La religione è un diritto - formato modificato

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La religione è un diritto - formato modificato
Progetto Incontri Focus
FOCUS
LA RELIGIONE E’ UN DIRITTO
La libertà di scegliere e praticare la propria religione è un diritto che a volte diamo per
scontato. Tuttavia l'identità religiosa, specialmente nelle sue manifestazioni esteriori e di
osservanza collettiva (a cui forse, in una società come la nostra, non siamo molto abituati),
può creare piccoli e grandi difficoltà quando a convivere sono culti e tradizioni diverse.
Sono molti gli aspetti su cui i ragazzi possono essere utilmente invitati ad approfondire e a
discutere, dal ruolo delle identità religiose nei conflitti internazionali a quelle piccole
nozioni apparentemente banali che evitano tanti malintesi e pregiudizi nell'esperienza
quotidiana.
Obiettivo del focus
Approfondire il tema della libertà religiosa nei sui diversi aspetti, con particolare riferimento
a quelli legati all'esperienza quotidiana degli studenti.
Proposta di svolgimento
- Approfondire il tema del diritto alla religione come diritto dell'uomo, prendendo come
riferimento i testi contenuti nella sezione Risorse.
- Attirare l'attenzione dei ragazzi su fatti di cronaca o temi oggetto di pubblico dibattito
che riguardino la libertà religiosa nelle sue varie forme e stimolare l'approfondimento e
l'approccio critico a un tema che troppo spesso viene banalizzato. Lo scopo del lavoro non
è arrivare a dei giudizi di valore, quanto quello di cogliere la complessità e la delicatezza
del tema. Ci si può aiutare con gli spunti contenuti nella sezione ⇒ Fatti e nella sezione
Opinioni, con attività di role playing in piccoli gruppi e, eventualmente, avvalersi del
contributi dei testimoni del progetto “Incontri”.
- Dopo una prima fase di confronto, si possono invitare i ragazzi a un lavoro di maggiore
approfondimento attraverso letture, ricerche su internet o raccolta di documenti normativi.
Alcune proposte sono indicate nelle sezioni ⇒ Cosa dice la legge, ⇒ Approfondiamo e
⇒ Parliamone.
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- Il focus può concludersi con un momento di confronto e restituzione in gruppo,
guidato dall'isegnante. Si possono usare come traccia per la discussione gli spunti della
sezione ⇒ Parliamone e, anche in questo caso, eventualmente avvalersi di esperti e
testimoni. Sarà utile poi sollecitare i ragazzi a un lavoro di verifica, individuale o in piccoli
gruppi, per evidenziare se la loro prima opinione sul tema si sia modificata rispetto all'inizio
delle attività proposte.
I materiali proposti
Vi proponiamo tre schede, dedicate a tematiche specifiche (i riti funebri, i simboli religiosi
e le persecuzioni e discriminazioni su base religiosa), precedute dalla sezione trasversale
⇒ Risorse, che contiene i testi normativi utili a inquadrare il tema.
La sezione ⇒ Fatti presenta alcuni spunti specifici (notizie, dati) per iniziare la
discussione. Può essere integrata con fatti di cronaca locali o episodi tratti dall'esperienza
diretta dei ragazzi.
Nella sezione ⇒ Opinioni sono presentate frasi, citazioni e commenti relativi al tema
della scheda. Anche in questo caso l'insegnante o i ragazzi stessi potranno provvedere ad
aggiungerne altre, per arricchire il dibattito.
La sezione ⇒ Cosa dice la legge presenta una quadro sintetico della normativa in
vigore in Italia sul tema. Nella sezione ⇒ Approfondiamo è indicato un saggio
specificamente dedicato a uno o più aspetti della tematica della scheda. L'insegnante
potrà fornire ai ragazzi dei brani significativi tratti dai volumi indicati come spunti per
lavori di ricerca o per sollecitare le loro riflessioni.
La sezione ⇒ Parliamone propone una traccia per guidare il lavoro conclusivo del focus,
stimolando i ragazzi a partecipare elaborando le proprie esperienze e nozioni
pregresse alla luce del lavoro svolto.
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⇒ Ρισορσε
La libertà di religione è un diritto dell'uomo, tutelato da leggi e convenzioni internazionali e
nazionali. Presentiamo qui gli articoli più significativi che ne tutelano i diversi aspetti.
Nel mondo
Dichiarazione universale del Diritti dell'uomo
Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto
include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare,
isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio
credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.
