Sise giugno 2005 finale.p65
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Sise giugno 2005 finale.p65
NUMERO 31 - GIUGNO 2005 SISE SOCIETÀ ITALIANA DEGLI STORICI DELL’ ECONOMIA r e t t e l s w e n “Sistema universitario e valutazione della ricerca” GIORNATA DI STUDIO E ASSEMBLEA SISE Roma, 23 aprile 2005 CONVEGNO DI STUDI SISE “Luigi de Rosa e la Storia Economica” Napoli, 11-12 novembre 2005 Il 23 aprile scorso, si è svolta a Roma, nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Roma Tre, la Giornata di Studio organizzata dalla SISE e dedicata a Sistema universitario e valutazione della ricerca. CARLO TRAVAGLINI, nel portare ai soci il saluto del Rettore Guido Fabiani, ha richiamato le giovani origini dell’Università di Roma Tre, staccatasi da “La Sapienza” nel 1992 e oggi in grado di attrarre circa 40.000 studenti. Ha fatto seguito la relazione del prof. FRANCO CUCCURULLO, Rettore dell’Università di ChietiPescara e presidente del Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca (CIVR), sul tema La valutazione scientifica nel sistema universitario. Il prof. Cuccurullo ha illustrato il sistema di valutazione avviato dal CIVR per il triennio 2001-2003. Il CIVR è un organismo governativo e non universitario che ha lo scopo di misurare i risultati della ricerca universitaria e quella prodotta da enti pubblici. Tutti gli atenei italiani hanno aderito all’iniziativa; ad essi si sono in seguito aggiunti 25 enti – 12 pubblici e 13 convenzionati – e, su richiesta del prof. Carlo Rubbia, l’ENEA. Il meccanismo di valutazione è partito con l’elezione, in via telematica, di un presidente per ciascuna delle 14 aree scientifiche e delle altre 6 aree speciali individuate dal CIVR, e con la suddivisione di queste ultime in 157 panel scientifici di riferimento. La composizione dei panel è stata concordata con la comunità scientifica attraverso un ampio giro di consultazioni e le procedure di accorpamento sono state seguite da un gruppo di osservatori neutrali, insieme ad una rappresentanza di CUN, CRUI, del settore industriale e degli enti di ricerca. Sono stati poi nominati altrettanti responsabili di panel: 75 di essi sono docenti di atenei italiani; altri 44, tra cui molti italiani che vivono e lavorano all’estero, appartengono a università ed enti di ricerca stranieri; 19 provengono da enti di ricerca e organismi statali italiani; 19 dal mondo dell’industria e delle professioni. Questo Convegno, ospitato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, apre il nuovo quadriennio 2005-2008 di attività della SISE. Esso è dedicato alla commemorazione scientifica di Luigi de Rosa, scomparso nell’ottobre del 2004. Studioso di vaglia internazionale, egli profuse tutto il suo impegno e la sua autorevolezza nelle istituzioni accademiche e culturali di cui di volta in volta venne a far parte, per il sempre più incisivo radicamento della Storia Economica nell’ordinamento degli studi universitari e nella ricerca scientifica. L’occasione commemorativa consente inoltre di effettuare una lettura della nostra recente storiografia attraverso un osservatorio particolare, quale l’ampia e articolata pubblicistica scientifica di uno studioso che ha operato intensamente per circa cinquant’anni spaziando dalla storia economica alla storia del pensiero economico, dall’età moderna alla contemporanea, dall’ambito nazionale e meridionale in specie a quello internazionale, toccando di volta in volta temi e problemi di tutti i settori della storiografia economica. A poco più di un anno dalla scomparsa di Luigi de Rosa, una prima rilettura della sua opera scientifica, oltre che motivo di conoscenza e di arricchimento per i più giovani studiosi, costituisce sicuramente una più generale occasione di riflessione sul cammino percorso in questi ultimi lustri dalla nostra disciplina. [segue a p. 2, 1a col.] [segue a p. 3, 2a col.] PAG. 1 Attività SISE PAG. 4 Conferenze e convegni PAG. 14 Visto? PAG. 19 Eventi PAG. 22 Call for papers ter t e SISE l news Giornata di Studio e Assemblea SISE [segue da p. 1, 1a col.] Ai responsabili di panel sono stati inviati, per la valutazione, i 18.500 prodotti selezionati dalle strutture di ricerca (atenei o enti). La quantità di prodotti richiesta a ciascuna struttura è stata tarata al 50% del numero di “ricercatori equivalenti” presenti nelle stesse strutture di ricerca: nell’università, dove l’attività di ricercatori e docenti è, per convenzione, egualmente suddivisa tra didattica e ricerca, occorrono due unità per formare un “ricercatore equivalente”; negli enti di ricerca, in cui non si svolge didattica, il rapporto e di 1:1. Nella fase di valutazione, i responsabili di panel si avvalgono della consulenza di circa 13.000 esperti italiani e stranieri, i cui nominativi sono inseriti in una banca dati appositamente creata dal CIVR; ad essi si aggiungono altri 1.500 nominativi liberamente indicati dai responsabili di panel allo scopo di valutare specifici prodotti. Per ogni prodotto di ricerca sono richiesti due giudizi a cura di altrettanti esperti, poi ricondotti a giudizio unico ad opera del responsabile di panel che lo sottopone all’approvazione finale dell’intero panel. L’intera procedura di valutazione – compresa una piattaforma di discussione comune che coinvolge anche il CIVR – è condotta per via telematica, con grandi vantaggi economici e di tempo. Il costo totale dell’operazione si aggira infatti intorno ai 5 milioni di euro, contro i 47 milioni di sterline di un analogo progetto britannico. Quanto ai tempi di realizzazione dell’indagine relativa al triennio 20012003, si prevedeva di concludere le operazioni di valutazione entro il 30 giugno 2006, ma, grazie all’utilizzo della telematica, si ritiene possibile anticipare quel termine a fine dicembre 2005. Attualmente il processo è a metà strada: i prodotti sono stati tutti trasmessi ai responsabili di panel ed è in corso la loro trasmissione agli esperti, che hanno già prodotto le prime valutazioni. Attraverso un “cruscotto”, il CIVR può verificare in tempo reale l’andamento dell’intero percorso e trarre sin da ora alcune considerazioni. L’area medica è quella che ha presentato il maggior numero di prodotti (2.832); la tipologia dei prodotti selezionati dalle strutture ha visto prevalere gli articoli su rivista (72%) rispetto ai libri (17%), ai capitoli di libri e ai brevetti; sono stati privilegiati gli articoli pubblicati su riviste ISI (94%) rispetto alle riviste non ISI (6%); pur con alcuni distinguo a livello disciplinare, la lingua maggiormente utilizzata è l’inglese (76%), seguita dall’italiano (22%). Nel concludere la sua relazione, il prof. Cuccurullo ha ricordato che i dati elaborati dal CIVR avranno un’importante ricaduta sulla distribuzione delle risorse alle strutture di ricerca, le quali provvederanno poi alla loro ridistribuzione interna. Ciò non vuol dire una penalizzazione automatica dei settori con valutazione bassa. In termini di assegnazione dei finanziamenti, i singoli Atenei potrebbero decidere di sostenere e potenziare que- 2 sti ultimi per recuperare eventuali ritardi tecnico-organizzativi ed elevarne la produttività. La relazione del Presidente del CIVR ha sollecitato gli interventi di FRANCO AMATORI, ROBERTA MORELLI, ISABELLA FRESCURA, FRANCESCO BALLETTA, GIOVANNI FEDERICO, TOMMASO FANFANI, GIGLIOLA PAGANO DE DIVITIIS, ENNIO DE SIMONE, ERCOLE SORI, MARIA LUISA CAVALCANTI, GIUSEPPE DI TARANTO. Nell’insieme, è emersa una generale preoccupazione per i criteri utilizzati dalle università nella fase di selezione dei prodotti della ricerca da presentare alla valutazione. Si è osservato che, in numerosi casi, le Commissioni interne avrebbero omesso di selezionare prodotti della disciplina; in altri casi, le scelte sarebbero state condizionate dalla presenza o meno dell’impact factor di certe discipline, che ha portato ad escludere dalla valutazione interi settori disciplinari. Il sistema di valutazione premia i saggi apparsi su riviste internazionali e sottovaluta la pubblicazione di volumi, secondo una gerarchia propria delle discipline scientifiche. Alle osservazioni, il prof. Cuccurullo ha replicato che precise linee guida relative ai criteri di selezione erano state inviate alle strutture interessate, che l’impact factor non era richiesto e che il CIVR non può entrare nel merito delle scelte effettuate dalle strutture di ricerca. Né, d’altra parte, si può procedere, come pure suggerito da qualcuno, ad una valutazione di tutti i prodotti della ricerca, circa 400.000, sia per i costi che per i tempi di realizzazione di una simile indagine. Non si esclude, comunque, l’introduzione di correttivi che possano perfezionare il sistema di valutazione attuale. La seconda parte della giornata SISE è stata dedicata all’Assemblea della Società, introdotta da una relazione del Presidente uscente, ANTONIO DI VITTORIO, sull’attività svolta nel quadriennio del suo mandato. In quest’arco di tempo, la SISE ha promosso tre convegni e sette giornate di studi, che hanno sempre registrato una larga partecipazione di soci. I tre convegni di studi sono quelli su Nuove linee di ricerca nella Storia Economica (Bari, 23-24 novembre 2001); Storiografia d’industria e d’impresa in Italia e Spagna in età moderna e contemporanea (Padova, Stra, Vicenza, 17-18 ottobre 2003); Tra vecchi e nuovi equilibri economici. Domanda e offerta di servizi in Italia in età moderna e contemporanea (Torino, 12-13 novembre 2004). Gli atti di quest’ultimo Convegno sono in corso di pubblicazione, mentre quelli del Convegno sulla Storiografia d’industria e d’impresa in Italia e Spagna in età moderna e contemporanea, curati da ANTONIO DI VITTORIO, CARLOS BARCIELA LÓPEZ e GIOVANNI LUIGI FONTANA, sono stati pubblicati l’anno scorso dalla CLEUP di Padova. Quanto ai seminari di studio, questi sono stati prevalentemente dedicati a un’analisi della identità e delle prospettive didattiche e scientifiche della storia economica, anche alla luce dei cambiamenti introdotti dalla riforma universitaria. Oltre alla giornata di studio appena svolta su Sistema universitario e valutazione della ricerca, Di Vittorio ha ricordato quelle su La Storia Economica nel nuovo ordinamento didattico (Pisa, 24 febbraio 2001); Identità e 3 didattica della Storia Economica nei nuovi ordinamenti universitari (Prato, 30 giugno 2001); La Storia Economica nei percorsi post-laurea (Napoli, 23 marzo 2002); Nuove fonti e nuove metodologie di ricerca per la Storia Economica (Brescia, 15-16 novembre 2002); I giovani e la Storia Economica (Roma, 29 marzo 2003); Formazione e ricerca nella Storia Economica (Prato, 3 aprile 2004). La SISE ha inoltre patrocinato la costituzione di seminari permanenti di studio. A quello sulla Storia dei gruppi professionali, fondato nel 1984 e coordinato da PAOLA MASSA (Università di Genova) e ALBERTO GUENZI (Università di Parma), si sono aggiunti: Storia della pesca e delle attività derivate (GIUSEPPE DONEDDU, Università di Sassari); Storia della contabilità (PAOLA PIERUCCI, Università di Chieti-Pescara); Storia della fiscalità in Italia in età spagnola (GAETANO SABATINI, Università de L’Aquila); Storia marittima (ANTONIO DI VITTORIO, Università di Bari); Le fonti aziendali per la storia economica medievale (LUCIANA FRANGIONI, Università di Campobasso); Storia dell’industrializzazione in Italia (MARIO TACCOLINI, Università di Brescia). Nel frattempo, il seminario permanente sulla Storia della finanza pubblica, coordinato da ANGELO MOIOLI (Università di Milano) e FAUSTO PIOLA CASELLI (Università di Cassino) si è trasformato nel Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Storia Finanziaria Italiana (CIRSFI). A livello internazionale, la SISE ha promosso la costituzione di Comitati bilaterali per lo sviluppo e il rafforzamento delle relazioni scientifiche. Il primo Comitato è stato quello italo-spagnolo, coordinato da CARLOS BARCIELA LÓPEZ e da ANTONIO DI VITTORIO, che ha dato luogo alla pubblicazione di tre volumi, frutto di altrettanti convegni tenutisi i primi due a Bari e Alicante, su La storiografia marittima in Italia e in Spagna in età moderna e contemporanea. Tendenze, orientamenti, linee evolutive (Bari, Cacucci, 2001) e Las industrias agroalimentarias en Italia y España durante los siglos XIX y XX (Alicante, Universidad de Alicante, 2003), mentre il terzo è stato organizzato a Padova, sulla storiografia d’industria e d’impresa in Italia e in Spagna. A questa prima iniziativa ha fatto seguito, più di recente, l’istituzione del Comitato italo-francese, coordinato da GIOVANNI LUIGI FONTANA e GÉRARD GAYOT, mentre FRANCO AMATORI, ANDREA LEONARDI e PAOLA PIERUCCI hanno rispettivamente avviato contatti con l’Inghilterra, la Germania e la Croazia per la costituzione di analoghi comitati. Terminata la relazione di Antonio Di Vittorio, il Tesoriere della SISE, Marco Belfanti, ha dato lettura del bilancio SISE 2004 che, dopo la relazione di Giampiero Nigro per il Collegio dei Revisori dei Conti, è stato approvato nei seguenti termini: Entrate. Saldo precedente: 20.622,02 ; Contributi vari: 15.000,00 ; Quote sociali: 12.850,00 ; Interessi attivi: 103,09 ; Totale: 48.575,11 . Uscite. Convegni: 5.603,60 ; Bollettino e sito web: 4.425,24 ; Rimborsi spese: 3.437,90 ; Spese postali: 1.605,25 ; Gestione c/c: 283,21 ; Varie: 1.455,62 ; Totale: 16.810,82 . Saldo al 31 dicembre 2004: 31.764,29 . ter t e SISE l news L’Assemblea si è quindi espressa a favore dell’ingresso di 15 nuovi soci, che portano ad oltre 400 il totale degli iscritti alla SISE. Si tratta di Guido Alfani, Francesco Ammannati, Alberto Bianchi, Fabrizio Bientinesi, Valeria Chilese, Augusto Ciuffetti, Silvia Antonia Conca Messina, Fabio Di Vita, Pierina Ferrara, Federico Lucarini, Maurilia Morcaldi, Stefano Palermo, Mauro Rota, Giuseppe Stemperini, Francesco Maria Vianello. Si è quindi insediata la commissione elettorale, composta da Francesco Dandolo, Gaetano Sabatini e Donatella Strangio, e si sono avviate le operazioni di voto per il rinnovo delle cariche sociali per il quadriennio 2005-2008. Lo scrutinio ha dato i seguenti risultati: Presidenza: Antonio Di Vittorio (182 voti). Schede bianche 9; schede nulle 1. Consiglio Direttivo: Carlo Marco Belfanti (72 voti); Giuseppe Bracco (32); Bernardino Farolfi (47); Giovanni Luigi Fontana (80); Vincenzo Giura (33); Paola Massa (102); Giampiero Nigro (64); Nicola Ostuni (49). Schede bianche 6; schede nulle 1. Revisori dei conti: Luciano Palermo (93 voti); Paola Pierucci (102); Carlo Maria Travaglini (97). Schede bianche 11; schede nulle 10. Luigi de Rosa [segue da p. 1, 2a col.] I lavori si apriranno venerdì 11 novembre alle ore 18. Ai saluti introduttivi farà seguito l’intervento di ANTONIO DI VITTORIO, Caratteri ed orientamenti della storia economica di Luigi de Rosa. Il giorno successivo, sabato 12 novembre, i lavori riprenderanno alle ore 9 con una sessione dedicata a La storia economica in Luigi de Rosa, presieduta da SERGIO ZANINELLI. In programma, gli interventi di LUIGI DE MATTEO, La storia dell’industria; GAETANO SABATINI, La storia della banca in età moderna; GIOVANNI ZALIN, La storia della banca in età contemporanea; NICOLA OSTUNI, La storia finanziaria; ANDREA GIUNTINI, La storia dei trasporti e del commercio; PIERO BARUCCI, Luigi de Rosa storico del pensiero economico. Seguirà nel pomeriggio, dalle ore 15.30, una sessione su Iniziative, ricerche, relazioni internazionali nell’attività scientifica di Luigi de Rosa, sotto la presidenza di GIORGIO MORI. Sono previsti interventi di MARIO DEL TREPPO, PAOLO FRASCANI, GIUSEPPE GALASSO, ANTONIO MIGUEL BERNAL, LUIS MIGUEL ENCISO RECIO, JOHN DAVIS, PETER MATHIAS, HERMAN VAN DER WEE, IRA GLAZIER. Il Convegno è stato organizzato con il concorso del Comune di Napoli, dell’Università “Parthenope” di Napoli, dell’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo (CNR), dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, della Fondazione Istituto Banco di Napoli e del Gruppo Bancario “Capitalia” di Roma. Segreteria organizzativa del Convegno: Iginia Lopane, Dipartimento di Studi Europei - Sezione di Storia Economica, Università degli Studi di Bari, via C. Rosalba 53, 70124 Bari, tel.: 080.504.92.26, fax: 080.504.92.27, e-mail: [email protected]. ter t e SISE l news CONFERENZE E CONVEGNI Convegno di Studi: Gino Luzzatto storico dell’economia, tra impegno civile e rigore scientifico, Venezia, 5-6 novembre 2004. L’Ateneo Veneto ha dedicato un Convegno di Studi, tenutosi nei giorni 5 e 6 novembre 2004, alla figura di Gino Luzzatto (1878-1964), fondatore degli studi di storia economica in Italia, intellettuale antifascista impegnato nelle lotte politiche degli anni precedenti e immediatamente seguenti la prima guerra mondiale, Rettore di Ca’ Foscari e assessore a Venezia negli anni della ricostruzione. L’incontro, organizzato da PAOLA LANARO, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, e da ALFREDO BIANCHINI, presidente dell’Ateneo Veneto, si è aperto con il saluto di quest’ultimo, seguito dal Rettore di Ca’ Foscari PIER FRANCESCO GHETTI e da ANTONIO DI VITTORIO dell’Università di Bari, presidente della SISE. La discussione della mattinata di venerdì, coordinata da MAURIZIO RISPOLI, docente e già rettore a Ca’ Foscari, ha visto gli interventi degli storici MAURICE AYMARD, dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, di MARCO CATTINI, dell’Università Bocconi di Milano, e di PAOLA LANARO. AYMARD si è soffermato sul contributo dato da Luzzatto al rinnovamento degli studi di storia economica e sociale a livello europeo, letto attraverso i suoi rapporti con la scuola delle Annales sin dagli anni ’30. CATTINI ha invece fatto riferimento alla sua costante attenzione per l’evoluzione della teoria economica, intesa come uno degli strumenti indispensabili per interpretare lo sviluppo delle società