNA
(Le Lezioni di Commercio di A. Genovesi). Per intanto, un confronto stringente tra L’Economia civile genovesiana e la
moderna Economia politica, l’una centrata sull’idea di “corpo
politico” e l’altra sull’idea di libero mercato, condotto sulle
fonti e teso a scoraggiare gli eccessi della voga attualizzante,
è stato offerto da FRANCESCO DI BATTISTA. Mentre RICCARDO
FAUCCI (Genovesi commentatore di Montesquieu) ha esaminato le note postume all’Esprit des lois che confermano la distanza tra i due pensatori. Infine COSIMO PERROTTA (Sviluppo
economico ed evoluzione storica in Genovesi) si è mosso lungo
una sua personale direzione di ricerca storica, che persegue
da tempo e nell’ambito della quale tende a rivalutare decisamente Genovesi come economista moderno, sulla base di due
categorie centrali: lavoro produttivo e consumo.
Per quanto di molto diverso valore, anche i contributi di
studiosi stranieri sono stati quasi tutti ascrivibili all’ottica
storica. K OEN S TAPELBROEK , dell’Erasmus University
Rotterdam, si è posto il problema della paternità
dell’Illuminismo napoletano mettendo a confronto Genovesi e Galiani. SOPHUS A. REINERT, norvegese ma ora all’Università di Cambridge, ha dipanato un tema dai risvolti
storiografici per più versi accattivanti: Republican
mercantilism out of context: on the italian reception of John
Cary’s Essay on the state of England. Alla diffusione del
pensiero genovesiano all’estero, in verità solo Spagna e Argentina, si sono invece dedicati JESÚS ASTIGARRAGA e JAVIER
USOZ, dell’Università di Saragozza (Spanish readings of the
A. Genovesi’s Lezioni di Commercio: V. de Villava and the
spread of the neapolitan political economy in the spanish
official Enlightenment) e Manuel Fernández López, dell’Università di Buenos Aires.
Ma con l’ultimo contributo straniero, frutto della collaborazione di ROBERT SUGDEN, noto economista dell’University
of East Anglia, con LUIGINO BRUNI (Mutual assistance or
mutual advantage? Genovesi and Smith on market and
sociality), ci spostiamo sull’altro versante, quello dei contributi ascrivibili ad un’ottica diversa, tesa più al recupero in
chiave attualizzante delle idee economiche del passato che
alla loro ricostruzione rigorosa sulle fonti. Non è un caso
che queste operazioni di recupero siano condotte da studiosi con formazione da economisti, e non da storici: è allora
probabile che esse rispondano all’odierno stato di crisi della scienza economica e all’esigenza, manifestata dagli economisti più sensibili, di un superamento della crisi, magari
cercando ispirazione negli economisti del passato. Questo
aspetto è apparso evidente al Convegno soprattutto nella
relazione di BRUNO JOSSA e ROSARIO PATALANO su Genovesi,
la ricchezza e l’umana felicità. Ma motivava in parte anche
quelle di CRISTINA NARDI SPILLER (Il ruolo del capitale umano nello sviluppo del sistema economico secondo A. Genovesi) e di MARINA ALBANESE (L’interazione interpersonale, il capitale sociale e il pensiero di Genovesi). Diversamente motivato, ma anch’esso generosamente attualizzante, il contri-
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buto di ANNA LA BRUNA e SALVATORE TINÈ su Gli esiti democratici della lezione genovesiana in Sicilia.
Le conclusioni del Convegno sono state tratte da PIERO
B ARUCCI . Meno preoccupato di altri nei confronti
dell’attualizzazione, Barucci ha però sottolineato la sostanziale assenza in Genovesi della prospettiva moderna del capitalismo industriale propria della Ricchezza delle nazioni;
e si è dichiarato molto significativamente non interessato
al recupero di idee tipicamente settecentesche come quella
di pubblica felicità. Le conclusioni odierne sul pensiero
genovesiano non gli sono sembrate discostarsi molto da
quelle già profilatesi a ben guardare cinquant’anni or sono,
in occasione del bicentenario della cattedra.
Convegno di Studi: La grande trasformazione e la
memoria. Fonti e tracce di ricerca per lo studio dell’economia e della società marchigiana e umbra nella
seconda metà del XX secolo, Foligno, 28 maggio 2005.
Lo scorso 28 maggio 2005 a Foligno, presso l’Aula didattica di Palazzo Trinci, si è tenuto il Convegno La grande
trasformazione e la memoria, organizzato dall’ICSIM - Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano”
e dalla rivista “Proposte e ricerche”, con il patrocinio di Comune di Foligno, Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno
e la collaborazione de “L’Officina della Memoria”. Con tale
Convegno gli organizzatori hanno inteso realizzare una riflessione e, nel contempo, avviare una nuova stagione di
studi volta ad indagare quelle che sono le principali questioni storiografiche legate all’insieme di trasformazioni
economiche e sociali avvenute nella seconda metà del XX
secolo in due regioni per molti aspetti simili tra loro come
le Marche e l’Umbria. Le due regioni possono essere infatti
annoverate a pieno titolo in quella “Terza Italia”, utilizzando una formula coniata dal sociologo Arnaldo Bagnasco per
indicare alcune aree dell’Italia centrale e del Nord-Est contrassegnate da uno specifico modello di sviluppo economico, definito NEC (Nord-Est Centro) dall’economista Giorgio
Fuà all’inizio degli anni Ottanta, fondato cioè su un
retroterra agricolo, caratterizzato dalla predominanza, sino
ai primi anni Sessanta, della mezzadria e su un industria
di dimensioni medio-piccole, rapidamente affermatasi nel
ventennio 1960-80, che ha costituito una parte significativa
di quello che è stato definito “il miracolo economico italiano”. Le principali questioni storiografiche legate a tale fase
della storia delle Marche e dell’Umbria sono state così declinate secondo diverse prospettive, con lo scopo di offrire
spunti per l’individuazione di nuove linee interpretative e
percorsi di ricerca, nel tentativo di cogliere quelle che sono
le somiglianze e le differenze, con l’obiettivo non soltanto di
gettare nuova luce sul nostro recente passato ma, anche e
soprattutto, di fornire nuovi strumenti a chi è chiamato a
progettarne il futuro. Dopo i saluti delle autorità intervenute – il sindaco di Foligno, MANLIO MARINI, la presidente
della Regione Umbria, MARIA RITA LORENZETTI, il consigliere
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della Regione Marche, M ARCO L UCHETTI, il presidente
dell’ICSIM, FRANCO GIUSTINELLI e, per la rivista “Proposte e
Ricerche”, FRANCO AMATORI – si sono aperti i lavori con gli
interventi previsti nella prima delle quattro sezioni in cui è
stato strutturato il Convegno.
Nella sezione Permanenze e fratture, presieduta da ANTONIO DI VITTORIO, i relatori hanno inteso tracciare un quadro generale di quello che è stato lo sviluppo economico e
sociale di Marche e Umbria a partire dal secondo dopoguerra, affrontando le diverse problematiche a questo connesse (crisi della mezzadria, fine della prevalenza del settore agricolo, emigrazione, impetuosa urbanizzazione, crisi del modello di industria di stato, specificatamente nell’area ternana, affermazione della piccola e media impresa, industrializzazione diffusa e nascita del distretto industriale). La relazione di ERCOLE SORI e di RENATO COVINO
(Cifre e caratteri del cambiamento) ha tracciato un quadro
generale delle trasformazioni socio-economiche avvenute,
delineandone i caratteri principali. Le relazioni di
GIACOMINA NENCI, (Agricoltura: il quadro macro), LUIGI ROSSI
(Agricoltura: microstorie), FABIO BETTONI (La montagna)
hanno invece preso in esame le trasformazioni avvenute
nell’agricoltura umbra e marchigiana a partire dal secondo dopoguerra (la fine della mezzadria, l’abbandono delle
campagne, la trasformazione del modello di proprietà contadina, l’agricoltura delle aree appenniniche), trasformazioni che hanno rotto equilibri da secoli cristallizzatisi
attorno alla vocazione agricola delle due regioni, secondo
uno schema incentrato per larga parte sulla grande e media proprietà fondiaria, per dar luogo ad una economia a
prevalente carattere industriale e, sempre più in questi
ultimi anni, vocata al terziario.
Nella sezione Protagonisti del cambiamento, presieduta
da FRANCO AMATORI, VALERIANO BALLONI (Le maggiori imprese)
e PATRIZIA SABBATUCCI SEVERINI (Sistemi Territoriali), hanno
ricostruito le diverse fasi dell’industrializzazione avvenuta
nelle due regioni, con particolare attenzione a quelli che sono
stati i legami con il retroterra agricolo, che hanno giocato un
ruolo essenziale, per quanto concerne, ad esempio, la tenuta
del sistema sociale, la nascita delle prime piccole imprese,
l’affermarsi del distretto industriale. Nella seconda parte della
sezione Protagonisti del cambiamento, coordinata da RENATO
COVINO, FRANCESCO CHIAPPARINO (Le banche), PAOLO RASPADORI
(Gli operai e le loro organizzazioni), ANGELO BITTI (Le istituzioni pubbliche), ROBERTO GIULIANELLI (Gli innovatori), hanno
preso in esame il ruolo ricoperto da banche, organizzazioni
operaie, istituzioni pubbliche, imprenditori e scienziati, nelle
trasformazioni intercorse nell’ultimo cinquantennio, non soltanto dal punto di vista dei contenuti ma anche, in una prospettiva più propriamente metodologica, in relazione al patrimonio di fonti detenute da tali soggetti, non sempre
debitamente valorizzato, che può invece costituire una risorsa preziosa per favorire l’approfondimento della ricerca storica e quindi la conoscenza.
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Le relazioni previste nella sezione Fonti e strumenti della
memoria, coordinata da ERCOLE SORI, hanno invece affrontato le principali problematiche, dal punto di vista
storiografico e metodologico, che propongono le diverse fonti storiche disponibili e utilizzabili per la ricerca, alcune delle
quali possono divenire esse stesse potenziali elementi di
sviluppo economico. PAOLA C ARUCCI (La conservazione
archivistica), MARCO MORONI (Archivi d’impresa e musei),
AUGUSTO CIUFFETTI (La letteratura grigia), MAURIZIO BLASI
(Audiovisivi), GIANNI BOVINI (Archeologia industriale), LUCA
GARBINI (Fonti esterne), hanno infatti esaminato le diverse
tipologie di fonti attualmente disponibili per la ricerca, da
quelle più tradizionali (i documenti d’archivio), alle più
innovative (audiovisivi, fonti esterne), evidenziando quello
che è ad oggi “lo stato dell’arte”, oltre che le nuove e possibili linee di sviluppo.