Dichiarazione sull’eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione
fondata sulla religione e sul credo
adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 novembre 1981
Articolo 1
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Questo diritto
include la libertà di professare una religione o qualunque altro credo di propria scelta,
nonché la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo, sia a livello
individuale che in comune con altri, sia in pubblico che in privato, per mezzo del culto e
dell’osservanza di riti, della pratica e dell’insegnamento.
Nessun individuo sarà soggetto a coercizioni di sorta che pregiudichino la sua libertà di
professare una religione o un credo di propria scelta.
La libertà di professare la propria religione o il proprio credo potrà essere soggetta alle
sole limitazioni prescritte dalla legge e che risultino necessarie alla tutela della sicurezza
pubblica, dell’ordine pubblico e della sanità pubblica o della morale o delle libertà e dei
diritti fondamentali altrui.
Articolo 2
Nessun individuo può essere soggetto a discriminazioni di sorta da parte di uno Stato,
un’istituzione, di un gruppo o di un qualsiasi individuo sulla base della propria religione o
del proprio credo.
Articolo 3
La discriminazione tra gli esseri umani per motivi di religione o di credo costituisce un
affronto alla dignità umana ed un disconoscimento dei principi dello Statuto delle Nazioni
Unite, e dovrà essere condannata in quanto violazione dei diritti umani e delle libertà
fondamentali proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti umani ed enunciati in
dettaglio nei Patti Internazionali relativi ai diritti umani, e viene altresì condannata come un
ostacolo alle relazioni amichevoli e pacifiche tra le nazioni.
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Articolo 4
Tutti gli Stati dovranno adottare misure efficaci per prevenire ed eliminare qualsiasi
discriminazione fondata sulla religione o il credo, nel riconoscimento, nell’esercizio e nel
godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutti i campi della vita civile,
economica, politica, sociale e culturale.
Tutti gli Stati si sforzeranno di adottare misure legislative o di revocare, all’occorrenza,
quelle che sono in vigore, al fine di proibire ogni forma di discriminazione, di questo tipo, e
di adottare ogni misura appropriata per combattere l’intolleranza fondata sulla religione o il
credo.
Articolo 5
I genitori o, all’occorrenza, i tutori legali di un fanciullo hanno il diritto di organizzare la vita
in seno alla famiglia in conformità alla propria religione o al loro credo e tenuto conto
dell’educazione morale secondo cui ritengono che il fanciullo debba essere allevato.
Ogni fanciullo dovrà godere del diritto di ricevere un’educazione in materia di religione o di
credo secondo i desideri dei genitori o, all’occorrenza, dei suoi tutori legali, e non dovrà
essere costretto a ricevere un’educazione religiosa contraria ai desideri dei suoi genitori e
dei suoi tutori legali, sulla base del principio ispirativo dell’interesse del fanciullo.
Il fanciullo dovrà essere protetto contro ogni forma di discriminazione fondata sulla
religione o il credo. Egli dovrà essere allevato in uno spirito di comprensione, di tolleranza,
di amicizia tra i popoli, di pace e di fraternità universale, di rispetto della religione o del
credo altrui e nella piena consapevolezza che la sua energia ed i suoi talenti debbono
essere dedicati al servizio dei propri simili.
Qualora un fanciullo non si trovi né sotto la tutela dei genitori, né sotto quella di tutori
legali, i desideri espressi da questi ultimi, o qualunque testimonianza raccolta sui loro
desideri in materia di religione o di credo, saranno tenuti in debita considerazione, sulla
base del principio ispirativo dell’interesse del fanciullo.
Le pratiche di una religione o di un credo in cui è allevato un fanciullo non devono recare
danno alla sua salute fisica o mentale e al suo completo sviluppo.
Articolo 6
Il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di credo include, tra l’altro, le
libertà seguenti:
a) la libertà di professare un culto e di tenere riunioni connesse ad una religione o a
un credo, e di istituire e mantenere luoghi a tali fini;
b) la libertà di fondare e di mantenere appropriate istituzioni di tipo caritativo o
umanitario;
c) la libertà di produrre, acquistare ed usare, in misura adeguata, gli oggetti
necessari ed i materiali relativi ai riti e alle tradizioni di una religione o di un credo;
d) la libertà di insegnare una religione o un credo in luoghi adatti a tale scopo;
la libertà di sollecitare e di ricevere contributi volontari, di natura finanziaria e di altro
tipo, da parte di privati e di istituzioni;
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e) la libertà di formare, di nominare, di eleggere, di designare per successione gli
appropriati leaders, in conformità ai bisogni e alle norme di qualsiasi religione o
credo;
f) la libertà di rispettare i giorni di riposo e di celebrare le festività ed i riti di culto
secondo i precetti della propria religione o credo;
g) la libertà di istituire e di mantenere comunicazioni con individui e comunità in
materia di religione o di credo, a livello nazionale ed internazionale.