umane. LANARO ha sottolineato il suo ruolo nell’indirizzare la storia economica di Venezia verso un approccio capace di tener conto del contesto europeo, nonché nel proporre domande e ipotesi che, sebbene in parte ridefinite dai risultati di ricerche successive, mantengono una notevole vitalità grazie all’indipendenza critica di Luzzatto rispetto alle tendenze storiografiche dominanti del suo tempo. Il pomeriggio è stato dedicato a una riflessione, coordinata da PAOLA LANARO, sul ruolo giocato dallo storico Luzzatto nel contesto dell’Italia liberale, fascista e del dopoguerra. GIAN MARIA VARANINI, dell’Università di Verona, ha preso in esame gli anni della formazione agli studi di Luzzatto, sottolineando l’importanza della scuola padovana nel determinare l’approccio saldamente ancorato all’uso filologico della documentazione archivistica che caratterizza i primi lavori dello studioso. ANDREA ZANNINI, dell’Università di Udine, ha sottolineato la centralità della riflessione sui rapporti tra spirito imprenditoriale e interesse generale come filo conduttore che lega il Luzzatto storico della Venezia rinascimentale al polemista politico antiprotezionista. GIOVANNI FAVERO si è occupato del contributo di Luzzatto all’Enciclopedia Treccani, indicativo degli spazi sempre più esigui che restavano aperti alla libera espressione del pensie- 4 ro scientifico in campo storico nel contesto di regime. MAURO MORETTI, dell’Università per stranieri di Siena, ha chiuso la giornata segnalando l’importanza degli interventi di Luzzatto nel dibattito sul riordinamento universitario degli anni ’20. Nella giornata di sabato, coordinata da MARCO CATTINI, SIMON LEVIS SULLAM, dell’Università Ca’ Foscari, ha messo in evidenza come l’interesse, pur marginale, di Luzzatto, ebreo, per gli studi ebraici si inserisca in una più ampia rete di sociabilità che vede accomunati dall’antifascismo numerosi esponenti di diverse minoranze religiose, in particolare ebrei e protestanti. L’intervento di GIUSEPPE BERTA, dell’Università Bocconi, letto da Cattini, ha concentrato l’attenzione sull’interpretazione critica data da Luzzatto delle proposte di riorganizzazione economica che circolavano a livello internazionale negli anni ’20. In chiusura, OMAR MAZZOTTI, dell’Università di Bologna, ha presentato i risultati del lavoro di catalogazione dell’Archivio Luzzatto conservato presso il Dipartimento di Scienze Economiche di Ca’ Foscari, che, resi ora disponibili in rete (cfr. infra), rappresentano un utile strumento per gli studiosi che vorranno ricostruire le modalità di lavoro dello storico, i suoi rapporti scientifici, accademici e politici, il suo universo umano. Il Convegno ha costituito l’occasione per numerosi interventi da parte di un pubblico quanto mai attento e partecipe, che hanno sottolineato aspetti inediti dell’esperienza di Luzzatto, dal suo interesse per la geografia economica alla sua partecipazione al movimento federalista europeo attraverso la Società Europea di Cultura. Ne esce un ritratto a tutto tondo di uno storico sempre sensibile al significato attuale del passato che studia. ∗ ∗ ∗ L’Archivio Luzzatto in “rete”. Sul sito web della Biblioteca di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è ora disponibile, all’indirizzo http://www.unive.it/bec, all’interno della sezione “Collezioni”, l’inventario dell’Archivio personale di Gino Luzzatto, custodito presso la medesima Biblioteca. La catalogazione del materiale ivi conservato, a cura di OMAR MAZZOTTI, è frutto di un’importante iniziativa promossa e coordinata da PAOLA LANARO in occasione del Convegno di studi dedicato allo storico dell’economia, svoltosi presso la sede dell’Ateneo Veneto nel novembre scorso. L’obiettivo principale, giunto ora a compimento, era quello di riordinare e rendere disponibile agli studiosi della disciplina, ma non solo, la ricchissima documentazione manoscritta, dattiloscritta, fotografica e a stampa, che Gino Luzzatto lasciò in dono all’allora Istituto di Storia Economica, confluito in seguito nel Dipartimento di Scienze Economiche. La stessa scelta di Frontpage quale software su cui organizzare il materiale rispecchia l’esigenza di agevolare la gestione, l’integrazione e l’inserimento dello stesso in database più ampi (come quelli delle reti bibliotecarie), facilitando così la consultazione on line da parte di tutti gli interessati. 5 All’interno delle 18 buste che costituiscono l’Archivio è possibile ritrovare, oltre ad articoli e recensioni apparsi su quotidiani e riviste, numerosi appunti e dissertazioni di lezioni e conferenze tenute a Ca’ Foscari e in sedi italiane e straniere su temi riguardanti la storia economica. Ai fini della ricostruzione dell’attività dello storico, rivestono particolare importanza le innumerevoli schede bibliografiche ed archivistiche: le prime mostrano la sua straordinaria attività di lettore, le seconde indicano la grande fedeltà alla fonte diretta da lui scandagliata con grande sistematicità. Di notevole interesse è soprattutto l’epistolario, costituito da 1.236 lettere che testimoniano, per un arco temporale compreso fra il 1935 e il 1964, lo scambio di idee con studiosi quali, ad esempio, Corrado Barbagallo, Fernand Braudel, Luigi Einaudi, Lucien Febvre, Alexander Gerschenkron. Proprio la ricchezza del materiale conservato nell’Archivio ha posto le premesse alla realizzazione di una nuova bibliografia dello storico, curata da ANDREA CARACAUSI (Università Bocconi), di prossima pubblicazione negli Atti del Convegno e consultabile in un link allo stesso inventario. L’elenco si presenta come il più completo degli scritti di Luzzatto, eccezione fatta per alcuni articoli di carattere politico-economico apparsi in diversi quotidiani nel secondo dopoguerra. Oltre alle opere contenute nelle precedenti raccolte, sono state inserite e ordinate una sessantina di voci redatte da Luzzatto per l’Enciclopedia italiana Treccani, una quindicina di articoli presenti nell’Archivio e oltre duecento recensioni edite in riviste italiane e straniere, per un risultato finale di 772 titoli. L’inventario e la bibliografia sono stati presentati dai curatori il 12 luglio 2005 presso il Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, all’interno di un seminario coordinato da MICHELA DAL BORGO (Archivio di Stato di Venezia). Convegno internazionale: Guerra y sociedad en la Monarchía Hispánica. Política, estrategia y cultura en la Europa moderna (1500-1700), Madrid, 9-12 marzo 2005. Soltanto negli ultimi anni, anche per l’influenza della storiografia anglosassone, la storia militare (intesa non più come obsoleta histoire-bataille, imperniata su una semplicistica ricostruzione delle operazioni belliche) ha attirato l’interesse del mondo accademico continentale, dando vita ad una progressiva rivalutazione del “militare”, soprattutto per quel che riguarda le sue relazioni con la società civile. Tale processo di rielaborazione ermeneutica non poteva non interessare la Monarchia degli Asburgo di Spagna, che per lungo tempo ha rappresentato una delle principali potenze strategiche a livello continentale e planetario. Il Congresso madrileno si proponeva di studiare le complesse interazioni tra le diverse entità geopolitiche che componevano la Monarchia, analizzandone aspetti salienti, quali la struttura delle forze armate, l’organizzazione logistica, ter t e SISE l news le dinamiche sociali interne al mondo militare, il finanziamento dell’attività strategica, le implicazioni politiche, fiscali e socio-economiche della presenza di numerosi contingenti sul territorio. Tra gli interventi, frequenti sono stati i riferimenti alle problematiche fiscali e finanziarie della Monarchia, anche nel tentativo di ricostruire il contributo delle varie componenti allo sforzo bellico della corona. Tali tematiche sono state affrontate dalle relazioni di PORFIRIO SANZ CAMAÑES, sul regno di Aragona nel secondo Seicento e sul peso della fiscalità militare all’interno di una provincia ritenuta a lungo privilegiata dal punto di vista contributivo; di FRANCISCO ANDUJAR CASTILLO, sul tema spinoso della creazione di un sistema di impresari militari incaricati di provvedere al reclutamento delle truppe, sostituendo così gli amministratori statali; di ELENA GARCÍA GUERRA, sulla creazione di uno specifico sistema di contabilità per verificare le spese di guerra. Particolarmente significativo, nell’ottica dell’analisi della mobilitazione delle risorse, è apparso lo studio comparativo dei sistemi ottomano e spagnolo ad opera di RHOADS MURPHEY, che ha messo in risalto i punti di contatto e le divergenze tra gli apparati militari delle due principali potenze mediterranee, e definito i rispettivi livelli di efficienza. Proprio per quel che riguarda la mobilitazione delle risorse, la cooptazione delle élite provinciali e le relazioni tra centro e periferia, l’impatto economico e fiscale dell’incessante e colossale impegno strategico degli Asburgo, particolare attenzione si è dedicata alle province italiane della Monarchia. Nel corso del Cinque e Seicento, Milano e Napoli rappresentarono due dei principali serbatoi da cui la Monarchia attinse competenze, beni, uomini e denari per poter sostenere le proprie posizioni imperiali. Gli interventi di MARIO RIZZO (sulla complessità dell’impegno strategico asburgico in Lombardia durante la seconda metà del Cinquecento e l’importanza della spesa strategica nel contesto regionale) e di GAETANO SABATINI (sul ruolo del Regno di Napoli nel contesto della grande strategia spagnola in un periodo generalmente negletto dalla storiografia, quale il secondo Seicento, fondamentale per poter meglio comprendere l’evoluzione della politica difensiva e fiscale nel Mezzogiorno e, più in generale, nell’intero bacino del Mediterraneo) rappresentano la cartina di tornasole dei nuovi indirizzi di ricerca circa il ruolo della penisola nel sistema imperiale. Da segnalare altresì gli interventi di GIOVANNI MUTO sul sistema difensivo meridionale – visto anche come strumento di controllo capillare della società – e di ANGELANTONIO S PAGNOLETTI sulla costruzione di un sistema di onori imperniato sulla carriera delle armi al servizio dei sovrani asburgici, in cui l’aristocrazia partenopea riuscì a ritagliarsi un ruolo di primo piano, grazie al quale poté accrescere la sua posizione predominante all’interno del regno. Di particolare interesse è stata anche la relazione di PAOLA BIANCHI (dedicata a un’area esterna alla Monarchia, ma strettamente connessa con l’azione strategica asburgica, quale il ter t e SISE l news ducato di Savoia), che ha illustrato la creazione di un sistema di milizie nel Cinque-Seicento e analizzato lo sviluppo di un efficiente sistema fiscale-militare, volto al mantenimento dei soldati del duca, oltre che alla creazione di un meccanismo di controllo delle spese militari. Convegno internazionale: Bolzano nel sistema fieristico europeo del XVII e XVIII secolo. Nuove acquisizioni e prospettive di ricerca, Bolzano, 7-9 aprile 2005. Il Convegno internazionale, tenutosi a Bolzano dal 7 al 9 aprile, ha visto la partecipazione di JEAN-FRANÇOIS BERGIER (Zurigo), ANDREA BONOLDI (Trento), MARKUS DENZEL (Lipsia), ANTONIO DI VITTORIO (Bari), MAURA FORTUNATI (Genova), HANS HEISS (Bressanone), GABRIEL IMBODEN (Briga), ANDREA LEONARDI (Trento), FRANZ MATHIS (Innsbruck), ANGELO MOIOLI (Milano), MICHAEL NORTH (Greifswald), HELMUT RIZZOLLI (Bolzano), e UWE SCHIRMER (Lipsia). L’incontro, nato da una collaborazione tra il Dipartimento di economia dell’Università di Trento, l’Historisches Seminar dell’Universität Leipzig, l’Archivio provinciale di Bolzano e il Gruppo di Ricerca per la Storia Regionale / Arbeitsgruppe Regionalgeschichte, aveva due obiettivi principali. Da un lato, fare il punto sulla situazione degli studi sul ruolo delle fiere nell’economia continentale di antico regime, alla luce dei nuovi impulsi di ricerca emersi in questi anni sull’onda dell’approccio neoistituzionalista. Dall’altro dare maggiore visibilità alle fiere di Bolzano che, tenuto conto della loro caratteristica di interfaccia tra mondo mediterraneo ed Europa centro-settentrionale e di una situazione particolarmente felice delle fonti, sono state finora scarsamente studiate. Quattro i nodi tematici emersi nell’incontro: 1. la posizione delle fiere bolzanine nel XVII e XVIII secolo nel contesto del circuito fieristico europeo e di una rete di piazze commerciali e finanziarie sempre più strettamente integrata; 2. il ruolo e l’evoluzione delle diverse attività delle fiere di Bolzano – dallo scambio di beni alla circolazione finanziaria e cambiaria – sia nel contesto dell’attività dell’istituzione, che in un’ottica di comparazione internazionale; 3. la funzione delle fiere di Bolzano come mediatrici di conoscenze mercantili tra area mediterranea ed Europa centro-settentrionale; 4. la posizione che ebbero le fiere di Bolzano nell’ambito delle dinamiche economiche e culturali del Tirolo e delle regioni alpine circostanti. Per quanto riguarda il primo punto, alcuni relatori (DENZEL, MOIOLI, SCHIRMER, MATHIS, BONOLDI) hanno osservato come le fiere di Bolzano assumano nel contesto delle reti commerciali internazionali, una posizione e un ruolo che sebbene non comparabile con quello delle grandi fiere internazionali dell’epoca, da Medina del Campo, a Lione, ad Anversa, e in una certa misura alla stessa Lipsia, ha nel suo essere ponte tra il circuito mercantile padano- 6 veneto e toscano e quello della Germania meridionale una funzione indubbiamente rilevante. A partire dal Duecento, e grazie all’ascesa delle due aree immediatamente al di qua e al di là delle Alpi, centri tra i più vitali dell’economia europea, e all’azione di poteri territoriali in alcune fasi, sebbene non sempre, consapevoli dell’utilità della promozione dell’attività di traffico, cominciano a depositarsi, lungo i percorsi tirolesi, conoscenze, competenze, infrastrutture e istituzioni che rendono la via del Tirolo particolarmente appetibile al transito mercantile. Sul percorso si consolida tanto il traffico che coinvolge le produzioni manifatturiere, in primo luogo tessili, delle aree prealpine meridionali e settentrionali, dai panni lana del Bergamasco ai fustagni d’Augusta, e più tardi alla seta, quanto l’intermediazione di prodotti finiti, materie prime e semilavorati su raggio più ampio, con l’intermediazione di Venezia prima, e Trieste poi, ad esempio per il cotone grezzo, le spezie, l’olio d’oliva e gli articoli provenienti dall’oriente, mentre verso sud non mancano, tra gli altri, i tessuti in arrivo dalle Fiandre e dall’Inghilterra. In questo contesto, pare rilevabile, in maniera sempre più marcata nel corso del Settecento, un processo che avrebbe inciso profondamente sulla realtà della fiera, ossia il ruolo di crescente importanza rivestito dalle case mercantili bolzanine, che in qualche modo, una volta costituitesi come agenti permanenti del transito commerciale attraverso le Alpi, finirono per indebolire l’istituzione fieristica, e in qualche modo per sostituirla. FRANZ MATHIS ha ricostruito in maniera sintetica ed efficace il complesso sistema del transito commerciale tirolese, frutto del depositarsi di secoli di esperienze e di interventi. Un campo nel quale, soprattutto per quanto riguarda un corretto dimensionamento del traffico sui diversi percorsi, la ricerca, pur in presenza di contributi rilevanti come ad esempio quelli di Stolz o Hassinger, ha ancora molta strada da fare. Molto migliore pare, in questo campo, la situazione documentaria relativa alle fiere di Lipsia, di cui ha parlato UWE SCHIRMER, sottolineando con forza un elemento che, fatte le debite proporzioni, le accomuna alle fiere bolzanine, ossia il fatto di essere sullo spartiacque tra due aree economicamente e culturalmente differenti, cosa che forse contribuisce a spiegare il successo e la capacità di mantenersi nel tempo dell’istituzione. ANGELO MOIOLI, invece, ha portato alla luce una fonte di primaria importanza per l’organizzazione delle relazioni di mercato in Italia settentrionale alla fine dell’antico regime, un’inchiesta statistica redatta durante il periodo napoleonico, dalla quale scaturiscono interrogativi essenziali per la comprensione di una delicata fase di passaggio da un sistema di distribuzione basato sulle istituzioni concentrate e periodiche, fiere e mercati, verso uno nel quale cresce d’importanza la commercializzazione diffusa. Per quanto riguarda il secondo tema emerso dal Convegno, ossia la diversificazione delle attività di fiera, da 7 quella strettamente commerciale alla cambiaria e creditizia, il contributo di MARKUS DENZEL ha messo in luce come proprio sulla base delle caratteristiche del traffico cambiario, per definizione legato alla dimensione internazionale di piazze finanziarie accreditate e vicendevolmente quotate, sia possibile seguire il modificarsi della proiezione internazionale, o se si preferisce sovraregionale, del mercato bolzanino. Da una fase iniziale, in cui la circolazione cambiaria nell’ambito delle fiere locali, sviluppatasi anche nel contesto della disgregazione temporanea del mercato dei cambi italiano dei primi decenni del Seicento, appare fortemente legata a Venezia, si passa con la fine del secolo a una maggiore centralità dei più dinamici mercati finanziari nordeuropei, e dalla metà del secolo all’involuzione su di un raggio d’azione strettamente locale. Appare evidente come in questo gioco elementi interni legati alla trasformazione della tipologia e dell’estensione del commercio di fiera bolzanino, cui il traffico cambiario è in gran parte, anche se non integralmente, legato, si coniughino con dinamiche esterne, come appunto lo spostamento del baricentro della finanza europea, o anche l’evoluzione e la diffusione e diversificazione degli strumenti di pagamento. La relazione