Gli interventi dei relatori sono stati integrati dalle testimonianze di politici, imprenditori, studiosi, protagonisti
della storia recente di Marche e Umbria (RAFFAELE ROSSI,
GIUSEPPE GUZZINI, ALESSANDRO PORTELLI, EMIDIO MASSI) i cui
interventi hanno fornito ulteriori e preziosi elementi di riflessione che hanno arricchito il dibattito finale in cui sono
state tirate le somme della densa giornata di lavori.
Seminario IRI: L’IRI e la crisi degli anni Settanta,
Roma, 9 giugno 2005.
La Fondazione I RI , con le attività del Comitato
Valorizzazione Archivi e Ricerca Storico Economica, ha in
corso di realizzazione un impegnativo programma volto ad
apprestare le basi documentarie per la storia dell’IRI e del
suo Gruppo. Accanto a questo programma si stanno svolgendo Seminari riferiti a L’IRI nella storia delle imprese italiane del Novecento. Sono stati promossi alcuni incontri con
esperti e protagonisti, dando vita ad un’esperienza fondata
su discussione e confronto che costituisce, per la numerosità
e rilevanza istituzionale, un unicum nei lavori di storia dell’impresa italiana nel ’900. L’insieme contemporaneo di molti
dirigenti, funzionari e studiosi consente infatti di ottenere
una condizione di rara verifica documentale. La conoscenza
– interna – dei fatti e della serie di scelte che hanno portato
alle decisioni, possibile solo agli attori, viene posta a confronto con la memoria e la conoscenza dei testimoni dell’azione e con la loro capacità di lasciare tracce – documenti –
in grado di ricostruirla in modo coerente con la memoria
degli stessi attori e testimoni.
Questo mondo di fare seminari ha avuto nell’incontro
del 9 giugno una puntuale conferma. La posizione di “perno” esercitata dall’IRI negli anni Settanta, intesi come momento di transizione tra la fase di intenso investimento
pubblico e sviluppo post bellico, e gli anni Ottanta, in cui
l’IRI svolse un ruolo propositivo verso nuove politiche industriali, è stato affrontato attraverso la presentazione e la
discussione di un documento “interno” noto ad oggi per l’eco
che ebbe sulla stampa, il “documento dei funzionari”. Il
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Seminario, presieduto da LUCIANO CAFAGNA, è stato aperto
da una relazione sul periodo tenuta da PAOLO BARATTA, che
ha presentato la testimonianza di alcuni degli estensori del
documento: F. Siriana, G. Moranti, C. Trailo, A. Paci, affiancandola all’analisi del contesto storico ed economico, affidata a interventi di FRANCO AMATORI, VALERIO CASTRONOVO,
MARCELLO DE CECCO e ANTONIO PEDONE. Il documento presentato contiene una critica severa dei funzionari e direttori IRI verso la Presidenza e in generale dei criteri con cui
era diretto il Ministero delle Partecipazioni statali, rilevando la pericolosa povertà istituzionale delle scelte di lobby, di
come queste determinassero l’indebolimento dell’intera industria nazionale, che veniva privata di una risorsa
progettuale potenzialmente in grado di sostenere piani di
riorganizzazione e di sviluppo. A seguito delle critiche, tredici dei sedici direttori IRI, rimisero nel 1977 le loro dimissioni, chiedendo una riforma organizzativa dell’istituto, riforma che di fatto venne attuata nello stesso anno e portò
poi alle politiche dei “poli industriali”, dei “campioni nazionali”, alle politiche di “costo” – sostenute da Saraceno – comprendenti complesse “esternalità positive”.
Il fallimento di tutto ciò è noto. Ma gli autori del documento, e i loro testimoni hanno concordato su un punto meno
noto, la necessità di chiedersi con quanta esplicita consapevolezza da parte dei governi il documento dei funzionari non
fu “ascoltato” nella sua richiesta di valorizzare l’IRI come centrale finanziaria. I funzionari avevano infatti criticato la scelta
di non utilizzare i fondi di dotazione e conseguentemente di
imporre alle imprese l’obbligo di ricorrere all’indebitamento
presso il circuito bancario. BARATTA ha avanzato l’ipotesi che
questa scelta sia stata intenzionale. Gli alti interessi pagati
dall’impresa pubblica al sistema bancario nazionale negli anni
Settanta e Ottanta sarebbero stati l’attuazione di un salvataggio “preventivo” delle banche gravate dalla politica di finanziamento del debito pubblico.
Al Convegno ci si è chiesti se fosse valsa la pena di salvare le banche a danno dell’impresa pubblica e in generale
della capacità imprenditoriale del Paese, rimandando le risposte ai prossimi incontri, le cui date sono in fase di definizione: Banche e imprese pubbliche fra occupazione ed
epurazione (1943-1947), a cura di DANIELA FELISINI; Le Autostrade e Fedele Cova, a cura di ANDREA COLLI; L’IRI e le grandi reti, a cura di LEANDRA D’ANTONE.
L’integrazione dell’Italia nel sistema occidentale:
economia a società (1945-1957), Milano, 9-10 giugno
2005.
Al termine di un programma di studi pluriennale, e quale
esito di un progetto cofinanziato dal MIUR nel 2002 – che ha
coinvolto l’Università Cattolica di Milano, l’Università degli Studi di Trento, l’Università degli Studi di Trieste e l’Università degli studi di Milano-Bicocca –, si è tenuto presso
l’Università degli studi di Milano-Bicocca un Convegno su
L’integrazione dell’Italia nel sistema occidentale.
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Durante le due intense giornate di studio si è assistito
alla presentazione degli esiti di originali percorsi di ricerca
nei quali sono stati messi a confronto, secondo differenti
prospettive di analisi, gli aspetti salienti dell’integrazione
internazionale, non solo economica, dell’Italia nel periodo
successivo alla seconda guerra mondiale. I lavori sono stati
aperti da ALBERTO COVA che ha focalizzato l’attenzione sulle
principali problematiche connesse al ruolo dell’Italia nel
contesto internazionale, soffermandosi sulle questioni tuttora poco esplorate relative alla partecipazione italiana alla
costruzione del sistema economico “occidentale”.
La prima sezione, presieduta da LUCIANO SEGRETO e dedicata specificatamente alla Internazionalizzazione dell’economia italiana, ha visto gli interventi di CLAUDIO BESANA,
su il Trattato di pace e gli interessi economici italiani nell’Europa, e di GIANPIERO FUMI, che si è occupato del Sistema
italiano di welfare nella nuova dimensione internazione: dal
BIT al Consiglio d’Europa. Di seguito ISABELLA DE RENZI e
PASQUALE GALEA hanno offerto un approfondito esame dell’adesione italiana agli accordi di Bretton Woods, così come
emerge nella ricca documentazione dell’Archivio centrale
dello Stato e dell’Archivio storico della Banca d’Italia.
Nel prosieguo della prima giornata ANDREA LEONARDI ha
svolto un’accurata relazione sul Turismo e bilancia dei pagamenti nel secondo dopoguerra: le valutazioni dell’OECE, mentre ALDO CARERA si è soffermato sulla Integrazione internazione
del mercato turistico italiano e ANDREA BONOLDI è intervenuto
sugli Aspetti della ripresa economica nell’area alpina. A conclusione della prima sezione, LUCIANO SEGRETO ha coordinato
l’ampia discussione suscitata dagli interventi fornendo nel
contempo una suggestiva comparazione degli studi offerti rispetto allo stato della più recente storiografia.
La seconda giornata è iniziata con una prima sezione
presieduta da FRANCESCA FAURI e dedicata al Piano Marshall
in Italia: alcuni casi di studio; per primi LUIGI TREZZI e
VALERIO VARINI hanno presentato una relazione su L’amministrazione dell’ERP e la gestione dei finanziamenti alle industrie di Sesto San Giovanni, a cui è seguito un approfondimento relativo all’area di Trieste, presentato da GIULIO
MELLINATO e PIERANGELO TONINELLI (Piano Marshall allo specchio: l’economia triestina tra Italia e Stati Uniti durante la
TLT) e ANNA MARIA VINCI (Culture a confronto e prove di democrazie nel periodo del GMA a Trieste). Al termine della
mattinata FRANCESCA FAURI, nel coordinare la discussione,
ha offerto uno stimolante confronto con altre ricerche analoghe condotte in Italia.
La terza e conclusiva sezione, Istituzioni e rappresentanze di interessi: l’integrazione italiana nell’economia occidentale, è stata coordinata da ANGELO MOIOLI e ha centrato dapprima l’attenzione sul ruolo degli imprenditori, con gli interventi di PIA TOSCANO su Confindustria e Bretton Woods: la
voce dei principali protagonisti, di PAOLO TEDESCHI su Gli imprenditori lombardi e i finanziamenti internazionali: verso
un nuovo sistema di imprese, e di quello, offerto in forma
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cartacea, di Giovanni Gregorini su L’UCID e i problemi del
lavoro. Infine PIETRO CAFARO, GIUSEPPE DE LUCA e DANIELA PARISI
(quest’ultima attraverso una comunicazione scritta) hanno
trattato il tema de La lira e l’integrazione monetaria internazionale negli anni della ricostruzione: la teoria, l’ambiente finanziario e il mondo politico, facendo emergere, all’interno
della complessa dinamica della politica monetaria della ricostruzione, le posizioni dottrinarie e del mondo borsistico.
VISTO?
Atlante LUISS 2005. Quattro scenari per il futuro,
Roma, LUISS University Press, 2005, pp. 341, € 40,00.
Il confronto che ha avuto luogo in quattro seminari-scenario tenutisi alla LUISS “Guido Carli” di Roma nel corso del
2004, fra esperti formatisi ed operanti in diversi ambiti culturali e sociali su temi di portata “globale”, ha condotto alla
pubblicazione di un volume che si propone come momento
di riflessione in un percorso in pieno svolgimento, utile a
delineare una sorta di mappa delle criticità del mondo contemporaneo.
Incisiva è l’introduzione di S. Maffettone, focalizzata
sulla governanza (cioè sul controllo politico e culturale)
della globalizzazione e sulle “due velocità” alle quali essa
procede – elevata quella economica e tecnologica, più lenta quella relativa alla costituzione delle infrastrutture
sociali di supporto – e sulla dottrina dell’“etica pubblica”,
imperniata sul concetto di eguaglianza di considerazione
e trattamento.
Stimolante ed efficace appare il taglio offerto da D.