Dichiarazione di Vienna e Programma d'azione
adottati dalla Seconda Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sui diritti umani
(Vienna, 14 - 25 giugno 1993)
«La Conferenza Mondiale sui Diritti Umani si appella a tutti i Governi, affinché prendano
misure appropriate, in conformità agli obblighi internazionali e col dovuto rispetto dei propri
sistemi giuridici, per contrastare l’intolleranza e la violenza ad essa connessa, basata sulla
religione o sul credo, comprese le pratiche di discriminazione contro le donne, la
profanazione dei luoghi sacri, riconoscendo che ogni individuo ha diritto alla libertà di
pensiero, coscienza, espressione e religione» (parte I, art. 22).
In Italia
Costituzione italiana
Articolo 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo
i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative
rappresentanze.
Articolo 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il
culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
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Il commento del giurista
dal blog giuridico dell'avvocato Diego Colangelo (http://avvocatodiegocolangelo.bloog.it)
L'articolo 19 della nostra Costituzione garantisce la libertà di culto ad ogni individuo: tutti,
cittadini italiani e non, hanno diritto di professare liberamente la propria fede. Il diritto di
professare la propria fede religiosa è, dunque, parte dei diritti fondamentali di cittadini e di
migranti, nonché di coloro che anche temporaneamente si trovano nel territorio dello Stato.
L'avverbio liberamente significa che nessuno può essere costretto a professare una fede;
dunque, la Costituzione garantisce anche il diritto di non professare alcuna fede.
La facoltà di professare una fede comporta la libertà di dichiarare in privato e in pubblico i
principi religiosi o filosofici cui l’individuo o il gruppo aderiscono, di manifestare
l’appartenenza ad una o a nessuna confessione, di tenere un comportamento coerente
con tali principi. Ma comporta anche la possibilità di non farlo o di farlo solo privatamente.
L’esercizio del culto è imprescindibile dal diritto di farne propaganda: proprio per tale
ragione l'articolo 19 della Costituzione garantisce il diritto di proselitismo.
Pacifico il diritto di esercitare in privato il culto, la Costituzione si spinge sino a garantire
anche l'esercizio in pubblico del culto. E per esercitare il culto le confessioni e i credenti
devono poter disporre di spazi idonei a svolgere tale attività. Ne deriva l’obbligo per lo
Stato non solo di consentire ma anche di facilitare la disponibilità di edifici di culto, in
quanto in essi si esercita una attività delle formazioni sociali a carattere religioso.
L'articolo 19 pone un solo limite alla libertà religiosa e, cioè, che non si pongano in essere
riti contrari al buon costume. Il fatto che una religione preveda la poligamia, ad esempio,
è contrario al buon costume, ma finché la contrarietà al buon costume è a livello teorico, si
rimane nella libertà di pensiero; quando, invece, si esplica in un rituale, si incontra il limite
posto dall'articolo 19.
Sono considerati riti contrari al buon costume quelli che ledono la morale sessuale.
Inoltre possono essere qualificati tali anche quelli che ledono la salute fisica e psichica
delle persone.
Non bisogna, poi, dimenticare che riguardo alla libertà di esercizio del culto entrano in
gioco ulteriori limiti, a cominciare dal rispetto dei diritti e delle libertà altrui. Così, non
solo non potranno essere ritenuti legittimi riti nei quali si danneggi la vita o l’integrità fisica
di persone o di animali, ma nemmeno pratiche di culto espletate in modo tale da arrecare
rilevante disturbo a terzi.
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SCHEDA 1
RITI FUNEBRI
⇒ Fatti
Sepolture musulmane: in Italia è ancora un problema
200 posti del cimitero di Borgo Panigale, che la comunità musulmana bolognese ha
finalmente avuto per i propri morti, sono costati quasi 15 anni di trattativa. La legge italiana
stabilisce che alle comunità che ne facciano domanda i Comuni possano concedere
un’area del cimitero, struttura civile e non religiosa, per culti diversi dalla religione
cattolica. Non c’è una mappatura delle aree cimiteriali per musulmani in Italia, che si
trovano comunque in molte delle maggiori città. In Emilia Romagna già dagli anni
Ottanta esiste il cimitero di Reggio Emilia, fra i primi con Milano (ne ha due) e Torino. A
Roma e Genova i cimiteri islamici sono storici. Il più antico si trova a Trieste, fu dato nel
1846 ai musulmani bosniaci dall'imperatore Francesco Giuseppe. A Trento sono stati
concessi 40 posti, dopo una trattativa faticosa e segnata dalle fiaccolate di protesta della
Lega, a Vicenza comunità islamica e amministrazione si sono incontrate, ma la soluzione
non sembra vicina.