di MICHAEL NORTH, in questo senso, ha consentito di tracciare un parallelo interessante con una fiera importante come quella di Francoforte, che nel corso della sua storia ha conosciuto un processo di trasformazione che non s’è risolto, come molti autori del passato hanno sostenuto, necessariamente in un declino complessivo, per quanto il flusso creditizio e dei pagamenti alla fiera sia stato in gran parte intercettato da un’altra istituzione, ossia la borsa. Importanti gli elementi sottolineati, come quello relativo alla tolleranza e apertura della città verso gli stranieri e la fissazione della moneta di conto come strumento di stabilità nelle transazioni (Wechselgulden o Taler). Le questioni monetarie messe in luce in prospettiva locale da HELMUT RIZZOLLI evidenziano quanto complesso e articolato sia il gioco attorno alla moneta nel commercio internazionale di età moderna, tra oscillazioni legate al valore intrinseco, problemi di circolazione connessi alla moneta divisionaria e interventi politici. Rizzolli ha inoltre presentato una fonte, un registro di conti, legata a un aspetto rilevante, ma poco indagato delle fiere di Bolzano, ovvero il loro ruolo quale centro di distribuzione sul territorio tirolese di beni importati. ANDREA BONOLDI ha rilevato nella sua relazione come la situazione della finanza pubblica tirolese sia un elemento fondamentale da considerare nella lettura del rapporto tra istituzioni di fiera e poteri politici locali, e ha suggerito come il fatto che alcune primarie case mercantili della città siano andate affermandosi come intermediarie permanenti del commercio di transito lungo i percorsi tirolesi, abbia contribuito al declino dell’attività di fiera a partire dalla seconda metà del Settecento. Più problematica, sebbene ricca di interessanti implicazioni, la questione legata alla funzione della fiere di Bolzano ter t e SISE l news come momento di passaggio di elementi della tecnica e legislazione mercantile e cambiaria di origine italiana verso l’area tedesca. Sebbene si tratti di una tesi ribadita da più parti e sebbene paia assodato come il regolamento cambiario emesso alle fiere di Bolzano nel 1635, contestualmente al rilascio dei privilegi di fiera, rappresenti uno dei primi atti normativi di questo genere in terra tedesca, manca ancora una ricerca che metta adeguatamente alla prova tale ipotesi. Un quarto punto riguarda il riflesso delle fiere di Bolzano sulla realtà locale. ANDREA LEONARDI ha analizzato gli appuntamenti fieristici alla luce dello stimolante concetto della formazione della cultura dell’ospitalità, cultura fatta di una mescolanza di abitudine e attitudine al rapporto con l’altro, di serietà professionale nella gestione dei servizi di trasporto, di ristorazione e alberghieri. Elementi che si sarebbero depositati anche grazie alla funzione commerciale di Bolzano e del Tirolo in generale, per poi servire, almeno in parte, da base per lo sviluppo turistico successivo del territorio. HANS HEISS ha opportunamente richiamato la necessità di una storia sociale e culturale delle fiere di Bolzano, che furono anche un importante momento di formazione e trasformazione dell’identità urbana e segnarono l’avvento di un gruppo sociale, quello dei mercanti, che guadagnò, con la seconda metà del Seicento, una posizione egemone nell’ambito dell’amministrazione civica. Numerose delle evidenze emerse dal confronto rimandano a una necessità per l’avanzamento degli studi sulla realtà delle fiere bolzanine, ossia quella di affiancare all’eccezionale realtà costituita dall’archivio del magistrato mercantile, che rappresenta una fonte per così dire “istituzionale”, l’analisi degli archivi delle singole imprese commerciali operanti sulla piazza. Solo in questo modo sarà infatti possibile ricostruire in maniera più completa le caratteristiche del traffico di merci e della circolazione finanziaria, e indagare le motivazioni e l’articolazione dell’azione degli operatori presenti, le loro competenze, le forme con cui si concretizzava la loro “razionalità economica”. In tal modo anche le ipotesi sulla partecipazione della piazza bolzanina all’avanzare del “Geist des Kapitalismus” in area alpina, secondo la provocatoria, ma euristicamente fruttuosa ipotesi di GABRIEL IMBODEN, potrebbero essere messe alla prova su basi meno incerte. Ciò in sintonia con quello che sembra essere un orientamento emergente degli studi in materia, in cui il formarsi e il consolidarsi dell’economia capitalistica vengono indagati attraverso un gioco incrociato tra strutture economiche presenti o in mutamento e l’apporto dato dalle singole individualità degli imprenditori, all’interno di un processo che è comunque storicamente determinato. Proprio il richiamo alla necessità di storicizzare e contestualizzare l’istituzione fiera è parso emergere in modo più o meno evidente da tutti i contributi presentati. L’approccio neoistituzionalista, che tanti meriti ha avuto nel dare nuovi impulsi allo studio del funzionamento dei mercati in prospettiva storica, sembra oggi correre il rischio, in alcune ter t e SISE l news sue applicazioni, di trasformarsi in una nuova ortodossia, con la conseguente produzione di uno schema interpretativo che tende a irrigidirsi. L’inquadramento iniziale offerto da JEAN-FRANÇOIS BERGIER ha messo in rilievo, su di una prospettiva di lungo periodo, come la natura stessa delle fiere come istituzione tenda, ed è ovvio, a mutare nel tempo. Concetti come “fiducia”, “ordine”, “diversificazione funzionale”, “adattamento alle nuove forme di consumo emergenti sui mercati”, o anche il richiamo alla continua mobilità delle gerarchie delle fiere nel contesto europeo, rimandano all’opportunità di non affidarsi a una definizione di fiera troppo rigida e schematica, sulla quale poi applicare ipotesi generali di crescita e declino dell’istituzione. Anche ANTONIO DI VITTORIO ha messo bene in luce come pure nel mondo italiano meridionale le forme di mercato riconosciute come fiera mutino nel tempo, e come mutino nel tempo reti e gerarchie dei centri protagonisti, tanto in connessione alle dinamiche sottostanti della produzione e del consumo quanto sulla base dei provvedimenti politici. Nella stessa ottica si può leggere l’intervento di MAURA FORTUNATI, storica del diritto, la cui relazione ha aggiunto temi e categorie diversi rispetto a quelli di gran parte degli altri relatori. In sintesi, dunque, da quanto è emerso in questo Convegno, pare di poter dire che, in merito alla storia delle fiere, e a quella dell’organizzazione dei mercati in generale, l’approccio neoistituzionalista ha fornito alcuni importanti suggerimenti metodologici, che hanno dato nuovi impulsi a un campo d’indagine in cui le ricerche segnavano decisamente il passo. Proprio dai rapporti tra strutture di potere, razionalità degli operatori e meccanismi di funzionamento del mercato, scaturiscono rilevanti elementi di novità che hanno notevolmente arricchito le conoscenze in materia. I risultati migliori paiono scaturire, in questo senso, non tanto da un impiego generale e acritico dello strumentario teorico neoistituzionalista, quanto piuttosto da una selezione di temi e metodi ben calibrata sulla realtà storica da indagare. Oltre a costituire un significativo momento di confronto sullo stato di avanzamento delle ricerche e sulle questioni di natura interpretativa di cui s’è detto, il Convegno ha anche fornito l’occasione per rafforzare i contatti tra il mondo della ricerca storico-economica di lingua tedesca e quello italiano, consentendo di prospettare nuove collaborazioni per il futuro. Convegno di Studi: Arti, tecnologia, progetto. Le esposizioni d’industria in Italia prima dell’Unità, Brescia, 15 aprile 2005. Il Convegno, tenutosi presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Brescia e organizzato dal Centro di Studio e di Ricerca “Brescia Industriale tra Passato e Futuro”, dal Dipartimento di Studi Sociali dell’Università degli Studi di Brescia, dall’Istituto Lombardo di Storia Contemporanea di Milano e dal Seminario Permanente sulla Storia dell’Industrializzazione Italiana, ha permesso la 8 messa a punto nazionale sul tema e a visto la partecipazione di studiosi di numerosi istituti di ricerca. Già in uso alla fine del Settecento come incentivi all’avanzamento delle arti produttive, i pubblici conferimenti di premi, associati a esposizioni di prodotti industriali, passarono, nel corso dell’Ottocento, da una dimensione locale o nazionale a una internazionale divenendo veri e propri simboli della nuova società borghese e dei suoi valori. Con la premiazione si voleva infatti onorare il talento creativo, suscitare l’emulazione, divulgare le conquiste tecnologiche, stimolare il valore individuale, far apprezzare i prodotti dell’industria nazionale, accrescere la considerazione sociale per attività fino ad allora sottostimate. La prima sessione, presieduta da CARLO MARCO BELFANTI, dedicata ai modelli di riferimento europei, ha visto le relazioni di LUISA DOLZA (Politecnico di Torino), Dalle arti all’industria: Londra 1851, che si è soffermata sul grandissimo successo avuto dai trattati tecnici e dalle opere illustrate sulle macchine lungo i tre secoli precedenti le esposizioni internazionali del XIX secolo. L ILIANE H ILAIRE -P ÉREZ (Conservatoire National des Arts et Métiers di Parigi), Le Conservatoire national des Arts et Métiers ou le civisme de la technologie: pédagogie, conservation et promotion de l’innovation, ha invece trattato della istituzione del Conservatoire National des Arts et Métiers di Parigi, nato su progetto dell’abate Grégoire alla fine del XVIII secolo con una pluralità di obiettivi legati alla valorizzazione delle professioni “utili”, alla promozione dell’istruzione pubblica, alla conservazione di collezioni di macchine e di oggetti, alla gestione dell’innovazione. La seconda sessione, presieduta da MARIO TACCOLINI, è stata dedicata al contesto italiano. Anche l’Italia, nel corso del primo Ottocento, vide diffondersi questa pratica dei concorsi. Torino, Genova, Firenze, Lucca, Napoli, Venezia e Milano, divennero sedi di esposizioni, mentre altre città, per iniziativa di accademie e associazioni, ne seguirono l’esempio. Gli sforzi tesi a elevare il contenuto tecnico dei processi produttivi si istituzionalizzarono nell’età napoleonica, favoriti da una crescente consapevolezza dell’interdipendenza tra economia e tecnologia. Si diede risalto attraverso premi ed esposizioni alle innovazioni che provenivano dal basso; risposte dinamiche di operatori economici o di inventori tout court che trovarono nel governo un interlocutore attento e generoso. Le più importanti di queste iniziative furono le Esposizioni annuali d’arti e mestieri di Milano, che presero avvio nel 1805, così come è stato evidenziato da FRANCO DELLA PERUTA (Istituto Lombardo di Storia Contemporanea di Milano) nella relazione su L’Istituto nazionale e le esposizioni di Brera. GIORGIO BIGATTI (Università Bocconi di Milano), Tra pedagogia industriale e vocazione commerciale: echi italiani delle esposizioni d’oltralpe, ha analizzato gli echi che il grande fenomeno delle esposizioni internazionali ha avuto in Italia nella seconda metà del XIX secolo, soffermandosi sulla percezione che i contemporanei ebbero dell’evento, 9 sulla funzione dell’esposizione come luogo di scambio di informazioni e “scuola dove imparare senza sfigurare”, sulla composizione del pubblico presente e sulle motivazioni che spinsero tecnici e curiosi a parteciparvi. SERGIO ONGER (Università degli Studi di Brescia), Le esposizioni d’industria a Brescia (1825-1857), ha descritto il caso delle esposizioni a Brescia, una delle poche città capoluoghi di provincia che dava spazio a questo tipo di iniziative, promosse dall’accademia cittadina al fine di favorire il progresso di tutte le “invenzioni e cognizioni” più utili. SILVANO MONTALDO (Università degli Studi di Torino), ha presentato Le esposizioni torinesi da Napoleone I a Cavour. A Torino le esposizioni industriali presero avvio nel 1805 con Napoleone I e vennero organizzate con continuità negli anni seguenti, continuità sancita nel 1827 da Carlo Felice di Savoia, accogliendo la proposta della Regia camera d’agricoltura e di commercio di Torino, con l’istituzione di pubbliche esposizioni triennali di prodotti fabbricati esclusivamente nel Regno di Sardegna. GIUSEPPE MORICOLA (Istituto Universitario Orientale di Napoli), Tra velleità e progetto: le esposizioni industriali nel Regno di Napoli, ha descritto questi eventi come una sorta di istituzione intermedia, una specie di “ente fiera” e di “contenitore di consumi vario”, di circuito ristretto e protetto che ruota intorno al sistema di protezione pubblica, diretto al miglioramento della funzione allocativa. F ERNANDO MAZZOCCA (Università degli Studi di Milano), Le arti belle in mostra, ha affrontato, con un intervento ricco di dettagli attraverso i tipi di oggetti, di tessuti e di mobili esposti, il tema della distinzione tra “arti belle” e manifatture alle esposizioni milanesi di Brera. GIOVANNI MEDA RIQUIER (Centro Culturale Italo-Tedesco Villa Vigoni, Loveno di Menaggio), Esporre l’industria. Enrico Mylius tra arte e progresso, presentando un notevole apparato iconografico, ha analizzato alcuni episodi di celebrazione della modernità presenti nella pittura e nella scultura, in cui si esaltano le figure di personaggi come Enrico Mylius, abilissimo commerciante protestante. RAIMONDA RICCINI (Istituto Universitario di Architettura di Venezia), Tracce di design. La produzione di oggetti fra tecnica e arti applicate, con riferimento al periodo delle prime esposizioni internazionali, in cui è ancora prematuro parlare di design, ha definito le condizioni che hanno portato alla nascita del disegno industriale, sottolineando come queste tracce si possano individuare nei tentativi di trovare forme adeguate per nuovi prodotti, di categorizzare gli oggetti, di vestire d’eleganza le cose che non rientrano nel settore tradizionale applicato all’arte. ANDREA GIUNTINI (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia), ha presentato la relazione La prima volta dell’Italia: l’esposizione del 1861 a Firenze. Subito dopo l’Unità d’Italia, nel settembre 1861, venne realizzata la prima Esposizione nazionale a Firenze, nella stazione ferroviaria di Porta a Prato, su una superficie di 112.000 mq, di cui 38.500 coperti, con 8.512 espositori e 373.000 visitatori. Pur essendo un’esperienza modesta, dove erano esposti prodotti agri- ter t e SISE l news coli, industriali e artistici, segnò comunque l’ingresso del nuovo Stato nelle grandi manifestazioni espositive del secondo Ottocento. Convegno di Studi: Cinque secoli di carta. Produzione, commercio e consumi della carta nella “Regio Insubrica” e in Lombardia dal Medioevo all’età contemporanea, Varese, 21 aprile 2005. Il 21 aprile 2005, presso la sala conferenze di Villa Recalcati in Varese, si è tenuto il Convegno Cinque secoli di carta, promosso dalla Provincia di Varese, realizzato in collaborazione con l’International Research Center for Local Histories and Cultural Diversities, la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi dell’Insubria e l’Istituto Varesino per la Storia dell’Italia Contemporanea e del Movimento di Liberazione. L’incontro ha visto la partecipazione, in qualità di discussant, di RENZO SABBATINI e PATRIZIA MAINONI ed è stato coordinato da RENZO PAOLO CORRITORE e LUISA PICCINNO. Obiettivo primario di tale iniziativa, affiancata da una mostra dal titolo “A carte scoperte” con l’esposizione di opere in materiale cartaceo prodotte da artisti di fama internazionale, è stato quello di valorizzare la storia industriale e manifatturiera della Lombardia e più specificamente del Varesotto e dell’intera Regio Insubrica, all’interno della quale la produzione cartaria riveste un ruolo di assoluto rilievo. L’arco temporale individuato per l’analisi è il lungo periodo, partendo dal Medioevo per giungere all’Età contemporanea, al fine di consentire una valutazione complessiva dell’incidenza del settore della produzione cartaria sia sull’economia regionale nel suo complesso, sia su quella dei singoli centri produttivi. Gli aspetti esaminati dai singoli autori sono compositi e con interessanti spunti di originalità. Significativa a tale riguardo è l’analisi del settore cartario nell’antica diocesi di Como in età tardomedievale vista dal lato della domanda (MARTA MANGINI). In quest’ottica vengono indagati aspetti quali la tipologia dei fruitori di questo innovativo supporto scrittorio che gradatamente tende a sostituire la tradizionale pergamena, le leggi che ne sanciscono l’affermazione sul mercato, le caratteristiche tecniche dello stesso e le finalità per il quale viene utilizzato. Ulteriori elementi di riflessione si possono ricavare dall’analisi delle figure professionali che intervengono nelle varie fasi del ciclo produttivo, quali i fornitori di materia prima (interessante è la progressiva specializzazione e “ascesa sociale” degli straccivendoli milanesi tra il XV e il XVI secolo), i maestri cartai e i mercanti, in molti casi divenuti a loro volta imprenditori, ed il legame più o meno vincolante tra le maestranze e il sistema corporativo (BEATRICE DEL BO). Altrettanto cruciale è inoltre l’ambito territoriale entro il quale sorgono gli edifici da carta e i fattori critici che intervengono nel guidare le scelte degli operatori economici. Tra i fattori che influenzano la localizzazione delle cartiere giocano un ruolo primario la disponibilità di manodopera specializzata (il know how tecnologico assicurato dalla ter t e SISE l news tradizione in molti casi sembra essere l’unica spiegazione per giustificare la localizzazione di tali manifatture in aree per altri aspetti svantaggiate), la vicinanza al mercato di approvvigionamento