Shayegan allo scenario dedicato a “Religione e ideologia”,
all’interno del quale sviluppa la sua riflessione A 25 anni
dalla rivoluzione iraniana. Direttore del Centre of Dialogue
of Civilization di Teheran prima della rivoluzione e in seguito Direttore a Parigi dell’Institute of Ismaili Studies,
Shayegan sottolinea le contraddizioni insite nella definizione di “repubblica islamica” e la complessità del concetto
di “rivoluzione” nello Sciismo. Lo storico F. Perfetti ed il
sociologo L. Pellicani completano il quadro delineato da
Shayegan, sottolineando le conseguenze geopolitiche e socio-culturali originate dalla crisi dell’impero iraniano e dalla formazione di un governo ierocratico, senza precedenti
nello scenario mondiale.
Nel suo contributo sulla Crisi dello Stato e fine dei territori B. Badie, professore di scienze politiche presso l’Istituto
di Studi Politici dell’Università di Parigi, direttore del Cycle
Supérior de Relations Internationales e membro del Comitato esecutivo dell’International Political Science Association,
sottolinea come la regressione delle strutture dello StatoNazione abbia contribuito in modo evidente al fenomeno di
cedimento da parte del potere tradizionale. Il caso degli Stati
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Uniti esemplifica il paradosso di un Paese il quale ha accumulato una quantità di risorse prima d’oggi inimmaginabile
e che al tempo stesso appare impreparato a fronteggiare le
sfide del mondo contemporaneo, con un potere dalla forte propensione coercitiva e tuttavia incapace di modellare il sistema politico-economico, nazionale o internazionale, a propria
discrezione. Nello stesso scenario, G. Di Taranto propone un
percorso Verso una globalizzazione sistemica. Partendo da
un’analisi della globalizzazione dei mercati e della conoscenza, Di Taranto chiarisce, attraverso un riesame dei cicli economici e della new economy, il significato che la nascita dell’Unione Europea assume all’interno del nuovo sistema economico mondiale, ossia quello di una esemplificazione, l’unica esistente, di globalizzazione “complessa”. L’Unione Europea è l’espressione di quel processo di relativizzazione della
sovranità degli Stati rispetto ad istanze che si collocano a
livello transnazionale o si sviluppano in ambito locale. Si torna dunque al problema di governance della globalizzazione,
in presenza di andamenti difformi della popolazione nelle diverse aree del mondo e di una tecnologia dotata di autopoiesi.
Ciò può provocare processi che tramutano i difficili percorsi
di catching up e di convergenza in una irreversibile
polarizzazione degli stessi. “Ma anche questa”, conclude Di
Taranto, “è globalizzazione”.
Nello scenario dedicato a “Borghesia e classi dirigenti”,
Th.W. Pogge interviene sul tema Povertà e diritti umani.
Docente di filosofia alla Columbia University, Pogge fa parte del gruppo di ricerca costituitosi presso il Center for
Applied Philosophy and Public Ethics della University of
Canberra. Il suo saggio esamina in quali condizioni di povertà si possa parlare di violazione dei diritti umani. L’Autore, come giustamente sottolinea P. Savona, affronta questo tema con acuto spirito critico e con un approccio immune da influenze ideologiche o religiose.
F. Fernandez-Armesto, professore di storia e geografia
e Direttore del Programme in Global History alla Queen
Mary University di Londra, si sofferma su I nuovi equilibri internazionali. Fernandez-Armesto esprime preoccupazione per l’egemonia raggiunta dalla superpotenza americana, un’egemonia priva di precedenti storici. L’Autore
si interroga su cosa sia possibile fare oggi nell’attesa di
una rinascita della sicurezza collettiva e di istituzioni di
governance globale atte a gestire i problemi mondiali. Nello
stesso scenario, dedicato ai “Mondi discontinui”, D. Antiseri
parla di globalizzazione della “società aperta”: non è possibile, a suo parere, conoscere anticipatamente i risultati
delle interrelazioni tra identità culturali differenti, ma è
lecito affermare che la globalizzazione intensifica e favorisce tali interrelazioni.
Infine, R. Panzarani, nella sua postfazione all’“Atlante”,
dedicata al tema Globalizzazione e imprese, sottolinea come
sia importante oggi assumere un atteggiamento di apertura alla globalità, ma secondo un approccio “glocale” che permetta di mantenere il baricentro sulla dimensione locale.
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G. BRUNO, Risorse per lo sviluppo. L’industria elettrica meridionale dagli esordi alla nazionalizzazione, Napoli, Liguori, 2004, pp. 242, € 14,50.
Il libro, attraverso l’emblematica vicenda della Società
Meridionale di Elettricità (SME), contribuisce alla riflessione sull’ormai più che secolare “questione meridionale”. Il
tema è affrontato, in questo caso, con l’analisi storico-economica di una grande impresa meridionale. L’Autore, sulla
base dei documenti disponibili nell’archivio dell’impresa (integrati da altre fonti primarie, quando necessario), analizza strategie gestionali e processi decisionali di sessant’anni
attraverso le due figure principali del management: l’avvocato Maurizio Capuano, amministratore delegato dalla costituzione della società nel 1899 fino alla sua morte nel 1925
(e che dal 1911 ricopre anche la carica di vicepresidente), e
l’ingegner Giuseppe Cenzato, che lo sostituisce nella carica
di amministratore delegato, a partire dal 1928, fino al 1956.
Se il primo rappresenta una sorta di felice sintesi fra i diversi gruppi di potere all’interno della società e, contemporaneamente, una sponda per approdare più facilmente alle
politiche decisionali nazionali di settore – grazie al riconoscimento del quale godeva anche oltre i confini napoletani –, il secondo non è invece legato in modo particolare a
nessuno dei gruppi di interesse coinvolti nella vicenda “elettrica” dei difficili anni Venti. La fase di successo della SME
si arresta nel 1952 con la costituzione, da parte dell’IRI, della Società Finanziaria Elettrica Nazionale (Finelettrica), alla
quale sono trasferite le partecipazioni che sia IRI che FINSIDER
detenevano nella SME. Viene così reso operativo un progetto
di modernizzazione nel settore elettrico gestito dall’IRI, che
culmina nel 1962 con la nazionalizzazione di tutte le attività elettriche. In seguito alla nazionalizzazione la SME si trasforma in finanziaria a partecipazione statale che interviene prevalentemente nel Mezzogiorno, le cui vicende non
vengono seguite dal volume.
A. BULGARELLI LUKACS, Alla ricerca del contribuente. Fisco, catasto, gruppi di potere, ceti emergenti nel
Regno di Napoli del XVIII secolo, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 2004, pp. 376, € 28,50.
Il volume, utilizzando fonti documentarie in parte inedite, affronta il tema del catasto onciario da una prospettiva pressoché sconosciuta alla storiografia meridionale, per
altro ricca di saggi di natura economica, sociale e
demografica volti a ricostruire l’identità socio-economica di
singoli quadri territoriali. In questo caso, oggetto dell’indagine non sono i risultati delle rilevazioni catastali, ma le
dinamiche stesse che sono all’origine della formazione del
catasto. L’idea di fondo è che le decisioni governative in
materia fiscale sono il prodotto di scelte di natura politica,
poiché condizionate dalla pressione e dell’azione di classi
economiche spesso guidate da interessi contrapposti. Partendo da questo presupposto, l’Autrice si chiede quali ragioni spinsero lo Stato a varare la riforma catastale e quale
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fu il ruolo dei gruppi di potere napoletani. La risposta si
snoda lungo cinque capitoli, dedicati al quadro istituzionale e finanziario di lungo periodo, alla maturazione di una
consapevolezza sulla necessità di una riforma fiscale, alle
figure sociali in grado di fare pressione sul governo, ai caratteri e alle finalità del catasto, alla verifica dei risultati
raggiunti. Le conclusioni individuano nel catasto lo strumento del governo per assicurare alla collettività il gettito
fiscale della “gente benestante” e del clero, che erano use ad
evadere l’imposizione. La finalità non era peraltro quella di
accrescere le entrate statali, poiché l’entità complessiva del
prelievo era determinata dal numero dei “fuochi”, ma quella di risanare la finanza locale assicurando alle singole comunità il regolare pagamento dei “fiscali”, ad esse in effetti
imputato. Ne discese, tra l’altro, una migliore e più equa
ripartizione del carico fiscale, elemento per nulla estraneo
alla dottrina economica e alla cultura politica dell’epoca.
Quanto alle componenti sociali, queste avevano la piena
consapevolezza della necessità di un catasto che allargasse
la base imponibile dando maggiore certezza alle entrate,
poiché due terzi dell’imposta sui fuochi erano utilizzati dal
governo per garantire il pagamento degli interessi sul debito pubblico ed erano quindi in mano ad un eterogeneo gruppo sociale di creditori, tutti desiderosi di essere rassicurati
sulle possibilità di rientro del proprio investimento. In questo scenario, la realizzazione del catasto carolino appare
come il prodotto di un intervento governativo volto a tutelare gli interessi particolari delle élite più forti: i creditori
dello Stato, concentrati nella capitale, godevano di appoggi
politico-istituzionali; i “benestanti” erano invece dispersi
nelle province ed erano del tutto privi di una organizzazione e di una rappresentatività collettiva.
G. CONTI, T. FANFANI, S. LA FRANCESCA, A. POLSI (a cura
di), Imprenditori e banchieri. Formazione e selezione
dell’imprenditorialità in Italia dall’Unità ai nostri
giorni, Atti del Convegno di Studi (Lucca, 31 gennaio 1 febbraio 2003), Napoli, Editoriale Scientifica, 2004,
pp. 472, € 35,00.
Il volume è il risultato finale di una ricerca MIUR alla
quale hanno partecipato le Università di Pisa (Facoltà di
Economia e Scuola Normale Superiore) e Palermo (Facoltà
di Economia). Essa ha preso le mosse dagli assunti teorici
degli economisti sull’imprenditore, a partire da Schumpeter,
per ricostruire il profilo di alcune personalità o la dinamica
di esperienze di crescita economica, al fine di chiarire l’apporto dato alla storia del nostro Paese dall’Unità ai giorni
da piccoli e grandi imprenditori.
I saggi sono di G. Conti (Strategie di speculazione, di
sopravvivenza e frodi bancarie prima della grande crisi), T.