Senza un cimitero disponibile, il rimpatrio della salma è l’unica strada possibile: scelta
costosa, nell’ordine di migliaia di euro; impossibile, se il musulmano è un italiano
convertito. Di norma, in ogni città la sepoltura è concessa solo ai musulmani residenti in
quella provincia: “È giusto poter avere vicino i propri cari, è giusto che ogni
amministrazione faccia tale concessione ai propri residenti senza costringerli a rivolgersi
altrove” spiega Nabil Bayoumi, responsabile del Centro islamico bolognese. Come per i
cattolici, non è necessario che la persona sia stata in vita osservante e praticante, o che
abbia frequentato la moschea. Unico motivo di esclusione, religioso, l’aver commesso
suicidio. Il rito prevede oltre alla preghiera, il lavaggio purificatore del corpo (a Bologna
viene svolto nella casa del defunto o nella camera mortuaria dell’ospedale), che viene poi
avvolto in un sudario. Andrebbe sepolto nella nuda terra, ma la legge italiana impone
l’uso della cassa; è stato quindi accettato l’uso di una cassa di legno semplice. Anche
l’esumazione è prevista dalla legge, dopo vent’anni dalla sepoltura, ma non dagli islamici:
finora la questione non si è posta e almeno verbalmente la legge è stata accettata. Il rito
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della sepoltura è breve e composto, la tomba semplice: niente foto, solo una targhetta
con nome e date. Nessun monumento: i morti musulmani sono tutti uguali.
Accomodamenti in Svizzera
La dispersione delle ceneri nella natura non è vietata dalla legge svizzera e non sono
poche le famiglie che praticano simili cerimonie. La cremazione viene praticata nell'80%
dei casi e “nel 20% circa dei casi di cremazione, le ceneri sono disperse nella natura”,
spiega Edmond Pittet, direttore di un'impresa di pompe funebri del canton Losanna. “Da
un punto di vista ambientale non c'è alcun problema perché oggi le ceneri sono
particolarmente fini”.
Alcuni gruppi religiosi possono ricevere un'autorizzazione ufficiale per i loro rituali. La città
di Lucerna, ad esempio, ha da poco accettato una versione ritoccata del rito funebre
indù. Dal mese di giugno 2012, gli induisti possono gettare le ceneri dei loro defunti nel
fiume Reuss. Altre città, come Berna o Zurigo, tollerano già da tempo questa pratica.
“Molti induisti che scelgono di seguire questo rituale in Svizzera hanno paura di fare
qualcosa di illegale o di essere mal compresi”, spiega il sacerdote indù Saseetharen
Ramakrishna Sarma, di Lucerna. “Oggi molti induisti decidono di tornare al loro Paese
per poter rispettare il rito tradizionale nella sua integralità. Ma non è facile e costa caro”.
⇒ Opinioni
“Gli ebrei rifiutano il culto dei morti, lo proibiscono. Cosa dunque rappresentano i cimiteri?
Un aspetto della memoria, un onore alla Storia che per gli ebrei non è la historia dei
potenti, bensì toledoth, le generazioni. Il gesto di onorare i propri morti è un pilastro
identitario. E come con felice sintesi ha intuito il poeta Giovanni Raboni, dal punto di vista
dell'identità, l'umanità è una comunità di vivi e di morti”.
Moni Ovadia
“Quella dei musulmani che chiedono di poter avere una parte a loro riservata nei cimiteri
mi sembra richiesta legittima. Sarà chi ha autorità di legiferare ad accogliere, nelle
modalità che ritiene giuste, queste esigenze”.
Mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana
⇒ Cosa dice la legge
In Italia è previsto che il Sindaco di ciascun Comune possa prevedere che settori
specifici e separati del cimitero siano riservati alla sepoltura di cadaveri di persone
professanti un culto diverso da quello cattolico, o anche provvedere alla concessione di
aree dei cimiteri alle comunità straniere che ne fanno richiesta (D.p.R. 10 settembre
1990 n.285, art. 100).