delle materie prime e a quello di sbocco, la disponibilità di energia idraulica (interessante a tale proposito la realtà comasca esaminata da FABIO CANI). In particolare, il ruolo centrale del fattore “acque”, sia come forza motrice che come materia prima (deve infatti essere limpida, pura e non eccessivamente calcarea), fa sì che tali insediamenti produttivi sorgano preferibilmente in campagna, a monte di piccoli centri abitati. Significativo il fatto che il regime dei diritti delle acque ed il controllo statale più o meno vincolante su tale elemento risultino condizionare talvolta in maniera determinante lo sviluppo di queste attività: emblematico è il caso di Besozzo, che già intorno al 1563 secolo vede lo sviluppo di una fiorente attività cartaria grazie ad un regime di pressoché totale libertà di uso delle acque del fiume Bardello (EMANUELE COLOMBO). Da sottolineare che in questo centro l’attività cartaria è presente in maniera quasi ininterrotta dalla seconda parte del XVI secolo a oggi. Di notevole interesse è inoltre l’evoluzione tecnologica che caratterizza tale comparto produttivo in funzione dell’aumento e della diversificazione della domanda verificatosi a partire dalla seconda metà del Settecento (I VO MATTOZZI): a questo proposito, la tardiva adozione del cilindro olandese nelle cartiere varesine e comasche (analogamente ad altre realtà italiane) appare sintomatica di una generale crisi del settore e di una produzione di modesta qualità. In tale contesto l’eccezione è rappresentata dalla cartiera Molina, fondata intorno al 1800 a Biumo Inferiore, nel territorio di Varese. La messa in opera nel 1828 della prima macchina per la produzione continua di carta da parte di Paolo Andrea Molina è infatti considerata una delle pietre miliari dell’affermazione del macchinismo in Lombardia. Fino all’ultima parte del XIX secolo l’industria della carta rappresenta senza dubbio il settore più dinamico dell’economia varesina e i Molina sono assoluti protagonisti. Significativo a questo proposito è il processo di accumulazione dei capitali da parte di questa famiglia, a lungo impegnata nella produzione serica, ed il successivo processo di riconversione che la vede protagonista, con il progressivo abbandono della filatura, ormai in piena crisi, e l’avviamento della produzione cartaria (RENZO PAOLO CORRITORE). La realtà cartaria varesina, sostenuta dall’intraprendenza della famiglia Molina, appare in netto contrasto con quanto si verifica in altri contesti regionali: meritevole di attenzione il confronto con la parabola evolutiva che caratterizza la lavorazione della carta nella riviera bresciana del lago di Garda, che vede uno sviluppo precoce, collocabile tra il XV e il XVI secolo, ed un inarrestabile declino nel corso dell’Ottocento (LUCA MOCARELLI) Nel caso specifico le ragioni della crisi non appaiono solo di carattere tecnologico (la prima macchina continua viene infatti introdotta solo nel 1875), ma sono 10 da ricercarsi anche nella conformazione del territorio (inadatto ad ospitare impianti di grandi dimensioni) e nei rivolgimenti politici che vedono protagonista questa regione. I contributi presentati costituiscono una chiara testimonianza del grande spazio che ancora esiste per lo studio della storia manifatturiera lombarda, sia con particolare riferimento a settori specifici di attività, sia in relazione ad aspetti peculiari quali le differenti forme di organizzazione produttiva e la loro evoluzione nel corso del tempo. I materiali del Convegno, Cinque secoli di carta. Produzione, commercio e consumi della carta nella “Regio Insubrica” e in Lombardia dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di Renzo Paolo Corritore e Luisa Piccinno, Varese, Insubria University Press, 2005, sono disponibili on line all’indirizzo: http://www.eco.uninsubria.it/convegni2002.htm. Convegno Internazionale di Studi: 250° anniversario dell’istituzione della cattedra di Commercio e Meccanica, Napoli, 5-6 maggio 2005. Dopo la celebrazione dell’anniversario effettivo (1754) tenuta lo scorso anno alla Facoltà giuridica dell’Ateneo napoletano, gli stessi organizzatori (quella Facoltà e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) hanno patrocinato un più ampio Convegno internazionale di studi sul 250° anniversario dell’istituzione della cattedra di Commercio e Meccanica, svoltosi il 5-6 maggio 2005 a Napoli, in Palazzo Serra di Cassano. Al di là delle diverse sessioni in cui i vari contributi erano stati incasellati, essi sono apparsi esprimere bene le due ottiche con cui oggi non solo si guarda alla prima cattedra europea di Economia e al pensiero del suo primo titolare, Antonio Genovesi, ma più in generale agli economisti del passato. Da un lato un’ottica più propriamente storica, attenta alle fonti che cerca di leggere (o dovrebbe farlo) in maniera rigorosa; e dall’altro un’ottica interessata più che altro all’attualizzazione del pensiero economico del passato. I contributi ascrivibili alla prima impostazione sono apparsi fortunatamente ancora maggioritari al Convegno. Esso è stato aperto da RAFFAELE AJELLO (A. Genovesi nella storia sociale del Regno di Napoli), che, inquadrando il celebre cattedratico napoletano nell’evoluzione istituzionale e civile del Mezzogiorno, ne ha ricordato l’interpretazione storiografica a suo avviso migliore, quella che ha visto in lui come in Galiani due tipici economisti empirici, flessibili e non etichettabili. In effetti, anche chi, e cioè ANTONIO MARIA FUSCO, ha parlato subito dopo su Il mercantilismo di A. Genovesi, sembrando quindi porre in qualche modo un’etichetta, ha riproposto la sua vecchia tesi, forse non adeguatamente raccolta in questi anni dalla ricerca storiografica, del doppio circuito con cui intendere quello che Franco Venturi aveva chiamato mercantilismo “rinnovato” di Genovesi. Ad andare avanti su questa strada della ricerca contribuirà ora la tanto attesa e finalmente avvenuta pubblicazione, sempre a cura del benemerito Istituto filosofico napoletano, dell’edizione critica dell’opera principale di Genovesi, presentata 11 al Convegno dalla sua infaticabile curatrice, MARIA LUISA PERNA (Le Lezioni di Commercio di A. Genovesi). Per intanto, un confronto stringente tra L’Economia civile genovesiana e la moderna Economia politica, l’una centrata sull’idea di “corpo politico” e l’altra sull’idea di libero mercato, condotto sulle fonti e teso a scoraggiare gli eccessi della voga attualizzante, è stato offerto da FRANCESCO DI BATTISTA. Mentre RICCARDO FAUCCI (Genovesi commentatore di Montesquieu) ha esaminato le note postume all’Esprit des lois che confermano la distanza tra i due pensatori. Infine COSIMO PERROTTA (Sviluppo economico ed evoluzione storica in Genovesi) si è mosso lungo una sua personale direzione di ricerca storica, che persegue da tempo e nell’ambito della quale tende a rivalutare decisamente Genovesi come economista moderno, sulla base di due categorie centrali: lavoro produttivo e consumo. Per quanto di molto diverso valore, anche i contributi di studiosi stranieri sono stati quasi tutti ascrivibili all’ottica storica. K OEN S TAPELBROEK , dell’Erasmus University Rotterdam, si è posto il problema della paternità dell’Illuminismo napoletano mettendo a confronto Genovesi e Galiani. SOPHUS A. REINERT, norvegese ma ora all’Università di Cambridge, ha dipanato un tema dai risvolti storiografici per più versi accattivanti: Republican mercantilism out of context: on the italian reception of John Cary’s Essay on the state of England. Alla diffusione del pensiero genovesiano all’estero, in verità solo Spagna e Argentina, si sono invece dedicati JESÚS ASTIGARRAGA e JAVIER USOZ, dell’Università di Saragozza (Spanish readings of the A. Genovesi’s Lezioni di Commercio: V. de Villava and the spread of the neapolitan political economy in the spanish official Enlightenment) e Manuel Fernández López, dell’Università di Buenos Aires. Ma con l’ultimo contributo straniero, frutto della collaborazione di ROBERT SUGDEN, noto economista dell’University of East Anglia, con LUIGINO BRUNI (Mutual assistance or mutual advantage? Genovesi and Smith on market and sociality), ci spostiamo sull’altro versante, quello dei contributi ascrivibili ad un’ottica diversa, tesa più al recupero in chiave attualizzante delle idee economiche del passato che alla loro ricostruzione rigorosa sulle fonti. Non è un caso che queste operazioni di recupero siano condotte da studiosi con formazione da economisti, e non da storici: è allora probabile che esse rispondano all’odierno stato di crisi della scienza economica e all’esigenza, manifestata dagli economisti più sensibili, di un superamento della crisi, magari cercando ispirazione negli economisti del passato. Questo aspetto è apparso evidente al Convegno soprattutto nella relazione di BRUNO JOSSA e ROSARIO PATALANO su Genovesi, la ricchezza e l’umana felicità. Ma motivava in parte anche quelle di CRISTINA NARDI SPILLER (Il ruolo del capitale umano nello sviluppo del sistema economico secondo A. Genovesi) e di MARINA ALBANESE (L’interazione interpersonale, il capitale sociale e il pensiero di Genovesi). Diversamente motivato, ma anch’esso generosamente attualizzante, il contri- ter t e SISE l news buto di ANNA LA BRUNA e SALVATORE TINÈ su Gli esiti democratici della lezione genovesiana in Sicilia. Le conclusioni del Convegno sono state tratte da PIERO B ARUCCI . Meno preoccupato di altri nei confronti dell’attualizzazione, Barucci ha però sottolineato la sostanziale assenza in Genovesi della prospettiva moderna del capitalismo industriale propria della Ricchezza delle nazioni; e si è dichiarato molto significativamente non interessato al recupero di idee tipicamente settecentesche come quella di pubblica felicità. Le conclusioni odierne sul pensiero genovesiano non gli sono sembrate discostarsi molto da quelle già profilatesi a ben guardare cinquant’anni or sono, in occasione del bicentenario della cattedra. Convegno di Studi: La grande trasformazione e la memoria. Fonti e tracce di ricerca per lo studio dell’economia e della società marchigiana e umbra nella seconda metà del XX secolo, Foligno, 28 maggio 2005. Lo scorso 28 maggio 2005 a Foligno, presso l’Aula didattica di Palazzo Trinci, si è tenuto il Convegno La grande trasformazione e la memoria, organizzato dall’ICSIM - Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano” e dalla rivista “Proposte e ricerche”, con il patrocinio di Comune di Foligno, Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno e la collaborazione de “L’Officina della Memoria”. Con tale Convegno gli organizzatori hanno inteso realizzare una riflessione e, nel contempo, avviare una nuova stagione di studi volta ad indagare quelle che sono le principali questioni storiografiche legate all’insieme di trasformazioni economiche e sociali avvenute nella seconda metà del XX secolo in due regioni per molti aspetti simili tra loro come le Marche e l’Umbria. Le due regioni possono essere infatti annoverate a pieno titolo in quella “Terza Italia”, utilizzando una formula coniata dal sociologo Arnaldo Bagnasco per indicare alcune aree dell’Italia centrale e del Nord-Est contrassegnate da uno specifico modello di sviluppo economico, definito NEC (Nord-Est Centro) dall’economista Giorgio Fuà all’inizio degli anni Ottanta, fondato cioè su un retroterra agricolo, caratterizzato dalla predominanza, sino ai primi anni Sessanta, della mezzadria e su un industria di dimensioni medio-piccole, rapidamente affermatasi nel ventennio 1960-80, che ha costituito una parte significativa di quello che è stato definito “il miracolo economico italiano”. Le principali questioni storiografiche legate a tale fase della storia delle Marche e dell’Umbria sono state così declinate secondo diverse prospettive, con lo scopo di offrire spunti per l’individuazione di nuove linee interpretative e percorsi di ricerca, nel tentativo di cogliere quelle che sono le somiglianze e le differenze, con l’obiettivo non soltanto di gettare nuova luce sul nostro recente passato ma, anche e soprattutto, di fornire nuovi strumenti a chi è chiamato a progettarne il futuro. Dopo i saluti delle autorità intervenute – il sindaco di Foligno, MANLIO MARINI, la presidente della Regione Umbria, MARIA RITA LORENZETTI, il consigliere ter t e SISE l news della Regione Marche, M ARCO L UCHETTI, il presidente dell’ICSIM, FRANCO GIUSTINELLI e, per la rivista “Proposte e Ricerche”, FRANCO AMATORI – si sono aperti i lavori con gli interventi previsti nella prima delle quattro sezioni in cui è stato strutturato il Convegno. Nella sezione Permanenze e fratture, presieduta da ANTONIO DI VITTORIO, i relatori hanno inteso tracciare un quadro generale di quello che è stato lo sviluppo economico e sociale di Marche e Umbria a partire dal secondo dopoguerra, affrontando le diverse problematiche a questo connesse (crisi della mezzadria, fine della prevalenza del settore agricolo, emigrazione, impetuosa urbanizzazione, crisi del modello di industria di stato, specificatamente nell’area ternana, affermazione della piccola e media impresa, industrializzazione diffusa e nascita del distretto industriale). La relazione di ERCOLE SORI e di RENATO COVINO (Cifre e caratteri del cambiamento) ha tracciato un quadro generale delle trasformazioni socio-economiche avvenute, delineandone i caratteri principali. Le relazioni di GIACOMINA NENCI, (Agricoltura: il quadro macro), LUIGI ROSSI (Agricoltura: microstorie), FABIO BETTONI (La montagna) hanno invece preso in esame le trasformazioni avvenute nell’agricoltura umbra e marchigiana a partire dal secondo dopoguerra (la fine della mezzadria, l’abbandono delle campagne, la trasformazione del modello di proprietà contadina, l’agricoltura delle aree appenniniche), trasformazioni che hanno rotto equilibri da secoli cristallizzatisi attorno alla vocazione agricola delle due regioni, secondo uno schema incentrato per larga parte sulla grande e media proprietà fondiaria, per dar luogo ad una economia a prevalente carattere industriale e, sempre più in questi ultimi anni, vocata al terziario. Nella sezione Protagonisti del cambiamento, presieduta da FRANCO AMATORI, VALERIANO BALLONI (Le maggiori imprese) e PATRIZIA SABBATUCCI SEVERINI (Sistemi Territoriali), hanno ricostruito le diverse fasi dell’industrializzazione avvenuta nelle due regioni, con particolare attenzione a quelli che sono stati i legami con il retroterra agricolo, che hanno giocato un ruolo essenziale, per quanto concerne, ad esempio, la tenuta del sistema sociale, la nascita delle prime piccole imprese, l’affermarsi del distretto industriale. Nella seconda parte della sezione Protagonisti del cambiamento, coordinata da RENATO COVINO, FRANCESCO CHIAPPARINO (Le banche), PAOLO RASPADORI (Gli operai e le loro organizzazioni), ANGELO BITTI (Le istituzioni pubbliche), ROBERTO GIULIANELLI (Gli innovatori), hanno preso in esame il ruolo ricoperto da banche, organizzazioni operaie, istituzioni pubbliche, imprenditori e scienziati, nelle trasformazioni intercorse nell’ultimo cinquantennio, non soltanto dal punto di vista dei contenuti ma anche, in una prospettiva più propriamente metodologica, in relazione al patrimonio di fonti detenute da tali soggetti, non sempre debitamente valorizzato, che può invece costituire una risorsa preziosa per favorire l’approfondimento della ricerca storica e quindi la conoscenza. 