Omaggio a ROALD AMUNDSEN

Transcript

Omaggio a ROALD AMUNDSEN
ADDII
Omaggio a
ROALD AMUNDSEN
A 100 anni dalla conquista
del Polo Sud
Una impresa che rimane nella storia
1911-2011. Si celebra quest’anno un evento
fondamentale nella storia delle esplorazioni. In
seguito a questa impresa, gli orizzonti
dell’uomo si sono allargati al più remoto, al più
inespugnabile e inospitale continente, non a
caso l’ultimo a essere scoperto e conquistato,
l’Antartide. Colui che per primo arrivò al Polo
Sud, che per primo issò nel gelido vento polare
la bandiera del proprio paese, è diventato una
leggenda: Roald Amundsen (1872-1928),
norvegese, considerato il più grande esploratore
polare della storia.
Statua di Amundsen presso il Fram Museum
di Oslo.
Mai nessuno prima
14 dicembre 1911. Intorno alle 3
pomeridiane di quello storico
venerdì, la spedizione norvegese
raggiunge la tanto agognata meta.
Mai nessuno era arrivato fin lì. Gli
uomini piantarono la bandiera
norvegese sopra una tenda, che
lasciarono sul posto a
testimonianza dell’impresa.
Chiamarono quella tenda
“Poleheim”, la “casa del Polo”.
Amundsen vi lasciò anche un
messaggio per Scott, il suo grande
rivale in quella gara ai confini del
mondo, che sarebbe arrivato solo
settimane più tardi. Il 17
dicembre gli uomini della
spedizione intrapresero la marcia
di ritorno, e il 7 marzo 1912
Amundsen potè finalmente far
conoscere al mondo la sua storica
impresa, inviando un messaggio
alla propria famiglia.
L’impresa
L’impresa era stata preparata minuziosamente da Amundsen. Anche se, in realtà,
l’obiettivo originale era il Polo Nord, non il Polo Sud. Il grande esploratore, già
protagonista di imprese notevoli che gli valsero enorme fama prima della spedizione in
Antartide, intendeva essere il primo a raggiungere il Polo Nord. Fu battuto sul tempo
dall’americano Robert Peary, ma non si scoraggiò e decise di puntare sull’Antartide,
ancora inviolato. La scelta rimase segreta al suo stesso equipaggio (vennero avvertiti
solo tre fidi collaboratori, Nilsen, Gjertsen e Prestrud), cui la nuova meta fu resa nota
solo sulla rotta antartica. Amundsen spiegò i suoi piani e diede all’equipaggio la
possibilità di rientrare in patria per chi l’avesse voluto. Dopo 4 mesi di viaggio e 4.000
miglia, la spedizione norvegese raggiunse la Barriera di Ross, ormeggiando la nave alla
Baia delle Balene.
Amundsen al Polo Sud (a
destra). Il pack (in alto). Slitta
(qui sopra).
Nave Fram e statua di Nansen,
Oslo.
Fram
Il varo del Fram in una stampa
d’epoca, e sul pack con i cani.
L’imbarcazione di Amundsen era il
leggendario Fram – “Avanti” in norvegese - ,
ideato e già collaudato da un altro gigante
della storia delle esplorazioni polari, Fridtjof
Nansen (1861-1931), scienziato e in seguito
diplomatico, Premio Nobel per la Pace nel
1922. Lo scafo del Fram era stato costruito
con una struttura appositamente arrotondata
per evitare di farsi comprimere dai ghiacci
polari, sfruttando l’energia del pack per
scivolare sopra di esso lasciandosi
trasportare dalle correnti oceaniche. La
nave era piccola (“solo” 400 tonnellate) ma
molto robusta, pensata in ogni dettaglio per
favorire al massimo la navigazione nelle
regioni estreme. Timone ed elica retrattili,
velatura tipo goletta a gabbiola, 10 scialuppe
per i casi di emergenza. Motore ausiliario a
vapore. Amundsen la rese ancora più robusta
con una velatura rinforzata e un motore
diesel a olio pesante, con un’autonomia di
16.000 miglia. Il viaggio verso il Polo Nord
prevedeva di scendere lungo l’Atlantico fino
allo Stretto di Magellano, risalire l’Oceano
Pacifico e arrivare al Mare Artico attraverso
lo Stretto di Bering, il canale tra i continenti
asiatico e americano. La rotta di Amundsen
fino allo Stretto di Magellano fu invece una
manovra di avvicinamento all’Antartide.