Così, nonostante le proteste pretestuose e strumentali di alcuni, si stanno regolando
sempre più città italiane e europee. Certamente a volte sono necessarie alcune
mediazioni tra le norme vigenti e la stretta osservanza dei riti religiosi: ma quando si è
dimostrato buon senso da una parte e dall'altra, l'accordo non è mai stato difficile.
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In particolare permane l'impossibilità di seppellire il cadavere direttamente nella terra,
come sarebbe previsto dal rito islamico. Oggi invece è possibile l'autorizzazione della
dispersione delle ceneri dopo la cremazione, per espressa volontà del defunto, che
prima era espressamente vietata (Legge n. 139 del 2001 "Disposizioni in materia di
cremazione e dispersione delle ceneri").
⇒ Approfondiamo
Francesca Paci, L'Islam sotto casa. L'integrazione silenziosa, Marsilio 2004
⇒ Parliamone
•
Secondo te quello delle sepolture è un problema importante? O, come sostengono
alcuni, è inutile preoccuparsene?
•
Quali sono gli aspetti che ti sembrano problematici per l'organizzazione dei cimiteri
di confessioni diverse? Prova ad elencarli (es. norme igieniche, organizzazione dei
riti funebri, frequentazione dello stesso cimitero da parte di persone appartenenti a
fedi diverse, problemi di spazio...).
•
Sai che il carme “I sepolcri”, di Ugo Foscolo, fu composto proprio in occasione di
una riforma delle leggi che riguardavano le sepolture? Documentati meglio su
questo aspetto e prova a leggere (o rileggere) il componimento alla luce di quanto
hai approfondito in questa scheda.
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SCHEDA 2
VELI, TURBANTI E ALTRI SIMBOLI RELIGIOSI
⇒ Fatti
Una nuova legge sul velo
È in discussione in Parlamento una legge, di cui si parla dal 2007, che impedisce di
indossare alcuni tipi di velo islamico nei luoghi pubblici. Dopo Francia e Belgio, anche
l’Italia si appresta a mettere al bando burqa e niqab (vedi sotto), prevedendo multe fino a
500 euro per i trasgressori. La nuova norma prevede anche pene più severe per chi
costringe le donne ad indossare il velo integrale con sanzioni che vanno dal carcere,
all’espulsione, fino alla mancata concessione della cittadinanza.
Di che si tratta, esattamente?
Niqab
È un velo, usato in Arabia Saudita, che copre il volto, lasciando scoperti gli occhi.
Composto da due parti: una che, collocata al di sotto degli occhi, va a coprire naso e
bocca e viene legata dietro le orecchie; l'altra va a ricoprire i capelli e parte del busto.
Vietato in Francia e in Belgio, nei luoghi pubblici.
Burqa
Capo d'abbigliamento, tipico dell' Afghanistan, che può essere di due tipi: uno che lascia
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scoperti gli occhi; l'altro, conosciuto come burqa completo, è un abito blu che copre sia la
testa che il corpo e che prevede una sorta di finestrella all'altezza degli occhi per
permettere alla donna di vedere, impedendole però di scoprire gli occhi. Vietato in Francia,
e in Belgio nei luoghi pubblici.
Molto più diffusi sono altri tipi di velo con cui le donne musulmane del mondo rispondono
alla raccomandazione del Corano di coprirsi i capelli. Questi indumenti tradizionali non
pongono alcun problema di sicurezza e non sono oggetto di divieti: tuttavia non di rado
suscitano incomprensioni, diffidenza, se non veri e propri pregiudizi nelle società in cui i
musulmani rappresentano una minoranza. Spesso, ad esempio si dà per scontato che
indossare il velo sia un'imposizione alle donne da parte degli uomini della famiglia, una
vera e propria forma di violenza. Non è necessariamente così, anzi: specialmente nelle
società occidentali sono numerose le donne che indossano il velo per scelta, avvertendolo
come una profonda esigenza legata alla loro fede e alla loro identità.
Hijab
Un fazzoletto largo, che può avere colori diversi e che copre nuca, capelli ed orecchie.
Chador
Indumento tradizionale iraniano che ricopre il capo e le spalle, lasciando totalmente
scoperto il viso
Turbanti e pugnali
I primi sikh sono arrivati in Italia negli anni 80 e oggi sono 60mila, ben integrati nel tessuto
produttivo italiano, soprattutto in Emilia Romagna e nel Lazio. L'osservanza della religione
sikh richiede alcuni obblighi: i maschi non devono tagliarsi i capelli a partire dalla loro
maggiore età e devono coprirli con un turbante. Altri simboli sono il pettine in segno di
pulizia, i pantaloni, il bracciale d’acciaio e un pugnale chiamato kirpan.