Fanfani (Il “sentiero” degli imprenditori in Italia. Alleanza
Assicurazioni e Piaggio & C.: uomini e crescita dalle origini
al secondo dopoguerra), S. La Francesca (L’impresa in Sicilia. 1861-1990), A. Polsi (Crisi, ristrutturazione e nuove
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funzioni pubbliche. Le casse di risparmio italiane fra
dirigismo e autonomia durante il fascismo), D. Manetti (Dagli orologi agli strumenti per la Marina Militare. Formazione e attività di Giuseppe Panerai, imprenditore fiorentino
del Novecento), E. Camilleri (Produzione e trasformazione
degli agrumi in Sicilia nella prima metà del Novecento:
aspetti istituzionali e di mercato), F. Pirolo (Roberto De
Sanna, il Duca Riccardo Carafa d’Andria, e l’industria automobilistica “De Luca” a Napoli all’inizio del ‘900), D.
Felisini (Il sogno delle quattro ruote: imprenditorialità e
progettualità nell’industria automobilistica italiana 19501965), A. Mantegazza (Contributo all’analisi
dell’imprenditoria Pisana negli anni Cinquanta), E. Felice
(Tra inventiva privata e finanziamenti pubblici: Ottorino
Pomicio da ingegnere-imprenditore a manager IRI), C.
Brambilla e G. Conti (Imprenditorialità bancaria e differenze nei sistemi finanziari. Congetture ed evidenze), M.G.
Rienzo (Il dinamismo di un banchiere-imprenditore meridionale: Tommaso Astarita e la Banca Generale della Penisola sorrentina), A. Bianchi (Il modello imprenditoriale italiano nei servizi pubblici locali nel XX secolo: un’analisi storico-istituzionale).
E. DAL BOSCO, La leggenda della globalizzazione.
L’economia mondiale degli anni novanta del Novecento, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, pp. 128, €
12,00.
Forte della sua pluriennale esperienza di lavoro all’Ufficio Studi della Banca d’Italia, dove ha diretto il settore
che si occupa di economia internazionale, l’Autore analizza
l’economia mondiale negli anni Novanta del secolo scorso,
con un approccio assai critico del cosiddetto Consenso di
Washington. I quattro capitoli del volume (La
globalizzazione alibi del neoliberismo; L’economia reale preda della finanza; Il lavoro ostaggio della precarietà; Lo Stato sociale sotto assedio) sono dedicati a quegli aspetti della
vita economica e sociale, che maggiormente interessano
l’ideologia neoliberista. Nel primo si sostiene che la
globalizzazione non è un fenomeno nuovo, perché i dati del
commercio internazionale e degli investimenti diretti all’estero risultano al livello del 1914; il secondo analizza
l’enorme sviluppo delle attività finanziarie a livello nazionale e internazionale, con l’assoluta libertà di movimento
dei capitali che non sottostanno ad alcun vincolo amministrativo, il che accresce notevolmente i rischi sistemici. Nel
terzo capitolo, che riguarda il mercato del lavoro, si esaminano le diverse forme di flessibilità che stanno alla base
dell’insicurezza del posto di lavoro, mentre nell’ultimo si
osserva come l’aumento della disoccupazione e il
contenimento dei salari abbiano messo in crisi le fondamenta
del welfare state classico. In ultima analisi emerge come
quello che i neoliberisti chiamano modernizzazione, altro
non sia che il ritorno all’Ottocento, se non addirittura ad un
nuovo feudalesimo.
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G. FAVERO, Benetton. I colori del successo, Milano,
EGEA, 2005, pp. 243, € 18,00.
La Benetton da piccola azienda produttrice di maglioni è
divenuta nel corso degli ultimi quarant’anni un gruppo multinazionale dell’abbigliamento e un modello per gli studiosi
dell’impresa a rete. Si tratta di un caso particolarmente interessante per gli storici, dato il successo internazionale ottenuto negli anni ’80 e le più recenti difficoltà di mercato incontrate nel settore dell’abbigliamento, che hanno spinto la famiglia a spostare gli investimenti verso altri settori, dalle
infrastrutture ai servizi, in grado di garantire rendite sicure.
I mutamenti nel contesto competitivo, le relazioni tra
gli imprenditori e la rete di aziende affiliate, le dinamiche
dell’innovazione sono al centro della dettagliata ricostruzione di questa vicenda imprenditoriale proposta nella monografia di Favero recentemente edita dalla casa editrice
EGEA dell’Università Bocconi all’interno della collana “Monogrammi” (diretta da F. Amatori, G. Berta e A. Colli), che
propone contributi agili, ma rigorosi, alla conoscenza di imprese e imprenditori italiani.
Il libro mette in luce il percorso a volte tortuoso e pieno di
difficoltà attraverso il quale la Benetton ha elaborato strategie in grado di garantire il successo e la crescita dell’impresa
fino ai tempi più recenti. Ne emerge una visione a tutto tondo
delle peculiarità che caratterizzano l’organizzazione d’impresa
in un sistema che comprende la famiglia, i manager, i
subfornitori, gli agenti e i dettaglianti indipendenti, un sistema la cui flessibilità si accompagna a forme di dipendenza
esclusiva di alcuni tra i soggetti esterni, ma anche alla loro
capacità di opporre resistenza all’innovazione quando questa ne minacci in maniera radicale l’autonomia. Dalla dialettica tra queste due spinte deriva quella che può essere definita con un ossimoro la “rigidità della formula flessibile” adottata dalla Benetton e da altre imprese, che consente di scaricare all’esterno costi e rischi garantendo la continuità dei
profitti, ma che nel contesto turbolento degli anni ’90 ha ostacolato la capacità di rispondere rapidamente ai mutamenti
del mercato. Sotto i colori sfavillanti del successo emergono
così anche toni più scuri, che danno profondità al resoconto e
sono indispensabili per una lettura in prospettiva di quella
che resta una delle più interessanti vicende imprenditoriali
dell’Italia degli ultimi cinquant’anni.
E. FELICE, Cassa per il Mezzogiorno. Il caso dell’Abruzzo, Collana di Studi Abruzzesi, n.s., n. 45, L’Aquila, Cerbone, 2003, pp. 260.
Nella casistica dei percorsi di sviluppo a livello europeo,
l’Italia ha sempre presentato uno squilibrio tra Nord e Sud
che ha stimolato accesi dibattiti e numerose analisi. Gli studiosi ormai non parlano più di modello meridionale uniforme, ma di molteplici Mezzogiorni, con realtà economico-sociali differenziate, che vanno da un sostanziale immobilismo ad un vero e proprio “decollo” in settori produttivi
diversi. Proprio l’Abruzzo è da considerarsi come il caso
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meridionale più dinamico e sorprendente della seconda metà
del Novecento. Il lavoro di Felice si pone come obiettivo quello
di spiegare i motivi del successo abruzzese e l’eventuale
contributo, in tal senso, dell’intervento della Cassa per il
Mezzogiorno (CASMEZ), la quale, nelle altre regioni meridionali, si può dire che abbia sostanzialmente fallito, o
quantomeno deluso di molto le aspettative. L’Autore offre
un’accurata descrizione delle unità direzionali e delle strutture operative della CASMEZ – fino al decreto presidenziale
del 6 agosto 1984, che ne sanciva la soppressione e definitiva liquidazione –, soffermandosi poi sulla nascita della successiva Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno (1986), dopo la quale si giunge – negli anni Novanta – all’intervento “ordinario” per le aree cosiddette depresse in tutto il territorio nazionale.
Felice fornisce un quadro sistematico dell’evoluzione
della regione abruzzese lungo tutto il secondo dopoguerra:
da regione appartenente al “profondo sud” ad area protagonista di una performance “straordinaria”. Lo studio prende
in esame i singoli settori produttivi e in particolare vengono esaminati gli interventi in agricoltura, nelle infrastrutture viarie ed in quelle civili (acquedotti, ospedali, scuole,
fognature). Ampio rilievo è dato dall’Autore alla politica di
sviluppo dell’industria, che è stata la vera protagonista del
successo abruzzese, con particolare attenzione dedicata ai
nuclei di industrializzazione delle singole micro-aree regionali: la Val Pescara, Teramo, Avezzano, il Vastese, il Sangro
Aventino, L’Aquila, Sulmona. L’industria, diversamente dal
resto del meridione, è stata valorizzata nelle sue caratteristiche tradizionali – industria leggera e labour intensive –
ed è rimasta estranea ai modelli che vedono prevalere la
grande industria capital intensive. Secondo Felice, l’Abruzzo sfugge a qualsiasi tentativo di essere inquadrato in uno
dei consueti modelli interpretativi applicati allo sviluppo
economico italiano e sottolinea come la positiva e peculiare
esperienza abruzzese, con tutte le sue specificità, sia fortemente debitrice dell’intervento della Cassa medesima, la
quale ha potuto agire come “volano per lo sviluppo”, con un
ruolo “forse determinante”.
S. MAGGI (a cura di), Cittadella della scienza. L’Istituto Sclavo a Siena nei cento anni della sua storia
(1904-2004), Milano, Angeli, 2004, pp. 232, € 24,00.
Promosso dall’Archivio del Movimento Operaio e Contadino in provincia di Siena (AMOC), il volume ricostruisce
la storia dell’Istituto Sieroterapico e Vaccinogeno Toscano
(ISVT) “Sclavo”, sorto nel 1904 a Siena su iniziativa di un
igienista attento come Achille Sclavo, allo scopo di fabbricare il siero contro il carbonchio, da lui stesso messo a punto.
La sua attività di docente universitario, ricercatore e, per
certi versi, anche educatore, si inserisce nel fermento culturale e nel dibattito scientifico fra Otto e Novecento. Il lavoro non è quindi la semplice storia di un’impresa, delle sue
vicende e della sua espansione. Rimasta a lungo azienda
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familiare, negli anni Sessanta, si trasforma in società per
azioni. L’inizio della produzione del vaccino Sabin contro la
poliomielite la portò a competere a livello internazionale e
ad estendersi anche negli Stati Uniti. Dopo una serie di cambi di proprietà e fusioni, l’azienda senese finì nell’orbita della
chimica pubblica controllata dall’ENI, e conobbe, a partire
dagli anni Ottanta, una grave crisi societaria, fino
all’acquisizione, nel 1991, del ramo vaccini della Sclavo da
parte della Chiron Vaccines, e oggi all’utilizzo delle
biotecnologie e ad un costante impegno in importanti progetti di ingegneria genetica.