12 Le relazioni previste nella sezione Fonti e strumenti della memoria, coordinata da ERCOLE SORI, hanno invece affrontato le principali problematiche, dal punto di vista storiografico e metodologico, che propongono le diverse fonti storiche disponibili e utilizzabili per la ricerca, alcune delle quali possono divenire esse stesse potenziali elementi di sviluppo economico. PAOLA C ARUCCI (La conservazione archivistica), MARCO MORONI (Archivi d’impresa e musei), AUGUSTO CIUFFETTI (La letteratura grigia), MAURIZIO BLASI (Audiovisivi), GIANNI BOVINI (Archeologia industriale), LUCA GARBINI (Fonti esterne), hanno infatti esaminato le diverse tipologie di fonti attualmente disponibili per la ricerca, da quelle più tradizionali (i documenti d’archivio), alle più innovative (audiovisivi, fonti esterne), evidenziando quello che è ad oggi “lo stato dell’arte”, oltre che le nuove e possibili linee di sviluppo. Gli interventi dei relatori sono stati integrati dalle testimonianze di politici, imprenditori, studiosi, protagonisti della storia recente di Marche e Umbria (RAFFAELE ROSSI, GIUSEPPE GUZZINI, ALESSANDRO PORTELLI, EMIDIO MASSI) i cui interventi hanno fornito ulteriori e preziosi elementi di riflessione che hanno arricchito il dibattito finale in cui sono state tirate le somme della densa giornata di lavori. Seminario IRI: L’IRI e la crisi degli anni Settanta, Roma, 9 giugno 2005. La Fondazione I RI , con le attività del Comitato Valorizzazione Archivi e Ricerca Storico Economica, ha in corso di realizzazione un impegnativo programma volto ad apprestare le basi documentarie per la storia dell’IRI e del suo Gruppo. Accanto a questo programma si stanno svolgendo Seminari riferiti a L’IRI nella storia delle imprese italiane del Novecento. Sono stati promossi alcuni incontri con esperti e protagonisti, dando vita ad un’esperienza fondata su discussione e confronto che costituisce, per la numerosità e rilevanza istituzionale, un unicum nei lavori di storia dell’impresa italiana nel ’900. L’insieme contemporaneo di molti dirigenti, funzionari e studiosi consente infatti di ottenere una condizione di rara verifica documentale. La conoscenza – interna – dei fatti e della serie di scelte che hanno portato alle decisioni, possibile solo agli attori, viene posta a confronto con la memoria e la conoscenza dei testimoni dell’azione e con la loro capacità di lasciare tracce – documenti – in grado di ricostruirla in modo coerente con la memoria degli stessi attori e testimoni. Questo mondo di fare seminari ha avuto nell’incontro del 9 giugno una puntuale conferma. La posizione di “perno” esercitata dall’IRI negli anni Settanta, intesi come momento di transizione tra la fase di intenso investimento pubblico e sviluppo post bellico, e gli anni Ottanta, in cui l’IRI svolse un ruolo propositivo verso nuove politiche industriali, è stato affrontato attraverso la presentazione e la discussione di un documento “interno” noto ad oggi per l’eco che ebbe sulla stampa, il “documento dei funzionari”. Il 13 Seminario, presieduto da LUCIANO CAFAGNA, è stato aperto da una relazione sul periodo tenuta da PAOLO BARATTA, che ha presentato la testimonianza di alcuni degli estensori del documento: F. Siriana, G. Moranti, C. Trailo, A. Paci, affiancandola all’analisi del contesto storico ed economico, affidata a interventi di FRANCO AMATORI, VALERIO CASTRONOVO, MARCELLO DE CECCO e ANTONIO PEDONE. Il documento presentato contiene una critica severa dei funzionari e direttori IRI verso la Presidenza e in generale dei criteri con cui era diretto il Ministero delle Partecipazioni statali, rilevando la pericolosa povertà istituzionale delle scelte di lobby, di come queste determinassero l’indebolimento dell’intera industria nazionale, che veniva privata di una risorsa progettuale potenzialmente in grado di sostenere piani di riorganizzazione e di sviluppo. A seguito delle critiche, tredici dei sedici direttori IRI, rimisero nel 1977 le loro dimissioni, chiedendo una riforma organizzativa dell’istituto, riforma che di fatto venne attuata nello stesso anno e portò poi alle politiche dei “poli industriali”, dei “campioni nazionali”, alle politiche di “costo” – sostenute da Saraceno – comprendenti complesse “esternalità positive”. Il fallimento di tutto ciò è noto. Ma gli autori del documento, e i loro testimoni hanno concordato su un punto meno noto, la necessità di chiedersi con quanta esplicita consapevolezza da parte dei governi il documento dei funzionari non fu “ascoltato” nella sua richiesta di valorizzare l’IRI come centrale finanziaria. I funzionari avevano infatti criticato la scelta di non utilizzare i fondi di dotazione e conseguentemente di imporre alle imprese l’obbligo di ricorrere all’indebitamento presso il circuito bancario. BARATTA ha avanzato l’ipotesi che questa scelta sia stata intenzionale. Gli alti interessi pagati dall’impresa pubblica al sistema bancario nazionale negli anni Settanta e Ottanta sarebbero stati l’attuazione di un salvataggio “preventivo” delle banche gravate dalla politica di finanziamento del debito pubblico. Al Convegno ci si è chiesti se fosse valsa la pena di salvare le banche a danno dell’impresa pubblica e in generale della capacità imprenditoriale del Paese, rimandando le risposte ai prossimi incontri, le cui date sono in fase di definizione: Banche e imprese pubbliche fra occupazione ed epurazione (1943-1947), a cura di DANIELA FELISINI; Le Autostrade e Fedele Cova, a cura di ANDREA COLLI; L’IRI e le grandi reti, a cura di LEANDRA D’ANTONE. L’integrazione dell’Italia nel sistema occidentale: economia a società (1945-1957), Milano, 9-10 giugno 2005. Al termine di un programma di studi pluriennale, e quale esito di un progetto cofinanziato dal MIUR nel 2002 – che ha coinvolto l’Università Cattolica di Milano, l’Università degli Studi di Trento, l’Università degli Studi di Trieste e l’Università degli studi di Milano-Bicocca –, si è tenuto presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca un Convegno su L’integrazione dell’Italia nel sistema occidentale. ter t e SISE l news Durante le due intense giornate di studio si è assistito alla presentazione degli esiti di originali percorsi di ricerca nei quali sono stati messi a confronto, secondo differenti prospettive di analisi, gli aspetti salienti dell’integrazione internazionale, non solo economica, dell’Italia nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale. I lavori sono stati aperti da ALBERTO COVA che ha focalizzato l’attenzione sulle principali problematiche connesse al ruolo dell’Italia nel contesto internazionale, soffermandosi sulle questioni tuttora poco esplorate relative alla partecipazione italiana alla costruzione del sistema economico “occidentale”. La prima sezione, presieduta da LUCIANO SEGRETO e dedicata specificatamente alla Internazionalizzazione dell’economia italiana, ha visto gli interventi di CLAUDIO BESANA, su il Trattato di pace e gli interessi economici italiani nell’Europa, e di GIANPIERO FUMI, che si è occupato del Sistema italiano di welfare nella nuova dimensione internazione: dal BIT al Consiglio d’Europa. Di seguito ISABELLA DE RENZI e PASQUALE GALEA hanno offerto un approfondito esame dell’adesione italiana agli accordi di Bretton Woods, così come emerge nella ricca documentazione dell’Archivio centrale dello Stato e dell’Archivio storico della Banca d’Italia. Nel prosieguo della prima giornata ANDREA LEONARDI ha svolto un’accurata relazione sul Turismo e bilancia dei pagamenti nel secondo dopoguerra: le valutazioni dell’OECE, mentre ALDO CARERA si è soffermato sulla Integrazione internazione del mercato turistico italiano e ANDREA BONOLDI è intervenuto sugli Aspetti della ripresa economica nell’area alpina. A conclusione della prima sezione, LUCIANO SEGRETO ha coordinato l’ampia discussione suscitata dagli interventi fornendo nel contempo una suggestiva comparazione degli studi offerti rispetto allo stato della più recente storiografia. La seconda giornata è iniziata con una prima sezione presieduta da FRANCESCA FAURI e dedicata al Piano Marshall in Italia: alcuni casi di studio; per primi LUIGI TREZZI e VALERIO VARINI hanno presentato una relazione su L’amministrazione dell’ERP e la gestione dei finanziamenti alle industrie di Sesto San Giovanni, a cui è seguito un approfondimento relativo all’area di Trieste, presentato da GIULIO MELLINATO e PIERANGELO TONINELLI (Piano Marshall allo specchio: l’economia triestina tra Italia e Stati Uniti durante la TLT) e ANNA MARIA VINCI (Culture a confronto e prove di democrazie nel periodo del GMA a Trieste). Al termine della mattinata FRANCESCA FAURI, nel coordinare la discussione, ha offerto uno stimolante confronto con altre ricerche analoghe condotte in Italia. La terza e conclusiva sezione, Istituzioni e rappresentanze di interessi: l’integrazione italiana nell’economia occidentale, è stata coordinata da ANGELO MOIOLI e ha centrato dapprima l’attenzione sul ruolo degli imprenditori, con gli interventi di PIA TOSCANO su Confindustria e Bretton Woods: la voce dei principali protagonisti, di PAOLO TEDESCHI su Gli imprenditori lombardi e i finanziamenti internazionali: verso un nuovo sistema di imprese, e di quello, offerto in forma ter t e SISE l news cartacea, di Giovanni Gregorini su L’UCID e i problemi del lavoro. Infine PIETRO CAFARO, GIUSEPPE DE LUCA e DANIELA PARISI (quest’ultima attraverso una comunicazione scritta) hanno trattato il tema de La lira e l’integrazione monetaria internazionale negli anni della ricostruzione: la teoria, l’ambiente finanziario e il mondo politico, facendo emergere, all’interno della complessa dinamica della politica monetaria della ricostruzione, le posizioni dottrinarie e del mondo borsistico. VISTO? Atlante LUISS 2005. Quattro scenari per il futuro, Roma, LUISS University Press, 2005, pp. 341, 40,00. Il confronto che ha avuto luogo in quattro seminari-scenario tenutisi alla LUISS “Guido Carli” di Roma nel corso del 2004, fra esperti formatisi ed operanti in diversi ambiti culturali e sociali su temi di portata “globale”, ha condotto alla pubblicazione di un volume che si propone come momento di riflessione in un percorso in pieno svolgimento, utile a delineare una sorta di mappa delle criticità del mondo contemporaneo. Incisiva è l’introduzione di S. Maffettone, focalizzata sulla governanza (cioè sul controllo politico e culturale) della globalizzazione e sulle “due velocità” alle quali essa procede – elevata quella economica e tecnologica, più lenta quella relativa alla costituzione delle infrastrutture sociali di supporto – e sulla dottrina dell’“etica pubblica”, imperniata sul concetto di eguaglianza di considerazione e trattamento. Stimolante ed efficace appare il taglio offerto da D. Shayegan allo scenario dedicato a “Religione e ideologia”, all’interno del quale sviluppa la sua riflessione A 25 anni dalla rivoluzione iraniana. Direttore del Centre of Dialogue of Civilization di Teheran prima della rivoluzione e in seguito Direttore a Parigi dell’Institute of Ismaili Studies, Shayegan sottolinea le contraddizioni insite nella definizione di “repubblica islamica” e la complessità del concetto di “rivoluzione” nello Sciismo. Lo storico F. Perfetti ed il sociologo L. Pellicani completano il quadro delineato da Shayegan, sottolineando le conseguenze geopolitiche e socio-culturali originate dalla crisi dell’impero iraniano e dalla formazione di un governo ierocratico, senza precedenti nello scenario mondiale. Nel suo contributo sulla Crisi dello Stato e fine dei territori B. Badie, professore di scienze politiche presso l’Istituto di Studi Politici dell’Università di Parigi, direttore del Cycle Supérior de Relations Internationales e membro del Comitato esecutivo dell’International Political Science Association, sottolinea come la regressione delle strutture dello StatoNazione abbia contribuito in modo evidente al fenomeno di cedimento da parte del potere tradizionale. Il caso degli Stati 14 Uniti esemplifica il paradosso di un Paese il quale ha accumulato una quantità di risorse prima d’oggi inimmaginabile e che al tempo stesso appare impreparato a fronteggiare le sfide del mondo contemporaneo, con un potere dalla forte propensione coercitiva e tuttavia incapace di modellare il sistema politico-economico, nazionale o internazionale, a propria discrezione. Nello stesso scenario, G. Di Taranto propone un percorso Verso una globalizzazione sistemica. Partendo da un’analisi della globalizzazione dei mercati e della conoscenza, Di Taranto chiarisce, attraverso un riesame dei cicli economici e della new economy, il significato che la nascita dell’Unione Europea assume all’interno del nuovo sistema economico mondiale, ossia quello di una esemplificazione, l’unica esistente, di globalizzazione “complessa”. L’Unione Europea è l’espressione di quel processo di relativizzazione della sovranità degli Stati rispetto ad istanze che si collocano a livello transnazionale o si sviluppano in ambito locale. Si torna dunque al problema di governance della globalizzazione, in presenza di andamenti difformi della popolazione nelle diverse aree del mondo e di una tecnologia dotata di autopoiesi. Ciò può provocare processi che tramutano i difficili percorsi di catching up e di convergenza in una irreversibile polarizzazione degli stessi. “Ma anche questa”, conclude Di Taranto, “è globalizzazione”. Nello scenario dedicato a “Borghesia e classi dirigenti”, Th.W. Pogge interviene sul tema Povertà e diritti umani. Docente di filosofia alla Columbia University, Pogge fa parte del gruppo di ricerca costituitosi presso il Center for Applied Philosophy and Public Ethics della University of Canberra. Il suo saggio esamina in quali condizioni di povertà si possa parlare di violazione dei diritti umani. L’Autore, come giustamente sottolinea P. Savona, affronta questo tema con acuto spirito critico e con un approccio immune da influenze ideologiche o religiose. F. Fernandez-Armesto, professore di storia e geografia e Direttore del Programme in Global History alla Queen Mary University di Londra, si sofferma su I nuovi equilibri internazionali. Fernandez-Armesto esprime preoccupazione per l’egemonia raggiunta dalla superpotenza americana, un’egemonia priva di precedenti storici. L’Autore si interroga su cosa sia possibile fare oggi nell’attesa di una rinascita della sicurezza collettiva e di istituzioni di governance globale atte a gestire i problemi mondiali. Nello stesso scenario, dedicato ai “Mondi discontinui”, D. Antiseri parla di globalizzazione della “società aperta”: non è possibile, a suo parere, conoscere anticipatamente i risultati delle interrelazioni tra identità culturali differenti, ma è lecito affermare che la globalizzazione intensifica e favorisce tali interrelazioni. Infine, R. Panzarani, nella sua postfazione all’“Atlante”, dedicata al tema Globalizzazione e imprese, sottolinea come sia importante oggi assumere un atteggiamento di apertura alla globalità, ma secondo un approccio “glocale” che permetta di mantenere il baricentro sulla dimensione locale. 15 G. BRUNO, Risorse per lo sviluppo. L’industria elettrica meridionale dagli esordi alla nazionalizzazione, Napoli, Liguori, 2004, pp. 242, 14,50. Il libro, attraverso l’emblematica vicenda della Società Meridionale di Elettricità (SME), contribuisce alla riflessione sull’ormai più che secolare “questione meridionale”. Il tema è affrontato, in questo caso, con l’analisi storico-economica di una grande impresa meridionale. L’Autore, sulla base dei documenti disponibili nell’archivio dell’impresa (integrati da altre fonti primarie, quando necessario), analizza strategie gestionali e processi decisionali di sessant’anni attraverso le due figure principali del management: l’avvocato Maurizio Capuano, amministratore delegato dalla costituzione della società nel 1899 fino alla sua morte nel 1925 (e che dal 1911 ricopre anche la carica di vicepresidente), e l’ingegner Giuseppe Cenzato, che lo sostituisce nella carica di amministratore delegato, a partire dal 1928, fino al 1956. Se il primo rappresenta una sorta di felice sintesi fra i diversi gruppi di potere all’interno della società e, contemporaneamente, una sponda per approdare più facilmente alle politiche decisionali nazionali di settore – grazie al riconoscimento del quale godeva anche oltre i confini napoletani –, il secondo non è invece legato in modo particolare a nessuno dei gruppi di interesse coinvolti nella vicenda “elettrica” dei difficili anni Venti. La fase di successo della SME si arresta nel 1952 con la costituzione, da parte dell’IRI, della Società Finanziaria Elettrica Nazionale (Finelettrica), alla quale sono trasferite le partecipazioni che sia IRI che FINSIDER detenevano nella SME. Viene così reso operativo un progetto di modernizzazione nel settore elettrico gestito dall’IRI, che culmina nel 1962 con la nazionalizzazione di tutte le attività elettriche. In seguito alla nazionalizzazione la SME si trasforma in finanziaria a partecipazione statale che interviene prevalentemente nel Mezzogiorno, le cui vicende non vengono seguite dal volume. A. BULGARELLI LUKACS, Alla ricerca del contribuente. Fisco, catasto, gruppi di potere, ceti emergenti nel Regno di Napoli del XVIII secolo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2004, pp. 376, 28,50. Il volume, utilizzando fonti documentarie in parte inedite, affronta il tema del catasto onciario da una prospettiva pressoché sconosciuta alla storiografia meridionale, per altro ricca di saggi di natura economica, sociale e demografica volti a ricostruire l’identità socio-economica di singoli quadri territoriali. In questo caso, oggetto dell’indagine non sono i risultati delle rilevazioni catastali, ma le dinamiche stesse che sono all’origine della formazione del catasto. L’idea di fondo è che le decisioni governative in materia fiscale sono il prodotto di scelte di natura politica, poiché condizionate dalla pressione e dell’azione di classi economiche spesso guidate da interessi contrapposti. Partendo da questo presupposto, l’Autrice si chiede quali ragioni spinsero lo Stato a varare la riforma catastale e quale ter t e SISE l news fu il ruolo dei gruppi di potere napoletani. La risposta si snoda lungo cinque capitoli, dedicati al quadro istituzionale e finanziario di lungo periodo, alla maturazione di una consapevolezza sulla necessità di una riforma fiscale, alle figure sociali in grado di fare pressione sul governo, ai caratteri e alle finalità del catasto, alla verifica dei risultati raggiunti. Le conclusioni individuano nel catasto lo strumento del governo per assicurare alla collettività il gettito fiscale della “gente benestante” e del clero, che erano use ad evadere l’imposizione. La finalità non era peraltro quella di accrescere le entrate statali, poiché l’entità complessiva del prelievo era determinata dal numero dei “fuochi”, ma quella di risanare la finanza locale assicurando alle singole comunità il regolare pagamento dei “fiscali”, ad esse in effetti imputato. Ne discese, tra l’altro, una migliore e più equa ripartizione del carico fiscale, elemento per nulla estraneo alla dottrina economica e alla cultura politica dell’epoca. Quanto alle componenti sociali, queste avevano la piena consapevolezza della necessità di un catasto che allargasse la base imponibile dando maggiore certezza alle entrate, poiché due terzi dell’imposta sui fuochi erano utilizzati dal governo per garantire il pagamento degli interessi sul debito pubblico ed erano quindi in mano ad un eterogeneo gruppo sociale di creditori, tutti desiderosi di essere rassicurati sulle possibilità di rientro del proprio investimento. In questo scenario, la realizzazione del catasto carolino appare come il prodotto di un intervento governativo volto a tutelare gli interessi particolari delle élite più forti: i creditori dello Stato, concentrati nella capitale, godevano di appoggi politico-istituzionali; i “benestanti” erano invece dispersi nelle province ed erano del tutto privi di una organizzazione e di una rappresentatività collettiva. G. CONTI, T. FANFANI, S. LA FRANCESCA, A. POLSI (a cura di), Imprenditori e banchieri. Formazione e selezione dell’imprenditorialità in Italia dall’Unità ai nostri giorni, Atti del Convegno di Studi (Lucca, 31 gennaio 1 febbraio 2003), Napoli, Editoriale Scientifica, 2004, pp. 472, 35,00. Il volume è il risultato finale di una ricerca MIUR alla quale hanno partecipato le Università di Pisa (Facoltà di Economia e Scuola Normale Superiore) e Palermo (Facoltà di Economia). Essa ha preso le mosse dagli assunti teorici degli economisti sull’imprenditore, a partire da Schumpeter, per ricostruire il profilo di alcune personalità o la dinamica di esperienze di crescita economica, al fine di chiarire l’apporto dato alla storia del nostro Paese dall’Unità ai giorni da piccoli e grandi imprenditori. I saggi sono di G. Conti (Strategie di speculazione, di sopravvivenza e frodi bancarie prima della grande crisi), T. Fanfani (Il “sentiero” degli imprenditori in Italia. Alleanza Assicurazioni e Piaggio & C.: uomini e crescita dalle origini al secondo dopoguerra), S. La Francesca (L’impresa in Sicilia. 