In passato anche il turbante ha creato problemi. Nel 1995 il ministero dell’Interno ne ha
autorizzato l’uso nelle foto delle carte d’identità e nel 2000 ha precisato che l’importante è
lasciare il volto scoperto come per il chador. Anche se a volte ancora si verificano alcuni
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problemi in aeroporto la questione è chiarita.
Sul pugnale invece nulla da fare. Di fronte al primo rifiuto del Viminale, il Consiglio di Stato
ha confermato: il kirpan è illegale. Era il giugno 2010. Ad agosto 2011 i sikh sono tornati
alla carica, obiettando che il pugnale viene indossato sotto una cintura, quindi non è
estraibile. Tra l'altro, la loro religione non prevede lunghezze particolari e quindi l'oggetto
potrebbe essere di lunghezza inferiore ai 4 centimetri, in modo da non rientrare fra le armi
da taglio. A maggio 2012 l’ennesimo rifiuto del Viminale ha chiuso la questione dal punto di
vista del Ministero. Ma la comunità sikh in Italia si è sentita ferita e offesa da questo
provvedimento, che reputano ingiusto e ingiustificato.
⇒ Opinioni
“A Fiumicino, lo scorso luglio, la polizia mi ha chiesto di togliere il turbante. Mi sono
rifiutato, spiegando loro che non è un cappello, ma un’espressione della mia religione. Alla
fine ho convinto gli agenti ad esaminare il turbante con il metal detector e con un altro
strumento, se avessero suonato mi sarei scoperto il capo in una stanza appartata. Io
credo che si possa trovare un accordo, rispettando i nostri diritti e le esigenze della
Polizia”.
Harvinder Singh, giornalista di religione sikh
“Una società interculturale deve affrontare la dimensione delle fedi. Sono sfide
complicate ma non possono essere eluse o annullate. Esistono e richiedono soluzioni”.
Andrea Sarubbi, parlamentare
“La libertà religiosa è integrale o non è. Non si può rinunciare a questo principio. La
questione del velo verrebbe affrontata in modo più equo all’interno del normale ambito
sociale piuttosto che con una legge”
Angelo Scola, Patriarca di Venezia, a proposito delle legislazioni anti-velo in Francia e
Belgio
⇒ Cosa dice la legge
In Italia, a differenza di altri Stati come la Francia e la Turchia, non esiste una legge
specifica sui simboli religiosi. Per quello che riguarda l’esibizione di simboli sul proprio
corpo da parte dei cittadini (croci al collo, veli, turbanti....), non vi è alcuna
regolamentazione, neppure per gli impiegati di uffici pubblici. Per quello che riguarda
invece l’esposizione di simboli religiosi in luoghi pubblici, in particolare nelle scuole,
esiste solo un regolamento, antecedente alla Costituzione (decreti del 1924 e del 1928),
che prevede l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, considerandolo un
elemento di arredo. Periodicamente la legittimità di questa pratica è stata contestata,
soprattutto da parte di membri dell'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti),
ma senza successo.
Per quanto riguarda l'abbigliamento, la legge 152 del 1975 (Disposizioni a tutela
dell'ordine pubblico) all'articolo 5 recita: “È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque
altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo
pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”. A questa disposizione si ricollega
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la proposta di legge sul velo, in cui si intende aggiungere il divieto di “celare o travisare il
volto anche con indumenti di origine etnica o culturale”, proprio in riferimento al burqa o al
niqab.
⇒ Approfondiamo
Antonello De Oto (a cura di), Simboli e pratiche religiose nell'Italia “multiculturale”, Ediesse
2010.
⇒ Parliamone
•
Ci sono, tra i tuoi conoscenti o familiari, persone per cui indossare una
manifestazione visibile della loro appartenenza religiosa è molto importante? Ne hai
mai parlato con loro? Che opinione hai?
•
La presenza di un numero molto maggiore di persone appartenenti a religioni
diverse ha modificato molto la società italiana. Le leggi spesso non sono adeguate
a far fronte a grandi e piccole difficoltà di convivenza e, soprattutto, la reciproca
ignoranza e la diffidenza non consentono di risolvere con il buon senso e la
mediazione la maggior parte di queste questioni. Oltre agli esempi presentati nella
scheda, ti vengono in mente altre polemiche legate a norme di osservanza religiosa
che sono nate in Italia negli ultimi anni?