Nel volume la storia industriale e imprenditoriale si intreccia con la storia sociale, con quella della medicina, e i rapporti fra università, produzione e ricerca si rivelano determinanti nella vita dell’azienda, così come il rapporto con il territorio e con le istituzioni di una città che all’inizio del XIX
secolo era dominata dall’aristocrazia fondiaria e successivamente da piccole imprese quasi tutte operanti in settori tradizionali. Il volume è costituito da una serie di saggi di diverso taglio e lunghezza, suddivisi in due parti. La prima (Per
una storia della fabbrica e del lavoro) raccoglie i contributi di
F. Vannozzi (Achille Sclavo e la società del suo tempo; I prodotti dell’Istituto), S. Battente (Fondazione e sviluppo dell’Istituto sieroterapico e vaccinogeno toscano; Politiche industriali
nel secondo dopoguerra) e S. Maggi (Lavoro e sindacato). La
seconda è dedicata a La memoria nei suoni e nelle immagini,
dove P. Scarnati si occupa di Aspetti audiovisivi di una ricerca storica, M. Bertozzi de La Sclavo al cinema e V. Roghi di
Materiali audiovisivi per la storia della Sclavo. L’Appendice
contiene, infine, Testimonianze e Documenti.
G.A. MAJONE, La globalizzazione dei mercati: storia,
teoria, istituzioni, Milano, Angeli, 2004, pp. 141, € 13,00.
L’Autore muove dalla necessità di caratterizzare il discorso sulla globalizzazione come “un repertorio di temi”.
Se, in generale, “la diffusione di ‘qualcosa’ fuori dalla sua
cultura d’origine, fino ad abbracciare ogni continente”, non
sarebbe in sé negativa, la teoria economica viene accusata
di essere riduzionistica e meccanicistica e di escludere le
interazioni di ampia portata, cioè la dimensione socio-ambientale, mentre la complessità reale, all’opposto, sembra
sintetizzarsi nelle proteste contro la globalizzazione, giudicata funzionale agli interessi forti.
Alla luce della storia delle idee, da un lato, e dall’altro
degli attuali movimenti di opinione, Majone analizza le
argomentazioni dell’ortodossia economia, ma riconosce al
contempo l’importanza degli aspetti politici e culturali. Il
volume affronta i seguenti punti: Analisi economica del discorso “anti-globalizzazione”; La globalizzazione dei mercati, un secolo fa; Le regole dello scambio; Le istituzioni dell’economia mondiale; La globalizzazione del rischio; Integrazione dei mercati e democrazia, oltre alla Postfazione. Per
governare la globalizzazione servono istituzioni globali di
A. La Spina.
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J. MOKYR, I doni di Atena. Le origini storiche dell’economia della conoscenza, Bologna, il Mulino, 2004,
pp. 484, € 32,00.
Il principale fattore che ha permesso al capitalismo occidentale di diventare la più poderosa macchina di sviluppo
economico, politico e sociale della storia è stata la crescita
della conoscenza scientifica e tecnologica. Entrambe per
Mokyr sono indispensabili: quella sul “cosa” – la conoscenza di proposizioni sui fenomeni naturali e sulle sue regolarità – e quella sul “come”, vale a dire le tecniche. Le due
forme non sono separate l’una dall’altra e una società che
voglia realmente crescere deve mettere in atto un processo
di interscambio fra esse, saper cogliere le opportunità dell’economia della conoscenza e disporre sia di un sistema di
ricerca diffuso, sia di frequenti contatti tra il mondo scientifico e accademico e il mondo della produzione. Lo conferma la rivoluzione industriale, che fu in grado di affermarsi
e consolidarsi grazie alla diffusione delle scoperte scientifiche, alla divulgazione dei saperi mediante enciclopedie, periodici, accademie, alla formazione professionale, all’attività di artigiani intelligenti.
Il progresso scientifico e tecnologico non è, però, né lineare né scontato e la capacità di codificare e trasmettere la conoscenza, come di tradurla in applicazioni pratiche dipende
dalla presenza di istituzioni favorevoli. Secondo Mokyr, infatti, per un’efficace politica per l’innovazione, non basta aumentare le spese di ricerca e sviluppo, ma occorrono un sistema politico e un assetto istituzionale che contribuiscano a
diffondere le conoscenze, a favorire l’interazione fra scienza e
tecnologia e a contrastare la resistenza che le lobby minacciate dall’avanzata delle nuove tecniche hanno sempre fatto.
F. ONIDA, Se il piccolo non cresce. Piccole e medie
imprese italiane in affanno, Bologna, il Mulino, 2004,
pp. 236, € 15,00.
Con la crisi della grande impresa pubblica e privata a
partire dagli anni Settanta e l’affermarsi dei distretti industriali nelle regioni del Nord e del Centro Italia, cui è connesso il successo del cosiddetto “made in Italy”, l’attenzione
degli studiosi si è spostata sulle piccole e medie imprese
quale elemento peculiare e di successo del modello italiano.
In seguito, dal dibattito sono emerse anche posizioni che
hanno sottolineato come la ridotta dimensione delle imprese costituisca uno dei problemi dell’ industria italiana, rappresentati dalla scarsità della ricerca, dal basso tasso di
innovazione e dal limitato impiego di capitale umano qualificato. Da tutto questo prende le mosse l’Autore, con l’obiettivo di individuare le cause strutturali e culturali del fenomeno e di proporre eventuali correttivi. Riflettere sulla natura del “nanismo” significa anche inquadrare i vari aspetti
del capitalismo italiano, delle istituzioni e della società, e
interrogarsi sulle ragioni della perdita di slancio della nostra economia, dato l’evidente nesso fra la scala ridotta delle aziende e la modesta crescita del sistema economico.
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Compongono il volume i capitoli: Crescita dimensionale
delle imprese e competitività: fattori di rallentamento; Piccolo non è sempre bello; L’Italia nella competizione internazionale: un declino?; Quale futuro per i distretti?; Impresa
familiare e finanziamento della crescita; Innovatori con poca
ricerca: perché?; Contesto istituzionale e disincentivi “ambientali” alla crescita delle imprese; Prospettive. A questi si
unisce l’Appendice, con storie di alcuni gruppi italiani di
medie dimensioni che sono diventate imprese multinazionali di successo, quali, ad esempio, Bracco e De Longhi.
L. SAVELLI, L’industria in montagna. Uomini e donne al lavoro negli stabilimenti della Società Metallurgica Italiana, Firenze, Olschki, 2004, pp. 483, € 32,00.
Il volume non è una storia d’impresa, ma la storia della
manodopera di un’impresa, la Società Metallurgica Italia,
gruppo industriale dedito alla lavorazione del rame, delle
sue leghe e di munizioni per pistole, fucili, moschetti e artiglieria leggera per l’esercito e la marina italiani. Pensata
all’inizio come ricerca volta ad esaminare soprattutto la forza
lavoro femminile, assai rilevante, l’Autrice ha voluto poi
occuparsi anche di quella maschile, ponendo l’attenzione
soprattutto sulle relazioni fra i due sessi all’interno dei tre
impianti industriali a Limestre, Mammiano e Campo Tizzoro
nell’Appennino pistoiese tra gli inizi del XX secolo e la seconda guerra mondiale. Il volume utilizza come fonte principale i registri del personale, la stampa locale e la documentazione degli organismi statali preposti al controllo della
manodopera degli stabilimenti dichiarati “ausiliari” durante i due conflitti mondiali, ma grande spazio è dato alle testimonianze orali degli ex dipendenti e familiari di dipendenti, testimonianze preziose per ricostruire le origini familiari, le storie di vita e di lavoro, i rapporti fra uomini e
donne dentro e fuori la fabbrica, ma anche per fornire ulteriori elementi allo studio delle gerarchie professionali e della
conflittualità.
O. V ENTRONE , Globalizzazione. Breve storia di
un’ideologia, Milano, Angeli, 2004, pp. 160, € 14,00.
La parola “globalizzazione” ormai largamente impiegata, comparve per la prima volta nel 1962 in un articolo sullo
“Spectator” dal titolo The US Eyes Greater Europe, dedicato
all’esame dell’opportunità, nel quadro degli equilibri economici e politici mondiali, dell’adesione al MEC da parte della
Gran Bretagna. Il termine globalization equivale al francese mondialisation, già in uso da almeno un decennio, ma
entrambi vennero utilizzati sporadicamente fino all’inizio
degli anni Ottanta. Allora gli studiosi di marketing e business
administration lo utilizzavano intendendo il passaggio, nella
produzione e distribuzione delle merci, dalla società multinazionale a quella globale che, a differenza delle prima, tendeva a vendere ovunque i medesimi prodotti standard. Dalla considerazione del mondo della produzione e della promozione di beni come un’unica entità, si sviluppò poi una
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letteratura che assumeva la globalizzazione a simbolo di
progressiva formazione di una cultura globale, o almeno di
un insieme di stili di vita e di consumo globalmente condivisi, alimentato dal rapido e incessante sviluppo delle comunicazioni, con la conseguenza che il trasferimento di uomini, merci e informazioni avviene ad una velocità senza
precedenti. Il vocabolo, confinato fino ad un decennio fa nell’ambito delle scienze sociali, divenne in seguito il vessillo
dell’establishment neoliberista, in particolare quello americano. Per questo l’Autore considera la globalizzazione la
bandiera ideologica di un progetto di analisi e gestione del
pianeta, improntato alla nuova ortodossia economica di
stampo conservatore che ha soppiantato il consenso
keynesiano del secondo dopoguerra.
EVENTI
International Economic History Association, XIV
International Economic History Congress, Helsinki,
21-25 agosto 2006.
Si terrà in Finlandia il prossimo Congresso della
International Economic History Association, l’associazione
internazionale fondata quarant’anni fa da un gruppo di
studiosi europei, tra cui il nostro Aldo De Maddalena e costituita ormai da trentatré associazioni nazionali di storia economica (segnaliamo i siti della IEHA, www.neha.nl/ieha, del
Congresso di Helsinki, www.helsinki.fi/iehc2006, e di
Economic History Services, una rete particolarmente ricca
di notizie sulla nostra disciplina, www.eh.net).
I congressi quadriennali IEHA sono ben conosciuti dalla
SISE, che ha sempre assicurato a questi eventi una nutrita
partecipazione di studiosi. Anche l’anno prossimo, tra organizzatori di sessione e autori di papers, la presenza italiana
ad Helsinki sarà particolarmente numerosa, con la presentazione di temi di notevole rilievo. Tra i tanti, che per mancanza di spazio non possono essere menzionati adeguatamente, ricordiamo la sessione presentata dal CIRSFI – il seminario permanente sulla storia della finanza italiana –
sulla formazione dei mercati finanziari europei nel lungo
periodo, in collaborazione con studiosi francesi, tedeschi e
spagnoli e che sarà preceduta da un pre-congresso nel maggio del prossimo anno.