1861-1990), A. Polsi (Crisi, ristrutturazione e nuove ter t e SISE l news funzioni pubbliche. Le casse di risparmio italiane fra dirigismo e autonomia durante il fascismo), D. Manetti (Dagli orologi agli strumenti per la Marina Militare. Formazione e attività di Giuseppe Panerai, imprenditore fiorentino del Novecento), E. Camilleri (Produzione e trasformazione degli agrumi in Sicilia nella prima metà del Novecento: aspetti istituzionali e di mercato), F. Pirolo (Roberto De Sanna, il Duca Riccardo Carafa d’Andria, e l’industria automobilistica “De Luca” a Napoli all’inizio del ‘900), D. Felisini (Il sogno delle quattro ruote: imprenditorialità e progettualità nell’industria automobilistica italiana 19501965), A. Mantegazza (Contributo all’analisi dell’imprenditoria Pisana negli anni Cinquanta), E. Felice (Tra inventiva privata e finanziamenti pubblici: Ottorino Pomicio da ingegnere-imprenditore a manager IRI), C. Brambilla e G. Conti (Imprenditorialità bancaria e differenze nei sistemi finanziari. Congetture ed evidenze), M.G. Rienzo (Il dinamismo di un banchiere-imprenditore meridionale: Tommaso Astarita e la Banca Generale della Penisola sorrentina), A. Bianchi (Il modello imprenditoriale italiano nei servizi pubblici locali nel XX secolo: un’analisi storico-istituzionale). E. DAL BOSCO, La leggenda della globalizzazione. L’economia mondiale degli anni novanta del Novecento, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, pp. 128, 12,00. Forte della sua pluriennale esperienza di lavoro all’Ufficio Studi della Banca d’Italia, dove ha diretto il settore che si occupa di economia internazionale, l’Autore analizza l’economia mondiale negli anni Novanta del secolo scorso, con un approccio assai critico del cosiddetto Consenso di Washington. I quattro capitoli del volume (La globalizzazione alibi del neoliberismo; L’economia reale preda della finanza; Il lavoro ostaggio della precarietà; Lo Stato sociale sotto assedio) sono dedicati a quegli aspetti della vita economica e sociale, che maggiormente interessano l’ideologia neoliberista. Nel primo si sostiene che la globalizzazione non è un fenomeno nuovo, perché i dati del commercio internazionale e degli investimenti diretti all’estero risultano al livello del 1914; il secondo analizza l’enorme sviluppo delle attività finanziarie a livello nazionale e internazionale, con l’assoluta libertà di movimento dei capitali che non sottostanno ad alcun vincolo amministrativo, il che accresce notevolmente i rischi sistemici. Nel terzo capitolo, che riguarda il mercato del lavoro, si esaminano le diverse forme di flessibilità che stanno alla base dell’insicurezza del posto di lavoro, mentre nell’ultimo si osserva come l’aumento della disoccupazione e il contenimento dei salari abbiano messo in crisi le fondamenta del welfare state classico. In ultima analisi emerge come quello che i neoliberisti chiamano modernizzazione, altro non sia che il ritorno all’Ottocento, se non addirittura ad un nuovo feudalesimo. 16 G. FAVERO, Benetton. I colori del successo, Milano, EGEA, 2005, pp. 243, 18,00. La Benetton da piccola azienda produttrice di maglioni è divenuta nel corso degli ultimi quarant’anni un gruppo multinazionale dell’abbigliamento e un modello per gli studiosi dell’impresa a rete. Si tratta di un caso particolarmente interessante per gli storici, dato il successo internazionale ottenuto negli anni ’80 e le più recenti difficoltà di mercato incontrate nel settore dell’abbigliamento, che hanno spinto la famiglia a spostare gli investimenti verso altri settori, dalle infrastrutture ai servizi, in grado di garantire rendite sicure. I mutamenti nel contesto competitivo, le relazioni tra gli imprenditori e la rete di aziende affiliate, le dinamiche dell’innovazione sono al centro della dettagliata ricostruzione di questa vicenda imprenditoriale proposta nella monografia di Favero recentemente edita dalla casa editrice EGEA dell’Università Bocconi all’interno della collana “Monogrammi” (diretta da F. Amatori, G. Berta e A. Colli), che propone contributi agili, ma rigorosi, alla conoscenza di imprese e imprenditori italiani. Il libro mette in luce il percorso a volte tortuoso e pieno di difficoltà attraverso il quale la Benetton ha elaborato strategie in grado di garantire il successo e la crescita dell’impresa fino ai tempi più recenti. Ne emerge una visione a tutto tondo delle peculiarità che caratterizzano l’organizzazione d’impresa in un sistema che comprende la famiglia, i manager, i subfornitori, gli agenti e i dettaglianti indipendenti, un sistema la cui flessibilità si accompagna a forme di dipendenza esclusiva di alcuni tra i soggetti esterni, ma anche alla loro capacità di opporre resistenza all’innovazione quando questa ne minacci in maniera radicale l’autonomia. Dalla dialettica tra queste due spinte deriva quella che può essere definita con un ossimoro la “rigidità della formula flessibile” adottata dalla Benetton e da altre imprese, che consente di scaricare all’esterno costi e rischi garantendo la continuità dei profitti, ma che nel contesto turbolento degli anni ’90 ha ostacolato la capacità di rispondere rapidamente ai mutamenti del mercato. Sotto i colori sfavillanti del successo emergono così anche toni più scuri, che danno profondità al resoconto e sono indispensabili per una lettura in prospettiva di quella che resta una delle più interessanti vicende imprenditoriali dell’Italia degli ultimi cinquant’anni. E. FELICE, Cassa per il Mezzogiorno. Il caso dell’Abruzzo, Collana di Studi Abruzzesi, n.s., n. 45, L’Aquila, Cerbone, 2003, pp. 260. Nella casistica dei percorsi di sviluppo a livello europeo, l’Italia ha sempre presentato uno squilibrio tra Nord e Sud che ha stimolato accesi dibattiti e numerose analisi. Gli studiosi ormai non parlano più di modello meridionale uniforme, ma di molteplici Mezzogiorni, con realtà economico-sociali differenziate, che vanno da un sostanziale immobilismo ad un vero e proprio “decollo” in settori produttivi diversi. Proprio l’Abruzzo è da considerarsi come il caso 17 meridionale più dinamico e sorprendente della seconda metà del Novecento. Il lavoro di Felice si pone come obiettivo quello di spiegare i motivi del successo abruzzese e l’eventuale contributo, in tal senso, dell’intervento della Cassa per il Mezzogiorno (CASMEZ), la quale, nelle altre regioni meridionali, si può dire che abbia sostanzialmente fallito, o quantomeno deluso di molto le aspettative. L’Autore offre un’accurata descrizione delle unità direzionali e delle strutture operative della CASMEZ – fino al decreto presidenziale del 6 agosto 1984, che ne sanciva la soppressione e definitiva liquidazione –, soffermandosi poi sulla nascita della successiva Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno (1986), dopo la quale si giunge – negli anni Novanta – all’intervento “ordinario” per le aree cosiddette depresse in tutto il territorio nazionale. Felice fornisce un quadro sistematico dell’evoluzione della regione abruzzese lungo tutto il secondo dopoguerra: da regione appartenente al “profondo sud” ad area protagonista di una performance “straordinaria”. Lo studio prende in esame i singoli settori produttivi e in particolare vengono esaminati gli interventi in agricoltura, nelle infrastrutture viarie ed in quelle civili (acquedotti, ospedali, scuole, fognature). Ampio rilievo è dato dall’Autore alla politica di sviluppo dell’industria, che è stata la vera protagonista del successo abruzzese, con particolare attenzione dedicata ai nuclei di industrializzazione delle singole micro-aree regionali: la Val Pescara, Teramo, Avezzano, il Vastese, il Sangro Aventino, L’Aquila, Sulmona. L’industria, diversamente dal resto del meridione, è stata valorizzata nelle sue caratteristiche tradizionali – industria leggera e labour intensive – ed è rimasta estranea ai modelli che vedono prevalere la grande industria capital intensive. Secondo Felice, l’Abruzzo sfugge a qualsiasi tentativo di essere inquadrato in uno dei consueti modelli interpretativi applicati allo sviluppo economico italiano e sottolinea come la positiva e peculiare esperienza abruzzese, con tutte le sue specificità, sia fortemente debitrice dell’intervento della Cassa medesima, la quale ha potuto agire come “volano per lo sviluppo”, con un ruolo “forse determinante”. S. MAGGI (a cura di), Cittadella della scienza. L’Istituto Sclavo a Siena nei cento anni della sua storia (1904-2004), Milano, Angeli, 2004, pp. 232, 24,00. Promosso dall’Archivio del Movimento Operaio e Contadino in provincia di Siena (AMOC), il volume ricostruisce la storia dell’Istituto Sieroterapico e Vaccinogeno Toscano (ISVT) “Sclavo”, sorto nel 1904 a Siena su iniziativa di un igienista attento come Achille Sclavo, allo scopo di fabbricare il siero contro il carbonchio, da lui stesso messo a punto. La sua attività di docente universitario, ricercatore e, per certi versi, anche educatore, si inserisce nel fermento culturale e nel dibattito scientifico fra Otto e Novecento. Il lavoro non è quindi la semplice storia di un’impresa, delle sue vicende e della sua espansione. Rimasta a lungo azienda ter t e SISE l news familiare, negli anni Sessanta, si trasforma in società per azioni. L’inizio della produzione del vaccino Sabin contro la poliomielite la portò a competere a livello internazionale e ad estendersi anche negli Stati Uniti. Dopo una serie di cambi di proprietà e fusioni, l’azienda senese finì nell’orbita della chimica pubblica controllata dall’ENI, e conobbe, a partire dagli anni Ottanta, una grave crisi societaria, fino all’acquisizione, nel 1991, del ramo vaccini della Sclavo da parte della Chiron Vaccines, e oggi all’utilizzo delle biotecnologie e ad un costante impegno in importanti progetti di ingegneria genetica. Nel volume la storia industriale e imprenditoriale si intreccia con la storia sociale, con quella della medicina, e i rapporti fra università, produzione e ricerca si rivelano determinanti nella vita dell’azienda, così come il rapporto con il territorio e con le istituzioni di una città che all’inizio del XIX secolo era dominata dall’aristocrazia fondiaria e successivamente da piccole imprese quasi tutte operanti in settori tradizionali. Il volume è costituito da una serie di saggi di diverso taglio e lunghezza, suddivisi in due parti. La prima (Per una storia della fabbrica e del lavoro) raccoglie i contributi di F. Vannozzi (Achille Sclavo e la società del suo tempo; I prodotti dell’Istituto), S. Battente (Fondazione e sviluppo dell’Istituto sieroterapico e vaccinogeno toscano; Politiche industriali nel secondo dopoguerra) e S. Maggi (Lavoro e sindacato). La seconda è dedicata a La memoria nei suoni e nelle immagini, dove P. Scarnati si occupa di Aspetti audiovisivi di una ricerca storica, M. Bertozzi de La Sclavo al cinema e V. Roghi di Materiali audiovisivi per la storia della Sclavo. L’Appendice contiene, infine, Testimonianze e Documenti. G.A. MAJONE, La globalizzazione dei mercati: storia, teoria, istituzioni, Milano, Angeli, 2004, pp. 141, 13,00. L’Autore muove dalla necessità di caratterizzare il discorso sulla globalizzazione come “un repertorio di temi”. Se, in generale, “la diffusione di ‘qualcosa’ fuori dalla sua cultura d’origine, fino ad abbracciare ogni continente”, non sarebbe in sé negativa, la teoria economica viene accusata di essere riduzionistica e meccanicistica e di escludere le interazioni di ampia portata, cioè la dimensione socio-ambientale, mentre la complessità reale, all’opposto, sembra sintetizzarsi nelle proteste contro la globalizzazione, giudicata funzionale agli interessi forti. Alla luce della storia delle idee, da un lato, e dall’altro degli attuali movimenti di opinione, Majone analizza le argomentazioni dell’ortodossia economia, ma riconosce al contempo l’importanza degli aspetti politici e culturali. Il volume affronta i seguenti punti: Analisi economica del discorso “anti-globalizzazione”; La globalizzazione dei mercati, un secolo fa; Le regole dello scambio; Le istituzioni dell’economia mondiale; La globalizzazione del rischio; Integrazione dei mercati e democrazia, oltre alla Postfazione. Per governare la globalizzazione servono istituzioni globali di A. La Spina. ter t e SISE l news J. MOKYR, I doni di Atena. Le origini storiche dell’economia della conoscenza, Bologna, il Mulino, 2004, pp. 484, 32,00. Il principale fattore che ha permesso al capitalismo occidentale di diventare la più poderosa macchina di sviluppo economico, politico e sociale della storia è stata la crescita della conoscenza scientifica e tecnologica. Entrambe per Mokyr sono indispensabili: quella sul “cosa” – la conoscenza di proposizioni sui fenomeni naturali e sulle sue regolarità – e quella sul “come”, vale a dire le tecniche. Le due forme non sono separate l’una dall’altra e una società che voglia realmente crescere deve mettere in atto un processo di interscambio fra esse, saper cogliere le opportunità dell’economia della conoscenza e disporre sia di un sistema di ricerca diffuso, sia di frequenti contatti tra il mondo scientifico e accademico e il mondo della produzione. Lo conferma la rivoluzione industriale, che fu in grado di affermarsi e consolidarsi grazie alla diffusione delle scoperte scientifiche, alla divulgazione dei saperi mediante enciclopedie, periodici, accademie, alla formazione professionale, all’attività di artigiani intelligenti. Il progresso scientifico e tecnologico non è, però, né lineare né scontato e la capacità di codificare e trasmettere la conoscenza, come di tradurla in applicazioni pratiche dipende dalla presenza di istituzioni favorevoli. Secondo Mokyr, infatti, per un’efficace politica per l’innovazione, non basta aumentare le spese di ricerca e sviluppo, ma occorrono un sistema politico e un assetto istituzionale che contribuiscano a diffondere le conoscenze, a favorire l’interazione fra scienza e tecnologia e a contrastare la resistenza che le lobby minacciate dall’avanzata delle nuove tecniche hanno sempre fatto. F. ONIDA, Se il piccolo non cresce. Piccole e medie imprese italiane in affanno, Bologna, il Mulino, 2004, pp. 236, 15,00. Con la crisi della grande impresa pubblica e privata a partire dagli anni Settanta e l’affermarsi dei distretti industriali nelle regioni del Nord e del Centro Italia, cui è connesso il successo del cosiddetto “made in Italy”, l’attenzione degli studiosi si è spostata sulle piccole e medie imprese quale elemento peculiare e di successo del modello italiano. In seguito, dal dibattito sono emerse anche posizioni che hanno sottolineato come la ridotta dimensione delle imprese costituisca uno dei problemi dell’ industria italiana, rappresentati dalla scarsità della ricerca, dal basso tasso di innovazione e dal limitato impiego di capitale umano qualificato. Da tutto questo prende le mosse l’Autore, con l’obiettivo di individuare le cause strutturali e culturali del fenomeno e di proporre eventuali correttivi. Riflettere sulla natura del “nanismo” significa anche inquadrare i vari aspetti del capitalismo italiano, delle istituzioni e della società, e interrogarsi sulle ragioni della perdita di slancio della nostra economia, dato l’evidente nesso fra la scala ridotta delle aziende e la modesta crescita del sistema economico. 