•
Secondo te, per quale/i motivo/i alcuni Paesi hanno scelto di vietare di indossare
simboli religiosi nei luoghi pubblici (come le scuole, gli uffici del governo o del
comune, ecc...)? Eventualmente documentati meglio e poi discutine con i tuoi
compagni.
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SCHEDA 3
PERSECUZIONI RELIGIOSE E DISCRIMINAZIONI
⇒ Fatti
Persecuzioni religiose nel mondo
Il Rapporto annuale della Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa nel
mondo, elaborato dal Dipartimento di Stato americano, che si riferisce al periodo aprile
2011-febbraio 2012, prende in esame approfonditamente la situazione di 25 Paesi. Il
rapporto afferma che le minacce alla libertà di pensiero, di coscienza e di credo sono in
aumento e colpiscono in particolare le minoranze etniche e religiose: cristiani, zoroastriani,
musulmani sufi, buddhisti tibetani, baha'i. Sono molto frequenti anche i casi in cui lo Stato,
pur non perseguitando esplicitamente le comunità di fedeli, di fatto garantisce l'impunità a
chi commette violenze anche molto gravi con motivazioni religiose e/o etniche.
In 16 Paesi la situazione è considerata gravemente preoccupante: Birmania, Corea del
Nord, Egitto, Eritrea, Iran, Iraq, Nigeria, Pakistan, Cina, Arabia Saudita, Sudan, Tagikistan,
Turchia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Altri 9 Paesi sono indicati come “a rischio”:
Afghanistan, Bielorussia, Cuba, India, Indonesia, Laos, Russia, Somalia e Venezuela.
Nel rapporto si esprime preoccupazione anche per la situazione in Europa, dove si vede
''crescere la xenofobia, l'antisemitismo, i sentimenti anti-islamici''.
La persecuzione religiosa a volte spinge le persone a fuggire per salvarsi la vita ed è
motivo per il riconoscimento dell'asilo politico.
Una violazione dei diritti umani
Un rapporto di Amnesty International, intitolato Scelta e pregiudizio: discriminazione
contro i musulmani in Europa (aprile 2012), illustra l'impatto negativo della
discriminazione nei confronti dei musulmani, basata sulla loro religione o sulle loro
credenze, su diversi aspetti della loro vita, compresa l'occupazione e l'istruzione. Il
rapporto si concentra su Belgio, Francia, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera. Sono
documentati numerosi casi di singole discriminazioni in tutti i Paesi interessati.
Il rapporto di Amnesty International evidenzia in particolare la mancanza di un'adeguata
applicazione delle norme che vietano la discriminazione in materia di occupazione: i
datori di lavoro sono autorizzati a discriminare sulla base del fatto che simboli religiosi o
culturali creeranno problemi con i clienti o con i colleghi o che risulteranno in contrasto con
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l'immagine aziendale o la sua "neutralità".
Dal 2010, la Costituzione svizzera vieta specificamente ai musulmani di costruire
minareti. Nella regione spagnola della Catalogna, i musulmani devono pregare in strada
perché le sale di preghiera esistenti sono troppo piccole per accogliere tutti i fedeli, mentre
le richieste di costruire moschee vengono contestate in quanto incompatibili con le
tradizioni culturali catalane. In molti Paesi, tra cui la Spagna, la Francia, il Belgio, la
Svizzera e i Paesi Bassi, nelle scuole è stato proibito di indossare il velo o qualsiasi
altro abito religioso e tradizionale.
Quando il pregiudizio diventa follia
Il 5 agosto 2012 una assurda sparatoria ad opera di un fanatico nazionalista in un tempio
sikh del Wisconsin (USA) ha causato alcuni morti e numerosi feriti. La vita della comunità
sikh negli Stati Uniti, che conta oltre 500mila persone, è diventata molto più complicata
dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. Da allora, secondo la Coalizione sikh con base a
Washington, sono stati vittima di oltre 700 attacchi provocati da erronei sentimenti anti
islamici, nonostante non ne condividano la religione. Secondo la coalizione infatti, gli
attentatori sarebbero fuorviati dalle lunghe barbe e dai turbanti.
⇒ Opinioni
“Quando la politica entra nella religione è un fatto negativo per entrambe. La religione
diventa molto più piccola rispetto al mistero che sta cercando di proporre e la politica
diventa strana perché comincia a interagire con principi che non sono quelli politici di
dialogo, della ricerca del compromesso, ma sono principi assoluti di verità o falsità o
controllo totale. Quando questi elementi verticali un po’ tragici entrano nella politica, allora
è molto difficile realizzare un dialogo aperto: quando la religione si fa politica o la
politica usa la religione per il suo interesse particolare credo che stia succedendo
qualcosa di negativo”.