In marcia
Il Fram venne ormeggiato in posizione
strategica, più vicino al Polo Sud di 97 km
rispetto alla “Terra Nova” del rivale per la
conquista del Polo, Robert Falcon Scott. Il 15
gennaio 1911 iniziarono le operazioni per
scaricare la nave e alimentare la piccola base
stabilita 3 km nell’interno, chiamata
“Framheim”, la “casa del Fram”. Dopo tre
settimane tutti i materiali e le provviste erano
stati sistemati. C’erano voluti 42 cani e 5 slitte,
ma quelle 10 tonnellate finalmente erano
pronte. A fine febbraio la prima marcia di
preparazione. Tre campi intermedi vennero
allestiti lungo il percorso fino alla meta. Passato
l’inverno alla base principale, gli uomini si
prepararono alla grande impresa. L’8 settembre
1911 Amundsen partì con sette compagni e 86
cani. Il 20 ottobre il gruppo si divise. Tre
esplorarono la Terra di Re Edoardo VII, gli altri
con Amundsen raggiunsero il Polo. Il percorso di
2.800 km fu compiuto in 99 giorni mantenendo
una velocità media di 27 km/giorno all’andata e
37 al ritorno. Scott e i suoi invece, battuti sul
tempo dai norvegesi ma pur sempre arrivati al
Polo Sud, andarono incontro a un destino
tragico. Morirono tutti. Capitan Scott ha lasciato
nel proprio diario di viaggio, ritrovato insieme al
suo corpo nella tenda dove gli uomini morirono
congelati, pagine commoventi che raccontano
l’immenso coraggio e le fatiche disumane di un
pugno di uomini che diedero tutto, fino in
fondo, in nome dell’onore della Patria e dello
spirito di esplorazione dell’uomo. Ancora oggi, i
membri di quella spedizione sono ricordati dagli
inglesi come eroi nazionali.
Riproduzione della tenda di Amundsen presso il Museo
Antartico di Trieste e, sotto, base logistica di Amundsen in
Antartico.
Una morte generosa
Giornali e cartoline norvegesi celebrano
Amundsen.
Roald Amundsen trovò la propria morte nel
1928, tentando di salvare Umberto Nobile e i
sopravvissuti della spedizione del dirigibile
“Italia” al Polo Nord rimasti intrappolati per
48 giorni sul pack nell’incredibile vicenda
passata alla storia come il dramma della
“Tenda Rossa”. Amundsen scomparve nel
Mare Artico a bordo dell’idrovolante
francese “Latham” assieme al comandante
Guilbaud. I loro corpi e l’idrovolante non
furono mai ritrovati. Ad Amundsen sono stati
dedicati un braccio di mare antartico, un
ghiacciaio del continente polare, un cratere
lunare situato vicino al polo sud della Luna e
l’asteroide 1065, “Amundsenia”.
Co-intitolata a Scott è invece la stazione
scientifica antartica Amundsen-Scott.
Oslo, Fram Museum:
l’edificio fu costruito
attorno alla nave.
Come tutte le maggiori imprese dell’umanità, il percorso che portò alla
conquista dell’Antartide, l’ultimo continente del mondo a essere esplorato, è
stato frutto del sacrificio e del coraggio di tanti. I primi che ne intuirono
l’esistenza furono i Greci. A loro si deve il termine “artico” e “antartico”, da
arktos, “orso”, che indicava il Polo Nord terrestre perché il punto celeste
corrispondente è prossimo alla costellazione dell’Orsa minore. I Greci furono
anche tra i primi a sviluppare il concetto di una terra sferica, nella quale era
necessario esistesse un continente nell’emisfero australe per bilanciare la massa
dei continenti nell’emisfero boreale. Attraverso i secoli le ipotesi si
modificarono, anche se giunse fino al nostro Medioevo l’idea di una Terra sferica
con un Polo Antartico. La possibile esistenza di una “Terra Australis Incognita”
entusiasmò i più importanti esploratori e navigatori della storia, che si
lanciarono alla ricerca dell’ignoto e scrissero pagine fondamentali della scienza e
della geografia. La rotta verso i “50 urlanti”, gli impetuosi venti che soffiano
nelle regioni polari, fu presa da Magellano, autore della prima circumnavigazione
del globo nel 1520. Lo Stretto di Magellano separa l’America meridionale dalla
Terra del Fuoco, mettendo in comunicazione l’Oceano Atlantico con il Pacifico.