18 Compongono il volume i capitoli: Crescita dimensionale delle imprese e competitività: fattori di rallentamento; Piccolo non è sempre bello; L’Italia nella competizione internazionale: un declino?; Quale futuro per i distretti?; Impresa familiare e finanziamento della crescita; Innovatori con poca ricerca: perché?; Contesto istituzionale e disincentivi “ambientali” alla crescita delle imprese; Prospettive. A questi si unisce l’Appendice, con storie di alcuni gruppi italiani di medie dimensioni che sono diventate imprese multinazionali di successo, quali, ad esempio, Bracco e De Longhi. L. SAVELLI, L’industria in montagna. Uomini e donne al lavoro negli stabilimenti della Società Metallurgica Italiana, Firenze, Olschki, 2004, pp. 483, 32,00. Il volume non è una storia d’impresa, ma la storia della manodopera di un’impresa, la Società Metallurgica Italia, gruppo industriale dedito alla lavorazione del rame, delle sue leghe e di munizioni per pistole, fucili, moschetti e artiglieria leggera per l’esercito e la marina italiani. Pensata all’inizio come ricerca volta ad esaminare soprattutto la forza lavoro femminile, assai rilevante, l’Autrice ha voluto poi occuparsi anche di quella maschile, ponendo l’attenzione soprattutto sulle relazioni fra i due sessi all’interno dei tre impianti industriali a Limestre, Mammiano e Campo Tizzoro nell’Appennino pistoiese tra gli inizi del XX secolo e la seconda guerra mondiale. Il volume utilizza come fonte principale i registri del personale, la stampa locale e la documentazione degli organismi statali preposti al controllo della manodopera degli stabilimenti dichiarati “ausiliari” durante i due conflitti mondiali, ma grande spazio è dato alle testimonianze orali degli ex dipendenti e familiari di dipendenti, testimonianze preziose per ricostruire le origini familiari, le storie di vita e di lavoro, i rapporti fra uomini e donne dentro e fuori la fabbrica, ma anche per fornire ulteriori elementi allo studio delle gerarchie professionali e della conflittualità. O. V ENTRONE , Globalizzazione. Breve storia di un’ideologia, Milano, Angeli, 2004, pp. 160, 14,00. La parola “globalizzazione” ormai largamente impiegata, comparve per la prima volta nel 1962 in un articolo sullo “Spectator” dal titolo The US Eyes Greater Europe, dedicato all’esame dell’opportunità, nel quadro degli equilibri economici e politici mondiali, dell’adesione al MEC da parte della Gran Bretagna. Il termine globalization equivale al francese mondialisation, già in uso da almeno un decennio, ma entrambi vennero utilizzati sporadicamente fino all’inizio degli anni Ottanta. Allora gli studiosi di marketing e business administration lo utilizzavano intendendo il passaggio, nella produzione e distribuzione delle merci, dalla società multinazionale a quella globale che, a differenza delle prima, tendeva a vendere ovunque i medesimi prodotti standard. Dalla considerazione del mondo della produzione e della promozione di beni come un’unica entità, si sviluppò poi una 19 ter t e SISE l news letteratura che assumeva la globalizzazione a simbolo di progressiva formazione di una cultura globale, o almeno di un insieme di stili di vita e di consumo globalmente condivisi, alimentato dal rapido e incessante sviluppo delle comunicazioni, con la conseguenza che il trasferimento di uomini, merci e informazioni avviene ad una velocità senza precedenti. Il vocabolo, confinato fino ad un decennio fa nell’ambito delle scienze sociali, divenne in seguito il vessillo dell’establishment neoliberista, in particolare quello americano. Per questo l’Autore considera la globalizzazione la bandiera ideologica di un progetto di analisi e gestione del pianeta, improntato alla nuova ortodossia economica di stampo conservatore che ha soppiantato il consenso keynesiano del secondo dopoguerra. EVENTI International Economic History Association, XIV International Economic History Congress, Helsinki, 21-25 agosto 2006. Si terrà in Finlandia il prossimo Congresso della International Economic History Association, l’associazione internazionale fondata quarant’anni fa da un gruppo di studiosi europei, tra cui il nostro Aldo De Maddalena e costituita ormai da trentatré associazioni nazionali di storia economica (segnaliamo i siti della IEHA, www.neha.nl/ieha, del Congresso di Helsinki, www.helsinki.fi/iehc2006, e di Economic History Services, una rete particolarmente ricca di notizie sulla nostra disciplina, www.eh.net). I congressi quadriennali IEHA sono ben conosciuti dalla SISE, che ha sempre assicurato a questi eventi una nutrita partecipazione di studiosi. Anche l’anno prossimo, tra organizzatori di sessione e autori di papers, la presenza italiana ad Helsinki sarà particolarmente numerosa, con la presentazione di temi di notevole rilievo. Tra i tanti, che per mancanza di spazio non possono essere menzionati adeguatamente, ricordiamo la sessione presentata dal CIRSFI – il seminario permanente sulla storia della finanza italiana – sulla formazione dei mercati finanziari europei nel lungo periodo, in collaborazione con studiosi francesi, tedeschi e spagnoli e che sarà preceduta da un pre-congresso nel maggio del prossimo anno. Non è facile tracciare una panoramica esauriente dei principali temi che saranno affrontati ad Helsinki. A tutt’oggi sono state selezionate centoventitré sessioni, che in parte sono state pubblicate nella prima edizione del programma ufficiale già distribuito e che in parte figurano per ora solo sul sito, dove è possibile una valutazione completa delle sessioni approvate. In termini cronologici, la rigida suddivisione nei tradizionali periodi storici, che caratterizzava i congressi IEHA fino ad una decina di anni or sono, appare del tutto superata. Nel prossimo incontro, una sessione è dedicata all’antichità, cinque al medioevo, una decina rientrano nell’ambito dei secoli XVI-XVIII: ma la quasi totalità delle sessioni proposte si divide ormai in modo equilibrato tra XIX-XX secolo ed un arco più ampio di lungo periodo, che copre l’età moderna e contemporanea. Il Congresso del 2006 si presenta dunque con un respiro particolarmente ampio, che si manifesta con una eterogeneità di prospettive di volta in volta sempre più marcata, che valica – o allarga – i confini tradizionali della nostra disciplina. Accanto ai temi classici di storia economica troviamo così argomenti che spaziano dalla storia urbana alla cultura materiale, alla demografia storica, all’economia sostenuta dall’informatica, alle produzioni di lusso e ai mercati d’arte (con una presenza italiana anche in questo caso particolarmente qualificata): o che si riferiscono più genericamente alla storia dello sviluppo economico per ambiti geografici intercontinentali tra America, Australia e Asia. Si veda ad esempio la sessione coordinata dall’attuale Presidente IEHA, Richard Sutch, che propone una ricerca sulle economie dei primi insediamenti coloniali su scala mondiale, con una tornata di lavori in programma al XX Congresso Internazionale di Scienze Storiche (Sidney, 3-9 luglio 2005), destinata ad approdare successivamente ad Helsinki. L’appuntamento del prossimo anno si presenta dunque di grande interesse, anche se la quantità dei temi trattati, che si scontra con tempi necessariamente contingentati, può lasciare disorientati. Tutto sta ad utilizzare con accortezza il programma giornaliero dei lavori, selezionando la partecipazione ad un numero limitato di sessioni, evitando se possibile di cadere nello zapping congressuale. Queste le sessioni del XIV Congresso Internazionale dell’IEHA in cui è al momento prevista la presenza di studiosi italiani: sessione 9, Food quality: practices and rules (XIIthXXth centuries), partecipazione prevista di I. Naso (Università di Torino), A. Stanziani (C NRS ); sessione 17, The European enterprise. Has European integration created a specific firm appart from national and global enterprise?, partecipazione prevista di F. Amatori (Università Bocconi); sessione 24, Gamblers, gambling entrepreneurs and state bureaucrats. The gambling industry in historical perspective, partecipazione prevista di P. Macry (Università degli Studi di Napoli Federico II), G. Imbucci (Università di Salerno); sessione 25, Luxury production, consumption and the art market in early modern Europe, partecipazione prevista di C.M. Belfanti (Università di Brescia), F. Giusberti (Università di Bologna), G. Rebecchini (Università di Siena), R. Comanducci (Università di Firenze e di Syracuse), V. Pinchera, (Università di Pisa), E. Stumpo (Università di Siena), M.A. Romani (Università Bocconi), G. Guerzoni (Università Bocconi), R. Ago (Università di Roma); sessione 28, The territorial dynamics of industrialization, partecipazione prevista di G.L. Fontana (Università di Padova); sessione 29, Migrations and enterprise culture: exchanges and ter t e SISE l news differences in the world (XVth-XXth century), partecipazione prevista di G.L. Fontana (Università di Padova), L. Molà (Università di Venezia), C. Poni (Università di Bologna); sessione 33, Foreign investments in urban public utilities: an international and comparative perspective in the long run, partecipazione prevista di A. Giuntini (Università di Modena); sessione 35, Making markets through the law: legal claim and economic possibility, partecipazione prevista di R. Ago (Università di Roma); sessione 40, Innovation and networks in entrepreneurship, partecipazione prevista di A. Colli, (Università Bocconi); sessione 47, Risks at work in Europe: perception, repair and prevention (18 th-20 th centuries), partecipazione prevista di G.L. Fontana (Università di Padova); sessione 49, Energy and growth in the longrun, partecipazione prevista di P. Malanima (ISSM-CNR di Napoli), S. Bartoletto (ISSM-CNR di Napoli); sessione 58, Making global and local connections: historical perspectives on port economics, partecipazione prevista di M. Sirago (Università di Napoli); sessione 60, Agriculture and economic development in Europe since 1870, partecipazione prevista di G. Federico (Istituto Universitario Europeo, Firenze); sessione 63, International monetary and financial cooperation in the 20th century. markets, policies and institutions, partecipazione prevista di G. Toniolo (Università di Roma Tor Vergata); sessione 66, A bank for poor. The credit upon pledge and “monti di pietà” (XVth-XXIth centuries), partecipazione prevista di P. Avallone (CNR), M.G. Muzzarelli (Università di Bologna); sessione 72, Cooperative enterprises and cooperative networks: successes and failures, partecipazione prevista di P. Battilani (Università di Bologna), A. Leonardi (Università di Trento); sessione 83, Women’s financial decisions: their wealth, their choices, their activity 1700-1930, partecipazione prevista di S. Licini (Università degli Studi di Bergamo); sessione 92, The informatic monitoring of the regular clergy’s economic presence in the early modern Europe and American continent, partecipazione prevista di M. Pegrari (Università di Verona), G. Rocca (Dizionario degli Istituti di Perfezione); sessione 93, US firms in Europe (from the 1890s to the 21st century): strategy, identity, performance, reception, adaptability, partecipazione prevista di E. Scarpellini (Università degli Studi di Milano); sessione 101, Economic relations, the Cold War and neutrality: Central and Southeast Europe, partecipazione prevista di L. Segreto (Università degli Studi di Firenze); sessione 102, European banks in Latin America During the first age of globalization, 1870-1914, partecipazione prevista di G. Tattara (Università di Venezia); sessione 103, New experiences with historical national accounts: methodologies and analysis, partecipazione prevista di S. Fenoaltea (Università di Roma); sessione 107, Postal networks in Europe and North America since 1600, partecipazione prevista di A. Giuntini (Università di Modena e Reggio Emilia); sessione 110, Tools of trade. The organization of international commerce in late medieval European cities, partecipazione prevista di F. Guidi Bruscoli (Università di Fi- 20 renze); sessione 111, Countering containment: East-West economic relations and partnerships under the Cold War, partecipazione prevista di L. Segreto (Università di Firenze), S. Nocentini (Università di Firenze), E. Dundovich (Università di Firenze), F. Argentieri, (Università di Roma); sessione 112, Government debts and financial markets in Europe, 16th-20th centuries, partecipazione prevista di G. Conti (Università di Pisa), G. De Luca (Università di Milano), L. Pezzolo (Università di Venezia), Fausto Piola Caselli (Università di Cassino), Gaetano Sabatini (Università de L’Aquila); sessione 116, A global history of income distribution in the long XXth century, partecipazione prevista di P. Malanima (ISSM-CNR di Napoli); sessione 119, Transforming public enterprises: networks, integration and transnationalisation, partecipazione prevista di P.A. Toninelli (Università di Milano Bicocca), M. Vasta (Università di Siena); sessione 120, Industrial companies and the built environment in the high-industrial period, partecipazione prevista di G. Zucconi, (Università di Venezia). Per maggiori informazioni: http://www.helsinki.fi/iehc2006. ∗ ∗ ∗ Le candidature per il Comitato Esecutivo della IEHA. Il Comitato Esecutivo della IEHA ha discusso le candidature per la nomina dei propri membri per l’anno 2006. Le candidature, su indicazione delle associazioni aderenti, sono state valutate da un apposito comitato, composto da Richard Sutch (presidente), Chris Lloyd (tesoriere), Sevket Pamuk, e un membro esterno (Kristine Bruland, Oslo). In base al nuovo statuto, l’attuale Vice-presidente Riitta Hjerppe diventerà Presidente al Congresso del 2006. L’attuale Tesoriere ricoprirà la stessa carica per un altro mandato. Dopo due mandati, Jan Luiten van Zanden lascia la carica di Segretario Generale; Jörg Baten è stato proposto come successore da numerose associazioni, candidatura che è stata pienamente approvata dal comitato per le nomine e dal Comitato Esecutivo. Per la nomina degli altri membri del Comitato Esecutivo sono state approvate le seguenti candidature: – per un secondo mandato: Naomi Lamoreaux (UCLA, Stati Uniti), Om Prakash (Delhi School of Economics, India), Gianni Toniolo (Università di Roma “Tor Vergata”, Italia, e Duke University, Stati Uniti), Rolf Walter (Università Friedrich Schiller di Jena, Germania), Carlos Marichal (Collegio de Mexico) e Forrest Capie (City University di Londra, Gran Bretagna); – per un primo mandato: Beverly Lemire (Università di Alberta, Canada), Philippe Minard (Università di Lille 3 Charles de Gaulle, Francia), Yuri Petrov (Accademia Russa delle Scienze di Mosca, Russia), Leandro Prados de la Escosura (Universidad Carlos III di Madrid, Spagna), Kaoru Sugihara (Università di Osaka, Giappone), Grietjie Verhoef (Randse Afrikaanse Universiteit, Sudafrica), Luis Bértola (Universidad de la República Oriental dell’Uruguay), Bozhong Li (Università di Tsinghua, Pechino, Cina). 21 Le candidature approvate dal Comitato Esecutivo rispondono alla scelta di allargare la provenienza geografica dei membri del Comitato, in particolare sostenendo i candidati dalla Cina e dal Sudafrica. Association for the History of the Northern Seas, Convegno di Studi: Navigating the Northern Seas, Middleburgh-Flushing (Paesi Bassi), 18-20 agosto 2005. Tradizionalmente, la storia marittima ha dedicato ampio spazio agli studi sulla teoria della navigazione rispetto alla sua pratica; ciò è comprensibile, se si tiene presente la natura della documentazione esistente, fatta principalmente di mappe, carte e libri di viaggio, ma non si può dimenticare che in molti casi la navigazione ha fatto affidamento sull’esperienza pratica più che sulla conoscenza teorica. Navigating the Northern Seas, la Conferenza organizzata dalla Association for the History of the Northern Seas in collaborazione con lo Zeeland Archive di Middleburgh e con lo Zeeland Maritime Museum di Flushing, intende superare questa divisione, riunendo esperti in storia della navigazione, in cartografia e in altri studi marittimi intorno ai seguenti temi: Map making and map use; Nautical exploration and voyages of discovery; Navigation techniques; Nautical education and its influence on shipping and navigation; Navigational practices before the advent of formal education; Sources of knowledge about navigational practice. Per maggiori informazioni: http:// www.lowcountries.nl/cfp_2005-1.pdf. Per contatti: Jan Parmentier, e-mail: [email protected]. European Business History Conference: Corporate images - Images of corporation, Francoforte sul Meno, 1-3 settembre 2005. Le pubbliche relazioni, il marketing, la pubblicità, la cultura corporativa, i processi comunicativi interni alle compagnie, sono le principali tematiche che la Conferenza dell’EBHA intende evidenziare. I lavori si svolgeranno in quello che fu il primo edificio amministrativo della IGFarbenindustrie, disegnato da Hans Poelzig nel 1929 e ora sede universitaria. Per maggiori informazioni: http:// www.unternehmensgeschichte.de/ebha2005. Per contatti: Christian Kleinschmidt, e-mail: [email protected]. Simposio Internacional: El azúcar: cinco siglos de historia, L’Avana, 7-9 settembre 2005. Cinquecento anni fa si dava avvio alla produzione zuccheriera in America. Per commemorare l’evento, l’Instituto de Historia de Cuba e il Ministerio dell’Azúcar de la República de Cuba – con il patrocinio della Unión de Historiadores de Cuba, della Asociación de Técnicos Azucareros de Cuba, della Sección de Historia de la Unión de Escritores y Artistas de Cuba e di altre istituzioni – , hanno dato vita ad una iniziativa congressuale che intende riunire gli specialisti di storia dello zucchero delle due sponde atlantiche. Questi i temi trat- ter t e SISE l news tati: Azúcar, plantación y esclavitud; La industria azucarera: producción, tecnología, financiamiento, cultivos, impacto ambiental; Los hombres del azúcar: técnicos, trabajadores, empresarios; Comercio, mercados y consumo; Las políticas azucareras: mecanismos arancelarios, subvenciones, regulación y nacionalización; El patrimonio azucarero y la cultura que genero el azúcar. Per maggiori informazioni: http://www.ihc.cu/ conv/conv2.htm. Per contatti: Mercedes García e Oscar Zanetti Lecuona, e-mail: [email protected]. CHORD Conference 2005: Commercial histories: perspectives on retailing and distribution history, University of Wolverhampton (Regno Unito), 14-15 settembre 2005. La History and Governance Research Institute (HAGRI) organizza, nei giorni 14 e 15 settembre, la Conferenza annuale del Centre for the History of Retailing and Distribution (C HORD ) che ha per oggetto Commercial histories: perspectives on retailing and distribution history. Le sessioni, tematiche, hanno il seguente oggetto: International and global trade; Towns and trades; Commerce, families and kin; Shopping cultures; Retail spaces and designs; Buying and selling fashion; Consumption, politics and citizenship; Commodities and the links of distribution; Manufacturers and retailers; Retail development: crossregional perspectives; Commerce: comparative perspectives; Beyond the “commercial”?. Il programma dettagliato dei lavori, con l’abstract dei contributi presentati, è disponibile all’indirizzo: http://home.wlv.ac.uk/%7Ein6086/chconf.htm. Per contatti: Laura Ugolini, e-mail: [email protected]. 