Adolfo Nicolás sj, Padre Generale della Compagnia di Gesù
“I musulmani sono ritenuti responsabili di ciò che accade in Medio Oriente e Africa del
Nord. La gente mi ha insultato per strada o ha fatto commenti sgradevoli. Un uomo si è
messo a gridare contro di me dicendo che avrei dovuto togliermi il velo. Sono cresciuta in
Svizzera e credo che questo sia il mio paese. Non capisco perché gli altri cittadini si
arrogano il diritto di trattarmi in questo modo".
P., donna musulmana che vive in Svizzera
“Ero in prima fila l’11 settembre del 2001. Allora ero un cappellano della polizia a New York
City. È la città più varia nel mondo. Una esperienza che mi è stata molto utile nel mio
lavoro di oggi. Dopo l'11 settembre dobbiamo trovare un terreno comune. Mi sono
trovata a Ground Zero tenendo la mano di un vigile del fuoco irlandese, in piedi accanto a
un rabbino ebreo, in piedi accanto a un poliziotto che era italiano. E non importava in quel
momento di che etnia, di che sesso, di che razza eravamo. Quello che contava era che
volevamo andare avanti insieme.”
Susan Johnson Cook, ambasciatore USA per la libertà religiosa internazionale
Fondazione Centro Astalli – Progetto Incontri Focus
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⇒ Cosa dice la legge
Oltre alle norme a tutela della libertà religiosa richiamate nella sezione “Risorse”, le
normative europea e italiana sono molto chiare in materia di discriminazione. In particolare
la Direttiva 2000/43/CE del Consiglio d'Europa dà disposizioni precise per attuare il
principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine
etnica.
Per "discriminazione razziale o etnica" si intende un trattamento meno favorevole subito
da una persona rispetto ad un’altra, a causa della sua razza o origine etnica.
Si distingue in:
• discriminazione diretta, che ricorre quando una persona, a causa della sua razza
o origine etnica, è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe
trattata un’altra persona in una situazione analoga. Si verifica una discriminazione
diretta quando, ad esempio, un locale aperto al pubblico vieta l’accesso a persone
appartenenti ad una determinata etnia.
• discriminazione indiretta, che ricorre quando una disposizione, un criterio, una
prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una
persona di una determinata razza o origine etnica in una posizione di particolare
svantaggio rispetto ad altre persone. Si verifica una discriminazione indiretta
quando, ad esempio, nella graduatoria di accesso ad una casa di risposo o ad un
asilo si tenga conto, fra gli altri criteri di valutazione, della conoscenza della lingua e
delle tradizioni del posto da parte dell’anziano o del bambino che devono essere
ospitati.
⇒ Approfondiamo
Stefano Allievi, I musulmani e la società italiana. Percezioni reciproche, conflitti culturali,
trasformazioni sociali, Franco Angeli 2009.
⇒ Parliamone
•
Le persecuzioni a sfondo religioso nel mondo spesso non attirano l'attenzione dei
media e per questo sono ignorate, almeno fino a quando non sfociano in conflitti
violenti. Dividendoti il lavoro con i tuoi compagni, approfondite – individualmente o
in piccoli gruppi – la situazione di alcuni dei Paesi in cui le persecuzioni religiose
sono più allarmanti (puoi aiutarti con il Rapporto 2012 della Commissione degli Stati
Uniti sulla libertà religiosa nel mondo, che contiene approfondite schede Paese).
Queste persecuzioni hanno tratti in comune? Quali? Quali ti colpiscono
particolarmente?
•
L'identità religiosa spesso ha un ruolo drammatico nei conflitti, ma molto
difficilmente ne è la causa scatenante. Puoi pensare a esempi, recenti o antichi, di
guerre in cui la religione è stata utilizzata dalle parti in conflitto per giustificare o
inasprire gli scontri? Dopo un lavoro di approfondimento individuale o in piccoli
gruppi, discutine in classe con il tuo insegnante.
Fondazione Centro Astalli – Progetto Incontri Focus
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•
Che significa, secondo te, discriminazione? Confronta la tua definizione con quella
prevista dalla normativa. Puoi pensare a esempi di discriminazione, diretta o
indiretta, di cui sei venuto a conoscenza, o che hai subito personalmente?
Fondazione Centro Astalli – Progetto Incontri Focus
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