James Cook, navigatore leggendario, a bordo della “Resolution” fece il primo
attraversamento del Circolo Polare Antartico e la prima circumnavigazione
dell’Antartide (1774). Il Mare di Weddell, il Mare di Ross, la Terra di Wilkes
portano i nomi di coloro che per primi li avvistarono e li esplorarono. Oltre ad
Amundsen e a Scott, che conquistarono entrambi il Polo Sud, va ricordato Sir
Ernest Shackleton, che intendeva effettuare la traversata dell’Antartide dal
Mare di Weddell al Mare di Ross. La spedizione ebbe luogo nel 1914 e fu un
totale fallimento, una delle spedizioni più tragiche della storia delle
esplorazioni, anche se per fortuna gli uomini si salvarono grazie agli sforzi epici
di Shackleton. Infine, in tempi più moderni l’Antartide fu attraversata con
successo dal leggendario alpinista Reinhold Messner (1989), che rifece lo stesso
itinerario che avrebbe dovuto seguire Shackleton nella sua spedizione.
I più grandi esploratori
“Dobbiamo sempre
ricordare con
gratitudine e
ammirazione i primi
navigatori che
condussero le loro
navi attraverso
nebbie e tempeste, e
aumentarono la
nostra conoscenza
delle terre di ghiaccio
del Polo Sud.”
Roald Amundsen
“Prendete
Amundsen se volete
arrivare alla meta,
prendete Scott se
volete fare una
spedizione
scientifica, ma se
siete nei guai
pregate Dio che vi
mandi Shackleton”.
Raymond Priestley
Antartide continente di pace
Il 1 dicembre 1959 è stato firmato a Washington il Trattato Antartico, che ha posto le basi per una
gestione sostenibile delle risorse del continente di ghiaccio. Il documento è entrato in vigore il 23
giugno 1961, mentre l’Italia vi ha aderito il 18 marzo 1981. Sono 45 i paesi che l’hanno
sottoscritto. Di questi, 27 sono Parti Consultive, aventi diritto di voto, potere decisionale e
controllo sull’osservanza del Trattato. 18 sono invece Parti Contraenti, paesi che non svolgono
attività di ricerca in Antartide. L’Italia è tra le Parti Consultive insieme agli Usa, Cile e Argentina,
Finlandia, Norvegia e Svezia. I principi fondamentali che vengono sanciti sono la libertà della
ricerca scientifica a scopi di pace (vietando ogni attività militare comprese esplosioni nucleari e
deposito di materiali radioattivi), la libertà di ricerca e la cooperazione internazionale tra i paesi
firmatari, lo scambio di informazioni e di personale scientifico tra le basi logistiche, infine il
“congelamento” delle pretese di sovranità territoriale dei paesi sull’Antartide, “funzionale ad un
utilizzo pacifico del continente”.
L’Antartide in cifre
-
Superficie pari a 13 milioni di km2 (52 volte l’Italia)
Coperto per il 98% dai ghiacci
Spessore massimo del ghiaccio: 4.500 metri
Temperatura: 0° in estate, -90° in inverno
Principale risorsa naturale: 30 milioni di miliardi di tonnellate di ghiaccio,
accumulatosi da 1 milione di anni, che ne fa la più importante riserva di acqua
dolce del pianeta.
L’Italia in Antartide
Il PNRA – Programma Nazionale delle Ricerche in Antartide – è la base normativa che regola la nostra
presenza nella regione polare. Il Programma è stato varato nel 1985 e posto sotto l’egida del
Ministero dell’Università e della Ricerca, presso il quale è stata costituita la Commissione Scientifica
Nazionale per l’Antartide che definisce i piani di ricerca. E’ stato inoltre costituito un Consorzio per
l’attuazione del PNRA, che comprende alcuni dei maggiori enti di ricerca come l’Enea, il Cnr,
l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica
Sperimentale. Le ricerche italiane in Antartide comprendono cinque settori: evoluzione geologica
del continente polare e dell’Oceano Meridionale, Global Change, informazioni geografiche,
metodologie per conservare l’ambiente, robotica e sensoristica. La prima spedizione italiana di
ricerca è avvenuta nel 1985-86, mentre gli anni seguenti è stata avviata la costruzione della Base di
Baia Terra Nova, ora intitolata a Mario Zucchelli, responsabile del PNRA dal 1983 all’anno in cui
scomparve, il 2003. Una seconda base, “Concordia”, è operativa dal 2002. Si trova sul plateau
antartico ed è co-gestita da Italia e Francia. Nel 2005 sono stati infine approvati tre nuovi progetti
italiani: la costituzione di un’area marina protetta e due progetti di ricerca, nell’ambito delle
attività dell’Anno Polare Internazionale 2007.
Testo e foto: Michele Mornese