65th Annual Meeting of the Economic History Association: War and economic growth: causes, costs and consequences, Toronto, 16-18 settembre 2005. Temi dominanti del 65 o Convegno annuale della Economic History Association che si svolgerà in settembre a Toronto sono: the role of economics factors in causing (or preventing) wars; the immediate and long-term costs of warfare on economic growth and welfare of societies; the benefits of warfare (technological change, factor reallocation or institutional innovation; the economic legacies of wars, including pensions, indemnities, taxes and debt. Per maggiori informazioni e iscrizioni: http://www.ehameeting.com. Per contatti: Carolyn Tuttle, e-mail: [email protected]. Convegno di Studi: Politiche e servizi sociali nella storia dell’Italia repubblicana: imprese, associazioni dei lavoratori, città (1945-1968), Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 23 settembre 2005. Il Convegno è organizzato dall’Archivio per la Storia del Movimento Sociale Cattolico in Italia e dall’Istituto di Storia Economica e Sociale “M. Romani”, in collaborazione con il Servizio Nazionale della CEI per il Progetto Culturale. Esso ha per tema la creazione e la gestione dei servizi ter t e SISE l news sociali all’interno delle imprese e nelle comunità locali, con particolare attenzione alla realtà italiana e lombarda del secondo dopoguerra. All’uscita del conflitto il Paese presentava situazioni di bisogno senza precedenti, portando le diverse culture delle forze imprenditoriali, sociali e politiche a confrontarsi sul piano della continuazione di servizi locali e d’impresa a favore dei lavoratori e dei cittadini, al di là delle iniziative centrali di assistenza. La nuova realtà impose di misurarsi con le tradizionali politiche di erogazione di servizi da parte delle grandi imprese e dei maggiori comuni, tramite una serie composita di iniziative maturate anche al di fuori degli obblighi derivanti dalle norme contrattuali e dalle prescrizioni legislative. La successiva evoluzione dei servizi alla persona su una scala locale e aziendale è parte dell’evoluzione del sistema di welfare, come esito anche dello spostamento dei confini tra le diverse responsabilità sociali. Il Convegno sarà aperto da A. Cova e si articolerà in due sessioni di lavoro: nella prima, presieduta da A. Di Vittorio, presenteranno relazioni G.L. Fontana (Università di Padova), G.L. Trezzi (Università di Milano Bicocca), V. Fillieux (Université Catholique de Louvain), N. Martinelli (Università Cattolica di Milano), G. Maifreda (Università Cattolica), V. Pollastro (Università Cattolica). Nella seconda sessione, presieduta da G. Bianchi, interverranno R. Quartero (Università Cattolica), M. Romano (Università Cattolica), V. Saba (Fondazione Giulio Pastore, Roma), A. Robbiati (Università Cattolica), S. Agnoletto (Università Cattolica), M. Bascapè e G. Sassi (Archivio Luoghi Pii Elemosinieri - ASP Golgi-Redaelli, Milano). Per maggiori informazioni e contatti: Eleonora Donzelli, email: [email protected]. XXV Encontro da Associação de História Económica e Social: Portugal, a Europa e o Mediterrâneo: economias e sociedades históricas, Universidade de Évora (Portogallo), 18-19 novembre 2005. Il programma del Convegno, costruito sulla base delle proposte di parteciazione presentate, è attualmente in fase di definizione, ma sarà presto disponibile in rete, all’indirizzo http://www.eventos.uevora.pt/xxvaphes/index.html. CALL FOR PAPERS International Economic History Association, XIV International Economic History Congress, Helsinki, 21-25 agosto 2006. Le sessioni del Congresso di Helsinki per le quali è ancora possibile inviare l’abstract di un proprio intervento ai fini della partecipazione sono le seguenti: sessione 4 (Le crédit au Moyen-Âge); sessione 6 (Beyond Chandler; the survival of the family firm in Europe, Asia, and North-America in the XIXth and XXth centuries); sessione 8 (Cooperatives and nation building in East Central Europe (19th and 20th 22 century)); sessione 13 (Citizens, money and urban governments in Northern Europe in the late middle ages and early modern era); sessione 17 (The European enterprise. Has European integration created a specific firm apart from national and global enterprise?); sessione 18 (Imperial networks and global business in Iberian World, XVth to XVIIIth centuries: merchants, bankers and corporations); sessione 20 (Capital market anomalies in economic history); sessione 23 (Urban construction and economic cycles in preindustrial European towns); sessione 30 (Relations between the Hellenistic and Roman worlds and Central Europe according to the coin finds (with comparisons with other periods)); sessione 39 (Intergenerational transmission of occupation and social class); sessione 44 (Identity, globalization and universality in the Eastern and Central European economic area. Evolutions and involutions in the modern and contemporary period. Experiences, meanings, lessons); sessione 45 (History of insolvency and bankruptcy in an international perspective); sessione 48 (Attractions and experiences: the uses of history in tourism development); sessione 51 (State elites and social sciences economists and economic cultures in comparative perspective); sessione 58 (Making global and local connections: historical perspectives on port economics); sessione 63 (International Monetary and financial cooperation in the 20th century. Markets, policies and institutions); sessione 67 (Public houses and economic exchange in Western Europe c. 1500-1800); sessione 69 (Mobilizing money and resources for war during the early modern period); sessione 81 (Household strategies in twentieth-century Eastern Europe: Coping with demographic and economic shock); sessione 87 (Economic history of the Baltic states: Past performance and future prospects); sessione 88 (A global industry in transition: technological, economic and hegemonic changes in 19th century whaling); sessione 90 (Innovative cities in Europe from the Renaissance to 2000); sessione 95 (Evolutionary theories of long-run world economic history: the theory/history interconnection reexamined); sessione 96 (Corporate governance in historical perspective); sessione 97 (Settler economies in world history); sessione 120 (Industrial companies and the built environment in the high-industrial period); sessione su Islam and economic performance. Per maggiori informazioni sulle scadenze e sui termini di presentazione relativi alle singole sessioni: http://www.helsinki.fi/iehc2006/sessions.html. ∗ ∗ ∗ Sessione 69: Mobilizing money and resources for war during the early modern period. La storiografia storico-economica degli ultimi anni, e in particolare quella britannica, ha dedicato particolare attenzione alla guerra, e cioè alla crescente domanda di prodotti bellici, individuando in essa il principale elemento propulsore dello sviluppo dei paesi europei durante l’età moderna. Questo tema è stato ripreso da Agustín González Enciso, Huw Bowen e Patrick 23 O’Brien, che si sono fatti promotori della sessione 69 del XIV Congresso Internazionale di Storia Economica, dedicata a Mobilizing money and resources for war during the early modern period. Scopo della sessione è quello di esplorare le relazioni tra guerra e sviluppo dello Stato in chiave prospettica e comparativa attraverso singoli case-studies che individuino i sistemi di raccolta e di organizzazione delle risorse – in particolare, ma non solo, quelle finanziarie – destinate agli sforzi bellici nazionali. Gli studiosi interessati dovranno inviare agli organizzatori un abstract del proprio intervento, sempre entro il 30 settembre 2005; le accettazioni saranno rese note il successivo 15 novembre. Per maggiori informazioni: http://www.helsinki.fi/iehc2006/ sessions.html#Sessio69. Per contatti: Agustín González Enciso, e-mail: [email protected]; Huw Bowen, e-mail: [email protected]. Economic History Society Annual Conference, Reading (Regno Unito), 31 marzo - 2 aprile 2006. Il Comitato organizzatore della Economic History Society invita a presentare – entro il 19 settembre 2005 – proposte di partecipazione singole o di sessione in occasione della Conferenza annuale che si terrà nel 2006 presso l’Università di Reading. Saranno valutate proposte relative ad ogni aspetto di storia economica e sociale, senza limiti geografici o temporali, ma con particolare attenzione ai contributi di natura interdisciplinare. Per maggiori informazioni: http:// www.ehs.org.uk/society/annualconferences/asp. Per contatti: Maureen Galbraith, e-mail: [email protected]. Business History Conference Annual Meeting: Political economy of enterprise, Toronto, 8-10 giugno 2006. Il Munk Centre for International Studies dell’Università di Toronto ospiterà, dall’8 al 10 giugno 2006, l’incontro annuale della Business History Conference, giunto alla sua 52a edizione, dall’esordio del 1954. Il tema proposto per il 2006, Political economy of enterprise, è un invito a riflettere sulle interazioni tra il mondo degli affari e il sistema politico-istituzionale. Il Comitato organizzatore invita i proponenti ad esplorare una serie di questioni riconducibili al tema dell’economia politica d’impresa in un’ampia varietà di contesti storici. Le proposte di partecipazione, corredate da un abstract e da un curriculum vitae, dovranno pervenire agli organizzatori entro il 15 ottobre 2005. Per maggiori informazioni: http://www.h-net.org/~business/bhcweb. Per contatti: Roger Horowitz, e-mail: [email protected]. The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage, XIII International Congress, Terni, 14-18 settembre 2006. II XIII Congresso del TICCIH, organizzato dalla Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI) e dall’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano” (ICSIM), si svolgerà a Terni, presso il ter t e SISE l news complesso industriale già della Società Italiana Ricerche Industriali - SIRI, recentemente recuperato a museo e centro culturale, e presso le ex Officine Bosco, una fabbrica di fine Ottocento oggi sede di un Centro Multimediale. Il programma scientifico del Congresso, coordinato da un comitato scientifico presieduto da G.L. Fontana (Università di Padova, presidente dell’AIPAI) e da E. Casanelles (presidente del TICCIH, direttore del Museo della Scienza e della Tecnica della Catalogna), comprende due sedute plenarie, dedicate ai temi principali (A. Patrimonio industriale e trasformazioni urbane; B. Territori produttivi e paesaggi industriali), e sedici sessioni di lavoro parallele, dedicate a questioni specifiche (1. La conoscenza: i censimenti e la catalogazione; 2. La tutela: gli strumenti giuridici e legislativi; 3. Il progetto: restauro, riuso e trasformazione; 4. La conservazione e gestione: fondazioni, archivi, musei, ecomusei; 5. Comunicare l’industria e la sua identità storica; 6. La fruizione: turismo culturale e turismo industriale; 7. Nuovi saperi progettuali e formazione degli operatori; 8. Valorizzazione del patrimonio e strategie di sviluppo “multiscala”; 9. Mestieri, saperi e produzioni tradizionali; 10. Gli archivi tecnici; 11. Il patrimonio dell’industria agroalimentare; 12. Il patrimonio industriale del tessile-abbigliamento; 13. Il patrimonio dell’industria siderurgica e meccanica; 14. Il patrimonio minerario; 15. Il patrimonio industriale nel settore chimico; 16. Reti energetiche, vie di comunicazione ed infrastrutture industriali). Le sintesi delle proposte di intervento, redatte in inglese o in italiano e non superiori alle 500 parole, dovranno pervenire alla Segreteria del Congresso, presso l’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “F. Momigliano” di Terni, entro e non oltre il 30 novembre 2005. Per maggiori informazioni e contatti: Segreteria I CSIM , e-mail: [email protected]. Asia/Pacific Economic and Business History Conference: Learning, discovery and Institutional Development, Brisbane (Australia), 16-18 febbraio 2006. Le relazioni tra istruzione, scoperta di nuovi prodotti e tecnologie e lo sviluppo istituzionale rappresentano il filo conduttore della Conferenza internazionale organizzata dall’Economic History Society of Australia and New Zealand e ospitata dalla Queensland University of Technology di Brisbane. Il tema del Convegno parte dal presupposto che l’innovazione e la valorizzazione del capitale umano costituiscono un importante vantaggio comparato per le aziende. Sostenere lo sforzo di aggiornamento di queste ultime richiede notevoli investimenti, nuove tecniche d’insegnamento e una matura consapevolezza sociale dei benefici di lungo periodo per le nuove generazioni, tutti fattori che non possono né coniugarsi né declinarsi senza un contemporaneo sviluppo istituzionale. La Conferenza è rivolta a studiosi con diverse competenze, invitati a proporre – entro il 1o dicembre 2005 – relazioni che guardino alla tematica ter t e SISE l news dalla propria prospettiva disciplinare, anche in chiave comparativa internazionale. Per maggiori informazioni: http:// www.bus.qut.edu.au/schools/international/EHSANZCover.jsp. Per contatti: Simon Ville, e-mail: [email protected]; John Singleton, e-mail: [email protected]. Money, Power & Prose Colloquium 2006: Interdisciplinary studies of the financial revolution in the British Isles, 1688-1756, Armagh (Regno Unito), 8-10 giugno 2006. L’Irlanda del Nord ospita il secondo Colloquio dell’associazione Money, Power & Prose, dopo quello inaugurale del 2004 tenutosi presso l’università canadese di Regina, nel Saskatchewan. In sintonia con gli obiettivi scientifici dell’Associazione, il Colloquio di Armagh vuole incoraggiare studi originali ed interdisciplinari – storici, letterari, economici, politici, sociologici e giuridici – sulle intersezioni tra finanza pubblica, politica e letteratura durante la “rivoluzione finanziaria” britannica. Tra gli interessi di maggior rilievo, Banking (public or private); Joint-stock companies; Stock markets; Projecting; Public debt; Paper money. Le proposte di partecipazione, accompagnate da un abstract di 250 parole, dovranno pervenire agli organizzatori entro il 15 Consiglio direttivo della SISE Prof. Antonio Di Vittorio, Presidente. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Bari Prof.ssa Paola Massa Piergiovanni, Vice-presidente. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Genova Prof. Vincenzo Giura, Vice-presidente. Ordinario di Storia Economica presso l’Università “Federico II” di Napoli Prof. Nicola Ostuni, Segretario. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Catanzaro Prof. Carlo Marco Belfanti, Tesoriere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Brescia Prof. Giuseppe Bracco, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Torino Prof. Bernardino Farolfi, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì Prof. Giovanni Luigi Fontana, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Padova Prof. Giampiero Nigro, Consigliere. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Firenze Collegio dei Revisori dei Conti Prof. Luciano Palermo. Associato di Storia Economica presso l’Università “Guido Carli” di Roma Prof.ssa Paola Pierucci. Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Chieti, sede di Pescara Prof. Carlo Maria Travaglini, Ordinario di Storia Economica presso l’Università di Roma Tre Presidenza Università di Bari, Dipartimento di Studi Europei - Sezione di Storia Economica, via Camillo Rosalba 53, 70124 Bari; tel. 080 504 92 26; fax 080 504 92 27 24 dicembre 2005. Per maggiori informazioni: http:// www.econ.uregina.ca/mpp/coll2006. Per contatti: Rick Kleer, e-mail: [email protected]; Chris Fauske, e-mail: [email protected]; Ivar McGrath, e-mail: [email protected]. NOTIZIE DALLA RETE Newsletter AISPE A distanza di quasi sette anni dall’uscita dell’ultimo numero, il Consiglio direttivo dell’Associazione Italiana per la Storia del Pensiero Economico (AISPE) ha deciso di riprendere la pubblicazione della Newsletter, strumento essenziale per informare la comunità degli storici del pensiero economico sull’attività e sulle vicende dell’Associazione, e per aggiornarli su tutto ciò che riguarda lo specifico settore scientifico-disciplinare. Concepita come servizio on line, la Newsletter viene inviata per posta elettronica, oltre che ai soci AISPE, a tutti coloro che ne fanno richiesta (per contatti: [email protected]). È inoltre disponibile sul sito web dell’Associazione, al nuovo indirizzo: http://www.aispe.org. Comitato di redazione Giulio Fenicia, Giovanni Luigi Fontana, Renato Giannetti, Carlo Maria Travaglini Coordinatore Giovanni Luigi Fontana Redazione Università di Padova, Dipartimento di Storia, piazza Capitaniato 3, 35139 Padova; tel. 049 827 45 10; fax 049 827 45 11; e-mail: [email protected] Università di Firenze, Dipartimento di Studi Storici e Geografici, via San Gallo 10, 50129 Firenze; tel. 055 275 79 49; fax 055 21 91 73; e-mail: [email protected] Segreteria di redazione: Luca Clerici Hanno contribuito a questo numero: Cristina Badon, Angelo Bitti, Andrea Bonoldi, Andrea Caracausi, Lucia Castellucci, David Celetti, Leandro Conte, Francesco Di Battista, Giovanni Favero, Amedeo Lepore, Iginia Lopane, Daniela Manetti, Elisabetta Novello, Sergio Onger, Luisa Piccinno, Fausto Piola Caselli, Mario Rizzo, Valerio Varini, Francesco Vianello La Newsletter della SISE è pubblicata ogni 4 mesi: ottobre, febbraio e giugno. Tutti i soci della SISE la ricevono gratuitamente in forma cartacea. Inoltre, è disponibile in forma elettronica presso il sito internet della società: http://www.sisenet.it Pubblicazione quadrimestrale della Società Italiana degli Storici dell’Economia Direttore Responsabile: Giovanni Luigi Fontana Autorizzazione del Tribunale di Padova Tip.: CLEUP scarl, via Belzoni 118/3, Padova. Tel. 049 65 02 61