Non è facile tracciare una panoramica esauriente dei
principali temi che saranno affrontati ad Helsinki. A tutt’oggi sono state selezionate centoventitré sessioni, che in
parte sono state pubblicate nella prima edizione del programma ufficiale già distribuito e che in parte figurano per
ora solo sul sito, dove è possibile una valutazione completa
delle sessioni approvate. In termini cronologici, la rigida
suddivisione nei tradizionali periodi storici, che caratterizzava i congressi IEHA fino ad una decina di anni or sono,
appare del tutto superata. Nel prossimo incontro, una sessione è dedicata all’antichità, cinque al medioevo, una decina rientrano nell’ambito dei secoli XVI-XVIII: ma la quasi
totalità delle sessioni proposte si divide ormai in modo equilibrato tra XIX-XX secolo ed un arco più ampio di lungo
periodo, che copre l’età moderna e contemporanea.
Il Congresso del 2006 si presenta dunque con un respiro
particolarmente ampio, che si manifesta con una eterogeneità di prospettive di volta in volta sempre più marcata,
che valica – o allarga – i confini tradizionali della nostra
disciplina. Accanto ai temi classici di storia economica troviamo così argomenti che spaziano dalla storia urbana alla
cultura materiale, alla demografia storica, all’economia sostenuta dall’informatica, alle produzioni di lusso e ai mercati d’arte (con una presenza italiana anche in questo caso
particolarmente qualificata): o che si riferiscono più genericamente alla storia dello sviluppo economico per ambiti
geografici intercontinentali tra America, Australia e Asia.
Si veda ad esempio la sessione coordinata dall’attuale Presidente IEHA, Richard Sutch, che propone una ricerca sulle
economie dei primi insediamenti coloniali su scala mondiale, con una tornata di lavori in programma al XX Congresso
Internazionale di Scienze Storiche (Sidney, 3-9 luglio 2005),
destinata ad approdare successivamente ad Helsinki.
L’appuntamento del prossimo anno si presenta dunque
di grande interesse, anche se la quantità dei temi trattati,
che si scontra con tempi necessariamente contingentati, può
lasciare disorientati. Tutto sta ad utilizzare con accortezza
il programma giornaliero dei lavori, selezionando la partecipazione ad un numero limitato di sessioni, evitando se
possibile di cadere nello zapping congressuale.
Queste le sessioni del XIV Congresso Internazionale
dell’IEHA in cui è al momento prevista la presenza di studiosi italiani: sessione 9, Food quality: practices and rules (XIIthXXth centuries), partecipazione prevista di I. Naso (Università di Torino), A. Stanziani (C NRS ); sessione 17, The
European enterprise. Has European integration created a
specific firm appart from national and global enterprise?,
partecipazione prevista di F. Amatori (Università Bocconi);
sessione 24, Gamblers, gambling entrepreneurs and state
bureaucrats. The gambling industry in historical perspective,
partecipazione prevista di P. Macry (Università degli Studi
di Napoli Federico II), G. Imbucci (Università di Salerno);
sessione 25, Luxury production, consumption and the art
market in early modern Europe, partecipazione prevista di
C.M. Belfanti (Università di Brescia), F. Giusberti (Università di Bologna), G. Rebecchini (Università di Siena), R.
Comanducci (Università di Firenze e di Syracuse), V.
Pinchera, (Università di Pisa), E. Stumpo (Università di
Siena), M.A. Romani (Università Bocconi), G. Guerzoni (Università Bocconi), R. Ago (Università di Roma); sessione 28,
The territorial dynamics of industrialization, partecipazione prevista di G.L. Fontana (Università di Padova); sessione 29, Migrations and enterprise culture: exchanges and
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differences in the world (XVth-XXth century), partecipazione
prevista di G.L. Fontana (Università di Padova), L. Molà
(Università di Venezia), C. Poni (Università di Bologna);
sessione 33, Foreign investments in urban public utilities:
an international and comparative perspective in the long
run, partecipazione prevista di A. Giuntini (Università di
Modena); sessione 35, Making markets through the law: legal
claim and economic possibility, partecipazione prevista di
R. Ago (Università di Roma); sessione 40, Innovation and
networks in entrepreneurship, partecipazione prevista di A.
Colli, (Università Bocconi); sessione 47, Risks at work in
Europe: perception, repair and prevention (18 th-20 th
centuries), partecipazione prevista di G.L. Fontana (Università di Padova); sessione 49, Energy and growth in the longrun, partecipazione prevista di P. Malanima (ISSM-CNR di
Napoli), S. Bartoletto (ISSM-CNR di Napoli); sessione 58,
Making global and local connections: historical perspectives
on port economics, partecipazione prevista di M. Sirago (Università di Napoli); sessione 60, Agriculture and economic
development in Europe since 1870, partecipazione prevista
di G. Federico (Istituto Universitario Europeo, Firenze); sessione 63, International monetary and financial cooperation
in the 20th century. markets, policies and institutions, partecipazione prevista di G. Toniolo (Università di Roma Tor
Vergata); sessione 66, A bank for poor. The credit upon pledge
and “monti di pietà” (XVth-XXIth centuries), partecipazione
prevista di P. Avallone (CNR), M.G. Muzzarelli (Università
di Bologna); sessione 72, Cooperative enterprises and cooperative networks: successes and failures, partecipazione prevista di P. Battilani (Università di Bologna), A. Leonardi (Università di Trento); sessione 83, Women’s financial decisions:
their wealth, their choices, their activity 1700-1930, partecipazione prevista di S. Licini (Università degli Studi di
Bergamo); sessione 92, The informatic monitoring of the
regular clergy’s economic presence in the early modern Europe
and American continent, partecipazione prevista di M. Pegrari
(Università di Verona), G. Rocca (Dizionario degli Istituti di
Perfezione); sessione 93, US firms in Europe (from the 1890s
to the 21st century): strategy, identity, performance, reception,
adaptability, partecipazione prevista di E. Scarpellini (Università degli Studi di Milano); sessione 101, Economic
relations, the Cold War and neutrality: Central and Southeast
Europe, partecipazione prevista di L. Segreto (Università degli
Studi di Firenze); sessione 102, European banks in Latin
America During the first age of globalization, 1870-1914, partecipazione prevista di G. Tattara (Università di Venezia);
sessione 103, New experiences with historical national
accounts: methodologies and analysis, partecipazione prevista di S. Fenoaltea (Università di Roma); sessione 107, Postal
networks in Europe and North America since 1600, partecipazione prevista di A. Giuntini (Università di Modena e Reggio
Emilia); sessione 110, Tools of trade. The organization of
international commerce in late medieval European cities, partecipazione prevista di F. Guidi Bruscoli (Università di Fi-
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renze); sessione 111, Countering containment: East-West
economic relations and partnerships under the Cold War, partecipazione prevista di L. Segreto (Università di Firenze), S.
Nocentini (Università di Firenze), E. Dundovich (Università
di Firenze), F. Argentieri, (Università di Roma); sessione 112,
Government debts and financial markets in Europe, 16th-20th
centuries, partecipazione prevista di G. Conti (Università di
Pisa), G. De Luca (Università di Milano), L. Pezzolo (Università di Venezia), Fausto Piola Caselli (Università di Cassino),
Gaetano Sabatini (Università de L’Aquila); sessione 116, A
global history of income distribution in the long XXth century,
partecipazione prevista di P. Malanima (ISSM-CNR di Napoli);
sessione 119, Transforming public enterprises: networks,
integration and transnationalisation, partecipazione prevista di P.A. Toninelli (Università di Milano Bicocca), M. Vasta
(Università di Siena); sessione 120, Industrial companies and
the built environment in the high-industrial period, partecipazione prevista di G. Zucconi, (Università di Venezia). Per
maggiori informazioni: http://www.helsinki.fi/iehc2006.
∗ ∗ ∗
Le candidature per il Comitato Esecutivo della
IEHA. Il Comitato Esecutivo della IEHA ha discusso le candidature per la nomina dei propri membri per l’anno 2006.
Le candidature, su indicazione delle associazioni aderenti, sono state valutate da un apposito comitato, composto
da Richard Sutch (presidente), Chris Lloyd (tesoriere),
Sevket Pamuk, e un membro esterno (Kristine Bruland,
Oslo). In base al nuovo statuto, l’attuale Vice-presidente
Riitta Hjerppe diventerà Presidente al Congresso del 2006.
L’attuale Tesoriere ricoprirà la stessa carica per un altro
mandato. Dopo due mandati, Jan Luiten van Zanden lascia la carica di Segretario Generale; Jörg Baten è stato
proposto come successore da numerose associazioni, candidatura che è stata pienamente approvata dal comitato
per le nomine e dal Comitato Esecutivo. Per la nomina
degli altri membri del Comitato Esecutivo sono state approvate le seguenti candidature:
– per un secondo mandato: Naomi Lamoreaux (UCLA,
Stati Uniti), Om Prakash (Delhi School of Economics, India), Gianni Toniolo (Università di Roma “Tor Vergata”, Italia, e Duke University, Stati Uniti), Rolf Walter (Università
Friedrich Schiller di Jena, Germania), Carlos Marichal (Collegio de Mexico) e Forrest Capie (City University di Londra, Gran Bretagna);
– per un primo mandato: Beverly Lemire (Università di
Alberta, Canada), Philippe Minard (Università di Lille 3 Charles de Gaulle, Francia), Yuri Petrov (Accademia Russa
delle Scienze di Mosca, Russia), Leandro Prados de la
Escosura (Universidad Carlos III di Madrid, Spagna), Kaoru
Sugihara (Università di Osaka, Giappone), Grietjie Verhoef
(Randse Afrikaanse Universiteit, Sudafrica), Luis Bértola
(Universidad de la República Oriental dell’Uruguay),
Bozhong Li (Università di Tsinghua, Pechino, Cina).
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Le candidature approvate dal Comitato Esecutivo rispondono alla scelta di allargare la provenienza geografica dei
membri del Comitato, in particolare sostenendo i candidati
dalla Cina e dal Sudafrica.
Association for the History of the Northern Seas,
Convegno di Studi: Navigating the Northern Seas,
Middleburgh-Flushing (Paesi Bassi), 18-20 agosto 2005.
Tradizionalmente, la storia marittima ha dedicato ampio spazio agli studi sulla teoria della navigazione rispetto
alla sua pratica; ciò è comprensibile, se si tiene presente la
natura della documentazione esistente, fatta principalmente
di mappe, carte e libri di viaggio, ma non si può dimenticare
che in molti casi la navigazione ha fatto affidamento sull’esperienza pratica più che sulla conoscenza teorica.
Navigating the Northern Seas, la Conferenza organizzata
dalla Association for the History of the Northern Seas in
collaborazione con lo Zeeland Archive di Middleburgh e con
lo Zeeland Maritime Museum di Flushing, intende superare questa divisione, riunendo esperti in storia della navigazione, in cartografia e in altri studi marittimi intorno ai
seguenti temi: Map making and map use; Nautical
exploration and voyages of discovery; Navigation techniques;
Nautical education and its influence on shipping and
navigation; Navigational practices before the advent of
formal education; Sources of knowledge about
navigational practice. Per maggiori informazioni: http://
www.lowcountries.nl/cfp_2005-1.pdf. Per contatti: Jan
Parmentier, e-mail: [email protected].
European Business History Conference: Corporate
images - Images of corporation, Francoforte sul Meno,
1-3 settembre 2005.
Le pubbliche relazioni, il marketing, la pubblicità, la
cultura corporativa, i processi comunicativi interni alle compagnie, sono le principali tematiche che la Conferenza
dell’EBHA intende evidenziare. I lavori si svolgeranno in
quello che fu il primo edificio amministrativo della IGFarbenindustrie, disegnato da Hans Poelzig nel 1929 e ora
sede universitaria. Per maggiori informazioni: http://
www.unternehmensgeschichte.de/ebha2005. Per contatti:
Christian Kleinschmidt, e-mail: [email protected].
Simposio Internacional: El azúcar: cinco siglos de
historia, L’Avana, 7-9 settembre 2005.
Cinquecento anni fa si dava avvio alla produzione zuccheriera in America. Per commemorare l’evento, l’Instituto
de Historia de Cuba e il Ministerio dell’Azúcar de la República
de Cuba – con il patrocinio della Unión de Historiadores de
Cuba, della Asociación de Técnicos Azucareros de Cuba, della
Sección de Historia de la Unión de Escritores y Artistas de
Cuba e di altre istituzioni – , hanno dato vita ad una iniziativa congressuale che intende riunire gli specialisti di storia
dello zucchero delle due sponde atlantiche. Questi i temi trat-
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tati: Azúcar, plantación y esclavitud; La industria azucarera:
producción, tecnología, financiamiento, cultivos, impacto
ambiental; Los hombres del azúcar: técnicos, trabajadores,
empresarios; Comercio, mercados y consumo; Las políticas
azucareras: mecanismos arancelarios, subvenciones, regulación
y nacionalización; El patrimonio azucarero y la cultura que
genero el azúcar. Per maggiori informazioni: http://www.ihc.cu/
conv/conv2.htm. Per contatti: Mercedes García e Oscar Zanetti
Lecuona, e-mail: [email protected].
CHORD Conference 2005: Commercial histories:
perspectives on retailing and distribution history,
University of Wolverhampton (Regno Unito), 14-15
settembre 2005.
La History and Governance Research Institute (HAGRI)
organizza, nei giorni 14 e 15 settembre, la Conferenza annuale del Centre for the History of Retailing and
Distribution (C HORD ) che ha per oggetto Commercial
histories: perspectives on retailing and distribution history.
Le sessioni, tematiche, hanno il seguente oggetto:
International and global trade; Towns and trades; Commerce,
families and kin; Shopping cultures; Retail spaces and
designs; Buying and selling fashion; Consumption, politics
and citizenship; Commodities and the links of distribution;
Manufacturers and retailers; Retail development: crossregional perspectives; Commerce: comparative perspectives;
Beyond the “commercial”?. Il programma dettagliato dei lavori, con l’abstract dei contributi presentati, è disponibile
all’indirizzo: http://home.wlv.ac.uk/%7Ein6086/chconf.htm.
Per contatti: Laura Ugolini, e-mail: [email protected].
65th Annual Meeting of the Economic History
Association: War and economic growth: causes, costs
and consequences, Toronto, 16-18 settembre 2005.
Temi dominanti del 65 o Convegno annuale della
Economic History Association che si svolgerà in settembre
a Toronto sono: the role of economics factors in causing (or
preventing) wars; the immediate and long-term costs of
warfare on economic growth and welfare of societies; the
benefits of warfare (technological change, factor reallocation
or institutional innovation; the economic legacies of wars,
including pensions, indemnities, taxes and debt. Per maggiori informazioni e iscrizioni: http://www.ehameeting.com.
Per contatti: Carolyn Tuttle, e-mail: [email protected].
Convegno di Studi: Politiche e servizi sociali nella
storia dell’Italia repubblicana: imprese, associazioni
dei lavoratori, città (1945-1968), Università Cattolica
del Sacro Cuore, Milano, 23 settembre 2005.
Il Convegno è organizzato dall’Archivio per la Storia del
Movimento Sociale Cattolico in Italia e dall’Istituto di Storia Economica e Sociale “M. Romani”, in collaborazione con
il Servizio Nazionale della CEI per il Progetto Culturale.
Esso ha per tema la creazione e la gestione dei servizi
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sociali all’interno delle imprese e nelle comunità locali, con
particolare attenzione alla realtà italiana e lombarda del secondo dopoguerra. All’uscita del conflitto il Paese presentava
situazioni di bisogno senza precedenti, portando le diverse
culture delle forze imprenditoriali, sociali e politiche a confrontarsi sul piano della continuazione di servizi locali e d’impresa a favore dei lavoratori e dei cittadini, al di là delle iniziative centrali di assistenza. La nuova realtà impose di misurarsi con le tradizionali politiche di erogazione di servizi
da parte delle grandi imprese e dei maggiori comuni, tramite
una serie composita di iniziative maturate anche al di fuori
degli obblighi derivanti dalle norme contrattuali e dalle prescrizioni legislative. La successiva evoluzione dei servizi alla
persona su una scala locale e aziendale è parte dell’evoluzione del sistema di welfare, come esito anche dello spostamento dei confini tra le diverse responsabilità sociali. Il Convegno sarà aperto da A. Cova e si articolerà in due sessioni di
lavoro: nella prima, presieduta da A. Di Vittorio, presenteranno relazioni G.L. Fontana (Università di Padova), G.L.
Trezzi (Università di Milano Bicocca), V. Fillieux (Université
Catholique de Louvain), N. Martinelli (Università Cattolica
di Milano), G. Maifreda (Università Cattolica), V. Pollastro
(Università Cattolica). Nella seconda sessione, presieduta da
G. Bianchi, interverranno R. Quartero (Università Cattolica), M. Romano (Università Cattolica), V. Saba (Fondazione
Giulio Pastore, Roma), A. Robbiati (Università Cattolica), S.
Agnoletto (Università Cattolica), M. Bascapè e G. Sassi (Archivio Luoghi Pii Elemosinieri - ASP Golgi-Redaelli, Milano).
Per maggiori informazioni e contatti: Eleonora Donzelli, email: [email protected].
XXV Encontro da Associação de História Económica
e Social: Portugal, a Europa e o Mediterrâneo: economias
e sociedades históricas, Universidade de Évora (Portogallo), 18-19 novembre 2005.
Il programma del Convegno, costruito sulla base delle
proposte di parteciazione presentate, è attualmente in fase
di definizione, ma sarà presto disponibile in rete, all’indirizzo http://www.eventos.uevora.pt/xxvaphes/index.html.
CALL FOR PAPERS
International Economic History Association, XIV
International Economic History Congress, Helsinki,
21-25 agosto 2006.
Le sessioni del Congresso di Helsinki per le quali è ancora possibile inviare l’abstract di un proprio intervento ai
fini della partecipazione sono le seguenti: sessione 4 (Le
crédit au Moyen-Âge); sessione 6 (Beyond Chandler; the
survival of the family firm in Europe, Asia, and North-America in the XIXth and XXth centuries); sessione 8 (Cooperatives
and nation building in East Central Europe (19th and 20th
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century)); sessione 13 (Citizens, money and urban
governments in Northern Europe in the late middle ages and
early modern era); sessione 17 (The European enterprise. Has
European integration created a specific firm apart from
national and global enterprise?); sessione 18 (Imperial
networks and global business in Iberian World, XVth to XVIIIth
centuries: merchants, bankers and corporations); sessione
20 (Capital market anomalies in economic history); sessione 23 (Urban construction and economic cycles in preindustrial European towns); sessione 30 (Relations between
the Hellenistic and Roman worlds and Central Europe
according to the coin finds (with comparisons with other
periods)); sessione 39 (Intergenerational transmission of
occupation and social class); sessione 44 (Identity,
globalization and universality in the Eastern and Central
European economic area. Evolutions and involutions in the
modern and contemporary period. Experiences, meanings,
lessons); sessione 45 (History of insolvency and bankruptcy
in an international perspective); sessione 48 (Attractions and
experiences: the uses of history in tourism development); sessione 51 (State elites and social sciences economists and
economic cultures in comparative perspective); sessione 58
(Making global and local connections: historical perspectives
on port economics); sessione 63 (International Monetary and
financial cooperation in the 20th century. Markets, policies
and institutions); sessione 67 (Public houses and economic
exchange in Western Europe c. 1500-1800); sessione 69
(Mobilizing money and resources for war during the early
modern period); sessione 81 (Household strategies in
twentieth-century Eastern Europe: Coping with demographic
and economic shock); sessione 87 (Economic history of the
Baltic states: Past performance and future prospects); sessione 88 (A global industry in transition: technological,
economic and hegemonic changes in 19th century whaling);
sessione 90 (Innovative cities in Europe from the Renaissance
to 2000); sessione 95 (Evolutionary theories of long-run world
economic history: the theory/history interconnection reexamined); sessione 96 (Corporate governance in historical
perspective); sessione 97 (Settler economies in world history);
sessione 120 (Industrial companies and the built
environment in the high-industrial period); sessione su Islam
and economic performance. Per maggiori informazioni sulle
scadenze e sui termini di presentazione relativi alle singole
sessioni: http://www.helsinki.fi/iehc2006/sessions.html.
∗ ∗ ∗
Sessione 69: Mobilizing money and resources for
war during the early modern period. La storiografia storico-economica degli ultimi anni, e in particolare quella britannica, ha dedicato particolare attenzione alla guerra, e
cioè alla crescente domanda di prodotti bellici, individuando in essa il principale elemento propulsore dello sviluppo
dei paesi europei durante l’età moderna. Questo tema è stato
ripreso da Agustín González Enciso, Huw Bowen e Patrick
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O’Brien, che si sono fatti promotori della sessione 69 del
XIV Congresso Internazionale di Storia Economica, dedicata a Mobilizing money and resources for war during the early
modern period. Scopo della sessione è quello di esplorare le
relazioni tra guerra e sviluppo dello Stato in chiave
prospettica e comparativa attraverso singoli case-studies che
individuino i sistemi di raccolta e di organizzazione delle
risorse – in particolare, ma non solo, quelle finanziarie –
destinate agli sforzi bellici nazionali. Gli studiosi interessati dovranno inviare agli organizzatori un abstract del proprio intervento, sempre entro il 30 settembre 2005; le accettazioni saranno rese note il successivo 15 novembre. Per
maggiori informazioni: http://www.helsinki.fi/iehc2006/
sessions.html#Sessio69. Per contatti: Agustín González
Enciso, e-mail: [email protected]; Huw Bowen, e-mail:
[email protected].
Economic History Society Annual Conference,
Reading (Regno Unito), 31 marzo - 2 aprile 2006.
Il Comitato organizzatore della Economic History Society
invita a presentare – entro il 19 settembre 2005 – proposte di partecipazione singole o di sessione in occasione della
Conferenza annuale che si terrà nel 2006 presso l’Università di Reading. Saranno valutate proposte relative ad ogni
aspetto di storia economica e sociale, senza limiti geografici
o temporali, ma con particolare attenzione ai contributi di
natura interdisciplinare. Per maggiori informazioni: http://
www.ehs.org.uk/society/annualconferences/asp. Per contatti: Maureen Galbraith, e-mail: [email protected].
Business History Conference Annual Meeting:
Political economy of enterprise, Toronto, 8-10 giugno 2006.
Il Munk Centre for International Studies dell’Università di Toronto ospiterà, dall’8 al 10 giugno 2006, l’incontro
annuale della Business History Conference, giunto alla sua
52a edizione, dall’esordio del 1954. Il tema proposto per il
2006, Political economy of enterprise, è un invito a riflettere
sulle interazioni tra il mondo degli affari e il sistema politico-istituzionale. Il Comitato organizzatore invita i proponenti ad esplorare una serie di questioni riconducibili al
tema dell’economia politica d’impresa in un’ampia varietà
di contesti storici. Le proposte di partecipazione, corredate
da un abstract e da un curriculum vitae, dovranno pervenire agli organizzatori entro il 15 ottobre 2005. Per maggiori
informazioni: http://www.h-net.org/~business/bhcweb. Per
contatti: Roger Horowitz, e-mail: [email protected].
The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage, XIII International
Congress, Terni, 14-18 settembre 2006.
II XIII Congresso del TICCIH, organizzato dalla Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale
(AIPAI) e dall’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa
“Franco Momigliano” (ICSIM), si svolgerà a Terni, presso il
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complesso industriale già della Società Italiana Ricerche
Industriali - SIRI, recentemente recuperato a museo e centro culturale, e presso le ex Officine Bosco, una fabbrica di
fine Ottocento oggi sede di un Centro Multimediale.
Il programma scientifico del Congresso, coordinato da
un comitato scientifico presieduto da G.L. Fontana (Università di Padova, presidente dell’AIPAI) e da E. Casanelles
(presidente del TICCIH, direttore del Museo della Scienza e
della Tecnica della Catalogna), comprende due sedute plenarie, dedicate ai temi principali (A. Patrimonio industriale
e trasformazioni urbane; B. Territori produttivi e paesaggi
industriali), e sedici sessioni di lavoro parallele, dedicate a
questioni specifiche (1. La conoscenza: i censimenti e la catalogazione; 2. La tutela: gli strumenti giuridici e legislativi;
3. Il progetto: restauro, riuso e trasformazione; 4. La conservazione e gestione: fondazioni, archivi, musei, ecomusei; 5.
Comunicare l’industria e la sua identità storica; 6. La
fruizione: turismo culturale e turismo industriale; 7. Nuovi
saperi progettuali e formazione degli operatori; 8.
Valorizzazione del patrimonio e strategie di sviluppo
“multiscala”; 9. Mestieri, saperi e produzioni tradizionali;
10. Gli archivi tecnici; 11. Il patrimonio dell’industria agroalimentare; 12. Il patrimonio industriale del tessile-abbigliamento; 13. Il patrimonio dell’industria siderurgica e meccanica; 14. Il patrimonio minerario; 15. Il patrimonio industriale nel settore chimico; 16. Reti energetiche, vie di comunicazione ed infrastrutture industriali).
Le sintesi delle proposte di intervento, redatte in inglese o in italiano e non superiori alle 500 parole, dovranno pervenire alla Segreteria del Congresso, presso l’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “F. Momigliano” di
Terni, entro e non oltre il 30 novembre 2005. Per maggiori informazioni e contatti: Segreteria I CSIM , e-mail:
[email protected].
Asia/Pacific Economic and Business History
Conference: Learning, discovery and Institutional
Development, Brisbane (Australia), 16-18 febbraio 2006.
Le relazioni tra istruzione, scoperta di nuovi prodotti e
tecnologie e lo sviluppo istituzionale rappresentano il filo
conduttore della Conferenza internazionale organizzata
dall’Economic History Society of Australia and New Zealand
e ospitata dalla Queensland University of Technology di
Brisbane. Il tema del Convegno parte dal presupposto che
l’innovazione e la valorizzazione del capitale umano costituiscono un importante vantaggio comparato per le aziende. Sostenere lo sforzo di aggiornamento di queste ultime
richiede notevoli investimenti, nuove tecniche d’insegnamento e una matura consapevolezza sociale dei benefici di
lungo periodo per le nuove generazioni, tutti fattori che non
possono né coniugarsi né declinarsi senza un contemporaneo sviluppo istituzionale. La Conferenza è rivolta a studiosi con diverse competenze, invitati a proporre – entro il
1o dicembre 2005 – relazioni che guardino alla tematica
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dalla propria prospettiva disciplinare, anche in chiave comparativa internazionale. Per maggiori informazioni: http://
www.bus.qut.edu.au/schools/international/EHSANZCover.jsp.
Per contatti: Simon Ville, e-mail: [email protected]; John
Singleton, e-mail: [email protected].
Money, Power & Prose Colloquium 2006:
Interdisciplinary studies of the financial revolution
in the British Isles, 1688-1756, Armagh (Regno Unito),
8-10 giugno 2006.
L’Irlanda del Nord ospita il secondo Colloquio dell’associazione Money, Power & Prose, dopo quello inaugurale del
2004 tenutosi presso l’università canadese di Regina, nel
Saskatchewan. In sintonia con gli obiettivi scientifici dell’Associazione, il Colloquio di Armagh vuole incoraggiare
studi originali ed interdisciplinari – storici, letterari, economici, politici, sociologici e giuridici – sulle intersezioni
tra finanza pubblica, politica e letteratura durante la “rivoluzione finanziaria” britannica. Tra gli interessi di maggior
rilievo, Banking (public or private); Joint-stock companies;
Stock markets; Projecting; Public debt; Paper money. Le proposte di partecipazione, accompagnate da un abstract di 250
parole, dovranno pervenire agli organizzatori entro il 15
Consiglio direttivo della SISE
Prof. Antonio Di Vittorio, Presidente. Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Bari
Prof.ssa Paola Massa Piergiovanni, Vice-presidente. Ordinario di Storia
Economica presso l’Università di Genova
Prof. Vincenzo Giura, Vice-presidente. Ordinario di Storia Economica
presso l’Università “Federico II” di Napoli
Prof. Nicola Ostuni, Segretario. Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Catanzaro
Prof. Carlo Marco Belfanti, Tesoriere. Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Brescia
Prof. Giuseppe Bracco, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Torino
Prof. Bernardino Farolfi, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Bologna, sede di Forlì
Prof. Giovanni Luigi Fontana, Consigliere. Ordinario di Storia Economica
presso l’Università di Padova
Prof. Giampiero Nigro, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Firenze
Collegio dei Revisori dei Conti
Prof. Luciano Palermo. Associato di Storia Economica presso l’Università
“Guido Carli” di Roma
Prof.ssa Paola Pierucci. Ordinario di Storia Economica presso l’Università
di Chieti, sede di Pescara
Prof. Carlo Maria Travaglini, Ordinario di Storia Economica presso
l’Università di Roma Tre
Presidenza
Università di Bari, Dipartimento di Studi Europei - Sezione di Storia
Economica, via Camillo Rosalba 53, 70124 Bari; tel. 080 504 92 26; fax
080 504 92 27
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dicembre 2005. Per maggiori informazioni: http://
www.econ.uregina.ca/mpp/coll2006. Per contatti: Rick Kleer,
e-mail: [email protected]; Chris Fauske, e-mail:
[email protected]; Ivar McGrath, e-mail:
[email protected].
NOTIZIE DALLA RETE
Newsletter AISPE
A distanza di quasi sette anni dall’uscita dell’ultimo
numero, il Consiglio direttivo dell’Associazione Italiana per
la Storia del Pensiero Economico (AISPE) ha deciso di riprendere la pubblicazione della Newsletter, strumento essenziale per informare la comunità degli storici del pensiero economico sull’attività e sulle vicende dell’Associazione, e per
aggiornarli su tutto ciò che riguarda lo specifico settore scientifico-disciplinare. Concepita come servizio on line, la
Newsletter viene inviata per posta elettronica, oltre che ai
soci AISPE, a tutti coloro che ne fanno richiesta (per contatti:
[email protected]). È inoltre disponibile sul sito web dell’Associazione, al nuovo indirizzo: http://www.aispe.org.
Comitato di redazione
Giulio Fenicia, Giovanni Luigi Fontana, Renato Giannetti, Carlo Maria
Travaglini
Coordinatore
Giovanni Luigi Fontana
Redazione
Università di Padova, Dipartimento di Storia, piazza Capitaniato 3, 35139
Padova; tel. 049 827 45 10; fax 049 827 45 11; e-mail: [email protected]
Università di Firenze, Dipartimento di Studi Storici e Geografici, via
San Gallo 10, 50129 Firenze; tel. 055 275 79 49; fax 055 21 91 73; e-mail:
[email protected]
Segreteria di redazione: Luca Clerici
Hanno contribuito a questo numero:
Cristina Badon, Angelo Bitti, Andrea Bonoldi, Andrea Caracausi, Lucia Castellucci,
David Celetti, Leandro Conte, Francesco Di Battista, Giovanni Favero, Amedeo
Lepore, Iginia Lopane, Daniela Manetti, Elisabetta Novello, Sergio Onger, Luisa
Piccinno, Fausto Piola Caselli, Mario Rizzo, Valerio Varini, Francesco Vianello
La Newsletter della SISE è pubblicata ogni 4 mesi: ottobre, febbraio e
giugno. Tutti i soci della SISE la ricevono gratuitamente in forma cartacea.
Inoltre, è disponibile in forma elettronica presso il sito internet della società: http://www.sisenet.it
Pubblicazione quadrimestrale della Società Italiana degli Storici dell’Economia
Direttore Responsabile: Giovanni Luigi Fontana
Autorizzazione del Tribunale di Padova
Tip.: CLEUP scarl, via Belzoni 118/3, Padova. Tel. 049 65 02 61